Archive for the 'Tipi antropologici proibiti' Category

La legalità come finestra

1 May 2014

29 aprile 2014

Blog di A. Giannuli

Commento al post di S. Palidda “Gli abusi delle forze di polizia e la “civilizzazione della guerra”

 

Mi pare che ci sia un interesse politico di intimidire i cittadini mostrando loro che le forze di polizia sono capaci di commettere azioni violente e illegali; esibendo casi eclatanti, come i pestaggi mortali di soggetti indifesi. Ma gli abusi e le soverchierie sono di vario genere, e spesso restano sotto l’orizzonte mediatico. Parlando di abusi di polizia, e di abusi della magistratura, trovo utile il concetto di legalità non come soglia ma come finestra. Lungo un asse verticale di comportamenti a valore etico e politico crescente, polizia e magistratura si occupano di mantenere i comportamenti dei singoli e della popolazione tra due limiti, quello inferiore, che corrisponde a ciò che comunemente si intende per soglia di legalità, e quello superiore, sopra il quale i comportamenti, positivi o encomiabili sulla carta, lo sono un po’ troppo nella realtà, e vanno quindi fermati, perché contrari all’assetto generale della società e della economia. Presidiando la soglia inferiore e quindi proteggendoci dai “ladri”, “guardie” e magistrati ottengono da noi legittimità e consenso; proteggendo la soglia superiore ottengono i favori dei poteri forti.

Il concetto che polizia e magistratura si occupano anche di reprimere, con abusi, omissioni, parzialità, false rappresentazioni dei fatti e altri mezzi obliqui, comportamenti in sé eccessivamente onesti o eccessivamente consequenziali rispetto ai valori costituzionali, aiuta a spiegare molte loro posizioni. Linearizzando quella che Palidda chiama “l’anamorfosi dello Stato di diritto”, si potrebbero costruire grafici qualitativi delle finestre di legalità per ogni settore di attività, caratterizzandoli per livello medio e ampiezza della finestra. Io lo vedo nel mio settore, la medicina, un settore di primaria importanza dell’economia che deve il suo successo economico in gran parte all’uso di suggestioni antropologiche che spesso sono indistinguibili dalla truffa, e che quindi necessita di impunità e di repressione del dissenso per operare e crescere. In questo campo la finestra è spostata verso il basso e ha una soglia superiore bassa, così che crimini di alto livello sono attivamente protetti e favoriti da polizia e magistratura. Anche perseguitando chi denuncia; quelli che nel 1956 Calamandrei, nell’arringa difensiva per Danilo Dolci, chiamò “insopportabili importuni”.

Servizi, masse e istituzioni nei movimenti di protesta

15 March 2014

14 marzo 2014

Blog di A. Giannuli

Commento al post “Tahir, Maidan, Caracas, Taksim, Atene, forconi, indignados, Ows… ma che movimenti sono?”

Il prof. Giannuli mette in guardia dal credere che i sommovimenti che a orologeria si presentano nel mondo siano frutto solo dei servizi: che si limiterebbero a innescare le polveri. Questo è un truismo: non si può fare il pane senza la farina, e la qualità del pane dipende dalla farina di cui di dispone. E certe ricette peggiore è la qualità degli ingredienti meglio riescono. Ricordo, bambino, a Siena, allo Stellino, su un muro una scritta i cui caratteri erano più alti di me: “CALABRESI ASSASSINO”. Restò lì per mesi. I senesi sono gente tranquilla; ma tanti di loro, come in tutta Italia, fecero come fa un carico libero nella stiva, che più la nave si inclina più la fa sbandare. Mi chiedo a volte come si creò una mobilitazione, che raccolse gente semplice, i tanti immancabili conformisti e opportunisti, ma anche intellettuali sinceri e di valore, contro Calabresi, instaurando il clima che portò all’omicidio. La risposta che mi do è che siamo in una condizione di minorità, prima di tutto conoscitiva, su questi meccanismi.

Mi pare, in termini aristotelici, che il prof. Giannuli evidenzi un po’ troppo le cause materiali e formali a scapito delle cause efficienti e finali. Non seguo molto la politica internazionale, ma ho occasione di osservare, e toccare con mano, fatti nostrani che mi danno un’idea di come certe sommosse possano essere sollevate. Vedo nel mio campo, la medicina, come sia possibile tramite i media, e istituzioni compiacenti, creare delle contese, dove si individua un male, a volte vero a volte immaginario, e si spinge l’opinione pubblica a combatterlo, ma in nome di una soluzione che è ciò che il potere voleva ottenere, e che è un altro male, a volte peggiore (Ilva, elettrosmog, Stamina, Avastin-Lucentis, etc; v. il mio sito). Vedo come in Italia ciò sia al servizio di un lento movimento eversivo che porterà la medicina ad essere un’attività industriale fondamentale, con i corpi dei cittadini che faranno sempre più da materia, prima, cioè da supporto per consumare in maniera pretestuosa prodotti e servizi medici inutili e nocivi.

Vedo anche su scala minima, a Brescia dove vivo, come la pratica di creare dal nulla tensioni e bersagli, e di orientare le une verso gli altri, sia nella città che si dice ferita dalla strage un’attività strutturata e vigorosa, che si avvale di tecniche di guerra psicologica sofisticate, e dell’opera illegale, oltre che dei servizi, delle istituzioni “in chiaro”, che sono affiancate ai servizi nella subordinazione a quei poteri dei quali i servizi sono il braccio. E di come sia facile servirsi del “carico libero”, le persone comuni; cioè di come con le masse popolari, analogamente alle masse fisiche nella stiva di una nave, si possa allestire un sistema a feedback positivo, dove togliendo alcuni fermi, ungendo qualche rotella, assestando qualche spinta, si può fare lentamente inclinare una situazione e tenerla “ingavonata”, o arrivare a provocare un naufragio.

Parlare del ruolo di zavorra libera delle persone comuni, e di quello poco appariscente ma determinante di istituzioni “pulite” nei disegni eversivi geopolitici o economici, a cominciare dal rimaneggiamento in corso nel nostro Paese, richiede più coraggio e impegno intellettuale che l’attribuire tutto a potentissime e arcane strutture segrete che dominerebbero il mondo, o ai soliti “spezzoni deviati”. O a vaghe combinazioni di servizi e volontà popolare. La gente, inclusa quella che riveste cariche pubbliche, è quella che è: manipolabile, toccando le corde giuste. Ma sull’arte e sui mezzi della manipolazione, e sulle responsabilità colpose e dolose di coloro che istituzionalmente l’eversione dovrebbero prevenirla e non aiutarla, sappiamo molto poco. Gli specialisti dovrebbero studiare questi aspetti, come una causa primaria, anziché minimizzarli come un fattore tra gli altri.

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26 novembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Roccuzzo “Parigi, la Marsigliese è un inno alla guerra. Possiamo usarlo come ‘canto della libertà’?

“Al suono della Marsigliese ridotti da cittadini a ostaggi

La colonna sonora della scorsa settimana è stata l’inno della Marsigliese, suonato in tutte le salse ed in tutte le occasioni; ciò, si è detto, per “solidarietà” nei confronti del popolo francese. In realtà la riproposizione dell’inno della Rivoluzione Francese del 1789 ha finito per assumere una valenza simbolica molto più profonda, ed anche molto meno rassicurante.
La Rivoluzione Francese, almeno ai suoi inizi, aveva proposto un’idea di cittadino non come semplice soggetto di diritti e doveri, ma come vera e propria funzione della Repubblica. In tale concezione, il cittadino si poneva come controllore assiduo della legalità e della legittimità degli atti del governo e dell’amministrazione. Già nei decenni successivi questo ideale si annacquava tramite la mediazione della stampa, che trasformava la cittadinanza in “opinione pubblica”, la cui presunta funzione di controllo diventava così controllabile.
Gli avvenimenti di queste ultime settimane configurano un modello di potere addirittura opposto a quello del 1789, dato che il cittadino si ritrova retrocesso al ruolo nemmeno di suddito, ma di ostaggio da parte di un potere che pretenderebbe di porsi come protettore e difensore di una popolazione che esso stesso minaccia con le sue proprie iniziative spericolate.” (Da: Comidad, 26 nov 2015).

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v. anche:

Giustizia per Piazza Loggia
Milizie bresciane
Nuove P2 e organi interni
Il tolemaicismo politico
La corruzione ghibellina di magistratura e polizia

L’omertà manzoniana su Moro

14 November 2013

Appello al popolo

ccc

Le sue parole io l’ho sentite, e non te le sarei ripetere. Le parole dell’iniquo che è forte penetrano e sfuggono. Può adirarsi che tu mostri sospetto su di lui, e, nello stesso tempo, farti sentire che quello che tu sospetti è certo. (Manzoni)

Mio padre mi raccontava di quando negli anni ’50 andò, col gruppo di giovani dell’Azione cattolica, da Sambiase, oggi Lamezia, a Catanzaro a sentire un comizio di Scelba. Uno del gruppo chiese a Scelba chi fossero i responsabili della strage di Portella della Ginestra. Scelba rispose, con un tono inferocito e scocciato: “Sono stato io. Va bene?”. Riuscendo così ad ammutolire il contestatore e, sull’argomento, gli altri giovanotti. Scelba diceva allo stesso tempo una cosa vera e falsa, perché come ministro dell’interno ebbe delle gravi responsabilità, ma la strage non era tutta farina del suo sacco, e probabilmente se fosse dipeso solo da lui non vi sarebbe stata.

L’episodio mi è tornato in mente per la notizia di questi giorni che è indagato per calunnia il sottufficiale della GdF che ha costituito una fonte dei libri e degli interventi di Imposimato sulla volontà dello Stato di non salvare Moro [1]. La calunnia riguarderebbe la prigione di Via Montalcini, che secondo il finanziere era circondata e monitorata da polizia, militari e servizi, anche stranieri, ai quali però fu dato l’ordine di non intervenire.

Le altre ipotesi sui luoghi di prigionia includono una base nel ghetto di Roma, e palazzo Caetani; e anche un ipotetico ambiente dotato di una biblioteca, con testi che fanno pensare a un istituto religioso [2] (ricordo vagamente dai miei anni romani che a palazzo Caetani vi era una biblioteca, aperta al pubblico). Quali che siano state le prigioni, e le mosse delle forze che avrebbero dovuto liberarlo, il finanziere e Imposimato non sono certo i soli a sostenere che si volle fare uccidere Moro: ci sono studi dettagliati, come quelli di Flamigni e De Lutiis, che, mostrando un ampio e coerente quadro di elementi, confermano la presenza di una volontà atlantica, e forse anche sovietica, della quale i nostri governanti furono intermediari.

Oltre ai risultati degli specialisti vi è poi una legittima credenza bayesiana, che cioè considera espressamente anche le probabilità a priori; che sono un’entità epistemologica che il moderno scientismo, che permea di sè anche le discipline umanistiche, tende a trascurare in nome di un rigore che rigore non è. Quali sono le probabilità che un gruppo di dilettanti, già sotto controllo, riesca senza aiuti potenti e protezioni a programmare ed eseguire un rapimento simile, e a tenere per mesi in scacco un intero Stato proteso alla ricerca del sequestrato? Quali sono le probabilità che le forze di polizia non trovassero al più presto i responsabili della barbara uccisione dei 5 loro colleghi nell’agguato di Via Fani? Quali sono le probabilità che gli USA e altri poteri forti non esercitino influenze indebite, anche mediante guerra a bassa intensità, e che quindi siano estranei alla vicenda? Dati anche altri casi di terrorismo dove la presenza negativa dei servizi, con la loro subordinazione ai “liberatori”, non è proprio un fantasma ? E dato il carattere di Moro: credo che la principale “colpa” di Moro fosse quella di fare, sia pure con le sue proverbiali cautele, lo statista, anziché il pupazzo, e di esprimere una politica almeno in parte genuinamente indipendente. La “red scare” della Guerra fredda mi pare poco meno di una copertura, una giustificazione ideologica; i “rossi” essendo “rosa”, come si può agevolmente constatare oggi.

Tra le varie possibilità sull’indagine per calunnia c’è quella del paradosso di Gettier, dove una credenza è vera nonostante sia ritenuta tale sulla base di una giustificazione falsa (il libro “Il diavolo, certamente” di Camilleri ne contiene alcuni esempi [3]). In questo caso il finanziere potrebbe avere effettivamente prodotto, in parte o totalmente, delle false evidenze; che danno supporto a una credenza vera, quella della correità dei governanti. Il paradosso di Gettier costruito ad arte può essere una tecnica di depistaggio, per screditare una pista valida o intorbidire le acque su una verità raggiunta.

Sul piano logico corrisponde alla fallacia proposizionale della negazione dell’antecedente: “se A allora B”; “non A”; quindi “non B”. Sul piano della disinformazione fa pensare alla tecnica della “inoculation” (vaccinazione): “vaccinare” contro la verità presentandola in forma non valida. Thomas H. Huxley, “il mastino di Darwin”, ha scritto che “Verità irrazionalmente difese possono essere più dannose di errori ragionati”; e che, d’altra parte “Non c’è errore maggiore che la conclusione affrettata che un’opinione è priva di valore in quanto è malamente argomentata”. Questi giochi hanno un effetto dirompente sulla ricerca della verità (soprattutto se si ha poca voglia di raggiungerla); come in un sistema di specchi, rendono inafferrabile la verità mentre sembrano offrirla.

Bisogna distinguere tra valore di verità e giustificazione di una credenza, quando si tratta di argomenti come i Misteri d’Italia. Nel caso Moro appare esserci stato almeno un altro caso di giustificazione falsa di una verità. Cossiga diceva che lui e i DC avevano ucciso Moro; intendendo di avere causato la morte di Moro indirettamente, come effetto collaterale previsto ma non voluto, e per una scelta autonoma di difesa dello Stato; mentre fu una responsabilità di tipo diretto, e in esecuzione di volontà esterne. L’affermazione di Cossiga, anch’essa una risposta alle accuse, nella sua arrogante ambiguità ha alcune somiglianze con quella di Scelba a Catanzaro.

Non va dimenticato d’altra parte che se i dettagli non sono ricostruibili con certezza, il quadro generale è abbastanza chiaro. Personalmente non ho bisogno di studi interminabili per comprendere che coloro che occupano le istituzioni dello Stato sono corrotti e venduti a forze sovranazionali: lo vedo coi miei occhi ogni giorno. Bisogna anche evitare che, come tendono a fare accademici e magistrati, venga sabotata l’accuratezza in nome della precisione; cioè che si neghi il quadro generale perché alcuni particolari vengono periodicamente messi in discussione e corretti.

Oltre che un depistaggio, le rivelazioni false che indicano la verità e la loro successiva demolizione possono essere una forma di intimidazione, e hanno un effetto demoralizzante. Col conseguente procedimento per calunnia il paradosso intimidisce il pubblico dal profferire ciò che d’altro canto gli si lascia capire. Una nota, questa del negare e mostrare, presente in tutta la vicenda Moro. Sembra anzi che faccia parte della strategia del terrore il far intravedere chi sono i veri mandanti, prima ai politici e alla classe dirigente, ora al pubblico generale; dando così un esempio e lanciando una minaccia. E rivelando quindi il senso di un’operazione altrimenti folle, oltre che scellerata; di una “follia” che apparentemente pervase anche la risposta dello Stato.

Gli atti terroristici del potere, come ho potuto apprezzare a Brescia [4], hanno, dopo la frazione di secondo dell’esplosione, o della penetrazione del proiettile, un lungo fall-out di corruzione e di degrado, che dura anni e decenni. Con Moro si può ancora intimidire il popolo e addestrarlo alla sottomissione. Pochi giorni prima dell’indagine per calunnia, Pieczenik, emissario di Kissinger presso il governo italiano in veste di consulente per il caso Moro, intervistato da Minoli ha affermato, similmente a quanto aveva fatto negli anni precedenti, che vi era un interesse USA a eliminare Moro, e che egli agì in questo senso; attribuendo a sé stesso “il sacrificio” di Moro, come un merito. Con un discorso simile nella struttura formale a quello di Cossiga.

Appare che vi sia la volontà di imporre, mediante ammissioni parziali e distorte da un lato e smentite e minacce giudiziarie dall’altro, una forma di omertà particolarmente umiliante, che si può chiamare “manzoniana”, descritta nella sua perversità da Manzoni, a proposito della dominazione spagnola sull’Italia (v. epigrafe): non si deve dire ma si deve sapere. Così il mostro può circolare liberamente nelle menti ma non nel discorso pubblico. Già nell’agorà la convinzione privata dell’omicidio di Stato in esecuzione di ordini sovranazionali diviene un argomento poco maneggevole e opinabile, al quale vengono affibbiate connotazioni da chiacchiera da bar, complici la diffusa vigliaccheria e il diffuso atteggiamento ruffiano verso il potere. E nelle assemblee ufficiali la terribile accusa di essersi venduti agli stranieri nel partecipare a un assassinio politico non entra se non per essere condannata come una calunnia, che getta fango sui fieri rappresentanti di un popolo fiero.

Qualcosa del genere appare essere avvenuto per l’11 settembre. Vi è una letteratura, scritta da tecnici competenti, sull’impossibilità materiale che le torri collassassero completamente in seguito al solo urto degli aerei. Forse anche qui si è voluto ventilare ciò che ufficialmente si nega. Questo spiegherebbe perché il terzo edificio, il “Salomon Brothers”, è crollato apparentemente da solo, come se si volesse svelare il trucco e insinuare il dubbio sulla versione che allo stesso tempo si propagandava. E’ interessante che coloro che supportano, anche con la loro rispettabilità, la tesi che l’attentato sia stato un auto-attentato vi sia Imposimato.

L’accusa di calunnia coinvolge, sul piano della credibilità, Imposimato, ex magistrato che indagò sull’omicidio di Moro. Io vedo che i magistrati sono “atlantically correct” [5], e che le loro responsabilità e complicità nella dominazione USA, nelle collegate eliminazioni di soggetti sgraditi, e quindi nel degrado del Paese, sono ampiamente sottovalutate. Il PM che sta indagando per calunnia il finanziere è Palamara, già segretario dell’ANM: comunque stiano le cose, egli rappresenta bene la corporazione e gli interessi dei magistrati. Imposimato mi era sembrato l’esponente visibile di una esigua minoranza nobile di magistrati che mi immagino debba esistere; magistrati capaci, esperti e insieme probi e animati da passione civile. Ora pare che non sia sicuro che le cose stiano così [6]. Avendo il prof. Giannuli proposto Guariniello come candidato alla Presidenza della Repubblica, ho scritto di come gli interventi del PM di Torino sulla medicina siano a volte in realtà più consonanti con grandi interessi sovranazionali che con quelli del popolo [7], e sul sito di Giannuli ho proposto invece Imposimato [8], che mi era parso una voce pacata e allo stesso tempo fuori dal “tolemaicismo”, la pratica politica e intellettuale di ricondurre responsabilità sovranazionali a fattori interni [9]. Può darsi che chi si occupa professionalmente dei Misteri d’Italia possa mostrare su Imposimato riserve speculari a quelle che ho espresso su Guariniello rispetto alla medicina, il mio campo.

Come per gli interventi giudiziari di Guariniello, l’opera pubblicistica di Imposimato conserva comunque una sua utilità. Ma temo che l’attesa per la venuta del Magistrato Sconosciuto, prudente come un serpente e candido come una colomba, debba proseguire. Gli italiani, col loro cinismo da povera gente, sono pure colpevoli, per come si sono fatti i fatti loro, per come hanno guardato con indifferenza, con calcolata indifferenza, a quello che è stato definito “il golpe di Via Fani” (De Lutiis). Come se un fatto di tale gravità non li riguardasse direttamente, come se si fosse trattato di uno dei tanti sceneggiati su forze del male, terroristi o mafiosi, capaci di impossessarsi della società, se le forze del bene, lo stesso potere che ci opprime, non le fermano. O al più di una lotta tra signori, della quale era meglio non impicciarsi. Rilevante solo per il fatto che per avere protezione bisognava quindi rivolgersi alla fazione vincitrice; che è ciò che hanno fatto, accettando e votando personaggi, a sinistra non meno che a destra, cento volte peggiori di Moro. E servendoli, speranzosi di ottenere benefici. Dovrebbero riflettere sul fatto che poi hanno avuto Cossiga presidente e ora hanno un Napolitano bis; e su come sarebbe diversa la loro vita se, come sarebbe stato probabile, avessero avuto un settennato Moro, e altri presidenti almeno dello stesso livello.

La risposta di Scelba non era il motivo principale per il quale mio padre ricordava la giornata a Catanzaro. Nel viaggio di ritorno, lungo la strada vecchia tutta curve e pendenze, su quel genere di torpedoni che sono diventati uno dei simboli del Sud, uno della comitiva cominciò ad accusare il mal d’auto. Si mise con la testa fuori dal finestrino, bianco in faccia come un cencio. Un altro personaggio si sporse a sua volta dal finestrino immediatamente posteriore per sfotterlo. Traducendo dal calabrese, diceva, con una voce fintamente carezzevole: “********* brutto, perché sei venuto? Dove va girando uno come te? Non potevi startene a casa? Che c’entri tu con queste cose?”. E così via, senza smettere. La corriera andava, tra curve, controcurve, scossoni e beccheggiamenti, con le due teste che sporgevano fuori; quella china e quella protesa verso l’altra. Il sofferente, persona mite e di umile condizione sociale, non rispondeva. Subiva boccheggiando, fino a che non vomitò, e il getto andò a finire in faccia al suo tormentatore, che si ritrasse ingiuriando e imprecando, con esclamazioni che descrivevano ciò che aveva ricevuto: “puzzi ‘i subbrimatu”, “puzzi d’a midicina d’i surici” [sublimato corrosivo, allora usato come disinfettante e topicida]; tra la soddisfazione ilare del resto del gruppo. La scena rimase memorabile. Io ho collegato i due episodi salienti di quella giornata: il vomito dei semplici sarebbe una risposta adeguata alle parole e agli atti perfidi, che penetrano e allo stesso tempo sfuggono, degli iniqui in posizione di potere.

https://menici60d15.wordpress.com/

Note

[1]. Non vollero salvare Moro. Indagato per calunnia ex finanziere. Il Fatto Quotidiano, 5 novembre 2013.

[2] De Lutiis G. Commento sul libro “Diario apocrifo di Aldo Moro prigioniero” di A. Vettori. In : Il golpe di Via Fani. Protezioni occulte e connivenze internazionali dietro il delitto Moro. Sperling & Kupfer, 2007.

[3] Il diavolo, certamente. https://menici60d15.wordpress.com/2012/09/15/il-diavolo-certamente/

[4] Brescia non solo bombe. https://menici60d15.wordpress.com/2010/11/23/brescia-non-solo-bombe/ . La Leonessa https://menici60d15.wordpress.com/2010/11/21/la-leonessa/

[5] La convergenza di mafia e antimafia. Pizzo mafioso e pizzo di stato. https://menici60d15.wordpress.com/2013/09/08/la-convergenza-di-mafia-e-antimafia-pizzo-mafioso-e-pizzo-di-stato/

[6] Caroli G. Imposimato, giudice bendato. Bye bye Uncle Sam, 8 novembre 2013.

[7] Il magistrato e gli stregoni. https://menici60d15.wordpress.com/2013/04/15/il-magistrato-e-gli-stregoni/

[8] Giannuli A. Ancora sulle candidature al Quirinale. 5 marzo 2013.

[9] Il tolemaicismo politico. https://menici60d15.wordpress.com/2013/02/04/il-tolemaicismo-nella-storia-contemporanea-italiana/

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12 novembre 2013

Blog di A. Giannuli

Commento al post “Caso Falcone, caso Moro: ma quanti nuovi (tardivi) testimoni!”

Stiamo parlando di fatti di eccezionale gravità, sui quali è da incoscienti e poveracci accettare che non sia fatta chiarezza, perchè riguardano anche le nostre esistenze personali. Sul caso Ladu sto scrivendo un breve pezzo (attendo che mi arrivi il libro di Imposimato ”I 55 giorni che hanno cambiato l’Italia”) dove commento anche sulla mia proposta di Imposimato come candidato alla Pdr in risposta a quella di Giannuli di Guariniello (A. Giannuli Ancora sulle candidature al Quirinale, 5 marzo 2013). Quando lo avrò pubblicato posterò il link su questo sito, sperando di fare cosa utile.

Un commento al post ““Non vollero salvare Moro”. Indagato per calunnia ex finanziere” Il Fatto quotidiano, 5 novembre 2013

Paradosso di Gettier e depistaggi

Una tra le varie possibilità è quella del paradosso di Gettier, dove una credenza è vera nonostante sia ritenuta tale sulla base di una giustificazione falsa (il libro “Il diavolo, certamente” di Camilleri ne contiene alcuni esempi). In questo caso il finanziere potrebbe avere effettivamente prodotto delle false evidenze; che supportano però un fatto vero. Il paradosso di Gettier costruito ad arte può essere una tecnica di depistaggio, per screditare una pista valida o intorbidire le acque su una verità raggiunta.

Col conseguente procedimento per calunnia intimidisce il pubblico dal profferire ciò che d’altra parte si lascia intravedere: “L’iniquo che è forte … può adirarsi che tu mostri sospetto di lui, e, nello stesso tempo farti sentire che quello che tu sospetti è certo.” (Manzoni). Una nota, questa del negare e mostrare, presente in tutta la vicenda Moro.

Bisogna distinguere tra valore di verità e giustificazione di una credenza, quando si tratta dei Misteri d’Italia. Nel caso Moro appare esserci stato almeno un altro caso di giustificazione falsa di una verità. Cossiga diceva che lui e i DC avevano ucciso Moro; intendendo di avere causato la morte di Moro indirettamente, come effetto collaterale previsto ma non voluto, e per una scelta autonoma di difesa dello Stato; mentre, come mostrano studi come quelli di Flamigni e De Lutiis, fu una responsabilità di tipo diretto, e in esecuzione di volontà esterne.

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16 novembre 2013

Segnalo il post “L’omertà manzoniana su Moro”:

L’omertà manzoniana su Moro

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12 novembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post “Moro, pg Roma: “Gravi indizi di concorso in omicidio su ex funzionario Usa”

“aikon. Continuiamo con i fumetti suggestivi che dimostrano quanto meno ignoranza completa della storia delle BR.

“Ma anche l’avvertimento (o minaccia) che ebbe mentre presumibilmente si trovava in un Paese “amico”,e da parte di una personalità in quel Paese autorevole,non crediamo sia possibile collegarlo alla sua eliminazione:e per il fatto stesso che c’è stato.Cose del genere-lo si sa persino proverbialmente-si fanno senza dirle; il non dirle è anzi condizione necessaria per farle”.(Dalla Relazione di minoranza presentata dal deputato Leonardo Sciascia alla Commissione Moro -1982) ”

@ Aikon. Gia’ Aristotele respingeva come un sofisma il sostenere che l’accusato, un uomo forte, non può avere picchiato l’uomo debole perché altrimenti tutti avrebbero capito che è stato lui. E’ il cosiddetto “corax”, l’argomentazione dove si sostiene che “la colpevolezza non è verosimile proprio perché può esserlo”. A parte il fatto che a volte gli uccisori avvertono chiaramente la vittima che la colpiranno se non desiste, es. Aricò con Ambrosoli. L’avvertimento può essere anzi una esibizione criminale di potere; anche come esempio ad altri per future imposizioni. E può disorientare la vittima, e confondere la ricostruzione, soprattutto se l’omicidio in realtà è già stato deciso.Anche Ambrosoli credeva che non fosse possibile che lo uccidessero, perché sarebbe stato un omicidio firmato. Il modo di pensare e di comportarsi del predatore è diverso da quello dell’uomo onesto. Mi dispiace che Sciascia abbia aggiunto la sua voce al guazzabuglio di interpretazioni fuorvianti sull’omicidio di Moro.

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13 novembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Portanova “Aldo Moro, Grassi (Pd): “Pieczenik al Viminale per favorire l’omicidio” “

Grazie alle singolari autoaccuse statunitensi, rimembranze di poliziotti e interventi tardivi della magistratura, sta tornando di moda considerare i comunisti di allora come vittime del “golpe di Via Fani”. Invece furono tra i congiurati, assicurandosi il favore degli anglosassoni, dei quali sono servi premurosi ormai da tanti anni. Credo che Moro volesse usare il PCI per dare all’Italia un’autonomia politica, progetto osteggiato da anglosassoni e russi. Quelli del PCI lo hanno consegnato ai suoi carnefici una volta avvenuto il sequestro, partecipando all’immonda sceneggiata della “fermezza” accoppiata al “non riuscire” a trovarlo. Ottenendo così dagli anglosassoni un placet i cui effetti sono oggi davanti ai nostri occhi. Moro fu eliminato perché avrebbe portato l’Italia a non essere totalmente soggiogata, a non essere sfruttata e degradata. Gli “atlantically correct” dei PD e della magistratura oggi non sono meno falsi e meno vili nel fare i sicari o i tirapiedi per mantenere lo status quo.

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12 giugno 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Regis “Aldo Moro, verso via libera alla beatificazione. Il postulatore Giampaolo: “Quasi concluso l’iter canonico” “

Moro non fu affatto un santo; ma fu un martire. Era uno statista, figura di politico che oggi i giovani non conoscono nemmeno nelle sue forme più sbiadite. Una battuta vuole che la diplomazia vaticana sia nata quando Pietro negò per la terza volta di conoscere Gesù. Pietro poi si fece crocifiggere capovolto, si riporta; mentre i preti badano a restare coi piedi per terra. Sono capaci di consegnare uno dei loro – uno dei pochi che metteva in predicato l’asservimento delle greggi italiche al tiranno – ai sicari del tiranno. E poi sostenere che il tradito fosse un santo, atteggiandosi ad anime pie e a vittime. Per meglio continuare a tradire. La chiesa del dodicesimo apostolo, ma priva di rimorsi, che fende così la sua via nella storia.

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30 settembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Limiti “Commissione Moro, coordinamento con Procura generale per ricostruire strage di via Fani. Arriva pm che indagò su Brescia”

L’eliminazione di Moro mostra come quando la mamma atlantica chiama e chiede la testa di qualche italiano l’apparato dirigente, clero, politici, carabinieri, polizia, notabili, esegue. Non è una pedanteria metodologica obiettare che è un errore dare per scontato, portando ad esempio le poche eccezioni, che la magistratura, parte integrante dell’apparato, si dissoci e non pratichi questo costume. Magari tramite un elegante pipelining basato sullo sfasamento storico: apparendo impegnata a indagare su misfatti di 40 anni prima mentre favorisce quelli contemporanei; che verranno a loro volta indagati 40 anni dopo, a copertura di quelli che favorirà allora. Bisognerebbe guardare anche al ruolo della magistratura nei Misteri d’Italia e nelle epurazioni.

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25 maggio 2017

Blog Bye-bye Uncle Sam

Commento al post di P. Cammerinesi “The smoking gun”

Quando devono eseguire ordini inconfessabili le nostre istituzioni mescolano rigidità prussiana e sciatteria fricchettona. Es. con Moro finsero sia inflessibilità kantiana, “lo Stato non tratta”, sia inettitudine fantozziana sul piano poliziesco, per evitare di salvarlo. Pecorelli, mentre a Washington come presidente dell’AIFA riceveva istruzioni sull’operazione che avrebbe portato alle odierne leggi draconiane sulla vaccinazione dei bambini, era anche dominus di fatto del grande ospedale pubblico che fa da policlinico all’Università di Brescia, come rettore e primario. In quella veste, associata per di più a quella di presidente dell’ente di valutazione scientifica dei farmaci, è stato incredibilmente corrivo: gli Spedali Civili aprirono le porte a Stamina, una truffa da quattro soldi, dandole peso e credibilità.

Non si tratta di rigore né di lassismo, ma di esecuzione di direttive. La rigenerazione di tessuti solidi con staminali è un progetto fantascientifico, di grande suggestione, ma che non riesce a soddisfare i criteri di scientificità, a partire dalla plausibilità biologica. Allora, essendo anche un business, si è ricorsi al sistema dello standard inverso, negativo invece che positivo: si comparano sul piano dell’immagine i prodotti ufficiali non con gli standard di efficacia e sicurezza che dovrebbero raggiungere, ma con quanto di peggio, con versioni volgarmente ciarlatanesche, per farli sembrare seri e validi al confronto, anche se restano inefficaci e dannosi (1). Le versioni pop, che costituiscono a loro volta un business, permettono anche di stimolare liberamente le aspettative del pubblico sulle asserite proprietà miracolose, addirittura la ricostituzione del tessuto nervoso. Le credenze a priori fittiziamente elevate falsano nel verso desiderato le verifiche sulle staminali ufficiali, consentendo standard più bassi e interpretazioni compiacenti. Le staminali spudoratamente fraudolente che servono da standard negativo ricevono il via libera, e anche appoggi e riconoscimento, dalle istituzioni, nella costernazione degli addetti alle staminali “scientifiche”. E’ un copione che in USA viene recitato da anni e su larga scala (2). Posso testimoniare che in Italia diverse istituzioni dello Stato hanno favorito in vari modi, anche tramite atti illeciti e infami, l’altrimenti impossibile operazione Stamina, tradendo ancora una volta il Paese in obbedienza ai poteri forti.

1 Stamina come esca per la medicina ufficiale https://menici60d15.wordpress.com/2014/05/04/stamina-come-esca-per-le-frodi-della-medicina-ufficiale/. La polarizzazione gesuitica. https://menici60d15.wordpress.com/2017/04/07/la-polarizzazione-gesuitica/
2 Joseph A. Texas leans into unproven stem cell treatments, to the dismay of scientists. STAT, May 16, 2017. Joyce M. Strip mall stem cells. Health News Review, March 16, 2017.

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12 dicembre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Limiti “Commissione Moro: “Ciò che abbiamo saputo finora è una verità dicibile: servì a chiudere la stagione del terrorismo””

Ma che vuol dire che l’eliminazione di Moro “servì a chiudere la stagione del terrorismo”. Probabilmente l’espressione sta per “servì a chiudere, con un assassinio esemplare, la stagione dove c’era ancora uno spiraglio di indipendenza”. Un esempio del dressage istituzionale sugli episodi più tragici e vergognosi della sudditanza della nazione: la tromba suona la carica, e la cavalleria si guarda bene dal caricare; ma esegue figure di alta scuola, galoppi in aria e piroette, per dare l’impressione di valore ed essere applaudita senza andare da nessuna parte. A Brescia, dove Fioroni ha buoni amici, stanno raccogliendo firme per la nomina a senatore a vita di Manlio Milani. A Brescia c’è un’altra scuola di dressage istituzionale, dove il fiume di commemorazioni e 40 anni di procedimenti giudiziari sulla strage di Piazza Loggia del 74 hanno prodotto sia il topolino delle mezze condanne – a Milano – di due degli esecutori, sia un pratico paravento dietro al quale servire zelantemente USA e NATO negli affari correnti.

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21 febbraio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Aldo Moro, “A morte le guardie”: imbrattata con svastiche la targa di via Fani a Roma. Famigliari vittime: “Vergognoso””

Nell’agosto 2014, a Celico (Cs), ho ascoltato una conferenza pubblica di Francesco Bruno, il criminologo legato ai servizi che in caso di liberazione avrebbe dovuto “prendersi cura” di Moro, dato il disturbo psichiatrico che era stato diagnosticato a Moro per spiegare quanto scriveva (Ippolito: roba da psichiatri stalinisti. Corsera, 1 dic 1993). Alcune affermazioni di Bruno estranee al tema della conferenza (che era quello delle persone che si perdono nei boschi) hanno rafforzato la convinzione che gli apparati incaricati di coprire con manipolazioni l’eliminazione di Moro siano ancora in piedi. L’uccisione degli agenti di scorta può avere un legame con quanto il giudice Lupacchini riporta sul comportamento delle volanti di polizia nell’attentato alla sinagoga di Roma dell’ottobre 1982 (“Il lodo Moro”. In: In pessimo Stato. Koinè, 2014). Ma anche con l’allontanamento di un dirigente di polizia fedele e abile come Santillo dalle indagini su quel colpo di mano che frantumò quanto restava dell’indipendenza dello Stato; e con la volontà di creare un alibi agli aiutanti del boia, permettendogli di mostrare dei loro caduti come segno di merito. Credo che lo squallido imbrattamento, con gli insulti vili agli agenti uccisi, nel corso di una campagna orchestrata di riesumazione, more democristiano, del pericolo di fascismi e opposti estremismi, contempli anche questo ultimo scopo, sull’immagine pubblica degli odierni tirapiedi.

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12 marzo 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Belve, Adriana Faranda ospite su Nove: “Non ci aspettavamo che la scorta di Moro fosse così impreparata””

Forse non sono la Faranda e c. ad essere “belve”; ma sono mezzecalzette quelli che danno corda agli utili scagnozzi della guerra a bassa intensità e accreditano la tesi di Moro tenuto per 55 giorni da terroristi-Diabolik che tengono in scacco un esercito di incapaci. Invece che l’esibizione della belva da baraccone sarebbe stato più interessante sentire parlare di questo:

“Il luogo infatti si colloca nell’ area dove il 16 marzo si perdono le tracce dei rapitori di Moro durante Ia fuga da via Fani; in via della Balduina, da un lato vi sono alcuni stabili appartenenti all’Istituto per le opere di religione, lo lor, diretto per molti anni dal potente monsignore Paul Marcinkus (29) dall’altro vi sono gli ampi giardini e i palazzi della Loyola University of Chicago – Rome Center of Liberal Arts, anch’essa gestita da religiosi [E’ un’università dei gesuiti,ndr]. (De Lutiis, Il golpe di Via Fani).

(29): “Tra il materiale sequestrato ai brigatisti Valerio Morucci e Adriana Faranda dopo il loro arresto (29 maggio 1979) c’era l’indirizzo e il numero telefonico dell’abitazione di monsignor Marcinkus, nonché l’indirizzo e il numero telefonico di padre Felix Morlion (agente della Cia), ai quali l’autorità giudiziaria non ha mai rivolto alcuna domanda”. (Da: Flamigni, La tela del ragno).

@ Brisk. Lei insinua il seme angoscioso del dubbio. Con innumerevoli pagliacciate come quest’ultima delle memorie militari della comandante Faranda sulla Nove in occasione dell’anniversario del rapimento, e con tanti vivaci clown, signor Brisk, che intervengono dal pubblico a dare man forte allo spettacolo, possibile che abbiano dovuto scomodarsi “menti raffinatissime”? Se è stata la CIA, forse le è bastato incaricare i suoi tirocinanti.

@ Brisk. You jolly fellow, mister Brisk.

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17 marzo 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Aldo Moro, l’ex Br Balzerani : “La figura della vittima è diventata un mestiere”. La figlia: “Adesso basta. Silenzio””

La Balzerani si attiene ai desiderata istituzionali. C’è da mascherare da terrorismo l’eliminazione di uno statista che mette a rischio l’asservimento dell’Italia ai poteri atlantici? E lei, in tasca i numeri di telefono privati di Marcinkus e di un altro prete agente della CIA, Morlion, fa la guerrigliera impavida dura e pura. Occorre, 40 anni dopo, alimentare la perenne buffoneria, variare i giochi di specchi, fare apparire come fuse in oro le più posticce virtù istituzionali? E lei si mette a fare – senza troppo sforzo – la “bitchy”, l’attaccabrighe da talk show, presentando come un vanto le infamie commesse. Ha fatto da sponda a Cossiga ai tempi del Viminale dell’atlantico Federico Umberto D’Amato, ora fa da spalla a Gabrielli e c. ai tempi dell’atlantico Minniti.

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9 maggio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Aldo Moro, Gentiloni: “la sua uccisione pesa sulla coscienza della Repubblica”. Poi cambiato in “Aldo Moro, Mattarella: “L’Italia fu vittima del terrorismo anche con la complicità di pezzi di apparati dello Stato”

Nessuno escluso, piangono il tradimento del Paese di allora per meglio commettere i tradimenti del Paese di oggi. Ai lati della lapide e delle corone di fiori le corazze della guardia presidenziale scintillano, ma sono di latta.

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2 settembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Versiliana 2018, Gian Carlo Caselli alla festa del Fatto Quotidiano: “La mafia ha perso nonostante la Trattativa””

La fermezza vera sarebbe stata non partecipare alla fictio delle BR samurai invincibili, e liberare Moro. Quello non fu “il fronte della fermezza”, ma “il fronte del tenere fermo”. Tenere fermo Moro, con una motivazione ipocrita, come il traditore tiene ferma la vittima in modo da facilitare al sicario il lavoro col pugnale. E’ possibile che la prolungata prigionia sia stata una forma di guerra psicologica volta a fare emergere e a confermare nella classe politica e dirigente un atteggiamento di base, una opzione fondamentale, una scelta di campo, che diversamente da quelli di Moro fossero di totale sottomissione e complicità. Guardando alla situazione attuale, che secondo il dr. Caselli permetterebbe di parlare di vittorie, nel commissionare omicidi eccellenti i “vantaggi positivi” degli effetti ottenuti sui sopravvissuti e sul pubblico appaiono avere avuto un peso non inferiore a quello dei “vantaggi negativi” derivanti dell’eliminazione di soggetti scomodi, il movente al quale comunemente ci si limita. Immobilizzare la vittima rientra tra i compiti dell’aiutante; rientra tra i compiti che quelli che hanno avuto benefici dalla eliminazione di Moro, e sono divenuti i fiduciari dei mandanti, eseguono tuttora. Con la fatica di Sisifo, in realtà la tela di Penelope, della lotta alla mafia come alibi e paravento.

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14 febbraio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di F.A. Grana “‘Moro. Il caso non è chiuso’, i soldi per il riscatto erano pronti nella villa di Castel Gandolfo”

Tra i veri testi sacri del clero andrebbero annoverati quelli del gesuita spagnolo Baltasar Gracian, che nel ‘600 scrisse che un vincitore non necessita di spiegazioni. Perché la maggioranza della gente non bada ai dettagli, ma solo se si ha vinto o si ha perso. Così che la reputazione non viene danneggiata da atti ignobili, se porta alla vittoria. “Il papa ha fatto pochino. Forse ne avrà scrupolo” scrisse Moro nella sua lettera d’addio. Al papa, amico di Moro, sarà costato e forse dispiaciuto; ma, legato ai servizi, sacrificò a una sorte orribile uno dei suoi uomini migliori per mantenersi dalla parte dei vincitori. Vari storici indicano un ruolo attivo di prelati nel rapimento e nella prigionia di Moro. Per non parlare del ruolo degli israeliani, che qui figurano pure loro – testimone un piduista dei CC – tra i soccorritori.

L’importante, ciò che conta, è non finire in croce, a costo di porgere i chiodi e reggere la scala a chi crocifigge. Assicurata l’appartenenza alla parte vittoriosa, come prescrive il vangelo secondo Baltasar, poi con quattro chiacchiere e fumi d’incenso non ci vuole molto a coprire il dettaglio del sangue e del tradimento. A scrivere la storia capovolta dei vincitori, facendo di papa Pochino un santo e convertendo un cinico abbandono, e probabilmente una collaborazione con i mandanti, in un disperato sforzo per salvarlo. Con fumetti come il cofanetto di banconote; quando per liberare Moro sarebbe bastato volerlo.

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27 marzo 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Sansa “Coronavirus, qualcuno si ricorderà dei cassieri dei supermercati?”

Stamane sulla RAI hanno mostrato Cordero di Montezemolo che esortava ad affidarsi alla scienza contro il virus. Il Fatto a febbraio ha riportato che PM contestano all’illuminato filantropo di avere dissipato seicentomila euro Alitalia in gozzoviglie. All’una su RAI 3 il mellifluo Paolo Mieli ha ricapitolato la vicenda del generale Bellomo, un eroe vero. Il tema della selezione avversa della classe dirigente è stato abilmente evitato, e si è attribuito alla situazione politica contingente il comportamento vile degli italiani nel lasciare senza fiatare che venisse giustiziato. Nel pomeriggio Ferruccio Sansa canta l’eroismo delle cassiere. Che tra i vari meriti sanitari hanno anche quello di scaccolarsi puntualmente, da anni, quando passano la spesa di un medico del quale si occupano gli stessi apparati che stanno gestendo questa epidemia, di cui la città lombarda dove abito rappresenta uno dei maggiori focolai. Dall’1/1/2020 al 3/3/2020, ultima volta che ci sono stato, non hanno mai saltato. Su Google Drive ho una raccolta di foto di cassiere con le dita ostentatamente nel naso, in bocca, nel cavo ascellare, sul pavimento, nel cestino della spazzatura, etc. nel maneggiare gli alimenti che compro. Potrebbe appoggiare la concessione di medaglie al valore, a loro, alle ditte, al prefetto e agli altri organizzatori, da parte di Mattarella. Non mi stupirei se in serata venisse trasmessa una storia con un mafioso che salva una bambina in crisi respiratoria da Coronavirus.

Bertrand Einstein. peccato, avevi iniziato bene prendendotela con Motezemolo e Mieli, privilegiati e sempre in prima fila a pontificare. Poi te la sei presa con ste disgraziate che fanno un lavoro alienante e sottopagato ed ora – come se nn bastasse – rischiano molto più della media delle persone. Prova tu a stare otto ore in un posto di lavoro dove non puoi nemmeno alzarti (spesso i capi cronometrano addirittura le loro soste bagno) senza poterti gattare il naso o l’ascella se tu prude. Se non è del tutto igienico, pazienza, forse dovresti fare un giro in qualche azienda di prodotti alimentari e vedere quali sono gli standard delle cose che mangi

Censurato @ Bertrand Einstein.

Chi ha i soldi, inclusi i CDA delle GDO miliardarie responsabili di questi reati miserabili, lo sa che “gli operai sono anche peggio di noi” (G. Gaber). Se tu conoscessi le frodi mediche che voi crumiri morali servite, e che mansueti subirete. Ai prossimi gesti fissi delle cassiere – e dei loro direttori – mi pulirò sul posto della loro saliva, muco, sudore o sporco del pavimento o spazzatura, con fogli di carta con le facce di noti monsignori bioeticisti e magistrati anticorruzione dei quali la catena ha sponsorizzato le conferenze. Ieri su il Fatto c’è stato un coro di fischi contro Zanda, che propone di ipotecare Montecitorio dato lo strozzamento dell’economia. E’ la profezia di Moro, “il mio sangue ricadrà su di voi”, che si compie. Moro lo disse ai colleghi, ma vale per l’intera popolazione. Zanda è stato il portavoce di Cossiga durante e dopo l’uccisione di Moro. Se la gente guarda solo al suo particolare e non si cura della civitas, delle epurazioni di chi farebbe i suoi interessi; se permette che chi ha tradito sia premiato; che alle alte cariche dello Stato vengano messi debosciati, e nelle istituzioni fantocci, ruffiani e venduti; se vi prostituite per due lire partecipando all’assassino morale di soggetti non graditi a grandi affari criminali, poi avrete l’impatto della selezione avversa che favorite. Es. Zanda, che forse sta partecipando a un secondo golpe dopo quello del 1978, e i soldi agli usurai li darà non vendendo il Colosseo ma togliendoli ai cittadini.
ccc
[Vedi: 3 marzo 2020. il sigillo presidenziale. In: I rituali zozzonici della banda Mattarella]

3 aprile 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Coronavirus, il pg della Cassazione: “Rischio epidemia nelle carceri. Bisogna alleggerire la pressione e incentivare misure alternative””

Questa epidemia ha caratteristiche anomale sul piano biologico; es. il suo profilo epidemiologico ricalca quello delle cause di morte generali. Le misure prese dal nostro governo per combatterla appaiono massimizzare il danno collaterale alla società: ‘mitigation’ rigida, che non abbatte l’epidemia ma prolunga il suo corso, e quindi le misure restrittive; linearmente; mentre i danni da strozzamento dell’economia attivando fattori moltiplicativi crescono nel tempo in maniera più che lineare. Questo dell’immissione nella società, in nome del freno alla circolazione del virus, di un gruppo dedito ad attività antisociali, è un altro aspetto. Salvi si è pronunciato contro la dietrologia sull’uccisione di Moro, per lui opera esclusiva delle BR. Nella crisi di oggi, che forse può essere comparata a quella del 1978, i magistrati hanno ciò che è un merito, per la visione del mondo sostenuta da Salvi per Moro: avere depurato preventivamente la società di voci di critica tecnica della versione ufficiale e delle conseguenti azioni istituzionali. Voci che oggi più che mai è bene continuino a essere segregate. Come dice il secondino di Collodi, l’apertura delle celle non può riguardare quelli che “non sono del bel numero”.

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24 settembre 2020

Blog de il Fatto

Commento al post “Mattarella a dieci anni dalla morte di Cossiga: “Fu lungimirante nel porre la questione del Sud, della disoccupazione e delle riforme”

Cossiga ha segnato la biforcazione tra l’avere governanti – e capi dello Stato – come Moro o come Cossiga. La strada fatta imboccare al Paese con la forza – ma senza incontrare grandi resistenze – ci ha portato fin qua, e ci sta portando verso gli eventi futuri che si intravedono come nubi plumbee all’orizzonte. Per lo meno con questo panegirico si potrà evitare di essere accusati di vilipendio, dicendo che Sergio Mattarella è dello stesso ramo di Francesco Cossiga.

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10 dicembre 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post ” “Uomo che uccise la moglie incapace d’intendere”: polemiche per la sentenza di Brescia. Bonafede dispone accertamenti”

Non conosciamo il caso nei necessari dettagli. Appare però che le possibilità di “jolly” ottenibili dalla carta psichiatrica coltivandone la giurisprudenza non siano ignote in ambienti della magistratura bresciana. Per dirne una nel 1998 a Brescia lo psichiatra Ermentini, direttore di cattedra dell’università di Brescia e primario degli Spedali Civili, lo stesso che dalla cabina di regìa P2 aveva appiccicato diagnosi psichiatriche su Moro prigioniero per screditarne le lettere, fu prosciolto dal GIP Anna Di Martino dall’accusa di avere favorito un camorrista, La Torre, e l’evasione di un trafficante di droga di alto livello, tramite referti psichiatrici pilotati.

Ricordo una conferenza pubblica tenuta congiuntamente da Ermentini e dall’allora capo dei GIP di Brescia. Sembravano ben affiatati. Quel magistrato lo soprannominai “Ciliegino” dopo che una volta mentre ero alla cassa del supermarket me l’ero trovato alla cassa accanto. Ogni volta che facevo la spesa lì un magazziniere immancabilmente sceglieva di passare per la strettoia della cassa dove mi trovavo, arrivando di spalle, urtandomi e strusciandosi nel passaggio. Lo avrebbe fatto anche davanti al magistrato? Arrivò da davanti, dal lato di uscita delle casse, una commessa, che restò a distanza, e fece cadere da un cestellino alcuni pomodori ciliegini, uno dei quali rotolò fino alla mia scarpa.

Vedi: Mandanti, esecutori e catalizzatori

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6 gennaio 2021

Blog de il Fatto

Commento al post “Maria Fida Moro aderisce alla raccolta firme di Fratelli d’Italia contro Conte. “Cancellati i diritti inviolabili dell’uomo, gente terrorizzata””

Parole antifasciste che portano acqua a un partito postfascista; contro una “sinistra” che serve il fascismo liberista. Un inviluppo che è simbolo dell’avvenuto scambio di ruoli tra destra e sinistra: ora politiche di destra nera vengono fatte condurre alla falsa sinistra, e la falsa opposizione per tenere buono lo scontento la fa la destra populista. Maria Fida Moro appare avere una vulnerabilità alle influenze esterne, e quindi ad essere strumentalizzata.

L’appello della figlia di Moro sembra provenire da un’altra epoca, di quando gli ideali del dopoguerra non erano ancora del tutto spenti. Il suo valore è nel cambiamento in interiore homine che può produrre: il recupero della percezione corretta della realtà, alterata dalla paura indotta dalle mistificazioni della propaganda, nella quota di italiani che non hanno l’animo di quei cagnolini che, ringhiosi con gli estranei, al fischio del padrone gli portano in bocca il guinzaglio col quale verranno legati. La maledizione che Aldo Moro rivolse ai colleghi di partito, ”il mio sangue ricadrà su di voi”, si sta compiendo per larga parte del popolo, per il vizio della povera gente di credere e obbedire al più forte, e combattere per lui attaccando chi gli resiste, nell’illusione di fare così il proprio interesse.

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16 marzo 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post “Aldo Moro, Mattarella ricorda le vittime della strage di via Fani: “16 marzo 1978 data indelebile nella nostra coscienza””

Se, come era nell’ordine delle cose, avessimo avuto Aldo Moro presidente della Repubblica, non ci troveremmo dove siamo finiti ora. Moro non era asservito ai padroni del mondo, e puntava abilmente a espandere per quanto possibile la libertà dell’Italia. E’ per quest’ordine di motivi che è stato fatto uccidere, manovrando i cialtroni delle BR e ordinandolo ai ruffiani delle istituzioni.

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28 luglio 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post “Covid, Mattarella: “Il virus limita la libertà, non gli strumenti per sconfiggerlo. La scuola in presenza deve essere un’assoluta priorità”” “La vaccinazione è un dovere morale e civico”

Libera delinquenza, specialmente per i potenti, tramite la costituzionalista Cartabia. L’equivalente di un’agocannula in permanenza nel braccio con libertà di inoculo da parte dello Stato, pena il venire puniti. Frontiere a brache calate, barriere interne staliniste per i cittadini.

Torna il tradimento presentato come virtù. “Nonostante lo sforzo gigantesco, non riusciamo a trovare dove è tenuto prigioniero Moro”: no, le BR non erano così diabolicamente abili; le si è virulentate, e si è bloccata la liberazione di Moro, obbedendo agli ordini. “Fronte della fermezza”: in realtà hanno tenuto Moro fermo sotto i colpi dei sicari. Questa finzione fruttò a Cossiga il Quirinale. Ora la storia si ripete, con un virus terrorista fatto figurare come “samurai invincibile”, e con la “fermezza” del costringere con ricatti materiali e morali la popolazione a farsi inoculare sostanze potenzialmente nocive (primeggiando nel mondo per questa imposizione). Nel 1978 gli italiani non si resero conto che la campana suonava anche per loro, costituendo l’assassinio di Moro lo standard per una selezione di politici fedeli non al popolo ma ai mandanti. Oggi il danno che riceveranno sarà diretto, anche se molti credono che pure stavolta la cosa si risolverà dietro alle menzogne e agli ipocriti sermoni dei palazzi.

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21 aprile 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Ferrero “L’Anpi ha completamente ragione: la Resistenza italiana non si può paragonare a quella ucraina”

Non sono paragonabili, ma sono entrambe figlie di posizioni false e autolesioniste. Gli italiani accettarono il fascismo che violento e cialtrone mosse guerra contro nazioni bellicose essendo impreparato e accodandosi alla follia nazista. Dopo l’8 settembre si pose a molti il dilemma dello scambiare nemico e aggregarsi sottomessi al vincitore. Gli ucraini hanno accettato lo zelenskismo, il fare da stato fantoccio suicida. Per il piacere degli USA si sono prestati a rendersi una minaccia per una nazione molto più forte, fino a farsi attaccare. Ora hanno il dilemma di difendere la propria terra essendosela prima venduta e combattendo una guerra altrui in casa propria e con la certezza di sconfitta.

L’ANPI ha evitato la vergogna di unirsi allo zelenskismo nostrano. Ma dovremmo riflettere sulle conseguenze tragiche, per noi nel ‘43, per gli ucraini oggi, di accettare per viltà, ruffianeria, indifferenza, corruzione, le posizioni “furbe” in realtà false e dannose, dei capi. Ieri il fascismo, oggi lo zelenskismo. Non esistono poteri buoni; invece di servire gli uni o gli altri, e invece di bersi la retorica fascio-clericale, trombona e ignorante, che si traduce nell’eseguire l’ordine di “reagire” evirandoci economicamente, dovremmo riconoscere come primo dovere quello della nostra salvezza e sicurezza nello scontro tra i potenti litiganti. E solo dopo esserci messi al sicuro lavorare – ma seriamente – per la pace degli altri, anche a costo di sacrifici.

@ Matteo Sivestrini. “Adesso sta a vedere che il cretino sono io” (De Curtis). Mi rifaccia questa sparata il 9 maggio, quando commemoreranno Aldo Moro, uno di quelli eliminati – tramite gli immancabili traditori e idioti – da chi vuole farci vivere “in un modo aperto e libero”. Con politici come lui PdC o PdR, invece dei campioni attuali, non faremmo la guerra di liberazione tagliandoceli.

@ Matteo Sivestrini. Martinazzoli, abile affabulatore, parlò di “inattualità” di Moro. Forse vivo mentalmente in un mondo inattuale, dove “libertà” non significa piegarsi al potente di turno e servirlo (oggi gli USA; domani chissà) e per il resto cercare di fregare i propri pari. Lei vive nel fumetto con sangue vero delle versioni ufficiali, dove le BR erano “samurai invincibili”. Aldo Moro era un DC, uno scaltro curiale portato al compromesso. Ma non era lontano dall’utopia borghese di una società equilibrata, inattuale e invisa al liberismo non meno del libro dei sogni dei comunisti. Moro, tanto di cappello, era il contrario dei buffoni che a parole sono dei Che Guevara e poi a stipendio ottenuto fanno gli sciuscià. Teneva all’Italia come entità autonoma e libera, e questo ha segnato la sua eliminazione esemplare. Tramite le BR, sciagurati ometti anti-italiani, proprio come la sciagurata masnada per la quale lei interviene, che oggi pratica quello che chiamo il “caetanismo”, l’aberrazione che può degenerare nello zelenskismo. Es. l’influenza del Centro Studi americani di Via Caetani – è davanti al muro esterno della sede del Centro che fu parcheggiata la Renault 4 – nell’orientare, tolti di mezzo gli “inattuali” e promossi gli yes-men, le nuove politiche sanitarie, senza precedenti, senza legalità, senza razionalità e iatrogene. Uniche per l’Italia, una forma di barbarie hi-tech che giusto un bravo scolaretto come lei può vedere come “occidentali”.

@ Ground 01. A me non fanno paura i mostri come Goebbels, che sono rari. A me fanno paura le masse che facilmente li seguono. Es. Why did so many German doctors join the Nazi Party early. International Journal of Law and Psychiatry, 2012. Uno storico tedesco, Kellerhoff, sostiene che la forza principale che ha portato all’Olocausto è stata la peer pressure. Le greggi di pecore, quelle sono sempre attive, cioè pronte a obbedire.

@ Snorri. Legga meglio che c’è. E legga meglio anche sulle cause; a meno di non fare come quegli attaccabrighe che grossi e minacciosi mettono il loro naso a 1 cm dal tuo e ti dicono “ti ho toccato? Che vuoi, se mi tocchi ti meno”. Una variante è che a provocare è uno piccolo, con dietro uno grosso che aspetta di accorrere in soccorso. Veda un po’ di trovare anche qualcosa sul ruolo di paciere degli anglo-americani, che smentirebbe definitivamente le calunnie che li dipingono come guerrafondai. Anche se Il Fatto di oggi riporta del generale Bertolini, già dei parà, ambiente che un poco ho conosciuto da civile e che non mi è parso spiccasse per bolscevismo, irenismo e amletismo, “gli USA tengono in ostaggio la pace”; “se il negoziato non c’è perché gli USA non lo vogliono, la guerra va avanti chissà quanto. E questa è una cosa spaventosa”.

@ Matteo Sivestrini. Le ho lette tutte, e non vi ho trovato nulla sugli USA che trattengano la loro “bald eagle”. Fu detto che la guerra è una cosa troppo seria per lasciarla ai generali. C’è da chiedersi se una cosa seria come l’informazione va lasciata a giornalisti e commentatori, perché per l’Ucraina alcuni nostri generali si stanno mostrando, nel dare punti di vista e informazioni, più seri e ponderati di tanti uomini di penna, che invece ricordano la poesia di Trilussa “L’eroe ar caffè”, 1916.

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CENSURATO

3 settembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. C. Caselli “Generale Dalla Chiesa: il mio ricordo a quarant’anni dalla strage di via Carini”

Credo che gli omicidi eccellenti abbiano avuto moventi multifattoriali: che siano stati commissionati tenendo conto di una molteplicità di fattori. Tra questi la necessità di selezionare la classe dirigente “compradora” tramite la quale governare il Paese a scapito dei suoi abitanti. La selezione avviene anche marcando come proibiti alcuni tipi umani tramite l’assassinio. L’attuale catalogo politico, che ricorda un atlante di funghi saprofiti, corrobora l’ipotesi.

Era un carabiniere che ci credeva davvero, ed era professionalmente abile. Per di più, con le parole che Caselli riporta sulla mafia che concede come favore ciò che è diritto delineava una singolare figura di generale quadrato e tosto che esprime critiche politiche centrate e nobili che potrebbero provenire da un Salvemini o un Danilo Dolci. (Quando la tendenza è all’opposto che le istituzioni mafiosamente concedano come favore ciò che è dovuto). Un guerriero che parla come un filosofo va bene per la Repubblica di Platone. Ciò può avere pesato, insieme ai fattori contingenti, per il pollice verso.

Questi crimini necessitano di una “location” adatta, attrezzata e conforme al copione ad usum delphini. Se si vuole eliminare un Dalla Chiesa il machiavello è mandarlo a Palermo e affidare il lavoro ai mafiosi. (Se si vuole un picco di letalità che inneschi e sostenga a livello internazionale una cascata di provvedimenti mostruosi giustificandoli in nome della salute, la Lombardia orientale è il posto giusto).

[Il commento è stato censurato, rimuovendolo, dopo essere rimasto visibile per almeno una giornata e avere ricevuto dei like. Probabilmente per l’ultima frase, sulla location in Lombardia orientale della “mini Wuhan”. V. Lo knock-on dell’operazione covid in Lombardia orientale. Il classico lavoro di Wennberg, The Dartmouth Atlas of Health Care in the United States. Hanover, NH:Trustees of Darmouth College; 1998, mostra come contrariamente a quello che istintivamente si crede la medicina sia un determinante dell’incidenza registrata di malattia, e così di forti variazioni nell’incidenza locale (nella prassi per ragioni di profitto, tramite il meccanismo della “supplier-induced demand”). Mostra inoltre come sia comune il fenomeno di creazione di malattia da parte della medicina. Sia dichiarandone la presenza surrettiziamente, o ri-etichettando patologie diverse, sia materialmente, pilotando il decorso clinico con azioni e omissioni. Nozione tabù in generale, e tanto più nel caso della strage covid in Lombardia, che gode di coperture e di versioni di comodo non inferiori a quelle delle stragi siciliane.

Per altri miei commenti sul quarantennale dell’omicidio di Dalla Chiesa, v. La selezione avversa]

3 settembre 2022

Commento al post di S. Limiti “Carlo Alberto dalla Chiesa, nelle carte di Moro il segreto del suo assassinio”

Dalla Chiesa non era un agnellino né un ingenuo. Ma si trovò a giocare contro la sociopatia al potere. Che toccando i tasti giusti riuscì ad attirarlo a Palermo, e quindi alla portata dei mitra dei mafiosi; facendo così rientrare agli occhi del pubblico l’eliminazione nella narrazione “mafiocentrica”, la versione canonica che resa credibile dagli omicidi eclatanti accentrando l’attenzione su uno dei grandi poteri criminali lascia liberi di agire gli altri. Come i poteri che vollero la morte di Moro; e che oggi ci sacrificano ai loro interessi facendoci andare in malora.

Ambrosoli scrisse alla moglie che non lo avrebbero ucciso perché sarebbe stato un omicidio firmato. Enrico Mattei, l’opposto degli attuali traditori, procacciava nel mondo con magistrale abilità l’energia per l’Italia. La moglie lo sentiva piangere la notte per le minacce ricevute; deve essersi sentito rinfrancato dalla laurea honoris causa conferitagli da Stanford. Ma non fece tempo a ritirarla. Lo deve avere anche rassicurato la presenza di un passeggero americano sul suo aereo. Tutti e tre persone di grande valore, che non avendo la testa del farabutto erano svantaggiate nel confronto col Male vero, che unisce lo studio psicologico della vittima, l’inganno perfido, la finzione gelida, alla sanguinarietà bestiale. La dicotomia buoni/cattivi è spesso semplicistica, si sa. Ma si può usare al suo posto quella tra “l’inferno e chi non è inferno” (Calvino), che è robusta.

@ Basettoni. Ci sono colpe anche nel farsi colonizzare senza resistere, e anzi collaborando: “If overall responsibility for the strategy of tension rests with the United States, a great burden of guilt must be born by the Italians, without whose willing participation the country’s terrorist ordeal would never have come about” (Willan P. Puppetmasters. The political use of terrorism in Italy.2002; il libro dà anche un quadro non agiografico su Dalla Chiesa e il suo assassinio). Si parla sempre di mafia, un po’ di corruzione, ma mai della terza testa del mostro, il tradimento delle classi dirigenti. Né dell’ignavia omertosa degli italiani, che ora avranno modo di meditare sulle conseguenze degli atti di guerra cui, presi solo dai loro affari immediati, hanno voltato le spalle, come l’eliminazione di un capitano d’industria come Mattei,di statisti come Moro e di tanti che volevano servire il Paese.

@ Basettoni. Si viene estromessi dal lavoro, e con esso dalla possibilità di incidere sulla società, non come il facoltoso avvocato Conte, dagli ambigui addentellati, catapultato a palazzo Chigi; ma scomparendo in silenzio mentre si viene mascariati. A lupara bianca. Senza clamore, senza che se ne accorga altri che quelli che vanno educati. Su direttive di oltreoceano, v. R. F. Kennedy jr, “The real Anthony Fauci”, 2021, sulle epurazioni implacabili, e sulle munifiche selezioni alla rovescia degli “esperti”, pro frode in campo biomedico. Tramite notabili di casa nostra. Del genere di quelli che misero in carcere Domenico Marotta. Facendo largo ai Ricciardi e catapultando ai vertici i Crisanti. “Piacerini” di politici e magistrati dalle conseguenze nefande: “Why are so many people dying? The endless butterflies effects of damaging policies”, Gruppo Hart, 5 set 2022.

La precisa ripartizione delle responsabilità tra i quisling e le persone comuni – con il clero storico gestore e catalizzatore dalla pratica di vendersi l’Italia – forse è il problema dell’uovo e la gallina. In ogni caso non si può sollevare da una cospicua quota di colpe l’italiano medio, che, uso servire i santi e fregare i suoi pari, ancora meglio se le due cose assieme, ascolterebbe con impaziente distacco il suo quadro di asservimento nazionale. Che lei ha tratteggiato usando l’accetta, con tagli di troppo e senza gli sfumati che lo rivestono. Ma non è certo campato in aria.

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11 dicembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Marco Bellocchio vince il premio Efa per l’”Innovative storytelling” con Esterno Notte e annuncia: “Voglio fare una serie su Tortora””

Non c’è molto di creativo né di innovativo nell’antica arte cortigiana di coprire un delitto gravissimo, quello che è stato chiamato un golpe* – le cui conseguenze stiamo subendo adesso con una classe dirigente selezionata con questi metodi – mediante quattro svolazzi calligrafici dozzinali che ripetono, infiorettandola, la versione falsa e autoassolutoria dei mandanti, dei complici istituzionali e degli esecutori.

*De Lutiis G. Il golpe di via Fani. Protezioni occulte e connivenze internazionali dietro al delitto Moro. 2007. Pref. Rosario Priore.

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15 dicembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post ““Io ci sarò ancora”, la diretta con Miguel Gotor, Maddalena Oliva e Andrea Purgatori per parlare dei segreti del caso Moro”

Nelle carceri USA i boss sottraggono ciò che vogliono al detenuto di basso rango in sua presenza, sottolineando che loro non rubano ma prendono. Analogamente, tenere tramite quattro scalzacani uno statista di vertice in prigionia per due mesi prima di ucciderlo è affermazione di dominio. Un’esecuzione pubblica, da potenze coloniali che giustiziano platealmente i pochi singoli che tra i docili nativi mettono in discussione la sottomissione.

Dipinto da vivo come un retore capace di parlare per ore senza dire nulla, non solo ha pagato il suo agire con un’esecuzione esemplare; ma, in un contrappasso immeritato, è entro un enorme bozzolo di chiacchiere, di scambi tra l’essenziale e il ridondante, tassonomie umane da fumetto, bigiotteria intellettuale, guitterie cinematografiche, che è stata imballata la sua storia. Per travisarne la nuda sostanza, semplice, ma impresentabile avendo come causa necessaria – subito dopo la causa prima, coloniale – il tradimento infame di una classe dirigente già allora guasta; e oggi massa inerte priva di qualsiasi luce propria.

“il 20 aprile 1978 in una lettera a Zaccagnini, il prigioniero, riprendendo l’anatema biblico, ribadiva: Se voi non intervenite, sarebbe scritta una pagina agghiacciante nella storia d’Italia. Il mio sangue ricadrebbe su di voi, sul partito, sul paese. Pensateci bene cari amici. Siate indipendenti. Non guardate al domani, ma al dopo domani’.” (Gotor M. Il Memoriale della Repubblica, 2011). Il dopo domani è arrivato.

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17 dicembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post ““Il caso Moro dalla Storia allo Schermo”. Domenica 18 dicembre a Piacenza l’incontro con Miguel Gotor e Marco Bellocchio”

Nel film di Bellocchio, consulente Gotor, papa “pochino” (A. Moro) è un candido asceta. Non un uomo di potere che sacrifica l’amico per mantenere il fare a mezzi con forze straniere sull’Italia; come il clero fa, a nostro danno, dai tempi dell’alto medioevo. I brigatisti sono guerrieri-filosofi capaci di audaci azioni di commando e di rendersi imprendibili mentre meditano angosciati sul loro agire. Non cialtroni violenti che non sapevano quello che facevano, pilotati, protetti, e ricattati per non parlare. Ma chi oserebbe dirlo, davanti a questa unione di acribia storiografica e somma arte?

Da giovane mi sorprese come l’asserita unione di due virtù possa generare il suo contrario. I mitici MD/PhD, medici col dottorato di ricerca, visti da vicino in USA si rivelarono tranne poche eccezioni scarsi come clinico e come ricercatore, buoni solo a impapocchiare quanto gli veniva ordinato di fare risultare. L’unione di scienza e diritto genera mostri, ora che la medicina è divenuta un vettore etico di sfruttamento e frode; come un’ambulanza nella quale i gangster possono trasportare impunemente, e con diritto di precedenza, armi e droga, grazie anche a magistrati che ricordano il commissario Winchester dei Simpson, perseguendo chi dubita che si tratti di soccorso e non cede il passo. Su temi di rilevanza vitale per il Paese, certi ibridi, certi arditi ircocervi, come questo di storiografia e “licenza poetica”, non andrebbero accolti come supereroi buoni.

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17 dicembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Il caso Moro, dalla storia allo schermo”. Il dibattito tra lo storico Miguel Gotor e il regista Marco Bellocchio, organizzato da Bottega XNL”

Alla “Moroteca di Babele” citata dalla curatrice gioverebbe una classificazione formale. Potrebbe essere basata sulle causalità attribuite. Es. io credo alle ricostruzioni che vedono negli USA e varie potenze estere una causa necessaria e il motore primo; nelle complicità istituzionali e clericali un’altra causa necessaria e causa intermedia; e nel complesso di queste due cause necessarie una causa sufficiente. Oltre che utile per cercare di mettere ordine nella “ambiguità comparata” su Moro, un’analisi causale porta a considerare un elemento trascurato sui misteri d’Italia, credo, importante: quello delle cause ridondanti. Cioè i tanti elementi da soli non necessari né sufficienti – ma pesanti nel loro complesso – che favoriscono e lubrificano l’eversione dall’alto, e ne proteggono il nocciolo sostanziale col loro spesso strato. Es. i calcoli dei politicanti, i tanti funzionari dello Stato postulanti senza onore in logge e sacrestie, la schiera di penne vendute, il servilismo miope del cittadino comune. Lo strato dei fattori ridondanti nella mia esperienza lavora di continuo quando c’è da servire ordini atlantici, avvolgendo la loro impresentabile durezza nel mare viscoso delle cialtronerie, bizantinismi, meschinità, opportunismi, disonestà intellettuali, estetizzazioni mercenarie, abusi e omissioni amministrative, giudiziarie e di polizia che è la routine cui viene di fatto riconosciuto un diritto ad essere praticata.

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21 dicembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Miguel Gotor confessa in pubblico un falso storico nella serie TV ‘Esterno Notte’. Ma è davvero un errore?!”

E’ comune vedere nei film ambientati in secoli lontani finimenti moderni sui cavalli. A parte l’avvincente tema degli anacronismi nel cinema, sul rapporto tra la Faranda, le case di Dio e il rituale di cancellazione di Moro, per i profani – ma che magari hanno una esperienza diretta della montagna di m. che può contare pure su presepi pindarici che la nascondano trasfigurandola – sarebbe meglio avere lumi “soggetto-predicato-complemento”:

“La II Commissione parlamentare d’inchiesta sul delitto Moro (2014-2017) ha accertato … che la mattina del 16 marzo 1978, i terroristi in fuga con l’ostaggio si rifugiarono in uno stabile di via Massimi 91 di proprietà dello Ior (la banca vaticana)”. (Flamigni. Il quarto uomo del delitto Moro).

“Tra il materiale sequestrato ai brigatisti Valerio Morucci e Adriana Faranda dopo il loro arresto (29 maggio 1979) c’era l’indirizzo e il numero telefonico dell’abitazione di monsignor Marcinkus, nonché l’indirizzo e il numero telefonico di padre Felix Morlion (agente della Cia), ai quali l’autorità giudiziaria non ha mai rivolto alcuna domanda. (Da: Flamigni, La tela del ragno)”. (De Lutiis, Il golpe di Via Fani).

Per Fasanella (Il puzzle Moro) bisognerebbe usare “la felice espressione di Miguel Gotor” di “un bel presepe di coincidenze” anche sulle intersezioni nello stabile di via Massimi tra la Faranda, vista lì fin dal 1970, Marcinkus e un affollamento di prelati e punti d’appoggio di servizi esteri.

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1 gennaio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Limiti “Il caso Moro e le verità nascoste: serve un discorso pubblico che smascheri le fandonie”

“La ricostruzione della verità [sulle bombe] non è poi così difficile”, scrisse Pasolini. Che finì male. Mentre farla diventare un rompicapo da fisica quantistica è salutare e redditizio. Sarebbe doveroso presentare agli italiani, dopo decenni, un quadro essenziale, veritiero e chiaro. Per fare ordine, per sbrogliare, si può ricorrere a strumenti di analisi razionale, es. il modello causale INUS, cioè il dichiarare, documentando, le singole cause necessarie che insieme hanno costituito causa sufficiente. Invece all’opposto si distribuiscono al pubblico, gridando al capolavoro, soap caramellose che presentano cretini violenti e ambigui come dei puri; i giuda diventano santi. Dal punto di vista metodologico è ciò che a Firenze chiamano un “andare a Roma per il Mugello”. Sul piano civile ed umano è incomprensibile e disgustoso. Non è facile dire la verità sul coltello sempre insanguinato del potere; ma dignità e responsabilità dovrebbero portare almeno a tacere piuttosto che collaborare diffondendo il falso. Il ricamare versioni ad usum delphini è espressione del coté cortigiano che rientra nelle “cause ridondanti”. Il suo contributo alla verità non è dato dalle storie propinate ma dall’ostensione di sé stesso: dal mostrare come l’Italia offra una cultura dell’asservimento e una borghesia compradora, figlie di millenarie prassi clericali, favorevoli alla soppressione di leader che non siano dei fantocci.

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11 gennaio 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Francesco Bruno, morto il criminologo che si è occupato del mostro di Firenze e di decine di casi di ‘nera’”

Insieme al suo maestro Ferracuti (P2 e agente CIA*) diagnosticò un disturbo psichiatrico a Moro prigioniero. Sulla base di una lettera di Moro. “Il mio compito, ha dichiarato Bruno, avrebbe dovuto essere quello di aiutare il presidente della Dc a ricostruire la sua personalità provata dalla prigionia e da una condizione che lo stesso Moro aveva definito di “pieno e incontrollato dominio di altri su di lui”. Mi ricordo che all’ epoca si parlò della possibilità di isolarlo per alcuni giorni, come consigliavano di fare nei casi di “sindrome di Stoccolma” gli studi americani, in una stanza al policlinico Gemelli.”**

Nel 1993 Cossiga affermò che la Procura di Roma era d’accordo con l’internamento**. Suscitando proteste sdegnate. Cossiga non è una fonte sicura; ma non escluderei che abbia detto il vero, potendo portare a conferma una testimonianza di ciò di cui sono capaci i magistrati in conformità agli interessi criminali di chi controlla l’Italia. Per di più conoscendo come certi poteri, tradizionali servitori di chi controllando l’Italia ogni tanto chiede qualche testa, siano particolarmente di casa a Celico, come in altri paesini e città calabresi.

*Imposimato F. Doveva Morire. Chiarelettere, 2008.

**Cossiga: tacevo per carita’ di patria. Polemiche dopo le dichiarazioni di Cossiga Francesco sul progetto per accogliere Moro Aldo dopo un eventuale rilascio. “l’isolamento concordato con la Procura ” – Guerzoni: “in quella riunione decisero che era pazzo”. Corsera 1 dic 1993.

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22 settembre 2023

Blog de il Fatto

Commento al post “Uccise e fece a pezzi Carol Matesi, Davide Fontana ammesso alla giustizia riparativa. Il padre della vittima: “Schifato” “

“Il sonno della ragione genera mostri”. Questi sono i mostri, ma il sonno è il nostro, che permettiamo di tenere i posti di guida del Paese occupati da soggetti che non sono nostri rappresentanti, nostri fiduciari, ma alieni. L’alieno è “colui che appartiene ad altri”. Come la Cartabia, o come i tanti che vanno a fare l’inchino al meeting di CL, a partire dal presidente del CSM, il PdR Mattarella.

@ Brisk: Il sonno della ragione genera mostri. Non bisogna confondere lo strumento con l’effetto. E’ vero che Goya lo disse descrivendo gli orrori dell’invasione di una rozza soldataglia; ma nel caso della penna del giudice – o della siringa del medico – con le “trovate mirabolanti”, con gli argomenti in sé ridicoli, si generano mostri con poco sforzo. Es. nell’applicare la sciagurata amnistia Togliatti i giudici ci aggiunsero del loro. Come nel caso dei fascisti assolti in quanto i giudici giudicarono non sufficientemente efferato lo stupro di gruppo – con modalità particolamente violente e umilianti – di una staffetta partigiana (Franzinelli M. L’amnistia Togliatti. 1946. Colpo di Spugna su crimini fascisti. Feltrinelli, 2016).

Pensando alle conseguenze, delle mancate epurazioni di allora, e oggi della giustizia resa una variabile aleatoria, una concessione soggetta al capriccio di chi ha in mano la penna, un bene scarso da pietire, si può dire che il sonno della ragione, il dormire e lasciare fare dei cittadini, genera stirpi di mostri: mostri che si riproducono e diventano così una presenza perenne.

@ Brisk: Usiamo categorie diverse. I magistrati aiutarono i fascisti non in quanto affini (anche se alcuni avevano indossato la camicia nera sotto la toga, e scritto su “Diritto della razza”), ma in obbedienza al nuovo potere. Che non voleva le epurazioni, volendo i fascisti come strumento per il controllo del Paese. I magistrati in quegli anni favorirono anche la mafia per lo stesso motivo. Togliatti con l’amnistia si adeguò ad ordini spartitori sovranazionali, Yalta, etc. Oggi col medesimo spirito cortigiano i magistrati “progressisti” servono i disegni del moderno fascismo tecnocratico in medicina, es. sul suicidio assistito, la legalizzazione del colpo di grazia che aumenterà sovratrattamenti e sofferenze. Dietro alla tenue vernice ideologica opera la perenne potente forza che spinge a mettersi dalla parte del più forte. Non è che Napolitano fosse un fascista convinto quando era nel GUF, un fanatico stalinista quando approvava l’URSS che schiacciava l’Ungheria, un sincero lockiano quando frequentava le ambasciate USA e UK e si metteva al servizio della NATO mentre gli stessi ambienti evitavano che avessimo degli Aldo Moro come PdR facendolo uccidere. Napolitano serviva il potere. Si trascura l’elementare, possente spinta a “correre in soccorso al vincitore”, e la si copre sotto storielle di duelli ideologici. La magistratura non è meno compromessa dei politici in questa forma di corruzione.

v. Baruffe di corte: i baroni della destra e i mandarini della magistratura

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12 dicembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. De Vita “54 anni fa la Strage di Piazza Fontana: un sanguinoso fil rouge unisce i 5 attacchi del 12 dicembre”

G. Salvini con A. Sceresini. La maledizione di Piazza Fontana. L’indagine interrotta. I testimoni dimenticati. La guerra tra i magistrati. Chiarelettere, 2019.

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Commento al post di S. Bauducco “Piazza Fontana, Sala alla commemorazione: “A Milano fascisti e nazisti, vecchi e nuovi, non devono avere spazio””

La “matrice fascista” è un falso e un alibi. I fascisti sono stati causa intermedia, cioè sciagurati esecutori, mediante i servizi. La matrice, cioè i mandanti, la causa necessaria, è la mamma atlantica. Che oggi sindaci “antifascisti” lombardi non sono secondi a nessuno nel servire. Una causa necessaria resa sufficiente dall’acquiescenza e complicità delle istituzioni, le stesse che ipocritamente “chiedono giustizia tutti gli anni”.

@ Il figlio del grigio: “Involontariamente ci hai preso”. Non è farina del mio sacco. Ci sono serie ricostruzioni di studiosi, magistrati e giornalisti – di una realtà complicata, ma la cui essenza è sintetizzabile in poche righe – e sono in molti a sapere. E non è involontario, il rompere un’omertà fifona. Da re nudo, da segreto di Pulcinella, su qualcosa di molto grave e molto importante, un po’ difficile da riconoscere ma che non è rocket science. V. L’omertà manzoniana su Moro. Sito menici60d15 (“può adirarsi che tu mostri sospetto su di lui, e, nello stesso tempo, farti sentire che quello che tu sospetti è certo”). Il problema sono anche gli italiani, che stanno al gioco, e sono pronti a combattere a parole fascisti e mafiosi, purché non si scherzi “con i santi”. V. Il tolemaicismo politico; e L’orizzontalizzazione, ib.

@ Il figlio del grigio: Potresti cominciare da “Trame atlantiche” S. Flamigni; “The puppetmasters. The political use of terrorism in Italy” P. Willan; “Gli eserciti segreti della NATO” D. Ganser; “Dietro tutte le trame” Tamburino G.”; “The Jakarta method. Washington’s anticommunist Crusade & The Mass Murder Program That Shaped Our World” Bevins V. Date le tue simpatie clericali, i libri di Casarrubea sugli inizi in Sicilia nel dopoguerra, nei quali si staglia la collaborazione del Vaticano; che prosegue. Ho già citato “La maledizione di Piazza Fontana” di G. Salvini, da leggere sia in sé, sia come omaggio all’autore, che va in pensione in questi giorni, essendo stato avversato all’interno di una magistratura che quelli che non stanno al gioco li prende come propri simboli ma non certo come modello. Di scritti ce ne sono tanti. Come per tante altre letture, il passettino, minimo, per distillare la morale ce lo deve mettere il lettore.

@ Ierre: La letteratura è abbondante. Es. G. De Lutiis. I servizi segreti in Italia, 2010. Piazza Fontana vi è citata 64 volte, e non in termini positivi per i servizi.

Questo mostrarsi meravigliati mi ricorda un episodio del mese che passai in Israele in uno scambio studentesco. Sentivo spesso dei boati (probabilmente i jet militari che superavano la barriera del suono, poi ho ricostruito). Ne chiesi ai medici dell’ospedale di Kfar Saba che mi ospitava come studente di medicina. Ma caddero dalle nuvole. Un giorno a mensa, a tavola con altri tre medici, si sentì un boato fortissimo. Ebbi come l’impressione che la minestra tremasse nel piatto. “Ecco, questi boati. Li avete sentiti?” I tre medici si scambiarono un impercettibile sorriso e risposero “no”. Ma forse, trattandosi non di fedeltà alla propria nazione ma del suo opposto, è più appropriato il paragone con la scenetta boccaccesca di donne infedeli che colte in flagrante non solo negano, ma proseguono l’atto.

@ Ierre: Sono noti, e se anche non lo fossero resterebbe la responsabilità della struttura nell’ingranaggio. Alcuni sono stati condannati. Il citato libro di De Lutiis ha 15 pagine di indice dei nomi. Che ricorrono in tanti altri libri. O es. nelle liste note P2. In testa alla prima pagina, seconda colonna, “Allavena Giovanni”. L’ultimo nome, dopo Zorzi Delfo, è “Zvi Zamir”, capo del Mossad. Il libro ha anche un appendice con le liste dei responsabili dei vari servizi. Bisognerebbe semmai conoscere di più su quelli odierni. I nomi restano nell’ombra rispetto alle responsabilità un po’ per la natura segreta; un po’ per l’impunità loro garantita; un po’ perché sono in fondo mezze figure, esecutori di ordini sovranazionali più prossimi ad addetti al capestro con lo stipendio ministeriale il 27 che a James Bond. A “Un giorno in pretura” sentii una PM citare Nietzsche : “l’assassino non è all’altezza del suo gesto”. Penso lo stesso dei quadri – servizi, polizie in divisa, magistrati, politici, amministratori, omini comuni – che si prestano a tanti di questi crimini. A tante operazioni sanguinose e abiette di condizionamento del Paese verso il basso; che non appartengono solo a un passato concluso, sul quale si dibatte senza fine e si inscenano cerimonie bolse mentre si commettono tradimenti nel presente. Es. parlando di amministratori lombardi, bipartisan, e di papaveri assortiti a Roma: Lo knock-on dell’operazione covid in Lombardia orientale . Sito menici60d15.

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7 febbraio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Mascali “Procura generale di Roma, l’ostilità di Chigi per Amato e l’influenza di Mantovano: il nuovo favorito al Csm ora è il “moderato” Patrono”

Un Procuratore generale di Roma, Ciampoli, stava facendo chiarezza, la chiarezza essenziale, sostanziale, su Moro (1). Stava anche definendo il ruolo di Pieczenik; a insabbiare ci pensò la figura scelta dai magistrati per rappresentare i loro interessi, Palamara.

Affidando la ricostruzione della strage iniziale del 2020 a un emissario dell’Imperial college (Ferguson, MI5) i magistrati hanno ricalcato i passi di Cossiga con Pieczenik emissario di Kissinger (2). Ma non c’è un pari di Ciampoli che voglia fare chiarezza su questo. Commentavo ieri qui (3) su Cappato che preme per depenalizzare l’uso omicida degli stessi farmaci che sono stati descritti tra le vere cause dei picchi di letalità covid. Leggo ora di aspiranti procuratori generali che scotomizzato il picco anomalo di letalità “fulminei” spalleggiano Cappato; ovvero l’agenda dettata da quei poteri che vollero la testa di Moro (col Vaticano doppio oggi sulle iniezioni letali come allora su Moro). Sul covid, come per le stragi del passato, i magistrati play dumb e drag their feet. Favoriscono e partecipano (2). Ciò dà una spiegazione dello slancio nel gareggiare per cariche che a esercitarle seriamente sono pesanti e ingrate.

1 Barbacetto G. “La commissione Moro ha nascosto la verità” Il Fatto, 25 nov 2019.
2 Il livello Scarantino, palazzo Zanardelli e la strage covid in Lombardia orientale
3 Fine vita, Cappato: “La Regione Lombardia non si volti dall’altra parte. Servono tempi certi perché le persone soffrano meno”

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5 marzo 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post ““La tua rivoluzione è stata la mia”. Polemica su Di Cesare per il post su Balzerani (poi cancellato). Rettrice La Sapienza: “Sconcerto””

Si possono esecrare le tesi di un intellettuale che sostenga la lotta armata, ma comunque rispettarlo. E’ invece disgustoso che – bene imboscata nello Stato con una cattedra universitaria – si elogi il terrorismo pilotato. Tramite il terrorismo affidato ai vari Moretti*, il compagno della Balzerani, si è soggiogato il Paese, si sono eliminati leader che lo volevano libero, si è selezionata una classe dirigente di servi. Disgustoso è il narcisismo del fiancheggiare l’oppressore e presentarsi come fiancheggiatore della ribellione all’oppressione (vale anche per i post-fascisti).

Donatella Di Cesare ha pubblicato “Immunodemocracy. Capitalist asphyxia” una critica addomesticata dell’operazione covid che vorrebbe sostituirsi a quella – per me altamente valida – di Agamben (vergognosamente attaccato, anche su questo sito). Il saggio è stato subito pubblicato dalla Massachussetts Institute of Technology Press. Toni Negri, promotore del terrorismo con legami con figure sinistre del capitalismo, fu pubblicato dalla Harvard University Press. A Cambridge, Massachussets (Boston), trovano porte aperte e così legittimazione e prestigio autori italiani che si appropriano di critiche antisistema, le deformano e le indirizzano in forme che ne permettono un utilizzo strumentale da parte del potere che dicono di combattere.

*S. Flamigni. La sfinge delle Brigate rosse. 2004.

@ MARCOBASTA: Non metto in discussione il diritto di salutare sul piano umano anche il peggior delinquente. Ma si ha anche il diritto di osservare che riconoscendo con l’occasione dignità alle “idee” di un doppio gioco, sanguinoso, preparato a tavolino in qualche think tank di oltre oceano, condotto per stupidità o scelleratezza, che ha portato alla decadenza invece che alla crescita, ci si esibisce nell’arte del servire il padrone fingendosi ribelli.

Come in tutte le storie di ambiguità e doppiezza, “una parola” non basta. Ci sono abbondanti evidenze che ci fosse anche cattiva fede. E protezione. Es. “stella a sei punte” Moretti. Nella migliore delle ipotesi, “ci credevano” come utili idioti. Gli intellettuali servirebbero a questo, a riconoscere i cattivi insegnamenti. Es. Pasolini: “Essi credono di spezzare il cerchio e invece non fanno altro che rinsaldarlo”.

Avremmo bisogno di un’autentica sinistra progressista, e di un’autentica destra conservatrice. Invece appare che siano permesse solo caricature, vuote dietro alle sparate, e accomunate dal servire i poteri che nel 1978 manovravano i terroristi improvvisati, resi “samurai invincibili”, e che oggi non ne hanno neppure bisogno, essendo sufficiente il personale politico ottenuto anche con via Fani, via Caetani, etc.

@ MARCOBASTA: Prima l’ha “salutata” lodandone i deliri e lo sfacelo provocato, poi si è retratta, come il cucù degli orologi svizzeri. Non ha neppure tenuto il punto, ma ha nascosto il braccio. Va bene la lotta armata, ma anche i contributi INPS….

L’espressione sui samurai è di Tobagi: “non sono samurai invincibili”. Tobagi fu ucciso da dei figli di papà, al solito protetti. Non è “fare i samurai” fare i sicari – e le patsy, i prestanome – essendo un terminale di apparati delle maggiori potenze politiche e militari, servendole in quello che voi dovreste riconoscere come “imperialismo”. E’ invece simile alla viltà degli squadristi, che attaccavano in venti contro uno. Si sono spente le voci equilibrate, come Moro e Tobagi, si sono eliminati coraggiosi autentici, da Bellomo a Rossa a Borsellino a Calipari, e si dà spazio a sguaiataggini servili e incoscienti con ritrazione incorporata. In Italia pure terroristi e annessi tengono famiglia, e sono raccomandati.

La convergenza di mafia e antimafia. Pizzo mafioso e pizzo di Stato

8 September 2013

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3 novembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Fabbretti “Omicidio Bruno Caccia, perché dopo 33 anni manca ancora la verità”

Forse alcuni omicidi eccellenti hanno avuto, al di là dei moventi contingenti, al di là della criminalità che ha fornito gli esecutori, una funzione politica di “pulizia antropologica”: sono serviti a marcare come proibiti alcuni tipi umani. Nel capitalismo alcuni tipi umani, tra i quali il magistrato integerrimo, sono un’anomalia sistemica e non devono esistere, ha scritto Castoriadis. Il fatto che dopo 33 anni “manchi ancora la verità” da parte di quelli che dovrebbero essere i colleghi di Caccia sembra confermare che uccidendolo sia stata soffocata una varietà rara, una autentica diversità antropologica, impedendo che si riproducesse con l’esempio e l’insegnamento.

Commento al post “Roma, Guariniello possibile capo gabinetto di Raggi: “Sto decidendo””

Guariniello e i 5S hanno in comune due tratti congiunti. Da un lato non sono compromessi col generale mangia-mangia casareccio, e hanno qualche merito nel contrastarlo. Dall’altro tendono a perorare cause che sembrano progressiste e invece finiscono puntualmente per favorire i poteri forti più potenti. I 5S hanno appoggiato Stamina, Guariniello, molto lentamente, l’ha contrastata. Il duetto tra i due cori, durato anni, ha costituito una mega-propaganda a beneficio delle staminali ufficiali (v. “Stamina come esca per le frodi della medicina ufficiale”).

Appello al Popolo

8 settembre 2013

AlfonsoJpg

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I principi e le regole della democrazia sono estranei alla natura del popolo italiano […]. La gran massa degli italiani è individualista e politicamente irresponsabile e si preoccupa soltanto dei suoi problemi economici più urgenti. Mussolini aveva ragione a dire che gli italiani sono sempre stati povera gente.

L’ambasciatore britannico presso il Vaticano. Novembre 1943. [1]

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Non dico certo che i mafiosi e chi si occupa di combatterli siano in media sullo stesso piano, né che svolgano complessivamente le stesse attività, né che operino in modi perfettamente sovrapponibili; ma sono convinto che buona parte della mafia e dell’antimafia, con tutte le profonde differenze, siano nello stesso contenitore, o nella stessa cassetta degli attrezzi, che ha sul coperchio una Rosa dei Venti. Quest’estate consideravo gli aspetti costanti e le differenze di comportamento nei miei confronti delle forze di polizia nei distretti antimafia di Brescia e di Cosenza; le stesse forze che regolarmente compaiono sui media per aver eseguito brillanti operazioni antimafia. Quando ogni estate scendo in Calabria sono un poco come quel personaggio di un film, emigrato in USA, al quale l’unica cosa che mancava dell’Italia erano i fumetti di Tex Willer: riconosco comportamenti a carattere mafioso da parte delle istituzioni dello Stato per averli sperimentati a Brescia, dove l’iconografia accettata, secondo la quale la città sarebbe virtuosa, e solo vittima della mafia, paradossalmente permette una ancor maggior tranquillità agli esecutori.

La medicina è un campo nel quale imbrogliare è sia facile, sia altamente redditizio; la medicina “scientifica” non è affatto a prova di frode, e può esserne strumento; occorrerebbero controlli specifici sull’onestà delle cure. In Italia, la penetrazione delle grandi frodi mediche organizzate da multinazionali e poteri finanziari internazionali viene favorita, oltre che dai politici, da magistratura e forze di polizia, che stanno fornendo tale controllo di legalità, ma alla rovescia, perseguitando con modi obliqui chi si oppone alle frodi; in modo da proteggerle. Del resto, la tolleranza e la connivenza di magistratura e polizia caratterizzano la storia della mafia nella fase del dopoguerra.

Mentre riflettevo su ciò, ho letto la notizia delle celebrazioni ufficiali a Gela per l’anniversario dell’invasione della Sicilia nel 1943 [2]. Così mi è venuta in mente la vignetta che riporto, disegnata sul posto da un celebre cartoonist dell’esercito USA, che partecipò allo sbarco in Sicilia e alla campagna d’Italia [3,4]. Mi ha colpito, qualche giorno dopo, anche la diagnosi psichiatrica del prof. Andreoli sugli italiani [5]. Tra quegli stessi italiani, in un Paese che ne vede da secoli e secoli di ogni colore, ora va di moda considerare come una patologia mentale, detta “complottismo”, l’idea che i potenti, nel curare i propri interessi, non si astengano dal tramare a loro vantaggio e a danno dei sottomessi. I complotti, i machiavelli, gli arcana imperi, anche quando sono reali, sono solo metà della storia dei mali che affliggono la nazione; l’altra, quella più terribile [6], e che li rende possibili, è il cattivo assetto psicologico, intellettivo e morale delle masse, il loro presuntoso servilismo, la loro furbesca ignoranza [7].

I media mainstream nazionali non hanno trovato nulla di rilevante nella celebrazione di un evento che portò a quella che è stata chiamata “la morte della patria”, a lutti e sciagure che squassarono il Paese, ad un asservimento che dura tutt’ora. Né gli italiani hanno protestato per la squallida festa, tenuta, con la scusa dell’antifascismo, allo scopo di adulare i vincitori del cataclisma dell’estate ’43; mentre brindavano o si stracciavano le vesti sulla condanna – consentita e voluta dai poteri sovranazionali – di Berlusconi, e discutevano sulle presunte “liste di proscrizione” di magistrati. Magistrati e Berlusconi starebbero conducendo un duello all’ultimo sangue. Ma nessuno si farà male [8]; a parte il popolo, che vuole credere alla sceneggiata, seguendo il principio “gioca con i fanti ma lascia stare i santi”.

Ho già commentato su questa celebrazione [9]. L’hanno contestata sul posto i No-Muos, che hanno ricevuto dal governatore antimafia Crocetta l’accusa di essere infiltrati dalla mafia. Dopo un repentino voltafaccia sulla questione del Muos, Crocetta ha citato la sorte di Enrico Mattei; ma semmai sarebbe stato più appropriato citare quella di Pio La Torre, che si oppose alla base NATO di Comiso, e fu ucciso dalla mafia; con armi inconsuete per dei mafiosi, in dotazione all’esercito USA. Crocetta avrebbe dovuto citare anche i tanti compagni di partito che, abbandonati La Torre e altri comunisti siciliani al loro destino di morte, con gli yankee hanno fatto carriera; come Napolitano, che il giorno dell’assassinio si trovava in USA. Cereghino e Fasanella commentano il rapporto dell’ambasciatore UK sul carattere degli italiani osservando che Mattei fu eliminato avendo provato a emancipare i connazionali dal loro stato di “povera gente” [1]. Sia Mattei, sia La Torre, grandi Italiani, che sapevano a cosa si esponevano, erano privi di quell’arte circense dimostrata da Crocetta nel combattere per finta le pretese statunitensi e allo stesso tempo sostenerle fino a celebrare l’anniversario di un’invasione straniera a danno di quella che dovrebbe essere la sua nazione.

Crocetta si vanta di essere un nemico della mafia, e allo stesso tempo, come pressoché tutta l’intera classe dirigente, come tanti antimafiosi, considera gli americani in Italia una benedizione. Ingroia, per esempio, non contento di essere un ferro di lancia della lotta alla mafia, della quale conoscerà i meccanismi profondi, quando ancora magistrato ha tentato la carta della politica si è espresso, assumendo la foggia di un vaporoso piumino, a favore dell’aumento di investimenti USA in Italia [10]. Ma anche il campo avversario è su posizioni fortemente filoamericane; anche i mafiosi considerano gli USA una provvidenza. I rapporti tra gli USA e la mafia non sono quelli ostili tra i Liberatori e i malvagi, ma tra un protettore-mandante e un esecutore [11]. Anche la mafia deve guardare con interesse a investimenti USA come una base militare, che in passato hanno significato per lei appalti e scambi di favori. Il PM Palermo, che indagava su traffici di armi, fu sfrattato dalla base NATO nella quale alloggiava, prima di subire l’attentato.

Sia i mafiosi, sia le forze che dicono di contrastare la mafia, sono postulanti dell’amico americano, e favoriscono il suo radicamento e consolidamento militare, politico ed economico sul territorio. Abbiamo un’antimafia che combatte la mafia, o dice di combatterla, mentre si prostra ai superiori della mafia.

La mafia è sì una realtà terribile come si dice, e anche più; ma molto diversa dal film, centrato sui pochi eroi autentici, che viene propinato da RAI, Mediaset e altri media in infusione continua, e che gli italiani, vigliaccamente, accettano. Oltre ad un antagonismo, esiste una convergenza tra mafia e antimafia: nell’essere entrambe subordinate ai poteri atlantici, e nell’operare a loro favore [12], venendone protette e favorite. Una convergenza contingente, di potere, rafforzata in molti casi da una parentela culturale, di mentalità e di stili. Una convergenza di entità tra loro indipendenti; ma, insieme a questo comune tropismo, appaiono esistere anche canali orizzontali, dati dai servizi e da corpi speciali di polizia, che collegano i due fronti, quello delle masserie, o del jet set mafioso, e quello delle divise e delle toghe.

Il risultato è un pool comune di effetti eversivi prodotti dalla mafia e dalle forze deputate a combatterla, ottenuti con mezzi diversi, ma comunque a favore del patron che dal ’43 non se ne è più andato, avendo innestato nel Meridione, sul ceppo mafioso originario, la mafia dei grandi traffici di droga e armi e quella terroristica degli omicidi politici. Ma mentre i guasti della mafia abbiamo per lo meno imparato a riconoscerli, quelli praticati da coloro che hanno il crest della DIA alle spalle della scrivania passano per legalità. Questo concetto della convergenza in alto di mafia e antimafia – che per me è in primo luogo una constatazione empirica – consente di spiegare più facilmente, in accordo col principio di parsimonia delle ipotesi, non solo la storia infinita della mafia; e della lotta alla mafia, questa tela di Penelope a favore dei Proci; ma anche le altre disgrazie del Paese, alle quali dietro l’alibi della lotta alla mafia le istituzioni statali danno il loro appoggio.

Non credo sia ormai onesto né serio analizzare la mafia e l’antimafia omettendo di considerare il livello sovranazionale – nei suoi due aspetti politico e dei poteri economici e finanziari – che le accomuna; di come e quanto questo livello controlli o influenzi entrambe le parti. Ma il carattere degli italiani è quello della vignetta, e del servo encomio di 70 anni dopo. I fascisti, che dovevano fermare gli invasori sul “bagnasciuga” [battigia], ci misero poco a sostituire l’orbace e gli alalà. Già nel 1947, protetti da Viminale, Vaticano e democristiani, sono di nuovo in armi in Sicilia, stavolta a Portella della Ginestra, dotati di lanciagranate di fabbricazione USA, nel ruolo di killer di connazionali inermi per conto dell’OSS; un contadino li sente gridare “hurrah”.

I comunisti nostrani mainstream hanno voluto darsi più tempo nel mettersi al servizio dello star spangled banner e poi dei poteri globalisti, ma hanno fatto danni anche peggiori; ora che hanno gettato la maschera, ciò dovrebbe essere palese. La lotta alla mafia è “imenopoietica”: rigenera verginità. Fa sempre presa la retorica di coloro che, mentre scalano poltrone che sono inaccessibili a chi non abbia ricevuto il pass dei poteri che manovrano anche la mafia, sventolano le immagini sempre più gualcite dei Caduti che la mafia l’hanno combattuta davvero; di Quelli che l’hanno combattuta in prima linea avendo alle spalle un vuoto, o un’ostilità, non meno paurosi del fronte nemico.

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I poteri innominati

I politici, che il popolo si è dato, non sono i soli responsabili; ma tra i compiti del loro lavoro, che assume sempre di più carattere postribolare, c’è anche quello di fare da parafulmine, attirando su di loro tutte le accuse (senza ovviamente pagare). Alzare lo sguardo, andare oltre le colonne d’Ercole dei legami tra mafia e politici nazionali, è difficile come salire su una montagna sempre più ripida. Viene evitato l’argomento, fondamentale, della subordinazione delle forze di polizia e della magistratura ai successori dei Liberatori del ‘43, e della conseguente esecuzione di operazioni illegali e dannose per il Paese, delle complicità e connivenze.

Il livello sovranazionale è al di fuori del discorso consueto: quando si tocca questo tasto il fiume di parole sulla mafia, alla quale in alcune librerie è espressamente dedicata una sezione degli scaffali, diviene un rivoletto impercettibile. La mole dei commenti ortodossi sulla mafia rappresenta a mio parere uno dei casi principali di “tolemaicismo”: lo spiegare fenomeni che hanno radici sovranazionali in termini esclusivi di dinamiche nazionali, ricorrendo a tortuose ed elaborate versioni pur di evitare di citare gli agenti esterni [13].

La mafia è il Negativo, che viene esaltato nel discorso ufficiale; i suoi burattinai sono il Proibito [14], del quale non bisogna parlare. Analogamente a quanto avviene nella ricerca medica attuale, dettata dall’industria, sulla mafia si sviscerano ad nauseam sempre gli stessi temi, ma è proibito considerarne altri. Il livello sovranazionale, il suo legame con la mafia da un lato e i suoi referenti istituzionali, magistrati e polizia in particolare, dall’altro, sono un argomento che dovrebbe emergere quanto meno sul piano dell’inferenza logica; ma non fa parte del discorso, dell’imponente discorso, sulla mafia, che anzi lo oscura. E’ tra le cose che è difficile anche solo nominare; e che non vanno nominate e non devono avere nome.

Comprendo meglio oggi perché Manzoni volle chiamare “l’innominato” uno spietato signorotto locale; una scelta all’apparenza troppo enfatica, da feuilleton. Col suo estro finissimo che lo portava disegnare i casi della vita con un’esattezza pari a quella di una macchina di precisione, Manzoni, consapevolmente o meno, ha così rappresentato il fenomeno dell’istituzionalizzazione dell’oppressione e dell’iniquità, per il quale certi poteri, certi crimini, vengono accettati dal popolo – da un popolo debole e adatto a essere soggiogato – come dati di fatto, come strutture fisse che trascendono la dimensione personale e danno forma alla realtà, e come tali sono intoccabili. Divengono istituzioni, cioè “abitudini di pensiero” (T. Veblen), che non sono oggetto di discussione, così come non si discute, e a volte neppure si nomina, ciò che è sacro; e che impongono regole, leggi, alle quali sono i fatti (cioè le interpretazioni della realtà) a doversi adattare, ha scritto Veblen.

Chiamando “innominato” un brigante divenuto castellano, che dalla cima del poggio “come l’aquila dal suo nido insanguinato” “non vedeva mai nessuno al di sopra di sé, né più in alto”, Manzoni dà un’allegoria dell’istituzionalizzazione del crimine, che si fa potere supremo e si spersonalizza; che, da potere militare, si fa cielo sotto il quale condurre la propria vita, per gli abitanti della vallata. Nella realtà, questi poteri non si convertono, ma fanno convertire il popolo, facendosi considerare entità sovraterrene. Si dice “poteri forti”, locuzione insoddisfacente, che in effetti si espone alla critica di essere generica; li si potrebbe chiamare poteri anonimi; o meglio, “poteri innominati”.

Invece, andrebbe riconosciuto e detto a chiare lettere che vi è un livello sovranazionale che controlla sia la mafia, sia le istituzioni che conducono la lotta alla mafia; che la mafia in Italia è solo una delle due ganasce asimmetriche di una tenaglia di sfruttamento, tenuta da una mano che è quella di giganteschi interessi globali; che non solo la mafia ma anche la cronicizzazione della guerra alla mafia, questo stato di eccezione permanente [15], pone un pericolo per i cittadini, permettendo l’avverarsi, nel campo dell’antimafia, del sogno mafioso dell’oppressione che si fa Stato e norma. Che si fa istituzione politica e, ancor prima, istituzione antropologica. La paura, il terrore, vanno sullo sfondo; l’asservimento e il danno diventano una componente dell’ordine naturale del mondo, e non provocano paura né dolore.

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La paura teologica della mafia e la paura rimossa dello sfruttamento

Così che, ad esempio, mentre condanniamo sprezzanti i Meridionali che accettano la cultura mafiosa, troviamo normale pagare il pizzo, quel pizzo istituzionalizzato che è ciò che in parte sono diventate le imposte e tasse, ad un picciotto – che è solo l’esattore – che si chiama Stato. E troviamo naturale la frattura tra un popolo sfruttato, e tenuto nelle condizioni adatte a questo fine, e governanti che fanno i baroni ma dicono di essere lo Stato. Stato al quale pensiamo di dovere devozione perché ci protegge impedendo ai mafiosi di venire a bussare alla porta di casa a chiederci soldi. Stato la cui seconda carica è attualmente ricoperta dal già Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, difensore, e possibile successore, del viceré USA Giorgio Napoletano.

Gli psicologi sociali distinguono paure primarie, realistiche per una data epoca storica, e paure secondarie, che sono “‘spostamenti’ volti a fornire obiettivi credibili su cui sia possibile scaricare l‘angoscia” [16]. In passato erano molto diffuse paure secondarie come quelle su streghe, Satana, etc. La Chiesa tentò di trasformare queste paure viscerali in paure teologiche, “indicando di volta in volta alcuni obiettivi … su cui la comunità cristiana poteva incanalare le paure primarie “ [16]. Oggi il potere eleva una paura primaria, la mafia, fenomeno temibile ma umano (G. Falcone) a paura teologica, a ipostasi del Male, per stornare da sé sentimenti di avversione e anzi ottenere consenso. Anche in questo caso Manzoni, delicato cantore della provvidenza divina e anatomista del Male umano, viene in aiuto, nel brano dove, con l’ampollosa prosa marinista di quando il dominatore era la Spagna, alla criminalità viene attribuita una natura infera, sulla base dell’incapacità della “antimafia” di allora – anche allora lodatissima – di sconfiggerla.

”… gl’Amplissimi Senatori quali Stelle fisse, e gl’altri Spettabili Magistrati qual’erranti Pianeti spandino la luce per ogni doue, venendo così a formare un nobilissimo Cielo, altra causale trouar non si può del vederlo tramutato in inferno d’atti tenebrosi, malvaggità e sevitie che dagl’huomini temerarij si vanno moltiplicando, se non se arte e fattura diabolica, attesoché l’humana malitia per sé sola bastar non dourebbe a resistere a tanti Heroi, che con occhij d’Argo e braccj di Briareo, si vanno trafficando per li pubblici emolumenti.” (Promessi sposi)

Le tasse sono state per secoli una delle grandi paure delle popolazioni, accanto alle pestilenze e alla fame [16]. Noi moderni in genere non percepiamo questa paura. Col nuovo corso di spoliazione associato alla crisi economica, la paura delle tasse torna di fatto ad essere giustificata; ma viene spostata su altri oggetti, come la mafia, che inducono all’obbedienza, e alla gratitudine, verso chi raccoglie il pizzo istituzionalizzato.

Le tasse c’è chi cerca di evaderle, c’è chi sbuffa e mugugna nel pagarle, ma non suscitano paura (con rilevanti eccezioni). E’ vero che in condizioni di giustizia non ci dovrebbe essere nessuna paura delle tasse. In una repubblica che funzioni, pagare le giuste imposte e tasse, che mandino avanti la macchina sociale, dovrebbe essere, oltre che un ovvio dovere, quasi un piacere. Ma le tasse fanno parte di un obbligo binario: vanno in coppia con l’obbligo di chi le esige di destinarle esclusivamente al bene dei cittadini [17]. Oltre all’evasione fiscale, quella di chi non versa, va riconosciuta e condannata l’esistenza di una immane “diversione fiscale”, nella quale chi manovra lo Stato “succhia” dal fondo nel quale affluisce il denaro versato dai cittadini, avendo creato canali effluenti, che a loro volta si suddividono in rami a favore del proprio gruppo, di amici, soci e clienti (che spesso sono anche evasori); e non ultimo, tutt’altro, a favore dei poteri sopranazionali che ci stanno strozzando.

Né si nota che i pulpiti dai quali provengono le prediche sul dovere di non evadere sono quelli di chi attua la diversione fiscale o ne beneficia [17]. Chi evade per principio è moralmente malato; ma non è psicologicamente sano il cittadino che, per ingenuità, indifferenza o rassegnazione, non sente l’urto della natura vessatoria delle tasse attuali. In tanti le tasse inique non evocano il sentimento di paura che si proverebbe per il ceffo che si presentasse alla propria attività e obbligasse a versare una quota per un servizio di “protezione”. Né la paura che si dovrebbe provare per il furto alla luce del sole che impoverisce; per il “perché sono il leone” fatto legge dello Stato; per la sopraffazione soffocante da parte del potere legale. Non si prova la paura che innesca la reazione fisiologica di allarme “fight or flight”, “combatti o fuggi”, che è preludio alla presa di coscienza e alla reazione politica.

Oggi, anche mantenendo la mafia e agitandola come uno spauracchio, gestito da quella che chiamo la metamafia, la mafia sulla mafia, la mafia sulla minaccia mafiosa [18], il principe riesce a farci pagare le tasse in eccesso; senza che neppure percepiamo l’imposizione, in aggiunta alle tasse dovute, di balzelli illegittimi e odiosi, le sovrattasse a beneficio di banche, speculatori, tangentisti, poteri esteri, clero e parassiti laici. Una tassazione di tipo medievale a fronte di una crescente disoccupazione e di un arretramento generale del Paese; e di servizi pubblici non di rado carenti o scadenti. Mentre ci accingiamo a pagare di tasca nostra senza fiatare quote crescenti di sanità, istruzione e pensioni; servizi che dovrebbero essere finanziati, come sarebbe sacrosanto, da una equa tassazione.

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Piduisti e “atlantically correct”

E, almeno nel caso della medicina, servizi – pubblici o privati – non di rado fraudolenti; e protetti con sistemi mafiosi da coloro che dicono di essere prosecutori dell’opera di Falcone e Borsellino e dei poliziotti e CC uccisi perché troppo bravi nella lotta alla mafia. Quest’altra funzione delle forze che esibiscono il distintivo antimafia e parlano tanto di mafia è un aspetto, oltre che della tradizione di doppiezza delle forze di polizia, degli eccellenti – e riservati – rapporti tra magistratura e grandi gruppi finanziari, tra magistratura e poteri globalisti [19]. Mentre combattono stancamente la mafia, e avvalendosi di questa copertura, sottobanco le istituzioni deputate alla legalità vanno verso il modello che vede messe sul mercato le loro prerogative, come servizi di protezione a grandi interessi privati [20].

Magistrati e forze di polizia aiutano le grandi frode mediche non solo con la repressione del dissenso, ma anche partecipando a campagne di propaganda e indottrinamento [21,22]. La diade mafia/antimafia ne copre un’altra più profonda: quella tra filoamericani, o filoliberisti, piduisti e filoamericani e filoliberisti “atlantically correct”. I piduisti sono l’ala militare, più dura, che gestisce affari come stragi, terrorismo, mafia, censura a favore delle frodi.

Gli “atlantically correct” portano avanti le tesi politiche e ideologiche desiderate dagli USA e dai grandi poteri finanziari e industriali. Tesi che sembrano progressiste e sono a favore di interessi usurai; confusione questa frequentissima in campo medico [23]. Tra di loro vi sono anche persone oneste e di valore in buona fede; vengono quindi scambiati, dalla gente affamata di capi, per genuini progresssisti che vogliono il bene del popolo. A volte gli atlantically correct sono sinceri oppositori dei piduisti; salvo poi lavorare con altri mezzi per lo stesso Mangiafuoco. Fungono da opinion leader del progressismo consentito in Italia, e quindi diffuso tra i concittadini istruiti dell’Alfonso della vignetta; il progressismo che va a sedere in parlamento, e che contribuisce a dare alla sedicente sinistra quel suo timbro falso, occupandosi di temi costruiti a tavolino, o secondari, rispetto ai veri problemi del Paese.

Questa distinzione spiega perché il cacciatore di mafiosi Ingroia ha dato una mano all’operazione Stamina [24], che andrà a confluire in una diversione, fraudolenta ma istituzionalizzata, di spesa sanitaria a danno della popolazione da fare invidia a quei mafiosi conclamati che si sono occupati di ospedali. O perché certi magistrati fanno spot per l’introduzione di pratiche mediche che sfociano in responsabilità penali [9]; come Gherardo Colombo, per altri versi stimabile, che scoprì le liste della P2, o parte di esse, e oggi per la gioia dei piduisti attuali propaganda, non si sa a quale titolo, la “prevenzione” medica, cioè gli screening [25], quando in tutto il mondo occidentale essi sono ormai oggetto di una massa di critiche anche ufficiali che li indicano come pericolosi per la salute e truffaldini [26]. O perché Nando Dalla Chiesa, decano dell’antimafia civile, anziché applicare gli strumenti di sociologo che studia i rapporti tra società e crimine alla grande operazione di pubbliche relazioni sulle staminali [27], fa il lirico su Elena Cattaneo [28], contribuendo a preparare il terreno per la nomina di questa a senatore a vita, un altro atto del Viceré configurabile come anticostituzionale; e sicuramente dannoso i cittadini, in questo caso sotto il profilo della tutela della salute [29].

O perché i magistrati in Lombarda, nei libri che scrivono per avvertire i cittadini sui pericoli mafiosi che rischierebbero di corrodere “le fondamenta della città” se magistratura e corpi speciali di polizia non li contrastassero valorosamente, includono il capitolo del racket dei parcheggi dei bibitari [30]; ma lasciano mano libera, da 20 anni, all’instaurazione, anche con mezzi illegali, di una medicina liberista anch’essa annoverabile tra i monopoli criminali, con un giro d’affari e un’incidenza negativa sulla società di molti ordini di grandezza superiore a quello dei panini al volo; e che resta tale anche al netto delle infiltrazioni ndranghetiste.

La lotta ai confratelli ndranghetisti dei politici lumbard, e ai fondi neri, è anzi un esempio del sistema metamafioso. Certo, avere amministratori della sanità mafiosi è toccare il fondo; ma si ha l’impressione, tolta la feccia ndranghetista e tangentista, di avere un sistema sanitario pulito e valido, per la soddisfazione degli atlantically correct. Invece ciò che resta è ciò che si voleva ottenere dall’inizio, una medicina tecnocratica a vantaggio del grande capitale (che non vuole dare ai piccoli forchettoni locali, e ai medi delinquenti, fette più grandi di quelle necessarie [31]). Una medicina che antepone il profitto alla tutela della salute, arrivando a propagandare assiduamente interventi iatrogeni come quelli raccomandati da Gherardo Colombo (e protetta dalle intemperanze dei guastafeste dai sicari dell’ala piduista; mentre gli atlantically correct sono troppo occupati a togliere le mani della mafia dalle piadine; o atlanticamente giustificano quest’uso mafioso del potere legale). La ndrangheta qui è un falso standard, uno standard negativo, a favore di una illegalità istituzionalizzata [18]; analogamente a Stamina rispetto al lancio delle staminali “scientifiche” [24]. Una situazione che ha analogie con la storia sul contrabbando di sigarette nel capitolo primo de “La bolla di componenda” di Camilleri. Questo quadro consente di non interrogarsi troppo a lungo sui meriti filosofici o intellettuali di uno dei più rappresentativi magistrati della Lombardia, al quale la rivista Foreign Policy ha conferito il titolo di “top global thinker” [32]. Porta però ad altri interrogativi sul riconoscimento. Del resto, non è una novità che gli angloamericani controllino l’Italia anche attraverso la selezione della classe intellettuale e la manipolazione cuturale [1,33].

A una conferenza ho sentito un giurista distinguere tra associazioni a delinquere nelle quali sia i fini sia i mezzi sono illeciti, es. il pizzo mafioso, e quelle dove i fini sono leciti e i mezzi illeciti, es. l’ottenere un appalto di un opera pubblica con minacce mafiose. Credo che andrebbe individuato un terzo tipo di associazione a delinquere, non meno pericoloso, che mediante mezzi in sé leciti ottiene fini illeciti; è il territorio delle frodi mediche strutturali, e degli intellettuali, politici, magistrati, amministratori, professionisti “atlantically correct”.

Le associazioni a delinquere del terzo tipo a loro volta si distinguono in volontarie, quando i soci sanno a che gioco stanno giocando, ed emergenti, dove i vari partecipanti non lo sanno o rifiutano di ammetterlo a sè stessi, e il carattere delinquenziale è una proprietà emergente del sistema. Frequenti le forme miste, in varie combinazioni. Appare che uno dei compiti principali dell’ala piduista sia proprio di favorire, anche con la violenza e il delitto, e insieme a una poderosa macchina propagandistica, tali associazioni a delinquere, creando le condizioni, il clima sociale, il modello di realtà adatti. Gli atlantically correct a volte sono in mala fede; altre volte applicano dosi massicce di falsa coscienza; altre ancora non sembra si rendano conto che se possono esporre le loro tesi e ottenere vasto consenso è anche perché vi è il ramo piduista che si occupa di facilitargli il lavoro, sopprimendo in vari modi le voci contrarie e conformando la realtà in modo da fargli trovare la via spianata.

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In parole povere, anche grazie a un processo di epurazione dei pochi Italiani che volevano fare le cose sul serio, le istituzioni dello Stato sono per la maggior parte occupate da ruffiani, che ci vendono; però con sistemi sofisticati, non immediatamente riconoscibili. Inoltre, sono ruffiani di alto bordo in un paese che pullula di ruffiani, e pertanto sui loro affari coi poteri sovranazionali non devono temere denunce o critiche più di quanto debba temerne dai compaesani, per i suoi contatti con qualche ufficiale della NATO, un capomafia in uno di quegli sperduti paesini del Sud che sono permeati della subcultura che accetta la mafia; paesini che, a detta della vulgata ufficiale, sarebbero sorgente di un’energia criminale così elevata da irradiare di Male l’intero pianeta.

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8 set 2013

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Note

  1. Cereghino M J. Fasanella G. Il golpe inglese. Da Matteotti a Moro: le prove della guerra segreta per il controllo del petrolio in Italia. Chiarelettere, 2011.

  2. 70 anni fa lo sbarco alleato, Gela ricorda con Crocetta e Thorne. AGI, 10 lug 2013.

  3. La caricatura internazionale durante la II guerra mondiale. De Agostini, 1971.

  4. Bill Mauldin. Wikipedia.

  5. Purgatori A. Il professor Vittorino Andreoli: “L’Italia è un Paese malato di mente. Esibizionisti, individualisti, masochisti, fatalisti”. Huffington Post, 6 ago 2013.

  6. Il terzo livello. https://menici60d15.wordpress.com/2012/09/05/il-terzo-livello/

  7. Paranoia e ebefrenia. https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/24/paranoia-e-ebefrenia/

  8. I magistrati e l’effetto Bokassa. https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/21/i-magistrati-e-leffetto-bokassa/

  9. Celebrazioni dell’estate 2013. In: Nuove P2 e organi interni. https://menici60d15.wordpress.com/2011/12/08/nuove-p2-e-organi-interni/

  10. Dinucci M. L’arte della guerra. Gli ologrammi della politica. Il Manifesto, 13 marzo 2013.

  11. Cosa Nostra: la legione sicula della CIA. Blog di A. Carancini, 11 gen 2011.

  12. La mafia e l’antimafia favoriscono la soggezione dell’Italia a poteri extra-nazionali? https://menici60d15.wordpress.com/2012/07/28/4271/

  13. Il tolemaicismo politico. https://menici60d15.wordpress.com/2013/02/04/il-tolemaicismo-nella-storia-contemporanea-italiana/

  14. Giancarlo Caselli e i No-Tav. Il Negativo e il Proibito. https://menici60d15.wordpress.com/2012/02/23/giancarlo-caselli-e-i-no-tav-il-negativo-e-il-proibito/

  15. Antimafia e cultura dell’emergenza. https://menici60d15.wordpress.com/2011/03/28/antimafia-e-cultura-dellemergenza/

  16. Oliverio Ferraris A. Psicologia della paura. Bollati Boringhieri, 1998.

  17. Le tasse come obbligo binario. https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/22/le-tasse-come-obbligo-binario/

  18. I professionisti della metamafia. https://menici60d15.wordpress.com/2010/06/08/i-professionisti-della-metamafia/

  19. Giannuli A. Ma sono proprio le toghe rosse i nemici di Berlusconi? 1a puntata. 12 ago 2013. La metamorfosi della magistratura e il tormentone delle toghe rosse. 2a puntata 15 ago 2013. Sito web di A. Giannuli.

  20. Cavallaro L. Il modello mafioso e la società globale. Manifestolibri, 2004.

  21. Nuove P2 e organi interni. https://menici60d15.wordpress.com/2011/12/08/nuove-p2-e-organi-interni/

  22. Il magistrato e gli stregoni. https://menici60d15.wordpress.com/2013/04/15/il-magistrato-e-gli-stregoni/

  23. Sulle regole per la Roche. https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/30/sulle-regole-per-la-roche/

  24. Gli strani “compagni di letto” di Ingroia. https://menici60d15.wordpress.com/2013/02/13/gli-strani-compagni-di-letto-di-ingroia/

  25. De Felice D. Gherardo Colombo e “le regole” in sanità. Il Fatto quotidiano, 28 maggio 2013.

  26. Sovradiagnosi. https://menici60d15.wordpress.com/sovradiagnosi/

  27. La frode delle staminali. https://menici60d15.wordpress.com/la-frode-delle-staminali/

  28. Commento al post di N. Dalla Chiesa “La ricercatrice in lotta contro la danza più infelice del mondo” Il Fatto quotidiano, 24 febbraio 2013. Censurato. In: Gli strani “compagni di letto” di Ingroia, cit.

  29. In preparazione.

  30. Gennari G. Le fondamenta della città. Come il Nord Italia ha aperto le porte alla ‘ndrangheta. Mondadori, 2013.

  31. La magistratura davanti alle frodi mediche di primo e secondo grado. https://menici60d15.wordpress.com/2009/08/22/la-magistratura-davanti-alle-frodi-mediche-di-primo-e-secondo-grado/

  32. I mafiosi filantropi e la Lombarda non omertosa. https://menici60d15.wordpress.com/2011/12/20/i-mafiosi-filantropi-e-la-lombardia-non-omertosa/

  33. Saunders F. S. Who paid the piper? The CIA and the Cultural Cold War. Granta, 1999.

    *  *  *

14 settembre 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di M.A. Mazzola “C’eravamo tanto Amato”. Censurato

Giuliano Amato e la meritocrazia mafiosa

@ m.l. audit. Grazie per la segnalazione del libro di Barrotta sulla meritocrazia. Segnalo il mio articolo “Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito”, reperibile su internet. Le capacità individuali vengono citate non solo in maniera distorta; le si cita solo quando fa comodo. In un ambiguo intervento sull’ineluttabilità della mafia (Mafia, Amato: ormai è diventata economia. ADN Kronos, 28 apr 2007) l’uomo per tutte le stagioni oggi messo a fare il giudice costituzionale, che allora reggeva gli Interni, ha affermato: “Noi possiamo decapitare la mafia, ma è un organismo che ha una capacità di riprodursi, che forse null’altro in Italia ha in egual misura”.

La mafia come l’Idra di Lerna, o come l’invertebrato che da lei prende il nome? Quando ghigliottinarono Lavoisier fu detto che era bastato un secondo per tagliare una testa come la sua, ma sarebbero occorsi cento anni per averne un’altra. Non è vero che è possibile rimpiazzare a ripetizione un capo in grado di condurre una cosca con un altro delinquente. Se si tolgono di mezzo gli ufficiali dell’esercito dei gangster, questo verrà sconfitto; se si vuole sconfiggerlo. Allo stesso modo, e lo stiamo vedendo, se si eliminano magistrati antimafia valenti e valorosi, non sarà facile sostituirli.

E questo può essere detto di tutte le altre attività di tipo dirigenziale o intellettuale. Quando conviene ai poteri che servono, i dr sottile sostituiscono l’ideologia del merito con visioni egualitaristiche della natura umana altrettanto mitologiche.

[Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito]

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21 settembre 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. V. Rizzo “Antimafia, io ghost writer della della spektre mafiosa” del 21 settembre 2013

Non conosco i siti nisseni dei quali parla il Procuratore Lari, che può darsi che abbia ragione. In questo campo si entra in un gioco di specchi dove diventa aleatorio orientarsi. Ma credo che ci siano validi motivi per criticare l’antimafia, cosa che faccio da diversi anni (v. i miei interventi sui blog, come il recente “La convergenza di mafia e antimafia. Pizzo mafioso e pizzo di Stato”, raccolti in “I professionisti della metamafia”, reperibili su internet).

Sono d’accordo col magistrato sul rischio di nuovi attentati. Questo timore deriva da considerazioni astratte, da un esperimento mentale. Immaginiamo che gli omicidi dei valorosi combattenti antimafia non siano avvenute. Che visione avremmo della lotta alla mafia? Una visione fallimentare. Una tela di Penelope a favore dei Proci. Le uccisioni di personalità sono fondamentali nel modello mafia-antimafia che tratteggio nei miei post. Può darsi che con la crisi economica la gente si avveda di come l’antimafia possa essere funzionale al sistema di sfruttamento. E che quindi occorra un boost, del sangue vero per continuare a fare andare la macchina scenica. Ne seguiranno celebrazioni barocche a non finire e tutto resterà come prima. Possono colpire qualcuno senza grandi meriti, o anche chi sia davvero in prima linea. In modo da educarne cento, e da rinnovare l’alibi all’antimafia che distoglie dallo sfruttamento e lo legittima, e alla vigliaccheria degli italiani che accettano tutto questo.

F. Pansera

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19 setttembre 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Milosa “Buccinasco, la ‘ndrangheta torna a sparare. Vittima costretta a lasciare la Lombardia” del 18 settembre 2013

L’intimidazione tra delinquenti avviene ad aprile, ma la notizia viene riportata ad ottobre: quando si sarebbe dovuto comunicare che i colpevoli sono stati condannati. ”Le potenti cosche di Platì”, ammesso che di loro si tratti, continuano a imperversare. Mantenere in vita la mafia, e colorare a tinte forti anche episodi minori come questo, fa comodo, mentre il Paese viene depredato. Lo spauracchio della mafia e la lotta alla mafia servono anche come giustificazione, diversivo e copertura ai piduisti delle forze di polizia, agli “atlantically correct” della magistratura e dei media, e ai tanti lazzari, la gente comune al servizio del potere, che in Lombardia non sono meno frequenti che nelle regioni che oggi corrispondono al Regno delle due Sicilie.

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Spezzano della Sila, 28 ottobre 2013

ccc

Dott. Gianni Speranza

Sindaco di Lamezia Terme

Via Sen. Arturo Perugini

88046 Lamezia Terme

Procuratore della Repubblica

Lamezia Terme

ccc

Dott. Domenico Prestinenzi

P. Repubblica

88046 Lamezia Terme

ccc

racc rr online

ccc

Offerta di donazione di beni inutilizzabili a causa di furto e danneggiamento a scopo intimidatorio

Ieri domenica 27 ottobre 2013, intorno alle ore 7:30 circa, in località Felicetta (Sambiase), giunto col fratello della mia compagna nel piccolo oliveto che possiedo, abbiamo scoperto che qualcuno aveva portato via le 4 reti che avevamo lasciato il giorno precedente. Il furto delle reti, acquistate alcuni giorni prima per 123 euro, combinato con il giorno festivo del 1 novembre e con l’improcrastinabile ritorno a Brescia, dove risiedo, mi impedisce di la raccolta delle olive delle 22 piante rimanenti.

Il gesto va ad aggiungersi, casualmente, ad altre forme, sgradevoli e caricaturali ma prive di conseguenze pratiche, di scoraggiamento e dissuasione rispetto alla mia intenzione di curare personalmente il piccolo fondo (un terzo di ettaro); con qualche scenetta nei giorni precedenti che a me, figlio di lametini ma cresciuto fuori dal Sud, è sembrata tratta da un film sulla mafia rurale, e vagamente comica nel suo carattere surreale. Non credo che la mafia vera e propria c’entri qualcosa.

Appare ora evidente, fin troppo, la volontà di provocare e demoralizzare. Non so se il prossimo passo sarà il furto delle olive, che peraltro non potrà passare inosservato dato che la zona è frequentata, oppure se ci si limiterà a quanto fatto. Ma ciò che mi preoccupa non è tanto il danno materiale, né quello che appare come il movente ovvio e immediato.

In concomitanza con l’accaduto si è tenuta a Lamezia una “festa” contro le intimidazioni mafiose. Poche ore prima del furto avevo scritto sul post “Calabria, record di amministratori minacciati. Avviso pubblico va a Lamezia.” de Il Fatto quotidiano, il seguente commento:

Solidarietà agli amministratori locali calabresi oggetto di intimidazioni e minacce da parte di “enclavi affaristico-mafiose-criminali”. Speriamo che le “enclavi” criminose vengano finalmente distrutte. E anche che gli amministratori lombardi e calabresi smettano di usare i dipendenti pubblici per molestie e stalking paramafiosi contro singoli invisi a potentati economici globali. Alla “festa” [sic] antimafia sarà presente il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Minniti, con delega ai servizi segreti. Nella mia esperienza personale, l’antimafia dei sindaci lombardi e calabresi è vicina a Cossiga, già presidente onorario dell’ICSA, il centro di “Intelligence culture” fondato dall’on. Minniti, piuttosto che a Falcone e Borsellino. Appaiono esserci, dietro alle declamazioni di facciata, convergenze, affinità e collegamenti tra la mafia e questa antimafia; così che l’unica vera enclave è quella entro la quale vengono confinati gli onesti. Una enclave ideale, perché con attenzioni come questa dello stalking municipale si ha cura di disperderli e isolarli.

(Il commento, e la presente lettera, verranno aggiunti al post “La convergenza di mafia e antimafia. Pizzo mafioso e pizzo di Stato” sul mio sito https://menici60d15.wordpress.com/).

La coincidenza, che come innumerevoli altre dello stesso genere sembra una risposta di scherno e di intimidazione, mi ha fatto pensare di offrire al Comune di Lamezia a titolo gratuito le olive che mi è stato impedito di raccogliere. Invito quindi il Comune a fare raccogliere liberamente le olive rimaste nell’appezzamento di mia proprietà e a sfruttarle come crede. In base a quanto già ottenuto delle altre 25 piante, la raccolta persa corrisponde a circa 200 litri di olio. Estremi catastali: [omissis].

In generale, il rimettere agli enti locali o allo Stato i beni “confiscati” dalle mafie o da altri prevaricatori, o oggetto di gesti di boicottaggio e di sfregio da parte di poteri affini alle mafie, mi pare possa essere una extrema ratio per resistere in modo civile alle arti del sopruso.

Sia che il sopruso nasca dai ambienti rozzi e grossolani che cercano di arraffare quanto più possono, sia che muova, con cadenza prevedibile e implacabile, dai settori più raffinati delle istituzioni, quelli che sono all’interfaccia tra Stato e poteri forti sovranazionali. E’ mia convinzione che i due mondi non siano così distanti né così separati come si crede; e che le moltitudini di “lazzari”, le persone comuni che quando richieste fanno da piccola manovalanza ai disegni inconfessabili del potere, costituiscano una delle principali variabili nascoste e trascurate quando si parla di corruzione o di mafi

Distinti saluti

Dr Francesco Pansera

cccc

Dr F. Pansera

Via Tosetti 30

25124 Brescia

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Il 29 ottobre 2013, il giorno dopo aver spedito via internet la lettera al sindaco e alla procura di Lamezia, ho ricevuto questa email:

From: bartoloiamonte@libero.it <bartoloiamonte@libero.it>

Subject: RE: Salut

To: Me <menici60g15@gmail.com>

ciao, in 2 settimane ho perso 8 chili, provalo gratuitamente http :ly/1ay4SQz

Da Bartolo Iamonte, che fa parte dell’omonima ‘ndrina ed è stato condannato in via definitiva per reati di mafia. In effetti da meno di un mese sto cercando di dimagrire, e la raccolta manuale delle olive, forzosamente interrotta, stava, incidentalmente, contribuendo a ciò. Ma questo Iamonte non poteva saperlo; né si giustifica il tono confidenziale, come tra due persone che si conoscano e siano in contatto. Non sentivo Iamonte, che non ho mai incontrato, da 4 anni, quando, nel maggio 2009, avendo egli letto miei interventi sul blog “Uguale per tutti” del magistrato Felice Lima, mi aveva mandato alcune email (usando il Lei) sulla sua condizione di -a suo dire- ingiustamente condannato, che lo avrebbe accomunato a me (che di condanne giudiziarie formali non ne ho mai ricevute).

Questo e altri fatti anomali e inquietanti avvenuti subito dopo aver spedito la lettera mi confermano di essere oggetto dell’opera di mobbing e intimidazione di apparati che si potrebbero chiamare “Nuclei pro Sofisticazioni”; che favoriscono e proteggono le grandi frodi mediche strutturali con operazioni di discredito e guerra psicologica verso chi vi si oppone. “Nuclei” che sono collegati alla “antimafia di giorno”: l’antimafia che di giorno combatte i mafiosi e di notte lavora per i poteri forti che controllano anche la mafia. E che è in buoni rapporti con quello che dovrebbe essere il fronte nemico, così che all’occorrenza i mafiosi possono essere affiancati alle persone “perbene” per dare una mano a certe onorate attività dell’antimafia e delle altre istituzioni “pulite”.

Contemporaneamente all’email di Iamonte ho ricevuto la segnalazione di un articolo di Antimafia 2000, e ho inviato la seguente email:

Questa è una e-mail di contatto dal sito http://www.antimafiaduemila.com/ inviata da:

Francesco Pansera <menici60d15@gmail.com>

Spezzano Sila, 29 ott 2013

Egregia redazione di Antimafia 2000

oggetto: antimafia e staminali.

Vedo che vi interessare alle staminali: oggi 29 ott 2013 avete pubblicato l’articolo pro-Stamina “Legalità e terapia con cellule staminali” di Andolina. Sui rapporti tra antimafia e staminali vi segnalo i miei post: “Gli strani “compagni di letto” di Ingroia :

https://menici60d15.wordpress.com/2013/02/13/gli-strani-compagni-di-letto-di-ingroia/

e “La convergenza di mafia e antimafia.Pizzo mafioso e pizzo di Stato” :

https://menici60d15.wordpress.com/2013/09/08/la-convergenza-di-mafia-e-antimafia-pizzo-mafioso-e-pizzo-di-stato/

sul mio sito https://menici60d15.wordpress.com/

Altri miei post sull’argomento:

I professionisti della metamafia

https://menici60d15.wordpress.com/2010/06/08/i-professionisti-della-metamafia/

La frode delle staminali

https://menici60d15.wordpress.com/la-frode-delle-staminali/

Buon lavoro

Francesco Pansera

menici60d15@gmail.com

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14 novembre 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di B. Borromeo “Papa Francesco, il pm Gratteri: “La sua pulizia preoccupa la mafia”

@ Palermitano. Dunque, a quanto lei dice, dopo quello che ha detto Gratteri chi critica le notizie apologetiche sul papa è complice morale dei mafiosi. Certo che anche Gratteri, trovandosi dalla sua parte, si ritrova con compagni coi quali non si desidererebbe di vedere un magistrato.

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18 novembre 2013

Blog de Il Fatto
Commento al post di A. Lapertosa “Rifiuti tossici, allarme pediatri: “Rischio cancro inaccettabile. Incidenza alta” “

Non è così semplice come mostrano i media; non è così cinematografico, coi buoni che combattono i cattivi. L’inquinamento è un grave pericolo per la salute, riconosciuto, ma vi sono altri pericoli, nascosti e contrari al senso comune, che sono potenziati dal battage sull’inquinamento. Le cose possono essere ancora più sudice di come vengono presentate; la camorra può essere usata come “forcone” per spingervi verso “angeli” in camice bianco che angeli non sono. State attenti su questi allarmi, per voi e per i vostri figli, perché oltre ai cancri da inquinamento ambientale e da cancerogeni nei prodotti di consumo ci sono anche i falsi cancri da sovradiagnosi. (V. “Ilva. Dal cancro nascosto al cancro inventato”).

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1 gennaio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Musolino “Accusata di truffa e peculato, la paladina dell’antimafia Rosy Canale torna in libertà”

L’ambiguità di tanta antimafia non dovrebbe essere ridotta a questa grottesca storia alla Alberto Sordi. Il refrain della lotta ai mafiosi da film fa dimenticare che esiste una mafia legale, che prospera indisturbata, e che nonostante quanto va dicendo non è affatto incompatibile con la mafia da 41 bis. “I gruppi clientelari-mafiosi illegali trovano il loro vivaio più opportuno ove è presente il sistema clientelare-mafioso legale” (Danilo Dolci). Ciò vale sia per la Calabria che la Lombardia, dove gruppi clientelari-mafiosi legali operano protetti da magistratura e forze di polizia; e dichiarandosi nemici dei loro affini illegali possono svolgere più agevolmente le loro attività clientelari-mafiose. Prima che la contrapposizione tra mafia e antimafia si dovrebbe considerare la distinzione tra mafia illegale e mafia legale. E quando chiunque si presenta come antimafia bisognerebbe sempre considerare se è dell’antimafia che davvero si oppone alla mafia o se è di quella funzionale alla mafia legale.

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19 febbraio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Barbacetto “Massoneria al voto, con lo spettro della ‘ndrangheta”

Da “Mafia come ordinamento giuridico”. In: S. Lupo. Storia della mafia. Donzelli, 1996:

La relazione tra mafia e massoneria va al di là dell’occasionale presenza di qualche boss tra i liberi muratori.
Tra mafia e massoneria c’è un legame storico, oltre che funzionale.
Dal concetto massonico di ““umanità”” deriva quello camorristico di ““umiltà””, vale a dire subordinazione ai voleri dell’organizzazione; da qui, attraverso la conversione della ““l”” in ““r”” tipica del dialetto siciliano, verrebbe al parola “”omertà””.

V. anche: “Poteri segreti e criminalità. L’intreccio inconfessabile tra ndrangheta, massoneria e apparati dello Stato”. M. Guarino. Donzelli, 2004, dove si usa il termine ““massomafia””.

““Il piduismo ha permeato di sé buona parte della massoneria italiana, come se tante piccole P2 fossero germinate ovunque, nelle principali città”. “ A. Cordova. Da ““Occhio alla P3””. In: “F. Forgione, M Mondani. Oltre la cupola. Massoneria mafia politica. Rizzoli, 1994. Libro sui legami massoneria-ndrangheta.

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27 marzo 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post “Senato, Raffaele Cantone presidente dell’Autorità anticorruzione”

La corruzione è di due tipi. Quella tangentista, volgare (bribery) rivolta verso il basso, che munge i cittadini per fare cassa. E quella eversiva, di alto bordo, nella quale politici, magistrati, amministratori piegano i loro compiti e i loro interventi agli interessi dei poteri forti; creando una legalizzazione di forme di sfruttamento. La nomina di Cantone è una garanzia contro la corruzione del primo tipo, quella dei taglieggiamenti tramite la pubblica amministrazione, delle mazzette e dei favori; che è dannosa per noi, e che i poteri che beneficiano della corruzione del secondo tipo hanno interesse a ridimensionare, non per ragioni di equità e giustizia ma per sostituirsi ad essa nello sfruttamento dei cittadini.

La nomina non è invece rassicurante rispetto alla corruzione eversiva, quella che beneficia poteri che i magistrati appaiono voler compiacere. Poteri che stanno ottenendo una istituzionalizzazione dello sfruttamento (privatizzazione dei servizi, decime camuffate da imposte, deregolamentazione a favore delle frodi in medicina e nei consumi, etc.). Poteri dei quali non si parla ma che, come l’attuale crisi economica mostra, costituiscono per il cittadino un pericolo non inferiore a quello dei forchettoni e dei mafiosi, dei quali si parla in continuazione. Con Cantone si riduce la possibilità che un Cicciotto e Mezzanott venga a bussare alle nostre porte. Ma temo che aumenti quella che a bussare sia l’ufficiale giudiziario.

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@ Giovanni Pozzi. Mi sembra che tu rappresenti quelli che quando qualcuno mette in dubbio i facili schemetti della propaganda, con lo sceriffo che combatte i cattivi, reagiscono come se gli si spegnesse di colpo la tv proprio mentre il film era allo “arrivano i nostri”. Buona visione e buon Renzi.

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4 giugno 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post ” Borsellino, il pm Gozzo: “Magistrati e antimafia facciano autocritica ”

Sull’assassinio di Borsellino con i quattro agenti della scorta ancora non è stata fatta chiarezza. Il PM Gozzo chiede “cosa non ha funzionato”, in questi 20 anni di depistaggi: polizia, magistratura, controlli disciplinari e penali, Csm, la dottrina, la libera stampa. Immaginiamo un orologio le cui lancette girino alla corretta velocità angolare, ma in senso antiorario. Non è che quell’orologio “non funziona”: funziona al contrario. Quando certe “mamme”, che possono contare su esecutori obbedienti sia nella mafia che tra quelli che dovrebbero combatterla, ordinano di eliminare qualcuno, l’orologio istituzionale gira al contrario. Funzionando come un orologio svizzero.

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9 luglio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post ‘Oppido, inchino al boss. “Identificati tutti i portatori della statua della Madonna” ‘

“La mafia è una montagna di m…” diceva Peppino Impastato. La definizione andrebbe aggiornata: “La mafia è una montagna di m… che viene messa in evidenza per nascondere le montagne di m… che stanno nelle istituzioni”. (E ora anche il clero sta usando la mafia per distrarre dai propri letamai). Ci stanno togliendo tutto, non diversamente dai mafiosi, tramite gli abusi di chi occupa lo Stato; ma in tanti si consolano con queste gag cinematografiche, con queste co-produzioni Stato-mafia che i mafiosi e gli antimafiosi sfornano meglio di Cinecittà ai tempi d’oro.

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Pochi minuti dopo avere postato il commento sopra, mi è arrivata una email senza senso di una persona che non conosco, ma che so essere stata condannata per ndrangheta; e che si era già fatta viva quando l’anno scorso postai su Il Fatto un commento sui rapporti ambigui tra amministrazioni locali calabresi, antimafia e servizi. Se le cose non stessero come le descrivo sopra, denuncerei l’invio della email ai Carabinieri o alla magistratura, come gesto intimidatorio. A Oppido Mamertina si sono avvicendate diverse mafie; da quelle rurali e primitive descritte da don Luca Asprea ne “Il previtocciolo” a quelle che sono in ottimi rapporti con strutture i cui dipendenti, che dicono di operare contro la mafia, ricevono stipendi dallo Stato.

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10 luglio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post ‘ Oppido, il maresciallo: “La ‘ndrangheta forma odiosa di sopraffazione” ‘

A me preoccupano i carabinieri che come questo maresciallo parlano (su Facebook) di “dietrologia”; loro sono maestri nell’arte di nascondere il Proibito (il Male che deve restare segreto) dietro al Negativo (il Male che viene esposto e additato). I CC tendono a essere tazza e cucchiara con tutte le forme del potere. Non siamo più ai tempi di Impastato, che vedeva i CC passeggiare a braccetto, letteralmente, coi mafiosi; oggi più di allora la sopraffazione non è solo mafia, come si vuole far credere. Forse ci si accorgerà dello scopo di queste sceneggiate alla maresciallo Rocca tra qualche anno, quando gli oppidesi, come gli abitanti di Cogne, di Figline Valdarno e del resto d’Italia, con tante tasse e poco lavoro invece che pagare il pizzo ai mafiosi dovranno pagare altro denaro a privati per avere sanità, istruzione e pensioni; e i CC che faranno la guardiania al business. Business, e forma odiosa di sopraffazione, che già oggi i Carabinieri stanno sottobanco collaborando a impiantare; con metodi degni dei CC che depistarono le indagini sull’omicidio di Impastato, imbrattandone la figura. Forse tra qualche anno ci si accorgerà di come i governanti demolivano i diritti costituzionali mentre venivamo distratti con favolette come questa: che la minaccia sono gli inarrestabili mafiosi delle processioni della Madonna di Oppido Mamertina; e che i CC sono lì apposta per proteggerci.

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@ Montalbano. Lei fa appello a un sentimento del quale si parla poco, e che qui viene sfruttato: la voglia inappagata di normalità, di buona convivenza, di poter avere il piacere di tributare a qualcuno il suo per aver fatto bene. La provo anch’io. Può accadere che ci siano comportamenti del genere, anche di singoli Carabinieri, nella vita normale. Ma qui stiamo parlando di una notizia pubblica, di un’operazione simpatia a favore dei CC sfruttando una cosa come la mafia. Mesi fa ho risposto a un articolista de Il Fatto, noto scrittore di mafia, che sempre a proposito di Oppido diceva che i calabresi sono geneticamente animali (perchè hanno dovuto adattarsi a un territorio dove ci sono montagne e fiumare…). Con questa storia che il Male sta tutto nei mitici paesini calabresi si sta facendo della mafia sulla mafia. Qui si è trascinato nel fango un intero paese per raccontare una storia che non solo è costruita, ma copre realtà e problemi ben più gravi.

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@ Annamaria Zerbi. Il carabiniere si è comportato come gli hanno ordinato i suoi superiori. E evidentemente sia lui che i suoi superiore hanno scoperto nel 2014 che a Oppido esistono manifestazioni culturali della mafia, anche durante la processione della Madonna; e nel 2014 sono intervenuti. A viale Romania, nella mia esperienza personale, per la Lombardia e per la Calabria sono più interessati a servire i poteri forti, e a sfruttare la paura della mafia a questo fine, che a estirpare la mafia. E non si comportano affatto bene.

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@ Montalbano. Lei fa appello a un sentimento del quale si parla poco, e che qui viene sfruttato: la voglia inappagata di normalità, di buona convivenza, di poter avere il piacere di tributare a qualcuno il suo per aver fatto bene. La provo anch’io. Può accadere che ci siano comportamenti del genere, anche di singoli Carabinieri, nella vita normale. Ma qui stiamo parlando di una notizia pubblica, di un’operazione simpatia a favore dei CC sfruttando una cosa come la mafia. Mesi fa ho risposto a un articolista de Il Fatto, noto scrittore di mafia, che sempre a proposito di Oppido diceva che i calabresi sono geneticamente animali (perchè hanno dovuto adattarsi a un territorio dove ci sono montagne e fiumare…). Con questa storia che il Male sta tutto nei mitici paesini calabresi si sta facendo della mafia sulla mafia. Qui si è trascinato nel fango un intero paese per raccontare una storia che non solo è costruita, ma copre realtà e problemi ben più gravi.

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@ kiniko. Quando si tratta di criminalità al servizio del potere, come è la mafia, più che ringraziare bisogna ricordare commossi e riverenti quelli che sono morti combattendola. Che sono andati avanti senza avere le spalle coperte. E che sono stati eliminati anche per dare l’esempio a quelli che invece fanno in modo di campare 100 anni, e pretendono pure l’inchino, come mi dice lei. Posso testimoniare della loro complicità. “Le salmerie sopravvivono” diceva uno che di guerra se ne intendeva.

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@ superC. Lo diceva anche G. Falcone: per essere presi sul serio bisogna farsi ammazzare? Ci ho pensato a lungo, e la risposta che mi sono dato è che la la sincerità di intenti dell’antimafia è verificabile dal comportamento verso altre forme di criminalità: i poteri forti, i potentati locali, gli abusi delle ammninistrazioni dello Stato. A me pare, soprattutto per esperienza personale, che Italia ci sia quella che chiamo l’antimafia de “i ragazzi di Cucarasi”; dal titolo di un racconto di G. Fusco. Cioè che con la scusa della lotta alla mafia altre forme di criminalità vengano lasciate libere di agire. E così non si vince nè la mafia nè il resto, che non sarebbe da meno.

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@ Annamaria Zerbi. Presumo che sia andata così, per 2 ragioni. Da un lato, il fatto, subito ripreso dai media, che sarebbe potuto accadere da quando è in vigore questo asserito “inchino”, segue di pochi giorni l’intervento del papa sulla mafia, ed è stato seguito dall’intervento del vescovo, che ha sospeso le processioni. Come ho scritto, anche il clero ora si rifà una verginità e si dà un alibi sfruttando la mitologia per la quale la casa dove abita il Male sono i paesini calabresi, così come la casa degli dei greci era il Monte Olimpo; in modo da distogliere l’attenzione dai suoi lati bui, o inferi.

Inoltre, da molti anni ho modo di toccare con mano come i CC si danno la briga, evidentemente perché così ordinati, di commettere atti che non vanno nella direzione della lotta al crimine, ma in quella della protezione di interessi forti, interessi così potenti che possono avvalersi ora della mafia ora dello Stato. In Calabria vedo come a volte non sia possibile distinguere, per chi è inviso a tali interessi, tra atti intimidatori di CC e di forze dello Stato collegate, dei massoni e dei mafiosi. Per esempio, vorrei sapere da dove è partita l’inquietante email, a firma di un condannato per ndrangheta, che mi è arrivata nei minuti intercorsi tra quando ho postato il primo commento su questo episodio e la sua pubblicazione. Commento dove ho scritto che la mafia è una montagna di m…, come diceva Impastato, che viene messa in evidenza per coprire le montagne di m… delle istituzioni.

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@ Annamaria Zerbi. Davanti a un orologio a cucù che funziona, si presume che al suo interno operi il meccanismo di un orologio. Se su qualsiasi notizia riportata dai media per interpretarla si dovesse avere sempre la certezza di livello giudiziario su ogni dettaglio, né io né lei né nessun cittadino comune potremmo commentare alcuna notizia (né i media potrebbero riportarla).

Le sono vicino per il coraggioso grido sulla mafia “di m…”, ma non siamo a Cinisi negli anni ’70, a cento metri da Badalamenti. Oggi strillare così, al sicuro, in qualche happening antimafia, fa solo fare bella figura. Se però lei aggiunge che si parla sempre di Osso e Mastrosso, si parla così tanto di mafia che la fiction e la cronaca si mescolano (come in questo caso); però non la si debella, e nel frattempo governo, polizia e magistrati, tutti presi dalla mafia, lasciano commettere, o aiutano attivamente, il tale crimine y, a favore della multinazionale x, che provocherà ai cittadini il danno z, (v. il mio sito), allora può darsi che venga a trovarsi in cattive acque. Se dice che mentre stiamo a occhi sgranati al televisore a goderci l’ennesimo reality sulla mafia ci svaligiano la casa con l’aiuto dello Stato, può darsi che venga vista come una persona che non vuole ragionare. E se insiste i messaggi diverranno puntuali come un cucù svizzero. E le arriveranno anche da chi meno se lo aspetterebbe se fosse vero ciò che si dice sull’impegno delle “istituzioni” per la legalità.

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13 luglio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di N. Dalla Chiesa “Mafia: la solitudine di Tiberio, imprenditore che osò resistere al pizzo”

Siamo nella società dello spettacolo, dove occorre che la gente veda determinate entità, e non ne veda altre. Al potere occorre che il pubblico veda la presenza costante della mafia; un mascherone mostruoso che gli serve, oltre che come strumento, come diversivo e come spauracchio per ottenere consenso mentre opera forme di sfruttamento di portata non inferiore. Si usano, per convincere, narrazioni dickensiane come questa. Che distolgono dal fatto che in silenzio, in forme meno crude, tanti si trovano nelle stesse condizioni di questa persona, ad opera non della mafia ma dello Stato; che paghiamo un pizzo legale quando ci viene imposto di pagare sempre più tasse per le quali riceviamo sempre meno servizi, così che dobbiamo dare altri soldi ancora. L’imprenditore reggino deve impersonare un ruolo, a sue spese; poi magari interverrà a risolvere il caso lo Stato-fatina, lo stesso che ha creato la situazione da incubo, e che la sta sfruttando a fini propagandistici. Mille chilometri a Nord di Reggio Calabria, a Brescia, è in corso un’altra recita di Stato, col caso Stamina. Anche questa a favore di grandi interessi, di grandi forme di sfruttamento a danno dei cittadini, con i poteri dello Stato come macchinisti teatrali. E anche in quel caso, usando singoli come attori involontari, e facendone carne da cannone.

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14 luglio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post  ‘Oppido, don Rustico: :”Non capisco la Dda. Arresti non servono. Così si criminalizza” ‘

Ma non vi pare costruita questa commedia? Col prete che fa di tutto per farsi dare del mafioso, che si erge a contraddire il papa, il vescovo, l’opinione pubblica, le autorità, su una cosa come la mafia? E’ più probabile che il prete stia facendo da spalla. Come in un programma Mediaset. Se i mafiosi causano interazioni “mafiogene” con la popolazione, che li si tolga dalla loro sfera di influenza antropologica: che non siano permessi arresti domiciliari nel loro paese di origine, ma solo altrove; che le famiglie mafiose siano tolte dai loro paesi e disperse, separandone i componenti in luoghi diversi. Ma lo scarmazzo inconcludente sulla mafia è metamafia, è mafia sulla mafia. Conviene al potere, e anche ai preti, accentrare l’attenzione sulla mafia: per far dimenticare, e per fare accettare, che la maggior parte degli italiani il pizzo lo paga non ai mafiosi come quelli dell'”inchino”, ma, attraverso lo Stato, ai poteri forti (incluso il clero); e che da questi, prima che dalla mafia, subisce soprusi, angherie, perdita di diritti, ingiustizie. Poteri che del resto all’occorrenza possono servirsi per i lavori sporchi di quei mafiosi che a parole condannano. Ora preferiscono usarli come alibi, diversivo e spauracchio, per tenere sottomessa la popolazione: un uso mafioso della lotta alla mafia. Pensare che i mali d’Italia provengano dai 5000 abitanti di Oppido Mamertina, o dai 500 di San Procopio, è da stupidi e da vigliacchi.

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14 luglio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Signorelli “Cattolicesimo e mafie: la Madonna di Oppido Mamertina e degli italiani”

Piero Chiara racconta di un salumaio che sotto il fascismo quando un funerale passava davanti alla sua bottega usciva, si faceva il segno della croce, poi il saluto fascista e infine col braccio teso si inchinava ai familiari del defunto. I calabresi, vae victis, devono fare da capro espiatorio per un servilismo che molti di loro ben rappresentano, ma che è nazionale ed è in primo luogo di quelli che dovrebbero dare l’esempio. Ogni 28 maggio a Brescia assisto alla cerimonia per la strage impunita del 1974; e ai contorcimenti retorici coi quali mentre la si condanna si evita di dire chi furono i mandanti sovranazionali, ripetendo anzi la versione dei mandanti che si trattò di una strage “fascista”, essendo fascisti gli esecutori. Non un inchino, ma un bacio osceno ai poteri che gli “antifascisti” servono tutto l’anno. Del resto, del ruolo di tali poteri nel conferire alla mafia quell’invincibilità che dovrebbe fare ricordare il brano di Manzoni sull”inferno d’atti tenebrosi” i primi a non parlarne sono proprio gli “antimafia”. Il Paese intero è stato venduto ai poteri forti, e più che di inchino si deve parlare di alto tradimento. A tutti i livelli, leccare, vendersi, è normale. Vi è quindi una generale esigenza di ripulirsi, di rivalersi proiettando sdegno e disprezzo verso il servilismo degli altri. Da qui il coro contro i paesini calabresi, un bersaglio conveniente per le istituzioni e per i milioni di italiani a schiena curva.

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@ Roberto Magri. Come dice un’espressione che sentii da un ebreo, lei è di quelli che pensano che la loro m… non puzza. In Italia sia i “fascisti” sia i “comunisti” fanno a gara a leccare i poteri forti. I suoi “comunisti” non sono comunisti: sono “fighetti moramente più spregevoli dei berlusconiani” scrive oggi un noto commentatore di sinistra a proposito di Milano. E si stanno vendendo il Paese, Nord e Sud, quanto i berlusconiani e i mafiosi, oltre che insieme a loro. Mi risulta che i massoni lombardi (magari con la tessera da comunisti) siano in ottimi rapporti con quelli calabresi; e che insieme facciano danno, per rafforzare il loro parassitismo. Vedo che l’impunità giudiziaria che c’è in Lombardia per le prodezze dei massoni (o dei clericali) rivaleggia con quella che c’è in Calabria. Non vedo emuli di Alessandrini o di Galli. La vostra “diversità” rispetto alla mafia si rivela anche dal genere di calabresi che piace alla dirigenza lombarda, e dalla resistenza che hanno trovato i mafiosi nella loro penetrazione. I Calabresi hanno mille torti, ma non hanno bisogno di denigrare altri gruppi per definirsi; non vanno in giro a vantarsi di essere superiori per poi, “cercando il business”, servire come camerieri, e come tirapiedi, quelli che gli hanno messo le bombe in piazza. La mafia se la tengono stretta i tanti come lei che ne hanno bisogno per coprire i loro reati e le loro infamie mentre “cercano il business”. A proposito di figli, cercate voi di non venderveli “cercando il business”, con l’inquinamento che vi sommerge, con le diagnosi di cancro taroccate, o con operazioni da gente votata al male come la pagliacciata Stamina a Brescia sulla pelle dei malati.

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23 luglio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Musolino “‘Ndrangheta, arrestato il boss Iamonte. “Aveva un rilevatore di microspie”

“I magistrati di Reggio Calabria l’hanno definita “la tecnica del continuo orecchio teso della cosca Iamonte che gode “della complicità o contiguità con ambienti istituzionali”. La famiglia mafiosa di Melito Porto Salvo sarebbe stata in grado di accedere ad informazioni a carattere riservato della Procura della Repubblica di Reggio Calabria.”

“Deus sive natura” diceva Spinoza. Ci sono situazioni “panmafiose” nelle quali al malcapitato verrebbe da dire “ndrangheta sive servizi”; o “mafia sive Viminale”. Sia in Calabria, dove possono sbucare fuori rinomati soggetti del paese più a Sud della penisola, sia ai piedi delle Alpi, dove i locali parlano lumbard e credono di essere persone perbene, che non fanno nulla di grave facendo certi piacerini a uomini “delle istituzioni”.

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14 settembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di N. Dalla Chiesa “Sla: Luciano, ‘camminatore di domande’ contro la malattia”

Ci si sente bene, ci si sente nobili e generosi donando per una giusta causa. Donando al PCI, si è visto come è andata a finire. Allora si diceva “per la causa”. La causa, le ingiustizie sociali, era giusta; ma i dirigenti, ultimo dei quali Renzi, hanno pensato ad altro. Anche con la ricerca sulla SLA è quanto meno superficiale pensare che se “la causa” è giusta lo sono anche i mezzi e i fini. E’ preoccupante che, per una malattia refrattaria alle terapie, si stia puntando sulla ricerca della diagnosi precoce; che suona come una cosa buona, e a volte lo è, ma è anche uno dei cavalli di battaglia delle frodi mediche, permettendo di diagnosticare una malattia con metodi indiretti, senza il quadro che la definisce, e poi sostenere di averla guarita quando in realtà la malattia non c’era. Se i nuovi farmaci verranno sperimentati, come già ci si prefigge, su queste forme “precoci”, si sarà allestito il meccanismo che potrà ripetere quello che è già accaduto, e descritto in letteratura, con la diagnosi precoce del cancro; che ha portato a milioni di false diagnosi mentre il cancro autentico continua a uccidere. Media e opinionisti stanno favorendo un aggiramento della razionalità: le secchiate e i casi commoventi permettono di saltare dall’emotivo dei buoni sentimenti all’esoterico degli studi “scientifici”, evitando la fase intermedia delle valutazioni tecniche ed etiche sulle strade da imboccare; che sono lasciate agli interessi del business anziché a quelli dei pazienti.

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27 settembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Abati “Poste Italiane “segnalata” nell’inchiesta sulla “banca della ‘ndrangheta” in Brianza”

Ho l’impressione che notizie sulla mafia come questa mentre svelano nuovi scenari li coprono e li proteggono, dandone una versione attenuata e sfocata. Mi fanno pensare ad una versione aggiornata del Mito della caverna di Platone. Ombre, colorate, ma pallide rispetto a una realtà molto più netta. Personalmente ho sperimentato comportamenti che mi portano a ritenere che vi siano legami tra, da un lato, dirigenti di questo ente, e dall’altro quegli apparati verso i quali tanti delinquenti di alto bordo, e anche la mafia, hanno motivi di gratitudine; apparati composti dai servizi e da quella fetta delle istituzioni – non diciamo quanto larga – che è marcia.

Considerare che tali apparati siano all’opera per sorreggere – tra il resto – le mafie, invece di fermarsi ai manovali, alla nota di colore del postino “punciuto”, può rendere comprensibile l’apparente invincibilità delle mafie. Permette di superare la tesi “marinista” dell’antimafia ufficiale. Quella che in pratica spiega tale ”invincibilità” parafrasando il passo del Manzoni “Gli amplissimi Senatori quali stelle fisse …”; e che trasforma così in una misteriosa entità connaturata alla vita quello che è un fatto umano (G. Falcone). Un fatto composto da tanti ingranaggi che considerati singolarmente sono semplici e miserabili. Composto anche da gente normale, come uno sportellista o un direttore delle Poste. Gente normale; povera gente, che – a tutti i livelli – si vende per un tozzo di pane.

Francesco Pansera

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28 settembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Portanova “La ‘nuova mafia’ al Nord: meno padrini doc e più area grigia”

La lotta alla “nuova mafia” al Nord servirà, non diversamente dalla lotta alla vecchia mafia, come diversivo per lasciare indisturbata la libera commissione di reati legati all’economia legale. Es. , a Brescia, i reati di supporto allo sfruttamento della medicina, come i reati di supporto all’operazione Stamina, o di supporto alla manipolazione in senso affaristico delle relazioni tra inquinamento e cancro. Senza lo spauracchio affascinante della mafia, vecchia o nuova, reale o inventata, o gonfiata, o virulentata, o contraffatta chiamando “mafia” la delinquenza comune, in un’area come Brescia sarebbe più difficile giustificare omissioni, connivenze e complicità istituzionali, quando non la gestione diretta, per frodi, illeciti e crimini che non sono riconosciuti ma causano alle persone danni non meno gravi di quelli mafiosi. E che producono anch’essi ingenti profitti; ma in soldi puliti “ab initio”, senza necessità di riciclaggio. Denaro che, riversandosi in casse pulite poi probabilmente permetterà, restituendo il favore, di riciclare anche i guadagni mafiosi. Un gioco della parti, dove malviventi meridionali e ora anche locali vengono messi su un palcoscenico sotto i riflettori a interpretare sé stessi affinché altri loro pari, che non dicono né “mixxxia” né “pxxa” ma hanno un eloquio forbito, o quasi, e stanno in platea in prima fila, possano apparire come persone perbene; benefattori e difensori della legalità, al di sopra di ogni sospetto.

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5 ottobre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Milosa “Politica, sanità, imprese: in Lombardia la ‘ndrangheta si piglia tutto”

Non è vero che nella Sanità lombarda la ndrangheta si pigli tutto. Si prende la sua fetta; che le viene accordata anche perché con la sua immagine tenebrosa permette di tenere nell’ombra le fette altrui. Es. quelle per il caso Stamina, col quale, in un gioco di omissioni e di interventi parziali da parte delle istituzioni, si sta creando sul nulla un mercato falso ma miliardario, che consentirà un altro sciacallaggio legalizzato sulle malattie. Non è detto che lo yacht dei mafiosi sia quello più lungo e lussuoso, in quel porto delle nebbie che è la sanità lombarda. E bisognerebbe guardare anche ai panfili di forze insospettabili, come quelle che stanno reggendo il gioco Stamina, e che appaiono più brave a fermare, con metodi mafiosi, chi svela i grandi affari, criminali ma legalizzati, nella sanità lombarda, che ad acchiappare quegli ndranghetisti che indicano come il solo grande focolaio di corruzione.

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25 novembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di N. Dalla Chiesa “Medicina ‘umana’ a tempo determinato: la storia di Ketti”

Secondo l’articolo, e lo IEO, il “clinical decision making” è questione di psicologia e buoni sentimenti. Non di scelte razionali, a volte controintuitive, e contrarie agli interessi del business. Così la cura degli aspetti psicologi diviene il lubrificante delle frodi. Secondo l’articolo, medico e paziente puntano entrambi verso la stessa direzione, quella del benessere del paziente. Non vi è nessun conflitto di interessi. Che non è molto diverso dal dire “la mafia non esiste”: il problema dei trattamenti non necessari o dannosi prescritti , secondo i voleri di grandi interessi economici, a scapito del paziente e a beneficio del medico, è riconosciuto, ed è gigantesco. Lo stesso giorno, Maroni, presidente di Reg. Lombardia, loda lo IEO come “modello innovativo” che pratica i principi di “una sana gestione privata”. E’ questa convergenza dell’adamantino antimafia Dalla Chiesa con Maroni, ambiguo sulla mafia, che dovrebbe essere esaminata, anziché ripetere il ritornello ossessivo su Maroni che si sbagliava o mentiva nel dire che in Lombardia la mafia non c’è. La mafia c’è, e – anche grazie alla provocatoria uscita di Maroni – accentrando l’attenzione sulla mafia si tengono nascoste altre aree di grande criminalità. E le si aiuta; al prof. Dalla Chiesa, sociologo, consiglio, quando vuole parlare di medicina, di posare il violino e leggere prima libri sull’argomento scritti da suoi colleghi accademici, es. “What if medicine disappeared” di Markle e McCrea.

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6 febbraio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Celestini “Leonard Peltier, 39 anni in carcere. Bastano?”

Ammesso che sia questo il vero soggetto dell’articolo, nulla da dire sul caso di Leonard Peltier, che non viene esposto nell’articolo e sul quale non saprei esprimere un giudizio. Come critica dell’ergastolo, mi sembra rilevante quella di Foucault, che ha scritto che Cesare Beccaria ha proposto di sostituire la morte con la schiavitù perpetua. La speculazione di Veronesi, e la relativa marchetta pubblicitaria sulle staminali, per la quale i mafiosi ergastolani diverrebbero persone oneste nel lungo periodo perché il cervello verrebbe negli anni sostituito e modificato dalle cellule staminali, è sgangherata sul piano scientifico, o anche solo sul piano del buon senso. Ha piuttosto una sua coerenza sul piano pratico, perché sia gli affari della mafia sia il business del cancro, e quello delle staminali, e in generale della medicina commerciale, sono collegati a doppio filo a potenti oligarchie, che investono con successo in entrambi i rami. Sono quindi tra loro meno lontani e incompatibili di quanto i diversi contesti e modi di operare non facciano credere; avendo in comune anche protezioni da parte delle stesse istituzioni dello Stato.

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17 febbraio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Zaccariello “Reggio Emilia, commissione Antimafia: “Qui ‘ndrangheta pronta a usare armi” “

La scorsa estate, a un convegno in Sila, l’ho sentita spiegare che “i mafiosi sono vispi” (furbi, nella parlata toscana). Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, ora fa osservare che i gangster hanno i mitra. Senza questa differenza gli ndranghetisti in oggetto non si distinguono sostanzialmente dagli altri gruppi affaristici che gravitano attorno alle istituzioni. Se l’antimafia può affermare che ci sono mafiosi con arsenali e pronti a sparare, a questi mafiosi si potrebbe anche togliere le armi, avendo centinaia di migliaia di persone stipendiate per fare il poliziotto: questa affermazione ricorda quella per la quale a Palermo le forze di polizia sapevano che era arrivato il tritolo per Borsellino; mentre non si sapeva, evidentemente, come fare a evitare la strage. Ma occorre dipingere la ndrangheta come un esercito straniero; come l’armata di Serse capace di oscurare il sole con le sue frecce, se ci si vuole presentare come i 300 di Leonida. Per continuare, forti di questa patente eroica, ad appoggiare affari di livello non diverso di quelli intessuti dalla ndrangheta in Emilia. E anche operazioni “altro dito, stessa mano”: non molto lontane da quelle della mafia che spara a bersagli politici su mandato, posso dire, ricordando quando la Bindi è stata ministro della sanità.

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18 marzo 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Gianbartolomei “Stamina, Davide Vannoni patteggia condanna a un anno e dieci mesi”

@ Andrea. Veramente scrivi di peggio: “il liberismo o il nulla”. Tu ricalchi le posizioni dell’industria farmaceutica anche in questo: nello “ontologizzare” le sue condotte illecite.“There in no alternative” è una frase della Thatcher; “Business ontology” è stata chiamata (Fisher). Già Max Weber diceva: “L’odierno ordinamento capitalistico è un enorme cosmo, in cui il singolo viene immesso nascendo, e che è a lui dato, per lo meno in quanto singolo, come un ambiente praticamente non mutabile, nel quale è costretto a vivere”. Chi presenta sistemi di sfruttamento enormi, truffaldini e sanguinosi propri di questo periodo storico come la volta celeste sopra di noi, allo stesso tempo ci promette l’emancipazione dalla condizione mortale tramite la medicina. Io al contrario penso che si possa e si debba contrastare i mali causati dall’uomo per avidità e desiderio di potere, come questa forma di crimine organizzato, prima di tentare di imporre sulla Natura l’artificialità senza limiti che ci piacerebbe. Anche per questo ammiro la figura di Falcone, che davanti a un altro totem presentato come una deità invincibile, la mafia, diceva che è un fatto umano e che avrà una fine.

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19 marzo 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Tornago “Brescia, rettore assume ex segretaria Gelmini. Indaga Corte dei Conti”

Pecorelli, ginecologo, è sia il rettore dell’università della quale gli Spedali civili di Brescia sono il policlinico, sia il presidente dell’Aifa. Cioè comanda sia nell’ospedale pubblico che ha accolto i magliari di Stamina, sia nell’agenzia statale che dovrebbe assicurare la “scientificità” dei farmaci. Non è strano? Solo se si bevono le veline mediatiche: Stamina fa sembrare scientifiche le terapie ufficiali, e aiuta la pretesa di una farmacologia al di sopra della legge, e che si fa legge. Il trasformare la “health” in “wealth” necessita di questi “stunt” di marketing, e di certi pupari.

E anche di amici nelle istituzioni. Nella primavera del 2014 ho assistito a una scena agghiacciante. All’università di Brescia Nicola Gratteri ha prima, parlando di come combatte gli ndranghetisti, trascinato l’uditorio; me compreso, che ho antenati delle sue parti e trovo affinità perfino fisionomiche, oltre che culturali, con Gratteri; e poi è stato zitto e sorridente, facendo da testimonial, mentre Pecorelli esponeva il progetto “Health and wealth”. Un progetto che vuole fare affari sulla salute; che non può funzionare senza frodi, senza impunità e aiuti istituzionali alle frodi, senza la soppressione delle voci di denuncia; nella migliore tradizione paramafiosa delle nostre istituzioni e classi dirigenti. Altro che assistere alla puncitina.

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3 novembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Fabbretti “Omicidio Bruno Caccia, perché dopo 33 anni manca ancora la verità”

Forse alcuni omicidi eccellenti hanno avuto, al di là dei moventi contingenti, al di là della criminalità che ha fornito gli esecutori, una funzione politica di “pulizia antropologica”: sono serviti a marcare come proibiti alcuni tipi umani. Nel capitalismo alcuni tipi umani, tra i quali il magistrato integerrimo, sono un’anomalia sistemica e non devono esistere, ha scritto Castoriadis. Il fatto che dopo 33 anni “manchi ancora la verità” da parte di quelli che dovrebbero essere i colleghi di Caccia sembra confermare che uccidendolo sia stata soffocata una varietà rara, una autentica diversità antropologica, impedendo che si riproducesse con l’esempio e l’insegnamento.

Commento al post “Roma, Guariniello possibile capo gabinetto di Raggi: “Sto decidendo””

Guariniello e i 5S hanno in comune due tratti congiunti. Da un lato non sono compromessi col generale mangia-mangia casareccio, e hanno qualche merito nel contrastarlo. Dall’altro tendono a perorare cause che sembrano progressiste e invece finiscono puntualmente per favorire i poteri forti più potenti. I 5S hanno appoggiato Stamina, Guariniello, molto lentamente, l’ha contrastata. Il duetto tra i due cori, durato anni, ha costituito una mega-propaganda a beneficio delle staminali ufficiali (v. “Stamina come esca per le frodi della medicina ufficiale”).

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24 dicembre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “G8 di Genova, condannato per la Diaz ora è il numero due dell’Antimafia: “Come si fa a dire che l’Italia è cambiata?””

Non c’è contraddizione tra il dirigente di polizia responsabile di vili pestaggi a freddo di pacifici manifestanti e il prode paladino antimafia. E’ piuttosto errata la premessa che tutto ciò che porta l’etichetta “antimafia” sia libero e buono. L’antimafia di chi è stato eliminato fisicamente sparandogli alle spalle o col tritolo non è la stessa di quella degli allineati e coperti, dei carrieristi e degli imboscati. Gli eroi uccisi dell’antimafia sono più degli epurati che non, come si vuole far credere, campioni rappresentativi dell’antimafia. Semplificando, l’Italia non è un paese indipendente, e i pupari che con una mano controllano i mafiosi con l’altra controllano l’antimafia. Operazioni sporche, come atti di violenza eclatanti che condizionano il corso politico, o l’eliminazione di soggetti scomodi, possono essere assegnate alla mafia o alle istituzioni che si fregiano del titolo di antimafia; a seconda delle circostanze.
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2 aprile 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle Entrate: “Ecco come lo Stato usa le tasse””

La ripartizione delle entrate non svela l’uso interno e il merito delle varie voci. Es. si sta spalmando sulla massa dei contribuenti la spesa per farmaci a 6 cifre a paziente inutili e dannosi, lasciando scoperti servizi utili ai malati. La “difesa del SSN” cela la volontà ordoliberista di prelievi forzosi mediante le tasse a favore di privati, nominalmente per finanziare la tutela della salute, ma a danno della salute. Anche in USA ora si propone di usare la copertura ideologica della medicina sociale (es. A. Chandra, Harvard School of Government, ‘Losing Genetic Lottery, but Winning at Cure’) per quelle che sono frodi mediche da miliardi di euro.

Per di più l’Ag. delle entrate usa pesanti cartelle, infondate in maniera teatrale, derisoria e tracotante, per intimidire e ricattare chi sveli le frodi dell’industria medica; con tanto di sfoggio della GdF. Si dovrebbero piuttosto pubblicare introiti e benefici dei dirigenti dell’agenzia, degli ufficiali della GdF e altre polizie, dei signori che si guadagnano lo stipendio di magistrato permettendo questi reati, dei medici, dei politici e degli altri dipendenti pubblici che compongono questa associazione finalizzata al taglieggiamento occulto dei cittadini tramite il fisco. Una associazione che rivaleggia con la mafia come zavorra criminale per il Paese, ma è ancor meno visibile, imboscandosi nello Stato. Questa “trasparenza” sulla destinazione delle tasse è uno dei suoi mimetismi etici, foriero di ulteriori predazioni.

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Ved anche:

Medicina e rischio democratico

 

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v. anche:

Milizie bresciane

Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico

29 January 2013

Blog  Appello al popolo

GraficiAmgen

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Una rivista di quella intellighenzia di sinistra che è stata così severa su Pantani, “Diario” di Enrico Deaglio, ha pubblicato un articolo nel quale si chiama in causa Sartre, e quel che è peggio Tocqueville, per incensare Armstrong (Browning F. Quando Jean-Paul e Alexis videro Lance pedalare. Diario, 99, 2005). […] Sarebbe utile fare un parallelo tra la vicenda mediatica fatta subire a Pantani e quella costruita sul rivale Armstrong, testimonial dell’efficacia delle terapie oncologiche, figura vittoriosa, non stroncata ma rafforzata dalle accuse di doping. F. Pansera, 16 gennaio 2008, lettera ai Procuratori della Repubblica Branca e Guariniello uuu uuu uuu

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Che ci fosse del losco nelle accuse a Pantani lo scrissi per la prima volta 10 giorni dopo la sua morte, il 24 febbraio 2004, in una lettera ai PM Guariniello, Bocciolini e Gengarelli, intitolata “Eterogenesi dei fini e ambiguità nell’azione pubblica dei magistrati in campo sanitario: il caso della lotta al doping e della morte di Pantani”. Dal mio punto di osservazione, il caso Pantani, e quello di Armstrong, sono da inscrivere in una più ampia azione di marketing volta a promuovere il consumo di massa di farmaci e di altri prodotti medici agendo sul sistema culturale. Nell’ultima parte del 2012 c’è stato il colpo di teatro della rivelazione ufficiale del doping di Armstrong. Ed è accaduto qualcosa nel retroscena: è comparsa una pubblicazione scientifica che mostra che non ci sono presupposti teorici, né prove scientifiche solide, che indichino che l’EPO abbia proprietà “ergogeniche”, cioè che funzioni come doping [1]. Se l’EPO non funziona, se anche l’arcirivale era dopato (e non solo con EPO, probabilmente, ma anche con qualcosa di più efficace) credo ci si debba chiedere: ma allora, per cosa è morto Pantani? Riassumo, rivedendolo e aggiornandolo, quanto scrissi, nel 2004 e nel 2008, ai magistrati.

Sulla morte del “Pirata” esistono teorie “complottiste”, alcune delle quali prese peraltro in considerazione a suo tempo dalla magistratura, che appaiono per lo più come esagerazioni sensazionalistiche e forse depistanti. Accetto la tesi che Pantani facesse uso di EPO. Ma non quella che sia stato il farmaco a fare di lui un campione: l’EPO era largamente usato tra i concorrenti; e l’efficacia dell’EPO nel migliorare la performance atletica allo stato è da ritenersi nulla [1]. Non trovo elementi sufficienti per credere che qualcuno lo abbia materialmente ucciso quella notte nel residence; ma appare chiaro che sia stato spinto verso quel bordo dell’esistenza oltre il quale c’è il baratro; spinto, penso, anche volontariamente, oltre che da coloro che hanno responsabilità colpose poco nobili. La vicenda appare sistematicamente intessuta con enormi interessi economici, che sarebbe omissivo trascurare come irrilevanti. Interessi del genere di quelli che portano Big Pharma a spendere 53 miliardi di dollari all’anno nei soli USA per il marketing.

Presento quindi un’interpretazione, basata su esperienze personali oltre che su un’analisi, che potrà essere bollata anch’essa come “dietrologica” dagli anticomplottologi di mestiere o volontari. Trovo sensate e plausibili le tesi di Stefano Anelli, alias John Kleeves, un politologo indipendente che tentò di avvisare Pantani sulle forze che l’avevano preso di mira [2]. Kleeves vede un complotto USA nella caduta in disgrazia di Pantani, e lo collega all’ascesa di Armstrong, attribuendo il movente a una generale volontà di propaganda culturale degli USA in Europa. Gli USA hanno storicamente strutture governative, integrate col loro apparato bellico, dedicate alla promozione della loro immagine nel mondo, come, durante la Guerra Fredda, l’USIS, nata dallo Psychological Warfare Branch [3]. Statunitensi ed europei non condividono gli stessi sport popolari; Armstrong, capitano di una squadra statunitense, diventando il numero uno di uno sport europeo sarebbe servito ad aumentare le nostre simpatie e la considerazione verso gli USA; a riconoscerli come i più forti senza vederli come estranei.

Ciò potrebbe avere favorito, secondo quanto ha scritto Anelli, la nostra approvazione e partecipazione militare alle guerre che gli USA perennemente muovono verso il malcapitato popolo di turno quando i mezzi economici e quelli a bassa intensità non sono ritenuti adeguati a soggiogarlo; o quando gli serve una guerra. Anelli osserva che Armstrong si è presentato non con una squadra sponsorizzata come di consueto da un privato – es. la “Mercatone Uno” – ma con lo US Postal Service, che è un’agenzia del governo USA. Armstrong ha avuto alle spalle la potenza USA. Anelli considera che quindi il suo doping probabilmente era espressione dei migliori laboratori e delle migliori conoscenze. La tesi di Anelli combacia col quadro che presento qui. E’ molto probabile che il doping di Armstrong non sia stato l’EPO, come invece dichiara.

Kleeves-Anelli è morto in circostanze tanto allucinanti e folli, secondo la versione data dai giornalisti, quanto sono pacati e lucidi i suoi scritti di critica agli USA, es. “Un paese pericoloso”. Scritti reperibili su internet, che consiglio, trovandoli più interessanti e attendibili delle rivelazioni di figure di “perseguitati” ufficiali come Assange [4]. Anelli e io, Francesco Pansera, che come lui conosco gli USA anche per averci vissuto e non sembro stare affatto in simpatia a quei poteri che Anelli ha ben individuato, indipendentemente abbiamo scritto, tra le altre cose, interpretazioni complementari su Pantani. Anelli non ha mai saputo della mia esistenza, e io ho saputo della sua solo dopo la morte.

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La lotta al doping come propaganda: farmaci-medicina, farmaci-amuleto e farmaci-talismano

Rispetto al gigantesco business dei farmaci, il doping rappresenta solo una piccola parte degli illeciti e dei danni legati ai farmaci; la iatrogenesi è oggi una delle maggiori minacce alla salute. Enfatizzando la lotta al doping si deviano l’attenzione del pubblico e le risorse dello Stato rispetto ai problemi e ai crimini più gravi relativi ai farmaci. Ma la lotta al doping, che ha ricevuto un forte impulso col caso Pantani, paradossalmente è anche una forma di propaganda per i farmaci.

Come è stato osservato la scientificità che la medicina ha conquistato non ha scacciato il pensiero magico che la pervade fin dalla sua origine; e l’ha sotto importanti aspetti potenziato. Nel pensiero magico una medicina, una pozione miracolosa, cura e guarisce; un amuleto preserva dai mali; un talismano potenzia le normali capacità. Ci sono farmaci-medicina, quelli di uso clinico, che tolgono la malattia; farmaci-amuleto, come i vaccini, o la chemioprevenzione, o la proposta della “polypill” che da sola preverrebbe tutte le comuni patologie cardiovascolari dell’invecchiamento [5]. E farmaci-talismano, come appunto il doping, che permettono di compiere imprese eccezionali donando la forza e lo spirito che fanno ottenere soddisfazioni, vittoria, denaro, gloria, fama. Elevandolo a talismano, il farmaco non è più, come dovrebbe essere, un rimedio contro quella avversità che è la malattia grave; è una dotazione permanente dell’uomo moderno di successo. Un modello che è particolarmente efficace nella cultura USA; ma che ha attecchito ormai anche da noi, insieme agli altri elementi della colonizzazione culturale.

E’ conveniente per le case produttrici che il farmaco sia visto, oltre che come una medicina, che si prende quando si è malati, come un amuleto e come un talismano, che si portano sempre addosso, ovvero si assumono anche da sani, meglio se a vita. Tale concezione culturale stimola la domanda di farmaci, rafforza l’accettazione reverenziale delle prescrizioni, dei prezzi, dei proclami di efficacia e sicurezza, e allarga il mercato, dai malati verso l’intera popolazione. I pubblicitari, che conoscono le strutture mentali sulle quali fanno leva, per non dire che conoscono i loro polli, prevedono nel loro codice di autodisciplina che la pubblicità su prodotti medicinali e terapie non deve “indurre a ritenere che il medicinale o il trattamento curativo possano migliorare il normale stato di buona salute”. Le notizie sul doping aggirano questo divieto etico generale, introducendo la credenza che i farmaci possano conferire uno stato di supernormalità. Il doping mostra come il farmaco dà successo, fa vincere.

I’EPO ha una doppia applicazione; prima che essere un farmaco-talismano è un farmaco-medicina, essendo usato per curare le anemie, principalmente quelle di pazienti nefrologici e oncologici. Un cattivo farmaco terapeutico con una nutrita “fedina penale”, come si dirà. La figura di Armstrong associa il farmaco-medicina – chemioterapia e farmaco biotech – alla forza e alla riuscita. La sua fondazione oncologica, dopo essere stata intitolata a lui stesso, Armstrong (che in inglese suona come “Fortebraccio”), ora, dopo le ammissioni di doping – con EPO – si chiama “Livestrong”. Un nome che riecheggia uno degli slogan pubblicitari dell’EPO per uso clinico: “Strength for life”. Il farmaco fa vivere, e fa vivere da forte. L’EPO è particolarmente adatto a questa propaganda; un farmaco sofisticato, modernissimo, che arricchisce la persona di sangue; “il sugo della vita”, il liquido speciale ricco di valenze simboliche e magiche [6].

Quella del farmaco come talismano, dell’oggetto la cui efficacia è simbolica e non reale, è una delle metafore che, formulate per facilitare l’espressione di un concetto, poi si scoprono essere non meri paragoni figurati o analogie, ma descrizioni abbastanza aderenti alla realtà. Risulta infatti che il talismano che ha portato Pantani alla rovina non funzioni sul piano biologico. Da una recente valutazione qualitativa condotta da un gruppo di farmacologi olandesi [1] emerge che non esiste evidenza scientifica che l’EPO ricombinante (prodotta cioè con tecniche di ingegneria genetica) potenzi la prestazione atletica dei ciclisti ad alta performance. Gli autori esaminano inoltre approfonditamente sul piano fisiologico e farmacologico la possibilità teorica che l’EPO possa funzionare come dopante negli atleti, e concludono che tale possibilità teorica non c’è o non potrebbe essere che molto limitata. La loro analisi teorica mostra anche possibili effetti peggiorativi sulla performance. Inoltre, notano, gli effetti avversi sono stati trascurati; nonostante ci siano stati diversi casi di decessi di atleti attribuiti all’EPO. Tutto ciò è sconcertante rispetto alla storia ufficiale, ma coerente col quadro qui esposto. Del resto, le credenze dei nostri tempi sull’efficacia come dopante dello stimolatore della produzione di globuli rossi sono una curiosa inversione della credenza, che ha occupato i due millenni precedenti, che cavare il sangue sia efficace nel curare le malattie [7].

La cultura del doping aiuta anche la diffusione della cultura delle droghe stimolanti; es. la cocaina, il business di quella ndrangheta che si dice di voler combattere. Il PM Scarpinato ha parlato di doping sociale adatto a una società darwiniana, commentando il forte incremento dell’uso di cocaina nel primo decennio del millennio. Ci sono rapporti che segnalano la diffusione del “doping per il cervello”, cioè dell’uso di “smart drugs” nelle università [8]. Certe produzioni intellettuali fanno sospettare che ci sia questo uso, ma che sia un’arma a doppio taglio; che potrebbe, piuttosto che fare raggiungere la genialità, rendere formidabile la cretinaggine.

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Sport e marketing oncologico

Insieme a una funzione ideologica generale sui farmaci, questa vicenda ne ha una di pubblicità specifica per l’EPO. Il colossale spot pubblicitario fatto con il suo uso come dopante, la narrazione mediatica a tutti nota che ruota attorno ai suoi poteri talismano, è solo una parte della storia di questo farmaco. La storia del maggior successo economico della puntata giocata da industria e finanza sulle biotecnologie farmaceutiche. Un falso successo, sostenuto dallo hype mediatico sulle biotecnologie come futura radiosa era della farmacologia; una dottrina millenarista, nata negli ambienti finanziari non meno che nei laboratori, i cui limiti, e quindi i cui fallimenti sul piano clinico, erano del resto prevedibili fin dall’inizio per elementari ragioni biologiche [9]. Mediante le notizie sul doping, noi associamo l’EPO alla potenza, sia pure ottenuta illecitamente; nella realtà clinica quella dell’’EPO è una storia dove regnano avidità, sofferenza e morte.

Un storia “sordida”, così è stata definita [10]. Che coincide con la nascita e l’ascesa della Amgen, la casa produttrice, la più grande ditta di biotech al mondo. Una catena di liti per i brevetti, di altri trucchi di marketing, di persecuzione dei whistlebowers cioè di coloro che, interni al sistema, hanno denunciato le irregolarità, di prezzi gonfiati rispetto ai costi di ricerca e sviluppo, di rimborsi ottenuti pagando i politici grazie ai quali – succede anche in USA – si sono ottenuti profitti privati spropositati con il denaro pubblico destinato alla sanità. Nel 2002, mentre Pantani andava alla deriva, producendo l’EPO la Amgen, anche grazie alla propaganda così ottenuta, fatturava 5 miliardi di dollari. Denaro per la maggior parte dei contribuenti USA; con profitti di circa un terzo, una performance eccellente.

U. Veronesi si è espresso a favore della liberalizzazione dell’EPO come dopante. La sua posizione mostra come gli oncologi siano per la somministrazione dell’EPO a tutta cannella. Come al solito, le rivelazioni della dannosità del farmaco sono arrivate successivamente ai profitti. Dopo 20 anni di profitti favolosi, ad uso clinico consolidato, si è “scoperto” che l’EPO aumenta sì l’ematocrito, ma non c’è evidenza valida – analogamente al suo uso come doping – che dia benefici alla maggior parte dei pazienti con insufficienza renale cronica, mentre ci sono dati che indicano che sia dannoso [11]. Si è inoltre accertato che l’EPO non riduce ma aumenta la mortalità nei malati di cancro [12]. Un trial su dializzati e uno su pazienti con cancro della mammella hanno dovuto essere interrotti perché l’elevazione dell’ematocrito era associata a incrementi della mortalità e di eventi cardiovascolari. Ciò per la sua capacità di provocare tromboembolie, e nei pazienti oncologici, si ritiene, per un complesso di effetti che include la stimolazione della crescita tumorale, data la sua natura di fattore di crescita.

L’EPO andrebbe comunque accuratamente dosato, su pazienti accuratamente selezionati. Al contrario, la Amgen ha pagato centinaia di milioni di dollari ai medici perché ne massimizzassero il consumo tramite le prescrizioni, e i nefrologi e gli oncologi ne hanno imbottito quanti più pazienti possibile, provocando così morti in nome del profitto [13,14]. I due grafici all’inizio [14] mostrano l’andamento nel tempo delle spese di lobbying per l’EPO, che hanno raggiunto i 16.3 milioni di dollari all’anno nel 2007, e il correlato incremento dei dosaggi, che sono arrivati a triplicarsi. L’EPO è il capostipite dei farmaci ingiustificatamente costosi e allo stesso tempo inefficaci e nocivi, che sono uno dei tanti regali dell’evoluzione del liberismo sfrenato.

Ottenere l’EPO ricombinante è stato in sé un notevole risultato scientifico (raggiunto grazie a un importante lavoro di ricerca preliminare finanziato con denaro federale, cioè pubblico [9]); ma la proteina non dà al paziente i vantaggi terapeutici sperati; dà comunque a chi l’ha sviluppata e agli investitori i profitti agognati, perché sulla scienza è stata innestata la frode, appoggiata dalla corruzione, dalla disinformazione e dalla violenza. La commistione variegata di scienza e crimine, espressione della corrupio optimi del liberismo [15], è frequente nell’attuale medicina. Gli autori del lavoro sull’inefficacia dell’EPO nel ciclismo agonistico osservano che il suo uso come dopante è simile ai casi – frequenti – di uso clinico di farmaci non basato su prove sperimentali di efficacia. Nella biomedicina attuale il livello di rigore delle prove di efficacia richiesto per la prescrizione dei farmaci varia dalla coercizione autoritaria all’anarchia e alla superstizione, in funzione del profitto [15-17].

L’EPO, “un paradigma per l’industria farmaceutica” secondo uno dei suoi promotori, lascia dietro di sé una stria di sangue. La forza simboleggiata da Armstrong è in realtà quella dell’homo homini lupus. O meglio, la forza per la quale chi è in condizione di necessità e debolezza, il dializzato o l’ammalato di cancro allo stadio avanzato, è una preda; la forza di canidi più vicini allo sciacallo che al lupo.

Armstrong si è anche presentato come colui che ha vinto il cancro prima di vincere le corse. La sua figura associa terapie oncologiche e successo. Non viene detto che il tumore del quale era affetto, quello del testicolo, ha alti tassi di guarigione, perfino quando dà metastasi; costituendo una delle poche eccezioni e non la regola di un’oncologia sostanzialmente fallimentare sul piano terapeutico, più brava a sfruttare il cancro come risorsa economica che a curarlo.

Visto il generale carattere altamente fraudolento di tutta questa storia, e considerando gli interessi medici che tale frode è andata a favorire, non sarebbe fuori luogo avere riserve sulla caratterizzazione della neoplasia (tumore a cellule germinali nonseminomatoso, misto, stadio III): un piccolo aggiustamento, es. sulla componente coriocarcinomatosa, può aver aiutato a fare apparire il risultato terapeutico più brillante. Resta singolare che Armstrong sia stato colpito proprio da una delle pochissime neoplasie che fanno fare bella figura alla chemioterapia e agli oncologi.

Anche dopo l’apparente caduta, Armstrong continua a essere utile al business oncologico. In Italia la sua immagine viene usata per favorire la manovra attualmente in corso di estensione del business del cancro agli adolescenti, una classe di età particolarmente sensibile al richiamo delle figure sportive. Lo US Preventive Service Task Force ha concluso che lo screening per il cancro del testicolo non dà benefici, anche in considerazione della curabilità di questo tipo di tumore; a rigor di logica, la guarigione di Armstrong dovrebbe mostrare proprio questo. Ma gli screening tumorali sono una miniera d’oro, e Armstrong è quindi citato al contrario, per supportare messaggi come “l’autopalpazione può salvare i maschi” [18]: oncologi e altri soggetti economici interessati discutono pubblicamente se Armstrong resta un grande, essendo “riuscito a dare voce agli adolescenti malati di tumore” o se sono da preferirgli i calciatori della serie A, testimonial della campagna “Non fare autogol”, promossa dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica per sensibilizzare gli adolescenti al rischio cancro [19]. Credendo alle storie e agli slogan della pubblicità medica, che li vogliono attirare nelle trappole della falsa “prevenzione”, le persone, minori e adulti, rischiano di farlo davvero l’autogol, come sta venendo ammesso anche da fonti ufficiali le più ortodosse [20].

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Il braccio muscoloso e quello focomelico della giustizia

I magistrati hanno una posizione rispetto al business medico che chiamo di commensalismo [21]: fanno parte della stessa classe sociale e siedono sul piano culturale e istituzionale alla stessa mensa con coloro che mettono in atto le frodi mediche strutturali; condividono con loro, oltre che privilegi, i presupposti ideologici ammanniti dal padrone di casa insieme al buon cibo. In questo caso la cultura del farmaco; il farmaco come oggetto magico di potente efficacia, invariabilmente onesto e prezioso quando lo si usa in obbedienza ai poteri che lo generano.

In casi come questo la magistratura si attiene a quello che appare come un canovaccio già scritto, recitando una parte prestabilita nella rappresentazione dello spettacolo della medicina. Quando si occupa di notizie biomediche scottanti – e a maggior ragione se ci sono di mezzo gli USA – la magistratura configura una giustizia dalle braccia fortemente asimmetriche. Se il copione prevede che debba intervenire adopera il suo braccio forte, dalla muscolatura ipertrofica e allenata quanto quella di un campione di atletica pesante. Quando avrebbe il dovere di mostrare, perseguendole, le truffe, le violenze e gli strazi degli affari voluti dai poteri che serve, adopera l’altro braccio, il braccio di un focomelico: un povero abbozzo inutilizzabile.

In questi casi la magistratura perseguita e non persegue. Esattamente l’opposto di quanto affermò uno dei PM che si occuparono di Pantani, che, forse per un meccanismo di difesa psicologico, disse che “l’autorità giudiziaria persegue, non perseguita”.

Un famoso medico così integrato nel sistema da divenire ministro della sanità ha proposto di liberalizzare l’EPO per il doping; su Pantani però lo Stato ha lanciato “blitz” di Carabinieri e ha impegnato sette Procure. La contraddizione è solo apparente, come si vede qui. Occupandosi accanitamente di ciò che oggi appare come un “reato impossibile” vista l’inefficacia dell’EPO, e che è sempre stato marginale rispetto alla massa di reati riguardanti i farmaci, la magistratura ha fatto scoppiare uno scandalo che ha lanciato in campo mediatico il messaggio del farmaco-talismano. A tante paia di orecchie non adeguatamente separate tra loro da tessuto nervoso è arrivato il messaggio “prendi la pillola e diventi forte come Pantani”.

Inoltre, togliendo di mezzo Pantani si è dato spazio alla leggenda di Armstrong, venuto dall’America a vincere in Francia alla maniera di Asterix, e come Asterix grazie a magiche pozioni. Si sapeva che anche Armstrong fosse dopato; come gli altri; probabilmente in realtà meglio degli altri visto chi aveva alle spalle, come nota Kleeves. Può darsi che Pantani costituisse un ostacolo insormontabile anche per l’apparato farmacologico che sosteneva Armstrong, e che per questo si sia ritenuto di farlo eliminare. Tolto il rivale, in modo da favorire le credenze sui farmaci-talismano, la voce fatta trapelare che gli impressionanti successi di Armstrong fossero dovuti al doping favoriva anch’essa l’ideologia del farmaco. Ma ad Armstrong, il campione superbo quanto la nazione che ha rappresentato, la giustizia non ha fatto nulla.

Fino al 2012, quando la narrazione sulle vittorie di Armstrong viene chiusa in modo da sfruttarla ulteriormente (con un “fuoco d’artificio finale” come in altri scandali sportivi, hanno commentato alcuni bloggers). A carriera conclusa e a risultato propagandistico – politico e commerciale – ottenuti, Armstrong, ricco e famoso, viene dopo tanti anni smascherato e squalificato a vita dalla giustizia sportiva USA (dall’agenzia antidoping). Il “duro” mostra ora il suo lato umano, come in una soap che si rispetti. Armstrong ha raccontato in TV, in uno degli show più seguiti, di avere usato sostanze dopanti, anzi di avere usato l’EPO, e altri farmaci; reo confesso, caso mai i capa tosta si ostinassero a non credere che è tutto merito dei farmaci. Armstrong ha pianto, ha parlato della mamma, dei figli, del piacere dell’onestà, etc. Ha suscitato negli spettatori sentimenti edificanti, completamente diversi dal “gotcha!” del 1999 sul piccolo italiano imbroglione. Recita il mea culpa e sta trattando, da pari a pari, una resa; ha offerto, pare, 5 dei suoi 100 milioni di euro. Una smentita che è una notizia data per la seconda volta. Si ristabilisce tardivamente una “verità” nota – che poi verità non è – ma la morale non cambia, e si rafforza: i farmaci fanno vincere e portano in alto.

Tutti sanno dell’EPO come dopante, che rende potenti; che non sia in realtà un farmaco miracoloso che rende campioni lo sanno in pochi; e pochi sanno della sua inefficacia nell’uso clinico, dei soldi ai politici, dei comparaggi, e delle morti di pazienti. Né la magistratura italiana ha voluto indagare seriamente sulle gravi manipolazioni riguardanti l’uso clinico dell’EPO, anche quando ciò è stato – dal sottoscritto – ad essa segnalato, insieme alle manipolazioni per un altro prodotto analogo, sempre della stessa casa produttrice, la Amgen. E’ interessante che il magistrato al quale fu assegnato il caso che avrebbe dovuto portarlo ad occuparsene diede invece la caccia a ciclisti e calciatori dopati; e che sia stato tra gli imputati nelle accuse di traffico di droga a carico dei capi dei Carabinieri del ROS, accuse dalle quali i suoi colleghi l’hanno assolto.

Tutti sanno che Pantani sarebbe morto per overdose di cocaina. E’ stata invece fatta sparire dalla ricostruzione mediatica la presenza sul luogo della morte di una confezione del farmaco Surmontil, un simpaticomimetico come la cocaina, che ha un meccanismo di azione analogo a quello della cocaina, è più della cocaina in grado di provocare morte, e agisce in sinergia con la cocaina, potenziandone gli effetti. Non è frequente che una overdose di cocaina arrivi a uccidere un soggetto giovane e sano; mentre gli antidepressivi triciclici, la famiglia della quale il Surmontil fa parte, sono uno dei maggiori agenti causali delle morti per overdose da sostanze ad azione farmacologia.

Sarebbe stato ragionevole considerare anche gli effetti sinergici del Surmontil; ma la droga che si compra in farmacia è sacra, così tutta la colpa è stata data alla droga che si compra per strada. Il perito – di area massonica – al quale la magistratura ha affidato la ricostruzione per spiegare la morte ha in pratica considerato che Pantani abbia assunto un fustino di cocaina, mentre l’antidepressivo, “cugino” della cocaina sul piano farmacologico, più pericoloso, ma con una reputazione di medicina rispettabile, è stato tolto di scena.

Acqua in bocca anche sul possibile ruolo indiretto degli psicofarmaci che Pantani assumeva, che potrebbero avere indotto crisi psicotiche e comportamenti autolesionistici. La magistratura sempre più spesso scrive pagine tecniche di medicina, legittimando tesi che favoriscono infondatamente interessi illeciti, anche quando sembrano andare nel verso opposto [22]; oppure conferisce autorevolezza a perizie mediche che postulano l’impossibile quando occorre che non si faccia troppa chiarezza sui gravi reati, passati e futuri, di imputati privilegiati, come la polizia [23]. Invece sul rapporto causale tra psicofarmaci e atti di violenza, es. in riferimento ai casi di omicidio-suicidio, un campo che rientra pienamente nelle sue competenze e nei suoi doveri, dove sarebbe importante indagare e fare giustizia a tutela della salute pubblica, la magistratura si fa i fatti suoi, non disturbando così uno dei maggiori settori del mercato farmaceutico. Gli antidepressivi sono “la gallina dalla uova d’oro” dell’industria farmaceutica, nota l’autore di un recente articolo sul British Medical Journal nel descrivere come siano sovraprescritti, come le prescrizioni e il consumo continuino a crescere, e come siano poco o nulla efficaci. Neanche le molecole sono tutte uguali davanti alla legge.

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Lo sport per propagandare l’hi-tech biomedico

Come prevedevo nella lettera ai PM del 2004, lo sport viene sempre più usato per propagandare il business medico presso il grande pubblico. Lo sport non solo appassiona in sé, ma attira come condizione di super-salute; come stato simbolico del corpo che non solo è sano, ma dà successo, permettendo di raggiungere grandi mete.

Al di là del caso EPO, c’è una tendenza generale di sfruttamento dello sport a fini di marketing biomedico. In occasione delle Olimpiadi di Pechino e di Londra gli esperti e i dirigenti internazionali dell’antidoping hanno lanciato sgomenti l’allarme sul “doping genetico” e il “doping con staminali”, che produrrebbero atleti “geneticamente modificati”. Pura fantascienza, volta a fare credere al pubblico che le biotecnologie biomediche possano ottenere quei fantastici risultati promessi e sbandierati, a priori estremamente improbabili, che finora non si sono visti.

Un altro tema è quello degli atleti con protesi, come Pistorius, che è stato ammesso a gareggiare con atleti sani. L’invalido che supera i normali grazie ad un artifizio tecnologico. Queste storie ci mostrano una tecnologia che è capace non solo di supplire alle funzioni perse, ma di fare dell’uomo un superuomo, un uomo-macchina, verso il cyborg; un altro passaggio dai prodotti-medicina a quelli talismano, che propaganda l’hi-tech biomedico, la magia quotata in borsa.

Propaganda utile in particolare per quell’hi-tech che ha maggior necessità di una stampella pubblicitaria date le scarse possibilità reali, come le promesse di una “medicina rigenerativa” mediante cellule staminali; che aggiungono al loro vastissimo carnet di favole propagandistiche [24] quella di poter dare luogo a superatleti. Paradossalmente, l’hi-tech biomedico, che dovrebbe essere il campo delle tecnologie più avanzate, è il luogo della maggiore convergenza tra scienza e ciarlataneria, in forme sofisticate.

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La Gladio della medicina e la medicina dei Carabinieri e delle Questure

Qualche anno fa a Brescia a una conferenza pubblica la persona considerata l’addetto stampa della Gladio, alzatasi dal pubblico, ha parlato delle necessità di controllare le notizie sulla salute, affermando che su Cernobyl dovettero intervenire esercitando una censura per evitare di allarmare l’opinione pubblica. A parte le tante riserve sul merito, non si comprende, a prima vista, cosa possa interessare di un problema di salute pubblica a una struttura paramilitare segreta che ha fornito pazienti e salme a ospedali e cimiteri.

Ma in effetti le strutture “deviate” si occupano anche di medicina, ed è verissimo che si occupano di censura su temi di salute pubblica. Non però per il bene della popolazione, ma per servire gli interessi dei proprietari – che non sono i medici – di un settore che occupa una posizione centrale nell’attuale sistema economico. Un settore, l’industria medica, con la particolare caratteristica di avere una grande componente irrazionale, che fa sì che la pratica si conformi facilmente a credenze e manipolazioni psicologiche. Un campo adatto a operazioni di disinformazione mediatica e guerra psicologica; che pur non essendo materiali come una bomba o un proiettile possono avere effetti materiali pesanti sulla popolazione e sui singoli. Nel caso del business biomedico, abbiamo i professionisti dell’inganno che aiutano e difendono un’industria largamente basata sull’inganno.

Appare esservi una specie di Gladio medica, dipendente naturalmente dai servizi USA, che si occupa di operazioni come queste, nell’interesse della industria medica globale, manipolando l’opinione pubblica, sviando autorità vogliose di farsi sviare, screditando e mettendo a tacere voci scomode e di denuncia. Forse sono le stesse strutture degli Anni di Piombo, che oggi, caduto il Muro e instauratosi il cosiddetto “capitalismo cognitivo” hanno trovato nuovi compiti, che permettono loro di continuare a lavorare per le necessità dei poteri sovranazionali. I magistrati sono integrati con tali forze, fornendo il braccio grosso o quello offeso a seconda della necessità. E tali forze hanno buon gioco in un Paese molle, in un Paese di povera gente dove vige l’omertà e serpeggia un’istintiva collaborazione verso le scorrerie e gli omicidi del potere [25].

Non viene apprezzato quanto oggi Viminale e Viale Romania si occupino di medicina e la condizionino, sfruttando il loro potere di polizia. Ci si preoccupa giustamente di Eurogendfor, dei CC che diverranno una polizia al di sopra della legge e al servizio dei banchieri, delle multinazionali, degli USA; non si considera che affidare ai CC, tramite i NAS, il controllo sui farmaci di concerto con l’AIFA, come ha stabilito un recente accordo [26], oltre ad essere inappropriato su un piano di principio non è differente in alcuni casi chiave dall’affidare la tutela della salute prevista dalla Costituzione a qualcuna delle multinazionali di pubbliche relazioni alle quali le case farmaceutiche commissionano campagne di promozione, o di disinformazione sanitaria; o dall’affidarla a dei contractors, dei sicari al soldo di case farmaceutiche.

Non sappiamo tutto, ma si può dire che a Pantani è stato fatto peggio che ucciderlo. E’ stato patologizzato, cioè gravemente destabilizzato sul piano psichico; con la pressione giudiziaria, la gogna mediatica, la stigmatizzazione e – da non sottovalutare – gli psicofarmaci. Non approfondisco qui il tema della patologizzazione, materiale e surrettizia [27], che oltre a essere orribile e disgustoso in sé, ha oggi rilevanza per la reale natura dei rapporti tra controllo del Paese, eversione e istituzioni, a cominciare dalle forze di polizia e inclusa la magistratura; e potrebbe avere stretti legami con diversi inspiegabili episodi di violenza e terrorismo che si stanno susseguendo, tra i quali non si può escludere la morte di Anelli.

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Distrutto ma non vinto

Le idee camminano sulle gambe degli uomini, secondo la frase di Nenni amata da Giovanni Falcone. Anche i movimenti, simili a quelli di zolle tettoniche, degli interessi impersonali e molto grandi che hanno ucciso Pantani sono resi possibili da persone in carne ed ossa. L’immagine di Pantani continua a spiccare; a quello luminoso delle salite si è aggiunto uno sfondo livido composto di smorte passioni umane. La speranza dei ruffiani e il servilismo sadico dei tirapiedi, le due principali categorie di addetti al mostruoso macchinario ai cui ingranaggi Pantani è stato dato in pasto. La schadenfreude dei mediocri che si appagano nel vedere la persona superiore che cade. Una nazione che si abbandona alla dominazione USA; nella quale persone invise all’occupante come Anelli e Pantani non hanno più garanzie che Renzo Tramaglino. Lo zelo verso il potere e verso i crimini del potere; ci sono stati parecchi scandali internazionali sul doping, ma l’Italia può fregiarsi di meriti particolari: ha lanciato l’EPO nello sport, col gruppo di Conconi, e nel mettere in scena lo spettacolo ha fatto a pezzi per davvero un suo campione.

Le drug whores della professione medica. La presunzione di chi senza esserne capace vorrebbe fare grandi cose e per questo ricorre al doping o alla droga. Le parole di disprezzo e compatimento degli ipocriti passati dalla bandiera rossa alle stelle e strisce; quando si sono precipitati a dire che non era un vero campione ma solo un truffatore, è di sé stessi che parlavano. Il telespettatore che risponde agli stimoli visivi in maniera prevedibile come un topo di laboratorio, per il quale i campioni sono immagini costruite a tavolino alla Armstrong. La meschinità dei tanti figuranti che per un panino si prestano a inscenare quanto occorre a queste operazioni. Il commensalismo dei magistrati, pronti a dare corpo a uno script pubblicitario come a non vedere reati gravi fino a farsene complici.

Tanti lo ricordano con affetto e ammirazione, perché Pantani non era solo un campione sul piano atletico; era nato col carattere del campione. Disarcionato e trascinato nel fango, ha recuperato la grandezza proseguendo la discesa, attraversando il dolore fino a giungere alla dimensione tragica che lo ha riportato, per altra via, a quello che era il suo posto.

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Note

[1] Heuberger et al. Erythropoietin doping in cycling: lack of evidence for efficacy and a negative risk-benefit. Br J Clin Pharmacol, 2012. doi: 10.1111/bcp.12034.

[2] Kleeves J. Sport e politica: la morte di Pantani. 3 luglio 2004. Reperibile su internet.

[3] Tobia S. Advertising America. The United States Information Service in Italy (1945-1956).

[4] Da quali minacce va protetta la Glaxo. https://menici60d15.wordpress.com/2010/12/07/da-quali-minacce-va-protetta-la-glaxo/

[5] O’Riordan M. One pill cure them all: single-drug polypharmacy in cardiovascular disease. Heartwire, 28 set 2012. [6] Camporesi P. Il Sugo della vita. Simbolismo e magia del sangue. Garzanti, 1997.

[7] Il salasso ieri e oggi e la sinergia tra malattia e terapia. https://menici60d15.wordpress.com/2012/01/15/il-salasso-ieri-e-oggi-la-sinergia-tra-malattia-e-terapia/

[8] Doping per il cervello, è boom nelle università. GSK informa, 26 feb 2010.

[9] Le Fanu J. The rise and fall of modern medicine. Carroll and Graf, 1999. Cap. The brave new world of the new genetics, sez. Genetic engineering, penultimo paragrafo.

[10] Goozner M. The $800 million pill. The truth behind the cost of new drugs. University of California press, 2005.

[11] Jacques et al. Decision memo for erythropoiesis stimulating agents (ESAs) for treatment of anemia in adults with CKD including patients on dialysis and patients not on dialysis (CAG-00413N). Centers for Medicare & Medicaid Services, 16 giu 2011.

[12] Bohlius et al. Recombinant human erythropoiesis-stimulating agents and mortality in patients with cancer: a meta-analysis of randomised trials. Lancet, 2009. 373: 1532.

[13] Berenson A. Pollack A. Doctors reap millions for anemia drugs. NY Times, 9 mag 2007.

[14] Whoriskey P. Anemia drugs made billions, but at what cost? Washington Post, 20 lug 2012.

[15] La corruptio optimi nel liberismo: le linee guida cliniche e il decreto Balduzzi. https://menici60d15.wordpress.com/2012/10/21/la-corruptio-optimi-nel-liberismo-le-linee-guida-cliniche-e-il-decreto-balduzzi/

[16] L’irresponsabilità della medicina in franchising. https://menici60d15.wordpress.com/2012/11/30/lirresponsabilita-della-medicina-in-franchising/

[17] Sulle regole per la Roche. https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/30/sulle-regole-per-la-roche/

[18] Martinella V. “L’autopalpazione può salvare i maschi”. Corriere della Sera, 6 luglio 2012.

[19] Cuppini L, Martinella V. Lance Armstrong e la lotta al cancro. “Ha sbagliato, resta un grande esempio”. Corriere della Sera, 12 ottobre 2012. Massi C. Armstrong, ancora supereroe anti-cancro?. Il Messaggero, 14 ott 2012.

[20] Sovradiagnosi I. Come la medicina nuoce. https://menici60d15.wordpress.com/2012/04/12/sovradiagnosi-i-come-la-medicina-nuoce/

[21] “A sinistra, e a un altro lato della tavola, stava, con gran rispetto, temperato però d’una certa sicurezza, e d’una certa saccenteria, il signor podestà, quel medesimo a cui, in teoria, sarebbe toccato a far giustizia a Renzo Tramaglino, e a far star a dovere don Rodrigo, come s’è visto sopra.” (I commensali al tavolo di don Rodrigo, Promessi sposi, cap. V).

[22] Nuove P2 e organi interni. https://menici60d15.wordpress.com/2011/12/08/nuove-p2-e-organi-interni/

[23] Le perizie ballistiche. https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/25/le-perizie-ballistiche/

[24] La fallacia esistenziale nel dibattito bioetico sulle staminali. https://menici60d15.wordpress.com/2011/10/22/la-fallacia-esistenziale-nel-dibattito-bioetico-sulle-staminali/

[25] Il terzo livello. https://menici60d15.wordpress.com/2012/09/05/il-terzo-livello/

[26] Sanita’: Aifa-Nas, nasce la “superagenzia” italiana del farmaco. AGI, 17 dic 2012.

[27] Patologizzazione surrettizia e patologizzazione materiale. In: Leopardi, Unabomber e altri eversori https://menici60d15.wordpress.com/leopardi-unabomber-e-altri-eversori/

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20 giugno 2013

Blog de il Fatto

Commento al post “Farmaco per bambini contraffatto, appello dei carabinieri: “non usate Ozopulmin” ” del 19 giugno 2013

ccc

L’ozopulmin, mentre può avere effetti nocivi anche seri, non è un farmaco di provata efficacia, e non ci sono molte ragioni per pensare che possa essere utile sul piano biologico. E’ un farmaco ormai marginale, di una classe in via di eliminazione. La frode, la mancanza di principio attivo, può essere paradossalmente vantaggiosa, se il composto che lo sostituisce non ha a sua volta effetti avversi.

Tanti altri pericoli, e tanti altri inganni, anche molto più gravi, riguardanti farmaci ai bambini, restano ben coperti; questo “appello dei CC” a non usare l’Ozopulmin senza principio attivo sembra uno spot costruito per introdurre i CC come autorità sanitaria (CC e AIFA hanno di recente siglato un accordo per formare assieme una “superagenzia”).

A molte persone, buoni spettatori del maresciallo Rocca e di Don Matteo – e buoni consumatori di pillole – piacerà questo poliziesco, e l’idea che veicola dei Carabinieri che proteggono la gente anche in campo farmacologico; e piacerà l’idea complementare che il problema sono i farmaci taroccati, mentre quelli autentici fanno bene. A me no: i NAS vanno bene per i pesci piccoli, come questi; ma è poco salutare, in tema di medicina, affidarsi ai CC, che stanno dalla parte delle multinazionali e delle banche; in maniera così radicale che a chi è di ostacolo ai grandi affari, non candidi, del business medico ufficiale, i CC appaiono come una milizia al servizio di tali interessi.

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14 febbraio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Pagani e A. Scanzi “Pantani, 10 anni dopo. Mura: “Quando morì, pensai di lasciare Repubblica”

Gianni Mura definisce due schieramenti su Pantani: quelli del ““drogato”” e quelli del ““complotto cosmico””. E si tira fuori da entrambi, dice. Non dubito del suo dispiacere, e va apprezzato l’interesse per la figura di Pantani, ma vorrei osservare che ridurre tutto a un esercizio di barocco lombardo, nello stile di Gianni Brera, su Pantani come caso umano, addossandogli ancora, stavolta coi toni del compianto, la responsabilità della sua distruzione, può configurare uno di quei casi nei quali il rifuggire da due estremismi è istituirne un terzo. Si fa l’esempio dei due gruppi che sostengono l’uno, che la Terra giri da Est a Ovest, e l’altro che giri da Ovest a Est; chi, scuotendo il capo, abbraccia la via di mezzo vuole una Terra immobile. La Terra invece gira, in un verso definito; e ciò che la fa girare, a parte il momento angolare, è il denaro. Non è questione di ““complotti”” ma di non coprirsi come sempre occhi orecchie e bocca davanti ai grandi interessi economici e politici di poteri forti; e lasciare così che altri casi sciagurati avvengano, altri danni siano prodotti. Danni che possono riguardarci non solo come spettatori, ma come vittime: v. ““Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico””, reperibile su internet.

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17 ottobre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Tundo ” Marco Pantani, “complotto per alterare ematocrito”. L’ombra della camorra” 

Non mi stupirei troppo se effettivamente per stroncare Pantani ci si fosse avvalsi anche della criminalità organizzata, come manovalanza. O se la criminalità organizzata fornisse alibi, o depistaggi, o facesse da “pecora”. Anche lo zelo discriminatorio di magistrati e media verso Pantani è stato indotto dalla diabolica camorra? Questa idea delle mafie come entità onnipotenti è uno degli strumenti del “tolemaicismo”: l’arte, già adottata per gli omicidi politici e le stragi terroristiche, di attribuire a mandanti nazionali fatti gravi avvenuti per volontà di poteri sovranazionali. Poteri che coloro che occupano le istituzioni – le forze di polizia e i magistrati spesso per primi – servono con impeccabile zelo, come il caso Pantani ha mostrato e continua a mostrare.

v. “Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico” “Il tolemaicismo politico”

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21 ottobre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Travaglio “Marco Pantani, le nuove inchieste e quell’ematocrito fuorilegge già nel 1995”

Anch’io, per quanto esposto da Travaglio, penso che Pantani abbia usato l’EPO. Credo però non sia irrilevante l’analisi di alcuni farmacologi, che mostrano che non ci sia evidenza scientifica che l’EPO funzioni come dopante, e che ci siano ragioni teoriche per dubitare fortemente che possa funzionare (Heuberger et al. Erythropoietin doping in cycling: lack of evidence for efficacy and a negative risk-benefit. Br J Clin Pharmacol, 2012. doi: 10.1111/bcp.12034.). Ciò, e la “fedina” dell’EPO come farmaco clinico, la sua storia di marketing, che un libro ha definito “sordida” (Goozner M. The $800 million pill. The truth behind the cost of new drugs. U of California Press, 2005.), imporrebbero di considerare un filone che è stato ignorato dagli inquirenti professionisti e dilettanti (v. “Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico). L’ho esposto precedentemente a questa nuova “rumba” mediatico-giudiziaria; pensando che fosse ormai calato il silenzio su una storia che a mio parere è comunque sordida. Ora c’è questo nuovo polverone che, tramite l’esagerazione, potrebbe fare in modo di perpetuare la confusione, e di continuare a tenere oscurate realtà meno romanzesche e maggiormente legate ai soldi. Travaglio può insegnare come possa accadere che mentre scorrono fiumane di inchiostro e rotolano valanghe di faldoni giudiziari su versioni fantasiose ma accettabili per il potere, altre ricostruzioni più fondate ma non “politically correct” restino inesplorate.

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@ Bedrosian Baol. La medicina che si dice scientifica in realtà punta molto sull’eterno desiderio di affidarsi a “maghi”. Il caso Pantani ha contribuito ad alimentare nel pubblico il pensiero magico sui farmaci.

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23 ottobre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Ziliani “Marco Pantani con ematocrito alto nel ’98. Ma fu cacciato il gregario Forconi”

@ Giorgio Vittori. Lei sostiene che “la risposta al doping è assolutamente individuale” e “imprevedibile” al punto di poter fare di un atleta modesto un campione assoluto, che surclasserebbe gli atleti che al netto del doping gli sarebbero superiori, e nonostante che si dopino anche loro. Basandosi su questo modello, sostiene che Pantani non aveva meriti personali ma “faceva rendere al meglio le pratiche truffaldine che utilizzava per vincere” (qui non è chiaro se le “faceva rendere” per costituzione, o se lei voglia dire che era particolarmente abile nel doparsi). E’ una tesi interessante, anche per la ricostruzione delle motivazioni, o dei moventi, sia della tenacia delle accuse mosse a Pantani sia della veemenza delle espressioni di disprezzo nei suoi confronti. Combacia inoltre con il crescente interesse delle multinazionali farmaceutiche (e dei loro reparti di marketing) alla variabilità individuale nella risposta terapeutica ai farmaci. Lei presenta le sue affermazioni in tono molto sicuro; addirittura chiama “ignorante” chi non le considera assodate. Può dare qualche fonte sulla asserita estrema variabilità, su questi effetti esplosivi in soggetti predisposti, della risposta ergogenica all’EPO, e al doping in generale? Come spiega che Pantani abbia vinto il Giro d’Italia dilettanti nel 1992, e avendo già collezionato altri successi, prima cioè di quando si ritiene abbia cominciato ad assumere EPO?

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12 marzo 2015

Blog de il Fatto

Commento al post “Strage Piazza della Loggia, perquisizioni del Ros per cercare foto e documenti”

I giornali riportano che la morte di Pantani è ora attribuita dalla perizia disposta dalla magistratura anche agli psicofarmaci, oltre che alla cocaina; è quanto avevo scritto, spiegandolo estesamente, agli inquirenti 11 anni fa, nella racc. r/r del 3 giugno 2004 al GIP Mussoni e al PM Gengarelli (v. Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico). Oggi perquisizioni dei ROS per la strage di P. Loggia del 1974. Mi pare ci sia un caratteristico “pipeline giudiziario”, che ritarda l’accertamento della verità per poi ripescarlo molti anni dopo, a giochi fatti, in modo da non occuparsi di attività “delicate” attuali; o in alcuni casi di occuparsene, ma all’incontrario…

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5 settembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post “Marco Pantani, pm chiede archiviazione. La madre Tonina: “Ora inizia la guerra” “

Tra i commentatori de Il Fatto ce n’è uno, “Otello”, che sostiene che bisogna maggiormente temere non i delinquenti, ma gli “onesti”. Mi sembra di capire che per “onesti” intenda quelle figure, soprattutto istituzionali, che sono comunemente considerate tali; e che pertanto automaticamente vengono contrapposte a mafiosi, corrotti, violenti etc. Mi sono una volta scontrato aspramente con lui (tende a parteggiare per il clero; al quale invece la sua teoria calza a pennello); ma questo è un caso dove penso si potrebbe dargli ragione. La distruzione di Pantani non è stata questione di killer, ma di rinomate istituzioni dello Stato, che sono attentissime nel servire i desiderata, e quindi gli interessi, di poteri forti. I desiderata su quale visione del mondo e delle cose vada data all’opinione pubblica, es. conformando ad essa l’azione giudiziaria; e i desiderata di soffocamento di realtà sgradite, con omissioni di atti di ufficio, parzialità, autentiche persecuzioni. La morte di Pantani appare essere stata un effetto collaterale di questo marketing di Stato a favore di interessi privati illeciti; di questo plasmare, mediante il potere legale dello Stato, una “realtà” fittizia a favore del big business. Con conseguenze che non sono meno gravi per il popolo, non sono meno criminali, dei killer misteriosi immaginati nel residence dalla madre di Pantani. (V. nel mio sito: Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico).

@ A mia volta sono sorpreso dall’estrema facilità con la quale si scrive senza leggere o senza saper leggere. Dove ho scritto che Pantani era una minaccia, come Mattei, per i poteri forti? Consapevole che attribuzioni di responsabilità vanno supportate, ho segnalato nel commento un mio articolo. Le costava così tanta fatica leggerlo? Contiene informazioni di tipo fattuale, che restano fuori dal rimestare lo stesso pastone al quale lei partecipa. Es. che ad un’analisi scientifica l’EPO è risultato non efficace come dopante. E’ un particolare trascurabile? E che l’EPO ha in campo medico una storia, descritta da altri, di “complotti” – la parola con la quale vi riempite la bocca – a fini di profitto; “complotti” che hanno compreso corruzione, falsi attestati di efficacia, marketing spregiudicato, e pazienti uccisi per avidità, con sovraprescrizioni. Nell’articolo, del 2013, è anche anticipato quanto la Procura dice solo ora: che la morte non è dovuta alla sola cocaina, e che lo psicofarmaco considerato vi ha avuto un ruolo importante. Io questo lo scrissi ai PM nel 2004, venendo ignorato. Forse tra qualche altro decennio la magistratura vorrà considerare pure gli altri elementi; che continua a omettere, a sentire le dichiarazioni del PM sui media. Per ora resto un “complottista”, secondo i tanti che fanno consapevolmente disinformazione; e per i “nowhere man”, quelli che mentre non sono ben orientati nello spazio chiamano “complottista” chi presenta una possibile mappa.

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14 marzo 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Tundo “Marco Pantani, detenuto intercettato: “La camorra gli fece perdere il Giro d’Italia ’99” “

I magistrati, che con il Pantani vivo furono degli inquisitori implacabili e rigidi, sembrano diventati dei creduloni di bocca buona.

A una conferenza (10 dic 2010) ho sentito Salvatore Borsellino spiegare come “La gente ancora crede che Borsellino sarebbe stato ucciso dalla mafia”. La mafia è una gran comodità per il potere; soprattutto per le espressioni del potere più insospettabili. Ci sono elementi per considerare che la camorra sia una “patsy”, che distoglie e rassicura il pubblico sulle colpe istituzionali: vedi “Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico.” In questi casi i magistrati divengono creduloni; come è avvenuto nelle indagini sulla strage di Via D’Amelio.

@ Blackimp. Qui abbiamo addirittura una mafia astratta, non provata per ammissione del magistrato. Ma guai a dubitarne, altrimenti si minimizza la mafia; e quindi si è suoi complici. Invece, è proprio con l’attribuire tutto alla mafia che si minimizza “lo sterco”. Le mafie sono solo una parte dello sterco; e fanno da parafulmine al resto. Grazie anche ai coraggiosi come te che “o la mafia o i templari e i marziani”.

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8 gennaio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Marco Pantani, il pusher in commissione Antimafia: “Non si è suicidato, è stato ucciso. Doveva darmi 20mila euro ma sono spariti” “

L’altro ieri sull’omicidio di Piersanti Mattarella si è dato spazio al parere di Giusva Fioravanti; che in un paese libero sarebbe al “fine pena mai” effettivo. Oggi su Pantani si fa concionare uno spacciatore dagli scranni dell’antimafia, alla destra del presidente. Tutto può essere, ma colpisce come l’ipotesi omicidio di mafia, con la sua sproporzione tra evidenze scarse e larga diffusione mediatica, sia privilegiata rispetto ad altre meno facili, ma più fondate approfondendo; come la morte in conseguenza di altri delitti o l’induzione al suicidio (v. ‘Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico’). Il Fatto ha ricordato che Sciascia chiamò “confortevoli” le ipotesi che riconducevano l’omicidio di Mattarella esclusivamente alla mafia. Attribuire il male invincibile ai tagliagole di paese rassicura il popolo rispetto all’idea di essere sotto una spietata tirannide economica. La mafia è la sentina nella quale occultare l’indicibile; e una funzione dell’antimafia istituzionale appare essere quella di coprire i crimini della mafia alta coi crimini della mafia bassa. Soprattutto un’antimafia diretta da Morra, in ottimi rapporti con affiliati all’Ordine del Santo Sepolcro, organizzazione paramassonica vaticana, che ha avuto esponenti come B. Contrada, Gelli, Marcinkus, e nel suo piccolo il prefetto Paola “Scarpetta” Galeone (quella alla quale si imputa in pratica di avere ripulito quanto restava nel piatto con una scarpetta da 700 euro).

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Brescia, 29 novembre 2021
Dr. ssa Elisabetta Melotti
Procuratore della Repubblica
Rimini

prot.procura.rimini@giustiziacert.it

La censura del gatto e la volpe su Antimafia e caso Pantani al tempo del Covid

Allego un mio commento e lo scambio con un troll, ai cui insulti pro Big Pharma è stata lasciata l’ultima parola, sulla notizia di una nuova apertura delle indagini su una pista mafiosa per la morte di Pantani. Desidero lasciare memoria di una censura a miei commenti sul caso Pantani. Non per la forma vile e boriosa, nulla di particolare per me, immerso nel bagno di illegalità ipomafiosa (vedi “L’ipomafia”; questo e gli articoli citati sono nel mio sito menici60d15) generato e alimentato da magistratura e forze di polizia. Ma per ciò di cui è indice, soprattutto oggi, al tempo della “epidemia ircocervo”, con caratteristiche mai viste nella storia, che giustificano una curva di gravità delle “misure”, cioè l’abrogazione di diritti umani e costituzionali, che continua a crescere indisturbata dopo venti mesi.

-Rispetto a quanto scrissi in “Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico” la versione ufficiale ha poi corretto il tiro, includendo gli psicofarmaci, che avevo indicato essere stati grossolanamente omessi, tra le cause di morte. Resta costante, e riceve un “booster” al tempo del covid l’allontanare la ricostruzione dagli interessi del business farmaceutico. Questo nuovo capitolo su Pantani aggiorna le manipolazioni e le frodi biomediche del passato a quelle odierne, dove l’industria farmaceutica è assurta a dio dell’Olimpo. Non sorprende che a farlo sia l’Antimafia.

-Come dico da anni (La metamafia; Un certificato di decenza per le attività antimafia; L’ipomafia; L’eccezionalismo su fascismo, mafia e covid, in preparazione), l’antimafia appare essere il complementare della mafia nell’ambito di un meccanismo di potere. Nella mia esperienza quando i poteri che dominano l’Italia vogliono ottenere un certo risultato, come tagliare la testa di qualcuno che intralcia crimini come quelli in oggetto, possono affidare il compito sia agli assassini della mafia, sia ai ruffiani e imboscati senza onore e senza dignità che dicono di combattere la mafia. (Digitare anche “Morra” e “Cavalieri del Santo sepolcro” nella casella di ricerca del mio sito menici60d15). Sull’assassinio morale di chi si oppone e denuncia non solo si omette di indagare; si lascia mano libera ai killer, e si partecipa, mentre si inscenano storie fumetto sulla mafia onnipotente. La selezione inversa, l’epurazione degli onesti e capaci ad opera dell’ipomafia istituzionale è una componente del risultato che si erge tetro e pauroso davanti a noi in questi mesi col covid.

-Questa funzione servente delle istituzioni ha avuto e ha rilevanza anche per la distruzione di Pantani e i successivi depistaggi. Ci sono analogie col caso Kercher, che in questi giorni si perfeziona con la liberazione precoce di uno dei responsabili del ributtante assassinio; quello che ha fatto da pecora. Il magistrato Mignini disse che il suo lavoro di PM si svolse sotto i riflettori degli States. Certi potenti tagli di luce e di ombre possono fare apparire colori che non ci sono, sostituendosi a quelli autentici che non devono apparire. I mafiosi, che a volte neppure ricordano tutti i loro crimini per quanti ne hanno commessi – e che hanno legami col mondo ambiguo dei servizi – possono fare da pecora. Oggi, coi riflettori dei poteri forti puntati sul covid, si sta agevolando il lavoro della Procura di Bergamo con la pecora della farsa Zambon-OMS del mancato piano pandemico per la strage del 2020 in Lombardia (Lo knock-on dell’operazione covid in Lombardia orientale). So per esperienza come sotto certi gelidi raggi appare in trasparenza la colonna vertebrale, con la sua debole consistenza, di quelli che esibiscono la foto di Falcone o Borsellino o il ritratto di Salvo D’Acquisto che offre il petto. Per non parlare di quelli che dicono di concepire la medicina come un sacerdozio. Col covid la loro debolezza di rachide sta avendo effetti deleteri sull’intera nazione.

-I magistrati, per nulla estranei alle responsabilità su Pantani insieme a quelli che le sofisticazioni sulla sanità dovrebbero combatterle, hanno il supporto di amici curiae come questo squallido troll, che imbevono di veleni la ricostruzione di una morte che fu dovuta ad azioni imbevute di veleno. E’ singolare che scrive subisca – grazie a una magistratura fantoccio – un trattamento di assassinio morale che include pesanti forme di guerra psicologica, volto a fiaccarlo e delegittimarlo, di provenienza istituzionale; quando chi aveva presentato tesi compatibili su Patani, Stefano Anelli, è scomparso in circostanze eccezionali che hanno preso la forma del massimo discredito.

-La tecnica di routine vile e miserabile di intervenire per insultare pubblicamente chi riporta notizie di reato a comento di indagini e poi ottenere la censura della risposta (La censura del gatto e la volpe, in Commenti censurati da Il Fatto; Entomologia forense: l’infestazione da troll delle notizie di reato) è indice del mutato ruolo del giornalismo, che, già asservito al business medico, ne sta diventando strumento senza anima (v. O’ Neill. Big Media is turning into Big Brother. Spiked, 9 nov 2021; From news and entertainment to Government propaganda; HART, 23 nov 2021).

Distinti saluti

Francesco Pansera

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22 novembre 2021
Blog de Il Fatto

Commento al post “Marco Pantani, riaperta di nuovo l’inchiesta sulla morte dopo le audizioni in Antimafia: i pm di Rimini indagano per omicidio”

La mafia è una montagna di m. che, vistosa com’è, viene usata – oltre che come manovalanza per gli affari più sporchi – per nascondere dietro di essa le inconfessabili infamie prodotte dall’asservimento di chi occupa le istituzioni a poteri sovranazionali. Il ripescaggio dei sospetti di omicidio mafioso, che allontanerà ulteriormente dalle responsabilità superiori *, ha una sua attualità, come alibi e diversivo, e forse anche come depistaggio, riguardando il caso Pantani l’asservimento ai poteri del business farmaceutico. E’ attuale visto come i politici stanno abusano del potere dello Stato a beneficio di detti poteri. E visto che i magistrati ricordano nella difesa della Costituzione, massacrata a beneficio di detti poteri, le capitolazioni senza combattere del passato. Dalla Marcia su Roma all’8 settembre, alla caduta della Repubblica di Venezia descritta da Nievo. Alla difesa di Roma dai francesi della nobiltà papalina ne Il marchese del Grillo, dove “Io so io” si tinge la faccia di sangue per far credere di avere fatto qualcosa, per poi accogliere gli invasori.

*Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico.

Max Costantini:
Dopo tutto sto pistolotto filo complottista, in buona sostanza contro Big Pharma, permettimi una domanda: quando ti ammali come ti curi?
1) con erbe e preparati galenici venduti al mercato nero?
2) hai uno sciamano di fiducia?
3) vai in farmacia con la ricetta medica e compri medicinali prodotti guarda un pò da Big Pharma?

@ Max Costantini: Come dico nell’articolo che cito, l’episodio della morte di Pantani è inseribile nel quadro della massiccia propaganda culturale pro farmaci, che attribuendo al farmaco poteri magici e assegnandogli un ruolo dominante nel trattamento medico porta a sproloqui come i tuoi. Propaganda culturale che ha spianato la via all’attuale operazione covid. Le responsabilità per la morte di Pantani vanno cercate anche in un apparato statale docile nel servire tale propaganda – magistrati e polizie non ultimi – e nel creare quindi dei riprogrammati mentali come te. Responsabilità che si possono tenere nascoste anche grazie al paravento della mafia di cosca – che ci si guarda dall’eliminare, con un’antimafia che somiglia al vaccino per il covid, sacro mentre non estingue il problema e permette l’emergenza infinita.

Max Costantini:
L’unico che ha fatto uno sproloquio, al solito contro l’industria del farmaco sei stato. Dopo averlo letto, ammetto con un pizzico di ironia ti ho posto una domanda. Mi rispondi al limite dell’insulto, senza poi entrare nel merito delle domande che ti ho fatto, che restano ironiche e continui a sproloquiare contro Big pharma con una strizzatina d’occhio ai no vax, che probabilmente ti annoverano tra le proprie fila. Mi resta il dubbio quando stai male come ti curi?

@ Max Costantini: Per eventuali lettori, non per te, dico le condizioni iniziali. Davanti alla malattia – quelle vere, e quelle tarocche, in genere da sovradiagnosi, che nella medicina commerciale sono una buona fetta – si è come davanti a un territorio pericolosissimo da dover attraversare. Una giungla con belve, insetti mortali, trappole, precipizi, etc. Occorre una guida. Ma le guide ufficiali sono corrotte, e pensano a spennarti, anche a costo della tua pelle. Fare da sé, o scegliere a proprio giudizio una guida alternativa (“libertà di cura”) non è meno rischioso. L’unica soluzione sicura è che nella giungla della malattia non viga la legge della giungla, ma che lo Stato garantisca guide affidabili. Es. esperti hanno proposto che le terapie non siano quelle liberamente offerte dall’industria, dietro alla maschera oscena che usurpa il nome di “scienza” (con la quale sempre più il business definisce la malattia in funzione di pillole e fiale da propinare), ma vengano commissionate dallo Stato. E da questo verificate. Utopia, con una classe dirigente venduta. Bisogna barcamenarsi. Riconoscendo come banditeschi criteri come il tuo “O mangi la minestra o salti la finestra”, che echeggia la lista di opzioni in un manuale di marketing degli ospedali cattolici USA (1 Only known option. 2 Top-of-mind option. 3 Acceptable option. 4 Best Option. 5 Only acceptable option)*. Ciò che ripeti è nel campo della biocriminologia, più che della medicina.

*MacStravic. Marketing religious health care.

Max Costantini:
Ti faccio i complimenti per la dotta citazione. Ma resta il punto, dopo lo sproloquio e la citazione, quindi farina non del tuo sacco, come e dove ti curi? Bellissime queste menate, ma la domanda è semplice. La mia era partita in modo ironico, ma visto che ti incaponisci infilando addirittura citazioni da un testo del secolo scorso, la risposta, più semplice del testo che citi, e che con buona probabilità non hai letto, è questione di principio.

@ Max Costantini, Censurato da Il Fatto:
Sì, in effetti il testo sul marketing degli ospedali cattolici, del 1987, la cui lettura fu abbastanza sconvolgente, con Bergoglio è divenuto superato. Ora è peggio. Vedi “Quando è Pietro che si associa a Simon mago” sul mio sito. (Non che l’altro compare, quello “laico”, sia migliore). Inutile citarti il classico lavoro di Domenighetti, che mostra che i medici si fanno sottoporre a interventi chirurgici meno della popolazione generale. Regolandomi su quello che so sulla medicina e sui medici sono arrivato alla soglia della terza età in buona salute, e senza dare soldi a purgantieri e private equities. Preferirei avere di chi fidarmi; i troll molesti come te ricordano che genere di guida riceverei.

Più che ironia, il tuo disprezzo è autorassicurazione. Comprensibile, visto che le idee storte che covi oltre a danneggiare la società sono punizione a sé stesse. Ne ho visti diversi di agenti e difensori della medicina fraudolenta che sono rimasti vittima della medicina carnivora che per interesse o stupidità propagandavano. Del resto, siamo al tempo nel quale, secondo ciò di cui tu sei una goccia – e grazie ai nostri formidabili giuristi – la condizione di default del cittadino è divenuta quella del paziente, che deve accettare “responsabile“ e grato misure e trattamenti medici (v. “L’esproprio della salute da parte della medicina dei banchieri”. Nel mio sito). Pensa a curarti e lasciami stare.

Max Costantini, aggiunto il 25 novembre, due giorni dopo la censura:
Quindi alla fine, visto che al di là di sproloqui contro big pharma, citando addirittura testi americani del secolo scorso, che sicuramente non hai letto, non sei stato capace di fare le due cose più semplici: cogliere e mantenere il tono ironico del mio primo commento, e da ultimo ancora più semplice rispondere e basta. Continua così duro e puro.

§  §  §

17 settembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Sofia “Marco Pantani, la commissione: “Mafia? La pista resta aperta. Sulla squalifica verità non soddisfacenti, ora Procura faccia chiarezza” “

“accanto al fabbricato un pozzo profondo, vigilato da quei tali eucaliptus, offriva muto i vari servizi dei quali era capace: sapeva far da piscina, da abbeveratoio, da carcere, da cimitero. Dissetava, propagava il tifo, custodiva cristiani sequestrati, occultava carogne di bestie e di uomini sinché si riducessero a levigatissimi scheletri anonimi. (Il Gattopardo).

“a giudicar per induzione, e senza la necessaria cognizione de’ fatti, si fa alle volte gran torto anche ai birbanti.” (I Promessi Sposi).

Nell’Italia odierna la mafia ha come il pozzo de Il Gattopardo molteplici funzioni. Anche questa, di occultare le reali responsabilità di crimini commessi su commissione tramite lo Stato, attribuendoli ad essa. Funzione di “pecora”, nel gergo criminale, che i criminali della mafia accettano, come indica il loro utilizzo come manovalanza in omicidi eccellenti. Morra, l’antimafia amico dei Cavalieri del Santo Sepolcro*, la congrega implicata in sanguinose trame piduiste e mafiose ai tempi nei quali ne faceva parte Bruno Contrada, rappresenta bene un’antimafia adatta a queste operazioni.

Vedi: Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico.

* Il Manifesto 25 feb 2016. “Il grillino massone candidato a Cosenza tra le polemiche”.

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14 feb 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Fulghesu “Marco Pantani e il viaggio dell’Eroe: a 20 anni dalla morte il ricordo dei successi e del coraggio in ogni ripartenza”

Non fu omicidio diretto, per ciò che è noto, ma per gli elementi disponibili – e tenuti coperti – fu una grande vigliaccata collettiva*. Il servilismo cieco e pronto, quello delle istituzioni e dei media per primi, ebbe come esito il dare in pasto un campione a interessi che vanno a nostro danno. Celebrarlo da morto addirittura come “eroe” permette di autoassolversi e di tacere che nell’Italia protettorato, perfino in campo sportivo, l’aria che si respira non è salubre per figure eminenti, che emergano dalla mediocrità, la rendano apparente stagliandosi su di essa, e trascinino gli altri ad emanciparsene.

* Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico

Stokasto. Ti sei dimenticato il Midazolam. Di prenderlo…tre volte al giorno.

@ Stokasto: Stokasto, grazie a te che mostri il livello umano che ha risucchiato Pantani. In UK hanno almeno un parlamentare non allineato, Bridgen, che ha fatto un’interrogazione sull’uso omicida del midazolam nell’operazione covid*. Da noi passa per coraggioso antisistema Cappato, un altro promotore del marketing farmaceutico; e promotore dell’uso omicidiario del midazolam e c.; i cui seguaci usano rodomontate di questo livello. Magistrati e Cappato boys recitano lo stesso copione di marketing sulla morte facile**; date le responsabilità dei magistrati nella fine di Pantani*** non mi stupisce questa convergenza tra troll pro-pharma e ricostruzione giudiziaria vuota.

* Member of Parliament asks the UK Government about the use of midazolam during the pandemic. 2 mar 2023.
** Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico
*** Per cosa è morto Pantani, cit.

 

 

Il publication bias del blog de Il Fatto

18 December 2012

18 dicembre 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Travaglio “Qualche risposta e una proposta” del 17 dicembre 2012

Cancellato due volte

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Il Fatto offre al pubblico un luogo di discussione politica. Ciò è meritorio, ma è anche una responsabilità: se si fanno passare solo alcune voci si falsa la discussione e conseguentemente il giudizio dei lettori. Io raccolgo tutti i miei commenti cancellati da il Fatto in un elenco sul mio sito:
http://menici60d15.wordpress.c…

Invito gli altri a fare lo stesso, riportando i loro commenti sforbiciati da Il Fatto in un proprio sito. Sarebbe utile se dei blogger organizzassero siti sui quali sia possibile postare le campanelline che non hanno potuto fare sentire il loro tintinnio nel blog de Il Fatto. Mettendo in rete i commenti che Il Fatto non pubblica si eviterà che informazione e opinioni potenzialmente utili siano totalmente sommerse. Inoltre, comparando il detto e il non detto, si potrà comprendere se e quanto la principale arena allestita sull’area progressista è in pendenza, essendo inclinata verso determinati interessi.

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Il commento è stato invece accettato dai moderatori sul post di B. Tinti “Con Monti per un governo di salute pubblica”, che non ha attinenza diretta col tema della censura de Il Fatto. La redazione appare seguire un criterio di rilevanza inversa.

Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito

10 December 2012

Appello al Popolo

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Il merito, qualunque genere di merito, non esiste altro che per convenzione. (…) Che merito ha la mosca di avere sei zampe là dove il ragno ne ha otto? Maffeo Pantaleoni, Erotemi, 1925.

Il metro di valutazione [nel settore primario e secondario], per l’operaio e per il contadino, è facile, quantitativo: se la fabbrica sforna tanti pezzi l’ora, se il podere rende. (…) Nei nostri mestieri [terziari] è diverso, non ci sono metri di valutazione quantitativa. (…) Come si può valutare un prete, un pubblicitario, un PRM? (….) No, non abbiamo altro metro se non la capacità di ciascuno di restare a galla, e di salire più su, insomma di diventare vescovo. In altre parole, a chi scelga una professione terziaria o quartaria occorrono doti di tipo politico. La politica, come tutti sanno, ha cessato da molto tempo di essere scienza del buon governo ed è diventata invece arte della conquista e della conservazione del potere. L. Bianciardi, La Vita Agra.

La trasformazione dell’Italia in un Paese “ordinato secondo i criteri del merito e della gerarchia” “per l’esclusivo bene del popolo”. Licio Gelli

Ci si dovrebbe guardare dal predicare ai giovani, come scopo della vita, il successo (…) Infatti un uomo che ha avuto successo è colui che molto riceve dai sui simili, incomparabilmente di più di quanto gli sarebbe dovuto per servigi da lui resi a costoro. Il valore di un uomo, tuttavia, si dovrebbe giudicare da ciò che egli dà e non da ciò che egli riceve. A. Einstein

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Secondo il governo, i problemi del lavoro sono le pretese dei giovani, che si devono mettere in testa che la stabilità del lavoro è finita, che essere disoccupati è normale, che accettare qualsiasi condizione è doveroso. Per ribadire ciò, ai giovanotti è stato fatto osservare che sono sfigati (Martone), fermi al posto fisso (Cancellieri), choosy (Fornero), e ora viziatelli troppo abituati a cercare vie dorate sempre secondo il Ministro del Lavoro, delle Politiche Sociali e delle Pari Opportunità Elsa Fornero, che ha preso a cuore questa campagna di moralizzazione. E’ come ne “Il marchese del Grillo”, ma non solo per la battuta famosa; anche per la scena dove il marchese, nel suo palazzo, stanco di lanciare frutta agli accattoni postulanti al cancello, comincia a tirargli pigne: non è che quegli italiani che hanno accettato il sistema clientelare non si meritino di essere presi a pesci in faccia dai politici, ora che i nodi stanno venendo al pettine.

E non è che non ci sia una non trascurabile parte di verità nelle accuse; ma la parte più veritiera sta proprio sullo stesso pulpito dal quale proviene la predica. Per il sottosegretario Martone gli studenti che a 28 anni non si sono ancora laureati sono sfigati; nessuna precisazione sulle diverse tipologie di fuoricorso. L’università di massa amplifica il fenomeno sociale indicato da Medawar – e prima di lui da Salvemini – nel quale alcuni vengono istruiti al di sopra della loro intelligenza; ma un sottosegretario di Stato che si esprime con tale rozza albagia mostra di essere anche lui un “pompato”, in questo non diverso da chi presume troppo di sé percorrendo un corso di studi per i quali non è adatto. Martone è divenuto ordinario a 29 anni, ma per il rotto della cuffia, con un concorso più simile all’esame di uno sfigato raccomandato al quale i professori non mancano di fare notare che il 18 gli viene regalato, che all’abbraccio a un “giovane maestro” (Martone e il concorso (non-sfigato), Il Fatto, 25 gen 2012). E’ figlio di un alto magistrato che tra gli incarichi accumulati ha avuto quello di presidente dell’ANM, l’associazione di categoria dei magistrati, una casta tra le più forti, che vive ai piedi del trono. Il padre evidentemente ha insegnato al figlio il suum cuique tribuere: i modi ossequiosi sono per i potenti, quelli cortesi per gli altri gentiluomini di corte, mentre la plebe va trattata per quella che è.

Abbiamo poi il figlio del Ministro dell’Interno Cancellieri, Peluso, che ha ricevuto 3.6 milioni di euro per abbandonare una nave che sta affondando, della quale era ufficiale, cioè direttore finanziario, la Fondiaria assicurazioni. Una buonuscita di 3 annualità dopo 14 mesi di lavoro. Soffermarsi sulla notizia di questo trattamento potrebbe aiutarci a progredire nella comprensione dell’oscuro fenomeno dei prezzi esosi e sempre crescenti delle polizze per rc auto. Il figlio non è rimasto tuttavia disoccupato; Telecom, della quale conosciamo da utenti il culto dell’efficienza, si è subito accaparrata un manager che ha dimostrato di sapere generare denaro praticamente dal nulla. Solo i maligni direbbero che si tratta di un caso di “mamager”, con la “m” in mezzo. E sarebbe antipolitica fare illazioni su come questi cadeaux da parte di privati possano spingere la mamma a sdebitarsi, coi soldi nostri, quando siede al Viminale, o coi colleghi a Palazzo Chigi. Resta però la sensazione di essere presi tra due fuochi, tra “pubblico” della madre e il privato del figlio; tra le imposte e tasse con le quali il governo della mamma ci toglie denaro per darlo agli speculatori finanziari e i taglieggiamenti di aziende come quella del figlio.

La figlia della Fornero, giovane professoressa universitaria con 102 pubblicazioni. Sono tante; forse troppe. Un ricercatore anziano, quando da studente ero interno in un laboratorio, diceva che a lavorare bene di ricerche scientifiche di laboratorio non si riuscirebbe a pubblicarne più di una all’anno. Erwin Chargaff, nel lamentarsi dell’eccesso di pubblicazioni scientifiche (che è spinto anche dalle case editrici) osservò che il ricercatore in carriera pubblica molto ma metà di ciò che pubblica è robaccia; solo che non si capisce quale metà. Alcune università USA chiedono ai candidati ai posti di professore di presentare soltanto le loro principali 5 o 10 pubblicazioni.

La figlia invece ha invece scelto la via italiana delle pubblicazioni a palate; e, di riflesso, il costume italiano di affollare le pubblicazioni di autori. Una volta un avvocato, abituato a vedere il figlio che pubblicava come autore unico, osservò che le pubblicazioni presentate dagli altri candidati a un concorso pubblico per assistente ospedaliero più che titoli di merito scientifico erano attestati di iscrizione a cooperative: per fare una cooperativa occorrevano allora almeno 9 persone, e le pubblicazioni che si presentano ai concorsi spesso hanno elenchi degli autori chilometrici. Forse il numero sufficiente a fondare una cooperativa stabilito nel Codice Civile fino al 2001 potrebbe essere preso come livello di guardia, almeno in campo universitario, nella valutazione dei titoli esibiti da chi vuole dimostrare la propria eminenza intellettuale. A meno di non cominciare ad assegnare cattedre a cooperative di ricercatori invece che a singoli.

Le pubblicazioni in cooperativa possono essere segno di vari vizi che dovrebbero essere incompatibili con la posizione di professore universitario; tra i quali il conformismo. Le due professioni inamovibili, magistrato e professore universitario, non dovrebbero essere occupate da conformisti. Calamandrei ha scritto che il conformismo è la peggiore sciagura per i magistrati. I magistrati, in particolare quelli di Magistratura Democratica, hanno illustrato con esaustiva precisione come la meritocrazia applicata alle promozioni dei magistrati possa divenire strumento di controllo politico; sull’abuso delle valutazioni da parte dei poteri forti a fini di discriminazione in altre professioni hanno un atteggiamento molto più aperto, e perfino collaborativo.

Per i professori, valgono le parole che Brecht ha messo in bocca a Galilei: “Non credo che la pratica della scienza possa essere disgiunta dal coraggio. (…). Se gli uomini di scienza non reagiscono all’intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, e ogni nuova macchina non sarà fonte che di triboli per l’uomo. (…) [Con scienziati conformisti] il massimo in cui si può sperare è una progenie di gnomi inventivi, pronti a farsi assoldare per qualsiasi scopo”. In tutti i campi, la differenza tra il conformismo e la ruffianeria verso il potere può facilmente annullarsi. Questo brano da La Vita di Galilei andrebbe citato quando gli scienziati piagnucolano di subire le persecuzioni di Galilei essendosi comportati nel modo per il quale i membri della Commissione Grandi Rischi sono stati condannati in primo grado.

Le 102 pubblicazioni su Pubmed della scienziata che ha avuto la fortuna di essere figlia della severa ma giusta castigatrice dei costumi hanno in media 10.4 autori (deviazione standard 5.9); sembra che in questo la brillante rampolla dell’elite sia stata democratica, e anzi collettivista, avendo seguito la via della mutualità. Es. l’articolo più recente, novembre 2012, riporta gli autori: D’Arena, Gemei, Luciano, D’Auria, Deaglio, Statuto, Bianchino, Grieco, Mansueto, Guariglia, Pietrantuono, Martorelli, Villani, Del Vecchio e Musto. La spiegazione consueta è che l’elevato numero di articoli e l’elevato numero di autori sono un riflesso della complessità e quindi dell’alto valore della ricerca, oggi che la ricerca non è più la scienza ottocentesca dei pochi scienziati solitari etc. Ma il cittadino potrebbe allora chiedere su quale criterio è stata, così speditamente, assegnata una tenured professorship, finanziata con denaro pubblico, a una delle tante formichine della ricerca moderna. L’interpellata ha risposto agli attacchi che per lei parla il curriculum; il quale è un elenco di riconoscimenti, ma è opaco rispetto il merito; sarebbe meglio indicasse quali vittorie scientifiche le hanno fatto compiere una rapida carriera da tenente a generale come nell’esercito napoleonico, dove c’era il bastone di maresciallo nello zaino di ogni soldato.

Da quello che ho trovato, la ricercatrice è stata coautrice di pubblicazioni “dalle quali si evince un notevole apporto personale”; non dice di più il giudizio di idoneità per il posto di professore associato, che ha conseguito presso la Facoltà di psicologia dell’Università di Chieti-Pescara. All’Università di Torino, l’università del cui corpo docente fanno parte i genitori, è arrivata essendovi chiamata; dalla facoltà di medicina. Il presidente della commissione che ha stilato il giudizio in Abruzzo, Piazza, genetista di alto livello, è lo stesso professore di Torino nel cui dipartimento la studiosa è rimbalzata, come una palla che va in buca dopo un preciso tiro di sponda.

Che cosa ha scoperto, cosa ha fatto personalmente, di così notevole da convincere addirittura l’università italiana, che negò una cattedra anche a Rubbia, a ritenere che occorresse farla professore al più presto? E’ curioso come beneficiati e difensori della meritocrazia siano restii a entrare nel merito circa i meriti riconosciuti. Usano invece esibire quelli che sono considerati gli indicatori del merito, come il CV e la lista delle pubblicazioni. E’ la medesima filosofia concettuale dei markers clinici, indicatori predittivi, diagnostici, prognostici e terapeutici; che è un’altra disgrazia sotto mentite spoglie che sta per abbattersi sull’ignara popolazione, sui malati e sui sani. Sta per prendere il posto, o per affiancarsi, a quella degli screening di massa; probabilmente una disgrazia ancora peggiore. Non si considera più la realtà, ma ciò che si stabilisce siano i segni della realtà. La medicina, come le regole del merito, si semiotizza. Non è difficile comprendere quali occasioni di frode offra il passaggio dalle cose ai segni delle cose; anche senza citare U. Eco, che dice che la semiotica, la scienza dei segni, è la disciplina che studia tutto ciò che può essere usato per mentire.

Le pubblicazioni della ricercatrice mostrano che ha partecipato a lavori di equipe sulla caratterizzazione di alcuni recettori di membrana, tra i tanti presenti sulla superficie dei leucociti; molecole come le tante altre alle quali la ricerca si sta sforzando di appiccicare il più possibile, senza lasciarsi impressionare dalla realtà, valore clinico, e quindi valore economico, facendole considerare dei markers clinici o dei recettori per farmaci immunologici. La ricerca alla quale la figlia si è aggregata è rigorosamente mainstream, è sull’asse centrale del fiume, dove la corrente è più veloce. Ed è una minuscola tessera della rivoluzione semiotica in corso nella biomedicina, una fase di evoluzione di una medicina fraudolenta e sfruttatrice; ma non sono sicuro che questo la professoressa Silvia Deaglio lo sappia; e non credo che se lo sapesse sarebbe così choosy da evitare nel suo lavoro di collaborare al disegno generale, o di contrastarlo.

La Deaglio ha raggiunto la posizione di professore universitario occupandosi di ricerche tali da non permetterle, neppure una sola volta su 102 pubblicazioni, di pubblicare da sola, di fare sentire la sua voce da solista invece di cantare nel coro. Penso si possa escludere che la figlia della Fornero sia capace di produrre a getto continuo idee che mobilitano all’istante dozzine e dozzine di ricercatori, come si potrebbe ingenuamente evincere dall’elenco dei suoi articoli, e dalla posizione accademica ottenuta; un portento che al confronto un’altra coppia di accademiche madre-figlia, Maria e Irene Curie, sembrerebbero due mezze calzette. Anzi, dato che entrambi i genitori della genetista sono anch’essi professori universitari il confronto andrebbe fatto con il trio Curie, includendo il marito e padre Pierre Curie; tutti e tre premi Nobel di indiscutibile valore. Anche il marito di Irene ottenne un meritato Nobel; a riprova che, ovviamente, sono possibili cluster familiari legittimi; ma da non confondere con le cliques familistiche. Si è fatto osservare, a difesa della giovane, che i genitori sono cattedratici in campi diversi, insegnando a economia. Ma la differenza è minore di quanto si possa pensare; la biomedicina è ormai una branca dell’economia; e non dell’economia pulita.

Oggi i risultati delle sperimentazioni biomediche sono regolarmente seguiti sul Wall Street Journal, avendo ripercussioni sui titoli in Borsa. In USA i ricercatori da tempo vengono indagati per insider trading; di recente la Security and Exchanges Commission, la Consob statunitense, ha comunicato che l’FBI ha arrestato per insider trading un neurologo che sperimentava un farmaco per l’Alzheimer. Del resto la studiosa si occupa di un recettore sul quale si sta sviluppando un farmaco che probabilmente, se approvato, come altri farmaci oncologici della sua classe sarà inutile al paziente, senza essere innocuo; ma che gli analisti finanziari prevedono già che, efficace o no, genererà fatturati miliardari, avendo già reso decine di milioni di dollari per la vendita della licenza. Le ricerche della figlia inoltre ricevono finanziamenti anche da una banca; ad essere picky, la stessa dove la mamma è stata vicepresidente; ma ciò non dovrebbe distrarre dagli stretti rapporti tra banche e business biomedico.

Sul tema del rapporto tra ricerca biomedica e denaro può dire qualcosa anche Barbara Ensoli, una dei tanti coautori della figlia della Fornero, anche lei con una lista di pubblicazioni sia lunga che larga su riviste prestigiose. La Ensoli, ricercatrice di successo come la figlia della Fornero, e anche di più, ha ottenuto decine di milioni di finanziamenti pubblici per una ricerca sullo sviluppo di un vaccino antiAIDS che si sta rivelando un colossale fallimento; secondo Agnoletto, che auspica l’intervento della magistratura, il prevedibile fallimento di una ricerca fine a sé stessa, cioè fine ai finanziamenti; ma che, come mostrano anche le migliaia di citazioni dei suoi articoli, ha creato un volume di affari, dando lavoro, lavoro scientifico prestigioso, ad un largo giro di persone; inclusi alcuni familiari della Ensoli.

La denuncia di Agnoletto è appoggiata da Robert Gallo, che ha scritto la prefazione al libro di Agnoletto “AIDS, lo scandalo del vaccino italiano” (Feltrinelli). Agnoletto ha riportato sul sito di Grillo che Gallo ha ritenuto fin dall’inizio privo “di un grammo di logica e di dati” il presupposto della sperimentazione cominciata 15 anni prima dalla Ensoli. Coloro che a suo tempo valutarono il merito del progetto non se ne accorsero? E’ interessante che Grillo, che si è fatto la fama di antisistema anche schierandosi contro l’establishment dell’AIDS, diffondendo la denuncia di Agnoletto ora si trovi dalla parte del numero uno di quell’establishment, Gallo; il quale a sua volta fu accusato di misconduct, in pratica di furto, sulla identificazione dell’HIV come agente dell’AIDS, e sul relativo brevetto. Fu assolto dopo un accordo tra Reagan e Chirac. Duesberg, che nega la validità della scoperta della quale Gallo si è appropriato, ha commentato che Gallo, ottenuta visibilità in questo modo, ha attirato nel campo dell’AIDS una scia di ricercatori carrieristi; anche perché dal giorno del proclama di Gallo sull’avere isolato il virus dell’AIDS, il plagio di un falso, i finanziamenti governativi USA divennero abbondanti per chi seguiva quella linea e si chiusero per gli altri. La Ensoli ha lavorato per 12 anni nel laboratorio di Gallo, nella mecca della ricerca biomedica, i National Institutes of Health di Bethesda; lì ha imparato come rubare agli dei il fuoco per darlo all’umanità. Sembra l’intreccio di una soap opera o il retroscena di un congresso della vecchia DC, ma questi sono gli esponenti di punta di un settore di ricerca di punta, la creme de la creme; un esempio del distillato ottenibile con le dure regole meritocratiche vigenti nella “comunità scientifica” internazionale.

* * *

“Meritocrazia” è in realtà la parodia liberista del merito. Nei paesi anglosassoni significa che il potere fa in modo che il posto vada al più adatto, indipendentemente – o quasi – da rapporti o interessi personali. Indipendentemente, va notato, da valutazioni etiche, per come le si intende comunemente. Ma non indipendentemente da valutazioni politiche. Diversi incarichi vanno effettivamente ai migliori nel senso alto della parola; ma, nei campi dove corrono grandi interessi, come la medicina, anche se occorre un posto di professore per una manipolazione ideologica, per una frode concettuale o materiale, per mantenere uno stato di cose iniquo ma generatore di immensi profitti, anche in questo caso si sceglie effettivamente il più adatto a tale scopo; il più intelligente, preparato, creativo, infaticabile, amorale, servile, falso e spregiudicato; anche se è uno sconosciuto senza appoggi appena arrivato dall’altra parte del mondo.

Nella mia esperienza in USA, che ha incluso alcune delle stesse istituzioni dove si è perfezionata la figlia della Fornero (dove sono andato, e da dove sono tornato, in circostanze totalmente diverse), nel corpo docente, che includeva alcuni italiani, pur tra lotte e intrighi accademici erano assenti quei grossolani casi di raccomandazioni filiali così frequenti da noi; tranne che per un caso, “the glaring exception” commentò una collega inglese mentre parlavamo delle differenze tra Europa e USA. Era il direttore di un dipartimento di un’istituzione for profit affiliata; il quale, come è tipico di tanti raccomandati, forse per reazione alle chiacchiere sul suo conto, o perché non avendo conosciuto la fatica non la rispettava, e per ottenere come poteva il rispetto che ai suoi colleghi veniva tributato per le loro capacità, era anche il più “cattivo” e temuto dagli specializzandi.

C’erano invece tra i visitatori dall’estero italiani figli di genitori influenti, a volte figli di baroni universitari; persone di capacità normali, senza infamia e senza lode, non particolarmente portate per la ricerca né appassionate, che facevano il loro stage per formare i titoli previsti per il rilascio del posto sotto casa che gli era tenuto in caldo in Italia. E che avrebbero docilmente diffuso, a volte dall’alto di qualche cattedra, gli insegnamenti di stampo liberista al loro ritorno in patria; una tecnica di conquista economica descritta da Naomi Klein in “Shock Economy”. Il libro della Klein mostra che è una tecnica che storicamente fa parte di un insieme che ha compreso l’assassinio, nei giorni successivi al golpe in Cile dell’11 settembre 1973, degli altri medici che con Allende avevano attuato la sovranità sanitaria nel loro Paese, puntando su una medicina sociale e abbattendo l’importazione e il consumo di farmaci; e quindi i profitti delle multinazionali farmaceutiche. Il New England Journal of Medicine, la cui direzione era a pochi passi dai centri di Harvard per i quali sia la figlia della Fornero sia io siamo passati, pubblicò un editoriale che in pratica dice che quei medici se l’erano cercata (Jonsen et al., 1974; a commento di un articolo sulla stessa rivista che aveva illustrato i meriti del sistema sanitario socialista smantellato da Pinochet). Editoriale intitolato “Doctors in politics: a lesson from Chile”.

La meritocrazia liberista, dove il merito è stabilito dall’alto, può comportare anche l’eliminazione attiva, in modi diversi, di soggetti non graditi, “immeritevoli” rispetto alla hidden agenda. Discriminandoli e delegittimandoli; fino all’assassinio morale, facendoli figurare come elementi indegni, professionalmente e moralmente. Nei casi più molesti e pervicaci, magari come soggetti mentalmente disturbati; magari come potenziali terroristi [1]. Si trascura che in Italia quei poteri che vogliono la meritocrazia hanno ottenuto una selezione della classe dirigente; tramite l’eliminazione fisica di soggetti altamente meritevoli, o eccezionali, che avremmo dovuto tenerci stretti; usando i servizi e i terroristi come longa manus; e tramite le “lezioni” che le uccisioni costituiscono, facendo leva sul nostro individualismo di povera gente. Mentre sono stati aiutati altri soggetti, che è stato calamitoso avere nei posti di comando e che invece abbiamo accettato, spesso festosamente; fino ai governanti di oggi, nominati d’imperio, che, come ci meritiamo, ci sbeffeggiano mentre ci vendono.

Nei vari centri USA che ho conosciuto non ho trovato figli di madri famose o di genitori influenti tra i docenti, ma il comportamento di diversi di loro portava al contrario a pensare che fossero, metaforicamente, figli di madre ignota; tecnicamente bravi e quindi pericolosi. Nelle università e nei centri di ricerca statunitensi dove ci si occupa di ricerche finalizzate al profitto – il modello verso il quale l’università italiana sta strisciando – è comune la figura dello scienziato selezionato in base al merito strumentale, che è sia bravo, sia un ragguardevole “figlio di …”, il cui accesso alla direzione della ricerca ad elevato valore pubblico dovrebbe essere sconsigliato per ragioni di salute pubblica. Può darsi che al successo che il finanziere Sindona riscosse in USA, dove tenne anche conferenze in importanti università, abbiano contribuito le sue capacità di problem-solving matematico, che si dice fossero non comuni.

Il merito strumentale, la selezione del personale che non è ad personam, ma persegue un forma di efficienza per soddisfare un diverso calcolo egoistico, noi provinciali li scambiamo per equità, favoleggiando degli USA e di altri paesi come dell’Eldorado della Giustizia Lavorativa. E siamo pronti ad applaudire e ad indignarci per i nostos, i ritorni dei “cervelli in fuga” [2]; che a volte dovrebbero invece fare ricordare le conseguenze sull’Italia del rimpatrio di Lucky Luciano e degli altri indesiderati dagli USA negli anni ’50, perché sono utilizzati come strumento di colonizzazione, per l’introduzione di prodotti commerciali o di ideologie funzionali al business.

Da noi siamo agli inizi; l’antico malcostume si fonde col nuovo in ibridi grotteschi. La “meritocrazia” da noi attualmente non è neppure merito strumentale, ma la caricatura del merito. In essa il successo dovrebbe essere funzione del talento e di altre doti; in realtà vale la funzione inversa. Prescrive formalmente la regola che si va avanti se si è bravi; ma funziona in realtà secondo la regola che se si è avanti allora vuol dire che si è bravi. Non sempre naturalmente, ma spesso sono altri i determinanti effettivi del successo. E vale l’opposto: se si è discriminati si è dei perdenti, degli sfigati tanto presuntuosi quanto inetti; il danno e lo stigma.

Sul piano politico, da noi oggi meritocrazia non vuol dire come dice l’etimologia “il governo di chi merita”, ma che chi comanda va considerato il più meritevole. L’ultima posizione che ricordo della sinistra istituzionale contro la meritocrazia è quella di un articolo di Bruno Trentin sull’Unità del 13 lug 2006, “A proposito di merito”, dove si analizza sul piano storico la meritocrazia e la si riconosce come uno strumento del potere, concludendo che il concetto di merito sul lavoro è divenuto sinonimo di obbedienza. Già nell’Unità del 22 gen 2007 si leggeva un articolo dal seguente incipit: “Meritocrazia. E’ racchiusa in una parola la rivoluzione che Fabio Mussi, ministro dell’Università e della Ricerca, racconta in videochat ai lettori de L’Unità, intervistato dal direttore Antonio Padellaro”. Un altro punto sul quale la “sinistra” si è trovata d’accordo con Berlusconi, che si è espresso anche lui sulla necessità di introdurre la meritocrazia nell’università; e che ha portato esempi pratici alle donne in cerca di fortuna di come se sono brave possono aggiungere il laticlavio al loro guardaroba.

E’ una riedizione della vecchia storia che la posizione sulla scala sociale sarebbe determinata dalle capacità intellettuali. Ora possono cadere le maschere, e si ravvivano forme di classismo che non si erano mai spente. In risposta a Fornero e c. , coloro ai quali viene riconosciuto alto ingegno per il loro alto lignaggio potrebbero essere chiamati marchesini, dalla poesia del Belli:

A dì trenta settembre il marchesino,
D’alto ingegno perché d’alto lignaggio,
Diè nel castello avito il suo gran saggio,
Di toscan, di francese e di latino.

Ritto all’ombra di un feudal baldacchino,
Con ferma voce e signoril coraggio,
Senza libri provò che paggio e maggio
Scrivonsi con due g come cugino.

Quinci, passando al gallico idïoma,
Fe’ noto che jambon vuol dir prosciutto,
E Rome è una città simile a Roma.

E finalmente il marchesino Eufemio,
Latinizzando esercito distrutto,
Disse exercitus lardi, ed ebbe il premio.

(Il saggio del marchesino Eufemio, 1834)

Le espressioni sprezzanti verso i giovani, ai quali è stata tolta la prospettiva di una vita serena e completa, lanciate da questo governo di servitorelli, di abusivi raccomandati dalla finanza internazionale, non sono che l’accentuazione di uno degli aspetti peggiori del tradizionale sistema della raccomandazione: i raccomandati e chi li sostiene hanno spesso un atteggiamento scostante e altezzoso, simile a quello dei rinnegati, coi quali hanno in comune necessità psicologiche di autogiustificazione, e coi quali a volte hanno anche qualche parentela morale. Un atteggiamento che vuole sottolineare una incolmabile differenza; come se chi sta in alto per privilegio e chi sta in basso per discriminazione appartenessero a due razze diverse, o addirittura a due diverse specie biologiche. Anche in questa concezione c’è a volte del vero; ma in termini diversi da quelli delle fantasie che si rapprendono nelle menti dei suprematisti nostrani.

Ho l’impressione che, così come le buffonate e le prostitute di Berlusconi sono state preparatorie alle misure del governo Monti, che al confronto sembra serio perché non fa avanspettacolo e non dà luogo a notizie da rivista del barbiere, parimenti la diffusione di questi scandaletti, di questi sketch che farebbero ridere se non ci danneggiassero, servirà a introdurre una maggiore quota di merito strumentale, che sembrerà merito vero rispetto al nepotismo.

* * *

La meritocrazia è un modo col quale il potere ordina gerarchicamente la società. Non solo la ordina stabilendo gerarchie, ma la “pettina”: orienta i singoli verso il potere, verso il suo benevolo giudizio; così come “le freccette”, i vettori, di un campo di forze attrattivo puntano tutti, dalle loro diverse posizioni, a un centro di attrazione fisso. In ciò non solo è antidemocratica, ma corrode il popolo stesso, atomizzandolo, trasformandolo da comunità di soggetti che interagiscono in una massa di individui o di frammenti eterodiretti. Per non parlare degli effetti sull’entità che brulica sotto il belletto dell’espressione “comunità scientifica”.

Si possono distinguere due correnti, non separate, della meritocrazia; la “meritocrazia dei figli di” e la “meritocrazia dei marchesini” ne sono i rispettivi esempi paradigmatici. Una, misconosciuta, derivata dall’utilitarismo anglosassone, è quella che premia effettivamente una forma di merito, il merito strumentale. Nel merito strumentale sono i mezzi che giustificherebbero moralmente il fine. Per esso vale quanto osservato da D. Fisichella: “Ma si può immaginare una “competenza” così asettica da sfuggire sempre e comunque a ogni condizionamento dell’interesse? “Si può peccare per ignoranza” – osserva Vilfredo Pareto – “ma si può peccare per interesse. La competenza tecnica può fare evitare il primo male, ma non può nulla contro il secondo”. (…) l’esperienza dice che il mondo è pieno di scienziati e di intellettuali che si prostituiscono al potere e ne avallano tutte le abiezioni. Forse che costoro non sono corrotti perché sono competenti ?” [3]. Una meritocrazia che degenera sino a ricordare la scena, ne I Soliti Ignoti, della lezione tenuta da Totò, con una pacata verve professorale, sulla tecnica di scassinamento delle casseforti.

L’altra, che invece è ben nota, è quella del merito-grazia, un po’ calvinista e un po’ da Roma papalina, che taglia corto stabilendo che se uno ha successo è segno che è un predestinato, o che così vuole Dio che lo sa Lui quello che deve fare. In genere il potere vuole nei posti direttivi una quota sufficiente di un mix delle due varietà: “figli di” o altri portatori di merito strumentale, e marchesini o nobiltà di mestolo. Mentre sopravvalutiamo acriticamente il merito dei primi, i secondi ci appaiono, dal nostro punto di vista, come dei privilegiati; ma non va dimenticato che sono allo stesso tempo dei clientes, per quanto d’alto bordo; sono lì per dire sempre yes.

Si parla così tanto di meritocrazia, e dei complessi metodi che consentirebbero misure quantitative del merito, che ci stiamo scordando cosa è il merito, nella sua essenza classica, non distorta da ideologie politiche. Il merito non è quello degli esempi dei casi di ricercatori contemporanei e altre persone di successo esaminati qui. Non è neppure identificabile con genuine capacità intellettuali né con le abilità umane nelle loro varie declinazioni: già Aristotele nell’Etica Nicomachea osserva che “l’incontinenza”, la mancanza di saggezza, è compatibile con la scienza; e che tale mancanza di saggezza è compatibile anche con l’abilità. La scienza e l’abilità infatti prescindono dal fine buono. Mentre la saggezza è “la capacità di congiungere una premessa universale concernente il fine buono con una premessa particolare concernente i mezzi adeguati ad esso” [4]. Questo è il migliore principio che conosco al quale conformare i criteri per valutare il merito delle attività intellettuali, o tentare una valutazione.

Come i meriti esaltati dalla meritocrazia, questo merito, il merito classico, è anch’esso frutto di un criterio convenzionale. Ma un criterio naturale; basato su elementi etici, principalmente quello dell’utilità per la comunità delle capacità della persona, delle sue qualità e di ciò che con esse produce o di ciò che può produrre se gli viene consentito. Un merito che ci si può fare riconoscere portando la nostra povera merce non davanti alla ratio, a una razionalità che è bounded, limitata dati i nostri limiti cognitivi e limitata deliberatamente del potere. Ma davanti alla phronesis, la saggezza, nella quale la ratio è necessariamente ma solo parzialmente inclusa. Il merito rispetto alla capacità di usare mezzi particolari, e i corretti mezzi particolari, per un’utilità universale, come posto da Aristotele. Un criterio molto diverso da quello top-down, che discende dall’alto, che assegna il merito a capacità e doti che servono utilità particolari, non sempre lecite né sempre coerenti con l’utilità sociale: che è il criterio del merito strumentale, il massimo che l’ideologia della meritocrazia può offrire, quando non dà luogo a farse sguaiate e indecenti; o a pratiche di selezione tramite eliminazione delle quali è specialista Licio Gelli, e in generale la massoneria, che sono altri propugnatori della meritocrazia.

Il merito così inteso è una particolare forma di valutazione etica. Guarda ai vantaggi che le qualità dell’individuo offrono alla comunità. Non ci si dovrebbe vergognare di sostenere che il merito lavorativo va valutato secondo l’etica pubblica. Credo, a proposito del merito accademico, che sia da guardare con sospetto la produzione scientifica di quegli studiosi che la vantano dicendo che è “avalutativa”. Per diversi motivi. Intanto un conto è sforzarsi di essere oggettivi, un altro è riuscirci. Poi, la pretesa, comune a tante ideologie di diverso segno, di essere “scientifici” finge di non sapere che la teoria, inclusa la teoria politica, inevitabilmente permea di sé qualsiasi lavoro scientifico, accademico o intellettuale. Inoltre, la circostanza che un dato risultato sia oggettivo tende ad essere indebitamente usata come motivazione per imporre che il risultato non sia sottoposto a una valutazione delle sue valenze etiche, sociali ed economiche. Infine, oggi l’oggettività scientifica è piuttosto intersoggettività, accettazione da parte di altri soggetti, come ha mostrato Ellul. E’ accettazione tra pari, a cominciare dai professori universitari; gli effetti politici dei loro giudizi sono un’ulteriore ragione per la quale i professori dovrebbero essere selezionati nell’interesse del popolo; mentre spesso vengono nominati dall’alto, dai veri detentori della sovranità, e lavorano per loro.

Vi è anche chi sostiene che il merito non esiste, o che comunque tutti dovrebbero ricevere lo stesso trattamento. Questa posizione, che si sentiva ai tempi del ’68, ha il pregio di mostrare gli eccessi e le aberrazioni nel riconoscimento del merito e del suo compenso nella meritocrazia, e di come si manipoli il merito per eliminare quella pari dignità umana che va riconosciuta a tutti. Ma, considerando contro i fatti che tutti abbiano le stesse capacità, o che la società umana possa funzionare senza alcuna forma di compenso, di facilitazione o di garanzia in cambio del talento, dell’impegno e dell’assunzione di responsabilità utili alla società, è un’esagerazione di segno opposto che porta a sua volta, tramite il livellamento, a forme di discriminazione alla rovescia. Accettato che debba essere riconosciuto il merito, il passo successivo è prendere atto del problema del criterio. I criteri per la valutazione del merito e dei benefici da riconoscergli possono essere visti come algoritmi, dei quali possono essercene innumerevoli. Non procura nulla di buono ai più l’algoritmo della meritocrazia liberista che porta alle stelle alcuni, ai quali magari andrebbero posizioni molto più modeste, o che dovrebbero addirittura essere puniti, mentre all’estremo opposto incarica gli uffici affari riservati del Viminale di neutralizzare altri che avrebbero dei meriti ma secondo un diverso algoritmo, di carattere non gradito al potere.

La diade “particolare/universale” è un elemento chiave, oggi mortificato, per la valutazione del merito accademico e professionale (e che andrebbe recuperato anche in politica). Nel valutare il merito si deve porre attenzione a quali sono i reali destinatari dei vantaggi che produce. Ma la riduzione al particolare opera negativamente non solo sui fini ma anche al livello tecnico, quello dei mezzi. Spesso in medicina, col riduzionismo, si pretende che i risultati scientifici non solo siano immuni da valutazioni etiche sulle loro applicazioni, ma che siano adottati trascurando altri oggettivi aspetti materiali che modificherebbero o capovolgerebbero quel giudizio valoriale positivo che si dà per scontato. Mentre allargando la visuale, su un piano scientifico, divengono evidenti pecche gravi che dovrebbero impedire l’introduzione del ritrovato.

Invece l’oggettività puntiforme è il sigillo sacro che apre tutte le porte. Sono oggettive le statistiche per le quali il carcinoma del collo dell’utero è il secondo tumore più frequente nella popolazione femminile mondiale. E’ un dato che viene ripetuto dagli esperti e diffuso dai media, per propagandare il vaccino contro l’HPV, le cui basi sarebbe lungo criticare; ma il dato altrettanto oggettivo che in Italia, analogamente ad altri Paesi avanzati, questo tumore rappresenta solo lo 0.6% della mortalità per tumore tra le donne viene taciuto nel fare pubblicità al lucroso vaccino; al quale vanno così attenzione e risorse sproporzionate, nonostante che la sua efficacia nel prevenire il cancro non sia scientificamente dimostrata, e che sia prevista in grado non più che parziale dalle stesse fonti che lo hanno prodotto e approvato; e che vi siano ragioni biologiche per ritenere a priori che tale efficacia non possa essere che nulla – come per il vaccino antiHIV della Ensoli secondo Gallo, che però parla solo ora – secondo scienziati critici come Duesberg, che ha denunciato ciò prima che il vaccino antiHPV fosse sviluppato. Considerando questi elementi, i meriti del vaccino, di chi lo sviluppa e di chi lo promuove appaiono sotto una luce diversa.

Nella meritocrazia della biomedicina si riconosce come merito anche un merito che non solo è limitato al piano tecnico, ma che ha per oggetto informazioni tecniche che quando non sono false sono monche e distorte, ottenute usando lo stesso piano tecnico come un letto di Procuste. Si finisce così per riverire come meritori autentici illeciti o crimini; la cui copertura intellettuale è secondaria. Della definizione aristotelica andrebbe evidenziata la condizione che essa pone dell’adeguatezza tecnica dei mezzi, non meno di quella dell’universalità dei fini etici. Ci sono anche un’etica dei mezzi intellettuali, un’etica delle metodologie, un’etica della conoscenza, che sono state estromesse dalla giuria del merito.

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In USA c’è una comune espressione rivelatrice della cultura del lavoro nel liberismo: to become a success, diventare un successo. (C’è anche l’espressione rat race, per definire la corsa al successo lavorativo, e l’alienazione che provoca). Fanno credere alla gente che il successo sia tutto, per poi lasciarla ormai con un pugno di mosche. Il lavoro serve a sopravvivere; e il problema dei più, nonché sceglierlo, è di trovarne uno o conservarlo. Volendosi impegnare nell’ottenere una posizione di qualità, volendo investire nella carriera, o volendo resistere all’oppressione tramite il ricatto occupazionale, si potrebbe considerare l’opzione di essere choosy, anzi rigidi, guardando al merito del lavoro oltre che ai propri meriti. Rigidi verso sé stessi, non eccedendo i propri limiti, cioè cercando solo lavori nei quali si è certi di potere assolvere il dovere di essere competenti, attivi, e responsabili verso gli altri. E rigidi verso il mercato, escludendo lavori o compiti che comportano disvalori rispetto all’etica pubblica o individuale, a cominciare da quelli che li comportano occultamente; e rifiutando forme e prassi lavorative che non rispettano la dignità personale del lavoratore; mettendo così in mora il sistema. Per pagarsi questo lusso, che i figli di ministri non possono permettersi, occorre essere più easy, più accomodanti (ma non rinunciatari) sul resto, come le proprie aspirazioni, che spesso sono drogate dai messaggi di una società basata sui consumi. Non si diventerà big shots, pezzi da novanta, non si avrà vita facile, ma si resterà umani; e si contribuirà ad abbassare, verso il popolo, l’attuale baricentro della piramide sociale.

[1] Leopardi, Unabomber e altri eversori. https://menici60d15.wordpress.com/leopardi-unabomber-e-altri-eversori/

[2] Vendola e il nostos del professore. https://menici60d15.wordpress.com/2010/01/26/vendola-e-il-nostos-del-professore/

[3] D. Fisichella. L’altro potere. Tecnocrazia e gruppi di pressione. Laterza, 1997.

[4] Berti E. Aristotele. Sei, 1992.

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14 settembre 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di M.A. Mazzola “C’eravamo tanto Amato”. Censurato

Giuliano Amato e la meritocrazia mafiosa

@ m.l. audit. Grazie per la segnalazione del libro di Barrotta sulla meritocrazia. Segnalo il mio articolo “Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito”, reperibile su internet. Le capacità individuali vengono citate non solo in maniera distorta; le si cita solo quando fa comodo. In un ambiguo intervento sull’ineluttabilità della mafia (Mafia, Amato: ormai è diventata economia. ADN Kronos, 28 apr 2007) l’uomo per tutte le stagioni oggi messo a fare il giudice costituzionale, che allora reggeva gli Interni, ha affermato: “Noi possiamo decapitare la mafia, ma è un organismo che ha una capacità di riprodursi, che forse null’altro in Italia ha in egual misura”.

La mafia come l’Idra di Lerna, o come l’invertebrato che da lei prende il nome? Quando ghigliottinarono Lavoisier fu detto che era bastato un secondo per tagliare una testa come la sua, ma sarebbero occorsi cento anni per averne un’altra. Non è vero che è possibile rimpiazzare a ripetizione un capo in grado di condurre una cosca con un altro delinquente. Se si tolgono di mezzo gli ufficiali dell’esercito dei gangster, questo verrà sconfitto; se si vuole sconfiggerlo. Allo stesso modo, e lo stiamo vedendo, se si eliminano magistrati antimafia valenti e valorosi, non sarà facile sostituirli.

E questo può essere detto di tutte le altre attività di tipo dirigenziale o intellettuale. Quando conviene ai poteri che servono, i dr sottile sostituiscono l’ideologia del merito con visioni egualitaristiche della natura umana altrettanto mitologiche.

[Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito]

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4 dicembre 2013

Blog de il Fatto

Commento al post di D. Pretini “Senatori a vita, Forza Italia fa rinviare la convalida: “Chiarire i loro meriti”

Paragonare le nomine per merito al livello medio del Pdl è come paragonare B. a Bokassa e concludere che è un filantropo. Cambiano i personaggi, ma la telenovela continua, sotto la stessa regia. Elena Cattaneo non ha ottenuto risultati scientifici che possano essere definiti “altissimi meriti”. Ha però “meriti” politici: rappresenta il futuro dell’Italia, quello di un Paese de-industrializzato, in mano a potentati economici esteri, dove è centrale per l’economia la medicina, con le sue frodi, come quelle basate sulle promesse di resurrezione dei tessuti a struttura complessa mediate le staminali. Promesse tanto seducenti quanto assurde, e nocive per la tutela della salute. Come senatrice a vita, sganciata dal controllo popolare, potrà operare in tale senso; tra gli applausi degli astuti italiani che pensano che la Cattaneo li farà vivere 100 anni, così come hanno pensato che B. li avrebbe arricchiti.

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16 febbraio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. Letta “Elkann e gli altri: il partito dei Bamboccioni”

Enrico Verga contrappone alle parole di Elkann, Martone, Fornero etc. sui giovani che sarebbero disoccupati per colpa loro una speranza in Renzi. Ma Renzi simboleggia un cambiamento gattopardesco, e probabilmente un peggioramento: una parziale transizione dai raccomandati ““marchesini”” ai raccomandati ““figli di””: v. ““Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito”,” reperibile su internet.

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12 febbraio 2015

Blog de il Fatto

Commento al post di E. Murgese ““Respinto a Medicina a Milano, oggi sono a Oxford. Il problema dell’Italia? I fondi”

La radioterapia è in uso dal 1896, e di cancro si continua a morire. Non è la strada giusta, e bisognerebbe cercare nuovi mezzi terapeutici. Invece si prevede una forte espansione della radioterapia in futuro; grazie agli “assetati di successo” come si definisce questo ricercatore, che pur essendo laureato in fisica non sembra avere presente il concetto di miglioramento asintotico di una terapia che ha limiti intrinseci di efficacia. E grazie alla superficialità del pubblico, che anziché appassionarsi a questi “Dagli Appennini alle Ande” dovrebbe badare al suo interesse es. in materia di cura del cancro, e guardare al merito delle ricerche, che non vanno necessariamente a suo vantaggio ma di sicuro vanno a vantaggio di interessi privati.

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25 settembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Giannuli “Meritocrazia”

Si ritiene che Michael Young, laburista, avesse intenti satirici nel coniare l’espressione “meritocrazia”; v. “L’inganno della meritocrazia” di M. Boarelli, in Lo straniero, aprile 2010. Quello che scrisse in senso ironico e beffardo è stato preso sul serio dai liberisti. Il tema si presta ad equivoci. Un altro è quello sui “figli di”. Occorre distinguere tra la meritocrazia dei figli di papà, frequente da noi, e la meritocrazia di stampo anglosassone dei figli di buona donna; v. “Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito”.

https://menici60d15.wordpress.com/2012/12/10/choosy-marchesini-e-figli-di-la-differenza-tra-meritocrazia-e-merito/

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10 febbraio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di O. Lupacchini “Libertà, giustizia e merito si trovano solo nell’isola di Utopia”

Nicola Fusco. C’è anche chi ha avuto il coraggio di argomentare che questo stato di cose sia quello ottimale, per la prosperità di una società… avrà sicuramente letto “La favola delle api”…

@ Nicola Fusco. “Queste lucide analisi [di Mandeville, su una asserita dannosità delle virtù civiche] confermano il ruolo sovversivo che George Orwell attribuiva alla ‘common decency’. Spiegano anche perché tutti i poteri del secolo hanno dovuto unirsi in una nuova santa alleanza per liquidarla: la Sinistra e gli stalinisti attraverso l’intervento dello Stato, la Destra e i liberali attraverso il mercato, i fascisti per principio.” (Michea JC. L’insegnamento dell’ignoranza. Metauro, 2004).

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2 ottobre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di O. Lupacchini “Concorsi truccati, un grande classico. Quando il trombato era Giambattista Vico”

Piero Chiara commenta che il freddo di Vatolla, “nel Cilento nevoso”, forse ha aiutato Vico nelle sue meditazioni. Che oggi vengono riportate in sofisticati testi anglosassoni di semiotica. Bartolo Nigrisoli, chirurgo di guerra, estraneo ai servilismi e agli intrighi dei Balanzone, uno dei pochi professori che preferirono perdere la cattedra piuttosto che giurare fedeltà al fascismo, raccontava di come il prof. Rummo avesse copiato pari pari dalla tesi di laurea di Codivilla. Codivilla non disse nulla; intervenne rivendicando il suo anni dopo, quando Rummo si scagliò pubblicamente contro un terzo medico, Moscatelli, che aveva plagiato ciò che lui Rummo aveva rubato a Codivilla. Di aneddoti sulle miserie accademiche ce ne sono tanti. Ma converrebbe non scordare che in Italia gli scandali, le tangentopoli, esplodono, dopo decenni di impunità, quando arriva l’ordine di sostituire una mafia vecchia con una nuova. I magistrati sembrano avere una particolare destrezza nel perseguire le gaglioffate giuste al momento giusto. Il nepotismo, il clientelismo, possono essere sostituiti non dal merito ma dalla meritocrazia strumentale: dove a fare il professore di diritto tributario va il più abile nel curare gli interessi delle banche. O nelle cattedre mediche il più brillante nell’eseguire il copione delle multinazionali farmaceutiche. Con una censura non meno ferrea delle voci sgradite. V. “Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito”.

Il prof. Bellelli osserva che comunque l’Italia si colloca ottava in una classifica della ricerca internazionale basata sulle citazioni. Questi indici, più appropriati come misura del conformismo, sono criticati per la varietà di storture che generano. Inclusa la capacità di creare gli inciuci* nei quali noi italiani, forse a torto, siamo considerati i primi; di certo non siamo gli ultimi arrivati. Inoltre la ricerca internazionale, metro di paragone per Bellelli, in campo biomedico è così sana che si discute su se ad essere falsi sia la maggioranza dei risultati di ricerca, secondo il celebre articolo di Ioannidis (oltre 5000 citazioni…), o “solo” una bella fetta dalle dimensioni da definire. Gli argomenti di Bellelli costituiscono un esempio, una trasposizione al tema della selezione degli universitari, di temi importanti per la biologia e la clinica delle malattie che la pletorica ricerca ufficiale, imbrigliata, accantona, e copre con sofismi standard: l’assenza di “gold standard” di malattia solidi e la loro sostituzione con surrogati non validi; e il disprezzo, la svalutazione, per il fenotipo della malattia, per ciò che accade, sostituiti in nome dell’oggettività da indici pseudoquantitativi o esoterici test di laboratorio, che suonano scientifici ed essendo complicati intimidiscono, ma troppo spesso sono un latinorum ad hoc.

*Greenberg SA. How citation distortions create unfounded authority: analysis of a citation network. BMJ, 2009.

@ Andrea Bellelli. Non è questione di nazioni, ma di tipi umani. Non sono contento. Non si considera abbastanza ciò che il dr. Lupacchini evidenzia, che gli effetti delle epurazioni, della selezione inversa della classe dirigente, quali che siano la sua provenienza e le modalità, dagli omicidi politici “eccellenti” degli anni passati a silenziose eliminazioni per via burocratica, li scontiamo tutti.

@ Giacomo Mulas. “Esagerazioni”? Con un mercato globale dei farmaci sul milione di milioni di euro/anno, e in crescita incessante, è più facile che siano invece i suoi beneficiari a minimizzare ciò che è così smisurato che non si può negarlo del tutto. Il praticare una forma tradizionale di malaffare non impedisce di aggiungervi una forma più moderna, e di fonderle. (Io poi commentavo l’uso di questa aggiunta come elemento a discolpa dell’uso privato delle assunzioni nell’università pubblica). Credo anzi che il fattore sovranazionale sia al centro dei motivi che sottendono lo scandalo: i signorotti dello Stivale capiranno l’antifona, e compiaceranno l’impero il più possibile per cercare di mantenere l’ereditarietà dei feudi minori. Col risultato, che già c’è posso testimoniare, di un “lussureggiamento degli ibridi” tra la corruzione italica e quella d’importazione. Del resto, il ceppo nostrano della mafia è stato potenziato dal patrocinio di poteri esteri. Rileggendo il suo commento, con passi logici come “la corruzione generalizzata della ricerca non è minimamente un problema italiano perché non riguarda solo l’Italia” un altro esempio che mi viene alla mente è quello di Stanlio e Ollio: grazie al doppiaggio di Sordi e Zambuto la versione italiana fa ridere ancora di più dell’originale in inglese.

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28 marzo 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Dal Corno “Carriere, lo studio: “La fortuna conta più del talento. Per questo i mediocri battono chi ha maggiori abilità””

La fortuna può essere apparente, derivando da altre capacità. Napoleone per assegnare un incarico di comando chiedeva del militare: “E’ fortunato ?”. Pasteur diceva che il caso aiuta la mente preparata. Ma, con tutto il rispetto per l’arduo modello statistico dei fisici catanesi, “ho avuto fortuna” è anche una delle spiegazioni tipiche dei raccomandati. Il concetto di fortuna che sbaraglia il talento dovrebbe essere preso con le molle nella vita pratica. A volte la fortuna è un eufemismo per altri fattori. Non andrebbe trascurato (anche nei modelli statistici) il concetto di puntualità della fortuna per alcune persone di successo, bene esposto da un altro siciliano, acuto osservatore del mondo: “Due anni dopo la fuga di don Calogero con Bastiana lo hanno trovato morto sulla trazzera che va a Rampinzeri, con dodici lupare nella schiena. Sempre fortunato don Calogero, perché quello stava diventando importuno e prepotente.” (Il Gattopardo).

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6 febbraio 2021

Blog de il Fatto

Commento al post di M. Del Corno ” “La tirannia del merito”, nel libro di Michael Sandel tutti gli inganni e i pericoli della meritocrazia”

Il merito è il criterio valido quando comprende le doti morali oltre alla competenza e alle capacità. La meritocrazia è l’ideologia per la quale il comandare, il privilegio, l’arricchimento, sono meritati per definizione. Occorre distinguere nettamente tra merito e meritocrazia*. Altrimenti si può benissimo avere contemporaneamente meritocrazia e soppressione del merito vero. Lo mostra il pendolo della politica che ci passa sibilando davanti oscillando tra i due nuovi poli: demagoghi e tecnocrati. Tecnocrati ultra-competenti, ultra-competenti anche nel confezionare cravatte e applicarcele. Demagoghi di vario genere, rozzi, mediocri, a volte incapaci totali, figure appaganti per i mediocri e i presuntuosi, ma anche loro obbedienti ai burattinai. Con nel mezzo figure di politici tradizionali che, poco rassicuranti, e a volte agghiaccianti, sono i generatori del moto pendolare.

*Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito. (2012).

 

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Vedi anche:

La selezione avversa

La ‘generatio aequivoca’ di professori universitari e magistrati

Vendola e il nostos del professore

Pienza e la nuova Pienza

Il paradosso dei monatti

La mano da baciare

8 December 2012

7 dicembre 2012

Blog de Il Fatto

Commenti al post della redazione “Crisi di governo, Financial Times: “Monti non si comprometta con Berlusconi” del 7 dicembre 2012

Parzialmente censurati

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Obbedire al Financial Times non porterà a cose migliori che l’aver dato retta a B.

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Siamo vicini alle elezioni, e riappare d’incanto il gioco del “male minore”: “meno male che Silvio c’è” dovrebbero dirlo Monti e Bersani, che così possono apparire appunto come “il male minore”. Ma la scelta del “male minore” può essere valida purchè si tratti di scegliere tra due mali non coordinati tra loro. Tra bad cop e good cop, o tra il mafioso che brucia la vigna e quello che subito dopo compare per offrire protezione al danneggiato, non è uno scegliere tra due mali il minore; è cascare in un gioco delle parti. E anche in campo politico Berlusconi più che il male maggiore appare oggi come un babau agitato per spingerci a votare il personale già designato dall’alto.

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Berlusconi è un problema, ma è il solo problema? E se cominciassimo a vederci gli interessi nostri per conto nostro, invece di farceli dire dal Financial Times?

Antonio Eleuteri:  Allora assicuriamoci che i berluscones lobotomizzati non vadano a votare.

@ Antonio Eleuteri. Poco fa in aula Bersani ha detto che l’IMU che stiamo per pagare sotto il governo Monti è una tassa di Berlusconi e non di Monti. Non credo che chi sostiene Monti o Bersani, e quindi crede a un’affermazione del genere, sia cerebralmente molto diverso da chi ha creduto in B.

Marysassary:Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in materia di Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale. artt. 7, 8, 9.
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nº 67 del 23 marzo 2011[

Chi governava nel marzo 2011?
Monti ne ha anticipato l’introduzione dal 2014 al 2012.

@Marysassary. E quindi Monti, che ha approvato e aggravato, non è responsabile in concorso, ma è il contrario di B.

Lello74: nessuno ha detto questo………marysassari ti ha dato la prova che tu hai sparato una cretinata……….
e tu continui……qua qua qua

@ Lello74. A Pippo, che chiede per i banchieri il pizzo del 5%, subentra Pluto, che lo porta al 6%. Se si fa notare che non è vero che bisogna avere fiducia in Pluto contro il perfido Pippo, arriva Lello74 che ti dice che sei un cretino e fa la voce grossa: qua qua. Va a ballare il Pulcino Pio.

Lello74, aggiunto dal Il Fatto come replica, non prevista dall’algoritmo di Disqus:

non ti ho dato del cretino… anche se da come scrivi, verrebbe la tentazione …

@Lello 74, commento ex novo. Censurato da Il Fatto.

Io invece penso che dietro ad attegiamenti come il tuo, lecchino verso la grande finanza e di spocchia arrogante verso chi non striscia, ci siano scarse risorse. Resto dell’idea che gli elettori di Bersani hanno sostanziali affinità con gli elettori di Berlusconi.

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Commento ex novo censurato

Vedo che Il Fatto permette che chi esprime un’opinione contro un articolo riceva in risposta un puro insulto, creando addirittura spazio apposito nonostante la serie delle risposte sia finita; mentre non consente di rispondere alle ingiurie e al dileggio, censurando la risposta postata ex novo. Il mio commento che le responsabilità dell’ IMU sotto Monti siano anche di Monti, e che non sia saggio seguire le indicazioni del Financial Times su quali governanti eleggere, mi sono valse questo trattamento.

Credo che il male degli italiani sia il concepire la politica come la ricerca di una mano di potente da baciare, ieri Berlusconi, oggi direttamente la finanza internazionale, invece di esprimere propri rappresentanti. Potente che poi, come dovrebbe essere ovvio, non fa il loro interesse, ma il proprio e li sfrutta. Promuovendo tale costume fino ad arrivare a questi bassi trucchetti, il Fatto tradisce sia la deontologia professionale, sia l’immagine con la quale si vuole presentare agli italiani; e mostra di praticare quel vizio che un giornale veramente progressista dovrebbe combattere.

Francesco Pansera

L’irresponsabilità della medicina in franchising

30 November 2012

Appello al popolo

In queste cause, i medici sono tenuti a rispondere solo se accusati di aver agito in contrasto col codice sanitario, d’aver dimostrato imperizia nella loro prestazione delle cure prescritte, o d’aver mancato ai loro doveri per sete di guadagno o per indolenza. Il problema però è che la maggior parte del danno inflitto dal medico moderno non appartiene a nessuna di queste categorie. Si verifica infatti nell’ordinario esercizio svolto da uomini e donne ben preparati, che hanno imparato ad adeguarsi ai giudizi e ai metodi imperanti nella professione anche quando sanno (o potrebbero e dovrebbero sapere) quali danni arrecano.” Ivan Illich, Nemesi medica

Nell’era nazista c’era un funzionario delle ferrovie responsabile della programmazione dei convogli per l’Est. Tutto quello che “faceva” era organizzare le partenze dei treni per Varsavia, Lodz, e naturalmente Treblinka, Sobibor, Auschwitz II, etc. La destinazione, egli riteneva, non lo riguardava. Il paragone non è esagerato.” E. Loewy. Ethics and Evidence-based medicine: is there a conflict? 2007

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Come appendice all’articolo sulle linee guida cliniche commerciali (LGCc) nel decreto Balduzzi [1] commento il testo definitivo, ora convertito in legge: Art. 3. 1. L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo.

Esamino la norma non da un punto di vista propriamente giuridico, non avendone la competenza, ma proseguendo il discorso sugli aspetti medici e politici. Una presentazione delle differenze tra il punto di vista medico e quello giudiziario sulle LGC in USA, aggiornata al 2003, è in: Clinical practice guidelines and the law [2]. Il testo riporta che l’American Medical Association si oppone all’uso delle LGC come standard legale, chiedendo che in sede giudiziaria abbiano solo valore indiziario. Nelle corti USA le LGC risultano essere usate più frequentemente per incolpare che come elementi a discarico; mentre chi le sostiene in ambito medico preme perché possano essere usate solo per discolparsi. Una recente presentazione delle posizioni giuridiche sul tema in Italia è in Caminiti [3]. Potrebbe essere utile come ausilio euristico nello studio giuridico una comparazione con la normativa sulla responsabilità nel franchising, accordo commerciale che ha alcune sostanziali analogie con la medicina basata sulle LGCc [1].

Per riallacciarsi a quanto già detto nel precedente articolo, e per ricordare quale sia nel concreto la solidità delle LGC come fondamenta della responsabilità professionale, e quali possano essere le conseguenze del loro impiego in questo senso, riporto alcuni casi di LCG messe in discussione nel periodo durante il quale il decreto veniva convertito in legge. Una buona pratica accreditata, molto nota, sancita da tutte le LGCc, quella dell’uso dei beta bloccanti per le coronaropatie, sta venendo sconfessata. Recenti studi hanno mostrato che i betabloccanti non danno vantaggi di sopravvivenza e non riducono il rischio di infarto o ictus. Contemporaneamente altri medici hanno fatto notare che i betabloccanti, almeno alcuni, aumentano il rischio di diabete, e conseguentemente di infarto e di ictus. Una rivista di divulgazione scientifica ha commentato che i betabloccanti, per i quali nel periodo di fulgore è stato assegnato un Nobel, “sono stati usati per 40 anni per trattare i problemi cardiaci, ma ora sembra che non funzionino. Cosa è andato storto?” [4]. In campo oncologico, LCGc molto importanti, quelle per la prevenzione del cancro della mammella, non traggono lustro da uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine [5], che considerando 30 anni di prevenzione con la mammografia conclude che lo screening “sta avendo, nel migliore dei casi, solo un piccolo effetto sulla mortalità per cancro della mammella”, mentre ha generato false diagnosi di cancro – e quindi danni fisici, psicologici ed economici – su 1.3 milioni di donne nei soli USA.

In Inghilterra, i giornali hanno usato tinte forti per riferire di una spaccatura tra i medici sul Liverpool Care Pathway, un protocollo per il trattamento di fine vita accreditato dal Department of Health come “best practice” [6]. Alcuni medici hanno denunciato che il protocollo, che porta a morte in media in 29 ore, viene usato come mezzo di eutanasia di massa degli anziani per liberare posti letto, e ridurre la spesa sanitaria, applicandolo anche a pazienti che non stanno morendo. Gli ospedali ricevono incentivi economici per raggiungere elevati livelli di applicazione del protocollo; alcuni ospedali hanno così raggiunto il mezzo milione di sterline. Per difendere il protocollo un “Consensus statement” è stato emesso congiuntamente da un gruppo di società mediche, come il Royal College of General Practitioners, alle quali si sono uniti il Royal College of Nursing che rappresenta gli infermieri e gruppi di pressione come Age UK che dice di operare nell’interesse degli anziani; riviste come il British Medical Journal lo hanno difeso enfatizzando i lati positivi del programma (la rivista gemella, il Journal of Medical Ethics, quest’anno ha pubblicato l’articolo di due bioeticisti italiani, Giubilini e Minerva, che sostengono che l’uccisione dei neonati è lecita nelle stesse circostanze in cui lo è l’aborto). Oltre che i rischi derivanti dall’assegnare troppo potere, e immunità, alle LGC, il caso mostra come il tema, che da noi si chiama del “testamento biologico”, abbia una rilevante dimensione economica, e come ci possano essere interessi economici di larga scala e moventi di tipo malthusiano per abbreviare la vita di alcune categorie di pazienti. Interessi che sono accuratamente censurati da noi, dove l’idea di forme di abbreviamento della vita è stata introdotta allestendo il teatrino laici/cattolici, al quale i magistrati si sono prestati [7]. In UK l’obiezione è sostenuta dai cattolici; che in Italia, dove tali pratiche, o meglio la loro formalizzazione, devono ancora affermarsi, si sono guardati dal diffondere la notizia dello scandalo. L’autonomia del paziente, che include il diritto a morire, e forse anche la facoltà di ottenere di abbreviare la fine, viene confusa con il suo opposto, la pretesa della medicina e di chi la manovra di decidere in base a criteri di parte se e quando la persona deve togliersi di mezzo; preferibilmente col suo consenso, avendola convinta che è quello il suo bene.

Una quarta notizia di questi giorni che aiuta a inquadrare la norma è l’analisi della PricewaterhouseCoopers, una multinazionale di consulenza alle imprese, che prospetta alle industrie farmaceutiche di fare in modo che i loro prodotti sostituiscano interventi medici più costosi, prevedendo che in questo modo la quota per la farmaceutica della spesa sanitaria possa salire dall’attuale 15% al 20% entro il 2020 [8]. Le LCGc saranno uno dei campi di battaglia di queste guerre per annettersi quote di mercato strappandole a settori concorrenti. La notizia è utile anche nell’analisi di scelte politiche del governo – sempre comprensivo con le industrie farmaceutiche [9] – come la riduzione della spesa pubblica per l’assistenza ospedaliera, il taglio dei posti letto e la chiusura di ospedali.

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1. Dal mondo reale al mondo rovesciato in tre mosse

La norma si basa su un concetto già opinabile, quello di colpa lieve in medicina. In medicina la nozione di “colpa lieve”, soprattutto di colpa lieve penalmente rilevante, è discutibile, perché in medicina anche una colpa “lieve” può avere effetti gravi, riguardando la diagnosi e la cura: la medicina è un “life-critical system”, per il quale vanno applicate misure di sicurezza stringenti. La colpa lieve appare far parte di un orientamento volto a evitare una pressione giudiziaria eccessiva sull’attività del medico; orientamento che porta i magistrati a emettere “principi e opinioni estremamente favorevoli nei confronti degli esercenti l’attività medica” [10].

Su questa premessa si è compiuto il passo fondamentale, quello dell’istituzione di un mondo [1] incorporando standard commerciali nella legge dello Stato. Un mondo rovesciato. Come detto, in linea di principio le LCG possono essere utili, o preziose, e alcune lo sono realmente; ma questa risorsa è inquinata da interessi economici, così che le LGC, a partire da quelle che riguardano le cure più comuni, possono essere formulate, e vengono formulate, in termini che sono altamente dannosi per il paziente, e anche per i sani [1]. La medicina ha il potere di definire ciò che è male e ciò che bene. Se scambia i valori coi disvalori, e se la legge sancisce lo scambio, ciò che è criminale può divenire obbligo, e il rifiuto di commettere reati un reato. Scambiando il male col bene, e imponendo il primo con la legge, si ottiene il temibile effetto di renderlo altamente efficiente. E’ una istituzionalizzazione di quei crimini dei colletti bianchi che hanno tra le loro caratteristiche quella di non essere riconoscibili come tali, e anzi di essere talvolta ricevuti con gratitudine dalle vittime [11].

Il comma del decreto Balduzzi appare essere espressione del patto simbiotico medicina-economia precedentemente esposto. Il liberismo è legalista: si sbarazza dell’etica sostituendola col diritto. Le LGCc, espressione della EBM, sono adatte all’applicazione in campo medico della pratica di spodestare l’etica insediando al suo posto la legge: alcuni clinici, discutendo di come la EBM porti, tramite salti logici, a costose indicazioni terapeutiche che non sono nell’interesse della salute del paziente, l’hanno definita “una adorazione della forma” [12]. La norma è un esempio di come l’uso corrotto dell’Ottimo consenta di calpestare i principi fondamentali e instaurare un regime di sfruttamento autoritario, tramite il controllo del corpo, senza suscitare allarmi e opposizione. Mostra come la scienza funga da ideologia al liberismo; mostra come quella che si fa chiamare “comunità scientifica” in campo medico andrebbe piuttosto chiamata “biocrazia” [13], essendo animata dai tecnocrati della medicina. La norma è un esempio di norma tecnocratica; dove classe medica e magistratura sottomettendosi a criteri “oggettivi” [1] in realtà si sottomettono a interessi particolari illeciti e antisociali e ne divengono strumento.

Infine, la norma sacralizza le LCGc, e il crimine che in esse può essere contenuto. Al di là dei limiti sull’entità della colpa e della distinzione tra civile e penale, che hanno un effetto cosmetico, la norma introduce nell’ordinamento il principio delle LGCc, dettate come si è visto da interessi terzi, come standard giuridico sul quale valutare l’operato del medico. Sacralizza quia absurdum, proclamando l’illogico, l’irrazionale. Non si comprende infatti per quale motivo un medico non dovrebbe rispondere di colpa lieve se applica le LGC. Non si comprende il nesso tra l’applicazione di standard e impunità. Anche nel caso di LGC mertoniane [1], cioè etiche e valide: sarebbe come legiferare che se una ditta edile costruisce la struttura in cemento armato di una casa secondo un progetto antisismico che sulla carta assicura elevata sicurezza allora è in certa misura esentata dal rispondere della corretta esecuzione materiale dei lavori. (Ma se le LGCc fossero pulite non ci sarebbe motivo di associarle a norme cervellotiche come questa). Una legge che premia senza una ragione giustificabile; una specie di legge-truffa, che premia quelle che spesso sono truffe. E’ una estensione della teologia scientista: chi applica la EBM è un sacerdote della scienza, che non esercita una professione ma officia riti, e non lo fa per sé ma per un Bene superiore; e quindi quando sbaglia non può essere giudicato col metro che si applica ai comuni fedeli, o agli eretici. La legge apparentemente suona ragionevole; a guardare meglio appare sventata e sciocca; la sua ratio reale è quella di un raffinato modo per sostituire alla Costituzione le regole di un nuovo ordine (Balduzzi è ordinario di diritto costituzionale, e ha insegnato “diritto costituzionale della salute e dell’organizzazione sanitaria”).

Il clero medico può essere controllato solo se per mezzo della legge si limita e si revoca la sua prerogativa di decidere che cosa è malattia, chi è malato e che cosa bisogna fargli”. L’affermazione di Illich [14], che si richiama alla concezione di Freidson per la quale le professioni si basano su una concessione di potere da parte della collettività [15] è tuttora attuale, se la si aggiorna, come ha in seguito fatto lo stesso Illich [16], alla nuova situazione, dove tale potere è ormai stato in larga parte tolto al medico, essendosene impadronita l’industria medica. Industria che questa norma perversa al contrario rende partecipe del potere di controllo dello Stato. Con la norma, che delega la definizione degli standard alle commissioni di esperti a libro paga delle multinazionali [1], la legittimazione professionale è di tipo teocratico, discendendo dalla dea Scienza, tramite la EBM controllata dall’industria. Vediamo come la norma interagisce, in una rete di complicità, con i medici, i magistrati e quella che chiamo “l’industria della malasanità”. Senza tacere, come invece vuole l’etichetta, le colpe e responsabilità delle persone che compongono il popolo.

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2. Il dilemma di Catalano

Ai medici la norma fa un occhiolino che è una proposta che non può essere rifiutata. Lavora per noi e avrai impunità, sgarra e sarai bastonato dal giudice. Vesti i panni dello scienziato, e avrai i privilegi dello stregone. Data l’influenza ufficiale e sottobanco sulle LCGc dell’industria medica [1], il decreto riconosce e in misura sostanziale prescrive obblighi del medico nelle decisioni cliniche verso soggetti terzi portatori di interessi che sono in conflitto con quelli del paziente, e talora in diretta opposizione. Un comparaggio forzoso. E’ una legge la cui carica perlocutoria di fatto non agisce come deterrente affinché ci si astenga dal danneggiare il prossimo, ma va nella direzione opposta. Esprime verso i medici una minaccia – e allo stesso tempo un’offerta corruttiva – che di fatto, dato lo stato epocale della realtà sociale della medicina, danneggia la tutela della salute per favorire quel genere di iniziativa economica che l’art. 41 della Costituzione proibisce. Discrimina inoltre tra medici, e quindi tra cittadini davanti alla legge, tramite un criterio abnorme.

Una minaccia che fa appello alla ragionevolezza. Catalano era il trombettista che in “Quelli della notte” dispensava riflessioni come “E’ molto meglio innamorarsi di una donna bella, intelligente e ricca anziché di un mostro, cretino e senza una lira”. La norma dice al medico che per lui è molto meglio attenersi a degli specchietti che anche un deficiente sa applicare, essere così rispettato e stimato, guadagnare e godere di impunità, piuttosto che scervellarsi a capire qual è il bene del paziente che ha davanti, passare per incompetente, rischiare di non lavorare e di finire sotto processo e essere condannato. Col decreto Balduzzi anche da noi viene istituzionalizzato lo scaltro alibi della “medicina difensiva”; alibi che preso per buono viene a sua volta usato – da conservatori come G.W. Bush, e da noi da alti magistrati in odore di massoneria deviata [17] – come argomento per legalizzare l’impunità dei medici; col risultato di favorire entrambi i mali, sia un eccesso di consumi medici nocivo e costoso, sia l’impunità. La legge premia l’applicazione automatica delle LGCc; inoltre stabilisce margini di tolleranza commerciali, cioè consente entro certi limiti un’applicazione frettolosa e sbadata degli schemini che riassumono le LGCc; come è vantaggioso nella medicina ad alta produttività, a catena di montaggio. Una norma patologica sul piano giuridico e iatrogena su quello medico.

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3. I magistrati e l’altra corruzione

Ai magistrati la norma fa un altro occhiolino. Consente loro di servire i poteri forti proteggendo il cuore nero del business medico senza esporsi. I magistrati tendono a perseguire le frodi mediche di secondo grado, quelle degli scandali che appaiono a ritmo continuo sui media, e a proteggere e favorire le frodi di primo grado, quelle strutturali, che vengono nascoste al pubblico [18]. La norma li aiuta in ciò rafforzando la separazione tra i due gradi e glorificando le frodi di primo grado. Con la nuova norma e il ruolo assegnato alle LGCc il magistrato perde un poco del suo potere decisionale, per vestire i panni dell’esecutore di giustizia delle multinazionali; può invocare per sé la stessa tesi difensiva che ha accolto nell’assolvere il medico: “ho applicato la legge / ho applicato le linee guida”, ”come è mio dovere”. La “Nuremberg defense”, così detta dalla difesa degli imputati del processo di Norimberga. Qui le responsabilità del medico – e del magistrato – non sono quelle dei criminali di guerra; ma non sono nemmeno così indirette come quelle del funzionario dei treni nazista (epigrafe).

L’applicazione del decreto e il valore giuridico così riconosciuto alle LGCc permettono di mandare assolto chi causa – anche consapevolmente – danno. Mentre espongono a punizione con sentenze alla giudice di Pinocchio quella minoranza di medici che “non sono del bel numero” (Collodi) e decidono, in scienza e coscienza, e correttamente, di non applicare le LCGc; (la magistratura fa di questi piacerini all’industria medica e ai suoi bracci operativi). Dato il carattere frequentemente iatrogeno delle LGCc e i susseguenti contrordini, potrebbe accadere che un medico venga condannato per non avere applicato una certa procedura, e che cinque anni dopo un medico sia condannato perché l’ha applicata, nello stesso contesto clinico. La norma impedisce la sciagura che si eserciti una giustizia che correggendo le aberrazioni del sistema abbia effetti politici, e invece coinvolge la magistratura in atti di frode e violenza. D’altro canto, la abnormità della legge può tradursi in un permesso morale, per alcuni magistrati, di applicare la loro discrezionalità, contrastando gli effetti perversi della norma, es. facendo leva sull’opinabilità del concetto di “colpa lieve” nell’atto medico.

Si parla molto di corruzione dei politici, riferendosi principalmente alla bribery, le tangenti nell’amministrazione di denaro pubblico. Altre fondamentali forme di corruzione vengono invece trascurate. La norma ne mette in luce due, molto importanti. Una è la corruzione a favore degli interessi dei poteri forti sopranazionali, principalmente le oligarchie anglo-americane e i poteri finanziari che hanno nella UE il loro braccio politico. Quei poteri forti, quei poteri atlantici, i cui disegni sull’Italia, ormai evidenti, la magistratura storicamente ha più favorito che ostacolato. Comprende la corruzione a favore della tecnocrazia; in ciò la si potrebbe chiamare “l’altra corruzione”, perché corrisponde a quello che Fisichella ha chiamato “l’altro potere” [19]. Non sorprende che la norma sia stata fatta emanare da un governo di tecnocrati, per quanto tecnocrati caserecci.

La seconda, collegata, è la corruzione che non mette le mani in tasca al cittadino, ma modifica il modello del mondo, capovolgendolo, a testa in giù, così che il denaro cada per gravità, come un fatto di natura, dalle tasche delle persone nelle mani dei profittatori. La si potrebbe chiamare “corruzione ontologica” nella quale si opera sulla costruzione della realtà sociale. Quello di costruzione della realtà è forse il più importante tra i poteri non scritti della magistratura. Il magistrato con norme del genere non giudicherà su quanto è avvenuto nel mondo reale, ma su un modello, difforme quanto meno nelle premesse. Giudicherà sulla base di miti; ciò che è inaccettabile, di miti dannosi, partoriti dagli studi di marketing e inoculati nel pubblico con i miliardi spesi in attività di pubbliche relazioni, con la corruzione, con la censura. Giudicherà su un mondo di carta e di sogni che spesso è un mondo rovesciato, al quale conferirà credibilità e consistenza.

Del resto la magistratura già contribuisce alla costruzione di un mondo falso, strutturato per lo sfruttamento tramite la medicina; volontariamente, senza esservi obbligata dalla legge, con decisioni giudiziarie che accettano, e avvalorano, le tesi di poderose campagne di disinformazione a favore del business medico; come la propaganda delle staminali, che devono appoggiarsi al mito e alla caciara non avendo dati reali che confermino le grandiose promesse [20], con sentenze che secondo il piduista berlusconiano Cicchitto mostrano che “c’è un giudice a Berlino” [21] e altre che sostengono l’esistenza di un “diritto alla speranza”, tale da rimanere “innegabile” [22] anche per lucrose terapie ciarlatanesche che in altre sedi giudiziarie, non avverse al business medico, hanno portato a un’inchiesta per truffa e associazione a delinquere: si ottiene così la creazione nel pubblico di aspettative, e la creazione di uno standard negativo che servirà a far risaltare al confronto come affidabili e promettenti le sperimentazioni cliniche ufficiali; il depistaggio sulle cause iatrogene dell’incremento delle diagnosi di cancro incolpandone l’uso dei telefoni cellulari [23]; con la chiusura di Green Hill, l’incoraggiamento, con l’appoggio di figure tanto nobili e disinteressate in tema di medicina quale è quella di Formigoni, a protestare contro la sperimentazione animale; una protesta pilotata strumentalizzando alcune buone ragioni, per indebolire ulteriormente i controlli scientifici, e per deviare la protesta dalle politiche che causano sofferenza alle persone al tema del dolore fisico inflitto agli animali [24].

Ogni gruppo sociale ha le sue pratiche particolari di abuso; queste due forme di corruzione appaiono proprie della magistratura, una magistratura “business friendly” [25], con precedenti di estrema gravità quanto a inversione pinocchiesca della devianza, di concerto con le forze di polizia, per favorire la frode medica strutturale; una magistratura sulla quale i signori della frode medica che hanno imposto la legge possono contare.

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4. L’industria della malasanità

Le frequenti cause giudiziarie per responsabilità professionale non sono parte della fisiologia di una società ben funzionante, come invece siamo abituati a pensare. Come impresa etica a carattere tecnico, che riguarda beni fondamentali, il lavoro del medico dovrebbe raramente finire in tribunale; in un sistema sano. La medicina dovrebbe essere strutturata in modo tale da prevenire in larga misura la commissione di reati e l’insorgenza di un contenzioso nel suo esercizio. Come ha intuito Illich (epigrafe), gran parte dei danni della medicina derivano da un dolo sistemico, che ora si istituzionalizza. Dolo che provoca sia iatrogenesi; sia la generazione di errori, dati il volume e la complessità delle procedure mediche; e dati i criteri industriali di produttività ai quali la medicina deve attenersi. Lo Stato, lo Stato nazionale [26], non dovrebbe sottrarsi alla responsabilità di definire lui gli standard [1], il bene e il male in medicina, e conseguentemente di impedire il dolo strutturale, per il quale i vari gruppi che traggono profitto dalla medicina storicamente spingono. Ma abbiamo uno Stato campiere. I medici non devono essere esonerati dal rispondere di imperizia, imprudenza, negligenza, ma di rado dovrebbero dare motivo per ricevere tale contestazione; l’errore medico puro dovrebbe essere ridotto al minimo con misure diverse da quelle giudiziarie. La dolosità, che in forme torpide e mascherate è comunemente associata alla medicina che persegue il profitto, dovrebbe essere riconosciuta e efficacemente repressa. Occorrerebbe inoltre evitare che le cause contro i medici vengano mosse strumentalmente, per perseguire profitti.

Invece nella realtà odierna la corruttela medica è consentita e sostenuta. Anziché prevenirla e contrastarla si è scelto di sfruttarla economicamente derivandone un ulteriore mercato, quello delle assicurazioni e delle cause legali. Un ulteriore feedback positivo, dove la “medicina difensiva” chiude il loop, che danneggia la tutela della salute [27]. In USA la “malpratice”, il contenzioso legale sulla responsabilità medica è anch’esso un’industria standardizzata: in alcune specialità l’agenda del medico prevede due appuntamenti fissi mensili col proprio avvocato. E’ parte integrante dell’attività professionale. Ricordo che al primo anno di residency in USA ricevetti da uno studio legale un cartoncino di invito a partecipare gratuitamente a un “mock trial”, un processo simulato, dove ci avrebbero dato istruzioni su come vestirsi, come parlare al magistrato, come rivolgersi all’eventuale giuria, etc. In USA sono gli studi legali che contattano sistematicamente i pazienti; una pratica che comincia ad affacciarsi da noi. In Italia le denunce sono passate da circa 9500 nel 1994 a circa 33600 nel 2010 [28]; le richieste di risarcimento sono più frequenti al Nord. La frequenza di tali cause potrebbe essere presa a indice del livello di industrializzazione della medicina di un Paese o di un’area. In questo modo il servizio giustizia segue la sorte del servizio medicina: anche del servizio giustizia si fa un altro settore economico, che impiega risorse pubbliche a scapito delle richieste fondate di giustizia.

I media, gli stessi che diffondono le false speranza sulla medicina, alimentano anche questa industria fomentando nel pubblico la propensione a fare causa con le storie di “malasanità”. I media sono anche lo specchio che amplifica responsabilità che, andrebbe riconosciuto, sono da attribuire al pubblico: “Indulgere alla moda radicaleggiante di mettere in berlina il medico sarebbe la maniera più sicura per disinnescare qualunque crisi politica alimentata dalla nuova coscienza della salute. Se i medici dovessero diventare vistosi capri espiatori, il buon paziente sarebbe sollevato da ogni colpa per la sua cupidigia terapeutica”. A scriverlo è Illich [14], un autore non sospettabile di partigianeria per la corporazione medica, né di sentimenti elitisti. Il medico è ormai un anello intermedio della catena dello sfruttamento; partecipando alla frode, nel ricevere ingiusti vantaggi deve addossarsi anche colpe non sue.

L’industria della malasanità agisce anche come valvola di sfogo, per evitare di fare crescere troppo l’insoddisfazione del pubblico, che percepisce una connotazione fraudolenta nella medicina commerciale, senza riuscire ad articolare una critica dati gli ostacoli e le barriere tecniche, psicologiche e culturali. La medicina tecnocratica, apparentemente così razionale, con le sue promesse pubblicitarie provoca in realtà una regressione psicologica, che viene sfruttata per il dirottamento. Illich [14] ha osservato che la medicina tecnocratica “favorisce la ricomparsa delle illusioni più primitive riguardo alle cause della morte.” Per le quali tra l’altro “la morte richiede …qualcuno a cui imputarla”. “La tradizionale caccia alle streghe, che si scatenava alla morte del capotribù, si modernizza. Per ogni morte prematura o clinicamente ingiustificata, si può sempre trovare la persona o l’ente responsabile che ha ritardato o impedito l’intervento medico.”

Abbiamo sulle cause giudiziarie mediche la percezione sbagliata che siano una normale routine. Un’altra percezione errata è che riducano la frode strutturale, quella insita nella medicina. L’industria della malasanità in realtà supporta le frodi. Con la sensibilità e acutezza che gli sono proprie, Illich nota che “la facoltà (dove esiste) di ricorrere in giudizio contro la cattiva pratica professionale ha mitigato il senso d’impotenza del profano, ma nella sostanza ha anche rafforzato la determinazione del paziente a insistere nelle cure ritenute idonee dall’opinione medica aggiornata”. E che “Se non disavvezza il cliente dal suo bisogno di chiedere e prendere sempre più assistenza, la difesa dei consumatori non fa che rafforzare la collusione tra chi dà e chi prende”. Le sue previsioni si sono avverate.

Allo stesso tempo, l’ordinamento, la prassi e la propaganda sono strutturati in modo che il dolo strutturale, funzionale al grande business, incorporato nelle LCGc, goda di immunità assoluta; che non sia in hoc mundi sul piano giudiziario. Al contrario, ora abbiamo la frode che si fa, con la necessaria circospezione, legge. Sempre più i reati che derivano dalla frode medica strutturale non solo sono intoccabili, ma vengono favoriti tramite la legge e l’azione giudiziaria. In USA si può essere condannati per non avere prescritto uno screening raccomandato dalle LGCc anche se secondo l’evidenza disponibile al paziente non sarebbe andata meglio se lo si fosse sottoposto allo screening [29]; mentre i medici non devono temere conseguenze giudiziarie se lo stesso screening provoca un cancro da radiazioni, o porta a una catena di eventi clinici e complicanze che termina col decesso, in una persona che era altrimenti sana. Sia in USA che in Italia colpe e comportamenti dolosi personali, anche molto gravi, tante volte restano impuniti mediante i tradizionali meccanismi castali e particolaristici; allo stesso tempo, molte cause sono pretestuose, motivate dalla venalità di avvocati, pazienti e familiari, e dalle spinte culturali e psicologiche citate sopra. Un’industria, quella della malasanità, che è fuori centro come lo è la medicina industriale basata sulle LGCc [1].

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5. Diritto ermetico

Il comma Balduzzi è funzionale a tale quadro; fa la sua comparsa nello stesso tempo in cui viene resa obbligatoria per i medici, dal 2013, l’assicurazione per responsabilità professionale. Le assicurazioni sostengono che in Italia il settore è in forte perdita; si prevedono pertanto aumenti del costo e riduzione dell’estensione delle coperture [28], verso la situazione USA, dove pure in passato le assicurazioni hanno riferito perdite, ma ora i margini di profitto per la vendita delle assicurazioni per responsabilità professionale sono sicuramente generosi, e sono andati aumentando, fino a superare, secondo una statistica, quelli del 99% delle aziende nella lista Fortune delle 500 maggiori imprese USA [30]. Il comma esplica a favore dell’industria della malasanità almeno tre funzioni. Rende possibile la sua crescita evitando che danneggi il business sul quale è sovrapposta, con la funzione di barriera di protezione; protezione della frode strutturale, che è elevata a standard e quindi non viene messa in discussione; non viene giudicata ma viene usata come metro di giudizio. Una botte di ferro che ripara in parte anche il medico, che in più continuerà a godere di ampie franchigie di impunità. Secondo, la funzione di moltiplicatore del contenzioso, poiché causa l’espansione quantitativa di procedure mediche, che sono innervate da fattori iatrogeni.

Una terza funzione è quella di generatore di incertezza e confusione che crei un opulento mercato per assicurazioni, avvocati, periti. etc. “Norma” in latino vuol dire squadra, la squadra dell’artigiano; da un lato, erigendo un muro bene a piombo attorno all’altare sul quale stanno regole che sono espressione di grandi interessi privati amorali, la norma è rigida e netta; ma le contraddizioni interne e rispetto alla realtà materiale la rendono intrinsecamente instabile, facendola agire anche come un generatore di disordine all’esterno del perimetro sacro che delimita. In sede giudiziaria può generare un caleidoscopio di configurazioni, distinguo, sofismi; la norma potrà portare a un traballamento, a un gioco ciclico, simile a quello visto per i farmaci nella EBM [1], tra LGCc, le loro diverse versioni, le critiche soft alle LGCc, che non mancano, e la gradazione della colpa. La colpa è grave o lieve? Quali LGC sono state applicate? In che misura? La loro applicazione è stata valida, ovvero lo specifico paziente parte lesa può correttamente essere rappresentato sul piano clinico dalla classe ideale di pazienti alla quale le LGC applicate o invocate fanno riferimento? Fino a dove si estende l’immunità conferita dall’avere applicato le sacre tavole? Le LGC vanno intese nel loro significato di intervento sulla popolazione, o valutate rispetto al singolo paziente? Come vanno considerate le LCG, soprattutto quelle che alcune fonti indicano come controproducenti, nella ricostruzione della causalità dell’evento? Possono essere considerate causa, concausa o vanno escluse a priori? Il medico ha una sua discrezionalità professionale o è un mero affiliato come chi distribuisce un prodotto con un marchio? Etc.

I medici saranno forse assolti con frequenza maggiore che senza la norma; purché paghino il pizzo al sistema, sotto forma di rata dell’assicurazione o di parcella agli avvocati. Costi che ricadranno sulla spesa sanitaria e quindi sul pubblico e sui pazienti [31]. Per un saggio della discussione in giuridichese delle LGCc nel decreto Balduzzi, piuttosto deprimente, anche se non privo di riferimenti al “cinico e pigro sapore aziendalistico” delle LGC, vedi Capitani [32]. Una norma chiara nella lettera che genera un diritto “ermetico”, ermetico nei due significati della parola: sia per l’isolamento ermetico, rispetto all’accertamento delle responsabilità, che con la norma si vuole assicurare ad elementi impresentabili della realtà materiale; quelli corrispondenti ai voleri e agli interessi del big business medico. Sia perché porterà a discussioni intricate e bolse, in alcuni casi difficili da valutare correttamente, cioè abbracciando la globalità dei fatti, anche per gli inquirenti, i giudicanti e le parti del processo. Con le LGC come standard giuridico il processo sarà spesso disaccoppiato dalla realtà; il suo esito sarà spesso determinato dal peso degli interessi coinvolti, dall’abilità degli avvocati e dalla qualità dei magistrati. Un bel risultato per questa unione tra rigore scientifico e certezza del diritto.

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Note

[1] La corruptio optimi nel liberismo. Le linee guida cliniche e il decreto Balduzzi. https://menici60d15.wordpress.com/2012/10/21/la-corruptio-optimi-nel-liberismo-le-linee-guida-cliniche-e-il-decreto-balduzzi/

[2] Timmermans S. Berg M. The gold standard. The challenge of evidence-based medicine and standardization in health care. Temple University Press,  2003.

[3] Caminiti R. La rilevanza delle linee guida e il loro utilizzo nell’ottica della c.d. “medicina difensiva”. In: Ferrario et al. La medicina difensiva. Questioni giuridiche, assicurative, medico-legali. Maggioli, 2011.

[4] Bloom J. Beta blockers are busted – what happens next? New Scientist, 12 novembre 2012. Expert: time to break the beta blocker habit? Bioscience technology, 12 novembre 2012.

[5] Bleyer A. Welch G. Effect of three decades of screening mammography on breast-cancer incidence. NEJM, 2012. 367: 1998-2005.

[6] Doughty S. Care Pathway condemned by senior doctors as “medical treatment that hastens death”. Mail Online, 23 ottobre 2012. Doughty S. Doctors to act on Care Pathway: after Mail campaign, investigation is launched into controversial guidelines on « hastening death ». Mail Online, 24 ottobre 2012. McCartney M. The assault on the Liverpool care pathway. BMJ, 2012. 345: e7316.

[7] Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico. https://menici60d15.wordpress.com/2009/06/24/il-riduzionismo-giudiziario-nella-frode-medica-strutturale-il-caso-del-testamento-biologico/

Questionario immaginario ai magistrati sul testamento biologico. https://menici60d15.wordpress.com/2009/03/09/questionario-immaginario-ai-magistrati-sul-testamento-biologico/

[8] Pharma industry ‘on cusp of golden era’. World News, 15 nov 2012.

[9] La generosità del governo Monti e del suo elettorato verso le multinazionali farmaceutiche. https://menici60d15.wordpress.com/2011/12/01/la-generosita-del-governo-monti-e-del-suo-elettorato-virtuale-verso-le-multinazionali-farmaceutiche/

[10] Drui P. Il medico, vittima o artefice del sistema giuridico italiano? Giornale della Previdenza, 2010. n. 8.

[11] Ruggiero V. Economie sporche. L’impresa criminale in Europa. Bollati Boringhieri, 1996.

[12] Psaty B M. Evidence-based medicine. Worship of form and treatment of high blood pressure. J Gen Int Med, 2000. 15: 755.

[13] Lech G. The biocrats. Penguin, 1972.

[14] Illich I. Nemesi medica. L’espropriazione della salute. Mondadori, 1977.

[15] Freidson E. Professions of medicine: a study of the sociology of applied knowledge, Dodd, Mead, 1971.

[16] Illich I. La salute è malata. Corriere della Sera, 23 ottobre 1998.

[17] Spagnolo G. Medicina difensiva, pazienti e finanza pubblica. Giornale della Previdenza, 2011. n.12.

[18] La magistratura davanti alle frodi mediche di primo e secondo grado. https://menici60d15.wordpress.com/2009/08/22/la-magistratura-davanti-alle-frodi-mediche-di-primo-e-secondo-grado/

[19] D. Fisichella. L’altro potere. Tecnocrazia e gruppi di pressione. Laterza, 1997.

[20] La fallacia esistenziale nel dibattito bioetico sulle staminali. https://menici60d15.wordpress.com/2011/10/22/la-fallacia-esistenziale-nel-dibattito-bioetico-sulle-staminali/

[21] Staminali: Cicchitto, c’é un giudice a Berlino. AGI, 22 agosto 20121.

[22] Staminali, dal giudice di Catania nuovo sì alle cure per Smeralda. Il Giorno Brescia, 2 ottobre 20122

[23] Nuove P2 e organi interni. https://menici60d15.wordpress.com/2011/12/08/nuove-p2-e-organi-interni/

[24] Sperimentazione animale. Uno spoglio etico. https://menici60d15.wordpress.com/2011/05/16/sperimentazione-animale-uno-spoglio-etico-2/

[25] Reati contro l’economia. https://menici60d15.wordpress.com/2011/01/23/reati-contro-leconomia/ .

I magistrati “business friendly” e la mafia come sineddoche tendenziosa. https://menici60d15.wordpress.com/2010/10/16/1593/

[26] Sovranità sanitaria. http://www.appelloalpopolo.it/?p=5626

[27] Sovradiagnosi II. Parodia e antiomeostasi nella medicina commerciale.

https://menici60d15.wordpress.com/2012/07/07/sovradiagnosi-iii-parodia-e-anti-omeostasi-nella-medicina-commerciale/

[28] Le Pera A. Responsabilità civile. Pillola amara per i medici. Giornale della Previdenza, 2012. n. 6.

[29] Kaplan R. M. Disease, diagnoses, and dollars. Copernicus Books, 2009.

[30] Eviatar D. Medical malpractice insurers’ profits higher than nearly all Fortune 500 companies. Washington Independent, 6 ott 2009.

[31] Gordon L. Financial effects of defensive medicine and medical malpractice insurance. Tesi. Ball State University, Indiana, 2011.

[32] Capitani F. G. il “Decreto Balduzzi” e la responsabilità medica: le linee guida ospedaliere. Lex24 Sole 24 ore, 4 ottobre 2012.

 

*  *  *

20 ottobre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. De Felice “Big Pharma torna all’attacco sul caso Avastin-Lucentis”

Big Pharma all’attacco lo è sempre. L’analisi di documenti interni ottenuti e resi pubblici da magistrati USA che hanno processato aziende farmaceutiche mostra che essa agisce in base a criteri di marketing anche in campo scientifico (*). Tra le tante manipolazioni rivelate dai documenti c’è quella della segmentazione del mercato. Le case farmaceutiche hanno tipizzato il mercato, e hanno modi di presentare farmaci per i medici che chiamano “High flyers”, propensi all’off-label; e altri modi per i medici “Rule bound”, che vogliono seguire linee guida. In generale, sia propugnare l’off-label, trascurando gli enormi rischi clinici e il forte incremento della spesa, sia favorire l’uso secondo linee guida condizionate comunque dal business, sono modi, solo apparentemente contrapposti, di aiutare la ricerca amorale del profitto in medicina. Qualunque dei due partiti la spunti nel ben congegnato caso Avastin-Lucentis, l’industria e la finanza medica ne avranno in un modo o nell’altro un vantaggio; e avranno motivi di gratitudine per gli attivisti e i poteri dello Stato. Fino a quando Big Pharma sarà il banco, fino a quando politici, opinionisti, magistrati, non metteranno in discussione il diritto che si è presa di essere il banco, vincerà sempre.

* GI Spielmans, PI Parry. From Evidence-based Medicine to Marketing-based Medicine: Evidence from Internal Industry Documents. Bioethical Inquiry, gen 2010. DOI 10.1007/s11673-010-9208-8. Reperibile su internet.

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3 gennaio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Casolari “I contenziosi per via penale tra medici e pazienti ledono tutti: il futuro della medicina è fosco”

Resident in USA, ricevetti un invito a partecipare gratuitamente a un “mock trial”, un processo simulato, dove avvocati ci avrebbero dato istruzioni su cosa dire e non dire al giudice, come rivolgersi alla giuria, etc. Ero giovane, e lo cestinai pensando che non avesse nulla a che fare con la pratica della medicina.

Divenuta comodo strumento di profitto e di potere, la medicina è stata sovrainfettata dal business avvocatesco. In una medicina sana le cause penali e civili sarebbero rare: lo Stato definirebbe la medicina onesta, e, consapevole dei margini fisiologici di incertezza e degli inevitabili tradeoff, controllerebbe che la pratica, non necessariamente pubblica, non deviasse. Ma ogi la medicina non è più in mano ai medici ma a poteri forti, che ne impongono forme aberranti*.

Lo Stato invece di controllare fa da picciotto di sgarro e da esattore. I magistrati hanno accettato la medicina come forma di crimine legale. Nordio e magistrati “di sinistra” sono in consonanza sull’assimilare i medici ai magistrati nell’impunità**. Sanando l’infezione di base si spegnerebbe la sovrainfezione. Invece si istituzionalizza un prestige bias – che piace tanto anche ai magistrati: si difende il “prestigio” della medicina togliendo controlli; favorendo così ulteriori degenerazioni.

* L’irresponsabilità della medicina in franchising. – La medicina difensiva come scusa e come illecito. Sito menici60d15.
**Baruffe di corte: i baroni della destra e i mandarini della magistratura Ib.

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vedi anche:

 

La necessità di laicità contro l’aggiramento dei limiti e l’inversione dei controlli posti dall’art. 41 della Costituzione

Le pubbliche virtù delle ambulanze e il postulato di sacralità delle pratiche mediche stabilite

La corruptio optimi nel liberismo: le linee guida cliniche e il decreto Balduzzi

I buchi neri

27 November 2012

23 novembre 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Feltri “La domenica va dove ti porta la Tamaro” del 23 novembre 2012

Credo che sia più sano per lo spirito e per il portafoglio non accettare che anche il proprio tempo libero venga colonizzato dal grande business. L’attrazione esercitata dai centri commerciali mi sembra quella del Paese dei Balocchi di Pinocchio, dove si entra persone e si esce ciuchi.

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Aveva ragione Piero Chiara: il “Servitevi da soli” dei supermarket è un segno di disprezzo.

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@ Uva63. Collodi mette in guardia; anche contro gli omini “teneri e untuosi” che dietro ai modi carezzevoli sono dei violenti sanguinari. La storia delle forze che stanno dietro ai centri commerciali, la scarsa distanza, come per il conduttore del carro per il Paese dei balocchi, tra promesse luccicanti e violenza, deve ancora essere scritta; nonostante nei centri commerciali sia possibile incrociare i maggiori magistrati della città; che forse sono troppo presi con la mafia e il terrorismo per occuparsene.

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@ Zaffarallo. Se è per questo, in USA facevo la spesa nei drugstore alle 11 di sera, non avendo altro tempo. Ma nei centri commerciali il necessario e il vacuo sono mescolati; come nei vecchi casini dove non c’erano confini chiari tra necessità e vizio. La domenica la gente dovrebbe riposarsi, non essere obbligata a completare il ciclo economico come un criceto sulla ruota.

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18 dicembre 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Stinco “Ikea, scontri tra facchini e polizia. Due i feriti lievi (video)” del 18 dicembre 2012

Censurato lasciando le repliche ai miei commenti

@ Guest, rimosso. “Guerra tra poveri”?  Questo è uno scontro tra  un gigante economico e dei magazzinieri. Che avrebbe dovuto essere prevenuto da sindacati e istituzioni. I poliziotti, da quelli che guadagnano 1500 euro al mese a quelli che ne guadagnano 50000, stanno dalla parte dei soldi. Posso testimoniare che l’Ikea va a braccetto con la polizia, praticando tecniche di provocazione che poi danno lavoro ai poveri in divisa.

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@ AndreaBB. I commessi Ikea sono assunti per una quota nel comune che ha permesso la costruzione del centro. E’ facile pensare che siano soggetti raccomandati; anche a giudicare dai comportamenti di frequente supponenti coi clienti e servili con la direzione. Andrebbero studiati gli effetti antropologici dei centri commerciali su popolazioni come quella di Roncadelle, nel bresciano, che è un paesino gonfio di centri commerciali, dai quali assorbe denaro e una mentalità deteriore.

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@ Ciro di Persia. E’ esperienza diretta. E se ci fossero dei magistrati meno “global thinker” sarebbe una denuncia penale. Lei a quanto dice sta all’Ikea; non mi è nuovo il suo atteggiamento da dipendente che sta dalla parte del padrone. Soprattutto nella grande distribuzione, il rapporto di lavoro ha assunto un carattere corporativo, per il quale multinazionali e istituzioni possono usare i dipendenti per operazioni extracontrattuali che, ripeto, dovrebbero andare all’attenzione della magistratura. In un mondo organizzato in filiere di sfruttamento, arriverà anche il suo turno; i 1800 euro che guadagna come carrellista sono molto meno di quanto occorrerebbe a giustificare il suo tono compiaciuto.

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27 novembre 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di C. Merico ” “La Coop siamo noi”, lavoratrici scrivono alla Littizzetto: “Non arriviamo a 700 euro”” del 26 novembre 2012

@ Callisto 8. Anche a me risulta che ci sia un interesse della ditta a selezionare per fare le cassiere donne che hanno l’animo, se non i costumi sessuali, della prostituta. Lo stesso criterio appare essere applicato al personale maschile. Vogliono persone in sintonia con i valori della dirigenza.

Francesco Pansera

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@ rantolo. Alla Coop l’unica cosa di sinistra che è rimasta è la retorica; dietro alla quale si commettono atti che solo chi ha l’animo di una prostituta può commissionare o eseguire senza vergognarsi.

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@ reta. Io vorrei poter andare dove ritengo opportuno senza essere molestato. A Esselunga, nel cui consiglio di amministrazione attualmente siede un ex vicecomandante generale dell’arma, i carabinieri mi hanno invitato a non andare, se non volevo incontrarli ogni volta che ci mettevo piede. La crisi economica e la crisi dei valori stanno portando a questo fenomeno della selezione del personale in base a criteri morali perversi. Andrebbe riconosciuto che a volte resta disoccupato chi non è adatto a un sistema corrotto. Invece di fare gli offesi occorrerebbe riconoscere il problema e non fare “marchette”, marchette metaforiche, che non sono meno gravi di quelle altre.

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@ rantolo. E’ roba da denuncia penale, non da esempio. Peccato che un importante procuratore anni fa abbia detto, commentando un discorso di Dino Greco (che, come qualche altro alto magistrato, frequenta la mia stessa Coop), che l’effervescente retorica dell’allora segretario della CGIL gli aveva fatto venire “i brividi”. Per ora tocca commentare le osservazioni altrui sugli aspetti più convenzionali della vendita di ciò che non si dovrebbe vendere.

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18 giugno 2013

Blog di A. Giannuli

Commento al post “Dedicato a quelli a cui piace tanto la nostra magistratura di cui difendono la fiera indipendenza…” del 18 giugno 2013

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Sfruttatori e privilegiati

Secondo Augè i centri commerciali sono “nonluoghi”. Nella mia esperienza sono non luoghi anche rispetto allo Stato di diritto: appaiono esserci intese sottobanco, per nulla pulite, tra grande distribuzione e forze di polizia. Con la scusa della sicurezza, sono porti franchi dove è ad esempio possibile praticare impunemente molestie e provocazioni su soggetti che vanno destabilizzati. I magistrati, come è prassi, davanti ai grandi interessi e agli affari sporchi della polizia assumono una posizione a dir poco compiacente. Tale atteggiamento di favore, questo spalleggiare gli sfruttatori da parte dei privilegiati, potrebbe aver contribuito alla condanna dell’anziana.

Ma vogliamo dire qualcosa, oltre che sui privilegiati, i magistrati, come giustamente fa Giannuli, anche sui supermercati? Sono pratici; ma, ottenuta una posizione quasi monopolistica e di cartello, vendono a prezzi alti cibo mediocre, cibo che non sa di nulla e induce a mangiarne sempre di più, spingendo allo stesso tempo verso costumi alimentari dannosi, con quello che ne consegue per la salute (Il rimprovero della maitresse. In: https://menici60d15.wordpress.com/2012/07/07/sovradiagnosi-iii-parodia-e-anti-omeostasi-nella-medicina-commerciale/ ).

La pagliuzza dell’anziana viene portata, con successo, davanti alla magistratura; le loro pratiche commerciali irresponsabili (per non parlare dell’evasione fiscale), il dissesto del tessuto sociale che provocano (e i lavoretti sporchi per gli uffici affari riservati), vanno lisci. I centri commerciali stanno anzi assumendo atteggiamenti arroganti e autoritari, tipici di chi sfrutta da una posizione di forza una massa di pecoroni; godendo in ciò dell’appoggio delle forze di polizia, e della magistratura. Assistiamo al pugno di ferro con le ottantenni mentre Esselunga va a scempiare Mantova e Palazzo Tè; e Coop “la rossa” si allea a CL, con la quale condivide lo stesso livello etico. Il supermarket, lo scintillante antro delle sirene del consumismo, andrebbe riconosciuto come luogo di potere ostile al cittadino.

*  *  *

La grande distribuzione vuole vendere anche i farmaci da banco e quelli senza obbligo di prescrizione. I sondaggi mostrerebbero che la possibilità di aggiungere le pillole nel carrello della spesa passando dalla “parafarmacia” del supermarket piace alla maggioranza della gente; che la scambia per una iniziativa “etica”, a favore del popolo; anche perché così la presentano i DS e la COOP. Forse piacerebbe di meno se venisse adeguatamente spiegato che questi non sono sempre farmaci “leggeri”, coi quali si va sul sicuro. Alcuni tra i più comuni, gli anti-infiammatori non steroidei, sono responsabili, tra i vari effetti avversi gravi possibili, anche di ictus e infarti.

Dietro al banco dei surgelati, farmaci pericolosi in libera vendita. In corsia 7, una vecchia si frega una bottiglia di liquore e un pacco di biscotti. Davanti al silenzio – e alla censura, con la complicità dei magistrati – sulla barbarie di prodotti capaci di rendere invalidi e di uccidere venduti a ignari acquirenti come caramelle, insieme alle caramelle, è sconfortante sentire disquisire su quanto è stato giusto applicare il processo penale, la pressa da 100 tonnellate – che quando servirebbe per i casi davvero gravi si inceppa – a un furto da 20 euro commesso da una donna di 80 anni.

Non ha rubato pane, ma generi voluttuari. Nel romanzo di Mauriac “La farisea” l’autore riesce, probabilmente proprio grazie alle sue posizioni cattoliche, a far sprigionare dalle pagine la morbosità del moralismo. In un episodio la protagonista, giudice inflessibile delle altrui debolezze, osserva indignata che una coppia di indigenti ha speso parte del denaro che lei gli elargisce nel noleggio di un pianoforte; che non sanno neppure suonare. Li umilia, e poi se ne pente procurandosi ulteriori fremiti spirituali.

In questo modo il supermarket, il capannone dei sogni, dove l’immaginario e le merci si incontrano, allarga i suoi confini annettendo nuovi territori, e rafforza antichi paletti; in nome del bene, ma sbagliando i punti cardinali, e moltiplicando certezze sbagliate.

Il liberismo mentre uccide la politica risparmia il diritto, e ne fa un suo strumento; in un assetto innaturale che genera risultati grotteschi e tende a istituzionalizzare il crimine del potere. I magistrati, nella mia esperienza, si prestano volentieri.

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19 dicembre 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post “Esselunga criticata per apertura a Mantova. Risponde regalando buoni spesa da 30 euro”

Piero Chiara ha scritto che il “servitevi da soli” dei supermarket è segno di disprezzo. Anche questo buono spesa per 30 euro, elargito ai mantovani per ottenerne il consenso su uno scempio urbanistico, è un gesto che tradisce arroganza. Bernardo Caprotti, che si fa passare per mecenate e ha ricevuto lauree ad honorem, non è migliore di Achille Lauro, che a Napoli regalava pacchi di pasta, zucchero e farina in cambio di voti. E chi si fa comprare, cambiando idea perché gli è stata regalata una mezza busta di spesa a 70 km di distanza, non sta messo meglio di quei napoletani ai quali Lauro dava una scarpa prima delle elezioni e l’altra a voto avvenuto.

Francesco Pansera

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24 febbraio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Paolini “Follonica, due donne frugano tra la merce fallata. Gli addetti le rinchiudono, le filmano e le deridono”

Una scena da bassofondo, tra le zingare che strillano e chi si diverte a tenerle in gabbia. Mostra il retro del supermarket. Nel grande magazzino si soddisfano le pulsioni primarie dei clienti, ma dietro le apparenze lustre e gli inviti suadenti tutto è in vendita, tutto ha una marchetta con il prezzo. Gli addetti sono spesso quello che ci si può aspettare in un posto del genere.

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30 aprile 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Grosseto, chiusero due rom in un gabbiotto: licenziati due dipendenti Lidl”

Ma insomma. Ci derubano tramite le tasse e ci tolgono i servizi essenziali, e facciamo finta di niente. Disoccupazione, degrado sociale, libero magna magna, mantenimento di giovani bighelloni stranieri, in un Paese che sta scivolando verso un passato che sembrava solo un ricordo, e tutti fermi, a parte un generico mugugno. Se non resta neppure che rivalersi su due donne, per di più ladruncole e zingare, e fare vedere su di loro quanto si è tosti, che vita è? A onor del vero, quando i reati e le vigliaccate hanno per mandante un ministero che sta su uno dei 7 Colli, anche quello un covo di fegatacci, l’impunità è assicurata, e non solo i commessi hanno mano libera nello sfogare la frustrazione per le loro carenze, ma il management della grande distribuzione non ha difficoltà a collaborare.

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25 febbraio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Montanari “Coronavirus, l’assalto ai supermercati e l’atavico terrore della pancia vuota”

L’ammirazione per Manzoni aumenta ripensando alla sua descrizione sicura e attuale degli effetti psicologici della peste del ‘600; un’analisi basata sulle conoscenze del primo Ottocento, prima delle scoperte di Pasteur e di Koch. “Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”. La sollecitazione di paure irrazionali sempre più diviene strumento di potere; mentre i cavalieri dell’apocalisse effettivi oggi hanno facce accattivanti, come quelle degli spot pubblicitari dei supermercati. I supermercati sono le cattedrali del cibo industriale, di quel processed food il cui impatto negativo sulla salute e sulla longevità dell’intera popolazione è tenuto nascosto, e viene lasciato libero di fare danni*. Il contrario delle notizie e degli interventi sul Coronavirus.

*Gotzsche PC. Survival in an overmedicated world.

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27 marzo 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Sansa “Coronavirus, qualcuno si ricorderà dei cassieri dei supermercati?”

Stamane sulla RAI hanno mostrato Cordero di Montezemolo che esortava ad affidarsi alla scienza contro il virus. Il Fatto a febbraio ha riportato che PM contestano all’illuminato filantropo di avere dissipato seicentomila euro Alitalia in gozzoviglie. All’una su RAI 3 il mellifluo Paolo Mieli ha ricapitolato la vicenda del generale Bellomo, un eroe vero. Il tema della selezione avversa della classe dirigente è stato abilmente evitato, e si è attribuito alla situazione politica contingente il comportamento vile degli italiani nel lasciare senza fiatare che venisse giustiziato. Nel pomeriggio Ferruccio Sansa canta l’eroismo delle cassiere. Che tra i vari meriti sanitari hanno anche quello di scaccolarsi puntualmente, da anni, quando passano la spesa di un medico del quale si occupano gli stessi apparati che stanno gestendo questa epidemia, di cui la città lombarda dove abito rappresenta uno dei maggiori focolai. Dall’1/1/2020 al 3/3/2020, ultima volta che ci sono stato, non hanno mai saltato. Su Google Drive ho una raccolta di foto di cassiere con le dita ostentatamente nel naso, in bocca, nel cavo ascellare, sul pavimento, nel cestino della spazzatura, etc. nel maneggiare gli alimenti che compro. Potrebbe appoggiare la concessione di medaglie al valore, a loro, alle ditte, al prefetto e agli altri organizzatori, da parte di Mattarella. Non mi stupirei se in serata venisse trasmessa una storia con un mafioso che salva una bambina in crisi respiratoria da Coronavirus.

Bertrand Einstein. peccato, avevi iniziato bene prendendotela con Motezemolo e Mieli, privilegiati e sempre in prima fila a pontificare. Poi te la sei presa con ste disgraziate che fanno un lavoro alienante e sottopagato ed ora – come se nn bastasse – rischiano molto più della media delle persone. Prova tu a stare otto ore in un posto di lavoro dove non puoi nemmeno alzarti (spesso i capi cronometrano addirittura le loro soste bagno) senza poterti gattare il naso o l’ascella se tu prude. Se non è del tutto igienico, pazienza, forse dovresti fare un giro in qualche azienda di prodotti alimentari e vedere quali sono gli standard delle cose che mangi

Censurato @ Bertrand Einstein.

Chi ha i soldi, inclusi i CDA delle GDO miliardarie responsabili di questi reati miserabili, lo sa che “gli operai sono anche peggio di noi” (G. Gaber). Se tu conoscessi le frodi mediche che voi crumiri morali servite, e che mansueti subirete. Ai prossimi gesti fissi delle cassiere – e dei loro direttori – mi pulirò sul posto della loro saliva, muco, sudore o sporco del pavimento o spazzatura, con fogli di carta con le facce di noti monsignori bioeticisti e magistrati anticorruzione dei quali la catena ha sponsorizzato le conferenze. Ieri su il Fatto c’è stato un coro di fischi contro Zanda, che propone di ipotecare Montecitorio dato lo strozzamento dell’economia. E’ la profezia di Moro, “il mio sangue ricadrà su di voi”, che si compie. Moro lo disse ai colleghi, ma vale per l’intera popolazione. Zanda è stato il portavoce di Cossiga durante e dopo l’uccisione di Moro. Se la gente guarda solo al suo particolare e non si cura della civitas, delle epurazioni di chi farebbe i suoi interessi; se permette che chi ha tradito sia premiato; che alle alte cariche dello Stato vengano messi debosciati, e nelle istituzioni fantocci, ruffiani e venduti; se vi prostituite per due lire partecipando all’assassino morale di soggetti non graditi a grandi affari criminali, poi avrete l’impatto della selezione avversa che favorite. Es. Zanda, che forse sta partecipando a un secondo golpe dopo quello del 1978, e i soldi agli usurai li darà non vendendo il Colosseo ma togliendoli ai cittadini.
ccc
[Vedi: 3 marzo 2020. il sigillo presidenziale. In: I rituali zozzonici della banda Mattarella]

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9 Ottobre 2020. Raffinatezza intellettuale e profondità culturale della Brescia di Emilio Del Bono e della TIM di Salvatore Rossi. In: I rituali zozzonici della banda Mattarella

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10 dicembre 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post ” “Uomo che uccise la moglie incapace d’intendere”: polemiche per la sentenza di Brescia. Bonafede dispone accertamenti”

Non conosciamo il caso nei necessari dettagli. Appare però che le possibilità di “jolly” ottenibili dalla carta psichiatrica coltivandone la giurisprudenza non siano ignote in ambienti della magistratura bresciana. Per dirne una nel 1998 a Brescia lo psichiatra Ermentini, direttore di cattedra dell’università di Brescia e primario degli Spedali Civili, lo stesso che dalla cabina di regìa P2 aveva appiccicato diagnosi psichiatriche su Moro prigioniero per screditarne le lettere, fu prosciolto dal GIP Anna Di Martino dall’accusa di avere favorito un camorrista, La Torre, e l’evasione di un trafficante di droga di alto livello, tramite referti psichiatrici pilotati.

Ricordo una conferenza pubblica tenuta congiuntamente da Ermentini e dall’allora capo dei GIP di Brescia. Sembravano ben affiatati. Quel magistrato lo soprannominai “Ciliegino” dopo che una volta mentre ero alla cassa del supermarket me l’ero trovato alla cassa accanto. Ogni volta che facevo la spesa lì un magazziniere immancabilmente sceglieva di passare per la strettoia della cassa dove mi trovavo, arrivando di spalle, urtandomi e strusciandosi nel passaggio. Lo avrebbe fatto anche davanti al magistrato? Arrivò da davanti, dal lato di uscita delle casse, una commessa, che restò a distanza, e fece cadere da un cestellino alcuni pomodori ciliegini, uno dei quali rotolò fino alla mia scarpa.

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17 aprile 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Galeotti ““Nei supermercati ingressi liberi e nessuno segue le regole: rischiamo il contagio e tanti colleghi muoiono. Per non perdere il posto i diritti vanno in secondo piano” “

Grande distribuzione, sindacati, manager, cassiere. Alimenti di qualità mediocre a prezzi sostenuti. Vendere, vendere, vendere. Il pabulum adatto alla proliferazione del virus sterminatore. Non quello vero, quello politico, che deve impestare la vita quotidiana delle persone in ogni suo interstizio per estrarne soldi e potere.

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7 settembre 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post “Green pass, l’ad di Conad: “I dipendenti non vaccinati vadano in aspettativa non retribuita” “

Francesco Pugliese, cavaliere del lavoro (Mattarella). Presidente di GS1 e ADM, associazioni di categoria. Ha firmato un libro dal tema a impronta etica e progressista: “Tessiture sociali”. Insieme ad Aldo Bonomi, sociologo, il cui nome notoriamente ricorre nelle ricostruzioni degli anni del terrorismo, nelle analisi sul ruolo dei servizi e dei suoi infiltrati, e sulla falsa sinistra al servizio del peggior liberismo e di interessi stranieri*. Ne parla in termini non lusinghieri anche la sentenza-ordinanza 2322/73 del Tribunale di Milano a carico di Maggi, il fascista condannato all’ergastolo per la strage di Piazza Loggia a Brescia.

La connessione col mondo dei burattinai, dei giochi di specchi, degli omicidi di Stato, aiuta a spiegare l’aut aut. Che probabilmente è volto a intimidire, sia per spingere alla vaccinazione; sia per indurre a sottomissione la forza lavoro, e selezionare informalmente i dipendenti tra i più deboli quanto a doti morali e intellettuali. Un’altra radice è la mentalità nazionale prevalente. Montanelli diceva che gli italiani vogliono fare la rivoluzione coi carabinieri. E’ vero, e non solo. Questo farsi la propria legge sull’onda dell’operazione covid e dire “non siamo noi che ti ricattiamo minacciandoti di toglierti il lavoro se non ti fai bucare, sei tu che rinunci a campare” è un esempio di come tanti italiani non si lasciano scappare l’occasione di fare i mafiosi coi carabinieri.

*es. G. Barbacetto. Il grande vecchio. 2009.

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27 settembre 2023

Blog de Il Fatto

Commenti al post di B. Ballardini “Spot Esselunga, la pubblicità è alla frutta”

Commento al post di  V. Russo “Una pesca all’Esselunga senza plastica? Si vede che è tutto finto”

“… un vero e proprio «impero del mercato» che, grazie all’operato congiunto del sistema produttivo e di quello statale statunitensi, creò figure nuove – i cittadini consumatori – plasmando sulla sua immagine quella civiltà europea che, fino ad allora, aveva sempre fatto vanto della propria radicale diversità socioculturale rispetto agli Stati Uniti: ecco così sorgere una nuova forma di pubblicità, volta non a convincere informando, bensì a inculcare nella mente del consumatore il bisogno assoluto del bene reclamizzato; ecco sorgere i supermercati (il primo in Italia [Esselunga, ndr] nacque a Milano alla fine degli anni Cinquanta ad opera della International Basic Economy Corporation di Nelson A. Rockefeller) , nuove cattedrali del consumo, la religione che si stava facendo strada nell’Italia del boom.”*

Esselunga, con Caprotti che voleva Draghi PdR, è parte di quell’imprenditoria di stampo USA che copre interessi impresentabili con il “virtue-signaling”, acquistato da ditte di PR, come questo spot alla “Piange il telefono”. (Nel 2019 i CC hanno simulato un attacco terroristico in una Esselunga, a Pioltello. La magistratura dovrebbe guardare al triangolo tra economia liberista, condizionamenti ideologici e apparati di sicurezza, invece di cincischiare sull’ipotesi puerile del pazzo isolato, se volesse fare sul serio sul terrorismo di “Unabomber”** nei supermarket).

* Luzzi S. Il virus del benessere, Laterza 2009.
** Leopardi, Unabomber e altri eversori.

Per lo più la frutta è esposta sfusa; poi la si passa alla cassa non libera come nello spot, ma imbustata e prezzata; dal cliente (“Il servitevi da soli non è un invito, ma un segno di disprezzo, come il termine consumatore”, Piero Chiara). E’ comunque vero che l’involucro non è meno importante del contenuto, e che questo spot lo conferma. Il PdC Meloni, che dovrebbe essere al timone della nave in mare grosso tra gli scogli, twitta che lo trova “bello e toccante”. Il direttore del principale giornale online di opposizione, Gomez, ha versato una lacrima, ci dice. Male, perché le lacrime vanno riservate ai dolori della vita reale, mentre non bisogna farsi smuovere da chi tocca ad arte corde emotive (è anche per questo che da giovani bisogna leggere es. le novelle di Verga, e lasciarsene commuovere: per immunizzarsi dalle dozzinali strimpellate di gelidi imbroglioni nella vita adulta). E soprattutto perché per sopravvivere nella giungla liberista bisogna distinguere l’involucro dal contenuto. In particolare la differenza tra la pelle di agnello e la bestia carnivora che se ne rivesta. Qui a chiamare a raccolta col violino dei teneri sentimenti è una ditta le cui recenti vicende giudiziarie* non sono che la punta dell’iceberg, come sa chi ha a che fare con la “fratellanza” della quale fa parte.

*“Frode fiscale e sistematico sfruttamento dei lavoratori”, sequestrati quasi 48 milioni a Esselunga. Pm: “Sistema illecito fin dal 2016”. Il Fatto, 22 giu 2023.

@ Hobbes:

E’ vero che nessuna offerta al pubblico può avere un successo duraturo se non trova riscontro in una recezione del pubblico. Ma ciò non significa che il bisogno al quale si lega sia “reale”: può essere un bisogno indotto. Amplificandone uno reale o creandolo ex novo. Con la disinformazione e l’indottrinamento. L’industria miliardaria del marketing si occupa di ciò. L’industria plurimiliardaria della medicina – con la quale la grande distribuzione, Esselunga in particolare, ha legami opachi – si basa sulla trasformazione di una domanda genuina e essenziale in una smisurata domanda indotta. Una facile via al profitto, avendone i mezzi, che arriva a livelli criminali. Interessi che hanno appoggi criminali insospettabili*.

Né tantomeno successo di pubblico vuol dire necessariamente “funzione sociale necessaria e importante”. Altrimenti dovremmo dirlo es. di dittature storiche o della droga. Un successo che si basa anche su violenza e censura.

Bisognerebbe al contrario che il potere dei soldi non debordi: qui che venda buoni prodotti alimentari a un prezzo onesto, lasciando ad altri la discussione su temi come la crisi della famiglia. (E stando lontano dalla medicina commerciale, alla quale Esselunga è legata da figure come A. Alfano, già ministro degli Interni).

*Mello M. The United States of America vs Theodore John Kaczynski. Ethics power and the invention of the Unabomber.

@ Hobbes:

Rap di C. Bisio, 1992: “poi ‘sti pescatori greci non potrebbero pescare in alto mare … senza andare a importunare le ragazze come te che normalmente sono brave ma travolte dagli eventi non disdegnano di fare la put.ana?” La ragazza che porti a esempio va in Grecia – e non fa figli – perché l’assetto socioeconomico la costringe in quella direzione. Forse se potesse scegliere liberamente tra vari mondi possibili, preferirebbe quello con una serena vita tradizionale. Pasolini percepì presto come col consumismo alle persone venisse tolta l’identità sedimentata, sostituendola con la forza e la propaganda con una distorta. La “coercive persuasion”, furiosa nel covid. Siamo influenzabili e ci pieghiamo; ma siamo davvero così costituzionalmente scarsi da considerare uno spot livello Harmony, commissionato da pizzicagnoli senza remore per attribuirsi altruismo, come un inedito di E. De Filippo, o ci siamo stati portati?

Studi mostrano che i pazienti “scelgono” cure che non sono nel loro interesse avendo ricevuto informazioni ingannevoli. A volte chiedono cure aggressive che i medici scartano per sé stessi. Mentre quando si dà un quadro onesto e veritiero i pazienti scelgono razionalmente. In medicina sta prendendo piede la “shared decision”, che spesso è un modo mascherato per rifilare cure cattive, lucrose, facendolo figurare come una “scelta” del paziente.

Ma sono discorsi come quelli di Kaczynski, che sono stati collegati a uova esplosive nei supermercati…

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v. anche:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/07/mafia-padana-e-magistrati/

https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/17/salsa-cilena-allesselunga/

https://menici60d15.wordpress.com/2011/10/24/le-magie-dellesselunga/

https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/24/la-famiglia-ikea/

La differenza tra opposizione e take-over

14 October 2012

14 ott 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Cappato “Avviso ai manifestanti: diffidate di chi gioisce a Formigoni caduto” del 14 ottobre 2012

Tano Badalamenti ebbe due nemici dai nomi fatidici: Peppino Impastato e Bernardo Provenzano. Il primo gli era ostile in quanto combatteva la mafia; il secondo perché in competizione per l’esercizio del potere mafioso. Formigoni ha avuto per 15 anni l’appoggio della sinistra debenedettina e della magistratura, che gli hanno lasciato fare quello che ha voluto. Quelli che fino a ieri sono stati suoi complici ora chiedono indignati le sue dimissioni: in quanto oppositori politici, portatori di un diverso progetto di società, o per prenderne il posto come camerieri del liberismo ?

Moltissimi credono che se una forza politica fa la guerra al cattivo di turno allora dev’essere sicuramente buona, o almeno migliore del cattivo. Molti pensano che le livree rosse siano migliori di quelle azzurre o verdi o di altro colore. Se la gente non sa distinguere tra opposizione e take-over: tra Impastato e Provenzano, o tra rinnovamento morale autentico e Tangentopoli, o tra impegno civile e camorrismo politico; allora si merita Formigoni, e la squallida sinistra che si avvia a dargli il cambio e che non vale più di lui.

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16 febbraio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post “Tangentopoli, l’eterna corruzione italiana. Incontro a Milano con i magistrati del pool”

Tangentopoli è un esempio della differenza, sempre presente ed eternamente ignorata nella politica italiana, tra ““il contrario”” e ““l’opposto””. L’opposto di un male è un bene; ma il contrario di un male può essere un altro male. L’opposto dei tangentisti di allora è uno Stato retto da politici integri. Invece abbiamo avuto il contrario dei tangentisti della Prima repubblica: i forchettoni della seconda repubblica, che oltre a mangiare hanno svenduto l’Italia. E non abbiamo imparato nulla, perchè continuiamo con una costanza che ha del demenziale a confondere i nuovi “contrari” con “l’opposto”; salutando nuovi mali come ciò che ci salverà dai mali attuali. Per i rapporti tra la magistratura di Mani pulite e organi diplomatici e servizi USA, v. “Capitalismo predatore”, Amoroso B., Perrone N. Castelvecchi, 2014.

Il Terzo livello

5 September 2012

4 set 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Lanaro “Caso Alpi, la madre di Ilaria: schifata dalla giustizia italiana” del 3 set 2012

Due concetti semplici e ardui, fondamentali, estrapolati dalle dichiarazioni fatte il 3 set 12 da due familiari di persone eliminate perché invise ai poteri forti. Luciana Alpi:  “Sono schifata perché la giustizia in questo Paese non esiste”. Nando Dalla Chiesa: “ma mai potevo pensare […] che potessero ucciderlo. Ho capito con gli anni che un assassinio può essere firmato, ma la gente può anche rifiutarsi di leggere quella firma e cercare altrove le ragioni. Così avvenne per mio padre”.

I “cattivi”, i killer e i servizi, sono solo il primo livello del sistema di epurazione; non potrebbero operare se non potessero contare in anticipo sul secondo livello, quello delle varie forme di cooperazione istituzionale, della magistratura e delle forze di polizia in divisa, oltre che dei politici e dei burocrati; un livello che assicura che per questo genere di reati non esista Stato di diritto, e ci sia il meno possibile verità. Poi c’è il terzo livello, il più terribile, e il più efficace: quello della gente comune. Che, omertosa e servile, è pronta a credere alle versioni di comodo e a sostenerle; ma rifiuterà di prendere in considerazione le responsabilità del potere vero; cercherà anzi di acquisire meriti presso i mandanti, nelle forme più vili. Non riusciremo a contrastare le forze che ordinano delitti politici se non supereremo i tabù che impediscono di considerare le gravi responsabilità dei “buoni”: le istituzioni “non deviate”, i magistrati e il popolo.

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8 luglio 2012

Blog de Il Fatto

Commenti al post di L. Mazzetti “Manganelli, le scuse non bastano” dell’8 luglio 2012

Lo “anche se vi credete assolti siete lo stesso coinvolti” vale anche per la gente, pronta ad accettare mezze verità e capri espiatori sui crimini di Stato per poter continuare a praticare il servilismo verso il potere. Mazzetti scrive che rimane il dubbio che i responsabili della Uno bianca siano stati coperti dalla polizia. Ad essere accusato di ciò, anche formalmente, fu in particolare Chiusolo, che ha preso il posto di uno degli epurati dei fatti di Genova come capo dell’anticrimine. Un’inchiesta penale lo prosciolse. La sua figura appare più vicina a quella di De Gennaro, anch’egli prosciolto dai magistrati, per il G8, che a quella di poliziotti capaci e fedeli alla Repubblica come Emilio Santillo, allontanato dal comando dell’antiterrorismo quando si doveva lasciare che Moro fosse assassinato. I magistrati ci hanno messo 11 anni a rimuovere, a reati prescritti, alcuni dei responsabili. Ma la “società civile” non si cura di avere nuovi funzionari che garantiscano contro il terrore e l’eversione dall’alto. Né in questa decade ha fatto nulla su identificabilità della polizia alle manifestazioni e il reato di tortura. E’ più comodo indignarsi guardando il film “Diaz” e ripetere il mantra che la colpa alla fine è dei soliti politici, come il mignottaro di Arcore e la sua corte. Poi, se come appare stia già avvenendo prenderanno piede nuove forme, adatte ai tempi, di controllo mediante la violenza e la mistificazione, ricominceranno borbottii e geremiadi.

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@ Giulioterzo. Quando avremo una polizia democratica e non più fascista? Forse quando i cittadini avranno il coraggio di pensare che le forze di polizia sono così principalmente in quanto strumenti in mano a poteri sovranazionali come la NATO, e oggi anche la UE; e non solo perché culturalmente discendenti dalla scuola di Arturo Bocchini e di Mario Roatta.

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6 luglio 2012

Blog de il Fatto

Commento al post “Nominati nuovi vertici della Polizia: Chiusolo alla DCa e Pellizzari allo SCO” del 6 luglio 2012

Ho saggiato di persona, quando era Questore a Brescia, i metodi di Gaetano Chiusolo, cognato di Pierferdinando Casini. Per esempio, per anni non sono potuto entrare in librerie né biblioteche senza essere intercettato all’entrata, o all’uscita, o all’entrata e all’uscita da auto della polizia. Mi pare abbia una concezione dello Stato, dei poteri che sovrastano lo Stato e della convivenza civile e democratica affine a quella dei colleghi che va a sostituire.

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15 luglio 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Ravera “G8, finalmente giustizia per il sangue delle vetrine” del 15 luglio 2012

Secondo la Ravera, siccome i poliziotti invece di fermare i Blac Bloc si sono rivalsi sui pacifici e inermi occupanti della Diaz, allora non è equo condannare chi se l’è presa col G8 distruggendo la proprietà privata che gli capitava a tiro. Due errori non fanno una cosa giusta, e due strabismi non si compensano a vicenda. In tema di comparazioni, e di guardare dritto, nulla da dire su come la magistratura sta trattando i Notav? L’indignazione e la protesta per il comportamento della magistratura andrebbero rivolte verso le sostanziali coperture per le mani libere lasciate ai Black bloc, per le torture a freddo di innocenti alla Diaz e Bolzaneto:

Il commensalismo dei magistrati

https://menici60d15.wordpress.com/2012/05/29/il-commensalismo-dei-magistrati/

E oggi andrebbe esercitata per la persecuzione dei Notav:

Giancarlo Caselli e i Notav: il negativo e il proibito https://menici60d15.wordpress.com/2012/02/23/giancarlo-caselli-e-i-no-tav-il-negativo-e-il-proibito/

Piuttosto che per i volenterosi figuranti che consapevolmente o meno si sono prestati ad animare i disordini di Genova sotto la regia della polizia, alimentando la tradizione della violenza insensata che il potere suscita e pilota a piacimento per crearsi un alibi alla repressione delle istanze di giustizia e democrazia:

La coltivazione della viltà: Giuliani e Bagnaresi

https://menici60d15.wordpress.com/2008/04/05/la-coltivazione-della-vilta-giuliani-e-bagnaresi/

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17 lug 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Innocenzi “#Federico 25, per una legge contro la tortura” del 17 lug 2012

Non dovrebbe essere difficile, dato il clamore mediatico sul caso Aldrovandi e sugli altri simili, raccogliere 50000 firme. Ma, invece di fare scrivere da esperti e persone informate disegni di legge su tortura e identificabilità della polizia, e raccogliere le firme per proporli per iniziativa popolare, come previsto dalla Costituzione, si chiede, come previsto da Internet, di firmare online per una generica supplica al ministro della polizia perché faccia fare una legge che controlli gli abusi che provengono dal suo stesso ministero. Una legge di controllo scritta da chi dovrebbe essere controllato.

Come madre alla quale è stato strappato un figlio, che ha lottato con successo perché il caso venisse a galla, Patrizia Moretti può dire e fare ciò che vuole, e non si può che rispettarla. Come attivista politico appare un asset della finta sinistra e dei preti, le forze che la sostengono, maestri nell’arte di favorire il potere simulando un’opposizione di comodo, che è inconsistente anche se raccoglie consenso; a partire dal consenso dei tanti che vogliono fare gli “impegnati” e allo stesso tempo tenersi buono chi comanda. Se volete aiutare chi come me subisce gli abusi di polizia e la collegata connivenza della magistratura, firmate per buone leggi di iniziativa popolare, se chi ne ha la possibilità volesse fare sul serio e le proponesse. Ma non per operazioni gattopardesche come questa.

http://menici60d15.wordpress.c.

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21 ottobre 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Todde “L’Agenzia del Farmaco vieta l’Avastin, rimedio contro la cecità” del 20 ottobre 2012

@Sonia Martino. Lei tocca un punto importante. E’ vero che non ci si può occupare di tutto: si dovrebbero però delegare persone degne e competenti, e a guardare i nostri politici e funzionari ciò non è accaduto. Il popolo, che può essere considerato come un’istituzione, è anch’esso colpevole del presente stato di cose. Inoltre, se da cittadini si sceglie di occuparsi di un tema, si ha l’obbligo di non essere superficiali: molto del “dissenso” è preconfezionato, e serve a pilotare l’opinione pubblica verso obiettivi fissati in partenza. Così quando si lanciano temi come questo la protesta popolare fa pensare a quei balli caraibici di gruppo, nei quali le figure di libertà e spensieratezza della danza sono ripetute all’unisono come in un plotone militare.

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23 novembre 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Casolari “Psicologia, il maltrattato che diviene maltrattante”

E’ vero che il male può corrompere anche la vittima, come hanno osservato Manzoni e Primo Levi. D’altra parte, gli italiani sono bravissimi nell’arte di don Abbondio di trovare nella vittima colpe che giustifichino la loro viltà e complicità. E’ stato fatto anche con Moro.

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4 marzo 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Bellelli “Psicologia sociale: il familismo amorale nell’Italia di oggi”

L’analisi statunitense è di parte e incompleta. Il familismo amorale c’è; un testo fondamentale per la comprensione dell’Italia è la difesa di Giuda da parte di Troisi in Ricomincio da tre (Youtube). Ma deriva dalla mancanza di comprensione dell’interesse pubblico come interesse privato: in un popolo il cui orgoglio è stato dilavato da secoli di dominazioni, e indottrinato dai preti a litigare coi fanti e leccare i santi se si vuole sopravvivere, il singolo non capisce che è in primis proprio interesse avere una sfera pubblica sana. Che se si lascia uccidere Mattei, e gli altri epurati, poi si vivrà peggio. La legge accettata è quella dei rapporti di forza; e si accetta la società ordinata secondo la gerarchia effettiva che ne deriva. La politica è sostituita dalla speranza individuale del vassallaggio: che servendo un potente si diverrà signori, anche microscopici, ricevendo un piccolo feudo. Ciò è diffuso da Domodossola a Lampedusa, dal magazziniere raccomandato alle alte cariche atlantiste. I nostri “potenti” sono per lo più povera gente che ha ottenuto di divenire grande feudatario, vendendosi pezzo dopo pezzo il Paese. Al Nord si sottomettono a padroni più forti. Sembrano puliti perché – in cordate clientelari – servono i poteri globalisti senza volto, i poteri “innominati”, più che il piccolo viscido galantuomo di paese. In questa corsa al padrone i terroni settentrionali non fanno meno danni di quelli doc, e se siamo dove siamo lo si deve anche a loro.

*  *  *

@ A. Bellelli. Ho letto il libro. Interessante, anche se prende in esame un paese “spaventosamente povero”, con un alto tasso di mortalità e problemi di denutrizione, dove nessuno dei 2000 abitanti ha una propria automobile. Ma non mi pare che l’autore consideri la “mancanza di comprensione dell’interesse pubblico come interesse privato”. Considera invece la mancanza di una espansione dell’interesse privato nel pubblico, sempre su base egoistica e familistica (l’ottenere prestigio, soddisfazioni), che è una cosa diversa dal sospendere l’egoismo e curare l’interesse pubblico per non subire un danno. Banfield (che cita Milton Friedman tra i riferimenti metodologici della sua analisi sulle possibilità di sviluppo economico di una popolazione straniera) auspica tale espansione affinché favorisca lo sviluppo economico. Questa espansione l’abbiamo avuta, la crescita c’è stata, le condizioni materiali di vita sono migliorate; tutti vogliono essere qualcuno e “realizzarsi”, le strade sono intasate di auto e le arterie di placche ateromasiche; ma il familismo amorale è rimasto. E si è forse aggravato; come Banfield riconosceva sarebbe potuto accadere, nel chiedere di uscire dal familismo pigiando sul pedale del familismo. L’interesse privato ha già invaso il pubblico, con effetti misti e a volte disastrosi. Noi, trascurando di tutelare la sfera pubblica, paghiamo sempre più tasse per arricchire dei privati mentre i beni pubblici che le tasse dovrebbero finanziare ci vengono tolti.

*  *  *

Che nel bianco della bandiera nazionale andrebbe scritto “Tengo famiglia” Longanesi lo ha detto ancora prima, o senza avere letto la descrizione di Banfield (1955); che è più vicina alla Lucania di C. Levi o alla Calabria di Alvaro che all’Italia di 60 anni dopo. E una tale bandiera rappresenta l’intero territorio. Quando vivevo in USA ho sentito diverse volte questa tesi dell’Italia del Sud arretrata e familista rispetto al Nord “calvinista” e progredito; e ho potuto osservare che per maggior senso civico si intendeva una maggiore aderenza ai dettami liberisti. Declinati comunque all’italiana. Non ci sono solo i don Ciccio Mazzetta; anche i Perego padani e i burocrati romani tengono famiglia. Dimmi chi voti e ti dirò che idea hai del bene pubblico; e a giudicare dalla scarsa o assente correlazione tra la qualità degli eletti e la loro provenienza regionale, lo spirito civico, che in effetti storicamente era più vivo in alcune aree, come quelle che hanno conosciuto i Comuni, si è disciolto sotto l’effetto corrosivo e omologante del liberismo, lasciando poco più che una maschera. La cui consistenza posso tristemente apprezzare, frequentando sia la Lombardia che la Calabria, e constatando direttamente, con tutto il rispetto per il venerabile studio di Banfield, insieme alle differenze le affinità, le convergenze e i legami inconfessabili tra le due popolazioni rispetto alla sottomissione a chi comanda; e rispetto alla conseguente amoralità pubblica.

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6 febbraio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Mondello “Stacchio, per il benzinaio solidarietà 2.0: #iostoconstacchio (storify)”

Una gran massa di italiani ha i testicoli retrattili come le “corna” delle lumache: si esaltano al pensiero di sparare a un delinquente se questi è uno zingaro, ma quando vengono derubati alla grande dai potenti, da chi sta portando il Paese indietro di decenni, stanno muti e con gli occhi bassi.

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@ Gilly. Gilly, che estroflessione. Ritorna in te. Nel mio piccolo, non mi faccio voler bene da chi vi offre il pappone dello “spara allo zingaro”. Denuncio reati poco noti commessi da potenti; e, non meno importante, non seguo i pecoroni.

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13 febbraio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Massari “Poste, rivolta sindacale per gestione del caso trucchi su qualità: “Dirigenti salvati, lavoratori affondati” “

Il popolo è spesso migliore dei suoi governanti; ma è demagogia sostenere che la plebe dei raccomandati e degli imboscati, dei lazzari e dei servitori del più forte, sia migliore dei suoi capi; e che non ne sia complice. I “lavoratori” delle Poste non sono in genere di una pasta migliore dei “dirigenti”. Tanti illeciti non potrebbero essere commessi senza questa omogeneità morale e culturale tra chi architetta e chi esegue.

@ Stefano Frigerio. E’ giusto sottolineare le gravi responsabilità del popolo; ogni popolo ha i governanti che si merita, si dice. Ma oltre alle responsabilità “bottom up” sono trascurate anche quelle “top down”, cioè la corruzione dall’alto della gente comune, che si lascia convincere ad abbandonare i valori tradizionali per scimmiottare – stupidamente – la spregiudicatezza di chi comanda; pensando sia vantaggioso fare il cinico che pensa solo a sé stesso. In realtà danneggiandosi, contribuendo a degradare il tessuto sociale nel quale vive; e perdendo la sua anima e la sua dignità, rimanendo così senza difese rispetto al potere. Come mostra il caso dei dipendenti delle Poste, arroganti e pronti agli abusi, che ora si squalificano, e favoriscono quindi ulteriori privatizzazioni del servizio, frignando e ricattando per avere un’estensione dell’impunità riservata ai loro capi.

@ Paolo. Questa è la cosiddetta “Nuremberg defense”, la “difesa di Norimberga”, lo “obbedivo agli ordini” estesa dai gerarchi ai sottoposti. Che può portare a conseguenze gravi anche in questa versione all’amatriciana, dove non si rischia il plotone di esecuzione, come immaginerebbe Fantozzi (a parte che anche il soldato ha l’obbligo di disobbedire agli ordini se criminali). Un rimpallo che poi esita nella solita assoluzione generale. L’eroismo, la santità, non sono richiesti; non c’entrano nulla, e non andrebbero sciupati in queste storie ignobili, che ne fanno retoriche della vigliaccheria. Qui non si tratta di essere Enrico Toti o Salvo D’Acquisto. C’entra invece la grande nemica, del liberismo come della invereconda “sinistra”: la decenza. Che pure ha un costo. E’ richiesta la responsabilità individuale del cittadino; che può essere un soldato semplice, ma non un servo. Il lavoro non è una trincea, ma neppure il seggiolone dove si riceve la pappa. Alcune cose non si fanno e basta, se si vuole continuare a potersi guardare allo specchio. E si possono non fare anche se non si è nati col cuore di leone; tanto più quando si è in tanti, e organizzati in un sedicente sindacato.

@ Paolo. Forse è meglio lasciare perdere i paragoni coi soldati della Brigata Catanzaro o con i marinai della corazzata Potemkin. Io pratico quanto dico, e parlo perché sono in condizioni di poter dire la mia sul tema; non perché sia un eroe o sia afflitto da un adamantino senso del dovere, ma perché sono delicato di stomaco; e perché comprendo che non si tratta di “concetti nobili ed elevati”, di ”teoria”, quanto di una questione pratica, che è anche di convenienza personale, oltre che di dignità. Negli uffici postali mi capita spesso di sentire, dopo la prima mezzora di attesa, la gente inveire. Al vicino di fila che si rivolge a me lamentandosi rispondo che l’impiegato postale riceverà a sua volta disservizi in ospedale o al pronto soccorso, negli uffici amministrativi e giudiziari, nei trasporti. Per le persone comuni, la decenza, il non fare i furbi, l’esigere di svolgere un lavoro corretto ed efficiente, è in primo luogo una convenzione vantaggiosa per sé stessi.

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20 febbraio 2016

Blog de il Fatto

Commento al post di G. Barbacetto “Lo scandalo sanità in Lombardia, la fatina dei denti e i controllori puniti”

@ giancarlo4601. “Viva la magistratura ora e sempre” perché fa un centesimo del suo dovere? Una della radici della corruzione è proprio il desiderio di tanti di trovarsi un qualche potere protettore.

21 febbraio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di T. Mackison “Scandalo sanità Lombardia, l’ex primario di Niguarda: “Nel 2006 la mia denuncia finita nel nulla” “

Così come la magistratura colpì il malaffare politico, con Mani Pulite, solo quando il farlo coincise con interessi non amichevoli di poteri forti sul Paese, la magistratura appare permettere, favorire o perseguire selettivamente illeciti in campo medico, d’intesa col Viminale, secondo una funzione ricalcata su quella degli interessi dei poteri forti, come le multinazionali farmaceutiche e i grandi investitori in campo biomedico.

21 febbraio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Gaudenzi “Scandali Lombardia: da Chiesa a Rizzi, nel paese dove i condannati processano i giudici”

E’ segno dello scarso senso civico degli italiani che solo i disonesti critichino la magistratura. Quando pizzicati, e con accuse false o strumentali, che costringendo a respingerle aiutano a far passare sotto silenzio le magagne vere della magistratura, servizievole verso i poteri che affossano l’ltalia.

22 febbraio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. Ciccarello “Appalti sanità: “Italia seconda più a rischio in Europa per corruzione e mafia” “

“Nella sanità quasi mai le forniture sono vinte da aziende straniere. E’ sintomo di frodi e collusioni”. Avoglia se ci sono frodi e collusioni in quella mangiatoia a cornucopia che la medicina è stata fatta diventare. Frodi secondarie, su forniture che spesso a loro volta costituiscono esse stesse una frode, la frode primaria, non andando nell’interesse del paziente ma di chi produce e commercia i beni e i servizi. La frode medica primaria, che ha i ”pregi” della legalità formale e della rispettabilità esteriore, non è una nostra creazione: diffusa nei paesi industrializzati, l’abbiamo prevalentemente importata. Impiantandoci sopra la corruzione tradizionale degli appalti e altri imbrogli. Le aziende straniere vogliono entrare anche nei settori mantenuti dal malaffare nostrano; col loro sistema della frode primaria, integrato nell’economia legale e culturalmente mimetizzato come “scienza”; e rendendo la corruzione ad esso funzionale.

I succhiasangue nostrani vengono quindi svergognati. Si può essere contro Tano Badalamenti perché si è contro la mafia, come Peppino Impastato; ma si può essere contro Badalamenti perché si vuole impossessarsi del suo business, come Bernardo Provenzano. La distinzione, che sarebbe fondamentale, tra opposizione morale e take-over fra bande è tenuta fuori dal discorso mediatico, e giudiziario, sulla delinquenza e la corruzione. Così il correre in soccorso della banda più forte viene presentato come istanza etica.

@ Giovanna Maggiani Chelli. Interessante. Non stento a credere che lo stato parallelo, e quindi anche i suoi fiduciari della malavita, oggi abbiano mandato di interessarsi anche della destinazione dei circa 110 miliardi di euro/anno della sanità. Potrebbe per cortesia dare indicazioni bibliografiche su queste rivelazioni di “collaboratori di giustizia” ?

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17 novembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di O. Lupacchini “Voto, suffragio universale e democrazia ‘borghese’ di Manzoni” “

Manzoni sarà stato paternalista, o elitista; ma voleva che alla lettura del romanzo fosse abbinata quella de La colonna infame, che mostra quanto buon padre possa essere il potere. Oggi il grande capitale facendo credere alla gente che è libera di pensare e di scegliere imbriglia l’immensa forza bruta della stupidità di massa. In medicina ai mali del paternalismo si è sostituita, o meglio affiancata, una pretesa autonomia del paziente che “permette ai medici di scapolare dal dovere di base che è sempre stato di perseguire il bene del paziente”*. In USA si stanno indebolendo i regolamenti di controllo sulla sicurezza dei farmaci in nome delle “libere” “scelte” dell’individuo; si approvano prodotti pericolosi affermando che ci si è conformati al livello di rischio voluto dai pazienti. Per poi imporre paternamente compliance, ovvero obbedienza, ai pazienti. L’attuale manipolazione scientifica delle masse ricorre a qualsiasi ideologismo e al suo contrario (Napolitano con la sua storia rappresenta bene questo eclettismo). Credo che il superamento del paternalismo vada cercato nel rifiutare i falsi padri imposti dall’alto ma eleggere se possibile chi ci governi come un buon padre. L’agghiacciante attuale arco politico dimostra che purtroppo il popolo non è affatto bravo in questo, che corrisponde a una forma alta di democrazia rappresentativa.

*Loewy EH. In defense of paternalism. Theor Med Bioeth 2005. 26: 445.

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28 gennaio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di V. Bisbiglia “Parentopoli Atac Roma, 150 a rischio licenziamento: “Privi di requisiti” Sindacati: “Responsabilità di altri” “

Adesso abbiamo anche i raccomandati a loro insaputa. Con la differenza che dare del corrotto ai politici fa parte del discorso permesso, ma pochi hanno il coraggio di riconoscere il carico di corruzione, i guasti alla vita civile, generati dalle congreghe di clientes che hanno avuto il posto di autista o di spazzino.

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21 aprile 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Ferrero “L’Anpi ha completamente ragione: la Resistenza italiana non si può paragonare a quella ucraina”

Non sono paragonabili, ma sono entrambe figlie di posizioni false e autolesioniste. Gli italiani accettarono il fascismo che violento e cialtrone mosse guerra contro nazioni bellicose essendo impreparato e accodandosi alla follia nazista. Dopo l’8 settembre si pose a molti il dilemma dello scambiare nemico e aggregarsi sottomessi al vincitore. Gli ucraini hanno accettato lo zelenskismo, il fare da stato fantoccio suicida. Per il piacere degli USA si sono prestati a rendersi una minaccia per una nazione molto più forte, fino a farsi attaccare. Ora hanno il dilemma di difendere la propria terra essendosela prima venduta e combattendo una guerra altrui in casa propria e con la certezza di sconfitta.

L’ANPI ha evitato la vergogna di unirsi allo zelenskismo nostrano. Ma dovremmo riflettere sulle conseguenze tragiche, per noi nel ‘43, per gli ucraini oggi, di accettare per viltà, ruffianeria, indifferenza, corruzione, le posizioni “furbe” in realtà false e dannose, dei capi. Ieri il fascismo, oggi lo zelenskismo. Non esistono poteri buoni; invece di servire gli uni o gli altri, e invece di bersi la retorica fascio-clericale, trombona e ignorante, che si traduce nell’eseguire l’ordine di “reagire” evirandoci economicamente, dovremmo riconoscere come primo dovere quello della nostra salvezza e sicurezza nello scontro tra i potenti litiganti. E solo dopo esserci messi al sicuro lavorare – ma seriamente – per la pace degli altri, anche a costo di sacrifici.

@ Matteo Sivestrini. “Adesso sta a vedere che il cretino sono io” (De Curtis). Mi rifaccia questa sparata il 9 maggio, quando commemoreranno Aldo Moro, uno di quelli eliminati – tramite gli immancabili traditori e idioti – da chi vuole farci vivere “in un modo aperto e libero”. Con politici come lui PdC o PdR, invece dei campioni attuali, non faremmo la guerra di liberazione tagliandoceli.

@ Matteo Sivestrini. Martinazzoli, abile affabulatore, parlò di “inattualità” di Moro. Forse vivo mentalmente in un mondo inattuale, dove “libertà” non significa piegarsi al potente di turno e servirlo (oggi gli USA; domani chissà) e per il resto cercare di fregare i propri pari. Lei vive nel fumetto con sangue vero delle versioni ufficiali, dove le BR erano “samurai invincibili”. Aldo Moro era un DC, uno scaltro curiale portato al compromesso. Ma non era lontano dall’utopia borghese di una società equilibrata, inattuale e invisa al liberismo non meno del libro dei sogni dei comunisti. Moro, tanto di cappello, era il contrario dei buffoni che a parole sono dei Che Guevara e poi a stipendio ottenuto fanno gli sciuscià. Teneva all’Italia come entità autonoma e libera, e questo ha segnato la sua eliminazione esemplare. Tramite le BR, sciagurati ometti anti-italiani, proprio come la sciagurata masnada per la quale lei interviene, che oggi pratica quello che chiamo il “caetanismo”, l’aberrazione che può degenerare nello zelenskismo. Es. l’influenza del Centro Studi americani di Via Caetani – è davanti al muro esterno della sede del Centro che fu parcheggiata la Renault 4 – nell’orientare, tolti di mezzo gli “inattuali” e promossi gli yes-men, le nuove politiche sanitarie, senza precedenti, senza legalità, senza razionalità e iatrogene. Uniche per l’Italia, una forma di barbarie hi-tech che giusto un bravo scolaretto come lei può vedere come “occidentali”.

@ Ground 01. A me non fanno paura i mostri come Goebbels, che sono rari. A me fanno paura le masse che facilmente li seguono. Es. Why did so many German doctors join the Nazi Party early. International Journal of Law and Psychiatry, 2012. Uno storico tedesco, Kellerhoff, sostiene che la forza principale che ha portato all’Olocausto è stata la peer pressure. Le greggi di pecore, quelle sono sempre attive, cioè pronte a obbedire.

@ Snorri. Legga meglio che c’è. E legga meglio anche sulle cause; a meno di non fare come quegli attaccabrighe che grossi e minacciosi mettono il loro naso a 1 cm dal tuo e ti dicono “ti ho toccato? Che vuoi, se mi tocchi ti meno”. Una variante è che a provocare è uno piccolo, con dietro uno grosso che aspetta di accorrere in soccorso. Veda un po’ di trovare anche qualcosa sul ruolo di paciere degli anglo-americani, che smentirebbe definitivamente le calunnie che li dipingono come guerrafondai. Anche se Il Fatto di oggi riporta del generale Bertolini, già dei parà, ambiente che un poco ho conosciuto da civile e che non mi è parso spiccasse per bolscevismo, irenismo e amletismo, “gli USA tengono in ostaggio la pace”; “se il negoziato non c’è perché gli USA non lo vogliono, la guerra va avanti chissà quanto. E questa è una cosa spaventosa”.

@ Matteo Sivestrini. Le ho lette tutte, e non vi ho trovato nulla sugli USA che trattengano la loro “bald eagle”. Fu detto che la guerra è una cosa troppo seria per lasciarla ai generali. C’è da chiedersi se una cosa seria come l’informazione va lasciata a giornalisti e commentatori, perché per l’Ucraina alcuni nostri generali si stanno mostrando, nel dare punti di vista e informazioni, più seri e ponderati di tanti uomini di penna, che invece ricordano la poesia di Trilussa “L’eroe ar caffè”, 1916.

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CENSURATO

3 settembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. C. Caselli “Generale Dalla Chiesa: il mio ricordo a quarant’anni dalla strage di via Carini”

Credo che gli omicidi eccellenti abbiano avuto moventi multifattoriali: che siano stati commissionati tenendo conto di una molteplicità di fattori. Tra questi la necessità di selezionare la classe dirigente “compradora” tramite la quale governare il Paese a scapito dei suoi abitanti. La selezione avviene anche marcando come proibiti alcuni tipi umani tramite l’assassinio. L’attuale catalogo politico, che ricorda un atlante di funghi saprofiti, corrobora l’ipotesi.

Era un carabiniere che ci credeva davvero, ed era professionalmente abile. Per di più, con le parole che Caselli riporta sulla mafia che concede come favore ciò che è diritto delineava una singolare figura di generale quadrato e tosto che esprime critiche politiche centrate e nobili che potrebbero provenire da un Salvemini o un Danilo Dolci. (Quando la tendenza è all’opposto che le istituzioni mafiosamente concedano come favore ciò che è dovuto). Un guerriero che parla come un filosofo va bene per la Repubblica di Platone. Ciò può avere pesato, insieme ai fattori contingenti, per il pollice verso.

Questi crimini necessitano di una “location” adatta, attrezzata e conforme al copione ad usum delphini. Se si vuole eliminare un Dalla Chiesa il machiavello è mandarlo a Palermo e affidare il lavoro ai mafiosi. (Se si vuole un picco di letalità che inneschi e sostenga a livello internazionale una cascata di provvedimenti mostruosi giustificandoli in nome della salute, la Lombardia orientale è il posto giusto).

[Il commento è stato censurato, rimuovendolo, dopo essere rimasto visibile per almeno una giornata e avere ricevuto dei like. Probabilmente per l’ultima frase, sulla location in Lombardia orientale della “mini Wuhan”. V. Lo knock-on dell’operazione covid in Lombardia orientale. Il classico lavoro di Wennberg, The Dartmouth Atlas of Health Care in the United States. Hanover, NH:Trustees of Darmouth College; 1998, mostra come contrariamente a quello che istintivamente si crede la medicina sia un determinante dell’incidenza registrata di malattia, e così di forti variazioni nell’incidenza locale (nella prassi per ragioni di profitto, tramite il meccanismo della “supplier-induced demand”). Mostra inoltre come sia comune il fenomeno di creazione di malattia da parte della medicina. Sia dichiarandone la presenza surrettiziamente, o ri-etichettando patologie diverse, sia materialmente, pilotando il decorso clinico con azioni e omissioni. Nozione tabù in generale, e tanto più nel caso della strage covid in Lombardia, che gode di coperture e di versioni di comodo non inferiori a quelle delle stragi siciliane.

Per altri miei commenti sul quarantennale dell’omicidio di Dalla Chiesa, v. La selezione avversa]

3 settembre 2022

Commento al post di S. Limiti “Carlo Alberto dalla Chiesa, nelle carte di Moro il segreto del suo assassinio”

Dalla Chiesa non era un agnellino né un ingenuo. Ma si trovò a giocare contro la sociopatia al potere. Che toccando i tasti giusti riuscì ad attirarlo a Palermo, e quindi alla portata dei mitra dei mafiosi; facendo così rientrare agli occhi del pubblico l’eliminazione nella narrazione “mafiocentrica”, la versione canonica che resa credibile dagli omicidi eclatanti accentrando l’attenzione su uno dei grandi poteri criminali lascia liberi di agire gli altri. Come i poteri che vollero la morte di Moro; e che oggi ci sacrificano ai loro interessi facendoci andare in malora.

Ambrosoli scrisse alla moglie che non lo avrebbero ucciso perché sarebbe stato un omicidio firmato. Enrico Mattei, l’opposto degli attuali traditori, procacciava nel mondo con magistrale abilità l’energia per l’Italia. La moglie lo sentiva piangere la notte per le minacce ricevute; deve essersi sentito rinfrancato dalla laurea honoris causa conferitagli da Stanford. Ma non fece tempo a ritirarla. Lo deve avere anche rassicurato la presenza di un passeggero americano sul suo aereo. Tutti e tre persone di grande valore, che non avendo la testa del farabutto erano svantaggiate nel confronto col Male vero, che unisce lo studio psicologico della vittima, l’inganno perfido, la finzione gelida, alla sanguinarietà bestiale. La dicotomia buoni/cattivi è spesso semplicistica, si sa. Ma si può usare al suo posto quella tra “l’inferno e chi non è inferno” (Calvino), che è robusta.

@ Basettoni. Ci sono colpe anche nel farsi colonizzare senza resistere, e anzi collaborando: “If overall responsibility for the strategy of tension rests with the United States, a great burden of guilt must be born by the Italians, without whose willing participation the country’s terrorist ordeal would never have come about” (Willan P. Puppetmasters. The political use of terrorism in Italy.2002; il libro dà anche un quadro non agiografico su Dalla Chiesa e il suo assassinio). Si parla sempre di mafia, un po’ di corruzione, ma mai della terza testa del mostro, il tradimento delle classi dirigenti. Né dell’ignavia omertosa degli italiani, che ora avranno modo di meditare sulle conseguenze degli atti di guerra cui, presi solo dai loro affari immediati, hanno voltato le spalle, come l’eliminazione di un capitano d’industria come Mattei,di statisti come Moro e di tanti che volevano servire il Paese.

@ Basettoni. Si viene estromessi dal lavoro, e con esso dalla possibilità di incidere sulla società, non come il facoltoso avvocato Conte, dagli ambigui addentellati, catapultato a palazzo Chigi; ma scomparendo in silenzio mentre si viene mascariati. A lupara bianca. Senza clamore, senza che se ne accorga altri che quelli che vanno educati. Su direttive di oltreoceano, v. R. F. Kennedy jr, “The real Anthony Fauci”, 2021, sulle epurazioni implacabili, e sulle munifiche selezioni alla rovescia degli “esperti”, pro frode in campo biomedico. Tramite notabili di casa nostra. Del genere di quelli che misero in carcere Domenico Marotta. Facendo largo ai Ricciardi e catapultando ai vertici i Crisanti. “Piacerini” di politici e magistrati dalle conseguenze nefande: “Why are so many people dying? The endless butterflies effects of damaging policies”, Gruppo Hart, 5 set 2022.

La precisa ripartizione delle responsabilità tra i quisling e le persone comuni – con il clero storico gestore e catalizzatore dalla pratica di vendersi l’Italia – forse è il problema dell’uovo e la gallina. In ogni caso non si può sollevare da una cospicua quota di colpe l’italiano medio, che, uso servire i santi e fregare i suoi pari, ancora meglio se le due cose assieme, ascolterebbe con impaziente distacco il suo quadro di asservimento nazionale. Che lei ha tratteggiato usando l’accetta, con tagli di troppo e senza gli sfumati che lo rivestono. Ma non è certo campato in aria.

Il pendolo di Foucault e il generatore di Kelvin

27 March 2012

Blog di Aldo Giannuli

Commento al post “Un altro spostato: l’eccidio di Tolosa” del 27 mar 2012 

Casseri, che si occupava di occultismo e teorie fasciste, campi che mi provocano l’orticaria, prima di morire ha accusato di plagio, con argomenti che non appaiono palesemente infondati, Umberto Eco, per “Il cimitero di Praga”, romanzo storico su occultismo e servizi segreti. Eco in precedenza aveva scritto “Il pendolo di Foucault”. Il pendolo di Foucault, comune nei musei di storia naturale, appartiene a quella classe di esperimenti fisici affascinanti, dove un apparecchio rilevatore di estrema semplicità svela la presenza di grandi forze naturali. Eco, “la pietra di Pappagone della cultura italiana” nella definizione di Marcello Marchesi, non si è fatto scappare il sottile senso del meraviglioso che emana dall’esperimento del fisico francese.

Il prof. Giannuli, nel considerare il caso Casseri e gli altri simili avvenuti in pochi mesi, ci ricorda giustamente che il metodo scientifico parte dalle ipotesi, e che qui siamo su “thin ice”. A volte si sa così poco che occorre un lavoro preliminare alla formulazione di ipotesi. Davanti a questi strani casi di “pazzia politica” credo che la prima ipotesi debba essere quella generalissima e altamente astratta di una black box: l’ipotesi che esistano dei meccanismi per produrre questi fenomeni, dei metodi a noi sconosciuti. Abbiamo cioè un problema di ingegneria inversa: data una scatola nera con certo output, cosa c’è dentro? Per tentare di risolvere un simile problema occorre studiare, prima di formulare ipotesi specifiche.

Se avessi il compito e il potere di indagare su queste schifezze – e se gli uffici del servizi non volessero confidarmi cosa sanno su queste cose – chiederei per es. ad uno storico del terrorismo e dei servizi come il prof. Giannuli di riscrivere una storia del terrorismo in Italia impostandola sotto il profilo della manipolazione dei terroristi neri e rossi da parte dei servizi. Di quali mezzi, di quali leve, di quali analisi, di quali risorse, di quali espedienti si sono serviti per le operazioni false flag? Quanto vi è stato di spontaneo, quanto di pilotato, quanto la mano dei servizi è intervenuta direttamente, e soprattutto, quali sono state le forme miste negli atti di terrorismo ?

Inoltre chiederei a uno psichiatra esperto di metodi di condizionamento mentale una relazione sulle tecniche psicologiche, farmacologiche, organizzative, con le quali si possono ottenere dati comportamenti. Nel frattempo leggerei, cautamente e con scetticismo, la letteratura corrispondente a quella delle due relazioni. Quindi cercherei di incrociare le due fonti, nella speranza di trovare un appiglio di una qualche consistenza che permetta di fare luce, o di formulare un’ipotesi, sul principio, o sui meccanismi, sui quali si basa il funzionamento della scatola nera che oggi sembrerebbe avere preso il posto delle operazioni degli Anni di piombo. (Chiederei anche i motivi e i mandanti di alcuni comportamenti ad alcune istituzioni dello Stato, e della città dove abito).

Può darsi che le sconcertanti notizie sui casi di strage, e forse anche quelle su alcuni tragici suicidi, rispecchino la nostra ignoranza e minorità rispetto ad alcune moderne tecnologie del potere, davanti alle quali siamo come dei primitivi davanti a un accendino, o a una radio. Può darsi che questi fatti terribili siano la forma estrema e rara di metodi di condizionamento e manipolazione diffusi, che più spesso prendono forme meno intense; si dovrebbe studiare l’esistenza di altre forme mirate ma meno cruente o incruente; ad esempio, esiste oggi, io ritengo, un pesante “mobbing di Stato” (commissionato, come altri delitti dell’Italia repubblicana) teso a condizionare chi ne è oggetto; fino a considerare le forme che sfociano nel condizionamento ideologico e culturale di massa coi media, “banale” forse, ma non da sottovalutare, viste le follie collettive cui storicamente può portare e sta portando.

Riguardo a ciò, nel brainstorming, o nel libero inventare, sui numerosi diversi congegni che ipoteticamente potrebbero stare nella scatola nera, si potrebbe immaginare tra i tanti anche qualche analogo psicologico del generatore di Kelvin; un apparato, la cui spiegazione si può trovare su internet, che è un altro di quegli oggetti scientifici che sono sbalorditivi per noi laici, per la semplicità con la quale ottengono effetti di larga scala. Nel generatore di Kelvin si riesce a produrre grandi differenze di potenziale, anche superiori ai diecimila volt, facendo gocciolare l’acqua da due taniche in due secchi, col solo fare passar le gocce attraverso due collari metallici collegati per via incrociata all’acqua dei secchi. Fino a che scoccano scintille tra gli elettrodi montati sui due secchi; inaspettatamente e come dal nulla agli occhi degli astanti, che pensano a qualche dispositivo elettrico nascosto che invece non c’è.

La generazione di alta tensione con mezzi elementari si trova non di rado in elettrostatica; e non è da confondere con una generazione sostenuta di corrente elettrica. L’accrocco comunque mostra, per metafora, come a volte bastano mezzi minimi e ingredienti in sé leciti e insospettabili per evocare potenti forze naturali; come disponendo in un certo sapiente ordine oggetti semplici e comuni e lasciando andare le cose sia possibile creare il fuoco con l’acqua; come con delle innocue goccioline, goccia a goccia, si può ottenere un accumulo di energia, fino a che alla fine non è che il vaso trabocca; ma parte una forte scarica elettrica; che in alcuni casi potrebbe incendiare del combustibile che qualcuno potrebbe avere messo a distanza utile.

La sinistra radicchiale

26 March 2012

Blog di Aldo Giannuli

Commento al post “Perchè sono comunista” del 26 mar 2012

“C’è sempre un puro più puro…” diceva Nenni. Quello che accomuna i comunisti ai peggiori capitalisti, e ai tanti opportunisti che stanno tra i due, è la bugia e l’omertà sul valore sociale ed etico del lavoro; non del lavoro come impiego e fonte di reddito, naturalmente; ma sul valore etico e sociale di ciò che viene prodotto. Per esempio, come ho osservato in questo sito (*), si auspica che la medicina divenga sempre più “motore della crescita del reddito e dell’occupazione”. Conoscendo questo settore dall’interno, vedo che l’enorme espansione e il successo economico della medicina sono il risultato di frodi strutturali, che tolgono sistematicamente, legalmente, sia salute sia denaro alle persone; ma alimentano così sia la speculazione finanziaria sia, in senso letterale, le famiglie dei portantini. Non ci sono forze politiche che contestino questa via cannibalistica al capitalismo.

La causa della crisi, crisi che prende forme primariamente economiche ma non è solo economica, risiede solo in parte nel fattore che, grazie soprattutto ai comunisti, di solito si indica, il capitale; ha le sue spore nascoste, o meglio taciute, anche nel lavoro; che grazie soprattutto ai comunisti è sacro e immune da critiche sulle sue conseguenze etiche e politiche. Il capitalismo ha così nel comunismo la sua cintura protettiva, consistendo quella che si presenta come un’opposizione radicale nel non chiedere al leone altro che di essere un po’ meno leonino nella spartizione delle prede: l’obiettivo presente, fatte salve le belle chiacchiere sul sole dell’avvenire che dovrà sorgere, è di “rifondare il patto sociale tra capitale e lavoro “ per “un sistema sociale un po’ più equilibrato”.

Io apprezzo la profondità di certe analisi marxiste; non contesto certo a nessuno il diritto di chiamarsi comunista e di professare qualsiasi dottrina; né di sostenere che posizioni come le mie sono utopiche, errate, etc. Solo rilevo questa consuetudine, comune a tante forze politiche, di presentarsi per gli autentici oppositori radicali quando si è un barbacane del sistema, un antemurale che protegge il capitalismo dal cambiamento radicale. Non si tratta di essere più puri dei puri; è valido in questo caso ciò che osservava Pascal sul radicalismo relativo, di come un moderato che non segua una deriva estremista appaia lui estremista: “Quando tutto si muove in modo uguale, in apparenza non si muove niente, come su una nave. Quando tutti vanno verso la dissolutezza, sembra che nessuno ci vada. Colui che si ferma mette in evidenza l’esagerazione degli altri, come se fosse un punto fisso.”

Questo per me è radicalismo, oggi: riconoscere che si sono spostate abnormemente le coordinate dell’etica pubblica e contestare ciò. Chi è portatore di questa soverchia “purezza”- anche se le sue posizioni sarebbero non troppo lontane da quelle di un ipotetico democristiano, o di un repubblicano, onesti – non “epura i meno puri”, come invece diceva Nenni; ma viene epurato lui. E i bravi sedicenti comunisti, forse anche per rinsaldare il patto sociale e riequilibrare la loro busta paga, spesso non si fanno pregare per svolgere quest’altro lavoretto extra per il nemico capitalista.

* https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/15/la-medicina-come-rimedio-ai-limiti-della-crescita-economica/

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21 giugno 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Piazza della Loggia, la Cassazione conferma l’ergastolo per Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte”

@ Valter Martinelli. E’ fin da bambino, nella rossa Siena degli anni ’60, molto prima di internet, che mi trovo male a discutere coi “compagni” che mettono le loro attività di disturbo al servizio di ciò che dicono di combattere. Il tema è la strage di Brescia, non le persecuzioni – accertate – di Stalin verso gli ucraini. Comunque lei nel tema rientra indirettamente, con la sua petulanza scorretta e fastidiosa che mentre agita la bandiera rossa serve chi volle le bombe. Un tipo umano non raro, nel ramo di parabola dai Gramsci e i Pio La Torre ai Napolitano, ai massocomunisti, e infine ai massoni e basta; che viene trascurato nelle ricostruzioni quando invece ha giocato un ruolo importante nelle disgrazie e nei tradimenti dell’Italia repubblicana. Grazie per la sua testimonianza. Continui pure ad esibirsi.

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5 novembre 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Marche, il provveditore che esalta la guerra in una lettera agli studenti. Anpi: “Retorica bellicista che non stimola conoscenza critica” “

“Dalle pagine di Gabriele d’Annunzio, così cariche di sapori, afrori, colori e suoni, esala spesso l’odore della morte, che per il poeta è un profumo, quasi il risvolto o la sublimazione della sua sessualità. Il folklore mussoliniano ne dedusse un armamentario funebre, fiorito di teschi, fiamme e camicie nere con contorno di riti altrettanto mortuari come il famoso appello: «Camerata Tal dei Tali!», al quale il coro degli accompagnatori rispondeva: «Presente», e che diede luogo, nel ventennio nero, al romanesco improperio malaugurante: «Te possano chiamà presente».” (Piero Chiara).

Mentre la gente si lascia ubriacare di paura, e l’Italia viene tradita e strozzata, il logoro siparietto del battibecco sul folklore mussoliniano tra i sedicenti patrioti e quelli che la guerra all’invasore la fanno alla playstation – entrambi bene imboscati – aiuta a nascondere l’avverarsi della previsione “Se i fascisti dovessero mai tornare tra noi, non avranno più la camicia nera o bruna,ma il camice bianco” (Citato in Jean-Claude Michea, Il nostro comune nemico,2017).

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22 agosto 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Ravenna, decine di nostalgici ricordano il gerarca Ettore Muti. A pochi metri antifascisti cantano Bella Ciao”

Ricordo, in vecchio articolo di “Storia illustrata”, che per la sua uccisione si usò l’espressione “un cespuglio sparò”. Mi colpì l’espressione vivida, fuori luogo nella ricostruzione di un omicidio. Poi ho trovato che è una espressione di Montanelli in “XX Battaglione eritreo” (1936). Quell’altro triste personaggio, Badoglio, aveva incaricato i carabinieri. Nella mia esperienza, i prefetti, e le prefettesse, proseguono a tutt’oggi la tradizione di operazioni sporche, sopprimendo certe voci ed esaltandone altre, impunemente, per come richiesto da chi sta in alto. Il prefetto non avrebbe dovuto autorizzare, per di più sotto elezioni, la celebrazione di un simbolo della politica ottusa, violenta e antidemocratica. Ma così, oltre a strizzare l’occhio agli amici nostalgici, si consente ai servitori del fascismo dei banchieri di rabberciare una irrecuperabile verginità antifascista con la solita stanca sceneggiata in costume.

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5 marzo 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post ““La tua rivoluzione è stata la mia”. Polemica su Di Cesare per il post su Balzerani (poi cancellato). Rettrice La Sapienza: “Sconcerto””

Si possono esecrare le tesi di un intellettuale che sostenga la lotta armata, ma comunque rispettarlo. E’ invece disgustoso che – bene imboscata nello Stato con una cattedra universitaria – si elogi il terrorismo pilotato. Tramite il terrorismo affidato ai vari Moretti*, il compagno della Balzerani, si è soggiogato il Paese, si sono eliminati leader che lo volevano libero, si è selezionata una classe dirigente di servi. Disgustoso è il narcisismo del fiancheggiare l’oppressore e presentarsi come fiancheggiatore della ribellione all’oppressione (vale anche per i post-fascisti).

Donatella Di Cesare ha pubblicato “Immunodemocracy. Capitalist asphyxia” una critica addomesticata dell’operazione covid che vorrebbe sostituirsi a quella – per me altamente valida – di Agamben (vergognosamente attaccato, anche su questo sito). Il saggio è stato subito pubblicato dalla Massachussetts Institute of Technology Press. Toni Negri, promotore del terrorismo con legami con figure sinistre del capitalismo, fu pubblicato dalla Harvard University Press. A Cambridge, Massachussets (Boston), trovano porte aperte e così legittimazione e prestigio autori italiani che si appropriano di critiche antisistema, le deformano e le indirizzano in forme che ne permettono un utilizzo strumentale da parte del potere che dicono di combattere.

*S. Flamigni. La sfinge delle Brigate rosse. 2004.

@ MARCOBASTA: Non metto in discussione il diritto di salutare sul piano umano anche il peggior delinquente. Ma si ha anche il diritto di osservare che riconoscendo con l’occasione dignità alle “idee” di un doppio gioco, sanguinoso, preparato a tavolino in qualche think tank di oltre oceano, condotto per stupidità o scelleratezza, che ha portato alla decadenza invece che alla crescita, ci si esibisce nell’arte del servire il padrone fingendosi ribelli.

Come in tutte le storie di ambiguità e doppiezza, “una parola” non basta. Ci sono abbondanti evidenze che ci fosse anche cattiva fede. E protezione. Es. “stella a sei punte” Moretti. Nella migliore delle ipotesi, “ci credevano” come utili idioti. Gli intellettuali servirebbero a questo, a riconoscere i cattivi insegnamenti. Es. Pasolini: “Essi credono di spezzare il cerchio e invece non fanno altro che rinsaldarlo”.

Avremmo bisogno di un’autentica sinistra progressista, e di un’autentica destra conservatrice. Invece appare che siano permesse solo caricature, vuote dietro alle sparate, e accomunate dal servire i poteri che nel 1978 manovravano i terroristi improvvisati, resi “samurai invincibili”, e che oggi non ne hanno neppure bisogno, essendo sufficiente il personale politico ottenuto anche con via Fani, via Caetani, etc.

@ MARCOBASTA: Prima l’ha “salutata” lodandone i deliri e lo sfacelo provocato, poi si è retratta, come il cucù degli orologi svizzeri. Non ha neppure tenuto il punto, ma ha nascosto il braccio. Va bene la lotta armata, ma anche i contributi INPS….

L’espressione sui samurai è di Tobagi: “non sono samurai invincibili”. Tobagi fu ucciso da dei figli di papà, al solito protetti. Non è “fare i samurai” fare i sicari – e le patsy, i prestanome – essendo un terminale di apparati delle maggiori potenze politiche e militari, servendole in quello che voi dovreste riconoscere come “imperialismo”. E’ invece simile alla viltà degli squadristi, che attaccavano in venti contro uno. Si sono spente le voci equilibrate, come Moro e Tobagi, si sono eliminati coraggiosi autentici, da Bellomo a Rossa a Borsellino a Calipari, e si dà spazio a sguaiataggini servili e incoscienti con ritrazione incorporata. In Italia pure terroristi e annessi tengono famiglia, e sono raccomandati.

La patafisica dei Carabinieri sull’assassinio di Borsellino

4 February 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post “Borsellino fu avvertito dell’attentato ma scelse di proteggere la famiglia” del 4 feb 2012

Da un lato, dicendo che si sapeva che ci sarebbe stato un attentato, il colonnello Sinico fa un’asserzione che ricorda quelle prove matematiche dette “non costruttive”, che definiscono l’esistenza di un oggetto – l’attentato – senza che si sappia come giungere a quell’oggetto. E’ una forma di ragionamento che taluni esperti giudicano eccessivamente astratta perfino per il rarefatto contesto del pensiero matematico. Si sapeva che ci sarebbe stato un attentato, ma non si è operato efficacemente per individuare gli attentatori, bloccarli, proteggere il magistrato. Con le prove non costruttive si prova in maniera rigorosa, ad esempio, che è possibile sezionare una palla grande quanto un’arancia e ricomporla in una palla grande quanto la Luna.

Dall’altro lato, il carabiniere ripete, in una elaborazione edulcorata, la consueta tesi per la quale se uno è consapevole che se prosegue nel combattere l’ingiustizia verrà ucciso, e tuttavia non si tira indietro, allora è animato da pulsioni suicide o comunque sbagliate. La confusione tra il superare la paura della morte e il voler morire. “Dio sa che è lui che ha voluto farsi ammazzare” dicono i mafiosi. “Il battuto era almeno almeno un imprudente” secondo Don Abbondio. E in un popolo educato alla viltà tanti sono sinceri quando, per ciò che li riguarda, identificano la categoria del non arrendersi davanti ai crimini dei potenti con quella del suicidio, o con qualche altra distorsione psicologica.

La prima affermazione è di una logica che esorbita dalla logica del mondo reale. La seconda fa la caricatura di una deliberazione che fu nobile, ma suona inconcepibile per le concezioni che istituzioni e maggioranza popolare condividono sullo saper stare al mondo. La dirittura di Borsellino lascia attoniti e in commossa ammirazione noi persone di medio livello; ma induce altri a interpretazioni malevole. Credo che ciò che contribuì a condannare Borsellino presso i poteri forti, dei quali i mafiosi non furono che esecutori o “patsy”, sia stato il suo eccezionale coraggio, l’alta qualità della persona. A differenza dei tanti mangiatori di pastasciutta; inclusi tanti di quelli che sostengono che è il sangue di Falcone e Borsellino la sostanza che tinge di rosso le loro toghe.

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4 giugno 2014
Blog de Il Fatto
Commento al post ” Borsellino, il pm Gozzo: “Magistrati e antimafia facciano autocritica ”

Sull’assassinio di Borsellino con i quattro agenti della scorta ancora non è stata fatta chiarezza. Il PM Gozzo chiede “cosa non ha funzionato”, in questi 20 anni di depistaggi: polizia, magistratura, controlli disciplinari e penali, Csm, la dottrina, la libera stampa. Immaginiamo un orologio le cui lancette girino alla corretta velocità angolare, ma in senso antiorario. Non è che quell’orologio “non funziona”: funziona al contrario. Quando certe “mamme”, che possono contare su esecutori obbedienti sia nella mafia che tra quelli che dovrebbero combatterla, ordinano di eliminare qualcuno, l’orologio istituzionale gira al contrario. Funzionando come un orologio svizzero.

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6 giugno 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Lauricella “Strage Borsellino, Scarantino racconta in aula il depistaggio di Stato: “Costretto a dire il falso da pm e poliziotti” “

“A fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l’esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato”
PAOLO BORSELLINO

Patologizzazione surrettizia e materiale

15 December 2011

Blog di Aldo Giannuli

Commento al post “Breivik e gli altri: siamo sicuri che siano tutti (e solo) matti ?” del 14 dic 2011

Postato su questo sito il 15 feb 2012  causa boicottaggio Telecom

Il prof. Giannuli vede un possibile fattore causale comune tra le stragi del norvegese Breivik e quelle avvenute nelle stesse ore ieri a Liegi e Firenze. Mi pare significativo che Breivik abbia citato l’Unabomber statunitense, portatore di un messaggio ideologico molto diverso, come ispiratore. Sulle ultime due stragi e la loro coincidenza – e sulle reazioni, come quella a cacio sui maccheroni di Sofri – sono possibili diverse ipotesi; questi episodi (come pure alcuni strani suicidi) spingono ad una serie di congetture che gli esperti dovrebbero studiare. Può essere utile, in questo bell’argomento di come la caratteriopatia sociopatica di chi ha potere possa usare come arma la psicosi, la distinzione tra patologizzazione surrettizia e patologizzazione materiale, che ho considerato a proposito dell’Unabomber del NordEst:

https://menici60d15.wordpress.com/leopardi-unabomber-e-altri-eversori/

Nella patologizzazione surrettizia si fa figurare come pazzo chi non lo è. Con la simulazione, come forse è avvenuto nel caso dell’Unabomber del NordEst. O con la calunnia; spesso aiutata da torti e provocazioni che provocano comportamenti rappresentabili come disturbati; così come ad un osservatore esterno doveva sembrare un matto Renzo Tramaglino mentre, roteando le braccia, e con esse i capponi che teneva in mano, andava dall’Azzeccagarbugli.

Non è così difficile simulare l’opera di un pazzo; o applicare l’etichetta di pazzo. In USA mi è stato insegnato che nella diagnosi microscopica dei tumori occorre tener presente che se si esaminano le cellule normali ad ingrandimento troppo elevato si tende a vederle come cancerose. Riflettei che avviene lo stesso con gli umani; Basaglia ha detto che “da vicino nessuno è normale” e lo “scrutiny” è elencato tra i sistemi per mobbizzare i whisteblowers. Benigni nel “Il mostro” fa dell’umorismo sulla pratica della parafrasi psichiatrica di comportamenti normali, e di come questa provochi un circolo vizioso. Gli effetti di stigma di questa forma di patologizzazione, e le forme illegali di controllo che spesso l’accompagnano, sono favoriti dalle ricorrenti notizie di stragi commesse da folli: tra le numerose valenze di queste notizie c’è anche quella di favorire la patologizzazione surrettizia di chi è inviso al potere.

Nella patologizzazione materiale gesti folli possono essere ottenuti “eccitando e incanalando i nuclei psicotici di qualche sventurato” (cit.). C’è una letteratura complottista, e anche mi pare una più attendibile, su queste pratiche. Anche qui è possibile una similitudine con la biologia dei tumori. La cancerogenesi appare essere un fenomeno “multistep”, avviene cioè per stadi. Fattori mutageni diversi possono agire sul DNA: quando la somma dei danni multipli raggiunge una soglia si ha la trasformazione neoplastica. Analogamente, in un soggetto predisposto, che ha già salito per cause diverse alcuni gradini della scala verso la psicosi, stimoli successivi, applicati in maniera deliberata e mirata, possono portare alla psicosi franca o innescare una crisi psicotica. Sono anche possibili giochi e intrecci tra le due forme di patologizzazione.

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Il fattore psicofarmaci evidenziato da Nicola Mosti è uno di quelli che hanno un rapporto efficacia/attenzione altamente favorevole dal punto di vista di chi potrebbe organizzare tali atti. Gli psicofarmaci sono tra i determinanti strutturali invisibili dell’attuale società. I magistrati tendono ad evitare l’argomento, nonostante abbia pesante rilevanza in gravi reati contro la persona. Otto anni fa segnalai rispettosamente l’utilità che la magistratura se ne occupasse al Procuratore Guariniello, specializzato in inchieste sulla sanità, che ha condotto diverse importanti indagini, e attualmente sta conducendo un’indagine sull’ingannevolezza delle affermazioni circa la capacità della Crescina di fare tornare il capillizio a precedenti splendori. Ne scrissi a proposito del caso Pantani:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/25/le-perizie-ballistiche/

Ma il ruolo degli psicofarmaci in esplosioni inattese di violenza non è nella fitta agenda degli interventi dei magistrati sulla medicina:

Il PM Nicastro come assessore alla sanità: la non complementarietà tra magistrati e tangentisti. Par. 17. https://menici60d15.wordpress.com/2010/02/27/1322/

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Nella cassetta delle ipotesi non può mancare la “patsy”, il capro espiatorio al quale attribuire l’esecuzione, e da esibire ai media, mentre la strage è stata materialmente compiuta da altri, da soli o in concorso con la patsy. Come è avvenuto per Lee Oswald, incastrato per l’assassinio di JFK; e, secondo le recenti ricostruzioni, anche per la strage di Portella della Ginestra, dove la patsy era il bandito Giuliano con la sua banda. C’è chi pensa che l’esperienza di Portella sia stata applicata a Dallas. Si è ipotizzato che Breivik sia una patsy consapevole.

Anche in altri fatti di terrorismo, come la dinamica del rapimento in Via Fani dello statista che non piaceva a Kissinger, e la successiva gestione, sembra possibile sospettare che vi siano stati più esecutori con piani diversi. Per diversi omicidi politici, la mafia può essere stata una patsy dalle mani insanguinate. Per es. quello di Pio La Torre, nemico vero della mafia ma anche severo oppositore delle basi USA in Italia; ucciso con un’arma in uso non ai mafiosi, ma all’esercito USA. La patsy può anche essere immaginaria; una figura fantomatica creata dai servizi, come ritengo potrebbe essere l’Unabomber nostrano. Anche la Nave dei veleni di Cetraro, che denunciai come bufala prima degli accertamenti, ha alcune caratteristiche della patsy.

C’è un ampio spazio, che non bisognerebbe scavalcare a “Ponte sullo Stretto”, tra i rettiliani e le labirintiche ambiguità di quelli che dovrebbero tutelare la legalità ma non si capisce da che parte stanno, o meglio lo si capisce ma si fa fatica a crederlo; o tra gli arcana imperii supertecnologici e i puttana imperii dei comunisti della varietà apprezzata da Kissinger, ai quali fa comodo una riesumazione del fascismo squadrista per fingersi di sinistra.

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11 ottobre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Casolari “Medicina difensiva: l’intervento psichiatrico deve svolgere un ruolo di controllo sociale?”

Casolari, medico psicoanalista, riferendo delle sue esperienze nel campo lascia pensare che i magistrati possano permettere, e talora favorire, l’uso della psichiatria come arma offensiva tramite la scusa della “medicina difensiva”. E’ interessante, anche per ragioni di ricostruzione storica. In Italia si è dato del pazzo perfino a Moro – mentre si evitava di farlo tornare a casa – mediante le valutazioni diagnostiche “nauseanti” [1] di Ferracuti, “collaboratore del Sisde in Italia e agente della CIA” [2]. Il segretario della ANM, Ippolito, definì come “un’ignominia degna della psichiatria stalinista” il trattare Moro come un soggetto bisognoso di trattamenti psichiatrici nel caso di una sua liberazione; piano che invece secondo Cossiga era stato preparato d’intesa con la magistratura. I magistrati smentirono indignati. Andrebbe notato che da parte di psichiatri e di altre figure dotate di potere amministrativo non solo il prestarsi a dichiarare falsamente malata di mente una persona, es. per screditare un testimone, ma anche il prestarsi a minacciarla di farla dichiarare pazza, per esercitare su di essa pressioni indebite, es. per intimidire un testimone, è una forma di violenza subdola e grave.

1 Nese M. Guerzoni: “In quella riunione decisero che era pazzo”. Corriere della Sera, 1 dicembre 1993.
2 Lupacchini O. In pessimo Stato. Koinè, 2014.

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17 aprile 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di Laura Quarà – Area pro labour – giuristi per il lavoro “Colleghi difficili e vita d’ufficio: ecco cosa fare in caso di conflitto sul lavoro”

Ridurre, come fa qui questa esperta, i contrasti sul lavoro alla dimensione psicologica e caratteriale – considerando addirittura disturbi della personalità “non conclamati” – favorisce, nelle forme più accese della universale lotta per l’interesse, il victim blaming e la patologizzazione della vittima. Lo mostra il caso estremo dei ‘whistleblower’ in ambito lavorativo, che studi riportano essere esposti al vedersi applicare false diagnosi psichiatriche che spiegano le loro denunce come frutto di disturbo mentale. L’analisi psicologica non è sminuita dall’essere subordinata al ‘reality check’, e non esenta dal guardare ai profili di correttezza ed equità e dal restarvi ancorati. Una impostazione equilibrata dovrebbe prima verificare la realtà dei fatti, il merito delle accuse che le parti si rivolgono, le circostanze e gli interessi materiali in gioco, e poi compararli con le rimostranze e i comportamenti e valutarne eventuali posizioni psicologiche distorte, infondate o esorbitanti. Se si parte dalle carenze affettive nell’infanzia e non si guarda mai all’osso conteso o predato, si può finire col fornire una vidimazione paludata allo scorretto (o al narcisista…) che di chi reagisce ai suoi soprusi o rivela i suoi illeciti dice “è pazzo”, e cerca di provocarne reazioni interpretabili secondo il catalogo che questa consulente sfodera subito: fobie, proiezioni, manie di persecuzione etc.

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Da:

2 giugno 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Ex Ilva, Bonelli (Verdi): “600 bambini nati con malformazioni a Taranto, ma governo rinvia presentazione dello studio””

In: ILVA. Dal cancro nascosto al cancro inventato

il gattamelata. Bene. In attesa che venga “silurato” anche Paci e le centinaia di altri autori che si occupano della questione senza farsi radiare, quindi vendendosi alle forze del male immagino, come me d’altronde, la invito sinceramente a cercare aiuto da un collega ancora abilitato. 

@ il gattamelata. In un Paese dove il capo dello Stato oversells mammography * e manda la figlia a fare da madrina ad operazioni di disinformazione a danno del diritto costituzionale alla tutela della salute (a proposito di psichiatria della medicina, il “diritto alla salute” è stato identificato come paranoia **); dove si ammette quando non lo si può più negare che si è peccatori per considerarsi quindi assolti e proseguire; dove chi dovrebbe essere censurato usa impunemente la psichiatrizzazione per screditare e minacciare chi sveli frodi sulla salute, il posto di chi non si adatta è quello del matto. Sono fortunato; abito nella città, e d’estate nel paesino, dei due psichiatri che si occuparono di spiegare le lettere di Moro sequestrato diagnosticando un disturbo psichiatrico. Cossiga affermò che i magistrati erano d’accordo nella psichiatrizzazione piduista, e nel fare internare Moro in psichiatria in caso di liberazione. In questi giorni magistrati accostano gli scandali affiorati su CSM e ANM alla vicenda P2 del 1981. Una magistratura che es. nel caso ILVA persegue solo la “mafia perdente” e aiuta l’altra, permettendo che in nome della lotta all’inquinamento si passi dall’industria dell’acciaio a quella delle truffe della medicina, che continua a consentire l’uso mafioso della psichiatria, è anch’essa ben integrata in un sistema folle e miserabile.

*Woloshin S et al How a charity oversells mammography. BMJ, 2012 345: e5132.

**Zoja L Paranoia. La follia che fa la storia. 2011.

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6 dicembre 2019

Blog de il Fatto

Commento al post “Genova, morto l’ex magistrato Mario Sossi: fu sequestrato dalle Brigate Rosse per 33 giorni”

Franceschini ha anche detto che su Sossi lo Stato pilotò le BR come con Moro. Risulta un progetto dei servizi per uccidere Sossi simulando un tentativo di liberazione. Tra i rapitori un infiltrato del Viminale, Marra.

Mario Sossi, 1974, durante il sequestro: “… Opportunisti, sfruttatori , manutengoli, ruffiani e vigliacchi, fanno vita comoda e nessuno li va a rapire. Per di più, qualcuno di essi ha la sfrontatezza di recitare la miserabile commedia del cittadino intransigente”! […] Una scelta “équipe” di psichiatri e psicologi, guidati dall’ineffabile P.E.T. [Taviani], ha sentenziato che, se non sono pazzo , poco ci manca; sono pazzo quel tanto che occorre per falsare il significato delle parole che dirò se uscirò di qui … “

Mario Sossi, 1979: “Poiché sono assolutamente convinto del carattere artificioso della guerriglia rivoluzionaria nostrana, non ho il minimo dubbio nell’individuare gli strateghi di queste operazioni in agenti segreti di potenze straniere”

A chi non appartenga alle categorie enumerate da Sossi, e non abbia altri deficit, queste righe del giudice dicono sul doppio Stato – anche su quello attuale – più di tanti libri e convegni.

@ Antandra. Andrebbe chiesto a Il Fatto. In effetti Franceschini, intervistato da Fasanella, ha raccontato in un libro (“Che cosa sono le BR”, postfazione del giudice Priore) come sia stato eseguito una sorta di trapianto di testa delle BR. Le vecchie BR furono decapitate da CC e servizi, e la vecchia testa, che già era manovrabile e bacata, fu sostituita con una nuova perfino peggiore totalmente controllata dallo Stato. Penso occorra ascoltare ogni fonte disponibile, senza considerarne nessuna come certa; né i terroristi che ci hanno ripensato, né i familiari, a volte fagocitati dal sistema come lo fu a suo tempo la vedova Matteotti (v. “La sindrome di Peppa nei familiari delle vittime”) né gli esperti, che non sono infallibili e, con un numero di lodevoli eccezioni, cucinano versioni ad usum delphini, praticando quello che chiamo il tolemaicismo (v. “Il tolemaicismo politico”), lo spiegare l’eversione in termini prevalentemente nazionali. Non sono un esperto, e i miei interessi e competenze sono diversi, ma ritengo di essere testimone diretto di alcune cose; quello che vedo è che le stagioni del terrorismo sono state solo una forma contingente del dominio sull’Italia, che continua dopo l’alibi della Guerra fredda con mezzi non vistosi, potendo contare per le necessarie attività eversive sul repertorio umano descritto da Sossi. Attività che includono il mantenimento, tramite epurazioni, di una classe dirigente e di istituzioni adatte.

@ Antandra. Anch’io considero Sergio Flamigni una risorsa preziosa. Barbacetto è ottimo come capacità professionali, ma come si vede qui per il rapimento del giudice Sossi, una storia torbida che getta luce sulle forze che percorrono l’ltalia, e quindi anche sul nostro travagliato presente, su questi argomenti un grande giornale alla ribalta come il Fatto non può scrivere che 2+2=4.

@ Antandra. Sì, da noi si è sviluppata l’arte di parlare di fatti gravi evitando le verità indicibili. Qui si è aggirato l’indicibile del caso Sossi rivolgendosi a un ex-terrorista che altrove ha effettivamente contribuito alla verità; ma riportando solo del suo “dialogo” con la persona che teneva prigioniera tenendogli una pistola alla tempia. Si può tacere la verità che si fa mostra di gridare anche facendo parlare un esperto, che dall’alto del suo sapere dia un taglio obliquo alla ricostruzione, cesellando dottamente su aspetti vividi ma secondari mentre lascia in ombra la cupa sostanza. Molto usato, in terra di preti, è sostituire al popolo come parte lesa dei delitti politici volti a tenerlo asservito e sfruttato i familiari delle vittime, col loro dolore che li rende incontestabili, e che in buona fede possono ripetere le versioni aggiustate (e perfino in certi casi trarne credibilità e vantaggi indebiti). I familiari messi a occupare oltre al loro anche il posto del popolo come richiedenti giustizia esonerano un popolo poco propenso a fronteggiare poteri forti e cattivi. Le vittime dirette, i testimoni di grado zero, se morti non parlano, e se vivi si fa in modo di screditarli, anche facendo leva sulla loro condizione psicologica, quella di chi è nelle mani di cialtroni con la pistola, come si fece con Sossi e con Moro.

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Blog de Il Fatto

11 dicembre 2022

Commento al post ““Benvenuti all’inferno, qui sono tutti ladri. Mi tengono senza luce per sparare in tranquillità”. I deliri online del killer di Roma contro i vicini”

Sarebbe interessante sapere come è stato possibile che abbia potuto, per di più coi precedenti noti ai CC, avere accesso ad un poligono di tiro; ad una Glock calibro 9; e portarsela via. Come con una bicicletta a noleggio a Villa Borghese. La tragedia è avvenuta in un genere di ambienti dove a volte malaffare borghese e uffici insospettabili ma equivoci si incontrano.

12 dicembre 2022

Commento al post di S. Montanari “Strage a Roma: quando rancore e risentimento ti portano a uccidere”

Il giorno prima della strage ho inconsapevolmente usato una delle espressioni del blog dell’assassino*. La giustizia deve servire “ne ad arma veniant”. Ma magistrati e forze di polizia hanno di fatto due funzioni: giurisdizionale e ontologica. La giurisdizionale: ergastolo, siamo d’accordo. La funzione ontologica, cioè di costruzione della realtà sociale e culturale, è falsa e perversa, essendo quella di dare vesti presentabili al “vassallismo”. Una gerarchia di feudi, dai maggiori, come la magistratura, che serve l’imperatore coonestando un’ontologia medica criminale*, ai valvassini di provincia cui viene lasciato parassitare usando i codici.

L’ontologia giudiziaria prevede, con la complicità degli psichiatri, di circoscrivere a malattia endogena lo sbroccare sotto le vessazioni protette dei vari feudi. Un apice dell’ontologia è che il mero non accettarle è segno di latente furia omicida, stigma che giustifica discriminazione e controllo. La Glock da asporto al poligono è coerente con la costruzione di tale apice.

Mandai a De Raho, DNA, un resoconto di come aggressioni condominiali – con istruzioni dei CC per l’impunità, nelle parole dei bastonatori – siano studiate per provocare e svilire, e favorire quindi impunità su grandi crimini delegittimando denunce. Ora parlamentare potrebbe occuparsene, se gli avanzasse tempo dalla missione di presentare i magistrati come emuli di Falcone e Borsellino.

I paradisi giudiziari per la grande criminalità biomedica . Sito menici60d15.

12 dicembre 2022

Commento al post di L. Casolari “Strage in condominio, questi casi non sono rari ma i servizi psichiatrici in Italia sono in difficoltà”

Una settimana fa su il Fatto Tescaroli ha ricordato il caso Vitale, il primo pentito di mafia, le cui accuse vere furono ignorate mentre fu, non senza fondamento, ricoverato in manicomio. Uscito, gli spararono. Siamo il paese dove si è arrivati senza problemi al livello cloaca di chiamare Moro impazzito per ciò che scriveva mentre lo si teneva fermo in balia dei sicari. Esiste anche la patologizzazione interessata, per giustificare carognate, viltà, ruberie, violenze, vessazioni, censure, omissioni e favoritismi giudiziari.

Bisognerebbe – ad essere onesti e professionali – includerla nella diagnosi differenziale. Considerando ovviamente le forme miste. Mentre suona interessato correre a chiedere più fatturato per gli psichiatri e ignorare che è comunque prevenzione l’impedire situazioni scatenanti tramite la giustizia amministrata lealmente dallo Stato. Tutt’altro: appare che la prassi sia procedere, forti di impunità, ad esasperare ad arte, in modo da poter chiamare folle la vittima. Sembra che si privilegi il prendere, il succhiare, il togliere a proprio vantaggio, soldi, potere, reputazione, da parte di amministratori, politici, magistrati, psichiatri. A oltranza. A questo soggetto, senza dubbio non equilibrato, ciò che è stato dato è incredibilmente una pistola di grosso calibro con la quale rafforzare la narrazione gaglioffa e miserabile che gli abusi protetti e favoriti da chi dovrebbe impedirli non esistono e chi se ne lamenta è un pazzo pericoloso.

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11 gennaio 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Francesco Bruno, morto il criminologo che si è occupato del mostro di Firenze e di decine di casi di ‘nera’”

Insieme al suo maestro Ferracuti (P2 e agente CIA*) diagnosticò un disturbo psichiatrico a Moro prigioniero. Sulla base di una lettera di Moro. “Il mio compito, ha dichiarato Bruno, avrebbe dovuto essere quello di aiutare il presidente della Dc a ricostruire la sua personalità provata dalla prigionia e da una condizione che lo stesso Moro aveva definito di “pieno e incontrollato dominio di altri su di lui”. Mi ricordo che all’ epoca si parlò della possibilità di isolarlo per alcuni giorni, come consigliavano di fare nei casi di “sindrome di Stoccolma” gli studi americani, in una stanza al policlinico Gemelli.”**

Nel 1993 Cossiga affermò che la Procura di Roma era d’accordo con l’internamento**. Suscitando proteste sdegnate. Cossiga non è una fonte sicura; ma non escluderei che abbia detto il vero, potendo portare a conferma una testimonianza di ciò di cui sono capaci i magistrati in conformità agli interessi criminali di chi controlla l’Italia. Per di più conoscendo come certi poteri, tradizionali servitori di chi controllando l’Italia ogni tanto chiede qualche testa, siano particolarmente di casa a Celico, come in altri paesini e città calabresi.

*Imposimato F. Doveva Morire. Chiarelettere, 2008.

**Cossiga: tacevo per carita’ di patria. Polemiche dopo le dichiarazioni di Cossiga Francesco sul progetto per accogliere Moro Aldo dopo un eventuale rilascio. “l’isolamento concordato con la Procura ” – Guerzoni: “in quella riunione decisero che era pazzo”. Corsera 1 dic 1993.

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vedi:

10 febbraio 2023. Restituzione della scheda elettorale, elezioni regionali del 12 e 13 febbraio 2023.
Tumbarello e Crisanti. Il supporto dei magistrati alla grande criminalità biomedica al tempo della gloriosa cattura di Messina Denaro. In: Milizie bresciane

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27 aprile 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Montanari “l caso di Paul Seung e la psicosi paranoica: quali sono i segnali d’allarme da non sottovalutare”

Viene nascosto che la diffidenza verso il potere è un valore. La si accosta invece alla follia violenta; e una classe dirigente debosciata fa presto a misclassificarla, criminalmente, come sintomo di pericolo dal quale proteggersi.

“tutti questi mezzi di difesa sono frutto del lavoro umano e richiedono una spesa; ma ve ne è uno che accomuna per natura le persone sensate, che è valido e garantisce la salvezza per tutti, specialmente per i governi democratici rispetto a quelli tirannici. Di che si tratta? Della diffidenza. Proteggetela, attaccatevi ad essa, se la conserverete non avrete a subire alcun male.”. Demostene, IV sec. AC.

“Lance DeHaven-Smith, a professor of Public Administration and
Policy at Florida State University and author of Conspiracy Theory in
America, argues that a suspicious attitude toward government is crucial to maintaining our democracy and supported by the realistic view of mankind and the potential for political corruption and misconduct foreseen by The Founders in the Declaration of Independence.

Labeling someone who is suspicious of criminal wrongdoing at the
highest levels of government a “conspiracy theorist” effectively frames them as paranoid crazies whose arguments should be rejected out of hand, a convenient way of avoiding rebuttal with evidence”. Stiles M. One idea to rule them all. Reverse engineering American propaganda, 2022.

Della dark triad – narcisismo, machiavellismo, sociopatia – diffusa tra capi e sergenti, non si parla.

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13 febbraio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Zamboni “Il ricorso al fine vita è un diritto, spero che l’Emilia Romagna l’affronti con la dovuta laicità”

A Mirandola, Modena, il 21 marzo 2020 è arrivato dalla Germania un carico extra di diecimila dosi di midazolam. Un depressore dei meccanismi del respiro. Col quale si è “trattata” l’insufficienza respiratoria delle diagnosi di covid, col risultato di uccidere. Il midazolam è tra i farmaci dell’eutanasia. E’ stato usato anche per condanne a morte, e si è visto che è una morte tutt’altro che indolore.

La “scelta” sull’omicidio medico è di fatto in mano non a chi lo subisce ma a chi lo esegue. Ai medici, che hanno incentivi a farne un pessimo uso. Consegnare ai medici il diritto sulla propria vita può facilmente tradursi nella sequenza sovratrattamento-colpo di grazia, con un aumento di dipendenza, indegnità e sofferenza*.

Tra le esche per imporre l’agenda dell’omicidio medico c’è quella, scolastica, della “laicità”. C’è una opposizione laica all’omicidio medico, es. **. Viceversa il clero, partecipe delle manipolazioni mediche con le quali si ottengono potere e ricchezza, gioca sull’ambiguità delle cure palliative. La prima distinzione è tra l’aiutare NEL morire, evitando l’accanimento e preservando la qualità di vita, che viene negato; e l’aiutare A morire, che tranne una minoranza di casi è un essere messi in condizioni tali da dover accettare come preferibile l’essere abbattuti. O un essere abbattuti d’ufficio, come avviene in UK.

*Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico
**Yuill. Assisted Suicide: The Liberal, Humanist Case Against Legalization. 2013.

Stokasto. Completamente avvinghiato a CL?

@ Stokasto: Io “avvinghiato a CL”. Quella di “Tutto Chiesa e wc” (Travaglio, La scomparsa dei fatti). Di Chiaravalloti “passerà gli anni suoi a difendersi” (Travaglio, Mani sporche). Dei magistrati affiliati (questo l’ho scritto io: “Pubblicare la lista dei magistrati di CL”, 2008). Della concezione simoniaca del medico come sacerdote, G. Cesana. Di Cartabia asset per i mafiosi e il crimine farmaceutico. CL che ha dato un buon lavoro, soldi pubblici, a Moretti, BR-servizi, e ha aiutato Barbone, sicario di Tobagi (Fasanella, I silenzi degli innocenti). Mentre io sono tra quelli epurati tramite cricche come CL.

Sei tu che vedi le cose da un prospettiva a 90 gradi. Non mi riferisco alla postura simbolo di passività (anche se non è fuori luogo). Parlo della orizontalizzazione*: il convertire le ferree imposizioni del potere globalista, verticali, dall’alto al basso, come questa dello sdoganamento dell’omicidio, nelle sceneggiate destra-sinistra. Da verticale a orizzontale, una rotazione ad angolo retto. Quando fanno a gara nel servire il potere vero la finta destra, la finta sinistra, toghe anti-forchettoni, come la PM Siciliano, che duetta con Cappato per fare degenerare l’eccezione in norma di routine, e pro-forchettoni, come Nordio, iscritto all’ass. Coscioni, etc. **.

* L’orizzontalizzazione.
** Baruffe di corte: i baroni della destra e i mandarini della magistratura

 

Stokasto. Ama profondamente quello che scrive ed esagera. Il tema è serio e il Midazolam come lo Xanax (ben più conosciuto) è un ansiolitico che anche io darei a chi sta per essere giustiziato perhè condannato a morte.

Attento che questo è un argomento che mi tocca da vicino e potrei dedicarle molto più tempo per portare alla luce gli assurdi altarini con santini e croci che si è tatuato sotto la scucchia.

@ Stokasto: Il midazolam è sì una benzodiazepina ma non di quelle consumate a fiumi nella vita comune. Di uso specifico, crisi epilettiche, anestesia, può divenire efficace strumento di morte, deprimendo il respiro, tanto più in sinergia coi farmaci coi quali viene combinato, e con la somministrazione per infusione data la durata d’azione molto breve. Giocando su questo equivoco può essere usato per l’eutanasia del non consenziente, come è avvenuto col Liverpool Care Pathway. E come è stato denunciato per il famigerato protocollo covid NG163, es. **.

La rassicurazione falsa e ingannevole che il midazolam “è un ansiolitico come lo Xanax” ha dunque autentica rilevanza criminologica, che dovrebbe essere nota alla magistratura. Oltre a mostrare come l’omicidio sia il fine e non il mezzo della campagna per la morte facile, e come i mezzi siano quelli subdoli del veneficio.

*This Sedative Is Now a Go-To Drug for Executions. But Does It Work? NYT, 1 lug 2022.
**Evidence the UK Government authorised “mass murder” of the Elderly and Vulnerable by Midazolam injection and then blamed Covid-19. The Exposè 19 gen 2022. – Ahmedzai +9 altri. Managing COVID-19 symptoms in the community. BMJ 20 apr 2020.

Tintinnabulum. Neologismi, ceiptolalia, circostanzialità, tangenzialità, …direi più che si tratta di un disturbo del pensiero.

La grandiosità fa pensare che sia in fase maniacale, ma forse è psicosi. Non è facile fare diagnosi differenziale senza altri elementi.

@ Tintinnabulum: Il caso di Alessia Pifferi, che evitavo di seguire per quanto è triste, per me è divenuto interessante per la presa di posizione della Procura di Milano sulle psicologhe. Mi chiedo se lì si rendano conto di quali interessi di pendagli da forca sono andati a toccare, non accettando la carta jolly, “la matta”, della consulenza psichiatrica; la carta dei camorristi* e dei farabutti di alto bordo.

*C. De Rosa. I medici della camorra. Castelvecchi, 2017.

Syrantex. Yuill risulta molto più comico negli altri suoi libri (quando difende il secondo emendamento o quando sostiene che Nixon combattesse il razzismo). Il libro sul suicidio assistito, seppur altrettanto strampalato, non riesce a risultare allo stesso modo divertente.

@ Syrantex: CENSURATO

Chi interviene per dare del buffone che non fa ridere a un autore che contesta l’agenda Cappato; senza altra argomentazione? Ma è Syrentex, massone dichiarato, facile a giudizi rapidi come gli inoculi che difende: mi ha già dato del terrorista pericoloso, del mafioso, del malato di mente. A commento di un articolo qui su massoneria e politica, S. Limiti, 4 mag 2021, mi ha scritto che “le piacerà” leggere come la Iannini, “mai visto un GIP umiliare così un PM”, abbia bloccato le denunce sui massoni del notaio Marrapodi (poi trovato impiccato).

Non per lui, ma per chi leggesse, un altro autore laico che denuncia la pericolosità del progetto morte facile: Euthanasia and the ethics of a doctor’s decisions. An Argument against Assisted Dying. Bloomsbury Academic, 2021. Di Ole Hartling, medico, già chairman del comitato etico danese.

Non si faccia caso a Syrentex che sfregia coi suoi scarabocchi le copertine dei libri e le foto degli autori. Bisogna però annotare quali supporters ha il progetto “etico” della morte facile davanti a critiche come quelle di Yuill, Hartling, le mie. E osservare che mentre nei paesi anglosassoni c’è un’opposizione laica di medici, intellettuali, cittadini, nell’Italia cattolica Cappato, protetto da un cordone di troll, monopolizza la scena mediatica. E di voci mediche, di singoli, di Ordini, di società scientifiche, così forti e assidue nel chiedere e ottenere aumenti salariali, impunità e medicalizzazione, se ne sentono poche.

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15 febbraio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Saletti “Difendo le psicologhe di Alessia Pifferi: indagare due professioniste è un atto violento”

E’ interessante, per chi non ha competenze specifiche, che un soggetto affetto da gravissimo deficit intellettivo come la Pifferi sappia usare correttamente i congiuntivi. E allora? Anzi. Si approfitti della presenza di Nordio come Guardasigilli per sancire formalmente il diritto di psichiatri, psicologi, forze di polizia, magistrati, etc. all’insindacabilità, cioè al falso ideologico, nel definire il carattere, la morale, le capacità di una persona. Basta con i sotterfugi indecorosi come quelli per i camorristi*, o per tenere Moro nelle mani dei sicari, o per respingere come inattendibili le denunce di reati ai quali lo Stato collabora.

*C. De Rosa. I medici della camorra. Per la prima volta nero su bianco tutti i come e tutti i perché la criminalità organizzata strumentalizza la malattia mentale e le perizie psichiatriche per ottenere benefici di ogni genere. Una forma pericolosissima di «mafia dei colletti bianchi» che rischia di mettere seriamente in discussione il concetto stesso di giustizia. Castelvecchi, 2017.

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4 marzo 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post “Lasciò morire di stenti la figlia, lo psichiatra: “Alessia Pifferi visse maternità come obbligo o fatica””

Mentre Santalucia, ANM, in queste ore si indigna sul test psicoattitudinale ai magistrati, e su una loro profilazione psichiatrica, i magistrati appaiono possibilisti con gli avvocati sull’uso nei procedimenti della perizia psichiatrica come jolly, come “Matta”.

Dalle lettere di Moro prigioniero Ferracuti, P2 e agente CIA, diagnosticò un disturbo psichiatrico. Nel 1993 Cossiga affermò che la Procura di Roma era d’accordo con l’internamento in caso di liberazione (Guerzoni: “in quella riunione decisero che era pazzo”. Corsera 1 dic 1993). Cossiga non è fonte attendibile, ma i magistrati appaiono approvare l’uso della psichiatria per affari indicibili. Come in altri casi, in questo abboccamento tra magistrati e avvocati si avverte una “fistola” tra narrazione, l’arma degli avvocati, e evidenza, il dovere dei magistrati.

Oggi su Il Fatto il gen. Jucci sulla distruzione di Moro: “purtroppo ci sono stati italiani che hanno operato seguendo le loro indicazioni [degli USA] per obiettivi che forse non dovevano essere né fatti né pensati”. “If overall responsibility for the strategy of tension rests with the United States, a great burden of guilt must be born by the Italians, without whose willing participation the country’s terrorist ordeal would never have come about.” (Willan P. Puppetmasters. The political use of terrorism in Italy, 2002). Oggi più di allora il parere pseudoscientifico è pomposo alibi a pavidità e tradimento. Come è avvenuto per il covid.

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5 marzo 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Maddalena “Con i test psicoattitudinali si indebolisce la figura del magistrato e si infrange la Costituzione”

In “Primo, non curare chi è normale” lo psichiatra Frances – in precedenza tra i redattori del DSM che critica – denuncia come l’abuso della psichiatria possa servire a normalizzare la popolazione, a omologarla rendendola uniforme con un profilo fissato dal potere. Il danno delle valutazioni sullo stato mentale è anche questo, selezionare magistrati conformisti, che accettano le false narrazioni ufficiali come “fatti” (es. covid); oltre a quello di dichiarare pazzo chi individua reati di poteri intoccabili (un’infamia alla quale non sono estranei).

Per di più i magistrati di professione valutano il profilo psicologico e umano di chi hanno davanti. E attenti come sono alla carriera, anche quello dei colleghi. (E’ inquietante che con queste capacità si siano dati Palamara a rappresentarli…). Quindi sono in grado di individuare e fermare, volendolo, derive di colleghi.

D’altra parte la pretesa di nessuna sostanziale accountability rispetto all’esterno è insostenibile. In teoria e data la realtà. Un rimedio potrebbe essere adottare il principio dei gangster italoamericani*: associare le nomine a dei garanti. Chi nomina deve in certa misura, entro l’ambito costituzionale, rispondere di deviazioni del nominato. Si può immaginare con quale entusiasmo la proposta** – da estendere al resto delle alte cariche della PA – verrà accolta da cordate e capicordata.

* Fusco G.C. Gli indesiderabili. Sellerio, 2003.
** La ‘generatio aequivoca’ di professori universitari e magistrati

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23 marzo 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Frodina “Test psicoattitudinali ai magistrati, il governo va fino in fondo: lunedì la norma in Cdm. L’Anm: “Sconcerto, disegno contrario alla Costituzione””

“Semerari c’è sempre. Se indagato, viene assolto. Anche dopo mesi di carcere per la strage di Bologna. È un professionista stimato, temuto e riverito, il perito più richiesto dai magistrati e allo stesso tempo il criminologo di fiducia della banda della Magliana e di Luciano Liggio, della camorra e dell’eversione nera.” “Un giorno un invito a casa di un magistrato, quello successivo al matrimonio di Renato Vallanzasca. Questo è Aldo Semerari”.*

La “verifica della salute mentale” è un attrezzo piduista. Roba da Semerari e Ferracuti*. Ma i magistrati non sono estranei al piduismo, né a questa sua particolare infamia. Alla quale ora rischiano di venire a loro volta esposti dopo che l’hanno favorita e mentre continuano a favorirla in combutta con il peggio del peggio.

*D. De Rosa. La mente nera. Un cattivo maestro e i misteri d’Italia: lo strano caso di Aldo Semerari. Sperling e Kupfer, 2014.

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25 marzo 2024

Blog de il Fatto

Commento al post di P. Frosina “Test psicoattitudinali agli aspiranti magistrati: al Csm togati e laici di Pd e M5s chiedono una discussione urgente. Martedì la norma in Cdm”

“carabinieri che tentarono di accreditare Peppino Impastato come una persona instabile sul piano psichico”. Subranni: “Purtroppo la signora Piraino [vedova di Borsellino, che riferì che il marito le aveva detto che Subranni era punciuto] non sta bene in salute. Forse un Alzheimer, non so quando cominciato” (Il Fatto, 25 marzo 2024, “Morto Antonio Subranni, l’ex generale dei Ros dei Carabinieri”). I gendarmi sono usi a questi mezzi molto poco onorevoli quando li chiama Mangiafuoco.

Con le valutazioni dello stato mentale si può facilmente invertire la realtà, fino a mascherare adducendo tare della vittima l’eliminazione di chi denuncia il crimine protetto dallo Stato; e mandare liberi killer di camorra e della banda della Magliana. Le valutazioni mentali sono, usando un termine della genetica, entità per loro natura pleiotropiche: servono da strumenti di verità e giustizia come da strumenti di falso e di crimine. E di selezione dei più smidollati intellettualmente e moralmente. Chi dettò il piano Gelli lo sapeva. Lo sanno bene anche i magistrati, i maghi del pleiotropismo, che non vogliono bere la medicina che vedono somministrare da farabutti e prescrivono essi stessi.

 

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Vedi anche:

Leopardi, Unabomber e altri eversori

L’essenza del mobbing risiede nella sua dinamica cumulativa

 

 

Lo schifo di Stato nella buona e nella cattiva letteratura

27 November 2011

Blog de Il Fatto

Commenti al post “La poliziotta-scrittrice: “Sull’assalto alla Diaz assoluzioni dubbie” ” del 26 nov 2011 

“Però non sono d’accordo con la tesi che tutto questo sia stato deciso precedentemente, come un mostro che si muove e mette i tentacoli”.
Simona Mammano, l’agente di polizia scrittrice che condanna l’operato della polizia al G8 di Genova ma non vi vede dolo (né lo vede nelle successive assoluzioni).

“…decine e decine di serpenti aggrovigliati tra loro che si mangiavano l’uno con l’altro… un poco più distante, un altro serpente più grosso, con la testa d’uomo li guarda compiaciuto …dalla sua bocca pende la coda di un topo e cola del sangue nero. ‘Che schifo… dobbiamo intervenire per interrompere questa carneficina e sapere chi è … conoscere il progetto di quest’uomo serpente’ dice Calipari. ‘Hai ragione…dobbiamo…perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione e a scoprire la verità’. “
Il sogno di un personaggio in “Mistero di Stato, la strana morte dell’ispettore Donatoni”, scritto dal giudice Mario Almerighi.

Da un lato la scrittrice con la pistola, che disorienta anche per la delicatezza sbagliata con cui rifinisce l’opera di smorzamento delle responsabilità di polizia e magistratura. Riconosco per esperienza di vita che l’allegoria del mostro schifoso, che si ha buon gioco a respingere come inconcepibile, è tanto fedele al vero quanto distante dalla melassa mediatica nella quale ormai anche l’affare G8 sta venendo dissolto.

Dall’altro un uomo di legge sorprende per l’apparente brutalità dell’immagine che usa affrontando uno di quei casi agghiaccianti, che restano sommersi e impuniti grazie alle viltà e complicità dei più, dove la polizia appare come l’antistato. Non nasconde né abbellisce l’orrore, ma con mano sicura lo svela e lo indica, svegliando dal torpore anziché cullare con favole rassicuranti.

Francesco Pansera

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9 aprile 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post “Diaz, Cantone “difende” De Gennaro: “Assolto. Non può pagare per tutti” “

Cantone è voluto intervenire sulle torture alla Diaz per definire la vicenda un “tiro alla polizia”. Sarebbe dunque la polizia a dovere lamentare un’aggressione; aggravata dalla circostanza che la polizia sarebbe, sempre secondo Cantone, “la parte più popolare del Paese”. Cantone è un elemento di spicco della magistratura. Speriamo che i magistrati che rappresenta non abbiano tutti questa disposizione mentale distorta e servile quando devono giudicare sui rapporti tra Stato e cittadino.

@ Fabrizio Ferrucci. La polizia gli ordini li prende dal ministro dell’interno. E poliziotti e ministro sanno bene che oltre che agli ordini vi è un’obbedienza verso la legge, per la quale se commettono reati sono esposti a sanzioni. Si guarda sempre al comportamento delle istituzioni dopo l’accaduto; ma quando accadono fatti abnormi come questo, dove i poliziotti trasgrediscono en masse, commettendo atti così vergognosi e squalificanti che è difficile pensare che ne siano stati tutti fieri, credo che bisognerebbe chiedersi se non sapessero prima, dall’inizio, di avere le spalle coperte, non solo sul piano gerarchico e politico, ma anche su quello giudiziario.

La misura e il metro

25 November 2011

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Imperato “Un magistrato su misura, di chi?” del 25 nov 2011

“La mafia è quando un cretino diventa procuratore capo“ (‘Tre dita’ Coppola, citato da G. Falcone)

 “E’ caratteristico dell’attuale psicopatia dei politici che scelte pubbliche gravemente delinquenziali coesistano con comportamenti privati corretti” (trad. da A. Comfort, Authority and delinquency). E viceversa: Cavour era un femminiere abbastanza squallido ma non un forchettone che badava ai suoi interessi. Negli ultimi decenni la distinzione tra giudizio politico e personale è stata al contrario sfumata; e la correlazione tra comportamento politico e personale è stata esagerata ad arte. In questo modo il gossip o le accuse su reati scandalistici distraggono dalla criminalità politica. In Italia molto hanno fatto i magistrati, concentrandosi sui risvolti penali della presunta satiriasi di Berlusconi; oggi il giudizio politico continua ad andare ad escort con le lodi alla sobrietà personale di Monti.

I magistrati quindi non dovrebbero lamentarsi per Napolitano che vuole imporgli “rigore nel costume”. Il nuovo intervento legislativo dell’ex PCI, esponente di poteri sopranazionali che del resto i magistrati tengono molto a tenersi buoni, riflette una tendenza globale. Ricordo intorno al 1996 sul Lancet un editoriale che proponeva test psicologici per i magistrati; e il piano di rinascita di Gelli cita il ritorno alla selezione per merito.

Questa di misurare chi è più adatto è un’idea ottima che contiene un punto debole pessimo: il metro può essere manipolato dal potere; in modo da ottenere una selezione avversa di soggetti accomodanti coi forti, già perseguita in Italia con l’assassinio esemplare di magistrati valorosi. In USA c’è la sospetta proposta di selezionare gli studenti di medicina sulla base dei tratti psicologici. In Italia alla selezione dei medici danno un mano i magistrati, che su ciò potrebbero accampare meriti davanti ai poteri rappresentati da Napolitano.

https://menici60d15.wordpress.com/2011/01/23/reati-contro-leconomia/

La richiesta di giustizia

15 November 2011

Blog de Il Fatto

Commento  al post di M. Viroli “Gli italiani? Realisti miserabili” del 15 nov 2011

Ritorno ai principii? Finalmente:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/05/la-fallacia-delle-regole/

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/08/obbedienza-alle-regole-e-obbedienza-delle-regole/

Anche se in tempi un po’ sospetti:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/10/27/la-riesumazione-dell’etica/

La forma nostrana di potere, pontificia, predica magistralmente la virtù mentre pratica la perversione. Viroli e Magris per i miei gusti sono tra i suoi migliori “domenicani”; le loro parole sono spesso un balsamo e una guida. I due vengono attaccati su questo blog come teorici privilegiati, ma sarebbe ora di non tacere più sul popolo come istituzione corrotta. Aveva ragione De Filippo:“La gente fa paura”.

Credo ci sia un punto che possa testare la buona fede delle due parti, e portare ad una convergenza: la instancabile e continua richiesta di giustizia, dati i principii, nei casi concreti. Che non è rivolgersi al magistrato, e può consistere nel rinunciare a farlo:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/03/31/“se-la-canaglia-impera-la-patria-degli-onesti-e-la-galera”/

Chi parla di principii da una cattedra ben incistata nell’establishment sarà credibile se sfrutterà le sue notevoli capacità intellettuali per chiedere giustizia riguardo a casi concreti: le tante forme dell’istituzionalizzazione della predazione da parte del potere sulle persone comuni.

Chi tira ogni giorno la carretta non dovrebbe scordare che chiedere giustizia per ciò che subisce non è solo un dovere civico, ma è l’unica arma pratica per non essere completamente sopraffatto da chi comanda; che fare proprio il cinismo dei potenti e cercare solo di integrarsi nello status quo, perdere la capacità di riconoscere l’ingiustizia che si subisce o si vede (e anche quella che si pratica) e rinunciare a reagire, non è da furbi. Lo dimostra la situazione nella quale, nonostante i loro pregi, gli italiani sono riusciti a farsi incastrare come imbecilli.

La scomparsa dei Calamandrei

5 November 2011

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Truzzi “Calamandrei, educazione italiana” del 5 nov 2011

Le sue parole, che emanano il “fresco profumo di libertà”, erano consentite negli anni del Dopoguerra. Oggi Calamandrei va bene come santo laico, al quale accendere una candela per poi voltarsi, tornare nel mondo alleggeriti da sensi di colpa e continuare a peccare contro l’etica pubblica con rinnovato vigore.

Persone come lui, o anche solo persone normali che seguono istintivamente la direzione che magistralmente indicava e descriveva, oggi possono essere attivamente eliminate, sul piano morale quando non fisico, da apparati dedicati. Con meccanismi che ottengono una selezione avversa della classe dirigente, inclusa del resto l’estinzione dei veri azionisti; che assegnano valore alle persone secondo una scala invertita, per poi fare in modo che tale perversa falsa misura si avveri. Come un processo dove la sentenza viene emessa per prima, e poi il procedimento e la realtà vengono ad essa adattati col dolo e la violenza, potrei dire a Calamandrei se fosse vivo.

Apparati ai quali non è estranea la magistratura, che anche in questo più che i suoi elogi merita la sua diagnosi di conformismo e di letargia morale. Oggi un Calamandrei verrebbe classificato come “un insopportabile importuno”, cioè un rompiscatole, se non peggio. Calamandrei contrastò ai suoi tempi tali capovolgimenti, ormai istituzionalizzati:

“[L’arcivescovo di Palermo Ruffini nel 1964] denunciò una diabolica congiura mediatica mirante a calunniare la Sicilia; una congiura che aveva tre teste. … Danilo Dolci … Giuseppe Tomasi di Lampedusa … e la mafia, la quale, affermava Ruffini, non era niente di grave”. J. Dickie, Cosa nostra. Storia della mafia siciliana, 2005.

“Sono insopportabili questi importuni che ricordano, con il loro esempio, fastidioso come un rimprovero vivente, che nel mondo esiste la onestà e la dignità”. P. Calamandrei, arringa in difesa di Danilo Dolci, 1956.

(da: https://menici60d15.wordpress.com/leopardi-unabomber-e-altri-eversori/)

Le magie dell’Esselunga

24 October 2011

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Franco “Cocaina e banane, trovati 25 chili di droga tra i bancali dell’Esselunga” del 24 ott 2011

Strane cose accadono all’Esselunga. Ora i 25 kg di cocaina tra le banane. E dire che la ditta è strettamente sorvegliata dalle forze dell’ordine. Per esempio, dopo aver postato questo:


https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/07/mafia-padana-e-magistrati/

e questo:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/17/salsa-cilena-allesselunga/

mi ci sono voluti 41 tentativi, nell’arco di un mese (mentre negli stessi giorni, vedo, avveniva il contrabbando di cocaina) per riuscire a compiere le poche centinaia di metri da casa all’Esselunga di via Volta a Brescia senza incrociare almeno un’auto di polizia. Per poi subire il solito comportamento gratuitamente provocatorio all’interno del grande magazzino. Oggi, appena pochi minuti prima di leggere l’articolo de Il Fatto, essendo passato in auto lì vicino, ho goduto della scorta di una Land Rover dalla Polizia provinciale, lo stesso modello di auto e lo stesso corpo di cui riferisco nel primo post, che mi si è messa dietro seguendomi a lungo per poi svoltare per una stradina che porta all’Esselunga.

Quasi sicuramente combinazioni prive di significato; oppure, dato il loro sapore onirico, opera del mago burlone sapientemente descritto da Tornatore nella sua recente apologia cinematografica dell’Esselunga. Oppure forse, attorno a forti realtà imprenditoriali come Esselunga le categorie onesti/criminali/tutori della legalità, presentate dai media e dalle forze di polizia, e sancite – o coonestate – dalla magistratura, e accettate come ovvie e naturali dal pubblico, sono solo parzialmente sovrapponibili a quelle reali; così che i ruoli e le alleanze reali sono talora opposti a quelli apparenti. I magistrati, inclusi quelli che si occupano di mafia, dovrebbero avere presente che vi sono oltre a quelle riconosciute anche forme sommerse di grande criminalità; e la possibilità che, come ho scritto più volte, con l’alibi della lotta alla criminalità si commettano reati non meno gravi.

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@Ecomostro. I fatti oggetto di denuncia si distinguono principalmente in veri o falsi, non in realistici o irrealistici. Io ho i filmati dei passaggi delle auto di polizia. (Né ci vuole molto, con la video sorveglianza, a fare eseguire un passaggio a una pattuglia al bisogno). Contra factum non valet argumentum. Argomento peraltro fallace: possono benissimo esserci fatti veri che suonano irrealistici. Se una denuncia venisse negata a priori perché secondo i gusti di qualcuno, o il sentire comune, non suona realistica, i critici cinematografici potrebbero fare le veci dei PM. Capisco che quanto denuncio possa essere accolto con perplessità. Però conoscere la differenza tra vero e verosimile fa parte del’abc del cittadino consapevole. Negare sicuri un abuso non conoscendo i fatti perché non corrisponde ai canoni Mediaset e Rai di rappresentazione del crimine è invece l’attività preferita dei boccaloni. Il “realistico” spesso non è che un nome rispettabile per “conformismo” e bigotteria. Io ad esempio ho forti dubbi che alla polizia manchi la benzina, visto che non mi riesce di uscire senza incrociarla. E la storia d’Italia è costellata di fatti “irrealistici”, inclusa l’invincibilità della mafia:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/03/17/italia-150-anni-di-conquiste-fiat/

Un piccolo test. Poniamo che sia stata commessa una strage terroristica nella piazza principale di Brescia, diciamo nel 1974. E diciamo che oggi, ottobre 2011, si attenda l’anno prossimo per un’altra tornata del relativo processo. E’ “realistico” che un processo per un fatto tanto grave si estenda al quinto decennio dalla commissione del reato, diverse epoche storiche e politiche dopo? Per me è un esempio della normale assurdità in cui viviamo. Di sicuro, è lo stesso ambiente dove avvengono i fatti che riporto; dei quali probabilmente dovrei discutere solo con chi non consideri “realistici” i tempi – e gli esiti – dei processi sul terrorismo.

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@ecomostro. Quello che non capisco io è come non ci possano essere eccezioni al “continuo via vai” in quel tratto; a Lei succede di incontrare senza eccezioni un’auto della Polizia ogni 500 metri ? E le capita di essere urtato al supermarket dallo stesso dipendente nello stesso punto per 4 volte consecutive?

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@n di zorro. Per proseguire il tuo “brainstorming”, forse non si sono lasciati scappare un quarto di quintale di coca; potrebbero anche averlo lasciato arrivare. Senza offesa. Le forze di polizia hanno precedenti di tutto rilievo nel doppio gioco sulla droga e nel non farsi scappare affari di droga (Ros di Bergamo); nel provocare e reprimere a fini di controllo politico (secondo gli insegnamenti di Cossiga); e nel pilotare l’eversione (attività sulla quale sono state scritte centinaia di pagine). E da quei professionisti che sono riescono a fare queste cose contemporaneamente senza fatica. Non come te che devi sforzarti per emettere contemporaneamente fesserie e insulti.

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@xenomars. A me pare che la polizia, e i servizi, siano anche troppo amici di Esselunga; e che abbiano una tendenza ad allestire insieme falsi scenari. (E che la Coop sia rivale in affari, ma non avversario ideologico di Esselunga, facendo parte dello stesso sistema).

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@pombo. Non mi seguono, si fanno vedere. Lo stalking Esselunga è cominciato a fine 2006, quando scrissi al comandante della municipale, promosso vicecomandante a Milano, e al difensore civico comunale, un magistrato emerito, commentando sulla circostanza, che è durata per tutto il 2006, per la quale ogni volta che entravo o uscivo da una biblioteca o da una libreria di Brescia incrociavo, senza eccezioni, un auto della polizia municipale, CC, PS, etc. E a volte sia quando entravo che quando uscivo.

Questo è l’esergo della lettera del 2006:

Questa specie, ora del tutto perduta, era allora floridissima in Lombardia…
(I Promessi Sposi. Commento sul modo dei bravi di farsi riconoscere dall’abito, dal portamento e dall’esibizione delle armi.)

L’accompagnamento culturale ha smesso di essere al 100%, ed è cominciato quello al supermarket; che è tenace e duraturo. Può darsi che a loro, e mi sa pure a te, siano più congeniali le banane che i libri.

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17 ottobre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di J. Piromallo “Trash-chic, dalle ‘nonne con le palle’ a Mr Esselunga: l’elogio dell’altra giovinezza”

Data la gerontocrazia italiana, è più facile leggere “slurpate” di ottuagenari, o nonagenari, che non le storie di vecchi mal vissuti che hanno condotto il Paese allo sfascio. “Mr Esselunga” è un grosso bottegaio che ha un’esatta percezione delle circostanze; ed è servile o tracotante a seconda del caso. Colluso con uno Stato corrotto (e con un vice comandate generale dei CC nel consiglio di amministrazione), è stato capace di bassezze da taverniere per compiacere i poteri maggiori ai quali deve la sua fortuna. E’, al netto delle adulazioni che compra, privo di qualsiasi visione che non si riferisca al proprio interesse. Può essere dipinto come grande uomo o grande imprenditore solo dai furbastri che si accodano ai Berlusconi, ai Gelli, ai Caprottti, fiutando istintivamente dei capibranco della loro stessa specie.

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1 aprile 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Ferrucci “Bernardo Caprotti, patron Esselunga: “Expo, sì a Coop e Farinetti. Noi fuori”

Caprotti è “calvinista” quanto un capomandamento al Sud è protettore delle vedove e degli oppressi. E chi crede a queste sviolinate è come quei paesani smidollati che si convincono che il capomafia sia un protettore dei deboli.

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27 settembre 2023

Blog de Il Fatto

Commenti al post di B. Ballardini “Spot Esselunga, la pubblicità è alla frutta”

Commento al post di  V. Russo “Una pesca all’Esselunga senza plastica? Si vede che è tutto finto”

“… un vero e proprio «impero del mercato» che, grazie all’operato congiunto del sistema produttivo e di quello statale statunitensi, creò figure nuove – i cittadini consumatori – plasmando sulla sua immagine quella civiltà europea che, fino ad allora, aveva sempre fatto vanto della propria radicale diversità socioculturale rispetto agli Stati Uniti: ecco così sorgere una nuova forma di pubblicità, volta non a convincere informando, bensì a inculcare nella mente del consumatore il bisogno assoluto del bene reclamizzato; ecco sorgere i supermercati (il primo in Italia [Esselunga, ndr] nacque a Milano alla fine degli anni Cinquanta ad opera della International Basic Economy Corporation di Nelson A. Rockefeller) , nuove cattedrali del consumo, la religione che si stava facendo strada nell’Italia del boom.”*

Esselunga, con Caprotti che voleva Draghi PdR, è parte di quell’imprenditoria di stampo USA che copre interessi impresentabili con il “virtue-signaling”, acquistato da ditte di PR, come questo spot alla “Piange il telefono”. (Nel 2019 i CC hanno simulato un attacco terroristico in una Esselunga, a Pioltello. La magistratura dovrebbe guardare al triangolo tra economia liberista, condizionamenti ideologici e apparati di sicurezza, invece di cincischiare sull’ipotesi puerile del pazzo isolato, se volesse fare sul serio sul terrorismo di “Unabomber”** nei supermarket).

* Luzzi S. Il virus del benessere, Laterza 2009.
** Leopardi, Unabomber e altri eversori.

Per lo più la frutta è esposta sfusa; poi la si passa alla cassa non libera come nello spot, ma imbustata e prezzata; dal cliente (“Il servitevi da soli non è un invito, ma un segno di disprezzo, come il termine consumatore”, Piero Chiara). E’ comunque vero che l’involucro non è meno importante del contenuto, e che questo spot lo conferma. Il PdC Meloni, che dovrebbe essere al timone della nave in mare grosso tra gli scogli, twitta che lo trova “bello e toccante”. Il direttore del principale giornale online di opposizione, Gomez, ha versato una lacrima, ci dice. Male, perché le lacrime vanno riservate ai dolori della vita reale, mentre non bisogna farsi smuovere da chi tocca ad arte corde emotive (è anche per questo che da giovani bisogna leggere es. le novelle di Verga, e lasciarsene commuovere: per immunizzarsi dalle dozzinali strimpellate di gelidi imbroglioni nella vita adulta). E soprattutto perché per sopravvivere nella giungla liberista bisogna distinguere l’involucro dal contenuto. In particolare la differenza tra la pelle di agnello e la bestia carnivora che se ne rivesta. Qui a chiamare a raccolta col violino dei teneri sentimenti è una ditta le cui recenti vicende giudiziarie* non sono che la punta dell’iceberg, come sa chi ha a che fare con la “fratellanza” della quale fa parte.

*“Frode fiscale e sistematico sfruttamento dei lavoratori”, sequestrati quasi 48 milioni a Esselunga. Pm: “Sistema illecito fin dal 2016”. Il Fatto, 22 giu 2023.

@ Hobbes:

E’ vero che nessuna offerta al pubblico può avere un successo duraturo se non trova riscontro in una recezione del pubblico. Ma ciò non significa che il bisogno al quale si lega sia “reale”: può essere un bisogno indotto. Amplificandone uno reale o creandolo ex novo. Con la disinformazione e l’indottrinamento. L’industria miliardaria del marketing si occupa di ciò. L’industria plurimiliardaria della medicina – con la quale la grande distribuzione, Esselunga in particolare, ha legami opachi – si basa sulla trasformazione di una domanda genuina e essenziale in una smisurata domanda indotta. Una facile via al profitto, avendone i mezzi, che arriva a livelli criminali. Interessi che hanno appoggi criminali insospettabili*.

Né tantomeno successo di pubblico vuol dire necessariamente “funzione sociale necessaria e importante”. Altrimenti dovremmo dirlo es. di dittature storiche o della droga. Un successo che si basa anche su violenza e censura.

Bisognerebbe al contrario che il potere dei soldi non debordi: qui che venda buoni prodotti alimentari a un prezzo onesto, lasciando ad altri la discussione su temi come la crisi della famiglia. (E stando lontano dalla medicina commerciale, alla quale Esselunga è legata da figure come A. Alfano, già ministro degli Interni).

*Mello M. The United States of America vs Theodore John Kaczynski. Ethics power and the invention of the Unabomber.

@ Hobbes:

Rap di C. Bisio, 1992: “poi ‘sti pescatori greci non potrebbero pescare in alto mare … senza andare a importunare le ragazze come te che normalmente sono brave ma travolte dagli eventi non disdegnano di fare la put.ana?” La ragazza che porti a esempio va in Grecia – e non fa figli – perché l’assetto socioeconomico la costringe in quella direzione. Forse se potesse scegliere liberamente tra vari mondi possibili, preferirebbe quello con una serena vita tradizionale. Pasolini percepì presto come col consumismo alle persone venisse tolta l’identità sedimentata, sostituendola con la forza e la propaganda con una distorta. La “coercive persuasion”, furiosa nel covid. Siamo influenzabili e ci pieghiamo; ma siamo davvero così costituzionalmente scarsi da considerare uno spot livello Harmony, commissionato da pizzicagnoli senza remore per attribuirsi altruismo, come un inedito di E. De Filippo, o ci siamo stati portati?

Studi mostrano che i pazienti “scelgono” cure che non sono nel loro interesse avendo ricevuto informazioni ingannevoli. A volte chiedono cure aggressive che i medici scartano per sé stessi. Mentre quando si dà un quadro onesto e veritiero i pazienti scelgono razionalmente. In medicina sta prendendo piede la “shared decision”, che spesso è un modo mascherato per rifilare cure cattive, lucrose, facendolo figurare come una “scelta” del paziente.

Ma sono discorsi come quelli di Kaczynski, che sono stati collegati a uova esplosive nei supermercati…

La CIA e l’art. 33 della Costituzione

6 October 2011

Blog Blogghete

Commmento al post di G. Freda “Spacciatori di fuffa” del 6 ott 2011 

Dell’influenza degli USA sull’arte tramite la CIA sentii parlare da Enrico Baj ad una conferenza che tenne mi pare nel 1997 in un paese vicino a Brescia. Citò anche lui Peggy Guggenheim. Fece affermazioni sorprendenti su metodi di persuasione del genere “diplomazia delle cannoniere” che furono usati a Venezia. Riporto un passo da “Conversazioni con Enrico Baj” di L. Caprile, 1997 (pag. 54):

“Castelli ha organizzato la mostra al Padiglione americano della Biennale di Venezia nel 1964 assieme al suo amico Alan Solomon, entrambi dei servizi segreti americani. D’altra parte, i servizi segreti americani, qualche anno fa, hanno pienamente ammesso di aver considerato l’arte americana come un fatto d’importanza strategica e per tale considerazione di avere sollecitato l’interesse diretto del governo e della Casa Bianca. Nel caso della Biennale, Castelli e Solomon hanno avuto via libera dal Dipartimento di Stato.[…] improvvisamente si presenta l’accoppiata Castelli-Solomon, cambiano tutti i progetti precedenti e tutto lo spazio viene occupato dalla Pop Art con il conseguente successo dell’immagine americana up to date. […] Pensavamo che la Pop art volesse distruggere il mito della Coca-cola, della Marylin e del fumetto. Eravamo in errore perché lo si voleva solo esaltare.”

Credo che, come per altri aspetti della Guerra fredda, quello della opposizione all’URSS fosse un pretesto. Il movente principale mi pare sia stato quello di costruire un’egemonia culturale nei paesi “alleati”, che favorisse il dominio politico ed economico; creando consenso per le idee politiche capitalistiche, e mercati per i prodotti da consumare. Non si dirà mai abbastanza degli effetti negativi del condizionamento culturale. D’altro lato, occorre considerare che si tratta di informazioni “declassified”, come mostrano anche il libro della Stonor Sanders e la circostanza che la clamorosa rivelazione è arrivata sulle pagine di Repubblica. Sembra uno di quei “limited hang-out” tipici degli anglosassoni.

Questa ingerenza viola l’art. 33 della Costituzione, che dice che “L’arte e la scienza sono libere”. E’ noto il controllo sull’arte, che si può dire abbia ottenuto i suoi effetti già da molti anni; si parla molto meno di quello sulla scienza, attuato mediante i servizi e mediante vie riservate; che invece è più attuale e importante, per le ovvie implicazioni economiche; soprattutto in campo biomedico. Controllando l’arte si può influenzare la cultura generale dei popoli; controllando la ricerca scientifica e tecnologica, si controllano l’industria e il commercio.

I gruppi facenti capo a Rockefeller, citati a proposito del controllo dei servizi sull’arte, sono noti anche per l’influenza determinante che hanno avuto nel plasmare la medicina e la ricerca scientifica biomedica del nostro tempo. Pochi in Italia conoscono il caso della persecuzione di Domenico Marotta, mediata da magistratura e democristiani, e appoggiata da una campagna diffamatoria dell’Unità, due anni dopo l’uccisione di Mattei e alcuni mesi dopo il caso Ippolito. Marotta era un autentico gran commis dello Stato, molto lontano dai soggetti cui siamo ormai abituati. Fu un validissimo direttore dell’Istituto superiore di sanità, del quale è considerato il padre. Infranse il monopolio anglo-americano sulla penicillina, chiamando l’inglese Chain, premio Nobel, a lavorare per noi; un atto che ha evidenti analogie con la ricerca dell’indipendenza energetica per l’Italia di Mattei e Ippolito. Subì l’oltraggio del carcere ottantenne, mentre sui giornali veniva presentato come una “forchetta della scienza”. Marotta era un uomo del passato. I moderni servitori dello Stato hanno reso l’Italia un verde pascolo per le multinazionali farmaceutiche estere. In Italia un bambino su due assume almeno un antibiotico all’anno – molto spesso inutilmente e con effetti nocivi – contro il 14% degli inglesi.

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2 giugno 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Pellizzetti “Referendum riforme: ‘250 grandi intellettuali 250′ per la Boschi e Renzi”

Nel 1931 i professori universitari che rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo furono 12 su 1250, lo 0.96%: E. Bonaiuti, M. Carrara, G. De Sanctis, G. Errera, G. Levi Della Vida, F. Luzzatto, P. Martinetti, B. Negrisoli, E. Ruffini, F. Ruffini, L. Venturi.

@ Uva 63. Non è un parallelo. Quel 99.04 di “sì” è un indice del proverbiale servilismo degli intellettuali, e quindi del valore da attribuire al loro fare da testimonial a leggi liberticide.

@ Uva 63. Sì, è una questione di precedenti che mostrano il servilismo degli intellettuali verso i potenti per ottenere vantaggi personali, non un “paragone”. Comunque somiglianze ci sono. Anche Mussolini, che conosceva gli italiani, si assicurava l’appoggio degli intellettuali pagandoli; con assegni mensili di importo variabile. Così che si diceva che in Italia i poeti si distinguono in millelirici, duemilalirici e tremilalirici.

@ Inverness. I 12 sono esempi di virtù eroiche. Persero la cattedra e la libertà. Anche nei primi anni del fascismo vi fu una spontanea consistente opposizione degli intellettuali, che poi su soffocata. Per alcuni ci vollero le maniera forti; ma per i più bastò fare leva sul “tengo famiglia” che i chiosatori come te incarnano perfettamente.

@ Inverness. Anche a me rincresce di aver anteposto i nomi delle 12 perle che non giurarono ai tuoi stentorei commenti.

@ nonnepossopiù. o dico che storicamente in Italia c’è una tradizione di servilismo degli intellettuali verso il potere autoritario, e lei replica chiedendomi cosa direi se ribattesse che le percentuali dei contrari sono circa pari a quelle dei pazzi. Cosa direi? Niente. Non si risponde ai non-argomenti. Rifletterei contrito sui grossi calibri intellettuali, capaci di cotanta confutazione, che il fronte del Sì ha a disposizione.

@ Effendi. Benedetto Croce, umanista di indubbio valore (come G. Gentile, del quale si dice fosse fascista per convenienza) nel dopoguerra lo ritroviamo presidente del Congresso della libertà e della cultura, “rappresentante di un crescente ‘pensiero euro-americano’ ”; un’associazione voluta dalle stesse strutture USA che organizzarono Gladio e Stay Behind. E che si occuparono di selezionare la classe intellettuale italiana facendo promuovere quelli che secondo loro erano “i capaci e i meritevoli” (*). Selezione che come si vede dà i suoi frutti.

*Sanders FS. La guerra fredda culturale. La CIA e il mondo delle lettere e delle arti. Fazi, 2004.

@ Effendi. Neanch’io ho mai capito molto l’idealismo crociano, e, a parte le strumentalizzazioni scientiste, bisogna riconoscere che il suo considerare la scienza come “tecnica” inferiore alle discipline umanistiche non ha giovato alla cultura italiana. E neppure capisco la versione “attualista” di Gentile. Erano però uomini di grande cultura. Sulla morte di Gentile c’è un libro di L. Canfora, “La sentenza”, secondo il quale non fu una semplice vendetta partigiana.

Come chiamare la sinistra di potere ?

3 October 2011

Postato su Apppello al popolo il 3 ott 2011

Su questo sito Simone Santini [1] ha di recente discusso del neologismo “rossobruni” applicato all’area antagonista. Non considero qui le categorie ideologiche risultanti dalla conflazione di marxismi e fascismi, o eventuali “nazimaoisti” in carne e ossa, ammesso che esistano, argomenti sui quali non so nulla; né tanto meno l’analisi dell’evoluzione attuale del marxismo, altro argomento sul quale non so niente; ma la tendenza della sinistra di potere ad attaccare gratuitamente anche con sistemi abietti chi è inviso ai suoi nuovi padroni; e a dare dell’estremista – rosso, nero, o magari milanista –  a chi non le garba, o non garba ai suoi nuovi padroni; e questo lo conosco benissimo per esperienza diretta.

Santini mostra come l’opposizione rossi/neri sia da superare. Non penso che “rossobruni” sia un complimento, da prendere come titolo del quale felicitarsi. Nè che gli antagonisti rossi vadano accomunati a quelli neri sotto la categoria “antisistema”: il modello ideale di società desiderato è, si presume, fondamentalmente diverso per le due posizioni, pur essendoci, oltre all’opposizione al capitalismo, punti di contatto ideologici, e psicologici. Ma sono d’accordo nel rifiutare la dicotomia sinistra/destra: sta divenendo sempre più evidente che questa contrapposizione orizzontale distoglie dalla divisione fondamentale, che è quella verticale potere/governati. E’ un’opera dei pupi, con Berlusconi che parla di pericolo comunista e la “sinistra” che si dice discendente dei partigiani, mentre entrambi fanno quello che vuole il puparo (la “sinistra” ancor più che Berlusconi, secondo alcuni commentatori); un pubblico di bambini guarda a bocca aperta, mai stanchi della stessa recita rassicurante. Come le botte tra Arlecchino e Pulcinella con Mangiafuoco alla cassa nella canzone di Bennato.

E’ proprio di questa “sinistra” attaccare chi è su posizioni progressiste vere; sia perché è questo il  lavoro per il quale è pagata: impedire una sinistra autentica in Parlamento occupandone il posto. Sia perché come tutti i rinnegati c’è un odio personale verso chi non ha tradito e può quindi testimoniare, anche con la sua sola esistenza, la loro falsità. Gli attacchi alla sinistra che, absit iniuria, qualcuno potrebbe chiamare “ingenua”, e in generale ai progressisti autentici, sono quindi sistematici e ben studiati.

L’epiteto “rossobruno” è sia interessante che impudente, perché proietta sugli oppositori la circostanza – e la vergogna – che sono la destra e la sinistra parlamentari a fondersi, e talora a scambiarsi i ruoli; così che chi critica la “sinistra” da una posizione di sinistra coerente, anche moderata, può essere rappresentato come di estrema sinistra se critica il loro praticare politiche di destra; e come di destra se critica le posizioni di finta sinistra. Il liberismo ha una dimensione anarchica, individualista, distruttiva e creatrice, che è possibile spacciare per progressista. Io lo vedo soprattutto in campo medico, dove alcune frodi, o alcune manovre liberiste liberticide vengono presentate come istanze progressiste e libertarie, così che chi le critica può essere fatto passare per reazionario.

Un esempio è il teatrino tra “laici” e quell’altra cattedra di doppiezza, il clero, sul testamento biologico, nel quale la “sinistra” finge di ignorare che un problema autentico, il diritto alla autodeterminazione sul proprio corpo in caso di malattia terminale o gravemente menomante, viene distorto e strumentalizzato per finalità malthusiane legate a quei poteri economici che vivono dello sfruttamento della popolazione; alla quale guardano come alle loro mandrie gli allevatori di bestiame, che abbattono i capi che non rendono più [2]. Anche criticare l’immigrazione come portato della globalizzazione liberista, che dietro alla melassa buonista è una trasfusione forzata di  persone che anemizza delle energie migliori i popoli dei paesi poveri e impoverisce il tessuto antropologico dei paesi ricchi [3], consente ai “sinistri” di servire il grande capitale e accusare farisaicamente di razzismo, rossobrunismo, etc. chi non si allinea. Oppure il dire che il fatto che Gheddafi (peraltro viscidamente appoggiato dai nostri governanti fino a poco prima dell’inizio dei bombardamenti) fosse un dittatore non toglie che l’occupazione coloniale della Libia, Stato sovrano, con le uccisioni di civili, sia una nefandezza; ciò dai marciapiedi di Assisi [4] viene visto come segno certo che a parlare è uno che ha i ritratti affiancati di Lenin e Goering sopra la testiera del letto. Di recente “il Fatto” ha ospitato un post dell’on. Fabio Granata sulla mafia. Il mio commento al post è stato censurato [5]. Troppo estremista? Questo collaboratore degli antifascisti de Il Fatto, Granata, seguace del pacato maestro di democrazia già delfino di Almirante, Fini , mesi fa ha difeso dalle critiche una sua militante, Lucia Alonzi, che si è presentata alla Camera con la croce celtica al collo. Ha difeso anche il simbolo. E’ interessante come: definendolo “segno di un’identità cattolica”. Anche i post-fascisti sono passati dalle posizioni “categoriche e irrevocabili” alla riposta a saponetta, scivolosa, fatta per sgusciare via.

Il tradimento della sinistra, con l’abolizione della opposizione autentica, quella che contrasta seriamente i partiti apertamente sostenitori degli interessi dei più forti, e con la sua trasformazione in un simulacro manovrabile, è un fattore determinante dello sgretolamento dei capisaldi di giustizia e di libertà raggiunti in secoli di lotte contro l’oppressione. Per chi ha creduto in certi ideali, una metamorfosi da farfalla in bruco, o in anellide. La “sinistra” odierna è una bolla che si regge per l’abilità di professionisti dell’ipocrisia. I fascisti erano più autentici. Lo stesso Berlusconi, pericoloso istrione, ha una distanza tra ciò che realmente è e ciò che finge di essere che è minore di quella della “sinistra”. “Se un ladro ha la faccia da ladro in fondo è onesto” dice un personaggio di Fellini.

Col suo doppio gioco, la sinistra di potere è la cintura di protezione politica della destra affarista, del clero, di Confindustria e degli altri feudatari dei poteri forti internazionali che reggono il Paese. Avendo voltato le spalle alla sua storia e sputato sui suoi ideali, ed essendosi convertita alla religione dell’antico nemico, priva com’è di una sua spina dorsale, di una sua identità forte, è considerata dai poteri forti sovranazionali più affidabile di altri signorotti locali, e si appresta a gestire direttamente il protettorato italiano.

Da bambino guardavo in televisione Saragat, del PSDI, declamare in continuazione “gli alti ideali della Resistenza”; da grande, leggendo scoprii che questo patriota era al vertice del partito americano – non diversamente dal presidente della Repubblica attuale – e ha fatto tanto per svendere l’Italia; anche in campo scientifico, es. con la vicenda della persecuzione di Felice Ippolito; e anche quella di Domenico Marotta [6], sorretta da una campagna diffamatoria de l’Unità. Negli anni ’70 i coetanei mi davano del fascista perché esprimevo dubbi sulla genuinità della decisione, pressoché unanime, di occupare il liceo, che mi sembrava una libera uscita goliardica pilotata dal PCI e permessa dalla DC; oggi gli ex compagni quando vogliono essere gentili mi definiscono anarchico. Le mie idee politiche, che sono sostanzialmente costanti nel tempo, sono accostabili a quelle di tipo repubblicano e all’antiutilitarismo; se mi trovo su posizioni “estremiste” non essendomi mosso è per lo spostamento a destra della “sinistra”.

La “sinistra” ora chiama “rossobruni” oppure – e questo è un classico – “anarchici” quelli che la intralciano nel suo ruolo di falsa sinistra. Ma come chiamare questa “sinistra”? Si sono tenuti un marchio che non gli compete più da molto tempo, e che favorisce la loro funzione di falsa opposizione. Propongo di non limitarsi a difendersi dagli appellativi che ci vengono appioppati, come “rossobruno”, ma di passare al contrattacco – soprattutto se ci si considera rivoluzionari – e trovare nomi appropriati per definire l’attuale “sinistra”. Qualcuno ha proposte?

Una interessante definizione è quella di “comunismo individualistico” [7]; non perché abbia “un vago sapore aporetico” come ha scritto chi l’ha coniata, Eugenio Orso, ma come ossimoro beffardo, efficace nel mettere in risalto l’ambiguità cialtronesca con la quale la “sinistra” vuole tenere il piede in due staffe. A proposito di contraddizioni che uniscono “fasci” e “compagni”, ricordo un discorso di Berlinguer che sosteneva che i comunisti erano rivoluzionari e conservatori; e come mi colpì sfavorevolmente, perché avevo da poco letto un passo di un discorso di Mussolini dove sosteneva la stessa cosa del fascismo. Forse un test per saggiare la consistenza, e la qualità, di un’idea politica, o di una posizione politica, è verificare la sua reattività: il suo non combinarsi facilmente con altre idee, formando nuovi composti, è in genere una caratteristica di pregio. In un paese abituato alla tecnica cattolica del potere di gettare ponti, o meglio estendere pseudopodi, verso le opposizioni, per poi inglobarle, usarle strumentalmente, dissolverle, andrebbe riconosciuto il valore positivo delle divisioni tra concetti e tra parti politiche.

Io la chiamo “sinistra gialla”, o “i gialli”, come erano chiamati “gialli” i falsi sindacati allestiti dai padroni. Oppure “sinistra smagnetizzata”, visto che mostra che il Piano Demagnetize degli anni ’50 ha funzionato, fino a fare della “sinistra” uno strumento dei poteri che dice di combattere, e che in passato hanno ucciso diversi dei suoi migliori esponenti [8]. Oppure “glaxocomunisti”, dati i finanziamenti della Glaxo a D’Alema e in generale le posizioni servili verso le multinazionali farmaceutiche e il businness biomedico, dove il liberismo raggiunge aspetti turpi [9].

Oppure “sinistra deuteragonista”, che serve da spalla teatrale al protagonista [10,11]. Oppure “sinistra metastatizzata” visto che, come un linfonodo invaso dal tumore, da elemento di difesa è divenuta focolaio del male. O anche “sinistra gellista”. “Gellista” non nel senso che ha raccolto l’eredità degli ideali dei giellisti, gli aderenti a Giustizia e Libertà; ma nel senso di Gelli Licio, del quale ha attuato i programmi per l’Italia.

Oppure, riconoscendo che destra e sinistra di potere sono una coppia di soci che per guadagnarsi la pagnotta servono il potere, anche inscenando liti; e riconoscendo che in quest’ultimo compito, dove si legittimano a vicenda spernacchiandosi a vicenda, mostrano elevata padronanza del mestiere, potremmo chiamare una “l’Augusto” e l’altra “il Bianco” [12].

Pubblicato anche su:

https://menici60d15.wordpress.com/

1.    Simone Santini. Rossobruni ? No, rivoluzionari! Appello al popolo, 30 set 2011.

2.   v. citazioni [9-11] in:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/05/16/sperimentazione-animale-uno-spoglio-etico-2/

3._https://menici60d15.wordpress.com/2009/05/24/immigrati-la-pieta-coi-numeri-e-altre-forme-minori-di-pieta/

4.   Commento a “La guerra in Libia non esiste per la marcia Perugia Assisi” in [8].

5.  Contro la legalizzazione della mafia. In https://menici60d15.wordpress.com/2010/06/08/i-professionisti-della-metamafia/

6.    https://menici60d15.wordpress.com/2011/03/31/“se-la-canaglia-impera-la-patria-degli-onesti-e-la-galera”/

7.   Stefano D’Andrea. Comunismo individualistico post sovietico. Appello al popolo, 16 giu 2011.

8.   https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/03/la-sinistra-smagnetizzata/

9.   https://menici60d15.wordpress.com/2010/12/07/da-quali-minacce-va-protetta-la-glaxo/

10. https://menici60d15.wordpress.com/2009/05/11/il-deuteragonismo/

11.  https://menici60d15.wordpress.com/2009/05/19/deuteragonismo-di-lotta-e-di-governo/

12. https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/21/i-magistrati-e-leffetto-bokassa/

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Blog di Aldo Giannuli

Commento del 18 feb 2012 al post “Caso Goracci. La risposta di Paolo Ferrero” del 17 feb 2012

@Santi. Sul simpatico epiteto “rossobruno”, o sulla croce uncinata che sarebbe nell’anima di chi dà noia ai rossi di mestiere:

Come chiamare la sinistra di potere ?
https://menici60d15.wordpress.com/2011/10/03/come-chiamare-la-sinistra-di-potere/

Nella mia ricerca su come chiamare quelli della sinistra che conta, vorrei aggiungere “debenedettini”, data la loro devozione all’editore di Repubblica e agli interessi che rappresenta.

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V. anche: La sinistra radicchiale

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15 luglio 2012 

Blog Appello al popolo 

Commento al post di M. Badiale “L’Europa è una passione triste” del 5 luglio 2012

@ Davide. De Benedetti la gestisce ma la”sinistra” è felice di farsi gestire. Tempo fa sul blog di Giannuli ho proposto di chiamare “debenedettini” i suoi adepti; oppure si potrebbe chiamarli “sinistrani” (*). Purtroppo gli italiani nella vita pubblica sono spesso “senza orrore di sé stessi”; un aspetto di quella carenza di autostima evidenziata da Badiale; o forse meglio carenza di sovranità interiore, che si riflette sul piano politico; portando molti a prostituirsi a chi vuole asservire il Paese.

* Come chiamare la sinistra di potere.

Come chiamare la sinistra di potere ?

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2 marzo 2013

Blog Di Aldo Giannuli

Commento al post “Rivoluzione civile: facciamo i conti” del 2 marzo 2013

Su Ingroia, la sinistra istituzionale, e la missione salvifica della magistratura:

Gli strani “compagni di letto” di Ingroia
https://menici60d15.wordpress.com/2013/02/13/gli-strani-compagni-di-letto-di-ingroia/

A chi non fosse del tutto soddisfatto dei fulgidi “maitresses à penser” che animano la movida politica contemporanea; a chi pervaso da furia iconoclasta intendesse abiurare la dottrina di Maestri come Ingroia, Grillo, Vendola etc.; agli sparuti nostalgici che volessero sentire “qualcosa di sinistra”, e magari pure aggiornata ai nostri tempi; a costoro segnalo i libri di Piero Bevilacqua, come “Miseria dello sviluppo”, “Elogio della radicalità”, “Il grande saccheggio”.

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Da I cancri che non sono cancro

Invitiamo tutte le donne a prenotare la loro visita con lo slogan ‘Ricordati di te’ perché c’è un diritto inalienabile che deve essere riconosciuto da parte delle istituzioni pubbliche. Non esiste crisi né esistono tagli alla sanità che possano far venir meno l’elementare bisogno di un servizio: lo screening alla mammella come grande scelta strategica di prevenzione. È giusto per le donne ed è giusto e utile per una amministrazione che vuole prevenire e non solo curare il male. La prevenzione sarà uno dei pilastri del nuovo modello di difesa della salute che stiamo costruendo perché prevenire ci aiuta anche a spendere meno e meglio le risorse pubbliche”.

Nicola Zingaretti, presidente Regione Lazio, sulla campagna “Ottobre rosa”, 30 settembre 2013

Non ci sono sulla scena forze politiche di opposizione vera, che diffondano queste informazioni ai cittadini e portino il problema in sede legislativa e di governo. I “di sinistra” ora parlano di “Ottobre rosa” (epigrafe). Uno slogan commerciale ottenuto attingendo ai loro miti passati, che porta, insieme ad altre notizie [65] a chiedersi quanto distanti siano moralmente dal milieu berlusconiano delle papi girl; sul quale gli italiani si gingillano anziché occuparsi di argomenti politici seri. Di roseo non ci sono che, per gli investitori [66], le previsioni degli analisti finanziari sulla crescita economica del cancro. In USA la spesa sul cancro continua a crescere, a un tasso maggiore che in altri settori della medicina. Si prevede che sarà aumentata del 39% nel 2020 [67]. Gli italiani ignorano la necessità, in un mondo tecnologico sofisticato e insidioso, di aggregarsi e darsi istituzioni politiche proprie, non preconfezionate dall’alto (tra le quali va incluso anche il dissenso verboso, superficiale, dittatoriale e paralizzante di Grillo [68]).

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Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Carugi “La destra che ci serve” del 10 ott 2013

Giusto. Bisognerebbe dire al PD e agli altri “rosa” di abbandonare il liberismo predatorio dei Chicago boys e tornare a Einaudi.

@ Weininger999. Posizioni criticabili, ma non vili; non le marchette bipartisan che stanno togliendo alla gente sia quello che Einaudi voleva toglierle sia quello che voleva restituirle.

@ Weininger999. Non credo che il pensiero di Einaudi sia vile. Sia in assoluto, sia in un paese dove suoi feroci critici sono saltati da Marx a Friedman senza far cadere una goccia della scodella di pappa che reggevano.

@ Marcobaldi. Forse. O forse no, e ne prenderebbe le distanze, se si fosse mantenuto coerente coi principi che insegnava. Per lo meno, a differenza dei “rosa” non ricorrerebbe ad argomenti “di sinistra”, come la necessità di redistribuire i redditi, per praticare la “diversione fiscale”, cioè il depredare il popolo a favore di grandi interessi privati tramite il prelievo fiscale.

*  *  *

30 agosto 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post “Regionali, Bersani ai candidati renziani: ‘Parlino di programmi, non di innovazione’”

Con Berlusconi, Grillo e Renzi abbiamo un triumvirato, o meglio un trio. Mentre Renzi soddisfa il “fattore J”, il “fattore joker”, cioè l’obbligo per la politica italiana di essere condotta da figure buffonesche, Bersani vorrebbe rappresentare l’anima “seria” di un partito che l’anima se l’è venduta da tanto tempo. Restano battibecchi interni che ricordano quelli tra i notabili democristiani, divisi sull’assegnazione dei posti a tavola ma monolitici nel voler mangiare. Quelle gomitate, quegli spintoni tra compari venivano spacciati per “politica”. Dal PD emana lo stesso cattivo odore morale, di consumata ipocrisia, di permanente doppio gioco, che accompagnava la DC. I democristiani gestirono gli anni di crescita economica e di benessere; ai DS viene affidata la gestione degli anni dell’impoverimento e della depredazione. Oggi tapparsi il naso e dare loro credito è un affare ancora peggiore di quello che gli italiani fecero dando credito alla DC.

*  *  *

26 giugno 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Amendola “L’Enciclica ‘Laudato si’’, Papa Francesco e Berlinguer”

@ Elcondorpasa. Berlinguer, quello che predicava le virtù repubblicane e anticapitaliste stando – parole sue – “sotto l’ombrello della Nato”. La stessa balda posizione – la bocca a sinistra e il sedere sotto l’ombrello atlantico – di tanti magistrati, intellettuali, leader spirituali, etc. ai quali dobbiamo buona parte del successo del nostro Paese.

@ Nokia. Quello stesso che, avvisato dell’imminente attentato terroristico alla Questura di Milano del 1973, tacque, e lasciò che avvenisse, come era nella volontà dei servizi, mentre tramite G. Pajetta intratteneva buoni rapporti col capo dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale, D’Amato, emissario della CIA. Renzi non è un mutante, ma il prevedibile frutto dell’albero. L’ubertoso albero dei doppiogiochisti.

@ Nokia. Non mi drogo. Il fatto è riportato in un’ordinanza di un collega di Amendola, il giudice Antonio Lombardi. Non so se ho ferito un nostalgico nelle sue illusioni o se ho dato a un ruffiano il modo di ricevere un altro buono pasto.

@ Nokia. E allora? L’articolo conferma quanto dico. Lei non potendo confutare ricorre all’attacco ad personam. Berlinguer, grande figura. Apprezzato anche dai “nemici”: un mese prima del sequestro Moro viene invitato da N Birnbaum, ritenuto collegato alla CIA, per tenere conferenze in USA. Al suo posto manda un altro, tale Napolitano. Diversi commentatori, affetti evidentemente dagli stessi gravi disturbi che lei diagnostica a me (Chessa, Pinotti, Santachiara), hanno collegato ciò alla fine di Moro, e alle susseguenti fortune dei “comunisti” “preferiti”. Lei si deve stordire con alcool o altro per fare questo suo lavoro o ormai ci ha fatto il callo? O è nato con la vocazione?

@ Nokia. Non credo che le obbedienze che hanno gestito l’assassinio di Moro abbiano a che fare con le scie chimiche. Non ho mai considerato il tema delle scie chimiche. Lo ignoro, supponendo a priori che probabilmente sia una di quelle bufale di disturbo, che servono ad aggiungere confusione, mescolandosi alle verità sporche e così mimetizzandole, giustificando la tesi che chi controinforma sul potere non è che un “complottista”. Eh, i comunisti atlantisti, un colossale bluff, uniscono i metodi della propaganda stalinista a quelli delle multinazionali di pubbliche relazioni occidentali.

@ Cesby. A Civitavecchia la gente venera le statue della Madonna che piangerebbero sangue, e il Procuratore della Repubblica venera l’asserito anticapitalismo di Berlinguer (v. infra). Tutti insieme lodano il papa “ecologista” come leader spirituale e politico. I fedeli saranno anche brava gente, il Procuratore ha dei meriti. Ma sembra che in Italia siamo condannati a vivere in un perenne Seicento manzoniano.

@ GAmendola. Il suo elogio di Berlinguer e l’accostamento tra il segretario del PCI e papa Bergoglio mi hanno fatto ricordare di un altro magistrato, del quale non ricordo il nome, che tanti anni fa in un’intervista paragonò la situazione italiana, sul terrorismo, a un fiume che, date le increspature prodotte in superficie dal vento, sembra scorrere in un verso, mentre in realtà scorre nel verso opposto. Se vogliamo un futuro dove si pensi con la propria testa, e ci si possa fidare della testa di altri su questioni sulle quali non sappiamo giudicare, bisogna privilegiare la coerenza tra ciò che appare e ciò che è. Ci sono stati casi di coerenza, pagata cara, anche tra i comunisti e i cattolici. E’ alle loro posizioni lineari, anziché ai trompe l’oeil della politica di successo, che va la mia ammirazione.

F. Pansera

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10 agosto 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post “Milano, cerimonia per l’eccidio di piazzale Loreto. Cenati (Anpi): “Vergognosi paragoni tra Shoah, regime nazista e regole anti-Covid”

CENSURATO
I partigiani del 26 aprile.

Arizona2. Vergognati.

@Arizona2. Ti risponderei “Vergognati tu”. Ma l’esercito dei ragazzi di Cucarasi, di tutte le varietà, che hanno ridotto così l’Italia, è immune da questo sentimento.

G. C. Fusco. I ragazzi di Cucarasi. In “Le rose del Ventennio”. Sellerio, 2000.

Non censurato:
Va tutto bene per i diritti, il lavoro, la democrazia. Per la Costituzione del 1948. Chi lo nega, e nota somiglianze con i primi passi mossi dalle dittature novecentesche, si deve vergognare. Un altro audace colpo di mano contro le preponderanti forze nazifasciste di quelli della “26 Aprile”. La brigata partigiana di chi sa stare al mondo, prendendosi sia le medaglie per la lotta all’oppressione sia le prebende per il servaggio agli oppressori. Alla faccia di chi combatté e perse la vita, e dei fessi che credono a queste continue pompose autocelebrazioni tenute col pretesto di commemorare ciò che in realtà si è tradito.

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5 marzo 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Bellelli “Pasolini fu l’ultimo grande intellettuale del Pci, che preferì espellerlo”

In matematica ci sono i concetti radiali. Anche le idee politiche sono “radiali”: hanno oltre a un nucleo teorico dichiarato un raggio tacito lungo il quale possono degenerare. Quelle troppo elevate scivolano presto lontano dal nucleo ideale, che viene mantenuto come specchietto.

“Da Nenni e compagni a Craxi e compagnia”. Parafrasando Biagi, da Gramsci a Renzi e i suoi amici. Nessun “errore”. Ma quale Gramsci. I comunisti facevano già il doppio gioco. Applicando la lezione di Gramsci – apprezzato più dagli anglosassoni che da noi – al contrario: la selezione inversa della classe dirigente e intellettuale. Partecipando alle epurazioni di figure scomode ai padroni USA. Pasolini, che era intellettuale in interiore homine, e aveva cercato una casa. O Domenico Marotta, padre dell’ISS che sta a Ricciardi e Brusaferro come don Milani (un altro prima epurato e poi usato per farsi belli) sta a Marcinkus. Scienziati come Marotta non avrebbero fatto dell’Italia la sentina dell’operazione mondiale covid. O Moro, che da PdR non avrebbe fatto il viceré passivo ma ci avrebbe difesi. Tra le attività della triste compagnia guidata da Letta e Franceschini c’è l’eliminazione di voci indipendenti che guastano la vendita dell’Italia. Con mezzi che sarebbero di pertinenza della magistratura penale se questa – che fu già persecutoria con Pasolini – a sua volta non praticasse innominabili commerci coi mandanti delle stragi nascosta dietro ai cartelloni con Falcone e Borsellino.

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17 maggio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Modica “A Palermo il corteo alternativo di Cgil e delle associazioni per ricordare Falcone: “Basta con le passerelle e col silenzio di Stato sulle stragi””

CGIL e altri garantiti, e Dell’Utri e affiliati, duellano in pubblico ma dietro le scene servono entrambi i mandanti sovranazionali di quelle stragi. Ed entrambi si avvalgono della rigenerazione della verginità (Pasolini) ottenuta con le assidue processioni e gare canore sulle stragi. La differenza è nei modi. La destra, con le sue contiguità con la mafia, vuole mantenere una quota di autonomia predatoria. I sinistri sono per l’abbandono totale, vedi la CGIL, un “sindacato” che tra le varie infedeltà verso chi dice di rappresentare è arrivata a sostenere il vile ricatto sul lavoro per l’inoculazione di massa inutile e dannosa. Un ricatto arcimafioso.

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31 maggio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Limiti e G. Pipitone “L’ex terrorista nero Fioravanti firma articoli sull’Unità. I familiari delle vittime della strage di Bologna: “È una vergogna, siamo schifati””

Da bambino vedevo Fioravanti nei fotoromanzi de “Il Giornalino”, settimanale per bambini che si vendeva in chiesa assieme a Famiglia Cristiana. Fotoromanzi alla buona: ricordo una foto dove puntava una pistola, secondo la trama, ma la pistola di scena era semplicemente un corto tubo di metallo nero che simulava la canna. Poi le armi le ha usate davvero; e con quelle mani ora scrive sul giornale che fu fondato da Gramsci. Giornale che pensavo avesse sceso tutti gradini, insieme a quelli che l’hanno ereditato, ma c’è sempre spazio in basso. Sansonetti ha voluto dare scandalo, per farsi notare, e magari alimentare il litigio diurno fasci/compagni che copre quello che insieme fanno di notte. Involontariamente ha evidenziato due piaghe nazionali, tra loro connesse. a) Il cercare sempre intese, collegamenti, inciuci, negando il valore della divisione netta, del confine invalicabile, della contrapposizione forte. Intese e alleanze tra b) i salvati, uniti nell’affondare definitivamente i sommersi, gli sconfitti, e nello sfruttarli da morti dopo averli traditi da vivi. Ne risulta un tipo umano vitale, attaccato alla sopravvivenza, sempre a galla, come Sansonetti; per il quale vale la battuta dal film “Footlight parade” (1933, in italiano “Viva le donne”): “As long as they’ve got sidewalks you’ve got a job”. Fino a quando ci saranno marciapiedi tu avrai un lavoro.

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1 novembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “È morto l’ex ministro Luigi Berlinguer, aveva 91 anni. Schlein: “Lascia un patrimonio politico inestimabile””

– l’ex ministro dell’Università Podestà si lasciò sfuggire una confidenza difficilmente dimostrabile, ma probabilmente vera: «I rettori italiani? La metà di loro è iscritta alla massoneria».8 Certo si riferiva anche al proprio successore sulla poltrona di ministro dell’Università, quel Luigi Berlinguer all’epoca rettore a Siena, e poi presidente della conferenza dei rettori, indicato da un quotidiano locale, Il Cittadino di Siena, come uno dei maestri più venerati della città del palio. (Un Paese di baroni. Truffe, favori, abusi di potere, logge segrete e criminalità organizzata. Come funziona l’università italiana. Chiarelettere, 2009).

– ll governo D’Alema appoggia i bombardamenti della Nato a Belgrado. Scavalca a destra gli alleati cattolici e Berlusconi anche su un altro versante. Il ministro all’Istruzione Luigi Berlinguer pensa bene di arrivare dove nemmeno la Dc si è mai spinta: invece di rilanciare la scuola pubblica, finanzia quelle private con buoni statali e con l’estensione del trattamento fiscale riservato agli enti senza fini di lucro. (I panni sporchi della sinistra. I segreti di Napolitano e gli affari del PD. Chiarelettere, 2013).

– Con il varo della riforma universitaria che porta il nome di Luigi Berlinguer, iniziava anche istituzionalmente il lungo genocidio che avrebbe portato a completa distruzione l’università italiana, consegnandola alle sue tare originarie. (Modernizzazione senza sviluppo. Il capitalismo secondo Pasolini. B. Mondadori, 2005).

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14 novembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Assalto alla Cgil, i giudici della Corte d’Appello: “Fu aggressione a un simbolo della democrazia””

La CGIL “paradigma di democrazia”? Piuttosto, paradigma del sistema dello standard negativo. Si prende un pessimo, un infimo, come standard, rispetto al quale proclamare virtuoso ciò che interessa. Si prende la mafia come standard negativo rispetto al quale presentarsi come “Stato di diritto”, quando si è corrotti, vendendo il Paese ai poteri forti e praticando sistemi mafioidi. Si prendono degli squadristi – con legami coi servizi – e li si lascia liberi di inscenare un assalto, quando in una vera democrazia non sarebbero stati neppure lasciati avvicinare.

Rispetto allo standard democratico autentico la CGIL è il paradigma di un tradimento. Si stanno moltiplicando i report, sulle più importanti riviste mediche, che mostrano che le persone che ricevono le terapie ufficiali per il covid si riammalano più di frequente; e maggiori sono gli inoculi anticovid maggiore è la probabilità di riammalarsi*. CGIL e soci, al contrario dei sindacati di altri paesi, hanno appoggiato le coercizioni per spingere verso una medicina di questo genere. Insieme a quegli altri “democratici” dei magistrati. Per non parlare del tradimento del ruolo istituzionale di tutela degli interessi dei lavoratori. Lo squadrismo alla Farinacci fa da standard negativo per presentare come “simboli di democrazia” i gruppi che si sono messi al servizio del fascismo dei banchieri.

*SARS-CoV-2 Virologic Rebound With Nirmatrelvir–Ritonavir Therapy. Ann Int Med, 14 nov 2023.

Renato S: La CGIL non è stata responsabile della politica sanitaria durante la pandemia, su cui non ha giurisdizione.
Se ha approvato le necessarie azioni di governo per contrastare i contagi e salvare un numero incommensurabile di vite, coi vaccini e l’abnegazione del personale sanitario, bisogna solo apprezzarla.
Il resto è fuffa e complottismo di persone ignoranti e travisate da cattivi maestri.

@ Renato S: Longanesi diceva che le onorificenze non solo non bisogna accettarle ma non bisogna neppure meritarle. Io sto compilando un “Albo Longanesi” sui premiati alla rovescia. Potrebbe cominciare con Kesserling, al quale quando disse che dovevamo fargli una statua rispose Calamandrei. Altri tempi. Gli ultimi iscritti sono Berlusconi al famedio. E il Nobel ai vaccini mRNA, v. * (l’articolo, di un gruppo di medici, docenti universitari e ricercatori inglesi, ha per immagine un tale che indossa il copricapo e l’alloro coi quali viene usualmente rappresentato Dante Alighieri). Anche i tuoi elogi per il comportamento della CGIl sono degni del libro d’oro. Andrebbero iscritti nel registro dei premiati anche i magistrati che esaltano la CGIl dopo questo assalto che puzza di combine per rabberciare la verginità ore prima di appoggiare la Pfizer card per lavorare. E che sono della partita anche nel mantenere questo mondo alla rovescia, dove la Pfizer, quella col cursus honorum più corposo** sovrasta i poteri dello Stato. E dove voi sareste dei valorosi e chi non accetta ciò che fate viene messo in categorie infamanti; classificazione che eseguite, come per il “jab for job”, avvinghiati a quella che dovrebbe essere “la controparte padronale” così come vi siete avvinghiati a Draghi.

*More circus theatre from the ‘safe and effective’ brigade. Hart, 10 ott 2023.
**Justice Department Announces Largest Health Care Fraud Settlement in Its History. US Dept. of Justice, 2 set 2009.

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14 novembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Assalto alla Cgil, i giudici della Corte d’Appello: “Fu aggressione a un simbolo della democrazia””

La CGIL “paradigma di democrazia”? Piuttosto, paradigma del sistema dello standard negativo. Si prende un pessimo, un infimo, come standard, rispetto al quale proclamare virtuoso ciò che interessa. Si prende la mafia come standard negativo rispetto al quale presentarsi come “Stato di diritto”, quando si è corrotti, vendendo il Paese ai poteri forti e praticando sistemi mafioidi. Si prendono degli squadristi – con legami coi servizi – e li si lascia liberi di inscenare un assalto, quando in una vera democrazia non sarebbero stati neppure lasciati avvicinare.

Rispetto allo standard democratico autentico la CGIL è il paradigma di un tradimento. Si stanno moltiplicando i report, sulle più importanti riviste mediche, che mostrano che le persone che ricevono le terapie ufficiali per il covid si riammalano più di frequente; e maggiori sono gli inoculi anticovid maggiore è la probabilità di riammalarsi*. CGIL e soci, al contrario dei sindacati di altri paesi, hanno appoggiato le coercizioni per spingere verso una medicina di questo genere. Insieme a quegli altri “democratici” dei magistrati. Per non parlare del tradimento del ruolo istituzionale di tutela degli interessi dei lavoratori. Lo squadrismo alla Farinacci fa da standard negativo per presentare come “simboli di democrazia” i gruppi che si sono messi al servizio del fascismo dei banchieri.

*SARS-CoV-2 Virologic Rebound With Nirmatrelvir–Ritonavir Therapy. Ann Int Med, 14 nov 2023.

Renato S: La CGIL non è stata responsabile della politica sanitaria durante la pandemia, su cui non ha giurisdizione.
Se ha approvato le necessarie azioni di governo per contrastare i contagi e salvare un numero incommensurabile di vite, coi vaccini e l’abnegazione del personale sanitario, bisogna solo apprezzarla.
Il resto è fuffa e complottismo di persone ignoranti e travisate da cattivi maestri.

@ Renato S: Longanesi diceva che le onorificenze non solo non bisogna accettarle ma non bisogna neppure meritarle. Io sto compilando un “Albo Longanesi” sui premiati alla rovescia. Potrebbe cominciare con Kesserling, al quale quando disse che dovevamo fargli una statua rispose Calamandrei. Altri tempi. Gli ultimi iscritti sono Berlusconi al famedio. E il Nobel ai vaccini mRNA, v. * (l’articolo, di un gruppo di medici, docenti universitari e ricercatori inglesi, ha per immagine un tale che indossa il copricapo e l’alloro coi quali viene usualmente rappresentato Dante Alighieri). Anche i tuoi elogi per il comportamento della CGIl sono degni del libro d’oro. Andrebbero iscritti nel registro dei premiati anche i magistrati che esaltano la CGIl dopo questo assalto che puzza di combine per rabberciare la verginità ore prima di appoggiare la Pfizer card per lavorare. E che sono della partita anche nel mantenere questo mondo alla rovescia, dove la Pfizer, quella col cursus honorum più corposo** sovrasta i poteri dello Stato. E dove voi sareste dei valorosi e chi non accetta ciò che fate viene messo in categorie infamanti; classificazione che eseguite, come per il “jab for job”, avvinghiati a quella che dovrebbe essere “la controparte padronale” così come vi siete avvinghiati a Draghi.

*More circus theatre from the ‘safe and effective’ brigade. Hart, 10 ott 2023.
**Justice Department Announces Largest Health Care Fraud Settlement in Its History. US Dept. of Justice, 2 set 2009.

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23 marzo 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Dondi “Via Rasella fu un legittimo atto di guerra: illegittima fu la rappresaglia alle Fosse Ardeatine”

Ieri 22 mar 2024 il mellifluo Mieli ha dedicato la sua rubrica al gen. Sabato Martelli Castaldi, tra le vittime delle Ardeatine.

“L’8 settembre 1984… si svolse una cerimonia per il 41º anniversario dell’inizio della guerra di liberazione. …il sindaco di Roma, il comunista Ugo Vetere, consegnò a diversi reduci … e alle famiglie dei … caduti delle medaglie… . Nel corso della cerimonia, dopo che fu conferita una medaglia all’attentatore di via Rasella Rosario Bentivegna, l’omonimo figlio del generale Sabato Martelli Castaldi riconsegnò nelle mani del presidente dell’ANFIM l’onorificenza in memoria del padre che aveva ritirato, affinché fosse restituita al sindaco. Pregato dal presidente dell’ANFIM di non suscitare scandalo, prima di abbandonare la sala Martelli Castaldi spiegò: «Non voglio scandali, ma non voglio neppure una medaglia che accomuna le vittime a chi le ha provocate»[7].” (Wikipedia).

Sabato Martelli, eroe di guerra, già fascista, perseguitato dal regime per avere denunciato la corruzione, poi valoroso partigiano, è una di quelle figure notevoli, che si reggono sulle loro gambe, e che vengono tenute nascoste, come a fare scordare che non esiste solo la mediocrità nelle sue gradazioni. Figure che appaiono essere attivamente epurate da quei tempi ad oggi. Mediocrità che include il muoversi contro un potere tirannico soltanto essendosi messi al servizio di un altro potere, allora – e da allora – gli anglosassoni, e rivendicare come eccelsi meriti in realtà dubbi.

Per me invece il pregio dei rari tipi umani come Sabato Martelli è nell’autonomia morale: agiva non per compiacere gli anglosassoni ma per il bene del Paese. Mosso da spinte interiori. Mentre tanti erano partigiani per opportunismo. Soprattutto, mossi da quel bisogno così frequente tra noi di mettersi al servizio di qualche potente; reso possibile dalle contingenze. Come i fascisti, che pochi anni dopo lo sbarco in Sicilia sparavano a Portella, avendo già sostituito lo “Alalà” con lo “Hurrah” (così li sentì gridare un contadino).

La mediocrità è quella di chi veste le penne del pavone. Sia per i partigiani che per le vittime di mafia, bisogna chiarire: la celebrazione dell’eroismo non è eroismo. E può essere un modo elegante per coprire vigliaccheria e tradimento. Questi parossismi di celebrazioni, questo continuo roteare di turiboli coprono peggio che la mediocrità.

@ Pigou: Le mie e le sue sull’attentatore e sul generale sono interpretazioni. Ma c’è un test: lo “hic Rhodus”. Cioè osservare il comportamento di quelli che si scalmanano per difendere i loro eroi. Quello di una “sinistra” pronta a gridare all’orbace mentre prostituisce il suo patrimonio ideale al fascismo dei banchieri; che fa vincere la destra non per una forza di questa, ma, come avviene nelle infezioni opportunistiche negli immunodepressi, per abbandono, codardia e inettitudine. L’albagia e gli insulti che sfoderate a difesa dei vostri album di figurine sono come raffiche di Sten fatte con la bocca.

@ MCM_53: “Voi” chi? Non faccio parte di nessuno schieramento. Le mie idee politiche corrispondono alle teorie del repubblicanesimo, del liberal-socialismo. Fascista lo dici alla tua congiunta. La visione vostra e dei vostri compari è quella delle schermate del Pong: destra, sinistra, mentre servite insieme i padroni. Credo non vi possa essere buon governo senza la virtù dei cittadini. Apprezzo quindi figure come Sabato Castaldi, come altre di qualsiasi colore, proprio per il loro avere un motore morale interiore; e non essere tra i tanti inerti che si intruppano, si fanno trascinare e si spalleggiano, tra i neri, tra i rossi, tra i bianchi etc.; con quegli spudorati salti della quaglia che suscitarono il sarcasmo di Churchill sull’Italia divenuta un popolo di antifascisti. Il nick che ho voluto prendere viene dal nome di un partigiano. Al quale altri partigiani spararono alle spalle, perché era contrario alla tregua separata coi tedeschi. Un vizio che VOI non avete perso. L’unico senso di vergogna che provo è quello vicario per gente che essendone priva sfila tronfia col fazzoletto al collo come se fosse reduce da una battaglia con le SS, e senza esservi costretta ma per interesse lustra gli stivali al fascismo attuale:

Il fascismo mussoliniano, il fascismo dei banchieri e il fascismo pecorone

@ Marcello Voivod: Hic Rhodus è la risposta a chi millanta trascorsi eroici per coprire la codardia: salta ora, non raccontare salti eccezionali di 80 anni fa. Es. le chiacchiere insopportabili per vantare meriti antifascisti o antimafia mentre si collabora con zelo al fascismo e i ricatti mafiosi covid*. Una risposta blanda alla subduzione fascista: allo scivolare della “sinistra” al di sotto del fascismo, a un livello inferiore al fascismo (e vi hanno sgamati: chi va a votare sceglie il kapò che sembra meno peggio). Come conferma l’inventarsi eroi e infangare valorosi ai quali si è sparato alle spalle. Menici fu tradito, calunniato e ucciso perché si opponeva alla tregua separata coi tedeschi** (tregua separata che ha un’analogia con Via Rasella, cioè con lo scaricare su quelli che dovrebbero essere compagni di lotta la risposta del nemico). Posso testimoniare che questo doppiogiochismo pretesco appare radicato nel bresciano; ed è probabilmente tra i fattori alla base della assegnazione all’area della strage d’innesco covid***. Comunque per me è interessante la sua versione, che mette i traditori al posto dei giudici e il tradito leale al posto dell’imputato: dico sempre che nell’Italia dei servi una separazione delle carriere giusta sarebbe quella tra magistrato e sicario.

*Jamrozik E. Public health ethics: critiques of the “new normal”. 2022.
**Franzinelli M. Un dramma partigiano. Il “Caso Menici”.
***Lo knock-on dell’operazione covid in Lombardia orientale

@ MCM_53: Non sono un servo degli anglosassoni, ma sono uno di quelli a loro venduti dai miserabili della classe compradora italiana. Un’attività nella quale dal dopoguerra rossi e neri collaborano. Da “L’Unità” che partecipa con i democristiani e i magistrati massoni e collusi con la mafia all’eliminazione del padre nobile dell’ISS, Domenico Marotta, che sulla salute faceva gli interessi degli italiani, invece di venderli come il vostro “pugno chiuso e Internazionale” Speranza (Fabian society). A Napolitano, il “comunista” che frequentava gli USA e l’ambasciata UK mentre obbedendo agli ordini degli anglosassoni la debosciata classe politica italiana teneva fermo Moro sotto i colpi dei sicari. All’attuale prostrarvi al peggior liberismo con una spudoratezza che porta perfino gli elettori tonti non andare più a votare, in massa, disgustati.

Il buon nome della Resistenza lo si tutela separando il grano dal loglio. L’oro dalla feccia. E da chi la usa come copertura per delazioni e tradimenti. Da chi sta a quelli delle “Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana” (tra i quali Castaldi, le cui lettere furono tra quelle che mi colpirono maggiormente, senza conoscere il personaggio) come il misticismo di Paola Catanzaro sta a quello di Maria Goretti.

@ MCM_53: Auguri per la vostra metamamorfosi dai quaderni di Gramsci all’armocromista di Elly.

@ Pigou: Mettere bombe a favore degli Alleati, che se la prendevano comoda (a favore dell’economia di guerra, compagno) a danno della propria popolazione e dei partigiani prigionieri è eroismo. E vi va bene pure Togliatti che in osservanza di Yalta ha poco dopo amnistiato i fasci; che nei decenni successivi sono serviti a operazioni sporche (e alla vostra verginità antifascista). Ho fatto a tempo a ricevere, anni ‘90, in un parchetto di Brescia, messaggi sibillini e predizioni poi avveratesi da uno sconosciuto presentatosi come ex-repubblichino (e in buoni rapporti con la Questura) che mostrava di sapere tanti c. miei privati. (Attaccò bottone dicendo “Cos’è quello ?”. Il monumento alla Resistenza, risposi. “Io di resistenza conosco solo quella del ferro da stiro…”). Lei non mi conosce, ma non sono uno che si fa “i c. suoi”. Il vostro eccezionalismo, che un tempo aveva qualche base, oggi penoso, vi porta a sputare su chi vi svergogna. E su chi vendete in cambio di privilegi parassitari.

A Churchill andava bene il fascismo di Mussolini; e non era meno privo di scrupoli. E conosceva gli italiani: l’MI5 aveva pagato Mussolini per l’interventismo prima del 1915; è un dirigente dell’MI5 a capo dell’Imperial College, tra i registi della fascista operazione covid (scusa compagno) e che oggi ha dettato le relative indagini alla Procura di Bergamo mediante il vostro Crisanti.

@ Pigou: Ora gli eserciti di USA e UK sono le “Nazioni Unite”. Slurp. Chi li serve, serve i caschi blu missionari di pace e democrazia … Compagno, legga Bevins*. Serve anche a capire perché la guerra continua a mietere oggi. Martelli – che si consegnò, tra parentesi – era molto diverso da voi: il materialismo e anche l’indole vi impediscono di concepire che ci si possa sottomettere volontariamente a principi etici astratti e impersonali mentre si rifiuta di asservirsi ad altri uomini che esercitano poteri terreni. Martelli mostrò di non avere padroni e di non “essere al servizio” che del Paese. Voi avete mostrato di servire con cupa “esattezza” interessi di poteri sovranazionali nel ‘44, nel ‘46 con l’amnistia Togliatti, poi quando prendevate i soldi dall’URSS, e via via fino a oggi che vi siete messi, con la solita “esattezza”, al servizio della Pfizer, e dei pupazzi del business farmaceutico dell’OMS, branca delle Nazioni Unite. A starvi a sentire non si dà progressismo che non sia asservito a qualche potere.

*Bevins V. The Jakarta method. Washington’s Anticommunist Crusade & the mass murder program that shaped our world. Hachette, 2020.

 

Giuramenti deontologici

28 September 2011

Blog de Il Fatto

Commento al post di Stefano Corradino “Giuriamo contro il bavaglio” del 28 set 2011. Censurato

Essendomi laureato in medicina alla Cattolica, non ho prestato il Giuramento di Ippocrate, originariamente rivolto agli dei: i preti vogliono chi si giuri solo sulle loro parole e i loro libri. Del resto, del Giuramento di Ippocrate nei fatti se ne stropicciano quasi tutti, dato ciò che è divenuta la medicina:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/15/la-medicina-come-rimedio-ai-limiti-della-crescita-economica/

I giornalisti poi concorrono attivamente a tale spergiuro:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/12/i-futures-di-santa-lucia/

https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/21/i-giornalisti-e-il-mal-di-schiena/

Quindi sono scettico sul giuramento che i giornalisti per bocca di Stefano Corradino propongono in analogia con quello Ippocratico. E’ in realtà limitativo dell’art. 21 della Costituzione, e della libertà di espressione e di informazione, difendendo solo la loro categoria di professionisti deputati all’informazione; composta da un nucleo castale, da una folla di aspiranti alla casta, e da un’esigua minoranza di voci libere e coraggiose che non di rado campano male o non campano (e vengono esibite dagli altri per fare bella figura). I giornalisti protestano poco o nulla sul bavaglio ai bloggers associato al bavaglio ai giornalisti. I bloggers costituiscono una concorrenza, e quel che è peggio una spina nel fianco esponendo ciò che i giornalisti non dicono:

https://menici60d15.wordpress.com/commenti-censurati-da-il-fatto/

Come i magistrati con l’indipendenza della magistratura, al diritto sancito dall’art. 21 i giornalisti associano la facoltà di non ottemperare allo speculare dovere; che è ciò che dovrebbe distinguere i professionisti, ammesso e  non concesso che sia lecito avere un albo chiuso di “informatori”. Questi giuramenti etici di ordini professionali ricordano quello dei professori dell’università di Salamanca, che giurano sul libro aperto, simbolo di conoscenza, e sul libro chiuso simbolo di omertà.

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Commento allo stesso post, accettato

No, chi si assume l’onore e l’onere di formare l’opinione pubblica, chi diffonde le notizie che contribuiscono a costruire la realtà sociale, ha oltre al diritto costituzionale di informare anche il dovere etico di informare. Un famoso direttore del New York Times diceva che “In alcune circostanze, il silenzio è una bugia”.

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Blog L’AntiComunitarista

Commento al post “Comunicato sindacale USICWeb  – Comunicato Unione Sindacale dei Comunicatori Web – Post a rete unificata #noleggebavaglio” del 28 set 2011

Mi associo alla protesta. Chi scrive sulla rete deve assumersene la responsabilità, ma esistono già le leggi sulla diffamazione e la calunnia. I blog sono un corpo estraneo rispetto alla tradizione culturale autoritaria e chiesastica italiana, e queste norme liberticide sono la manifestazione di una reazione di rigetto che covava già da tempo:

“Fosse per l’Italia, neppure ci sarebbe bisogno di un giro di vite sul web contro il partito dell’odio e dell’invidia. Il web è piombato sull’Italia come un oggetto fantascientifico proveniente da un altro pianeta; dipendesse da noi, trasformato in carrozzone pubblico al servizio di interessi privati, sarebbe stato imbrigliato da un pezzo; aprire un sito per il semplice cittadino sarebbe più difficile che ottenere il porto d’armi; e la rete non andrebbe molto oltre Radio Maria, i reality, C’è posta per te, le previsioni del tempo, le ricette, il calcio, la pubblicità palese e redazionale, es. i siti di educazione alla salute e sul corretto uso dei farmaci, pluralistiche rappresentanze di partiti e forze sindacali, etc.; l’angolo più estremista, luogo di feroci duelli tra bloggers, nell’ambito di quanto consentito dai moderatori, sarebbe il sito di Fabio Fazio.”

(https://menici60d15.wordpress.com/2010/12/07/da-quali-minacce-va-protetta-la-glaxo/)

Forse si sta approfittando del declino di Berlusconi per addossare a lui una volontà censoria che è diffusa. Purtroppo c’è una convergenza di interessi contro i blog; anche da parte di forze che dovrebbero stare a fianco dei blogger nella difesa della libertà di informazione:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/28/giuramenti-deontologici/

Istituzioni ibride

22 September 2011

Blog  Il Corrosivo di Marco Cedolin

Commento al post “Quali sono i veri poliziotti?” del 22 set 2011

La polizia, che è fatta di Italiani, manifesta davanti a Montecitorio perché è voltagabbana: ha fiutato il vento e si stacca dal signorotto in disgrazia che prima ha aiutato con tutti i mezzi a spadroneggiare; e anzi gli va contro. Il Griso quando Don Rodrigo si ammala prende le distanze e poi lo tradisce accordandosi coi monatti, noterebbe qualcuno. Come fa spesso, Cedolin coglie un punto nodale: I poliziotti sono onesti e benemeriti lavoratori o sgherri del potere? Credo che il dilemma sia insolubile, posto così. Per trovare le coordinate che Cedolin giustamente chiede occorre superare le dicotomie semplici, e ammettere che alcune grandi istituzioni etiche, come la polizia, sono intrinsecamente ibride: hanno una funzione sociale positiva, ma anche una insopprimibile componente oscura. Un miscuglio, nel quale il primo aspetto, al quale ascrivere comportamenti corretti e esempi luminosi, viene sfruttato dal secondo, che si fa scudo dei casi nobili di aderenti all’istituzione che sono stati uccisi, che a volte sono casi di epurazione.

Come la salute, l’ordine quando c’è non si nota. Ci dimentichiamo che se non siamo in un Far West è perché c’è il lavoro delle forze di polizia. Non si può fare a meno di tale servizio pubblico. Questa azione però è carente là dove sarebbe più necessaria, come le aree del Sud dove la mafia è forte; e per i crimini dei colletti bianchi;  e solo chi ci è passato in prima persona può sapere quanto possono essere vendute le forze di polizia (soprattutto, posso dire, quando servono i poteri forti, come quelli che hanno commissionato gli omicidi politici); e quali reati possono impunemente commettere, quali abissi di infamia possono raggiungere; con la connivenza e a volte la complicità attiva della magistratura, altra istituzione ibrida.

La polizia dovrebbe difendere i cittadini: in realtà tende ad esercitare una protezione, arbitraria ed ineguale a seconda del cittadino, e che si riserva di ritirare a piacimento, regolandosi sulle convenienze e gli interessi in gioco, analogamente alla protezione mafiosa. Per il cittadino comune, la protezione si paga col pizzo della sottomissione al potere, che ha nei poliziotti i suoi campieri. Bisogna fuggire sia il rifiuto ideologico dell’istituzione, sia la tentazione di porvi cieca fiducia, come la propaganda martellante e la pavidità del cittadino medio spingono a fare:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/14/vogliono-i-poliziotti/

Ma da cittadini repubblicani occorre guardarla con distacco, esercitando il controllo democratico e pretendendo che nei suoi comportamenti si avvicini a ciò che dovrebbe essere, se vuole essere riconosciuta come istituzione, e non come una banda di soggetti descritti nel canto della mala:

“Prima faceva il ladro / e poi la spia / adesso è delegato di polizia”.

Quello dei Notav, in un’Italia piena di finte proteste pilotate dal potere, è un raro caso di lotta popolare genuina, e di risonanza nazionale, contro i soprusi del potere. Quindi sono in gioco non solo le grandi ruberie sull’Alta velocità, ma anche il principio che la gente deve stare buona mentre viene derubata; questo rifiuto di massa ad essere defraudati di beni essenziali è inaccettabile per la tirannia che aleggia dietro alla fictio democratica. Occorre che i resistenti della Val di Susa stiano attenti, perché se da un lato si cercherà di addormentare la protesta, dall’altro si farà di tutto per dipingerla come opera di violenti, esaltati, etc. E i poliziotti, che davanti a terroristi veri non brillerebbero, quando si tratta di bastonare brave persone divengono guerrieri implacabili e audaci.

*     *     *

Grazie Marco. E’ vero che la polizia è immersa in una rete di relazioni istituzionali, che ne condizionano il comportamento;  e come altri poteri dello Stato è subordinata a forze come gli USA, le oligarchie finanziarie, il Vaticano. L’assorbimento, del quale parli, è un fenomeno passivo; ma le forze di polizia brillano anche di luce propria. Andrebbe forse maggiormente riconosciuto il ruolo attivo, silenzioso e sottovalutato, delle forze di polizia nel determinare la politica italiana, al livello intermedio del quale fanno parte. La difesa manu militari degli interessi illeciti del business medico è a mio parere un esempio di questa cogestione attiva. La gente non lo sa, ma la medicina che ha e che avrà

https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/15/la-medicina-come-rimedio-ai-limiti-della-crescita-economica/

è una medicina imposta coi questurini e i militari dal budriere bianco; e anche con forme più sofisticate di poliziotto.

*     *     *

Blog “Conflitti e strategie”

Commento al Post di Gianni Petrosillo “Dateci un taglio” del 23 set 2011

Questa immagine della polizia esasperata che assalta il Palazzo ricorda gli ammutinati della Corazzata Potemkin; e chi ci crede dovrebbe stare a sentire Fantozzi…

Non so quanto sia sincero questo attrito tra La Russa e i poliziotti, che di fatto ha gettato l’amo di una polizia che sta al fianco dei cittadini esasperati dal Palazzo, e non di fronte a difesa del Palazzo con i randelli e con gli uffici riservati; ma anche se lo fosse, non mi sembra quello tra un fascista e onesti lavoratori esasperati …

Istituzioni ibride

Salsa cilena all’Esselunga

17 September 2011

 

Blog de “Il Fatto”

Commento cancellato dalla redazione al post “Il patron di Esselunga Caprotti condannato per il libro “Falce e carrello” di T. Mackinson del 17 set 2011

Salsa cilena all’Esselunga

Come riporta Thomas Mackinson su Il Fatto, Caprotti è socio e alleato di Rockefeller. Rockefeller è ritenuto da molti una forza determinante nel plasmare la medicina nella sua forma attuale, affaristica e di pochi scrupoli. (Un modello di medicina – che contempla che i farmaci si vendano al supermarket, come nei drugstore USA – abbracciato del resto anche da Coop). Secondo un’ipotesi, l’Unabomber veneto sarebbe un’operazione dei servizi, di provenienza anglosassone, appoggiata come già avvenuto in passato per altre forme di terrorismo dalle istituzioni italiane, volta a giustificare la repressione di chi si oppone in maniera civile a aspetti del liberismo come la medicina secondo Rockefeller:

https://menici60d15.wordpress.com/leopardi-unabomber-e-altri-eversori/

E’ singolare che l’autore dell’ipotesi, oppositore delle degenerazioni della medicina liberista, lamenti un comportamento anomalo di costante e gratuita molestia e provocazione in un punto vendita Esselunga:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/07/mafia-padana-e-magistrati/

Forse potrebbe essere interessante indagare su tale comportamento per comprendere meglio il significato dei muti attentati dell’Unabomber “nostrano”; e la reale posizione della grande distribuzione rispetto alla minaccia Unabomber. Ma la magistratura, con un locale Procuratore della Repubblica che in passato ha indagato a vuoto proprio su Unabomber, non sembra interessata a questa pista: è come assente, e lascia anzi che alle molestie si associ una costante presenza di polizia. In particolare dei Carabinieri; che nella loro rivista, direttore il Comandante generale dell’arma, hanno in passato ospitato (Il Carabiniere, dic 1997) l’italianista statunitense, TJ Harrison, secondo il quale oggi un Leopardi, con le sue critiche, andrebbe considerato come un probabile Unabomber.

§  §  §

21 febbraio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Famularo “Neoliberismo: un vero nemico o un’arma di distrazione di massa?”

Mingardi è affiliato al Cato Institute; come J. Pinera, ministro del lavoro e della sicurezza sociale di Pinochet. L’istituto USA è emanazione della scuola di Milton Friedman, il teorico dietro ai massacri cileni. Come l’istituto Bruno Leoni, si tratta di think-tanks che “spread a patina of academese and expertise over the views of their sponsors.” (cit.). Mingardi ha scritto “Il quid hayekiano e thatcheriano di Caprotti, fascio di energia lombarda”. Quando protestai per lettera per lo stalking di polizia che ricevevo nell’andare a fare la spesa all’Esselunga, allo stalking si aggiunsero urti e spintoni dei magazzinieri e cassiere di Caprotti. Lo stalking in quella zona è tuttora pesante; dato il fascio di viltà e corruzione a Brescia. Mingardi è vicedirettore della fondazione TIM. TIM si fa bella finanziando ricerche biomediche funzionali a speculazioni, delle quali descrivo aspetti fraudolenti e conseguente aumento del lucroso burden of disease; mentre finanzia negativamente e boicotta il dissenso, facendomi pagare più del doppio per una ADSL che va a meno della metà. Filantropia usuraia. ‘

La libertà è la libertà degli altri’ (Luxemburg). La dottrina neoliberista è la patina of academese della cleptocrazia (G. Sapelli), del saccheggio distruttivo (P. Bevilacqua). In campo biomedico, posso testimoniare, della mafia compiuta, dove la cupola delle grandi aziende usa mezzi mafiosi, complici i lacchè dello Stato, per proteggere “la libertà” di frode e saccheggio.

lorenzomagni1979: molto volentieri, anche perché è evidente che non lo sappiate, il neo-liberismo infatti pur basandosi sulla concorrenza, sul mercato e sulle libertà individuali pensa che, in fase di redistribuzione, l’intervento dello stato sia necessario per risanare le diseguaglianze. Per cui, massima libertà di intraprendere ma controllo sulla redistribuzione, non come succede ad es. in Italia, in cui con questo governo si vuole un controllo sulla produzione, Pastori sardi, Alitalia ecc. ecc. es. di Paesi neoliberali, Svizzera, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Danimarca, Svezia ecc. ecc. cioè i Paesi dove si vive meglio al mondo. Es. di Paesi non neoliberisti, Italia, Francia, Russia, Turchia, Venezuela.

@ lorenzomagni1979. Oggi Formigoni è entrato in carcere. Chi esulta, chi depreca. Io penso a come sia stato lasciato libero di agire per un ventennio. Da un mio scritto, “Ratio formigoniana”, del 7 feb 2011, respinto dal blog di Beppe Grillo e riportato sul mio sito, una definizione di “mafia fordista” che ha un evidente isomorfismo con la sua definizione di neoliberismo:

“E’ l’ideologia dell’utilitarismo. Che nella sua versione italiana, e padana, può degenerare ulteriormente in “mafia fordista”: una mafia vincente, accettata dal sistema legale, che redistribuisce una quota rilevante dei proventi alla popolazione; a differenza dei mafiosi col bollino di mafioso che egoistacci se li tengono quasi tutti per sé. Una mafia che non ha bisogno di sparare, ma che pratica forme di violenza occulta, nei suoi affari commerciali e nelle misure di repressione contro chi è troppo di ostacolo a tali affari, con l’appoggio dello Stato. Una mafia che a volte si mette in affari con la mafia meridionale, con la quale c’è dietro alle differenze una sostanziale affinità. La ndrangheta in Lombardia è più un gemellaggio che un’invasione di barbari.”

§  §  §

27 settembre 2023

Blog de Il Fatto

Commenti al post di B. Ballardini “Spot Esselunga, la pubblicità è alla frutta”

Commento al post di  V. Russo “Una pesca all’Esselunga senza plastica? Si vede che è tutto finto”

“… un vero e proprio «impero del mercato» che, grazie all’operato congiunto del sistema produttivo e di quello statale statunitensi, creò figure nuove – i cittadini consumatori – plasmando sulla sua immagine quella civiltà europea che, fino ad allora, aveva sempre fatto vanto della propria radicale diversità socioculturale rispetto agli Stati Uniti: ecco così sorgere una nuova forma di pubblicità, volta non a convincere informando, bensì a inculcare nella mente del consumatore il bisogno assoluto del bene reclamizzato; ecco sorgere i supermercati (il primo in Italia [Esselunga, ndr] nacque a Milano alla fine degli anni Cinquanta ad opera della International Basic Economy Corporation di Nelson A. Rockefeller) , nuove cattedrali del consumo, la religione che si stava facendo strada nell’Italia del boom.”*

Esselunga, con Caprotti che voleva Draghi PdR, è parte di quell’imprenditoria di stampo USA che copre interessi impresentabili con il “virtue-signaling”, acquistato da ditte di PR, come questo spot alla “Piange il telefono”. (Nel 2019 i CC hanno simulato un attacco terroristico in una Esselunga, a Pioltello. La magistratura dovrebbe guardare al triangolo tra economia liberista, condizionamenti ideologici e apparati di sicurezza, invece di cincischiare sull’ipotesi puerile del pazzo isolato, se volesse fare sul serio sul terrorismo di “Unabomber”** nei supermarket).

* Luzzi S. Il virus del benessere, Laterza 2009.
** Leopardi, Unabomber e altri eversori.

Per lo più la frutta è esposta sfusa; poi la si passa alla cassa non libera come nello spot, ma imbustata e prezzata; dal cliente (“Il servitevi da soli non è un invito, ma un segno di disprezzo, come il termine consumatore”, Piero Chiara). E’ comunque vero che l’involucro non è meno importante del contenuto, e che questo spot lo conferma. Il PdC Meloni, che dovrebbe essere al timone della nave in mare grosso tra gli scogli, twitta che lo trova “bello e toccante”. Il direttore del principale giornale online di opposizione, Gomez, ha versato una lacrima, ci dice. Male, perché le lacrime vanno riservate ai dolori della vita reale, mentre non bisogna farsi smuovere da chi tocca ad arte corde emotive (è anche per questo che da giovani bisogna leggere es. le novelle di Verga, e lasciarsene commuovere: per immunizzarsi dalle dozzinali strimpellate di gelidi imbroglioni nella vita adulta). E soprattutto perché per sopravvivere nella giungla liberista bisogna distinguere l’involucro dal contenuto. In particolare la differenza tra la pelle di agnello e la bestia carnivora che se ne rivesta. Qui a chiamare a raccolta col violino dei teneri sentimenti è una ditta le cui recenti vicende giudiziarie* non sono che la punta dell’iceberg, come sa chi ha a che fare con la “fratellanza” della quale fa parte.

*“Frode fiscale e sistematico sfruttamento dei lavoratori”, sequestrati quasi 48 milioni a Esselunga. Pm: “Sistema illecito fin dal 2016”. Il Fatto, 22 giu 2023.

@ Hobbes:

E’ vero che nessuna offerta al pubblico può avere un successo duraturo se non trova riscontro in una recezione del pubblico. Ma ciò non significa che il bisogno al quale si lega sia “reale”: può essere un bisogno indotto. Amplificandone uno reale o creandolo ex novo. Con la disinformazione e l’indottrinamento. L’industria miliardaria del marketing si occupa di ciò. L’industria plurimiliardaria della medicina – con la quale la grande distribuzione, Esselunga in particolare, ha legami opachi – si basa sulla trasformazione di una domanda genuina e essenziale in una smisurata domanda indotta. Una facile via al profitto, avendone i mezzi, che arriva a livelli criminali. Interessi che hanno appoggi criminali insospettabili*.

Né tantomeno successo di pubblico vuol dire necessariamente “funzione sociale necessaria e importante”. Altrimenti dovremmo dirlo es. di dittature storiche o della droga. Un successo che si basa anche su violenza e censura.

Bisognerebbe al contrario che il potere dei soldi non debordi: qui che venda buoni prodotti alimentari a un prezzo onesto, lasciando ad altri la discussione su temi come la crisi della famiglia. (E stando lontano dalla medicina commerciale, alla quale Esselunga è legata da figure come A. Alfano, già ministro degli Interni).

*Mello M. The United States of America vs Theodore John Kaczynski. Ethics power and the invention of the Unabomber.

@ Hobbes:

Rap di C. Bisio, 1992: “poi ‘sti pescatori greci non potrebbero pescare in alto mare … senza andare a importunare le ragazze come te che normalmente sono brave ma travolte dagli eventi non disdegnano di fare la put.ana?” La ragazza che porti a esempio va in Grecia – e non fa figli – perché l’assetto socioeconomico la costringe in quella direzione. Forse se potesse scegliere liberamente tra vari mondi possibili, preferirebbe quello con una serena vita tradizionale. Pasolini percepì presto come col consumismo alle persone venisse tolta l’identità sedimentata, sostituendola con la forza e la propaganda con una distorta. La “coercive persuasion”, furiosa nel covid. Siamo influenzabili e ci pieghiamo; ma siamo davvero così costituzionalmente scarsi da considerare uno spot livello Harmony, commissionato da pizzicagnoli senza remore per attribuirsi altruismo, come un inedito di E. De Filippo, o ci siamo stati portati?

Studi mostrano che i pazienti “scelgono” cure che non sono nel loro interesse avendo ricevuto informazioni ingannevoli. A volte chiedono cure aggressive che i medici scartano per sé stessi. Mentre quando si dà un quadro onesto e veritiero i pazienti scelgono razionalmente. In medicina sta prendendo piede la “shared decision”, che spesso è un modo mascherato per rifilare cure cattive, lucrose, facendolo figurare come una “scelta” del paziente.

Ma sono discorsi come quelli di Kaczynski, che sono stati collegati a uova esplosive nei supermercati…

Mafia padana e magistrati

7 September 2011

Blog “L’anticomunitarista” 

Commento al post “On. Torazzi, Lega Nord: “I magistrati meridionali favoriscono la mafia” del 7 set 2011. Cancellato dal blog de “Il Fatto”, post “Mafia al Nord? Per il deputato leghista basta avere “magistrati padani”” del 7  set 2011

Ho denunciato le frodi strutturali del business medico, che sta a Brescia e alla Lombardia come la mafia sta a Palermo o Locri. Da anni CC, PS, etc. si fanno vedere immancabilmente ogni volta che vado a fare la spesa all’Esselunga di Brescia, V. Volta. Ho protestato, con l’unico effetto che i magazzinieri e le commesse dell’Esselunga hanno cominciato a urtarmi mentre faccio la spesa. Suppongo che le discussioni derivate da questo mobbing abbiano offerto il pretesto per continuare le molestie di polizia. Oggi 7 set 2011, tornato dalle vacanze, varcata di qualche metro la soglia, da fermo in un ampio spazio, una commessa mi ha dato una buona spallata frontale. Uscito dal supermercato, Polizia provinciale (particolare divertente, seguita da un furgone della ditta “ROS” di Bergamo).

A Brescia il Procuratore della Repubblica, Pace, è della Basilicata. A giudicare dagli abusi e intimidazioni mafiose che i bresciani, o i settentrionali come Caprotti, sono liberi di esercitare a oltranza, devo riconoscere che esistono elementi compatibili con questa tesi dei magistrati meridionali che favoriscono la mafia. Solo, qui si tratta della mafia padana, quella del grande capitale, e degli straccioni che commettono qualsiasi bassezza per un tozzo di pane. Il Procuratore precedente, di Parma, non è stato da meno. Penso che la divisione principale, alla quale guardare senza farsi fuorviare dalle solite carnevalate della Lega, sia tra tipo di malaffare: crimine organizzato vs grande crimine economico istituzionalizzato. La mafia meridionale in parte è combattuta, da qualche magistrato onesto di ogni latitudine. Ma è mantenuta in vita dalle istituzioni, perché fa comodo. Tra i suoi vari ruoli istituzionali c’è quello di fornire un alibi per lasciare indisturbato il grande malaffare delle multinazionali e delle banche, che ruba e uccide non meno della mafia convenzionale.

Francesco Pansera

https://menici60d15.wordpress.com/

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12 marzo 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Esselunga, polemiche sul cartello contro i “truffatori napoletani”. Il gruppo: “Il responsabile già sospeso dal servizio””

Che rozzezza. Eppure all’Esselunga sanno essere fini. Per un periodo ogni volta che facevo la fila per pagare arrivava un magazziniere che entrava o usciva passando nella strettoia tra le casse destinata ai clienti e mi strusciava malamente. Un giorno nella cassa accanto c’era in fila un noto magistrato. Verrò spintonato anche davanti a questo tutore della legalità ? Mi chiesi. Quella volta lo struscio mi fu risparmiato. Arrivò una commessa e fece cadere un pomodorino che rotolando sul pavimento andò a fermarsi contro la mia scarpa. Gli spintoni ripresero le volte successive. Da allora soprannominai mentalmente il magistrato “ciliegino”. Era un brillante parlatore. Ricordo una sua conferenza pubblica tenuta insieme ad un cattedratico – consulente di Cossiga durante l’eliminazione di Moro – che nella stessa giurisdizione ebbe delle noie, venendo accusato da un PM di avere favorito un camorrista. La richiesta di rinvio a giudizio fu respinta; a me però resta l’impressione che date misteriose fratellanze, date certe catene di amici di amici, davanti ad alcuni tipi di napoletano, es. un camorrista, nelle Esselunga lombarde quegli atteggiamenti che secondo alcuni maligni sarebbero attribuibili a una grave carenza di niacina vengano sostituiti dalla più alacre e rispettosa disponibilità.

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27 settembre 2023

Blog de Il Fatto

Commenti al post di B. Ballardini “Spot Esselunga, la pubblicità è alla frutta”

Commento al post di  V. Russo “Una pesca all’Esselunga senza plastica? Si vede che è tutto finto”

“… un vero e proprio «impero del mercato» che, grazie all’operato congiunto del sistema produttivo e di quello statale statunitensi, creò figure nuove – i cittadini consumatori – plasmando sulla sua immagine quella civiltà europea che, fino ad allora, aveva sempre fatto vanto della propria radicale diversità socioculturale rispetto agli Stati Uniti: ecco così sorgere una nuova forma di pubblicità, volta non a convincere informando, bensì a inculcare nella mente del consumatore il bisogno assoluto del bene reclamizzato; ecco sorgere i supermercati (il primo in Italia [Esselunga, ndr] nacque a Milano alla fine degli anni Cinquanta ad opera della International Basic Economy Corporation di Nelson A. Rockefeller) , nuove cattedrali del consumo, la religione che si stava facendo strada nell’Italia del boom.”*

Esselunga, con Caprotti che voleva Draghi PdR, è parte di quell’imprenditoria di stampo USA che copre interessi impresentabili con il “virtue-signaling”, acquistato da ditte di PR, come questo spot alla “Piange il telefono”. (Nel 2019 i CC hanno simulato un attacco terroristico in una Esselunga, a Pioltello. La magistratura dovrebbe guardare al triangolo tra economia liberista, condizionamenti ideologici e apparati di sicurezza, invece di cincischiare sull’ipotesi puerile del pazzo isolato, se volesse fare sul serio sul terrorismo di “Unabomber”** nei supermarket).

* Luzzi S. Il virus del benessere, Laterza 2009.
** Leopardi, Unabomber e altri eversori.

Per lo più la frutta è esposta sfusa; poi la si passa alla cassa non libera come nello spot, ma imbustata e prezzata; dal cliente (“Il servitevi da soli non è un invito, ma un segno di disprezzo, come il termine consumatore”, Piero Chiara). E’ comunque vero che l’involucro non è meno importante del contenuto, e che questo spot lo conferma. Il PdC Meloni, che dovrebbe essere al timone della nave in mare grosso tra gli scogli, twitta che lo trova “bello e toccante”. Il direttore del principale giornale online di opposizione, Gomez, ha versato una lacrima, ci dice. Male, perché le lacrime vanno riservate ai dolori della vita reale, mentre non bisogna farsi smuovere da chi tocca ad arte corde emotive (è anche per questo che da giovani bisogna leggere es. le novelle di Verga, e lasciarsene commuovere: per immunizzarsi dalle dozzinali strimpellate di gelidi imbroglioni nella vita adulta). E soprattutto perché per sopravvivere nella giungla liberista bisogna distinguere l’involucro dal contenuto. In particolare la differenza tra la pelle di agnello e la bestia carnivora che se ne rivesta. Qui a chiamare a raccolta col violino dei teneri sentimenti è una ditta le cui recenti vicende giudiziarie* non sono che la punta dell’iceberg, come sa chi ha a che fare con la “fratellanza” della quale fa parte.

*“Frode fiscale e sistematico sfruttamento dei lavoratori”, sequestrati quasi 48 milioni a Esselunga. Pm: “Sistema illecito fin dal 2016”. Il Fatto, 22 giu 2023.

@ Hobbes:

E’ vero che nessuna offerta al pubblico può avere un successo duraturo se non trova riscontro in una recezione del pubblico. Ma ciò non significa che il bisogno al quale si lega sia “reale”: può essere un bisogno indotto. Amplificandone uno reale o creandolo ex novo. Con la disinformazione e l’indottrinamento. L’industria miliardaria del marketing si occupa di ciò. L’industria plurimiliardaria della medicina – con la quale la grande distribuzione, Esselunga in particolare, ha legami opachi – si basa sulla trasformazione di una domanda genuina e essenziale in una smisurata domanda indotta. Una facile via al profitto, avendone i mezzi, che arriva a livelli criminali. Interessi che hanno appoggi criminali insospettabili*.

Né tantomeno successo di pubblico vuol dire necessariamente “funzione sociale necessaria e importante”. Altrimenti dovremmo dirlo es. di dittature storiche o della droga. Un successo che si basa anche su violenza e censura.

Bisognerebbe al contrario che il potere dei soldi non debordi: qui che venda buoni prodotti alimentari a un prezzo onesto, lasciando ad altri la discussione su temi come la crisi della famiglia. (E stando lontano dalla medicina commerciale, alla quale Esselunga è legata da figure come A. Alfano, già ministro degli Interni).

*Mello M. The United States of America vs Theodore John Kaczynski. Ethics power and the invention of the Unabomber.

@ Hobbes:

Rap di C. Bisio, 1992: “poi ‘sti pescatori greci non potrebbero pescare in alto mare … senza andare a importunare le ragazze come te che normalmente sono brave ma travolte dagli eventi non disdegnano di fare la put.ana?” La ragazza che porti a esempio va in Grecia – e non fa figli – perché l’assetto socioeconomico la costringe in quella direzione. Forse se potesse scegliere liberamente tra vari mondi possibili, preferirebbe quello con una serena vita tradizionale. Pasolini percepì presto come col consumismo alle persone venisse tolta l’identità sedimentata, sostituendola con la forza e la propaganda con una distorta. La “coercive persuasion”, furiosa nel covid. Siamo influenzabili e ci pieghiamo; ma siamo davvero così costituzionalmente scarsi da considerare uno spot livello Harmony, commissionato da pizzicagnoli senza remore per attribuirsi altruismo, come un inedito di E. De Filippo, o ci siamo stati portati?

Studi mostrano che i pazienti “scelgono” cure che non sono nel loro interesse avendo ricevuto informazioni ingannevoli. A volte chiedono cure aggressive che i medici scartano per sé stessi. Mentre quando si dà un quadro onesto e veritiero i pazienti scelgono razionalmente. In medicina sta prendendo piede la “shared decision”, che spesso è un modo mascherato per rifilare cure cattive, lucrose, facendolo figurare come una “scelta” del paziente.

Ma sono discorsi come quelli di Kaczynski, che sono stati collegati a uova esplosive nei supermercati…

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Vedi anche: Il pacchetto sovradiagnosi-pseudocure e la terza fogna. In: Un certificato di decenza per le attività antimafia

“Io non m’impiccio coi ragazzi”

19 April 2011

Blog di Sergio Caserta su “Il Fatto”

Commento al post “Arrigoni, martire non per tutti” del 18 apr 2011  

Sergio Caserta, esperto di marketing, vendoliano, che attribuisce l’assassinio di Arrigoni ad Hamas e dintorni, osserva giustamente che mentre lodano i militari morti in missione, le autorità, ipocritamente, parlano poco di Arrigoni. Il Capo di Stato maggiore dell’Esercito, Valotto, ha avuto la buona grazia di lodare il pacifista Arrigoni; accomunandolo ai soldati per l’impegno e il coraggio; e forse  accomunato anche dall’esposizione a forme volontarie e subdole di quello che i militari chiamano fuoco amico.

Non è del tutto vero che le altre autorità staranno zitte; è come per il terrorismo: se si tratta di commemorare genericamente, ponendosi in prima fila ai funerali per “rifarsi una verginità” (Pasolini), allora partecipano e pontificano; ma se c’è il rischio di dover sentire che la responsabilità è di forze come gli USA e Israele, allora le nostre autorità, quelle che si riempiono la bocca di Stato di diritto, o Resistenza, o Patria; le polizie che proteggono i cittadini dai delinquenti piccoli, e aiutano quelli grossi; i preti che si atteggiano convinti a mezzi Dio; i politici e amministratori che credono di avere le palle perché litigano con la voce grossa mentre studiano come meglio vendersi, tutti quanti, cambiano faccia. Come la cambiò Azzeccagarbugli:

“Che mi venite a rompere il capo con queste fandonie? …Andate, andate; non sapete quel che dite; io non m’impiccio coi ragazzi”.

Come Azzeccagarbugli, siedono “in atto di rispetto il più puro, il più sviscerato” alla tavola degli occupanti; e nonché della loro ipocrisia, bisognerebbe parlare del loro costume di vendere gli italiani dello stampo di Arrigoni:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/15/i-precedenti-di-arrigoni/

https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/03/la-sinistra-smagnetizzata/

I precedenti di Arrigoni

15 April 2011

Blog di Andrea Carancini

Commento del 15 apr 2011 al post “Vittorio Arrigoni ucciso dai salafinti” del 15 apr 2011

Commento del 15 apr 2011 al post della redazione de Il Fatto “Gaza rapito e ucciso Arrigoni. I precedenti”. Censurato da Il Fatto.

I precedenti di Arrigoni

Secondo il Fatto, che è attestato su posizioni filoisraeliane, i precedenti dell’assassinio di Vittorio Arrigoni comprendono i cooperanti e i giornalisti rapiti e liberati in missione, e la bodyguard Fabrizio Quattrocchi; Nicola Calipari non è citato in sé, ma solo nel commento a un altro nome della lista, la Sgrena. Il problema della lista non è tanto la sua eterogeneità, quanto la sua parzialità depistante.

Io penso che ciò che ha avuto un peso determinante nella decisione di fare assassinare Arrigoni sia stato il suo essere una persona di grande valore, forte e capace nell’opporsi a chi comanda e tiranneggia nel mondo. Penso che sia stato mostrato prigioniero e sanguinante, prima di impiccarlo, per deumanizzare la sua figura, che era, ed è oggi più di prima, quella di un Uomo vero.

I “precedenti” sono l’insieme eterogeneo delle centinaia di italiani di valore uccisi dalla caduta del fascismo ad oggi; un’epurazione che, anche quando non sia stata direttamente ordinata dai poteri forti esteri, è andata comunque a loro vantaggio; e che si è avvalsa dell’appoggio costante degli innumerevoli leccascarpe dei tre poteri dello Stato; e dell’indifferenza di una popolazione con un tasso troppo alto di cialtroni.

Da Bonomo e Dalla Chiesa, generali veri, al fricchettone Rostagno. Dallo scaltro capitano d’industria Mattei al generoso extraparlamentare Impastato. Dal comunista La Torre al fascista De Mauro. Dal rigore del timorato Livatino al rigore del maudit Pasolini. Dal curiale Moro, autentico statista, alla ragazza in gamba Ilaria Alpi, autentica giornalista. Da Tobagi, un “tiratore scelto” della penna, a quei pochi funzionari di polizia che erano più acuti e più onesti di tanti “intellettuali”. Dal monarchico Ambrosoli al sindacalista Rossa. Da Calipari, che non ignorava cosa rischiava rappresentando una figura di agente dei servizi troppo indipendente e dinamica, ai tanti che credevano di fare solo il loro dovere.

15 aprile 2011 13:56

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Blog Metilparaben

Commento del 16 apr 2011 al post “C’è chi decanta, e chi fa” del 15 apr 2011

Mi è venuto il mente il caso di un altro Arrigoni, ucciso in circostanze misteriose, per il quale pure c’è chi ha parlato dei servizi israeliani. Una notte del 2005, sulla statale Brescia Verona, sotto il cartello che segna l’entrata a Verona, ci fu una sparatoria. Rimasero uccise 4 persone. I due poliziotti di una Volante; una donna, presentata dai media come prostituta; Andrea Arrigoni, investigatore privato, già bodyguard della Lega [e allontanato perchè sospettato di essere un informatore dei servizi]; stimato in vita per la sua attività sindacale, poi dipinto da morto come pazzo maniaco. Mi interessai al caso perché cerco di seguire tutte le notizie relative ad atti di violenza nei quali è coinvolta la polizia. Allora ipotizzai una provocazione di polizia finita male.

Secondo un post su Indymedia datato 2005, che ho letto nel 2010, la donna sarebbe stata in realtà un’ebrea ucraina, Galina Chafranek, forse agente di qualche servizio. Il post considera la possibilità che siano intervenuti nella sparatoria soggetti terzi; la collega ad un avvicinamento di Arrigoni ad AN, il partito  “guidato dall’attuale Ministro degli Esteri Gianfranco Fini, che negli ultimi mesi è giunto ad un acritico (ed a volte entusiasta) sostegno ai circoli giudaici euro-americani e all’entità sionista”. Digitando “Arrigoni” e “Chafranek” si può trovare il post su Google. Mi guardo dal presentare conclusioni, se non quella che sappiamo poco.

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Blog “Blogghete”

Commenti e discussioni nel post “Arrigoni: un altro omicidio mirato di Israele” del 15 apr 2010

A me pare che Il Fatto sia su posizioni filoisraeliane. In modo intelligente, facendo sentire, ma fioca, anche l’altra campana; così del resto ha sempre fatto anche il Corriere della Sera. C’è un modo rozzo e un modo sottile di appoggiare un potere. Quello rozzo sono buoni tutti a vederlo. E’ comodo riconoscere un giornalaccio e storcere la bocca. Riconoscere il modo sottile è più faticoso, ed ingrato perché espone a critiche. Ma è a forza di abboccare trionfanti al teatrino “brutti e cattivi contro pacati e nobili” che l’Italia è ridotta così.

Poche settimane fa il Fatto ha censurato un mio commento di critica in un post che santificava Saviano:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/03/25/antimafiosi/

Il giorno della notizia dell’assassinio di Arrigoni ha censurato il primo commento di questo post, che criticava il post della redazione del Fatto dove Arrigoni viene accomunato al mercenario Quattrocchi.

La posizione de Il Fatto su Arrigoni mi pare mostri come dei bravi giornalisti possano assecondare l’opinione pubblica progressista che vogliono gestire, per poi riportarla all’ovile. Riporto in ordine cronologico altri post pubblicati su internet finora da il Fatto su Arrigoni. Ho segnato con +, 0, -, il giudizio personale sulla concordanza delle posizioni contenute nell’articolo con posizioni come quelle di questo blog.

[+] Arrigoni, un eroe del nostro tempo (G. Chiesa). Elogio di Arrigoni. Rifiuto della tesi che siano stati i palestinesi.

[0] Vittorio Arrigoni è qui con noi (G. Mascia). Appello a manifestare assieme. Aderiscono gruppi palestinesi, Rifondazione, Italia dei valori, Partito dei comunisti, centri sociali.

[0] Vittorio Arrigoni, umano (A. Puliafito). Nulla sugli assassini. Era soprattutto un giornalista capace e libero.

[-] Il sangue dei pacifisti (S. Cannavò). Arrigoni è stato ucciso dai terroristi [palestinesi].

[-] La sfida salafita ad Hamas (P. Caridi, redazione). Probabilmente sono stati i salafiti, pertanto vanno analizzate a fondo le intenzioni contro Hamas di questo complesso gruppo.

[+] Arrigoni, la sincerità di un antieroe (E. Gazzilli). Elogio di Arrigoni.

[0] In ricordo di un pacifista scomodo (F. Marcelli). Elogio di Arrigoni. Non si sa chi lo ha ucciso. Dovremo aspettare le indagini dei nostri servizi segreti, che sicuramente ce lo diranno.

[0] Cooperante ucciso, sotto il Colosseo il ricordo di Arrigoni (S. Pavone). Arrigoni utopista. I manifestanti, che fanno rivivere la sua utopia, non credono siano stati i salafiti.

[0] Stay human, Vik (S. Alfano). Israele ha responsabilità indirette nell’omicidio di un generoso attivista. Sarà la sua morte a fare aprire gli occhi sull’esistenza di una questione palestinese, che la parlamentare europea sta già affrontando da tempo coi suoi colleghi.

[0] Valori e ideali non hanno nazionalità (FQ Londra). Nulla sugli assassini. Elogio delle scelte di vita di Arrigoni, che l’autore accomuna a quelle dei giovani italiani che, come lui, vanno a lavorare all’estero.

[-] Arrigoni i salafiti ammettono. Rapimento e uccisione sono opera di una cellula impazzita (Redazione). Sono stati i Salafiti, ma ufficialmente si cerca di sminuire le loro responsabilità parlando di schegge impazzite.

[0] Scusa Vittorio (C. Paolin). Scusa Vittorio per P. Battista del Corsera che dice che eri un fanatico colpevole di addossare a Israele tutta la colpa. Tu non eri come il Trota. E Hamas ha chiesto perdono all’Italia per l’omicidio.

[0] Restiamo umani, Vittorio (G. Cavalli). Ho sentito Vittorio pochi giorni fa, per una serata che stavamo organizzando a Milano sulla Freedom Flottilla. Era un apolide. Volontario professionista. Una delle tante briciole di democrazia. Uno di quelli che hanno la loro isola da costruire.

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Gisella, i miei commenti sono spariti dopo essere stati pubblicati: non è questione di hosting. E gli articoli il lettore li deve giudicare dai contenuti, non dalla personalità degli autori, come fai tu che li frequenti. Se è questione di persone, lo è nel senso opposto a quello che dici tu. Il potere in Italia ha questo carattere subalterno; questa natura compradora:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/21/c’e-la-parola-compradora/

I progressisti più degli altri. E purtroppo anche i progressisti professionalmente capaci. Credo che tra le motivazioni dell’eliminazione di persone forti e di valore come Arrigoni vi sia quella di selezionare una classe dirigente serva. Alla rassegna aggiungo questo articolo, che avevo dimenticato:

[-] Il pacifista tirato per la giacchetta (V. Gandus). Chi indica Israele come mandante è rivoltante e indegno quanto quelli che si fanno beffe della sua morte. Non bisogna tirare Arrigoni per la giacchetta, e la famiglia avrebbe dovuto fare passare la salma per Israele.

Questo invece è un commento, che Il Fatto mi ha pubblicato, all’articolo “Arrigoni, martire non per tutti”. L’articolo attribuisce l’uccisione alla parte araba, e contemporaneamente accusa i politici di ipocrisia per non interessarsi di Arrigoni. L’autore, Caserta, è tra i fondatori di Sinistra ecologia e libertà.

https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/19/“io-non-m’impiccio-coi-ragazzi”/

Andrebbe notata la voragine tra la costante intorcinata ambiguità di questi giornalisti e il modo piano e schietto col quale Arrigoni parlava davanti ai cannoni israeliani.

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@ Mondart. Non penso di avere capito tutto. Sono giochi complicati, e il Medio oriente è particolarmente complicato. Una volta un libanese mi ha raccontato che gli israeliani arrivati a Beirut andarono ad uccidere non gli arabi estremisti, ma i più moderati, quelli che cercavano il dialogo con loro. Leggo con interesse i tuoi post, ma veramente stavolta non ho capito bene neppure quale disegno tu sostieni ci sarebbe stato. Ci sarebbe un’entità superiore anche a Israele e agli Usa che manovra tutti? Dovresti definirla meglio. In genere il “primo livello”, i grandi poteri economici, finanziari, politici, viene ignorato fingendo che esistano solo beghe italiche locali; vedo che può anche venire scavalcato in nome della ricerca di una livello ancora più alto. Israele, gli USA, le corporations, la grande finanza, etc. mi paiono abbastanza forti da rappresentare il livello superiore di potere. E mi paiono il livello di potere supremo da considerare ai fini pratici. Un potere che viene negato, o trascurato (non su questo blog, almeno nei suoi aspetti riguardanti la politica estera). Ma sentirò volentieri la descrizione di questo potere ancora superiore in nome del quale scuoti la testa. Una specie di potere immateriale, foucaltiano mi pare di capire.

Non ho scritto che Arrigoni è stato ucciso perché “dava fastidio al potere”. Ritengo al contrario che lui e altri, inclusi uomini di potere, siano stati uccisi non solo e forse non tanto per i loro atti, ma per i tipi umani che rappresentavano. Sono lontano dalle scelte di vita di Arrigoni, probabilmente non condiviveva con me tante idee; ma mi ha colpito la lucidità e la pacatezza con la quale ha risposto a Saviano sulla Palestina. (Saviano del quale ho criticato il culto in relazione all’antimafia). E mi ha colpito la credibilità e la coerenza, visto che parlava dalla prima linea.

Ritengo che ci sia da decenni una incessante pressione selettiva –mediante omicidio, fisico o morale- sulla nostra classe dirigente; dai governanti agli intellettuali ai dissidenti, per fare sì che in tutti i campi, dal governo al giornalismo alla magistratura (e ora i blog) non ci siano figure guida forti, ma regni la mediocrità. Ciò non esclude che ci siano altre motivazioni nella catena di omicidi; anzi mi pare probabile; ma credo che questa selezione antropologica sia da annoverare tra i fattori; anche perché mi pare che sia piuttosto sottovalutata dai sopravvissuti. Forse perché, come diceva Napoleone, “sopravvivono le salmerie”.

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@Mondart. E’ interessante quanto dici su eventuali futuri piani di dominio mondiale. Per quello spicchio al quale sono più interessato, la selezione avversa della classe dirigente, penso che si possano distinguere due casi. E’ vero che “se uno è veramente scomodo, sparisce e basta, magari con un attacco cardiaco”:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/03/03/morte-cardiaca-cc-e-magistrati/

Ma può anche esserci, all’opposto, un interesse a praticare quello che voi pubblicitari chiamate “marketing negativo”: educarne 1000 colpendo un caso esemplare; sopprimere in una maniera clamorosa e raccapricciante, che incida sui nuclei psicologici profondi, per marcare negativamente un dato tipo antropologico, rappresentato dalla vittima, in modo che non divenga un modello da imitare e invece divenga un modello negativo; o meglio un modello di comportamento proibito:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/04/il-negativo-e-il-proibito/

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@Mondart. Trovo in generale fondato che vi sia un’omologazione dei fenomeni culturali e che il dissenso venga pilotato. La tesi che Israele sia vittima dell’uccisione di Arrigoni mi pare davvero un tiro troppo lungo. E anche quella che noi e Israele saremmo nella condizione di “alleati” contrapposti agli USA. Israele appare strettamente legato, già fuso in pratica, agli USA; ed entrambi non ci sono amici.

Come mostra la stria di sangue della quale ho parlato nel primo commento. Lo zampino di Israele, oltre che quello degli USA, è emerso negli studi sugli Anni di piombo. La manipolazione da Pensiero unico sulla nostra sinistra, che quando non è venduta è in genere facilmente orientabile, a me pare questa: sono molto più conosciute e più contrastate le ingiustizie di Israele sui Palestinesi che le ingerenze ebraiche in Italia.

Arrigoni aveva scelto di occuparsi di Palestina. Penso che quello che ha fatto scattare il braccio assassino è che, persona di valore, lo stava facendo troppo bene (e forse anche in maniera diversa da ciò che al momento sappiamo). Ma per un Arrigoni ci sono tanti che si pavoneggiano con la kefiah al collo e che allo tesso tempo votano partiti “di sinistra” asserviti alla finanza internazionale ebraica, e si accodano alle speranze di affrancamento dal giogo berlusconiano affidate a un MSI con la kippah, Fini. Questi camperanno cent’anni, dipendesse dal Mossad.

Israele potrebbe essere visto come vittima in un altro senso. A volte mi chiedo perché gli ebrei, coi loro mezzi materiali e culturali, non riescono o non vogliono costruire una pace accettabile per tutti per quel territorio prevalentemente desertico meno esteso della Lombardia. E’ difficile, ma forse non è impossibile, trovare un’architettura di politica internazionale che garantisca la pace; e non ci vorrebbe molto, un po’ di benessere, per mettere le due piccole popolazioni residenti d’accordo su quelle quattro pietre arse dal sole. Dando così pace anche al resto del mondo. Invece gli ebrei accettano che Israele resti un perenne focolaio di guerra, vivendo in un modo angoscioso, che li avvicina a coloro che li hanno perseguitati; come presi in una trappola, politica ed esistenziale. Come condannati da una maledizione divina a non avere mai pace.


Pienza e la nuova Pienza

3 April 2011

Blog di Cosimo Loré

Commento al post “Crimini accademici senza pudore né pentimento” del 2 apr 2011

I “baroni” che vengono additati come nemici del sapere sono in ottimi e “fraterni” rapporti con il mondo accademico anglosassone che viene indicato come la Terra promessa. La situazione è ancora peggiore di quello che si dice a proposito dell’università di Siena, perché agli abusi baronali, e alla loro pubblicità, si associa la svendita dell’università pubblica a grandi interessi privati e il suo adeguamento al modello universitario anglosassone, che non è l’università da favola che i media come il Fatto incessantemente stanno descrivendo.

Lì non ci sono nella selezione dei docenti le forme grottesche e grevi del nostro familismo, clientelismo, campanilismo; l’organizzazione è efficiente, dove noi abbiamo un caos stazionario. E’ un sistema che suscita ammirazione, da prendere ad esempio per vari aspetti; ma che, almeno in campo biomedico, sotto il profilo della subordinazione della ricerca del vero agli interessi del business è corrotto in maniera sistematica e profonda.

Esaltando gli aspetti positivi, si sta dipingendo all’opinione pubblica il sistema accademico straniero come la prospettiva pulita e razionale di una Città ideale rinascimentale. “Visto dall’interno” -l’espressione usata da Tomatis per il titolo di un suo libro sul mondo della ricerca internazionale- appare diversamente; e guardarci dentro può essere come aprire “a can of worms”.

Se si sapesse ciò che avviene davvero nei grandi centri di ricerca biomedica, quanto sono controllati dagli interessi inconfessabili dell’industria e della finanza, ci sarebbero meno piagnistei sulla fuga dei cervelli, e meno giubilo per ciò che gli esuli portano quando vengono rispediti in patria; e i nostri baroni apparirebbero come mafiosi locali pronti a servire i Liberatori; che noi attendiamo con le bandierine in mano.

https://menici60d15.wordpress.com/2010/01/26/vendola-e-il-nostos-del-professore/ 

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20 dicembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Aparo Von Flue “Plagio, come ingannare la comunità scientifica e farla franca”

Conosco il Tufts Medical Center, dove per due anni sono stato resident; nello stesso dipartimento che stava dando rifugio a Imanishi-Kari, coautrice di una frode che vide i baroni della ricerca internazionale difendere David “the Pope” Baltimore. Ci volle un senatore, Dingell, per svergognare la tracotanza degli scienziati. Margot O’Toole, che aveva denunciato la frode, fu “vilified and effectively driven out of the profession” (Dingell). A Tutfs c’erano anche brave persone, ma non erano tutti santi, né esenti dalla tendenza a attribuirsi idee altrui, magari sostenendo di essere loro i defraudati. Da Tufts provengono le stime gonfiate sui costi di sviluppo dei farmaci la cui veridicità è stata paragonata da Médecins Sans Frontières a quella della tesi che la Terra è piatta; stime usate per giustificare prezzi stratosferici dei farmaci e evasione fiscale per centinaia di miliardi di dollari. Questi grossi centri USA possono contare su servili complicità nell’accademia italiana. L’autore del plagio dovrebbe essere punito due volte: per il furto e perché alimenta lo stereotipo degli americani ingenue vittime di furbi italiani (per non parlare delle finalità di filoni di ricerca come quello del lavoro plagiato). Ma questa seconda responsabilità probabilmente sarà il motivo per il quale la smaccata copiatura non porterà ai guai che ebbe la O’Toole, o altri che non hanno rubato ma sono stati derubati.

@ Cb. Lei parla come se la corruzione della ricerca biomedica fosse una rarità, quando c’è una valanga di studi e commenti internazionali sul suo carattere endemico. Abitualmente riporto frodi documentabili. Lo scandalo di Baltimore e Imanishi-kari è famoso, e lo si può facilmente trovare su Internet. Sulla valutazione gonfiata da Tufts dei costi di sviluppo dei farmaci:
-Grogan K. MSF scorns Tufts study on cost to develop drugs. World News, 18 nov 2014.
-Sharife K. Pharmaceutical industry: a dose of reality. Financial Mail, 10 marzo 2016. (L’articolo riporta anche il commento negativo sulla valutazione di Tufts di Marcia Angell, già deputy editor del NEJM e nota denunciatrice di “fatti disonorevoli per la comunità scientifica”).

Il mio nome è sul mio sito. Nelle mie referenze, oltre ad alcune pubblicazioni su meccanismi di malattia scritte da solo anni fa, reperibili su Pubmed, posso vantare le attenzioni delle peggiori specie di gaglioffi. Uso un eteronimo, come è perfettamente lecito, per riparare il mio nome dai lanci di fango di chi ha tra le sue attività quella di propagandista e difensore di frodi biomediche, e ricorre alla “vilification” personale, a volte di livello criminale, invece che alla valutazione del merito. Come mai lei chiede il nome agli altri senza mettere il suo? Visto che dice che occorre verificare le referenze, sarebbe anche interessante conoscere se lavora presso qualche istituzione pubblica, e quale.

@ Cb. Se da vecchio scriverò le mie memorie racconterò anche del mio periodo negli ambienti accademici USA, con annessa documentazione (o le racconterò anche prima, se qualcuno mi chiedesse formalmente conto di ciò che affermo; ma nella mia esperienza ci si guarda dal farlo, anche per mie denunce molto più gravi e circostanziate, su fatti italiani, molto più vicini nello spazio e nel tempo; e invece si risponde con sistemi che in USA chiamano “mafioso”). Se è così interessata gliene invierò copia. Nel frattempo mi sarebbe utile conoscere qualcosa su di lei, in particolare su chi è il suo datore di lavoro, dato che non è la prima volta che si assume questo ruolo di “inquisitrice” (un pò traballante) nei miei confronti.

@ Cb. Totò diceva “è la somma che fa il totale”. E Lucia Mondella “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia”. Credo che “la somma algebrica del bene e del male” sia, mi scusi, un calcolo sofistico, assolutorio, di stampo cattolico; imparentato coi bilanci (ecumenici…) costi/benefici pseudoquantitativi tra valori non commensurabili, comuni es. negli screening. Concordo piuttosto con chi in medicina i conti li fa distinguendo tra operazioni a somma zero, dove i pazienti perdono e chi commette frodi o pratica il marketing vince, prendendosi ciò che spettava al paziente, e comportamenti a somma positiva, come nella ricerca onesta, dove vincono sia gli addetti sia i pazienti (Robertson C. When truth cannot be presumed: the regulation of drug promotion under an expanding first amendment. Boston University Law Review, 2014. 94: 545).

@ Cb. Io mi occupavo di meccanismi di malattia, di possibili vie di cura; un’attività intellettuale – per la quale non chiedevo nulla – più che sufficiente a gratificarmi, o “nutrire il mio ego”. Di “magagne” mediche ho dovuto occuparmene per necessità, per difesa. E’ vero che non è un bell’argomento; scoprendo alcune cose ho nostalgia di quando svuotavo del loro contenuto i segmenti di colon provenienti dalla sala operatoria. Ma credo che denunciare trappole e inganni sia divenuto ormai, nell’attuale medicina, uno tra i doveri del medico. Sulla necessità che il paziente abbia fiducia nella medicina la penso come Gigerenzer, un’autorità sulla comunicazione dei rischi: la fiducia non né buona né cattiva in sé, ma dipende dal contesto; è bene averla quando il medico è competente e non ha conflitti di interesse; ma il conflitto di interesse è la regola piuttosto che l’eccezione. Che i pazienti comprendano questa amara situazione credo sia il male minore rispetto all’omertà, e al vantaggio relativo per i pazienti del farsi cullare in illusioni rassicuranti.

@ Cb. Mi dia la sua email e le invio copia degli attestati che mi ha rilasciato Tufts, e del loro riconoscimento da parte del nostro Ministero della sanità. Lei in cambio mi dirà dove lavora. Lei trova il mio intervento qui “una coincidenza davvero particolare”, che vuole verificare. Magari non è così improbabile, se il quadro è correttamente impostato; e forse gli eventi non sono indipendenti (in senso statistico). Le suggerisco di rivedere le sue nozioni di base sulla probabilità, se le sue molteplici attività gliene lasciano il tempo. E’ curioso che lei nel difendere gli aspetti peggiori della ricerca ragioni calpestando quanto di prezioso la scienza offre.

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2 ottobre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di O. Lupacchini “Concorsi truccati, un grande classico. Quando il trombato era Giambattista Vico”

Piero Chiara commenta che il freddo di Vatolla, “nel Cilento nevoso”, forse ha aiutato Vico nelle sue meditazioni. Che oggi vengono riportate in sofisticati testi anglosassoni di semiotica. Bartolo Nigrisoli, chirurgo di guerra, estraneo ai servilismi e agli intrighi dei Balanzone, uno dei pochi professori che preferirono perdere la cattedra piuttosto che giurare fedeltà al fascismo, raccontava di come il prof. Rummo avesse copiato pari pari dalla tesi di laurea di Codivilla. Codivilla non disse nulla; intervenne rivendicando il suo anni dopo, quando Rummo si scagliò pubblicamente contro un terzo medico, Moscatelli, che aveva plagiato ciò che lui Rummo aveva rubato a Codivilla. Di aneddoti sulle miserie accademiche ce ne sono tanti. Ma converrebbe non scordare che in Italia gli scandali, le tangentopoli, esplodono, dopo decenni di impunità, quando arriva l’ordine di sostituire una mafia vecchia con una nuova. I magistrati sembrano avere una particolare destrezza nel perseguire le gaglioffate giuste al momento giusto. Il nepotismo, il clientelismo, possono essere sostituiti non dal merito ma dalla meritocrazia strumentale: dove a fare il professore di diritto tributario va il più abile nel curare gli interessi delle banche. O nelle cattedre mediche il più brillante nell’eseguire il copione delle multinazionali farmaceutiche. Con una censura non meno ferrea delle voci sgradite. V. “Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito”.

Il prof. Bellelli osserva che comunque l’Italia si colloca ottava in una classifica della ricerca internazionale basata sulle citazioni. Questi indici, più appropriati come misura del conformismo, sono criticati per la varietà di storture che generano. Inclusa la capacità di creare gli inciuci* nei quali noi italiani, forse a torto, siamo considerati i primi; di certo non siamo gli ultimi arrivati. Inoltre la ricerca internazionale, metro di paragone per Bellelli, in campo biomedico è così sana che si discute su se ad essere falsi sia la maggioranza dei risultati di ricerca, secondo il celebre articolo di Ioannidis (oltre 5000 citazioni…), o “solo” una bella fetta dalle dimensioni da definire. Gli argomenti di Bellelli costituiscono un esempio, una trasposizione al tema della selezione degli universitari, di temi importanti per la biologia e la clinica delle malattie che la pletorica ricerca ufficiale, imbrigliata, accantona, e copre con sofismi standard: l’assenza di “gold standard” di malattia solidi e la loro sostituzione con surrogati non validi; e il disprezzo, la svalutazione, per il fenotipo della malattia, per ciò che accade, sostituiti in nome dell’oggettività da indici pseudoquantitativi o esoterici test di laboratorio, che suonano scientifici ed essendo complicati intimidiscono, ma troppo spesso sono un latinorum ad hoc.

*Greenberg SA. How citation distortions create unfounded authority: analysis of a citation network. BMJ, 2009.

@ Andrea Bellelli. Non è questione di nazioni, ma di tipi umani. Non sono contento. Non si considera abbastanza ciò che il dr. Lupacchini evidenzia, che gli effetti delle epurazioni, della selezione inversa della classe dirigente, quali che siano la sua provenienza e le modalità, dagli omicidi politici “eccellenti” degli anni passati a silenziose eliminazioni per via burocratica, li scontiamo tutti.

@ Giacomo Mulas. “Esagerazioni”? Con un mercato globale dei farmaci sul milione di milioni di euro/anno, e in crescita incessante, è più facile che siano invece i suoi beneficiari a minimizzare ciò che è così smisurato che non si può negarlo del tutto. Il praticare una forma tradizionale di malaffare non impedisce di aggiungervi una forma più moderna, e di fonderle. (Io poi commentavo l’uso di questa aggiunta come elemento a discolpa dell’uso privato delle assunzioni nell’università pubblica). Credo anzi che il fattore sovranazionale sia al centro dei motivi che sottendono lo scandalo: i signorotti dello Stivale capiranno l’antifona, e compiaceranno l’impero il più possibile per cercare di mantenere l’ereditarietà dei feudi minori. Col risultato, che già c’è posso testimoniare, di un “lussureggiamento degli ibridi” tra la corruzione italica e quella d’importazione. Del resto, il ceppo nostrano della mafia è stato potenziato dal patrocinio di poteri esteri. Rileggendo il suo commento, con passi logici come “la corruzione generalizzata della ricerca non è minimamente un problema italiano perché non riguarda solo l’Italia” un altro esempio che mi viene alla mente è quello di Stanlio e Ollio: grazie al doppiaggio di Sordi e Zambuto la versione italiana fa ridere ancora di più dell’originale in inglese.

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8 dicembre 2021

Blog de il Fatto

Commento al post “Giornata internazionale contro la Corruzione, Libera lancia una campagna per monitorare la trasparenza nelle università italiane”

Il mostro ha tre teste. Libera, come tanti, è specializzata nel descrivere due delle teste del mostro, mafia e corruzione; per nascondere la terza testa, il tradimento. Cioè l’asservimento collaborazionista della classe dirigente, e del clero, ai poteri che tengono l’Italia sottomessa. Fatta salva una quota di sani, che fanno da alibi, l’università è permeata di corruzione quanto un savoiardo nel latte. Si sa. Meno evidente, ma non meno grave, è che allo stesso tempo pratica il tradimento, rivestendo a comando di panni aulici, pseudoscientifici, i nefasti ideologismi dei poteri forti, invece di criticarli, sbugiardarli e conservare il culto della verità disinteressata. Lo sta facendo bassamente sul covid. Libera addita l’ovvio, come il mercato paesano dei concorsi. Uno sconcio mercato delle vacche, absit iniuria sui celebri favoritismi verso le amanti. Ma non parla della Trahison des clercs, alla quale, con Ciotti fedele esecutore di Bergoglio, partecipa, insieme ai pediatri vaticani del Bambin Gesù che gridano contro scienza e Vangelo che “I bambini sono un serbatoio di virus” per farli inoculare. O con Ricciardi, uomo di Bergoglio, accademico pontificio. Ordinario alla Cattolica, premendo per punizioni ricatti e obblighi a oltranza per gli inoculi, ricorda lo spirito antidemocratico e il virulento antisemitismo del fondatore Agostino Gemelli quando i poteri cui fornire prestazioni intellettuali mercenarie erano quelli del fascismo mussoliniano.

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6 aprile 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Salerno, specializzandi “costretti a eseguire flessioni e a pagare la colazione se arrivano in ritardo””

Goliardate che confondono sugli abusi veri. Es. chi faccia notare che lo statistico N. Fenton, professore di Risk Information Management nella stessa Queen Mary University dove è professore l’ortopedico/drill-sergeant di Salerno, ha dimostrato – analizzando le forti anomalie sui dati dei vaccini covid – che per fare sembrare salva-vita vaccini che non abbiano nessun effetto benefico basta un ritardo di una settimana nel riportare le morti, oppure misclassificare i decessi dei vaccinati da meno di una settimana come decessi di non vaccinati*, dovrà fare, da epurato dalla medicina, flessioni di altro genere. Es. le flessioni con cartelle esattoriali non dovute, il cui pagamento poi non verrà accettato, e che poi verranno chieste di nuovo maggiorate, e che continueranno a essere chieste ancora una volta pagate. Davanti alla magistratura, che pratica una doppia contabilità della giustizia, dove si chiudono gli occhi sulla routine da disciplina di cosca e si guarda a pagliacciate del genere. O a casi estremi e incidenti tragici, come appare essere per Sara Pedri, della selezione volta a fare dei medici – e dei consulenti tecnici – uno stuolo omogeneo di docili piazzisti; selezione che i magistrati, che hanno espresso figure guida come Bellomo e Palamara, consentono e a volte aiutano fino a livelli di criminalità di Stato.

*Fenton N. Neil M. The impact of misclassifying deaths in evaluating vaccine safety: the same statistical illusion. Probability and risk, 1 dic 2021.

@ Emilio Barone. Ne emette stranezze mediche Salerno. Sono passati i tempi di quando la sua antica scuola poneva le basi della medicina. Nel 2019, trovandomi lì, andai al chiosco per il turismo davanti alla stazione per chiedere come visitare il celebre Orto botanico. L’addetto fu gentile; ma 1) aveva le unghie orlate di nero; 2) l’orto botanico era chiuso. 3) ci indirizzò a una costruzione, il “Crescent”, a suo dire una meraviglia e che invece era un cantiere chiuso. Oggetto di imbrogli, ci spiegò un cortese salernitano.

Da Salerno viene De Luca, che sta tentando di riesumare la vecchia politica pre-tangentopoli vendendosi in cambio la popolazione al business farmaceutico.

Ora il siparietto, per tenere coperti gli strumenti mafioidi autentici di selezione e formazione, su asserite pratiche di hazing. In nome del bene dei pazienti ma proprie dell’addestramento alla violenza e all’obbedienza: unendo sadismo, degrado e gerarchia sono finalizzate a indurire, abbattere le remore morali e creare spirito di corpo, non a rendere più sensibili rispetto ai bisogni altrui. Un medico che accetta le flessioni di punizione come se fosse una recluta dei marines sarà adatto all’ortopedia che va nell’interesse di chi la pratica e in quello del business retrostante*, più che nel miglior interesse dei pazienti. Di rincalzo lei che fa i versi come gli spernacchiatori ai comizi dei tempi di Achille Lauro.

*Sarmiento A. Barebones. A surgeon’s tale. Prometheus Books, 2003.

@ Emilio Barone. No, ma nel caso dell’hazing medico potrebbe anche avvenire data la vicinanza. Il professionalismo, che secondo un recente editoriale dovrebbe salvare la medicina dai guasti dell’ingresso degli usurai*, viene a volte perseguito con criteri che ricordano più quelli delle maitresse che Sparta. Del resto, a proposito di tecniche di separazione del grano dal loglio, abbiamo avuto le magistrato con le cosce di fuori e il tacco 12 di Bellomo. Sul tema un famoso editor di una delle maggiori riviste di medicina ha commentato che quella del medico è la seconda professione più antica del mondo; e in 1500 caratteri non si può riportare la copiosa bibliografia sulla medicina come prostituzione. Es. “Hagen MA. Whores of the court: the fraud of psychiatric testimony and the rape of american justice”. Diciamo che la medicina insieme ai suoi sergente Hartman (che non usano le flessioni ma altri sistemi) ha la sua Porta Capuana, che è parecchio affollata.

*Physician Management Companies—Should We Care? JAMA, aprile 2022.

@ Emilio Barone. Lei fa un po’ di confusione. Ma è frequente quando sono in ballo le categorie di lavoratori che lei patrocina. Anche ne “Il dottor Tersilli”, film tratto dalle memorie di un medico, Sordi equivoca con una prostituta su chi tra il medico e la meretrice abbia fornito all’altro la prestazione e chi tra i due sia il cliente che deve pagarla.

@ Emilio Barone. Dopo la fregatura di Salerno, dove pensavo di visitare l’Orto delle piante officinali e invece un adepto delle rigide regole igieniche di De Luca mi ha fatto vedere un cantiere in odore di mazzette dalla fessura tra le lamiere, sono diffidente. Inoltre, anche se a quanto scrive si capisce che come mediatore lei offra un campionario di prim’ordine, le ierodule non mi ispirano. Grazie comunque.

@ Emilio Barone. Grazie. Purtroppo la medicina attuale, a differenza delle nobili origini come la scuola salernitana medievale, è fortemente interventista. Anche le massime vanno aggiornate. Quindi ricambio con “Ben sarebbe folle che quel che non vorrai trovar, cercasse.” Ariosto. Citato da Domenighetti sul pane e burro della medicina attuale (40-80 miliardi di $/anno negli USA*), gli screening. Un’altra aurea massima guida moderna, di Bernard Lown: “Fare il più possibile per il paziente e il meno possibile al paziente”.

*Cancer screening. The Good, the Bad, and the Ugly. JAMA; 6 aprile.

@ Emilio Barone. Ma la medicina – onesta – è indispensabile. Voi che ricorrete al latino per esprimere la volgarità “O questa medicina o niente” mi fate venire in mente l’osservazione di un professore di patologia di Boston: il termine anatomico “fornix” e la parola “fornicazione”, che in origine indicava l’esercizio della prostituzione, hanno la stessa etimologia latina. Lei lo saprà bene, esercitando da chissà quanti anni le humanae litterae. Ma l’utilità del latino in medicina oggi è limitata. Meglio l’inglese, es. l’ultimo paragrafo dell’editoriale sugli screening che ho citato sopra, che spiega come “medical care should be driven by patient needs, not surgeon needs, (or now system needs)”.

@ Emilio Barone. 1) L’inglese è utile come lingua franca, soprattutto in medicina. 2) E’ un’antica lingua europea, di popoli che ne hanno viste di cotte e di crude almeno quanto noi, e con la sua grammatica agile e il lessico ricchissimo aiuta a ragionare, ed esprimere concetti, sia in campo scientifico che sociale. 3) E’ oggi la lingua del potere, e conoscerla aiuta a contrastarne gli abusi. A me invece incuriosisce l’ostilità verso la cultura anglosassone da parte di quelli che servono i poteri anglosassoni come sciuscià del 1944.

@ Emilio Barone. Conservo il mio libro di educazione civica delle medie (Piermani e D’Antonio, Garzanti 1972) insegnamento voluto da Aldo Moro. Cita, nel capitolo sull’educazione igienico-sanitaria, le regole della scuola salernitana, che riporta. Es. “Lava le mani e gli occhi al mattino”. (Bisognerebbe ricordarlo agli addetti dell’ente turismo della Salerno odierna). Ma oggi la prevenzione da parte dei medici oltre che consigli come quello salernitano di non mangiare pesante la sera deve riguardare l’abuso della medicina in nome della prevenzione*. E dovrebbe comprendere, come dovere, il mettere il pubblico sull’avviso dei pericoli dell’affidarsi ciecamente alle “multinazionali americane” o europee (e sta emergendo che anche i cinesi si stanno tuffando nel business delle frodi); e a chi gli lucida le scarpe. Ma voi siete troppo avanti. Lei dimostra come anche Crozza, nella sua magistrale parodia di De Luca, debba arrancare nell’inseguire l’originale.

*Preventing overdiagnosis: how to stop harming the healthy. BMJ, 2012.

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1 novembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “È morto l’ex ministro Luigi Berlinguer, aveva 91 anni. Schlein: “Lascia un patrimonio politico inestimabile””

– l’ex ministro dell’Università Podestà si lasciò sfuggire una confidenza difficilmente dimostrabile, ma probabilmente vera: «I rettori italiani? La metà di loro è iscritta alla massoneria».8 Certo si riferiva anche al proprio successore sulla poltrona di ministro dell’Università, quel Luigi Berlinguer all’epoca rettore a Siena, e poi presidente della conferenza dei rettori, indicato da un quotidiano locale, Il Cittadino di Siena, come uno dei maestri più venerati della città del palio. (Un Paese di baroni. Truffe, favori, abusi di potere, logge segrete e criminalità organizzata. Come funziona l’università italiana. Chiarelettere, 2009).

– ll governo D’Alema appoggia i bombardamenti della Nato a Belgrado. Scavalca a destra gli alleati cattolici e Berlusconi anche su un altro versante. Il ministro all’Istruzione Luigi Berlinguer pensa bene di arrivare dove nemmeno la Dc si è mai spinta: invece di rilanciare la scuola pubblica, finanzia quelle private con buoni statali e con l’estensione del trattamento fiscale riservato agli enti senza fini di lucro. (I panni sporchi della sinistra. I segreti di Napolitano e gli affari del PD. Chiarelettere, 2013).

– Con il varo della riforma universitaria che porta il nome di Luigi Berlinguer, iniziava anche istituzionalmente il lungo genocidio che avrebbe portato a completa distruzione l’università italiana, consegnandola alle sue tare originarie. (Modernizzazione senza sviluppo. Il capitalismo secondo Pasolini. B. Mondadori, 2005).

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Vedi anche:

La ‘generatio aequivoca’ di professori universitari e magistrati

Vendola e il nostos del professore

Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito

La selezione avversa

“Se la canaglia impera, la patria degli onesti è la galera”

31 March 2011

ccc

Guareschi, commentando il suo rifiuto nel 1943 dell’offerta di collaborare con nazisti e fascisti e scegliere invece di finire nello Stalag come lavoratore schiavo:

Per rimanere liberi bisogna a un bel momento, prendere senza esitare la via della prigione.

Nel dopoguerra, alle prese non più con le barbare SS ma con il plurisecolare gesuitismo italiano, coi maestri di doppiezza, con i confezionatori di piattini verso chi non serve strisciando il potente di turno, gli fu più difficile evitare di essere sporcato. Cadde nella pania di quelli che combattono gli “importuni che ricordano, con il loro esempio, fastidioso come un rimprovero vivente, che nel mondo esiste la onestà e la dignità” P. Calamandrei, arringa in difesa di Danilo Dolci, 1956.

Guareschi rinunciò all’appello nonostante risulti gli fosse stata assicurata da Scelba l’assoluzione in secondo grado per insufficienza di prove. Dolci in risposta al comportamento di parte dei magistrati rinunciò a difendersi da una querela di Mattarella padre, del quale aveva descritto le pesanti collusioni mafiose. Due figure perseguitate in odium fidei. In odio a quella fede che riconosce che ci sovrasta un piano superiore, ma gli assegna i doveri verso gli altri, invece che farlo occupare da un Dio che viene mosso dai preti come un burattino, o da ideologie posticce di ogni genere – oggi è in voga la dea Natura dell’ecologismo elitista – volte a soverchiare e parassitare.

 

31 marzo 2011

Blog di Andrea Carancini

Commento al post “Giovannino Guareschi, o la patria degli onesti”

No, niente Appello. Qui non si tratta di riformare una sentenza ma un costume

Guareschi

Giovannino Guareschi, con la sua penna leggera e acuminata di umorista e galantuomo, è una di quelle figure che danno ristoro e indicano la via “se la canaglia impera”. Il suo caso mostra quanto sia sottovalutato il costume delle nostre classi dirigenti di vendere l’Italia e gli italiani a interessi esteri:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/21/c’e-la-parola-compradora/

E quali sentimenti omicidi possano nutrire i preti e i loro agenti verso la gente che vogliono dominare:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/03/21/i-preti-sciamani-furbi/

Vorrei accostare a Guareschi Domenico Marotta, già direttore dell’Istituto superiore di sanità; un italiano di valore che stava rendendo grandi servigi all’Italia quando fu messo in galera dai DC e dai magistrati a beneficio dei padroni esteri. Guareschi rifiutò di ricorrere in appello e di chiedere la grazia; Marotta, alto burocrate, rifiutò di presentarsi ai giudici. Di recente c’è stato un altro caso di disconoscimento a proprie spese del potere giudiziario con Parmaliana. Quando impera la canaglia, bisogna difendersi non davanti ai magistrati, ma difendere sé stessi e la società dai magistrati.

Qui tam pro domino rege https://menici60d15.wordpress.com/2010/03/27/qui/

https://menici60d15.wordpress.com/2010/04/30/il-ladro-e-il-viandante/

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19 dicembre 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post “”Elezioni rimandate? Grillo: “Una farsa, ma non muoio neanche se mi ammazzano” del 19 dicembre 2012

La battuta “non muoio neanche se mi ammazzano” è di Guareschi, uno di quegli italiani galantuomini che pagarono per essersi opposti al sistema; l’archivio delle loro frasi celebri è molto consultato da quelli che opponendosi al sistema fanno carriere strepitose.

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17 maggio 2014

Blog di Aldo Giannuli

Commento al post “Cade l’accusa di terrorismo ai no Tav: ottima notizia, però …”

Il libro “Bombardate Roma!” di M. Franzinelli, appena uscito, mostra in maniera cogente che le lettere, pubblicate da Guareschi, con le quali De Gasperi avrebbe invitato gli Alleati a bombardare Roma, erano un falso. Franzinelli critica come frutto di una “impronta complottistico-dietrologica”, le posizioni di chi, come Giannuli, ha considerato autentiche le lettere. Il caso risale al 1954; l’analisi di Franzinelli è arrivata 60 anni dopo. Accettando la ricostruzione di Franzinelli, credo ci sia ancora molto da commentare su questa che a me pare un’altra “destabilizzazione per stabilizzare”; mi riprometto di scriverne. La magistratura non fece chiarezza, ma proseguì lo svolgimento di quella che oggi Franzinelli mostra essere stata una trama preordinata. Un intrigo che a mio modesto parere non è stato ancora del tutto sviscerato, né collocato nel suo ambito storico e politico autentico.

Le responsabilità furono tutte scaricate sull’unico che non aveva la rogna, Guareschi, che fu colpito con la stessa violenza voluttuosa con la quale il disonesto si vendica in maniera formalmente legale del galantuomo, cogliendolo in castagna dopo averlo fatto cadere in un tranello. Lo scambiarsi di posto, il far passare chi non è come loro per ciò che loro sono, e mettersi dalla parte di quella “legalità” che disprezzano e calpestano, è la mira costante dei ruffiani; che sono il tipo umano più trascurato e più comune della nostra classe dirigente, selezionata in modo da purificarla da soggetti come Guareschi.

Ha ragione Giannuli quando dice che bisogna sbarazzarsi delle “mitologie” sulla magistratura, e considerare il suo ruolo di forza di potere; oggi, il ruolo della magistratura nell’ambito dei processi di globalizzazione, dove la guerra è per i soldi prima che per territori. Lo mostrano il caso TAV, e anche il caso Stamina:

https://menici60d15.wordpress.com/2014/05/04/stamina-come-esca-per-le-frodi-della-medicina-ufficiale/

https://menici60d15.wordpress.com/2012/02/23/giancarlo-caselli-e-i-no-tav-il-negativo-e-il-proibito/

Ai Notav, e a chi è oggetto delle operazioni poliziesche e repressive che la magistratura favorisce con azioni o omissioni, ricordo come nel perseguire intenti buoni ci si debba guardare dal farsi attirare in imboscate dagli scellerati di professione dei quali il trono si circonda. E ricordo una riflessione di Guareschi in carcere:

…Io mi sento come chi sta nella stiva di una nave che affonda. Se anziché essere “ai ferri” io mi trovassi sul ponte, niente muterebbe nella sostanza. […]. O si cambia l’equipaggio e si chiude la falla, o la barca andrà a fondo”.

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@ Germano Germani. I bombardamenti di obiettivi civili e gli eventuali tradimenti sono una cosa, le presunte lettere un’altra. Articolare le due cose è impegnativo. Es. le lettere con gli inviti vaticani a bombardare Roma sono datate gennaio 1944; nel febbraio 1944 gli Alleati ridussero in macerie, con un bombardamento aereo che non aveva motivazioni tattiche dicono gli esperti, l’abbazia di Monte Cassino.

Di Franzinelli mi colpì, anche per la qualità storiografica, “Un dramma partigano “, sulla storia dell’assassinio in terra bresciana del ten. colonnello Raffaele Menici. Non credo che i suoi libri siano soldi sprecati, come non lo sono i libri del prof. Giannuli, anche se non bisogna giurare sulle parole di nessun maestro.

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@ davidem. Sì, si esagera e si va nell’off-topic se dal “rema” che ho presentato, la condanna di Guareschi per diffamazione, si passa ai bombardamenti, e ci si dilunga su questi, fino a prendere il posto del “tema”; che è e resta l’insufficiente consapevolezza di come “l’azione giudiziaria in Italia non rispetti il Tempo ma obbedisca ai tempi”, così che i magistrati “mentre coi loro interminabili procedimenti non rispettano il Tempo, quello della vita delle persone, ossequiano la Storia, conformando ad essa la loro azione” (https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/13/rispetto-della-storia-nellazione-giudiziaria/).

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29 agosto 2015

Blog di A. Giannuli

Commento al post “Le morti opportune nella storia d’Italia.”

L’intellettuale come bayesiano

Che la morte di Valerio Borghese, pur simulando un caso di morte “opportuna”, sia stata invece una morte naturale non è un caso bizzarro. Mette in luce un aspetto costitutivo di una potente leva intellettuale, che, per interessi ideologici, viene svalutata. (Soprattutto in medicina, dove la sua applicazione alla ricerca è chiesta da un crescente numero di scienziati, preoccupati dalla degenerazione a fini di profitto della “evidence based medicine”). Il ragionamento bayesiano, che permette di risalire alla probabilità delle cause dalla probabilità degli effetti. La stranezza e la puntualità di tante, davvero tante morti “strane”, unita alla massa delle informazioni sui “misteri d’Italia”, ha portato all’inferenza inversa che fossero in realtà omicidi mascherati; parallela a quella che alcuni omicidi, come quello di Moro o di Borselllino, avessero mandanti e motivazioni diverse da quelle ufficiali, i terroristi e la mafia essendo manovrati.

La capacità istintiva di ragionare per gli innaturali schemi bayesiani è un dono, proprio dell’intellettuale autentico. E’ descritta, in fondo, inconsapevolmente da Pasolini: “io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”.

Il teorema di Bayes legittima questa abilità, e incoraggia lo sforzo e il coraggio che richiede; e la disciplina, ricordandoci che esistono però i falsi positivi (es. la morte di Borghese); che restano un trabocchetto anche quando si è metodologicamente sulla strada giusta, che è comunque stretta, ardua e incerta. Un errore facilitato dalla tendenza generale a commettere l’errore cognitivo (chiamato anche “prosecutor’s fallacy”, la “fallacia del PM”) di prendere la probabilità degli effetti date le cause (la probabilità del mal di testa dato un tumore cerebrale, elevata) per la probabilità corretta, quella delle cause dati gli effetti (la probabilità di un tumore cerebrale data una cefalea, bassa). Un errore al quale si viene inoltre esposti dalla debolezza, presente anche nei migliori, dell’essere sedotti dalle idee che riusciamo a raggiungere.

Guareschi e Sciascia sono due casi di intellettuali veri, capaci di ragionare in modo bayesiano; che supportarono notevoli risultati bayesiani con esempi (test) errati: con brutti falsi positivi. Il concetto di Guareschi dei governanti che ci vendono a poteri esteri, e quello di Sciascia de “l’antimafia come strumento di potere. Che può benissimo accadere anche in un sistema democratico, retorica aiutando e spirito critico mancando.” sono autentici, e sarebbero stati preziosi, e lo sarebbero ancora di più oggi, in un Paese che non fosse così pervaso da viltà intellettuale a tutti i livelli, e quindi pronto a buttare il bambino con la scusa dell’acqua sporca. In un certo senso questi fondamentali concetti politici – collegati tra loro, come aspetti diversi di uno stesso potere – “sono stati suicidati” anch’essi. Col piattino fatto a Guareschi tramite le false lettere di De Gasperi e i coordinati interventi selettivi, omissivi e censori dei bravi magistrati (cfr. M. Franzinelli, Bombardate Roma!). E con i gradini perennemente insaponati degli ambienti “perimafiosi”, che portarono Sciascia a prendere come esempio proprio uno dei pochi magistrati fuori posto, uno dei pochi che non stava al gioco ma si batteva davvero, e che anche per questa sua superiore diversità fu poi eliminato.

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8 novembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di O. Lupacchini “Pier Paolo Pasolini: di quale verità è morto veramente”

E’ come se ci fosse una formula. Quando alcune variabili, personali e ambientali, immesse nella formula, portino il calcolo della formula a superare un determinato valore, si viene eliminati. Un termine della formula rappresenta ciò che si fa. Pasolini da intellettuale, Occorsio da magistrato, stavano portando alla luce centri di potere criminale occulto. Un altro dei termini della formula è dato da ciò che si è. Credo che il fatto di rappresentare tipi antropologici proibiti, da epurare e da marchiare come modelli funesti, sia stato tra i moventi di molti omicidi eccellenti; un fattore strategico distinto dalla necessità contingente di eliminare una figura “pericolosa”; anche se associato a tale necessità. Pasolini era un intellettuale vero; “bayesiano”, come ho descritto altrove, cioè capace di inferire conoscenza su fatti non noti raccogliendo e selezionando fatti noti e comparando le due categorie di dati. Inoltre era un “parresiasta”, uno che diceva in maniera chiara e penetrante cose scomode e importanti. Occorsio come altri magistrati uccisi era uno dei “Capaci”: integerrimi, coraggiosi, abili. Credo che anche questo rappresentare tipi antropologici proibiti abbia avuto un peso nel decidere gli omicidi; che erano anche volti a plasmare i valori e la classe dirigente secondo un modello di società subalterna. Così che sulle varietà umane indesiderate, da estirpare, da estinguere, da scoraggiare, è stato imposto un sigillo di proibizione colpendo i maggiori esempi.

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11 ottobre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Sacchetti “La Rabbia di Guareschi e Pasolini. Un documentario eretico

Mi pare ambiguo ricordare gli “eretici”, in realtà quelli che non abiurarono, come affetti da “rabbia, sinonimo di frustrazione” per la colonizzazione culturale. Rappresentano piuttosto coloro che restano saldi nei propri riferimenti valoriali invece di convertirsi all’istante alla religione dei nuovi padroni. E’ costume vestirsi dei meriti dei dissidenti celebrandoli, in una ipallage: “documentario eretico”. Sarebbe utile, anche se meno piacevole, disegnarli per negativo, descrivendo l’infido pastone italiano sul quale si stagliano. Per Pasolini, la doppiezza dei “disinistra”, che con la loro asserita “diversità” già allora ammiccavano sottobanco ai poteri ai quali oggi sono pubblicamente prostituiti. E la doppiezza del clero, che ha sfruttato le inquietudini religiose dell’artista per le scenografie con le quali copre i suoi affari, mentre il suo braccio politico, Andreotti, disse che “se l’era cercata”. Per Guareschi l’opportunismo della magistratura, l’azione giudiziaria a diavoletto di Maxwell, che punì solo l’unico in buona fede della manovra straniera contro De Gasperi (Colonia Italia. Cereghino e Fasanella. Chiarelettere); sventando l’attacco, ma guardandosi dal praticare la prima giustizia, il ristabilire la verità intera. La magistratura invece scaricando tutto su chi era per altri versi un altro obiettivo dei mandanti collaborò con loro, nell’epurazione di quelli renitenti all’asservimento.

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30 giugno 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Nardacchione “Danilo Dolci e la disobbedienza civile nonviolenta, dagli anni ’50 ad oggi: “Fare presto (e bene) perché si muore”

Per rifarmi la bocca ho riletto uno scritto di Dolci, sul sistema clientelare-mafioso legale. Un passo può essere utile a coloro che appoggino l’immigrazione forzosa in buona fede, credendo alle figure autorevoli e ai tanti agitatori che la presentano come motivata da scopi etici:

‘Tanto i mafiosi come i politici del sistema si stimano necessari all’ordine pubblico, locale e/o internazionale. “L’omertà è una qualità indispensabile per un mafioso” come per un giudice, un militare, un “politico” che voglia “fare carriera”. Come i delinquenti comuni più capaci e decisi non hanno alcuna possibilità di conoscere i segreti dell’organizzazione mafiosa, similmente – se pur diversamente – gli attivisti politici di base ignorano i traffici illegali e le trame segrete dei loro condottieri; e cosi i funzionari dello Stato ignorano le decisioni segrete (talora determinanti in micidiali forme) dei massimi boss politici che si atteggiano, melliflui o tronfi, a espressione della volontà popolare.’ (In: Danilo Dolci, una rivoluzione nonviolenta, 2010).

Tanto più utile al giorno d’oggi, quando la criminalità del potere ha assunto forme “post-moderne”, ovvero appiccica – come in questo caso – icone etiche tradizionali sui propri disegni. Così che abbiamo la mafia post-moderna, che gestisce l’antimafia e chiede che nelle scuole sia insegnata la legalità (il caso Montante), e la tratta di esseri umani post-moderna che batte sullo spacciarsi per umanitarismo e nonviolenza.

@ Brodo. Non so chi sia la persona che, unica, a lei fa venire in mente quanto Dolci indica. A me fa venire in mente tutto il baule dei pupi, nessuno escluso, e i vari gruppi di fan che parteggiano per questo o quel paladino. Nelle stesse pagine sul sistema mafioso legale Dolci descrive la sua denuncia come mafioso di Mattarella padre; sarebbe interessante compararla con le posizioni istituzionali attuali, che dietro coperturte come la sagoma di Dolci non sono così lontane dalle posizioni dei notabili siciliani di allora, asservite ai poteri superiori e sprezzanti del popolo.

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7 luglio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Mediterranea, il capitano della nave Alex: “Un agente piangeva mentre controllava i documenti. Un altro ci ha ringraziato””

Accettare questo invito grottesco alla lacrimuccia non è solo ingenuità; è anche un segno della debolezza verso le figure di autorità che gli italiani scontano sulla loro pelle. Forse ci saranno poliziotti ipersensibili e dai rubinetti facili; ma in genere in questi casi vale quello che scrisse Celine della borghesia, “impassibile e piagnucolosa”, a seconda della convenienza personale, e quindi anche a seconda di ciò che il copione del potere prescrive. La consolidata ruffianeria delle forze di polizia e della magistratura verso i poteri forti è tra i principali fattori nascosti per i quali l’Italia non è un Paese per onesti. Ruffianeria verso i poteri forti che include la collaborazione ai soprusi abusando del potere istituzionale, e, come in questo caso, partecipazione alle narrative volte a fare passare per uno stato di cose normale o lodevole lo sfruttamento. “Salvarne” uno e sommergere cento persone comuni, italiani e stranieri, nell’impassibilità complice delle quinte colonne.

@ Stendhal. Credo che il tipo umano che oggi serve il potere dando del nazista a chi si oppone all’immigrazione forzosa sia lo stesso, sia il discendente morale di quello che allora serviva il potere nella caccia agli ebrei; che collabora con il più forte, privo di vergogna. Il tipo umano del delatore. “Se tutte le città d’Italia avessero fatto come Sarzana il fascismo non sarebbe passato”: Sandro Pertini. A proposito di forze di polizia, a Sarzana i carabinieri bloccarono i fascisti; oggi gli stipendiati di polizia calano le brache recitando queste farse patetiche. Se Vittorio Emanule III, detto Sciaboletta, avesse firmato il decreto d’assedio non saremmo caduti nel baratro del fascismo. Se avessimo la spina dorsale per esercitare il modesto sforzo occorrente a fermare l’immigrazione forzosa, come fanno altre nazioni, eviteremmo danni futuri. Se non lasciassimo campo libero ai ruffiani, agli intriganti con la tonaca, ai gauleiter, agli sciaboletta ai quali va bene che si affoghino neri per esercitare il ricatto morale per il quale gli unici da soccorrere, gli unici infelici sulla faccia della terra sarebbero i giovanotti con le treccine che hanno pagato il biglietto per il passaggio sui barconi, potremmo vivere meglio noi e fare qualcosa di buono per chi ha davvero bisogno nei paesi svantaggiati.

@ Stendhal. Non è plausibile che masse di persone paghino un lungo viaggio per andare a farsi internare volontariamente in lager allucinanti dai quali poi, se sopravvissuti, tentare di fuggire. Ricorda quel che racconta Woody Allen, di quando faceva telefonate oscene a una donna; e di come le facesse “collect” a carico del destinatario, e la donna le accettasse sempre. Non cito Woody Allen perché sono favorevole alla causa degli ebrei di New York. E Woody Allen non mi piace molto. Però la battuta è buona. Se cito una descrizione della borghesia di Celine, questo le darebbe il diritto di attriburmi sentimenti nazisti e da sterminatore di ebrei? Humani a mi nihil alienum puto. Cerco di riconoscere e prendere il buono tra un mare di paccottiglia e di veleni; anche se la fonte ha idee politiche o finalità lontane dalle mie. Quelli che parlano come lei, applicando le suddivisioni puerili tra martiri, demoni e santi tracciate dalla propaganda, cercano di racimolare una pagnotta, raccogliendo e lanciando qualsiasi spazzatura. Invece di organizzare ronde per il controllo del linguaggio e dei sentimenti altrui vedete di mettere mano a ciò che è racchiuso nei vostri sepolcri imbiancati.

@ Stendhal. La pietà e la solidarietà false imposte dagli strozzini tramite mezzani sviliscono i loro corrispettivi autentici. Per non parlare di quelli che di mestiere dicono di essere portavoce della divinità, e indossati paramenti di genere insultano coloro che resistono ai loro raggiri come fanno indovini e fattucchiere. La prostituzione di valori etici e religiosi a interessi di potere non è pietà o solidarietà. È santimonia, che già prima di Cristo era riconosciuta come rivoltante: “Fra tutte le specie di ingiustizia la più detestabile e odiosa è quella di coloro che, quanto più ingannano, più cercano di apparire galantuomini”. Cicerone.

@ Stendhal. Segua lei il mio consiglio, ceda l’armamentario a qualche emulo di Otelma e bussi al portone del luogo che meglio può accoglierla: la più vicina casa circondariale.

@ Stendhal. Spiace sempre per una persona al gabbio. Comunque la pena deve comprendere anche la riabilitazione; alla quale lei può avvicinarsi considerando questa notizia edificante del 7 luglio 2019, dei poliziotti che scoppiano in lacrime davanti alla flotta delle Ong; e la notizia di ieri, 8 luglio, l’assoluzione definitiva dei CC per l’omicidio di Giuseppe Uva. Rifletta e mediti su di esse, come farebbe per parabole evangeliche, le compari, con la sua intensa spiritualità. Si ponga come astri che guidano il cammino fulgidi esempi come questi del Vero e del Buono – ce ne sono tanti – li assimili, aiutato dalla Fede, e vedrà che si troverà pronto a rioccupare senza dover temere nulla il suo posto nella società dei liberi.

@ Stendhal. La compartimentazione, indispensabile alla vita e ubiquitaria nelle strutture biologiche, è un valore; contrariamente a quanto sostiene chi dice “ponti non muri”, come Bergoglio; o come il presidente dell’associazione USA delle case farmaceutiche, che ha spacciato per un creare “ponti” (Holmer AF. Direct-to-Consumer Prescription Drug Advertising Builds Bridges Between Patients and Physicians. JAMA 1989. 281. 380) l’induzione della domanda di farmaci tramite pubblicità (Hollun MF. Direct-to-Consumer Marketing of Prescription Drugs. Creating Consumer Demand. JAMA, ivi) sostanzialmente fraudolenta. Quindi plaudo alla sua asserita voglia di frapporre una barriera tra quelli come me e quelli come voi. Come commentò Guareschi dopo essere stato fatto cadere in un intrigo vero tramite un intrigo falso, “Se la canaglia impera il posto degli onesti è la galera”. Certo, i ser Ciappelletto e i frate Cipolla possono giocare sulla confusione tra chi è la canaglia e chi l’onesto; Pinocchio, incarcerato perché vittima, sarebbe rimasto in carcere nonostante l’amnistia se non si fosse dichiarato malandrino. Ma la segregazione di due classi antitetiche è già una forma di ordine. Però non sciupi tutto con i suoi rosari; l’importante è che rimaniamo dai lati opposti delle sbarre.

@ Stendhal. La lascio alle “pure gioie ascose” del suo cenobio.

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8 luglio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Caso Uva, Cassazione conferma assoluzione di poliziotti e carabinieri. Famigliari: “Ricorso a Corte europea””

Sentenze come questa e come quelle a favore di Ciontoli incoraggiano appartenenti ai corpi armati dello Stato a chiudere la bocca tramite l’eliminazione fisica a coloro verso i quali sono stati commessi gravi abusi. Con ricostruzioni false e irragionevoli che ripetono e certificano versioni difensive false e irragionevoli la magistratura non solo lava il fango con altro fango; ma incoraggia i suoi protetti a lavarsi dal sangue con altro sangue.

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24 giugno 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Ercolani “Montanelli: imperfetta è la statua, l’imbrattatore e un’umanità bisognosa di piedistalli”

La vernice è quella del potere, che Montanelli serviva; col ’68 si fece spazio all’individualismo e all’edonismo; ora si usano i bacchettoni a comando per imporre la dittatura del politically correct. Una vernice che aggiunge un altro strato alle ambiguità di una figura complessa. Testimone del secolo, la sua scrittura era essenziale e precisa come la lama del più temibile spadaccino. Sostenitore di poteri che manovravano chi gli sparò. Virtuoso dell’arte del conformismo controcorrente (“Troppo facile, Indro/ scriver Controcorrente / traendo dal cilindro /quel che pensa la gente.” G. Calcagno ). Nei suoi scritti ha sputato sulla tomba di Moro e messo in manicomio chi sosteneva che Mattei fosse stato ucciso; ha invitato a votare DC come se vivere nel tanfo sia inevitabile. Ma intuì la degenerazione della Seconda Repubblica e ci avvisò. Già fascista. Ma meno fascista dentro di tanti altri. Esibì la bruttura del mondo raccontando del sesso tra lui soldato invasore e una bambina. Sarebbe stato meglio ricordarlo senza statua. Del resto Sordi, al quale qui è paragonato, grande attore, ha sì spiegato l’italiano mediocre; ma lo ha anche scusato, abbellito e fatto accettare. Guareschi lo definì “la diffamazione vivente dell’italiano”. Di tipi “sordiani” ne abbiamo troppi; abbiamo capito; Sordi è l’ultimo da mettere su un piedistallo per additarlo ai bambini. Due uomini da rispettare e apprezzare per ciò che hanno dato; senza venerarli, dato quanto hanno tolto.

@ tiepolo veneziano111. 1500 caratteri. Mi colpì anche il modo col quale faceva a pezzi Giordano Bruno. Ho conservato un ritaglio: “E si creò un campione del libero pensiero”. Corsera, 26 nov 1996. Una omelia da domenicano contro il peccato più grave: non chinare il capo all’autorità; non essere come i personaggi di Sordi. Bisognerebbe però allora citare anche la sua meritoria, anche se a detta degli esperti con non pochi errori, divulgazione della storia d’Italia. Poi c’è “Addio Wanda”, brillante nella forma, squallidotto nell’apologia della prostituzione; con “ragazze che muoiono sulle spiagge, vergini sì ma da una parte sola”. L’ho omesso anche perché gli aizzerebbe contro le erinni femministe, che lo punirebbero oltre le sue colpe. Il pamphlet mostra una volontà di “epater” che forse può spiegare il suo racconto della dodicenne africana. Montanelli era essenzialmente un giornalista, un ibrido ben riuscito tra un intellettuale e un guitto, che affascinava anche i lettori come me che ne riconoscevano bugie e manipolazioni. Forse l’errore è pretendere che un giornalista sia anche un eroe e un parresiasta – questo bisogna essere per scrivere certe verità in Italia – come pure ce ne sono stati.

@ tiepolo veneziano111. Eh sì. Da bambino negli anni ’60, guardando i buoi accosciati nelle stalle del senese, mi colpiva il contrasto tra la bellezza maestosa del bianco immacolato dell’ampio manto e le larghe macchie di letame che lo insozzavano. E’ spesso così anche per gli uomini di valore. Poi ci sono bovi nei quali la quota del letame è il 100% o subtotale …

@ tiepolo veneziano111. E’ proprio vero. Io lo dico sempre che il problema è che c’è una insufficiente distanza morale, una troppo simile visione del mondo e del modo di starci, tra chi spala il letame e un procuratore generale. Forse in Italia lo abbiamo scordato, cosa sia una classe dirigente degna. E le canonizzazioni di Montanelli e Sordi contribuiscono a tenerci nell’oblio.

Per restare nel campo dei grandi ruminanti domestici, questo caso appartiene alle situazioni che chiamo “a corna di vacca maremmana”; nelle quali si fronteggiano solo i due corni estremi, e la vera vittima sono le virtù medie. Così che gli sproloqui dei politically correct e dei neocon occupano la scena, e la misura e la decenza ne stanno ai margini, e sembrano loro posizioni strambe e oltranziste. Ambo i corni naturalmente sono attaccati a testoni e a corpaccioni che tirano il carro dello stesso vincitore.

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12 agosto 2023

Peggio di Marcinelle: morti iatrogene per l’operazione covid in cambio di finanziamenti UE

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vedi anche:

Il livello Scarantino, palazzo Zanardelli e la strage covid in Lombardia orientale

Peggio di Marcinelle: morti iatrogene per l’operazione covid in cambio di finanziamenti UE

I conti di Ambrosoli e quelli di Carancini. In: L’uso del fisco nell’eversione di Stato settembre 2020.

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20 agosto 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Nordio: “Sindaci Pd sono venuti in processione da me per abolizione abuso d’ufficio”. Poi attacca intercettazioni e paragona Meloni a De Gasperi”

De Gasperi fu il firmatario dell’ignobile Protocollo italo-belga “Uomo-carbone”. Di lui, che l’aveva fatto condannare per diffamazione (v. “Se la canaglia impera, la patria degli onesti è la galera”), Guareschi nella sua autobiografia scrisse:

“Non voglio rivangare vecchie storie che sono diventate polvere di tribunale e di galera: Dio sa come effettivamente sono andate le cose e questo mi tranquillizza in pieno.

Né voglio rivedere posizioni che non possono essere mutate in quanto assunte per solo suggerimento della coscienza.

Voglio soltanto rendere omaggio alla verità e riconoscere che, al confronto dei campioni politici d’oggi, De Gasperi era un gigante.”

Dato ciò che i politici dei nostri giorni, bipartisan, commettono e occultano* – con la magistratura che fornisce i coperchi alle loro pentole – il paragone con De Gasperi va fatto col metro di Guareschi, agnello tra i lupi, piuttosto che con quello cortigiano dei Nordio.

* Peggio di Marcinelle: morti iatrogene per l’operazione covid in cambio di finanziamenti UE.

 

Vendola e Pasolini

28 March 2011

Blog Malvino

Commento al post “A Giulià, ma che stai a di’?” del 28 mar 2011

G. Ferrara falsa e distorce tre volte: dicendo che Pasolini non aveva il senso dell’ironia, che i suoi scritti sono ironici, e accostando Vendola a Pasolini.

“La “sinistra” è specializzata in figure bifronte, che con la faccia rivolta a chi sta in basso impersonano, “narrano”, come dice Vendola, una politica pulita; mentre con l’altra si accordano con quelli che stanno in alto, facendosi fiduciari dei loro interessi. Es. due papabili di alta qualità per la presidenza del consiglio: l’astro nascente Vendola, il “poeta comunista” che fa pensare a Pasolini, ma è tutt’altra cosa, di recente benedetto in un tour USA dai signori del liberismo, e osannato in Italia dalla massa dei disgustati da Berlusconi; e Rosy Bindi, la pseudoAnselmi…”

(Da “C’è la parola: compradora” https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/21/c’e-la-parola-compradora/ ).

Pasolini era permeato e trafitto dal tragico che con la sua sensibilità lucida percepiva nel mondo; la sua parola era superiore al livello dell’ironia, il blando anestetico al quale ricorriamo quando parliamo di cose che non fanno ridere. Vendola è artefice di quello stesso mondo denunciato da Pasolini:

Ndrangheta e privatizzazione della sanità https://menici60d15.wordpress.com/2011/03/25/ndrangheta-e-privatizzazione-della-sanita/

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16 dicembre 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Vecchi “Aldo Busi sostiene Monti: “Ci massacra e ce lo invidiano tutti, viva il professore” del 16 dicembre 2012

Busi si è scambiato le parti con Pasolini. Pasolini fu lucido e vigoroso, virile si potrebbe dire, nella sua analisi politica e sociale, che tuttora spicca in un paese dove si fa a gara ad arruffianarsi col potere. Come artista lo trovo mediocre; enfatico, melenso, narcisista. Busi viceversa è un artista efficace; che però, lungi dal correre i rischi ai quali si espose Pasolini con le sue denunce, sul piano politico esorta gli italiani alla sodomia passiva.

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13 settembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di O. Lupacchini “Pasolini, 50 anni fa veniva sequestrato per oscenità Teorema. Il film che sconvolse Venezia”

Pasolini mi sembra di gran lunga migliore come saggista e commentatore che come artista. Le sue opere cinematografiche e letterarie per me sono in genere non riuscite. Didascaliche e bislacche, estetizzanti e artificiose, ammiccanti e compiaciute, condizionate in maniera ossessiva dal sesso. La sua arte, trasfusa nell’analisi sociale, ha invece dato i frutti preziosi della descrizione della mutazione antropologica. Può darsi sia un mio limite, perché perfino Leopardi mi suona lamentoso in diverse sue poesie quanto coraggioso e spietato descrittore della condizione umana nello Zibaldone.

Dopo che fu massacrato ad Ostia, quel furbone di Moravia disse che era stato ucciso un raro poeta. Non fu ucciso per le poesie; ma per gli ottimi saggi; la sua inchiesta su chi soppiantò Mattei può avere fatto traboccare il vaso. Del resto il civilissimo Leopardi è stato considerato un potenziale Unabomber; da T. Harrison, un italianista USA* apprezzato dai nostri CC**. Forse invece gli Unabomber, anche quelli nostrani, o meglio quelli in casa nostra, potrebbero essere un pretesto per giustificare demonizzazione, controllo e repressione su autori la cui sensibilità unita alla ricerca intellettuale produce analisi che mettono a nudo in termini esatti lo strampalato, l’osceno e lo squallido dietro alle magnifiche sorti e progressive del modello liberista.

*Unabomber mi pare Leopardi. L’Espresso, 22 ott 1998.

**Harrison T. “Vi racconto Lord Jim”, Il Carabiniere, dic 1997.

@ jambalaya. Forse si vuole che si confonda Cinna il poeta con Cinna il congiurato. I discorsi del manifesto di Kaczynski, il dinamitardo assassino, ritagliata e gettata via la parte omicida sono accostabili a numerose pregevoli critiche alla modernità liberista e al suo mito di progresso. Questa strana accoppiata di saggezza e follia è stata amplificata da Harrison prendendo di mira il povero Leopardi. Se può essere etichettato come un ideologo del terrorismo anche un gigante morale come lui, reso sia gobbo sia isolato sia dalla tubercolosi sia dagli studi, a maggior ragione può essere marchiato – anche nei compiacenti uffici che sarebbero deputati ad acchiappare “Unabomber” – come soggetto da “attenzionare”, “depotenziare” etc. chi deve essere fermato perché svergognando l’egemonia culturale liberista attenta alle grandi frodi e speculazioni che su tale egemonia si reggono. Si può incasellare tra i bombaroli chi riconosca, anche in campi specifici, un “regno di arbitrarietà e follia” (Pasolini) dietro alle luccicanti narrazioni del liberismo, e cerchi di “ristabilire la logica”. Non sarebbe certo la prima volta che inafferrabili terroristi in fondo lavorano per capitano Uncino; anzi, non si dovrebbe omettere di considerare, dati anche altri indizi, la possibilità che il terrorismo senza firma degli Unabomber in quella che era l’area di frontiera NATO non faccia eccezione, e rientri anch’esso tra i vari schemi eversivi che accompagnano la storia d’Italia dal dopoguerra.

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11 ottobre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Sacchetti “La Rabbia di Guareschi e Pasolini. Un documentario eretico”

Mi pare ambiguo ricordare gli “eretici”, in realtà quelli che non abiurarono, come affetti da “rabbia, sinonimo di frustrazione” per la colonizzazione culturale. Rappresentano piuttosto coloro che restano saldi nei propri riferimenti valoriali invece di convertirsi all’istante alla religione dei nuovi padroni. E’ costume vestirsi dei meriti dei dissidenti celebrandoli, in una ipallage: “documentario eretico”. Sarebbe utile, anche se meno piacevole, disegnarli per negativo, descrivendo l’infido pastone italiano sul quale si stagliano. Per Pasolini, la doppiezza dei “disinistra”, che con la loro asserita “diversità” già allora ammiccavano sottobanco ai poteri ai quali oggi sono pubblicamente prostituiti. E la doppiezza del clero, che ha sfruttato le inquietudini religiose dell’artista per le scenografie con le quali copre i suoi affari, mentre il suo braccio politico, Andreotti, disse che “se l’era cercata”. Per Guareschi l’opportunismo della magistratura, l’azione giudiziaria a diavoletto di Maxwell, che punì solo l’unico in buona fede della manovra straniera contro De Gasperi (Colonia Italia. Cereghino e Fasanella. Chiarelettere); sventando l’attacco, ma guardandosi dal praticare la prima giustizia, il ristabilire la verità intera. La magistratura invece scaricando tutto su chi era per altri versi un altro obiettivo dei mandanti collaborò con loro, nell’epurazione di quelli renitenti all’asservimento.

Massoni e legalità

11 March 2011

Blog di Alessio Liberati su “Il Fatto”

Commento al post “I massoni e la legalità” del 15 feb 2011

Il magistrato Alessio Liberati, articolista de Il Fatto, ha scoperto sul sito web del “Grande oriente democratico” massoni che ringraziano la magistratura e vogliono essere paladini del bene. Ciò gli è stato confermato dal capo di quella massoneria.

Il dr Liberati si è così convinto che c’è anche una massoneria “buona”; non mi intendo delle varie confessioni massoniche, ma la sua visione del mondo sembrerebbe un po’ alla “Heidi”. E’ vero che lo stesso Cordova, che ha denunciato -inutilmente- i tanti magistrati massoni, ha scritto che bisogna ben distinguere tra massoneria deviata e massoneria in sé. Può  cominciare il gioco delle cocuzze: quante “mele marce” nella massoneria ? Il 99%. E perché il 99%? E quante sennò? Il 2%. E perché … etc.

Il dr Liberati augura l’inizio di “una collaborazione sincera e duratura tra massoneria e magistratura”. La collaborazione c’è già, ed è di lunga data. Della tradizionale appartenenza della vecchia guardia della magistratura alla massoneria parla l’inglese Dickie in un libro intitolato “Cosa nostra. Storia della mafia siciliana”.

Per vicende personali, posso testimoniare della collaborazione ai nostri giorni. Si possono ricevere da “esoteristi” velate minacce massoniche di rovina, appoggiate dall’affermazione contestuale che le liste dei massoni vengono depositate presso le Procure della Repubblica; (e che tra gli iscritti ci sono le cariche più alte dello Stato). Vedo che la magistratura, nel procacciarsi i favori della massoneria collaborando ai suoi intrighi, ottiene livelli di criminalità e abiezione irraggiungibili dai delinquenti comuni. Quando ci sono in ballo interessi curati dai “fratelli”, con certi magistrati può essere come finire nelle mani di sequestratori. E il sequestrato non torna a casa se li vede senza cappuccio: cioè col cappuccio massonico.

https://menici60d15.wordpress.com/2010/01/25/semiotica-del-potere-via-craxi-palazzo-di-giustizia-zanardelli-e-le-“sedi-disagiate”/

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Blog di Alessio Liberati su “Il Fatto”

Commento al post “Massoneria e Opus Dei al Consiglio di Stato? del 6 gen 2011

Provenzano e Cavataio

Che si siano legami tra massoneria e Vaticano non dovrebbe stupire il dr. Liberati; è un dato noto che dovrebbe fare parte del bagaglio di conoscenze e consapevolezza di qualunque magistrato, in un’Italia dove abbiamo avuto la P2 e Andreotti, lo IOR, Calvi e Marcinkus; dove un papa, Montini, addentro al mondo dei servizi, la cui elezione è stato scritto fu decisa nella villa del piduista Ortolani, fece “pochino” per salvare Moro. Dove abbiamo visto il cardinale Pio Laghi amico e consigliere dei piduisti argentini che scaricavano i desaparecidos dagli aerei nel Rio della Plata. I magistrati che non sapessero questo potrebbero informarsi presso Elia Valori, figura molto seguita dai nostri tutori della giustizia.

Sembra che sopra le nostre teste sia in corso un ricambio e un riequilibrio interno al sistema. Il candore di Liberati, e la fonte massonica della notizia sugli intrecci tra massoneria e Opus dei nel Consiglio di Stato, scoop per me sconcertante quanto la rivelazione che Ruby e la Minetti non sono pure e illibate, fa pensare che la lotta tra fazioni massoniche possa essere usata per fare passare l’idea di una massoneria buona che si oppone ad una cattiva; con quest’ultima unica responsabile dei crimini che queste reti di potere, qualunque sia la loro composizione, commettono per mantenere l’Italia sotto un tallone di ferro. Operazione che in verità richiede poco sforzo: con questa propaganda gli innumerevoli ruffiani sanno che ci sono nuovi dòmini dei quali divenire clientes. Per gli altri questi giochi sono paragonabili a quelli tra Provenzano e Cavataio a fine anni Settanta, o tra i “viddani” e la vecchia mafia intorno al 1980.

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20 settembre 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Liberati “Giudici amministrativi: ancora scandali legati alla massoneria” del 19 settembre 2013

Che ci sia del marcio in Danimarca è risaputo. Forse non si sa, o si sottovaluta, quanto gravi, quanto eversive possano essere le conseguenze degli atti giudiziari pilotati mediante legami massonici. I rapporti tra giudici amministrativi e massoneria sono disgustosi.

Ma non è molto limpido che un giudice dello Stato si associ ad un gruppo massonico emergente nel denunciare le “troppe” deviazioni “dall’ethos massonico” di altri magistrati legati a obbedienze massoniche tradizionali.

Né che, mentre parla delle affiliazioni massoniche dei magistrati, cioè della subordinazione dei magistrati ai poteri e agli interessi – a volte criminali – dei quali la massoneria è tramite, “condivida le preoccupazioni” di un “ven.” (“venerabile”) sul rischio di limitazione della “libertà di associazione”.

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Il carattere vassallo degli italiani e i magistrati massoni

@ giuliog02. E’ vero che la massoneria non è per uomini liberi. Non siamo sotto gli austriaci o sotto Mussolini, e la massoneria rispetto ai poteri egemoni non è esattamente una carboneria. Il massone comune ha l’animo del vassallo: vuole servire ciecamente il potere superiore e rivalersi su quelli che considera i sottoposti.

Un orientamento che purtroppo costituisce “l’autobiografia degli italiani” più ancora della mentalità fascista, che ne è un caso particolare. L’italiano vuole essere signore, nel senso di feudatario, sia pure come l’ultimo valvassino. La concezione gerarchica della società rende affini l’usciere e il ministro, il magazziniere e il presidente di tribunale, passando per i gradi intermedi.

I massoni in giro, lungi dall’essere portatori di un’alterità morale, possiedono lo spirito del vassallo in forma accentuata, qualche volta in grado “eroico”. Un magistrato che si aggrega alla massoneria, o a qualsiasi altra parrocchia o consorteria simil-massonica, non solo è un magistrato al guinzaglio; è anche un magistrato mordace, con chi sa di potere mordere. E’ una persona fatta di un materiale umano poco pregiato, le cui caratteristiche sono l’opposto di quelle che servirebbero per l’importante funzione di giudice.

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19 febbraio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Barbacetto “Massoneria al voto, con lo spettro della ‘ndrangheta”

Da “Mafia come ordinamento giuridico”. In: S. Lupo. Storia della mafia. Donzelli, 1996:

La relazione tra mafia e massoneria va al di là dell’occasionale presenza di qualche boss tra i liberi muratori.
Tra mafia e massoneria c’è un legame storico, oltre che funzionale.
Dal concetto massonico di “umanità” deriva quello camorristico di “umiltà”, vale a dire subordinazione ai voleri dell’organizzazione; da qui, attraverso la conversione della “l” in “r” tipica del dialetto siciliano, verrebbe la parola “omertà”.

V. anche: Poteri segreti e criminalità. L’intreccio inconfessabile tra ndrangheta, massoneria e apparati dello Stato. M. Guarino. Donzelli, 2004, dove si usa il termine “massomafia”.

“Il piduismo ha permeato di sé buona parte della massoneria italiana, come se tante piccole P2 fossero germinate ovunque, nelle principali città”. A. Cordova. Da “Occhio alla P3”. In: F. Forgione, M Mondani. Oltre la cupola. Massoneria mafia politica. Rizzoli, 1994. Libro sui legami massoneria-ndrangheta.

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29 luglio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Pellizzetti “Riforma del Senato: Camera dei Lord, Rotary o massoneria?”

Le istituzioni di copertura

Pellizzetti si avventura, con la verve che gli è propria, nel concetto di “istituzioni di copertura”: che si presentano come istituzioni democratiche, ma sono in realtà il braccio istituzionale di interessi particolari. La massoneria, certo. Ma questa a sua volta è un corpo intermedio, composto per lo più da persone il cui rapporto tra ambizioni e meriti ricalca la distribuzione dei pesi in un misirizzi. A dettare gli ordini non sono conciliaboli di incappucciati, ma i grandi interessi senza volto dell’economia globale; che i misirizzi incappucciati fiorentini, lombardi, calabresi, etc. servono, per tornaconto.

Altre istituzioni, oltre a quelle del governo e del parlamento, si stanno avviando a divenire mera copertura quando sono in gioco grandi interessi. Es. in medicina forze di polizia e magistratura stanno operando, in maniera non meno spregiudicata e abusiva di quella dei politici, al servizio della trasformazione richiesta da grandi interessi liberisti. (Es. l’operazione Stamina: v. “Stamina come esca per le frodi della medicina ufficiale”).

Se, come gli verrebbe spontaneo, il cittadino ossequioso dello Stato di diritto riconosce come legittime le istituzioni di copertura, si sottomette in realtà ai poteri retrostanti. Se le disconosce, non accettando questo sovvertimento dell’ordine democratico, può essere incasellato lui come eversore; come un ribelle, un anarchico. E può quindi essere perseguito con mezzi legali; intrecciati ai sistemi massonici.

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17 ottobre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post “Vaccini, “ministero valuta sanzioni per medici che li sconsigliano”. Poi la retromarcia: “Percorsi di concertazione”. Parzialmente censurato da Il Fatto

C’è un grande divario tra l’analisi scientifica delle vaccinazioni, es. la reale natura della teoria della memoria immunologica sulla quale si basano [1]; o i dati su una menomata capacità delle madri vaccinate di trasmettere anticorpi protettivi ai figli, che sono così resi più vulnerabili [2]; o su come la vaccinazione antinfluenzale possa ridurre la risposta immunitaria a susseguenti esposizioni [3,4]; e le grevi intimidazioni del ministro dell’industria medica Beatrice Lorenzin, che agita il manganello e subito lo nasconde dietro la schiena.

1 Zinkermagel RM et al. Protective ‘immunity’ by pre-existent neutralizing antibody titers and preactivated T cells but not by so-called ‘immunological memory’. Immnol Rev 2006. 211: 310.
2 Papania M et al. Increased susceptibility to measles in infants in the United States. Pediatrics 1999. 104: e59.
3 Skowronski, D. M., et al. 2010. Association between the 2008-09 seasonal influenza vaccine and pandemic H1N1 illness during spring-summer 2009: four observational studies from Canada. PLoS Med. 7:e1000258.
4 Choi et al. Reduced Antibody Responses to the Pandemic (H1N1) 2009 Vaccine after Recent Seasonal Influenza Vaccination. Clinical and Vaccine Immunology, 2011. 18: 1519.

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@ Gianluigi Loi. La sua risposta conferma le intenzioni illecite del governo, sostenendo che si possa sanzionare pesantemente un giudizio medico in scienza e coscienza, e ponendo come condizione per la non sanzionabilità la qualità scientifica (giudicata da chi ?) dell’evidenza a supporto delle critiche. (Aggiungo alla mia collezione di contraddizioni della medicina questa, per la quale la ricerca “buona” si valuta dalla copertina, cioè dagli indici bibliometrici; mentre quella scomoda si valuta nel merito, e per vedere se la sua presentazione a sostegno di una tesi non debba essere motivo di sanzione). La teoria che il medico debba basarsi esclusivamente sulla “evidenza” cioè sulle pubblicazioni, è riconosciuta come fallace e interessata. Ci sono ampie evidenze che l’evidenza è pilotata, esaltandoi risultati desiderati e sopprimendo quelli imbarazzanti, dall’industria. Editoriali sulle maggiori riviste discutono dei problemi di publication bias e non riproducibilità di tanta ricerca, e si pongono il quesito di come arginare questa degenerazione della scienza. Infine, posso testimoniare che proprio chi porta evidenze scientifiche può essere oggetto di rappresaglie inqualificabili, con atti e argomenti da fare arrossire qualunque funzionario onesto, tramite l’Ordine dei medici, i Carabinieri, e con la connivenza di quelli che dicono di essere colleghi di Falcone e Borsellino. Il principio seguito di fatto da chi occupa le istituzioni è il “superior stabat lupus”.

@ Gianluigi Loi. Furia francese e ritirata spagnola. Non vi si può accusare di essere degli integralisti fanatici; solo degli implacabili opportunisti.

@ Gianluigi Loi. Io non ho difficoltà a parlare anche con chi non ha buoni argomenti, e non capisce molto. Parlo perfino con quelli che oltre a ciò intervengono su temi riguardati soprusi e reati inzuppandoci il pane per raccattare un po’ di minestra.

@ Gianluigi Loi. Lei invece ha la logica e le doti morali adatte al governo a favore del quale semina sciocchezze e insulti. Un buon esemplare di Renzi-boy, o Lorenzin-boy.

@ Uva63. Può indicarmi le prove che il vaccino sia stato causa sufficiente, così lei lo rappresenta, della scomparsa del vaiolo? E gli argomenti per i quali un simile successo renderebbe lecito proibire la comunicazione al pubblico della valutazione critica degli altri vaccini, e il commettere atti persecutori illegali, a fini di censura, sul tema della salute, da parte del governo?

@ Uva63. Va bene, ma se le avanza tempo dal lavoro a maglia, le segnalo il pensiero di uno dei maggiori guru della spiritualità vegana, che ha scritto nella rivista “Guarire con gli aromi” che “la continua riduzione in incidenza e mortalità non sono stati direttamente collegati, nel tempo, all’immunizzazione”. Ah no, è stato un direttore generale dell’OMS (H Mahler. A demystification of medical technology. Lancet 1 november 1975). Come non detto, mi scuso, non volevo distoglierla, continui con i ferri.

@ Uva63. Dico “ferro” e le scatta l’antitetanica. Il tetano si sviluppa da quelle ferite infettate col batterio che permettono condizioni anaerobie. Che qualsiasi ferita da ferro arrugginito possa causare il tetano appartiene al folclore diffuso per vendere di più. Torni al suo lavoro sul sofà. Non c’è bisogno che mi informi che la sedentarietà aumenta il rischio cardiovascolare e che lei fa esercizio fisico e tiene sotto controllo il colesterolo con le statine.

@ Uva63. Le segnalo che si vogliono immettere sul mercato farmaci “nootropi” che potenzierebbero le facoltà intellettive anche nei sani. Non funzioneranno, ma approfitti. Male che vada, contatti i produttori, sono sicuramente in cerca di piazzisti.

@ Mattia Tedesco. Non basta agli epidemiologi, perché la causa della riduzione, avvenuta in concomitanza di un generale miglioramento delle condizioni di vita, e una generale riduzione della malattie infettive, può essere un’altra. O più cause possono avere concorso. Sul piano biologico, le malattie infettive non dipendono solo dall’agente infettivo, ma anche dall’ambiente e dallo stato dell’ospite. Sul piano logico, non è che all’introduzione di A segue B allora A è necessariamente causa di B. Non c’è bisogno di grandi competenze e capacità per capire come si possa giocare sulla successione temporale: “Mi fecero abile / e la guerra finì” (Buscaglione F, L’uomo dal whisky facile. Cetra, 1957).

@ Mattia Tedesco. Quanto ti ho detto non è oggetto di discussione in ambito scientifico. E’ la tua che è la versione “pulp” della scienza, errata per quanto diffusa. Se si volesse davvero fare chiarezza, dimostrare onestà di intenti, e dare ai cittadini il modo di giudicare, il ministero addetto, le associazioni di pediatri, e altri gruppi che vogliono imporre i vaccini minacciando sanzioni, o annunciando lutti e epidemie causate dalla disobbedienza ai loro voleri, dovrebbero pubblicare le loro tesi in forma scritta, non senza corredare ognuna delle singole affermazioni con le quali compongono i loro modelli, i loro allarmi e i loro ordini, dei dati e degli studi sulle quali le basano; anziché sguinzagliare chi come te diffonde idee sgangherate e crea una disinformazione che non è neutra rispetto al diritto alla tutela della salute.

@ Mattia Tedesco. Non basta “essere puliti” per evitare le malattie, e l’igiene pubblica non si riduce certo all’uso del sapone; anche se aiuta. In un blog di medici inglese mesi fa si è discusso dell’ossessione per l’igiene personale. Si esagera anche in questo. In USA amministratori delegati di ospedali vorrebbero sanzionare i medici che a loro dire non si lavano abbastanza spesso le mani. Appare che siano in corso varie campagne intimidatorie, come questa della Lorenzin che prende a pretesto i vaccini, per fare dei medici esecutori sempre più docili (ma ricompensati) dei voleri del business.

Tornando a te, ci sono varie misure preventive. In uno Stato sano, una delle misure sarebbe l’identificazione e il controllo delle motivazioni e di eventuali mandanti degli agitatori come te, che non si capisce se “ci sono o ci fanno” nel lavorare assiduamente per la disinformazione e la iatrogenesi.

@ Mattia Tedesco. Il mago Otelma è un dilettante rispetto all’associazione che servi come galoppino.

Eliminato da Il Fatto. @ Mattia Tedesco. Davvero lo fai gratis? De gustibus. Tra i “ciarlatani” che ho citato c’è un premio Nobel per l’immunologia. Devo convenire che tu, smanioso fan della Lorenzin, non hai niente a che fare con lui, nè con gli altri ricercatori che cito.

@ Mattia Tedesco. Citate così spesso Otelma perché avete necessità di vincere facile: Otelma, grottesco personaggio televisivo, si presta a fare sembrare seri e onesti per contrasto quelli che lo trattano con derisione e disprezzo. A proposito di ruoli, è degno di nota che sia la Lorenzin in questa operazione di intimidazione; sia i tuoi “medici di fama internazionale a favore dei vaccini” – e anche i massoni – godano nel blog del sostegno di un commentatore del tuo genere; che ricorda quella persona che nelle bande delle truffe di strada ha il compito di screditare e fare allontanare chi metta sull’avviso i polli, berciando calunnie e insulti. In USA nel gergo dei truffatori di strada viene detto il “Freddy”.

@ Mattia Tedesco. “Da bravo paranoico” vedo che voi di area massonica avete la diagnosi psichiatrica facile. Come Ferracuti, piduista, su Aldo Moro.

@ Mattia Tedesco. E infatti non ti ho detto che sei massone. Spero tu non mi voglia rispondere “di area massonica lo dici a tua sorella”. Cossiga, che si affidava ai piduisti come Ferracuti, ha sempre negato di esserlo; anche ai magistrati che inspiegabilmente, forse anche loro “bravi paranoici”, ritenevano appropriato chiederglielo. Conosco un tale che come te dice di non essere massone ma loda la massoneria, è appassionato di esoterismo, e per un periodo non perdeva occasione di parlarmene; conservo copia di un modulo di iscrizione al Grande Oriente d’Italia che non so perché mi diede da esaminare. Non credo che sia segno di paranoia chiamare “di area massonica” certe figure e ambienti che praticano questo dico e non dico; che non è segno di limpidezza. Anche il tuo commento su di me nel post sui vaccini di De Grazia, dove auspichi “la selezione naturale” per eliminare interventi come i miei, ha un certo sapore massonico: i massoni fanno sinistre allusioni alla morte di chi è loro d’ostacolo.

@ Mattia Tedesco. Il punto è quindi se si conosce o meno l’organizzazione. Una volta, in una pizzeria di Brookline, quartiere bene di Boston, mi fu risposto in maniera simile. Dal proprietario, un italo-americano, che portava al collo una piastrina d’oro a forma di Sicilia con un diamante in corrispondenza di Palermo. “Purtroppo in Sicilia c’è la mafia” gli dissi, nel chiacchierare dopo i complimenti per la pizza. “E la mafia è una rovina” aggiunsi. Silenzio. Ripetei il commento. Allora rispose: “Dipende. Se la conosci, è una cosa. Se non ti conoscono possono esserci problemi”.

@ Mattia Tedesco. Diciamo che sei o non sei di area massonica come lo era o non lo era Cossiga, che come te negava. Non credo che i massoni siano satanisti o celebrino riti cruenti. Nel film di Monicelli, il liquido misterioso che Sordi deve bere come prova per l’ammissione nella loggia “è Petrus” gli sussurra l’amico. Non ho preclusioni verso la massoneria in quanto tale. Possono vantare personaggi celebri, compresi alcuni che sono tra i miei preferiti (ma anche legami con la mafia). I massoni non si capisce quale funzione positiva svolgano per la società quando non sono intenti a curare i propri interessi personali; mentre i “fratelli” fanno capolino in manovre e intrighi di ogni livello. Credo che operino una selezione avversa della classe dirigente, emarginando molti dei migliori; e istituendo un sistema gerarchico ombra contrario alla democrazia. Il darwinismo sociale, che traspone l’animalità all’uomo, è un altro tema che ho sentito da altri estimatori della massoneria. Ma questa selezione non è darwiniana, come dici tu preconizzando la mia morte anticipata, ma è fatta dall’uomo, ed è antisociale; dal comune posto di lavoro fino alla P2, che obbedendo a livelli sovranazionali ha concorso all’eliminazione fisica di italiani di valore che erano preziosi per la nazione.

@ Mattia Tedesco. Il concetto di “massomafia” con gli elementi che hanno portato alla sua definizione [*] mostra come sia riduttiva la tua versione di poche pecore nere che vengono cacciate (?) da una massoneria sana.

*Guarino M. Poteri segreti e criminalità. L’intreccio inconfessabile tra ‘ndrangheta, massoneria e apparati dello Stato. Dedalo, 2004.

@ Mattia Tedesco. A me sembra invece che ad essere esagerata sia la distanza tra la P2 e il resto della massoneria. Vedo che è fondato quanto ha detto il Procuratore Agostino Cordova, che conosce l’argomento: “Il piduismo ha permeato di sé buona parte della massoneria italiana, come se tante piccole P2 fossero germinate ovunque, nelle principali città”.

@ Mattia Tedesco. Il troll è spesso una varietà digitale del “Freddy”. Il troll-Freddy spesso è a protezione di partnership perverse tra governo e interessi privati. Citi la frase di Goya sul sonno della ragione, per chiamare me mostruoso figlio dell’Ignoranza e te stesso Difensore della Ragione. E che difensore. Sulla vaccinazione come causa della scomparsa del vaiolo esibisci il post hoc ergo propter hoc come se fosse un merito. Sostieni non solo che chi afferma non ha l’onere della prova, ma che è un “fuffaro” chi non dimostra il contrario. Non presenti nessuna pubblicazione scientifica, e accusi chi lo fa di non portare evidenze. Cerchi di trascinare la discussione nella piazzata.

La sensibilità di Goya lo portò poi a dipingere orrori conseguenza del sonno della ragione, quelli dell’invasione napoleonica, che derivavano dalla rapida degenerazione degli ideali illuministici. Appare che anche la Ragione finisca, come altri nobili ideali, col generare mostri – e mostriciattoli – specie oggi, quando “con l’economia di mercato l’oscuro orizzonte del mito viene rischiarato dal sole della ragione calcolatrice, sotto i cui gelidi raggi germoglia il seme della nuova barbarie (soprattutto del fascismo)” (Horkheimer e Adorno, Dialettica dell’illuminismo).

@ Mattia Tedesco. La ragione in ambito scientifico dice che non si può fermarsi alla filosofia razionalista, come quella di Spinoza, ma occorre verificare le ipotesi con l’esperimento o con validi dati empirici: “Nullius in verba” (Orazio, motto della Royal Society); soprattutto prima dell’applicazione clinica. Occorrono studi validi anche per gli interventi di sanità pubblica, come ha sottolineato un direttore dell’OMS (commentando inoltre che la riduzione storica in incidenza e mortalità non è stata direttamente dovuta alle immunizzazioni) (Mahler H. Demystification of Medical Technology. Lancet, 1 nov 1975). Prima hai affermato che la prova è che dopo il vaccino il vaiolo è scomparso. Non è una “prova” accettabile. Mi dai gli estremi delle pubblicazioni coi dati che dimostrano, dici ora, che “è certo” che la scomparsa del vaiolo sia dovuta al vaccino? E i dati che ti permettono l’inferenza che siccome avrebbero funzionato per alcune malattie, allora i vaccini sono da considerare “a fortiori ratione” (?) indiscutibilmente vantaggiosi? Ma non credo che sia la verità scientifica ciò che vai cercando. Nel post di De Grazia, per avere io citato dati e interviste di esperti di indiscussa credibilità su come la scarsa efficacia del vaccino influenzale sia coperta dalle fonti ufficiali con dati falsi gonfiati hai commentato “non ci arriva, speriamo nella selezione naturale”; venendo giustamente descritto come violento, presuntuoso e inquietante da un terzo blogger.

@ Mattia Tedesco. Ti ho chiesto i dati a riprova, non un libro celebrativo. Ricapitolando, le interpretazioni ufficiali sono oro colato, anche in assenza di dati risolutivi. Quelle che, analizzando i dati, negano il trionfalismo sul vaccino per il vaiolo, e riportano una storia tutt’altro che brillante e onorevole (esempio: Dissolving Illusions. Disease, Vaccines, and the Forgotten History. Humphries S, Bystrianyk R), sono inesistenti o fuffa per complottisti malati di mente. Per gli elementi sulla dannosità dei vaccini v. ad esempio gli articoli che ho citato nel primo intervento. Sempre che la loro lettura non ti porti ad aggravare la tua prognosi infausta sulla mia sopravvivenza: avendo segnalato uno studio del più accreditato centro di meta-analisi che dimostra che le percentuali di guarigione per il vaccino antinfluenzale delle comunicazioni ufficiali sono maggiorate di 20 volte rispetto ai modestissimi dati reali, tu sei intervenuto con la tua teoria, che definisci scientifica e darwinista, per la quale essendo inguaribilmente inferiore non merito di vivere o procreare, ma è da augurare che io sia eliminato dalla selezione naturale; critticato da un altro blogger, confermi che la mia probabilità di morire è maggiore della tua; ammetti che pure tu un giorno morirai, “ma senza incidenti particolari”.

@ Mattia Tedesco. Registro le mistificazioni – e ora le misure coercitive e censorie – a favore dei vaccini, ma non sono da annoverare tra gli “antivaccino”. Critico anche loro, che spesso non sono scientifici: es. in passato qui su Il Fatto, la decisione della magistratura di dare credito alla voce che i vaccini provocherebbero l’autismo.

L’unicità del successo di un programma di 50 anni fa, l’eradicazione del vaiolo, è spiegabile con le associate misure di quarantena (Leicester method), particolarmente efficaci date le caratteristiche biologiche della malattia. Non giustificherebbe comunque l’elevazione a sacra panacea di prodotti che mostrano problemi di efficacia e sicurezza. Dimmi pure che morirò anzitempo, essendo indegno di vivere e di avere una progenie, come hai già fatto per avere io riportato un’analisi Cochrane che oggi smentisce le falsità propagandistiche della “scienza” ufficiale sull’efficacia del vaccino antinfluenzale.

Prendendo spunto dal tuo chiamarmi paranoico, penso che si possa interpretare quest’altra nuova campagna di vendita per i vaccini, dai più accentuati toni terroristici e autoritari, e con annessa caccia alla streghe, in termini etnopsichiatrici: un classico del marketing, l’induzione di un “delirio di onnipotenza dell’immaginario narcisistico della società attuale” (Gnasso S Iabichino P. Existential marketing, Hoepli, 2014) . Un effetto del marketing che spiega il fenomeno storico della comparsa di sedicenti difensori della Scienza del tuo stampo.

@ Mattia Tedesco. Se la vaccinazione fu “determinante” per l’eradicazione, come mai mezzo secolo dopo, nonostante successivi enormi sviluppi dei vaccini e delle relative campagne vaccinali, si è rimasti a un solo caso registrato di eradicazione tramite vaccinazione, quello dove si è potuto associare la vaccinazione ad altre misure, low-tech, che le caratteristiche biologiche della specifica malattia rendono praticabili e particolarmente efficaci. (Non sto chiedendo la tua risposta). Riflettendoci, la storia del vaccino per il vaiolo, con i suoi precedenti insuccessi ed effetti iatrogeni e con l’unicità del successo del programma di eradicazione globale del vaiolo degli anni ’60, può essere interpretata come evidenza della “fede privilegiata” e dell’eccessivo credito assegnati in generale agli interventi medici a scapito dell’importanza di più semplici misure di sanità pubblica non mediche.

Per il resto, continui una concione che mostra segni evidenti di distacco dalla realtà fattuale. Tra l’altro mi dici “guarda cosa mostra un’altra analisi” e mi mostri un raro (e benemerito) caso di articolo dove gli autori concludono che “these result [i loro] are therefore inconclusive” e affermano la necessità di non trarre conclusioni da surrogate endpoints. Che sono un’altra disgrazia della medicina commerciale e della subordinazione dei politici ai suoi interessi (Mulcahy, N. Approved But Not Proven: What’s Up With FDA, Cancer Drugs? Medscape, oct 22, 2015). Penso che abbiamo parlato abbastanza.

@ Mattia Tedesco. Il caso del vaiolo, l’unica malattia infettiva eradicata e dichiarata eradicata, rimane unico, anche per la relativa facilità con la quale l’eradicazione è stata raggiunta, in un’era che non aveva i mezzi di oggi.

A me pare che tu applichi, con consumata disinvoltura, la tecnica, molto usata nel marketing medico, dello “storytelling”, che è l’eufemismo corrente per le bugie del contastorie che introducono quelle dell’imbonitore. Es. la peste non è stata, come sostieni, eradicata; tantomeno dai vaccini. Il focolaio più recente, mesi fa, con 40 morti, è stato in Madagascar; che, riporta l’OMS, è una delle aree dove la peste è endemica. L’OMS riporta anche che i vaccini contro la peste, in passato molto usati, non sono risultati efficaci, e ne consiglia un uso limitato a casi particolari. La peste si contiene con misure di igiene pubblica e personale.

@ Mattia Tedesco. 13 falsità in meno di 6 righe. Se ti si mostra la sfacciata falsità di una tua singola affermazione, rispondi rilanciando con una secchiata di nuove bugie. Nella tecnica di vendita alla quale collabori occorre che i contastorie inducano nel pubblico la “trance narrativa”, cioè lo immergano totalmente nel falso, prima che gli imbonitori comincino il loro numero sul prodotto.

Replica a Mattia Tedesco non pubblicata per chiusura dei commenti da parte de Il Fatto.  Grazie per riconoscermi il demerito che quanto scrivo, costruito sui lavori e le idee altrui, comprende una componente originale. “ll buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”: anche per questo ammiro Manzoni, che, prima non di internet, dei link e di Pubmed, ma prima delle scoperte di Pasteur capì con la ragione l’assurda follia collettiva della caccia agli untori e ne illustrò gli effetti mostruosi. Lo stesso tipo umano che nel ‘600 eccitava la folla additando gli untori, oggi, incurante di internet e Pubmed, per guadagnarsi i favori di ricchi e potenti racconta la fiaba di marketing che sarebbe stato il vaccino a liberarci dalla peste.
E’ il tuo mentire per la gola, il negare in flagranza, il presagire la morte a chi contesta le invenzioni che proclami con tono che non ammette repliche, l’insultare, la tua arrogaza, a costituire una forma di evidenza, la principale, non scientifica ma morale, del valore del tuo racconto sugli straordinari trascorsi dei vaccini, propedeutico alle vendite dei prodotti attuali*. Né il tuo name-dropping di entità potenti interessate, come il governo USA *, è evidenza di nulla riguardo a ciò che racconti, se non del tuo affaccendarsi a favore di grandi interessi e fartene scudo.

ccc
*Brownlee S Lenzer J. Does vaccine matter? The Atlantic, november 2009.

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15 aprile 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Caso Uva, assolti carabinieri e poliziotti da accusa di omicidio: “Il fatto non sussiste”. Familiari: “Maledetti” “

Chissà se mai un giorno gli italiani si stancheranno di identificare i carabinieri col maresciallo Rocca e i poliziotti col commissario Montalbano; se smetteranno di credere che Falcone e Borsellino siano rappresentativi della categoria dei magistrati; se non penseranno più di avere colto le ragioni storiche e antropologiche profonde della mafia ascoltando per la millesima volta la storia di Osso, Mastrosso e Carcagnosso; e comprenderanno che “la forza di intimidazione del vincolo associativo e la condizione di assoggettamento e omertà che ne deriva” è esercitata anche dalle istituzioni che dicono di proteggerci, con storie come questa.

@ Il moralizzatore. E se smetteranno di credere che sia giustizia il metodo Catarella-Carnevale, usato quando c’è da assolvere qualcuno, es. A Knox: indagini demenziali e giudizio ultragarantista.

@ Michele o pazzo. Ci sono Falcone e Borsellino, ma ci sono i Carnevale, i magistrati della Corda Fratres (non solo in Sicilia, ma anche in Lombardia), quelli il cui numero di telefono privato si trova nella tasca di killer professionisti . Con uno Stato, una magistratura, e forze di polizia che fossero la metà di quello che dicono di essere Falcone e Borsellino non sarebbero stati uccisi. A proposito, anche il processo sui colpevoli dell’omicidio di Borsellino è di quelli più vicini a chi ne volle la morte che a Borsellino.

@ Michele o pazzo. A parte la minoranza di casi di affiliazione o collusione con cosche mafiose, è l’intero sistema che è malato di mafia; nel senso che si basa comunemente sul privilegio e sulla differenza di dignità tra individui, e pratica l’arbitrio, la manipolazione, l’intimidazione, la doppiezza, l’impunità istituzionalizzata. La cultura mafiosa tinge di sé ogni transazione nella quale sia coinvolto il potere. La mafia delle cosche è la cultura mafiosa declinata dalla criminalità. Sì, siamo seri: come si può pretendere che un criminale di professione, magari un sociopatico, di Cosa nostra, o uno ndranghetista, abbia concezioni del mondo e dei rapporti tra persone più elevate di quelle che nella loro versione “civile”, o nella loro versione imbelle, sono tenute da buona parte della dirigenza del Paese? Di questa cultura mafiosa, extra cosche ma non per questo onesta, che non spara ma seminatrice di lutti e dolori, magistrati e poliziotti sono inflessibili custodi, come casi del genere confermano.

@ Mattia Tedesco. Non mi rassicura che a dire che le forze di polizia non esercitano un potere di tipo mafioso sia uno strenuo difensore della massoneria.

@ Mattia Tedesco. E’ esperienza personale; che corrisponde a una regolarità generale: storicamente, nei casi dove lo Stato funziona all’incontrario è altamente probabile reperire la presenza di massoni. O di patrocinatori della massoneria; come lei, che si presenta a difendere i responsabili di una vicenda giudiziaria che non è di quelle da medaglie.

@ Mattia Tedesco. Dei filantropi, degli spiriti eletti come voi assurdamente associati agli episodi più gravi e miserabili. Con una puntualità che stupisce: si fa fatica a elencare i casi di queste monotone calunnie senza perdere il conto. Eh, lo vedo, l’ignoranza è una brutta bestia.

@ Mattia Tedesco. Purtroppo i libri di esoterismo sono tra i pochi generi che non riesco a leggere. Ma che bisogno c’è di leggere. Basta contemplarvi. In Voi il rapporto tra materia e volume è tale che siete degli aeriformi; che si avvicinano ad essere puro spirito, nel loro distacco dalle cose del mondo.

@ Mattia Tedesco. Hai ragione, e a volte si è costretti ad informarsi.
S. Flamigni. Trame atlantiche. Storia della loggia massonica segreta P2.
F. Pinotti. Fratelli d’Italia. Un’inchiesta nel mondo segreto della fratellanza massonica che decide le sorti del Belpaese.
G. Cipriani. I mandanti. Il patto strategico tra massoneria, mafia e poteri politici.
M. Guarino. Poteri segreti e criminalità. L’intreccio inconfessabile tra ‘ndgrangheta, massoneria e apparati dello Stato.
etc.
Quindi mi informo, anche se ne avrei fatto volentieri a meno.

@ Mattia Tedesco. Ho capito, il fatto non sussiste, come per Uva.

@ Mattia Tedesco. Bene, i fatti riportati da Flamigni, Pinotti, De Lutis, Cipriani, Guarino etc. non sono che fuffa. Per fortuna ci sono i quelli come te e ci sono giudici che – all’unisono – preservano massoni e CC dalle rispettive fuffe che tocca loro subire nell’espletamento delle loro alte missioni – missioni a volte congiunte. Così la parte migliore della nazione è salva.

@ Mattia Tedesco. Non ero sicuro che coi tuoi link su un ostello per i poveri organizzato dai massoni tu intendessi contrastare le accuse di complicità su terrorismo, mafia, soggezione dell’Italia a interessi esteri, corruzione, malaffare, esposte nei libri che cito. La concezione che avete di voi stessi riesce sempre a stupirmi. Ho taciuto per imbarazzo; se insisti, che ti devo dire, è la difesa di Al Capone, che pure aprì una mensa per i poveri. Su CC, magistrati e massoni (ci sono libri anche su questo, ma preferirei non esporre gli autori, persone serie – tra cui Carabinieri – ai tuoi insulti) ovviamente non penso che in questo omicidio c’entri la massoneria. Penso che questo tuo presenziare a questa assoluzione con un’apologia della massoneria aggiunga squallore a una storia ignobile.

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18 gennaio 2017

Censurato dal blog de Il Fatto

Commento al post “Massoneria, Bisi (Goi): “Non darò elenco all’Antimafia. Non ci sono parlamentari iscritti”

La libera consultazione degli elenchi completi ed esaustivi degli iscritti alle varie massonerie – incluse le forme affini come l’Opus Dei e CL – sarebbe un passo semplice e praticabile per rendere il cittadino comune meno indifeso, e il suolo italiano meno propizio alla crescita e persistenza di malerbe. Peccato che gli antimafia e i grillini su modeste misure del genere stiano zitti, votati come sono a spendere le loro virtù guerriere in ben altre battaglie.

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10 maggio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Vendemiale “Casta delle federazioni, Sticchi Damiani confermato all’Aci ma manca la ratifica di Mattarella: “Voterò lo stesso per il Coni””

Mesi fa ho rinnovato la patente all’ACI. Ho portato delle fototessera normali, scattate da un fotografo che lo fa di mestiere. Ma la patente mi è stata consegnata con la foto ridotta a una silhouette nerastra, con la faccia resa irriconoscibile. Il presidente dell’Aci locale non ha risposto alla mia lettera dove chiedevo mi fosse consegnata senza ritardi una patente decente e valida (per la quale avevo pagato 80 euro), scambiandola con quella che impedisce l’identificazione. Mi è stato offerto da un impiegato dell’ACI di ritirare la patente e farmene avere una con la foto non alterata dopo due mesi. Tempo fa il Fatto ha riferito che questo presidente dell’ACI locale è stato coinvolto in “una vicenda ingarbugliata e non proprio edificante, in cui compaiono da protagonisti o comprimari personaggi di peso non solo nella città lombarda, ma anche a livello nazionale”. Tiene conferenze sul Flauto magico di Mozart. Per questi motivi, che si aggiungono ad altri più specifici, inclusa una catena di errori improbabili, dispetti e abusi gratuiti quando devo rivolgermi ad amministrazioni locali o statali, ho commentato tra me che mi è stata rilasciata una patente massonica, nel senso di mascariamento massonico. Apprendo da questo articolo che il presidente nazionale dell’ACI è vicino al ministro Lotti. Ciò rafforza l’idea che anche all’ACI ci sia la presenza attiva di quelli che si vantano che Mozart era dei loro.

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3 ottobre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. Rosso “Concorsi truccati, ‘si premiano i burocrati e non gli intellettuali’. Firmato Piero Villaggio”

@ kutuzov. Non so come si possa sostenere “with a straight face” che la massoneria non intervenga per i ricercatori universitari. Posso smentirla anche sugli operatori ecologici: la massoneria interviene eccome anche per loro. Sia perché si tratta comunque di posti di lavoro; sia perché se ne serve per azioni di mobbing e oltraggio, data la spazzatura che maneggiano. Come ha osservato Monicelli, che parlava di logge “Rotary dei poveri”, la massoneria non è solo piani alti. Si sottovaluta quanto sia ridotta sul piano umano la distanza tra un alto grado e uno basso, tra un gran maestro e il lazzarone non affiliato che il venerabile usa per operazioni sporche. Non è ampia come si potrebbe pensare la distanza morale e culturale tra gli spazzini che fanno in modo di gettare materialmente sporcizia su un soggetto che intralcia gli affari immondi (magari paludati da “scienza”) appoggiati dai massoni, da un lato, e dall’altro i fratelli nei vertici della partecipata del Comune che versa loro lo stipendio e le gratifiche, nel Comune stesso, nelle forze di polizia che gestiscono, tra i magistrati che danno la licenza di delinquere. Anche se gli abiti e le funzioni sono diverse, sono fatti della stessa pasta. Tanto che la massoneria può essere vista come un’agenzia che organizza in reti di potere gerarchiche una limitata varietà di tipi umani che stazionano in tutti i piani della società.

@ kutuzov. E’ lei che sta sostenendo che sì, la massoneria influisce sulle carriere universitarie, meno che sull’entrata iniziale nei ranghi accademici. Saremmo davanti a un potere che occupati posti chiave evita di riprodursi sfruttando il potere di cooptazione. E quando mai si è visto un professore massone favorire un determinato candidato al semplice posto di ricercatore. Boh. Non adduce a sostegno di questa tesi singolare altro che un tono supponente. E’ come dire che i frigoriferi sono venduti col cibo già dentro. E che chi lo nega dice “boiate pazzesche”. Pensi che a me risulta che si pratichi impunemente la raccomandazione negativa: assumere uno sconosciuto senza collare come assistente ospedaliero in un importante ospedale dove non aveva mai messo piede prima, magari aggiungendo al volo un secondo posto (quello previsto andando alla moglie dell’aiuto), metterlo in un reparto universitario nonostante l’assunto volesse stare lontano dall’università e dalle sue ricerche truffaldine (“Non decide lei” nelle parole del direttore sanitario), ricattarlo “o fa ricerca per me o la pagherà” e dopo il rifiuto usare le vie brevi per togliere di mezzo la voce scomoda, ciò che era nei piani. Io però parlavo di cose più leggiadre, la raccolta e l’utilizzo dell’immondizia; in questi giorni che un’importante azienda di smaltimento rifiuti sta lanciando un candidatura a senatore a vita, sulla quale si dovrebbero fare critiche articolate; anche se molto meno intricate delle sue uscite.

Nota. Lapsus calami. Non fu il direttore sanitario ma il direttore amministrativo a pronunciare la frase in risposta alla mia richiesta di non andare in un reparto universitario (di una facoltà di medicina istituita da poco della quale non conoscevo l’esistenza; il mio trattamento, su procura, è stato tra i suoi primi gloriosi passi). I direttori sanitari fecero di peggio negli anni successivi.

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3 ottobre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Musolino “Arresto Lucano, il procuratore di Locri: “Non processiamo il progetto Riace ma gli illeciti. Ho lanciato una bomba in una favola”

Quando sono in Calabria l’impressione che ho è che il malaffare massonico e quello clericale non abbiano di che temere dalla magistratura. Non mi stupirei quindi se anche col “modello Riace” la magistratura reggesse il gioco alla costruzione di un eroico soccorso al vincitore. Il progetto, sostenuto da massoni e clero, dell’immigrazione forzosa, se ha una “nobiltà”, come dice il Procuratore di Locri, ha una nobiltà condizionale, una nobiltà “cherry picking”: di tutte le cose nobili e umanitarie che si possono fare in Calabria, in Italia, e per il Terzo Mondo, si sceglie proprio quel pezzettino marginale che corrisponde agli interessi globalisti a danno degli altri cittadini italiani e che non migliora le condizioni dei popoli in difficoltà. Tutti pecoroni davanti alle vessazioni tramite la legge, ma leoni quando trasgredendo la legge si servono poteri superiori allo Stato. C’è la tragedia di Antigone che onora i vincoli familiari e c’è la farsa di Antigone che tiene famiglia.

filippoguidarelli. Il malaffare massonico e quello clericale servi del globalismo? Davvero è questo il male profondo della Calabria?

@ filippoguidarelli. Chi lo sa? Secondo Enrico Fierro qui su Il Fatto la natura selvaggia avrebbe selezionato una popolazione di irrecuperabili bruti. All’opposto, figlio di calabresi cresciuto fuori dalla Calabria, sospetto che non vi sia un male profondo, ma una sfortuna storica; una serie di condizioni e di scelte politiche sulla Calabria che l’hanno collocata nel quadro nazionale e internazionale in una posizione svantaggiosa; che si è accresciuta, autoalimentandosi con l’esaltazione dei difetti dei calabresi e la soppressione dei loro pregi. Alcuni mali che sembrano eterni, immutabili, e quindi costitutivi, ‘ontologici’, come la mafia, o in medicina impostazioni errate che risalgono a secoli precedenti, sono invece anacronismi voluti: artificialmente tenuti in vita da grandi interessi. Anche la malasorte della Calabria, credo. “lo stesso giorno dell’arrivo in Città degli anglo-americani “una pattuglia puntò su Fuscaldo Marina per incontrare l’Avvocato Samuele Tocci” ultimo Venerabile della Loggia cosentina prima dello scioglimento.” (Libro Unione provinciale agricoltori Cosenza). Il clero in Calabria per secoli ha sfruttato il popolo associandosi in affari coi criminali (v. G. Sole. L’invenzione del calabrese, 2015). A Sambiase negli anni ’60 quelli che oggi chiamiamo ndranghetisti erano chiamati “massoni”. L’influenza negativa di clero e massoneria, anche come agenti dei poteri esterni, appare maggiore di quella delle fiumare, delle timpe e delle scogliere omeriche.

Commento al post “Riace, Di Matteo a Tv2000: “Rischio strumentalizzazione per denigrare accoglienza migranti”

Il finanziamento da parte del contribuente all’immigrazione forzosa è “accoglienza” quanto il pizzo estorto ai commercianti è “assistenza ai carcerati”. Il modello Riace che Di Matteo esalta dando per scontato che sia un’attività positiva e meritoria permette, agganciandosi al servire i poteri globalisti contro l’interesse dei cittadini, di fare rinascere in una forma ammodernata l’assistenzialismo clientelare, dove politici e clero elargiscono a loro discrezione denaro pubblico a chi vogliono; pratica mafioide favorevole alla crescita delle mafie. Una magistratura che pratica interventi di propaganda a favore della politica imposta dai poteri forti nascondendo e mascherando gli aspetti negativi a danno dei cittadini sta alla magistratura con la emme maiuscola come la sinistra dei banchieri di Renzi sta a quella di Gramsci. “Il più grave fattore di inquinamento della nostra democrazia” è l’ubiquitaria (nessuno escluso) sottomissione di politici e organi dello Stato ai poteri forti; sottomissione che accomuna tra gli altri la mafia alla antimafia del genere rappresentato da questo spot del sostituto procuratore della DNA De Matteo sull’emittente vaticana.

Petti rosso. La vostra paranoica avversione per i migranti vi ha mandato in tilt la ragione e il buon senso. Ripiatevi.

@ Petti rosso. Ricordo una volta la cattura di un borseggiatore. Gridava senza ritegno “pazzo” a chi lo accusava, ma il poliziotto di mezza età che lo teneva non ci faceva caso. Forse però lei è a suo modo sincero. Il vostro camaleontismo narcisistico vi fa vedere il bene dove c’è squallido calcolo e il male in chi non ha ingurgitato il beverone del quale vi nutrite come poppanti al biberon. Inutile rispondervi “ripijateve voi”, perché dalla condizione narcisistica, dalla condizione di chi non ha faccia propria ma ha una maschera determinata dall’esterno che diviene faccia, non si esce. Si può solo cambiare personaggio.

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29 aprile 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Musolino “Mimmo Lucano, verso ’archiviazione giudice indagato per favoreggiamento: “Sono onorato di essergli amico”

Fa cascare le braccia vedere, e per di più in Calabria, l’arbitrio nella ridistribuzione di denaro, voluto dai poteri forti, aiutato e giustificato in termini etici da un magistrato. Sono convinto che in una società civile la decenza, la grigia, umile decenza precede la santità. La decenza, la semplice correttezza, l’equità elementare vengono prima, sono più importanti e utili, dell’eroismo, dei grandi gesti; lo “stato di eccezione” è spesso la giustificazione, l’alibi, per ingiustizie e ruberie. E’ lo sfarzo barocco che copre la pezzenteria. Lo penso anche sulla scorta del mobbing e stalking istituzionale- massonico- clericale, a favore degli stessi grandi interessi illeciti serviti dall’utile Lucano e da magistrati come questo, che devo aspettarmi quando sono costretto a recarmi nel lametino (Cz), la terra dei miei genitori. La Calabria, l’Italia, non si risolleveranno mai se non verrà riconosciuto questo ordine di priorità. L’anteporre la santità – o la presunta santità – l’eccezionale, alla regola, alla decenza, alla razionalità, equità, legalità accomuna disonesti e prevaricatori di vario abito; e, reato o meno, il sostenerlo da parte di un magistrato lo rende non idoneo alla carica, che non avrebbe dovuto essergli assegnata e che probabilmente ha ricevuto per intercessione di qualche divinità.

lele: in effetti il problema non è la ‘ndrangheta…ma il traffico (citazione).

@ lele: Benigni è bravo come comico, ed è un guru dell’arte di servire chi comanda fingendosi partigiani della giustizia. In effetti senza la ndrangheta e le altre mafie tante mascalzonate dei “perbene”, tanti servigi resi agli stessi burattinai che muovono anche i fili della mafia, tante omertà e viltà apparirebbero per quello che sono, e non ci sarebbero alibi per lasciarle indisturbate e favorirle. La mafia delle ndrine fa sembrare onesta la mafia del palazzo e del mondo legale. Fa comodo. “I magistrati si occupino piuttosto della mafia” lo ha detto Salvini su una indagine su un leghista, lo dicono i galoppini dei preti e dei poteri globalisti che esaltano Lucano, questo Robin Hood che lavora per lo sceriffo di Nottingham, e lo dicono chissà quanti imbroglioni di mezza tacca colti con le mani nel sacco.

fender 957: Se cominciaste a liberarvi dalla ‘ndrangheta sarebbe un bel passo avanti.

@ fender 957: Hai ragione. E la mafia andrebbe eliminata non solo per i suoi crimini diretti, ma anche per la sua funzione di standard negativo che favorisce l’altra mafia; da quella dello sfruttamento del Paese da parte dei poteri forti al clero e alle massonerie, al clientelismo dei politicanti locali, a quella dei micro-imbroglioni rappresentati come angelici al confronto della mafia dal candido sosia di Johnny Stecchino nel film di Benigni. La mafia e l’antimafia si sono composte in un sistema di potere integrato, che andrebbe scisso. Potremmo chiedere aiuto a Graziano “Cutro” Delrio, di Reggio Emilia. Per voi del Nord liberarsi dalla mafia non so se sarebbe un passo avanti. Poi come farebbero i lombardi a delinquere impunemente (ne conosco tanti), come farebbero i magistrati a chiudere gli occhi davanti a gravi attività illecite delle “aree produttive” con la scusa della sovrumana e inestirpabile risalita della linea della palma? La mafia è una montagna di m. che ha effetti fertilizzanti per altri generi di crimine.

Syrantex: Certo che mettere massoni e clericali nello stesso complotto….quando si fa l’insalata non si possono mettere ingredienti a caso.

@ Syrantex: Se si legge la storiografia sulla mafia e il terrorismo nell’Italia repubblicana si trovano Vaticano e massoneria alleati negli stessi sanguinosi complotti. E’ praticamente la norma. Alleanza che si riscontra anche, in Calabria o a Brescia, se si è testimoni di affari sporchi di alto bordo. Quando si fa l’anticomplottista è utile l’anacronismo, il fingere di essere ai tempi di Clemente XII, primo Settecento, o che vi sia la scomunica immediata per i prelati iscritti alle logge. Certo non dico che Bergoglio sia iscritto al Rotary. Mi correggo, è socio onorario del Rotary, e di quello di Buenos Aires, che sulla P2 e i suoi crimini deve avere concezioni parecchio misericordiose. Il Rotary era già stato rivalutato da papa Montini, di Brescia.

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27 giugno 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Gruppo San Donato, tra i nuovi consiglieri di amministrazione l’ex governatore Roberto Maroni e Augusta Iannini (moglie di Vespa)”

Lo “Oltre la cupola” di Lombardia. Dove non c’è un Agostino Cordova da fermare, come fece la Iannini da magistrato per i fratelli calabresi. Oggi il Fatto cartaceo pubblica un fotomontaggio con Maroni e Alfano in camice bianco. Si potrebbe aggiungervi Luciana Lamorgese: l’attuale ministro dell’Interno prosegue il compito dei due predecessori di fornire a questi affari (e a pesci dell’industria biomedica ancora più grandi; come quelli che faranno miliardi col covid) un servizio di guardiania; analogo a quello del quale si dotavano i baroni siciliani, e altrettanto efficiente.

@ unatarmaalleterme. E’ sicuro che nominare nella sanità convenzionata, cioè pagata con denaro pubblico, due ex ministri degli interni, e un magistrato che ha tolto dai guai le reti massonico-mafiose individuate a suo tempo dal Procuratore Agostino Cordova, non debba riguardare i cittadini ? Nella mia esperienza tali sinecure sono gli esiti visibili di una rete sotterranea piduista, cioè di una mafia di Stato, responsabile di cose indicibili in medicina. (Un’altra manifestazione è stata il record mondiale negativo della Lombardia nella crisi covid). Se non vuole credere a me, c’è un’ampia casistica di danni da “revolving doors”, i passaggi da controllori di Stato a controllati, in medicina. Il discorso della luna e del dito è valido quando a indicare la luna è “il saggio”. Se la indica un imbroglione, lo stupido guarda la luna nel cielo, mentre è proprio al dito, e alla faccia del suo proprietario, che bisogna guardare. Es. le revolving doors sono riportate tra le cause dell’immissione nella pratica clinica di farmaci oncologici costosissimi, inefficaci e dannosi*. Giudichi lei se ciò ci riguarda o meno come cittadini.

*Wise PH. Cancer drugs, survival and ethics. BMJ, 2016. 355: i5792.

@ unatarmaalleterme. Lei dice che se il sistema è strutturato con regole che assicurino il suo funzionamento corretto si può anche metterne a capo “Pietro Gambadilegno” o i fortunelli in oggetto e andrà tutto bene.

a)”Se.”. Così rispondevano ai discorsi ipotetici gli spartani. Forse la Iannini, fine giurista, sarebbe d’accordo con lei. Anche Maroni e Alfano. E anche Gambadilegno; e la banda Bassotti, e i cugini Dalton di Lucky Luke, detti “I quattro cavalieri della stupidità”.

b)Io sono tra quelli che pensano che in medicina occorra al contrario una ridondanza di controlli e sicurezze, come in aviazione*. Che invece sul piano tecnico sono carenti a un livello che chi non è addentro non può immaginare. Anche sul piano politico, la realtà sulla quale i suddetti fortunelli giocano la loro parte è più simile all’attuazione del piano di rinascita democratica di Gelli che a una delle tante utopie politiche dalle quali lei attinge le basi per i suoi – pericolosi per la salute, anche sua, me lo lasci dire – sofismi. Ricambio i saluti.

*Applying aviation safety to healthcare—are we missing the fundamental?. BMJ, 2019. 364: I735.

@ unatarmaalleterme. Gli attacchi personali non sono argomenti. Sono indice di mancanza di argomenti. E di stizza, che mi pare le stia facendo perdere completamente la bussola. Anch’io ho opinioni non lusinghiere su questo suo modo di ragionare, ma le tengo per me. Mi limito a osservare che lei scambia “mondi possibili” che appartengono a un’altra galassia, o ai mondi dei fumetti, con quanto accade – come di norma – in Lombardia, Italia, pianeta Terra, nel giugno 2020. Grazie per convertire il suo evidente dispetto in una dichiarazione di cessazione delle ostilità e di liberazione della colomba col ramoscello. Di nuovo.

@ unatarmaalleterme. Per carità, rispetto ai trattamenti Alfano, Maroni o Lamorgese, e a quelli dei fratelli dei 61 indagati del bastimento inchiesta massoneria deviata (800 faldoni) inghiottito nelle nebbie oceaniche ai tempi del GIP Augusta Iannini, quella con lei è la più godibile chiacchierata. Ossequi.

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4 maggio 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Limiti “Massoneria e politica, siamo alle solite: la vita pubblica va protetta dai gruppi privati”

E i magistrati? Forse la loggia Ungheria è un calunnioso falso. O è vero. O è una miscela vero/falso. O uno svergognare per una reformatio in pejus gattopardesca, come con Tangentopoli. O una “inoculation”, la disinformazione che vaccina contro il vero. O un metterla sotto schiaffo per immobilizzarla del tutto mentre si straccia la Costituzione e si sabota il Paese. O chissà cos’altro.

In ogni caso, nel mio campo, la medicina, la magistratura ha tenuto negli anni condotte viziose come se pilotata a favore dei poteri forti tramite logge e sacrestie. Il cedimento particolarmente rovinoso dell’Italia nell’operazione covid ha tra i suoi fattori anche le collusioni del potere giudiziario.

Nelle logge, pie congreghe, cordate, le finalità pro domo sua sono condizionate al servire come quadri dei poteri forti; la peggiore forma di corruzione. Che il cittadino vada informato dell’eventuale appartenenza a gruppi di potere, di qualsiasi matrice, di chiunque eserciti su di lui il potere dello Stato, lo scrissi nel 2008 (“Pubblicare la lista dei magistrati di CL”); ricevendo rappresaglie di provenienza clericale e massonica. Ebbi anche la brillante idea di mandare l’appello al capo dell’ANM, del quale conoscevo solo carica e nome, tale Palamara.

Ma nel gioco di specchi del potere la disclosure senza altre misure, in stile anglosassone, può avere un effetto permissivo: When Sunlight Fails to Disinfect: Understanding the Perverse Effects of Disclosing Conflicts of Interest. 2010.

@ Zzunk. Possiamo distinguere tre livelli: 1) l’accordo sotto banco, la pastetta, tra parenti, amici, compari; fenomeni di malcostume spontanei, universali. 2) una rete strutturata che fa di questi imbrogli, e che costituendo una organizzazione ne moltiplica gli effetti iniqui sulla società. 3) una rete che trae vantaggio e forza, fino all’intoccabilità, dall’essere strumento di poteri forti, dove gli ingiusti vantaggi personali sono funzionali a grandi disegni, e al condizionare la rotta sociale e politica del Paese, e qui si sfocia nell’eversione. Si gioca a banalizzare i livelli superiori confondendoli con quelli bassi. La magistratura ha giudicato perfino la P2 come di tipo 2 e non 3. Per chi scrive, la vita nella giurisdizione di uno di quei magistrati è stata segnata da persecuzioni eseguite con la naturalezza di chi sia certo dell’appoggio delle istituzioni di garanzia, talora esplicitamente dichiarato.

@ Syrantex. @ Syrantex. Fatelo sapere anche a noi spettatori di che si tratta, invece di costringerci a elencare ipotesi come ho fatto (un’altra: lotta intestina tra magistrati; ma per cosa?). Sulla massoneria ufficiale che non c’entrerebbe nulla con le logge dedite al crimine e all’eversione; sto sviluppando, spinto dalle attenzioni incessanti di ottimi massoni e di santi pastori, e dalla lettura de “I preti e i mafiosi” di I. Sales, una “teoria polimorfica” della mafia, applicabile anche ad altre reti di potere. Si paragona spesso la mafia a un cancro. Un’altra metafora medica è quella delle “grandi imitatrici”. Così sono dette alcune malattie, per prima la sifilide, ma anche la tbc, nelle quali lo stesso singolo agente causale fa sviluppare manifestazioni molto diverse tra loro a seconda del distretto anatomico. Così che per secoli le manifestazioni furono considerate malattie diverse. La cultura mafioso-clericale permea di sé l’intera società. Dà luogo a manifestazioni diverse, polimorfe, a seconda del settore sociale dove attecchisce. La mafia di cosca nel distretto del crimine, le camarille mafioidi in benemerite istituzioni. La cultura massonica potrà vantare manifestazioni positive; ma nella mia esperienza, dominando in essa l’inclinazione mefistofelica ad asservirsi al potere per primeggiare, c’è una continuità sotterranea, dovuta alla matrice comune, tra le sue manifestazioni che sarebbero lecite e le peggiori manifestazioni; come il piduismo cioè la mafia di Stato, o la massomafia.

@ Syrantex. Non vede i legami sotterranei ? E’ come ignorare la parte sommersa dell’iceberg. O che il micelio è parte determinante della morfologia dei funghi del bosco. Le suggerirei “Poteri segreti e criminalità. L’intreccio inconfessabile tra ndrangheta, massoneria e apparati dello Stato”. M. Guarino, 2004.

La sua reazione è tipica del gallonato: il legame padrone-servitore verso il potere dal quale si dipende viene compensato con atteggiamenti altezzosi verso gli estranei. Lo mostra in tv Bruno Vespa, sulla cui fierezza di carattere Striscia la notizia ha creato uno spassoso personaggio, che come lei assume i toni più imperiosi e sprezzanti verso i non protetti che vanno colpiti. Non sono né massone né mafioso. Non voglio, e non sarei adatto ai vostri fini sociali. Mi riferisco invece alla mia esperienza con i mediocri che volendo primeggiare non hanno altra via che farsi mettere il collare, fare branco, inventarsi questa o quella favola su superiorità arcane delle quali sarebbero partecipi e impestare chi non è come loro.

@ Syrantex. Non sono mai stato massone o mafioso. Né ho cercato di esserlo. Una volta da ragazzo venni attirato per strada da una bella ragazza in una sede di Scientology perché compilassi un questionario psicologico. Arrivò un caporione che lette le mie risposte mi cacciò in malo modo. Ero giovane, ci rimasi male, ma ora so di essere un elemento che non conviene avere a sette di alcun genere.

Mafioso o massone a me? Da querela (…). L’attribuzione infamante alla vittima di appartenenze ai gruppi dei sicari non è una novità. E’ imminente la tragica farsa della beatificazione di Livatino, cioè della appropriazione della sua figura da parte di un clero che è la fonte della mafiosità culturale che dà luogo ai vari polimorfismi mafiosi. Fu detto anche di lui che era colluso con la mafia che lo fece uccidere. C’è stata una falsa tessera P2 intestata al giudice Tamburino, e i finti conti svizzeri intestati ai magistrati Viola, Colombo e Turone nella valigia della figlia di Gelli. A me sa che lei si sia informato presso i suoi compari di quanto rende il miserabile servizio di occuparsi per conto terzi della neutralizzazione di uno come me, e voglia aggregarsi. Sicuro di non sapere nulla dell’intrigo Loggia Ungheria?

@ Syrantex. L’errore, il sofisma, è dire che siccome la massoneria non è identificabile con la P2 allora è immacolata. Ripeto che l’esperienza mostra che sono tutte le consorterie coperte a essere in sé inutili nel migliore dei casi, e in pratica lesive per l’equità, la decenza, la democrazia. Anche a prescindere dalle consuete e prevedibili gravi degenerazioni particolari che propiziano e che quindi gemmano al loro interno. E’ l’uso perverso dello standard negativo per sembrare puliti, come per la mafia: si addita la mafia di cosca, la mafia dei tagliagola, manifestazione estrema delle ubiquitarie cultura e pratiche mafiose, come unica mafia per preservare e meglio praticare la mafia di testa, la mafia di penna, imperante nei centri di potere e nelle istituzioni. Credo che allo stesso modo si stia anche sacrificando una frangia bassa della massoneria, esponendone gli intrallazzi, per proteggere strati superiori.

Sulla manovra della loggia Ungheria non so nulla, e aspetto che ci venga spiegata. So qualcosa sui fattori causali in corso di insabbiamento della strage covid in Lombardia orientale che ha innescato l’operazione covid; e per questo ricevo un rafforzamento delle prodezze dei figli della vedova, e di quelli che tra tre giorni beatificheranno Livatino. Alcuni di loro sembrano divertirsi con me, come dice, forti dell’impunità e delle complicità istituzionali (un equivalente reale della loggia Ungheria); ma è il ghigno del dileggio che accompagna azioni gravi e vili.

@ Syrantex. A cena, al circolo, nei corridoi, non solo imbastite magheggi per avere il fido bancario o il primariato, ma prendete ordini per conformare i ruoli che occupate a magheggi giganti, coi quali si controlla il Paese; fino a quelli di massima scala come oggi il covid. La licenza edilizia o l’importante carica pubblica non arrivano gratis: il beneficiato diverrà un docile agente. Della mafia e della massoneria si ripetono gli aspetti antropologici coi cliché scenografici, santini bruciati, simbologie esoteriche; ci si ferma agli aspetti predatori, carnivori; e si trascura l’aspetto ancora più deleterio, il carattere strumentale, di corpi intermedi, ramificati e pervasivi come ife, al servizio dei poteri forti; nonostante sia nota la vicinanza ai rinomati servizi.

Lei parla come se mi conoscesse e dice che ho esperienza come mafioso e non ne ho come testimone e oppositore di reati di stampo piduista. Se quindi sputo nel piatto dove mangio, e se ledo “dignità e diritti” di persone dabbene volte al perfezionamento spirituale e al miglioramento del genere umano, non vi mancano agganci né presso i miei superiori né presso la magistratura ordinaria, le forze di polizia, gli uffici del fisco, etc. per provvedere. Già sono noto. Sulla mafia di ndrina per ora no, ma quanto a doppie lealtà delle sedi istituzionali, a cominciare da quelle che la legalità dovrebbero tutelarla, esperienza ne ho eccome. C’è un giudice a Berlino. E lui e il re sono affiliati alla stessa loggia …

@ Syrantex. “… lei è stato un boia” Robledo ieri a Palamara, già capo dell’ANM, parlando della loggia Ungheria. La mia analoga opinione non è da avversione preconcetta, o da appartenenze che non ho, ma nasce da constatazioni di atti specifici di vostri tirapiedi, che il cappuccio lo indossano per nascondere il collare oltre che la faccia. Constatazioni confermate dai riscontri nella storia dell’azzoppamento del Paese dal dopoguerra.

Il richiamarsi ai tempi e alle figure della Carboneria mentre si fa ben altro è un’ulteriore intersezione con la mafia. Il Vascello fu luogo di una pagina nobile e commovente, la Repubblica Romana, alla quale chi pratica quello che vedo e che ricevo sta come il vostro amico Marcinkus stava al Golgota. Anni fa mi fu dato un volumetto, sulla storia della Confagricoltura di Cosenza, dove è scritto che nel 1943 a Cosenza gli americani il giorno stesso dell’arrivo presero contatto coi massoni locali. Lo fecero in Sicilia anche coi mafiosi; per i massoni perseguitati dai fascisti sembrerebbe un arrivano i nostri. Ma il ruolo della massoneria è poi stato quello di sostituire con una cavezza straniera il giogo fascista. E’ impudente usare persecuzioni e meriti patriottici di vostri predecessori come alibi per le malefatte da borghesia compradora. La massoneria si scontrò, a volte con successo, con altri poteri; anch’essi oggi degenerati quanto a base ideale. Ora avete fatto pace, vi siete messi d’accordo e fate a gara a chi la fa più sporca.

@ Syrantex. “L’ Amgot, anche se non nella ufficialità, stabilisce subito contatti con gli ambienti della Massoneria che se pure sciolta dal Fascismo in tutto il ventennio ha continuato la sua attività, questa volta ancora più segretamente”. “lo stesso giorno dell’arrivo in Città degli anglo-americani “una pattuglia puntò su Fuscaldo Marina per incontrare l’Avvocato Samuele Tocci” ultimo Venerabile della Loggia cosentina prima dello scioglimento.” Qui si parla dell’occupazione, non di lotta al fascismo. Vi vantate del ruolo – mai abbandonato – di fiduciari del governo USA in sede riservata e lo nascondete in pubblico. Servili e nemici della luce del sole. Voi il cappuccio è come se lo portaste pure sotto la doccia.

Concordo con lei che siamo su fronti opposti, di fatto e moralmente. Questa acquisizione è preziosa e va mantenuta. La divergenza è su se come dice il mafioso sono io, che ho dimensioni sociali puntiformi, o non sia il corpaccione del quale lei è parte la variante perbene della mafia nella società legale. Continui pure con la tracotanza sfrontata con la quale mi viene dietro; per me è indice dell’impunità e degli aiuti che ricevete dai vostri non pochi fratelli nelle istituzioni, che permettono e catalizzano un’opera di diffamazione, meglio di character assassination, volta a favorire affari illeciti di alto bordo, nel mio caso quelli del business biomedico.

@ Syrantex. “Dal punto di vista genuinamente teorico, la massoneria è una istituzione perfetta […] Nella massoneria si combinano solo elementi della borghesia o di chi aspira ad essere borghese. […] La libertà di oggi non può essere la libertà spirituale e personale di ieri. […] Bisogna che la massoneria si impegni contro le oligarchie, la concentrazione dei monopoli e regole anti umane e anti sociali” dal discorso di dimissioni dalla massoneria di Allende, 2 giu 1965 (la massoneria cilena le respinse “assicurando di voler cambiare il mondo” (cit.)).

Semmai il suo modo di intendere la massoneria fu un motivo in più per eliminarlo. Bisognerebbe studiare il possibile parallelo con la vicenda di Piersanti Mattarella.

Sarebbe di buon gusto se tra i bluff a vostro vanto non citaste pure l’11 settembre 1973. Domani 9 maggio è l’anniversario del ritrovamento del cadavere di Moro. Per il resto prosegua pure col numero di ser Ciappelletto.

@ Syrantex. “Non giurerò sulle parole di nessun maestro / dove la tempesta porta la mia barchetta lì farò il mio porto”. Sono solo, e la mia storia e condizione lo dimostrano. Classificare nel partito golpista degli isolati vittime delle epurazioni ordinate dalle stesse forze che ordinano golpe, forze che servite in entrambi i compiti, è molto gelliano. Ed è tipico di voi che giurate a due padroni: la calunnia, per pronunciare la quale occorrono doti da marciapiede, scambiando i posti per di più allevia l’intima dolorosa consapevolezza della necessità di fare branco per esistere.

Appropriarsi della figura di Allende da parte di chi per 30 denari regge la coda alle peggiori pratiche del potere è in carattere con le lacrime di coccodrillo per Moro, oggi 9 maggio; con la beatificazione di Livatino pure oggi da parte di un clero che è tra i fattori causali della mafia, come fonte perenne dell’ubiquitaria cultura e prassi mafioide prima che per le storiche collusioni; e con una magistratura, i cui estesi legami con la massoneria furono mostrati già dal Procuratore Cordova, che pratica mercimoni indicibili dietro alle gigantografie dei magistrati fatti uccidere dai poteri che serve. Fatti uccidere nell’ambito di una selezione inversa dalla quale si ottiene la crema che voi rappresentate. Alla quale una magistratura pure selezionata consente, violando l’unicuique suum e il resto, di schizzare il materiale che vi è congeniale.

Syrantex: Quando rispondere non le conviene cambia argomento? I farfugliamenti autoreferenziali stanno diventando un pò ripetitivi.
Non ho capito perchè ce l’ha con Livatino e Moro, e cosa dovrebbero c’entrare. Se ha elementi per sostenere che li abbiano fatti ammazzare dei massoni vada in procura, perchè allo stato risulta che il primo fu ammazzato dai suoi sodali e il secondo da oscurantisti (di destra e di sinistra) come lei.
Quanto a Cordova, si vada a leggere il decreto di archiviazione del GIP, gliene cito un passo che le piacerà “è stata compiuta in tutto il territorio nazionale, una massiccia generalizzata attività di perquisizione e sequestro che le iniziali dichiarazioni del notaio Pietro Marrapodi certamente non consentivano; racconti a contenuto generalissimo ma conformi all’immaginario collettivo sul tema gruppi di potere…. in questo procedimento, infatti, l’art. 330 cpp è stato interpretato come potere del PM di acquisire notizie e non, come si dovrebbe, notizie di reato.
Mai visto un GIP umiliare così un PM.
Avanti cambi di nuovo discorso che nemmeno qui le conviene più.

@ Syrantex. “Le indagini venivano trasferite per «incompetenza tecnica» della Procura di Palmi (…) alla Procura di Roma nel giugno del 1994 e affidate ai pm Lina Cusano e Nello Rossi. Il procedimento restò pressoché fermo per quasi sei anni, poi, nel dicembre 2000, il giudice per le indagini preliminari Augusta Iannini disponeva l’archiviazione dell’inchiesta, nonostante gli ottocento faldoni raccolti nel corso degli anni e i sessantun indagati.” (F. Pinotti. Fratelli d’Italia).

“Gruppo San Donato, tra i nuovi consiglieri di amministrazione (…) Augusta Iannini (moglie di Vespa)” (Il Fatto 27 giu 2020).

Le procure praticano per l’eversione ciò che chiamo il pipelining giudiziario. Oggi si occupano dell’eversione di decenni fa. Perché ascoltino notizie di reato sull’operazione covid, e quindi, tra l’altro, qualcosa sui legami massoneria-medicina, occorrerà aspettare alcuni decenni. A dirglielo prima si risentono.

“Un passo che le piacerà”. E’ un passo interessante: per me il modo di trattare l’informazione è rivelatore della buona o cattiva fede. La censura delle indagini sui massoni giocando sulla polisemia della parola “notizia” è circolare all’assurdo. Che insieme lei citi Marrapodi, finito impiccato in circostanze non chiare dopo avere dato il via alle indagini denunciando i legami massoneria-magistratura e massoneria-ndrangheta, non mi piace; ma non mi spaventa. Oltre un certo livello prevale il disgusto per la cialtroneria.

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30 maggio 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post “In Belgio è caccia a Jürgen Conings, il tiratore scelto idolo delle destre no vax che minaccia il virologo più famoso del Paese”

Il Belgio ha il record delle morti covid per milione di abitanti tra i paesi a economia avanzata: 2142/milione. L’Italia è seconda con 2088/milione (Worldometer). Il Belgio è stato solerte nel gonfiare le statistiche inserendovi casi “sospetti”*. Ora si munisce del solito terrorismo fuori di testa, col cecchino che invece di acquattarsi si autodenuncia – e che con la sua provenienza ed expertise militare ricorda la banda del Brabante-Vallone**. Un terrorismo che aiuta la propaganda ad accomunare a violenti, fanatici e squilibrati chi chieda di togliere i forchettoni che bloccano i freni che avrebbero dovuto e dovrebbero fermare le spaventose illegalità del covid, e quindi la loro violenza, follia e conseguenze deleterie. Le psyop sulle quali le misure covid si reggono*** trasformano i forchettoni nella legalità e il toglierli in eversione e devianza. Forchettoni che semplificano la vita a quelli che istituzionalmente dovrebbero esercitare l’azione frenante, anche in Italia, che è in una situazione analoga al Belgio per il covid come lo è stata al tempo degli eccidi della Uno bianca**, coi loro messaggi di morte a doppio registro, urlati e sussurrati.

*K.Beisel.”Warum Belgien die höchste Todesrate weltweit hat,”Tages-Anzeiger (Zurich), April 22, 2020. Citato in Reiss K, Bhakdi S. Corona false alarm? Facts and figures, 2020.
** S. Limiti. Doppio livello. Come si organizza la destabilizzazione in Italia. Chiarelettere, 2013.
*** Dodsworth L. A State of fear.2021.

@ Syrantex. Terrorista lo è per definizione, essendoselo scritto in fronte da solo. Chiedersi se visto che al momento giusto sta facendo un gran casino non lavori per capitano Uncino (Bennato), come in tanti altri casi precedenti – con morti veri – fa parte del negazionismo; secondo capitan Uncino e la sua ciurma. A proposito del bollo di “negazionista”; questo storpiare in maniera farsesca i principi della logica scientifica è una costante dei “coronatossici”: “paragonare mele e patate” è il lavoro quotidiano della scienza; incluso il paragonare nazioni diverse tenendo conto delle differenze (v. es. la raccolta di 35 studi in Lockdowns Do Not Control the Coronavirus: The Evidence. AIER 19 dic 2020; e prima ancora la fondata sfiducia di tecnici e istituzioni nei lockdown fino al 2020). Nella scientocrazia all’evidenza scientifica che svergognerebbe vengono messe le orecchie d’asino. E i coronatossici provano una doppia soddisfazione per lo scambio di cappelli a loro vantaggio. Come qui, dove si confonde il sacrosanto paragonare mele e patate (ammesso che vi siano tali radicali differenze) con il “sommare mele e patate”, operazione non lecita. O meglio, non sempre lecita: “per sommare 3 e 2 si conta un insieme di tre oggetti (mele) e un insieme disgiunto di due altri oggetti (chissà perché si chiede che siano omogenei e si insiste che non si possono sommare mele e pere), si uniscono e si conta l’insieme ottenuto.” (G. Lolli, professore di logica matematica).

@ Syrantex. Bravo, reciti i suoi articoli di fede, controfattuali e contraddetti da osservazioni e studi come quelli che cito. (E avvalorati dal provvidenziale film del Rambo pazzo del Brabante-Vallone … ). I morti sono stati contati, sono contati e verranno contati come è riportato es. nel libro della Dodsworth che cito. Capitolo 11, Counting the dead. Inclusi i tanti morti non da covid ma da iatrogenesi da allarme covid e da lockdown, e da zelo dei coronatossici. La scientocrazia sa contare come il gangster del musical Guys and dolls, che giocava con dei suoi dadi dalle facce bianche, e leggeva lui quali numeri erano usciti. Sosteneva di ricordarsi i puntini sulle facce a memoria. E si arrabbiava se qualcuno osava mettere in dubbio questa sua metodologia e capacità. Le diagnosi di causa di morte erano a volte alla Big Jule, il gangster del musical, già prima del covid (parlo per esperienza personale), e ora col covid sono i dadi con le facce segnate ad essere banditi da voi “normali”, come lei di autodefinosce.

@ Syrantex. “Idiocrazia”, “covidioti”. Il nuovo test di intelligenza ora è se si crede alle versioni ufficiali. Un modo migliore per verificare se la natura è stata generosa o meno nell’assegnare le capacità intellettive è se si sta a sentire i galoppini come lei, che non parlano del merito ma attaccano ad hominem il messaggero. Farsi convincere da chi ti dice con voce e pose roboanti “questa è scienza, sei un covidiota o un Napalm51 se non ci credi” e ti loda come intelligente e responsabile se cedi mansueto diritti, averi, salute, serenità etc., invece di diffidare, è segno che la natura non è stata benigna.

“Speriamo in Darwin”. Il darwinismo sociale, l’applicazione all’Uomo della legge della savana, è la farfugliata copertura della prepotenza e della violenza. Come queste del covid. Peraltro l’evoluzionismo vero, che considera anche la dimensione sociale e cooperativa, è più complesso; e l’avaro non è razionale. A volte chi punta a essere il più farabutto, il più falso e ruffiano, invece di assicurarsi la sopravvivenza si scava la fossa da solo con la sua bramosia cieca. Soprattutto con la medicina. Ne ho visti diversi che si credevano furbi, o “leone e non gazzella” cadere nel genere di trappole che applaudivano o con le quali volevano vivere alle spalle dei fessi. La responsabilità, la correttezza, l’aiuto reciproco (erga omnes, non tra grembiulini…) sono anche strategie di sopravvivenza. Fossi in lei con questi chiari di luna non lo invocherei tanto Darwin.

@ Syrantex. Il Belgio ha contato il doppio dei morti per milione di abitanti dell’Olanda. Anche manipolando i dati, come hanno osservato Reiss e Bhadki, che ho citato all’inizio; che sono alcuni fra i tanti ricercatori affermati, o anche famosi, che secondo i galoppini come lei “delirano”. L’Italia è prossima al Belgio e lontana dall’Olanda sia nella gestione sia negli effetti numerici che ne derivano. Non sono io che deliro, è lei che mi sta attaccato in maniera entomologica continuando a insultarmi; e ora fa come un ragioniere magliaro che sostenga che il bilancio in esame non può essere falso perché i numeri non mentono. E che metterlo in dubbio significa negare l’aritmetica e i postulati di Peano. Purtroppo invece che da un maresciallo della GdF, da un funzionario delle imposte o da un PM che lo guardano fisso e gli rispondono per le rime, davanti ai deliri dei bilanci covid ufficiali lo Stato è come rappresentato da figure che scattano a credere o a fingere di credere alle grossolane alterazioni del ragioniere. A riprova di ciò e per rifarsi la bocca, un articolo di ricercatori veri (Queen Mary University, Londra) che scientificamente svergogna le manipolazioni da gioco delle tre carte del governo UK su sacri numeri del covid: Fenton, Neil, McLachlan. What proportion of people with Covid-19 do not get symptoms? 9 Apr 2021. L’articolo permette di rendersi conto anche di come tanta “scienza” abbia necessità dell’attività entomologica verso chi nota che i conti non tornano.

@ Syrantex. Scusi sa se invece che limitarmi ad Anversa e Rotterdam, come lei pretende si faccia, considero anche le città italiane. Ne parla anche lei; solo che vuole fare come Calimero, con l’olandesina che da nero lo fa diventare bianco immergendolo nella tinozza. Worldometer, 1 giugno 2021, morti covid per milione. Belgio 2143; Italia 2089 (il 2.5% in meno del Belgio). Olanda 1026, distanziata da Belgio e Italia da circa 35 altri paesi. L’Italia è nel gruppo di testa della graduatoria mondiale di mortalità per milione, vicino al Belgio. I pochi paesi che precedono l’Italia, paesi più piccoli a parte il Brasile, hanno tutti un PIL inferiore a quello dell’Italia. L’Italia risulta quindi come il paese che ha preso la sederata più forte. Purtroppo noi non abbiamo fatto come l’Olanda, ma come il Belgio. Gli studi che ho già citato mostrano come sia falso il raccontino sussiegoso che attribuisce le variazioni tra regioni al carattere più o meno stringente delle misure ipotizzando una relazione inversa. Le ondate epidemiche, quelle eccezionali e quelle periodiche spacciate per tsunami, tendono ad andare per conto loro rispetto alle pretese umane di fare il diavoletto di Maxwell coi virus; appare esserci piuttosto una certa relazione diretta, con il danno che è funzione crescente – e prevedibile – delle malnate misure di strozzamento.

@ Syrantex. La letteratura scientifica è piena di intercountry comparisons, ora sul covid. Es. quelle raccolte nell’articolo dell’AIER che ho citato. Siccome mostrano la pessima performance italiana, mostrano che l’Italia è in coda per i risultati e primeggia nei danni e negli abusi sulla popolazione, vi inventate che non sarebbero scientifiche. Totò nei film interpreta spesso personaggi che fanno discorsi come i vostri. Anche Ficarra, del duo comico, ha sviluppato questo tema dei criteri aggiustati con tono sicuro ad hoc senza limiti né vergogna.

@ Syrantex. Il volere censurare la circostanza che nei paesi dove le misure a strozzo non si applicano le cose vanno complessivamente meglio è un esempio del calpestare la refutedeness, il vincolo di assenza di contraddizioni con fatti empirici. Definita già da B. Russell, è discussa in un lavoro che prende una precedente disastrosa consulenza al governo UK di Ferguson a modello di modelli falsi e disastrosi (Use and abuse of mathematical models: an illustration from the 2001 foot and mouth disease epidemic in the United Kingdom. Rev. Sci. Tech. Off. Int. Epiz. 2006). E’ un buttare via il contra factum non valet argumentum con un grammelot pseudoscientifico da televendita.

Non esiste uno studio serio che assolva l’onere di mostrare che le mascherine valgono il danno. Ci sono studi seri sull’inefficacia, e sui danni, bellamente ignorati (per dirne uno, Is a Mask That Covers the Mouth and Nose Free from Undesirable Side Effects in Everyday Use and Free of Potential Hazards?). All’estero ci sono petizioni di gruppi di medici per smetterla con le mascherine, soprattutto sui bambini.

Non è chi chiede non dico rigore, ma decenza minima nel misurare e valutare il fenomeno ad essere “più dannoso del terrorista che ha promesso morte”. Siete voi operatori della ciarlataneria di Stato a uccidere la verità e scioglierla nell’acido, con effetti mortiferi di massa, sicuri di avere le spalle coperte.

@ Syrantex. Sulla “assenza dell’influenza”. 1) almeno in parte è spiegabile con l’averla fatta figurare come covid, come mostrano statistiche (Do Not Buy The Manufactured Second-Wave Panic. Briggs WM 10 nov 2020). 2) Conduce alla domanda: com’è che le misure anticovid non hanno impedito la virosi da covid, anzi avrebbero consentito un secondo tsunami covid, ma sarebbero riuscite nell’effetto impossibile di fermare la virosi influenzale? 3) Porterebbe a dover affrontare il tema serio, e come altri temi seri e scomodi censurato tra lazzi e cachinni, dei fattori reali di fluttuazione dell’andamento delle ILI: dry tinder, harvesting, etc. Ma parlarne con uno che dice che non c’è bisogno di studi per verificare gli effetti dell’ostruire a milioni di persone cronicamente le vie aeree per le quali passano (ventilazione) i flussi d’aria che riforniscono le cellule di ossigeno (respirazione) ed eliminano l’anidride carbonica, componenti base delle reazioni chimiche di combustione lenta che danno la vita biologica – quella nuda vita che il terrorismo covid vuole sia l’unica cosa che conta – sarebbe come parlare della musica di Mozart a un virtuoso degli assolo fatti comprimendo ritmicamente una mano nell’ascella con l’altro braccio.

@ Syrantex. Il libro sulle cause reali di variazione stagionale delle virosi, es. il modello di Hope-Simpson, è bene resti locked down, come lo si tiene; al riparo da simili interlocutori.

Venendo a noi, come il complesso [misure anticovid orwelliane] + [“pieno di gente che non le rispetta”] riesce a dare allo stesso tempo un’orrida ondata alta quanto un palazzo di 5 piani per il Sars-coV-2 e uno specchio d’acqua piatto come un lago incantato per gli altri virus ILI? Gli ammutinati diffondono il virus del covid e dispettosi non gli altri virus, mentre i virtuosi sono come spartani davanti agli altri virus ma impotenti per quello del covid?

Il risultato ricorda il cartone animato “Fantasia” di Disney: la parte di Satana e i dannati, Una Notte sul Monte Calvo di Mussorgsky, cui segue quella della processione di fedeli, Ave Maria di Shubert. Nel cartone le due scene sono in successione, qui coesisterebbero. E’ interessante letterariamente, questa unione di inferno e paradiso. Come la follia, cui oggi è congiunta, anche la frode può generare sottoprodotti artistici. Sul piano biologico e politico, via, è meglio sentirvi suonare “Romagna mia” con la mano nell’ascella.

@ Syrantex. Il covid non è “molto più contagioso” dell’influenza stagionale. Lo Ro è stato esagerato dall’inizio – per giustificare le misure liberticide – come ha descritto Ioannidis, tra i maggiori epidemiologi al mondo: Coronavirus disease 2019: The harms of exaggerated information and non-evidence-based measures. Eur J Clin Investig Marzo 2020. (Grazie per accomunarmi a Ioannidis tra i “negazionisti”).

Per dirne solo una tra le tante “Rebreathing exhaled air may increase the risk of bacterial respiratory infections and consequently increase the risk of bacterial pneumonia”. Dalla Open Letter from the UK Medical Freedom Alliance. Le mie posizioni sulle mascherine sono accostabili a questa di altri medici, accademici e avvocati, non al cecchino armato latitante che minaccia il virologo come lei impunemente vomita. Che non è mio amico, e semmai, in coerenza con le manipolazioni tecniche e le tecniche di psicologia comportamentale a fini golpistici, e secondo i tradizionali rapporti tra attivismo di loggia, terrorismo false flag e istituzioni deviate e deviabili, sarà amico vostro.

“Le cose sono molto più semplici.” Sono le panzane come le sue, basate su versioni antropomorfe, di paladini che sconfiggono il drago e traditori che invece lo aiutano, ad essere semplici in quanto puerili. Le cose hanno il carattere di un incubo gotico: “Peru: world’s strictest lockdown and world’s highest death rate”. Spiked, 2 giu 2021.

CENSURATO

@ Syrantex. “Medical doctor warns that bacterial penumonia are on the rise from mask wearing” 25 ott 2020. I medici che alleggeriscono il burden terapeutico con placebo, all’antica, qui la vitamina D (che proviene dalla medicina ufficiale (1)), sono meno peggio (2) dei rampanti che lo esasperano creando malattia con cure pesanti; quelli che ora vogliono vaccinare per il covid anche i bambini. Il voltafaccia (3), l’opposizione a rimedi inconsulti, con la quale vi atteggiate a scienziati, è funzionale all’imporre vaccini, bavagli etc. come la sola via d’uscita. E’ una tattica dei mercanti medici affossare parzialmente un prodotto – o una frode – per fare spazio ad un’aggiunta. Es. gli attacchi al pap test (4), finora celebrato come il principe degli screening, mentre si lancia lo screening per l’HPV. Affermato il business vaccinale come prassi fissa ricomincerete a sgolarvi per il vostro ricco campionario di acqua di Lourdes. Le vostre vitamine incluse. Sta già accadendo coi ricoveri: da eccessivi per creare le scene coi camion militari, fosse comuni, etc. si sta tornando a chiedere di riprendere la deospedalizzazione in corso prima del covid per ottimizzare i profitti.

1 Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19 Test Results. JAMA, 3 set 2020.
2 Il decoy effect e l’effetto Rasputin nelle frodi mediche.
3 Why has Vitamin D supplementation suddenly become controversial? BMJ, 18 dic 2020.
4 HARMS OF CERVICAL CANCER SCREENING… Int J Cancer. 2017.

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9 giugno 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Limiti “Chi si candida deve dichiarare se appartiene a una loggia massonica: una legge necessaria”

30 anni fa, per 2 anni per andare al lavoro come resident in un grande ospedale di Boston scendevo dalla metropolitana alla fermata del Common, la grande piazza centrale. Ogni giorno una delle prime cose che vedevo uscito all’aperto era un edificio imponente, con su un’architrave, inciso a caratteri giganti, “Grand Lodge of Masons in Massachussetts”. Non ci facevo più caso (me l’avrebbero fatto ricordare i nostri camerieri gallonati degli USA al ritorno in patria).

Lo stile anglosassone è la disclosure, la “luce del sole che non disinfetta” ma anzi mimetizza. Lo si riconosce in campo medico: “Doctors should avoid having financial conflicts of interest. The idea that, as long as they declare them, everything is all right, is silly. Financial conflicts of interest distort what people say and write, so how should readers handle a research report with authors on industry payroll? Should they ignore the report completely or downgrade it, and if so, in what way and by how much? The solution clearly is to avoid financial conflicts of interest entirely.” (PC Gotzche. Deadly Psychiatry and Organised Denial). La disclosure – di tutti i funzionari pubblici – è il minimo, ma è anche uno sdoganare. La non iscrizione è segno necessario, anche se non sufficiente, della virtù interiore, che sola rende valido chi impersoni lo Stato; e che lo porterà a non iscriversi ad alcuna conventicola con la scusa che ne hanno fatto parte Mozart e Garibaldi, o che vi si venera S. Maria Goretti, etc.

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5 marzo 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Musolino “‘Ndrangheta, arrestato Campisi: era latitante da 2 anni. Il broker della droga era nascosto a Roma. A casa una parrucca e molti libri”

“Oh what a tangled web we weave, when first we practice to deceive” W. Scott.

E’ l’epigrafe di un articolo che spiega i trucchi contabili sulla mortalità dei vaccinati e non vaccinati*. Falsi bilanci criminali che non temono la GdF e le DDA; che stanno dalla parte di Klaus Davi, che strilla in tv istigando ad addossare ai non vaccinati la colpa di una epidemia ottenuta con manipolazioni del genere.

La mafia viene interpretata secondo categorie fumettistiche. Come fa comodo al potere**. Dovrebbe piuttosto essere analizzata con strumenti concettuali che vadano oltre il livello Gomorra. Es. quelli alla base degli structural equations models***. Sotto questo aspetto le letture del mafioso sulla criminalità massonica e sul pasionario dell’antimafia Davi sono del tutto pertinenti alla sua attività criminale. Riguardando variabili latenti, e anche confounders, ovvero poteri che agiscono causalmente sia sulla mafia sia sulle istituzioni antimafia. Come può sperimentare a sue spese, da Lamezia a Brescia, chi sia inviso alle forze, latenti, ma non troppo, che impongono sia la mafia perenne, e quindi l’antimafia perenne; sia questa novità nella storia umana e questa mafiosizzazione della biomedicina, le epidemie rovinose a sorgente stazionaria.

*Public Health Scotland and the misinterpretation of data. Hart, 4 mar 2022.
**I professionisti della metamafia. – L’ipomafia. Sito menici60d15.
***Gli structural equations model per lo studio dei Misteri d’Italia. Sito menici60d15.

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17 giugno 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Brunetta al comizio attacca un lavoratore: “Sei dipendente? Perché ca*** parli?”. Poi non lo fa rispondere: “Il microfono ce l’ho io, comando io””

“Rosario Spatola aveva esordito professionalmente negli anni Cinquanta come lattaio ambulante. Aveva anche ricevuto una contravvenzione perché allungava il latte con acqua.” (G. Falcone. Cose di cosa nostra). Questo tirare sempre fuori come titolo di merito il fatto di essere figlio di un venditore ambulante da parte di uno come Brunetta dovrebbe essere sfruttato come controesempio, come antidoto alla retorica, di frequente uso in Italia, per la quale le umili origini sono un titolo di merito, un blasone di onestà e valore.

Per di più, a giudicare da quanto è riportato su di lui – e sui suoi legami con Draghi – in “Potere massonico. La fratellanza che comanda l’Italia: politica, finanza, industria, mass media, magistratura, crimine organizzato” (F. Pinotti, Chiarelettere, 2021) Brunetta non è esattamente uno che si è fatto da solo scalando a mani nude la piramide sociale dalla base al vertice con i suoi muscoli e la forza di volontà.

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28 giugno 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Finte vaccinazioni per far ottenere il Green pass, medico condannato a 5 anni e 3 mesi in abbreviato”

La sentenza riflette l’ideologia covid dell’esproprio della salute: il nuovo credo per il quale la salute non è uno stato di natura ottenuto attivamente dal corpo; non è la norma – da tutelare – la malattia essendo un’eccezione; ma è concessa a cittadini altrimenti inermi – e se del caso imposta – a pagamento, dal big business, tramite lo Stato.

E’ l’opposto, tanto che assumere questi vaccini può essere svantaggioso: Natural immunity is not – and never was – just a right-wing conspiracy theory. A plea to return to sane medical theses. Gruppo Hart, 25 giu 2022.

Oltre che a coonestare la riscrittura orwelliana della Costituzione e intimidire la resistenza, la sentenza “severa” appare volta a creare un alibi a una magistratura zitta e cooperante, dietro al grande telone con l’immagine di Falcone e Borsellino, sulle scorrerie commesse in nome della salute. Con la sentenza si rappresenta una buona fede, una sincerità, nel credere a versioni sempre più sgangherate; da parte di coloro che per professione riconoscono e smascherano imbrogli e miserie umane. Come l’imperatore della fiaba di Andersen che continua a camminare impettito dopo che il bambino ha gridato che è in mutande. O come certe ragazze che raccontano, e se ne convincono, che è per amore che si accompagnano a vecchiardi straricchi. O meglio, data la carica di violenza, come quelli che commettendo reati comuni contro la persona, dettati dall’interesse personale, dicono di farlo per ragioni ideali.

@ LorenzoM68. Veramente a discutere per slogan e frasette siete voi terracubisti, che descrivete fenomeni biologici la cui plausibilità è paragonabile all’affermazione che il pianeta ha forma cubica. Voi motoperpetuisti, che vi state inventando l’epidemia perpetua.

@ LorenzoM68. Le tabelline non sono le epidemie. E sono pubbliche, non riservate ai sommi sacerdoti*. E sono invarianti nel tempo, non avendo risultati diversi di mese in mese come i semplicismi fraudolenti, i “2+2”, con i quali i televirologi stanno creando la prima epidemia perpetua. Siete voi che fate un po’ come Eulero che disse a Diderot “Monsieur, (a+b^n)/n = x, donc Dieu existe; respondez”. Si possono dire sciocchezze anche essendo eccelsi matematici. Figuriamoci nel caso vostro. L’esaltare la sentenza spacciando per certe quanto l’aritmetica dei numeri naturali sperimentazioni, che per di più sono sia raffazzonate e manipolate sia beneficiarie di cattura normativa*, e pareri, che per di più senza pudore calpestano le nozioni acquisite, la storia naturale e la storiografia delle epidemie, la logica, perfino l’umile buon senso, mostra quanto sono solidi e misurati gli appoggi intellettuali e morali di questo genere di applicazioni di un potere giudiziario altrimenti disertore. Da parte di “plutocrazie farmaco massoniche”, l’unica sua affermazione che non è scollata e lontana dalla realtà.

*V. es. First finding from Pfizer trials. 95% efficacy claim does not stand up. Hart. 16 giugno 2022. Su un tribunale statunitense che ha ordinato all’FDA di rilasciare i documenti che vuole tenere segreti fino al 2076 sull’approvazione di emergenza del vaccino Pfizer.

@ Syrentex. 1) Ci sono medici convinti che i vaccini siano inefficaci, e possano avere efficacia negativa. 2) Come confermano diversi studi. E la situazione generale sotto gli occhi. 3) All’assunzione di tali vaccini lo Stato condiziona, vergogna dell’Italia, l’avere di che vivere, il lavoro, la dignità, il poter recarsi in un negozio o in ufficio, a scuola, all’università. 4) lncluso il poter esercitare la professione medica. 5) Oltre che col ricatto, l’assenso viene ottenuto spendendo la credibilità dello Stato, quella della magistratura, e epurando i medici che dissentono. 6) Riguardo al “sottarli agli altri”, a parte la sovrabbondanza di vaccini da smaltire, pagati coi nostri soldi, un medico preparato conosce “l’effetto S. Teresa d’Avila” in medicina: si versano più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle rifiutate. Es. classico, il forzare in USA tramite la magistratura una cura del cancro del mammella con ablazione del midollo osseo e chemio ad alte dosi causò una strage delle donne che l’avevano preteso.

Penso che vadano considerati tutti gli elementi, esemplificati qui sommariamente, non solo quelli della versione del governo e di chi lo manovra. E che si possa quindi parlare di stato di necessità, di dissimulazione onesta finalizzata al rispetto sostanziale dell’etica e delle leggi. E al rispetto di sé stessi, come persona e come medico. Dare 5 anni e ignorare il quadro di allarme invece mi pare tradire il mandato al controllo di legalità sugli altri poteri.

@ Syrentex. Personalmente mi comporto come lei dice; per linearità. Per il mio modo personale di oppormi all’ingiustizia privilegiando la chiarezza delle posizioni. Ma stringo idealmente la mano al condannato, per quanto so da questo articolo. Pur avendolo spesso criticato mi mancano i post su Il Fatto di O. Lupacchini, il magistrato “giusfilosofo”, dispensato dopo avere osato criticare Gratteri. Il Fatto si è impoverito privandosene. Tra le cose che ho appreso da lui la vitalità del diritto, come entità autonoma, come argine all’arbitrio tramite la legge. Anche tramite la sua segnalazione di “Diritto e menzogna – La questione della giustizia in Italia”. U. Vincenti. 2013. Che il medico in casi del genere o è “braccio dello Stato”, senza occhi, raziocinio né coscienza, oppure non esiste, può essere legge di fatto, come in effetti sta avvenendo e come i magistrati come questo avvalorano, ma non è degno di essere detto diritto. Legge aberrante, analoga a quelle che hanno provocato, dopo un’adesione sorprendentemente facile* alle ideologie che se ne avvalsero, i noti orrori**. E altri, meno noti, ma non meno sanguinosi, ne sta provocando. E qui prima di codici e pandette ci sono la realtà biologica e la medicina, dove affidarsi al suo “diritto” potrà avere conseguenze estremamente spiacevoli.

* Why did so many German doctors join the Nazi Party early? International Journal of Law and Psychiatry, 2012.
**The Nazi doctors and the Nuremberg code. Oxford U Press, 1992.

@ Syrentex. Non posso intavolare una discussione in termini giuridici, non avendo la preparazione. Posso contestare che si parta dal codice, e che si proceda per deduzione. Penso che si debba partire dalla realtà, data la quale se in casi particolari si trasgrediscono regole formali per evitare un danno ingiusto ad altri non si dovrebbe essere puniti. “Esimenti”, o cose del genere. E si dovrebbe indagare sul pericolo che l’imputato evidenzia contrastandolo.

Ho già osservato che sulla medicina, e ancor più sul covid, i magistrati accentuano la tendenza, evidenziata da Vincenti, allo scolastico, al deduttivo, o meglio allo pseudodeduttivo. Dando per assunte premesse che celano il falso, dettate dal principe, e srotolando da lì calcoli logici, vistosi ma viziati in radice. Purtroppo la diserzione dei magistrati dal controllo su cosa sta avvenendo col covid e con le sue misure da 28 ottobre 1922 facilita ciò.

Non sono un giurista, ma da cittadino vorrei che l’amministrazione della giustizia fosse – come per altre attività applicate, e applicate all’uomo – una disciplina primariamente induttiva, cioè basata in primis sull’accertamento dei fatti e della sostanza delle responsabilità. Altrimenti si giudica come don Ferrante. E, data la realtà biologica sulla quale tanti credono di poter fare i prepotenti e i giocolieri delle carte a posto come fanno coi poveri cittadini, si rischia di fare la stessa fine.

@ Syrentex. Avere ragione e mostrarlo non basta ….La funzione del PM dovrebbe essere anche quella, accertando i fatti, di riscontrare le esimenti. Invece, nessun sospetto che il si salvi chi può covid, il pandemonio con le sue smisurate e continue anomalie, contraddizioni ed estremizzazioni sia sotteso da interessi illeciti di massima scala. Neanche da parte del giudice. Anzi, con la condanna si nega positivamente che sia così (per asseverazione, senza avere soddisfatto l’onere della prova). Questi magistrati ricordano quell’inglese che continuava a uscire dalla sua camera d’albergo e a rientrarvi dopo avere chiesto un bicchiere d’acqua. Perché la sua stanza era in fiamme. Ma non sono sicuro che il loro sia aplomb. Sembra più una grave forma di emianopsia o di sordità selettiva. O di “belle indifference”.

Lei si rifarà a norme procedurali, parlando di inversione dell’onere della prova. Forse un test di buona giustizia potrebbe essere questo: che la sentenza stia in piedi anche in termini laici, senza tecnicismi. I trial – la parola indica anche i processi – clinici spesso sono costruiti ad hoc, in modo da dare i risultati voluti. Hanno validità interna ma non validità esterna, cioè applicabilità nella pratica medica alla popolazione di malati di riferimento. Analogamente, le sentenze, tecniche quanto volete, dovrebbero essere tali da restare aderenti al vero anche varcata in uscita la soglia dell’aula dalla quale sono entrate, provenendo dal mondo esterno dove vivono.

@ Syrentex. Stiamo parlando della notizia del processo – che è pure importante, per il messaggio che diffonde – non del processo, del quale non conosciamo i dettagli. Il solito equivocare tra prescrittivo e descrittivo. Se è prescritto, perché i magistrati si sono comportati, come spesso fanno, come se avessero al contrario un diritto al prima facie, al superficiale, al conformismo prono? A istruire procedimenti ed emettere condanne basandosi sulla medicina per come viene raccontata dalle riviste femminili ? Per come viene dettata dal marketing biomedico (che conosce il potere persuasivo, e intimidatorio, di una singola sentenza di tribunale). Un diritto a ignorare circostanze e evidenze drammatiche e di dimensioni epocali, che al contrario dovrebbero doverosamente essere oggetto della loro funzione di indagine?

E’ noto che in biomedicina il riduzionismo favorisce interpretazioni errate e di comodo. A tale proposito, parlando di covid, v. What is a pathogen? Toward a process view of host-parasite interactions. Virulence, 2014. I magistrati fanno lo stesso, almeno in appoggio a grandi operazioni ideologico affaristiche in medicina, che sono l’antitesi fedele della Costituzione mentre si conformano all’apparenza ai suoi dettati; tanto da ricordare l’antagonismo molecolare farmacologico – come quello di molti veleni letali. V. Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico. Sito menici60d15.

@ Syrentex. Parlate voi di forma e sostanza … mentre dite che il giudice di Pinocchio va bene perché il condannato può rivolgersi ai giudici delle corti superiori. Anzi peggio: per sentenze del genere, a parte il danno all’imputato, così come la smentita di una notizia falsa diffusa a mezzo stampa perfeziona la disinformazione, l’assolvere nei gradi successivi dopo che la notizia della sentenza ha dato i suoi effetti deleteri sul pubblico lascia il danno e autoassolve i magistrati. Che dovrebbero essere più responsabili sul loro potere di costruzione della realtà sociale. E risponderne. Alla luce del teorema di Thomas: “ if men define situations as real, they are real in their consequences”. Ciò vale soprattutto per i pronunciamenti della magistratura sulla medicina, che viene presentata al pubblico in versioni artefatte a fini di lucro; a volte puntualmente associate a spot giudiziari. Soprattutto su questioni controverse e politicamente sovraccariche come questa anomala epidemia. Soprattutto per un’epidemia gonfiata con adynaton e imposizioni ad hoc, abnormi e nocive. Tanto che si dovrebbe indagare per epidemia dolosa; includendovi la diffusione di informazioni e le delibere che definendo il reale anche se biologicamente infondate creano nei fatti una situazione di epidemia, coi suoi danni. E includendovi anche i magistrati che partecipano alla costruzione dell’epidemia tramite suggestio falsi e suppressio veri. Invece si pongono le basi per avere in futuro altre “epidemie di Thomas”.

@ Syrentex. Nel dirimere una contesa, dando ragione all’uno e torto all’altro, il giudice inevitabilmente crea uno che è contento e uno che è scontento. Questa massima che i magistrati ripetono spesso mi fa cascare le braccia e mi porta a interrogarmi sul loro modo di sentire e di ragionare. I casi minimi infatti non sono due ma quattro: contento avendo viste riconosciute le proprie ragioni. Contento per “essere andato in tasca alla giustizia” avendo vinto essendo nel torto. Scontento perché avendo torto il giudice lo ha dimostrato. Scontento perché essendo nel giusto viene invece sancito che ha torto. C’è una essenziale differenza tra l’essere scontento per non averla fatta franca o per finire cornuto e mazziato. Chi riconosce solo due casi commette una circolarità sul piano logico e mostra insensibilità per l’altro e per l’avere giustizia, mentre mette sé stesso al centro e si attribuisce infallibilità.

Sulla sorte delle mie denunce, ho motivi di ottimismo: quando mai i magistrati non hanno svelato le trame del potere, come quelle dei cosiddetti “Misteri d’Italia”, presto e bene, e messo subito in galera, in massa, esecutori, quadri intermedi e mandanti? E ne abbiamo già parlato, ricorda. Nello scambio a commento al post del 4 maggio 2021 “Massoneria e politica, siamo alle solite: la vita pubblica va protetta dai gruppi privati”, quando tra le altre squisitezze additò alla mia attenzione come andarono a finire le denunce del povero notaio Marrapodi …

Nel dirimere una contesa, dando ragione all’uno e torto all’altro, il giudice inevitabilmente crea uno che è contento e uno che è scontento. Questa massima che i magistrati ripetono spesso mi fa cascare le braccia e mi porta a interrogarmi sul loro modo di sentire e di ragionare. I casi minimi infatti non sono due ma quattro: contento avendo viste riconosciute le proprie ragioni. Contento per “essere andato in tasca alla giustizia” avendo vinto essendo nel torto. Scontento perché avendo torto il giudice lo ha dimostrato. Scontento perché essendo nel giusto viene invece sancito che ha torto. C’è una essenziale differenza tra l’essere scontento per non averla fatta franca o per finire cornuto e mazziato. Chi riconosce solo due casi commette una circolarità sul piano logico e mostra insensibilità per l’altro e per l’avere giustizia, mentre mette sé stesso al centro e si attribuisce infallibilità.

Sulla sorte delle mie denunce, ho motivi di ottimismo: quando mai i magistrati non hanno svelato le trame del potere, come quelle dei cosiddetti “Misteri d’Italia”, presto e bene, e messo subito in galera, in massa, esecutori, quadri intermedi e mandanti? E ne abbiamo già parlato, ricorda. Nello scambio a commento al post del 4 maggio 2021 “Massoneria e politica, siamo alle solite: la vita pubblica va protetta dai gruppi privati”, quando tra le altre squisitezze additò alla mia attenzione come andarono a finire le denunce del povero notaio Marrapodi …

@ Syrentex. Se un crimine è dimostrato e il giudice non accetta la dimostrazione – per non parlare della lupara bianca delle denunce – non è che non sia vero. O realmente non soddisfa gli standard giudiziari, o il giudice è incapace o pavido o venduto. Quanti magistrati scippano le vecchiette? Nessuno. Quanti aderiscono al peculato epistemologico che lei teorizza, per il quale la verità di fatto, la verità storica, la stabilisce il giudice? Mentre si mette il collare ai magistrati, si vuole dare loro questa funzione di cani da guardia del pensiero unico. Addestrandoli su cosa è scienza e cosa è complottismo, scie chimiche, etc. Sembra che la repulsione per lo scippo della verità sia minore che per lo scippo delle borsette. Sarebbe interessante conoscere la reazione dei magistrati alla difesa che si riduce a parlare di rettiliani, di negazione di Eratostene sulla geometria del pianeta (II secolo AC), quando si documentano crimini dei poteri maggiori.

Tamburino nel suo recente libro “Dietro tutte le trame” (nel quale la massoneria è citata 81 volte) parla di “distanza, talora abissale, tra verità reale e ricostruzione giudiziaria”. A volte c’è anche una distanza come quella tra la terraferma e il fondo della Fossa delle Marianne tra i doveri dei magistrati e i loro comportamenti. Altrimenti lei si guarderebbe dal definire in questi termini svilenti la funzione giudiziaria.

@ Syrentex. Al momento l’unico etichettato formalmente come criminale, da chi si occupa di pendagli da forca, è il medico oggetto del procedimento. Il tempo dirà delle posizioni dell’etichettato e degli etichettatori.

Gli alchimisti pensavano di mutare il piombo in oro, per via chimica. Avevano torto, ma la trasmutazione degli elementi è stata ottenuta tramite la fisica nucleare. Il vaccino cowpox non mutava le persone in vacche. E’ il vaccino di Speranza che oggi muta la società in una Fattoria degli animali, con il gregge da spremere, i tribuni del popolo che divengono tiranni, gli uguali più uguali, la zootecnia dei cittadini mascherata da medicina. Del resto, volendo evitare l’impresentabile realtà attuale, e parlare di remoti precedenti storici, il riferimento più antico non è al ‘700 di Jenner, ma al Vangelo di Matteo: “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecora, ma dentro sono lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete”; considerando che Speranza è affiliato alla Fabian society, che ha per emblema un lupo coperto da una pelle d’agnello.

@ Syrentex. I fatti, e le bugie contraddittorie, con il morbo ammazzadiritti che impazza* dopo la vaccinazione di massa forzosa – quando avrebbe già dovuto esaurirsi naturalmente – con i dati sulla salute della popolazione che dietro alle veline sono peggiorati con le vaccinazioni**, con le persone rese bolse dal ricatto vaccinale***, indicano che state facendo di Barabba il messia. “Dai loro frutti li riconoscerete”; e questo vale anche per i magistrati.

*Covid, i medici di famiglia: “incremento esponenziale del contagio con numeri mai osservati in oltre 2 anni di pandemia”. Il Fatto, 2 lug 2022.
** A picture tells a thousand words: or does it? More data lies try to prop up crumbling narrative. Gruppo Hart, 2 giugno 2022.
*** Rise in long-term sickness. But the timing doesn’t fit long covid. Gruppo Hart, 25 giu 2022.

@ Syrentex. Lei dice di ragionare in termini di diritto ma batte e ribatte sulla categoria “Novax”. Cioè applica la guilt by association. Tipica del maccartismo. Mizzica che giurista. Accetto la sua etichetta, “novax”: lei dice di non averne mai sentito uno che non proponga “ognuno faccia come gli pare”. Eccomi. La libertà di cura è un’altra truffa della medicina degli usurai. E’ il caveat emptor, alternativo alla medicina forzosa. Nella giungla della malattia è rischioso, fino a essere suicida, “scegliere” tra i vari “professional” o fare di testa propria. Occorre affidarsi alla medicina; uno dei cui compiti principali è dire cosa non fare, allontanando dalle credenze irrazionali e dalla superstizione. Però lo Stato deve garantire una medicina cristallina e affidabile. Non la medicina di Vanna Marchi con venature di Mengele. La libertà di cura è segno del naufragio; è il si salvi chi può, l’estrema ratio davanti a un impazzimento come quello presente.

“Non c’è criminale che non si lamenti dei giudici”. Detto da lei mi viene in mente il “non tutti i massoni sono criminali ma tutti i criminali sono massoni”. Comunque. E’ proprio questo il problema, che in Italia se ne lamentano solo i criminali e i traffichini. Mentre dovrebbe essere riconosciuto dagli onesti che senza giustizia imparziale ed efficiente non c’è democrazia; e che rispetto ai poteri forti la magistratura non la conta giusta, e fa il doppio gioco.

Non postato per chiusura dei commenti. @ Syrentex. Raj Bhopal, tra i maggiori esperti di igiene pubblica, ha paragonato il trovarsi in una epidemia nuova alla condizione di “zugzwang” degli scacchi, dove ogni mossa è svantaggiosa e i piani vanno studiati per uscirne minimizzando il danno, accettando soluzioni che comportano danno per evitare danni peggiori. L’ha detto sapendo che le epidemie sono battaglie che vengono comunque vinte, dalle difese naturali; si tratta di minimizzare il costo della vittoria. Tanti esperti, es. con la Barrington declaration, hanno applicato correttamente in questo senso le conoscenze mediche. Venendo bastonati. Invece l’epidemia è stata presentata come la fine del mondo, la medicina come magia onnipotente, che salva senza danno, e le persone come i “topi nudi” di laboratorio, prive di difesa. Col risultato che si è giocato a perdere, arrivando alle conseguenze allucinanti di una epidemia che proseguirebbe come mai visto prima avendo obbligato la cittadinanza a vaccinarsi come mai fatto prima. Sulle responsabilità di massoni e magistrati (un’endiadi, a volte …), come lei dice quando mai chi è responsabile di disastri di portata storica lo ammette, etc.

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Vedi

26 ottobre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Pietrobelli “Falsi tamponi a Trento, chiesto il processo per un infermiere e 87 clienti: “Pagavano 200-250 euro per poter ottenere il green pass””

In: Entomologia forense. L’infestazione da troll delle notizie di reato

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18 novembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Limiti “Massoneria, la relazione dell’Antimafia: “La legge scritta dopo la scoperta della P2 è inadeguata, servono nuove norme””

“Mi ha dotato di sette cose belle.” “E quali sono?” “Omertà, fedeltà, politica, falsa politica, carta e penna, coltello, rasoio.” (Sull’iniziazione ndranghetista. Da “Il previtocciolo”, Feltrinelli 1971; di Don Luca Asprea, un prete di Oppido Mamertina). A proposito di falsa politica, di fumo negli occhi, sui rapporti tra massoneria e ndrangheta (decenni fa le due parole erano sinonimi in Calabria) sarebbe un passo avanti se la commissione antimafia non avesse a capo uno che come Morra sia promotore di massoni; e di Cavalieri del Santo Sepolcro*, l’organizzazione paramassonica che ricorre in tante descrizioni: banca Rasini, banda della Magliana, Bruno Contrada e il conte Cassina, Marcinkus, Gelli e altri massoni, il notabilato palermitano dei tempi dell’uccisione di Insalaco, imprese negative di magistrati, carabinieri, questori, etc. Ma l’attuale antimafia tende ad includere, in osservanza di un precetto base della cultura politica italiana, che foggiata dal clero considera poco cristiano separare, porre limiti netti e contrapposizioni assolute tra poteri, ma li vuole affratellati dietro alle sceneggiate di facciata.

* Il grillino massone candidato a Cosenza tra le polemiche. Il Manifesto, 26 feb 2016.

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vedi:

9 gennaio 2023

Le carte a posto dei giudici, le puntuali sfortunate coincidenze tra il denunciare tradimenti istituzionali e ricevere danni ingiusti dallo Stato, e i proiettili in testa: i tre livelli della rappresaglia al tempo delle fortune dei Mattarella

In: L’uso del fisco nell’eversione di Stato

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11 gennaio 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Francesco Bruno, morto il criminologo che si è occupato del mostro di Firenze e di decine di casi di ‘nera’”

Insieme al suo maestro Ferracuti (P2 e agente CIA*) diagnosticò un disturbo psichiatrico a Moro prigioniero. Sulla base di una lettera di Moro. “Il mio compito, ha dichiarato Bruno, avrebbe dovuto essere quello di aiutare il presidente della Dc a ricostruire la sua personalità provata dalla prigionia e da una condizione che lo stesso Moro aveva definito di “pieno e incontrollato dominio di altri su di lui”. Mi ricordo che all’ epoca si parlò della possibilità di isolarlo per alcuni giorni, come consigliavano di fare nei casi di “sindrome di Stoccolma” gli studi americani, in una stanza al policlinico Gemelli.”**

Nel 1993 Cossiga affermò che la Procura di Roma era d’accordo con l’internamento**. Suscitando proteste sdegnate. Cossiga non è una fonte sicura; ma non escluderei che abbia detto il vero, potendo portare a conferma una testimonianza di ciò di cui sono capaci i magistrati in conformità agli interessi criminali di chi controlla l’Italia. Per di più conoscendo come certi poteri, tradizionali servitori di chi controllando l’Italia ogni tanto chiede qualche testa, siano particolarmente di casa a Celico, come in altri paesini e città calabresi.

*Imposimato F. Doveva Morire. Chiarelettere, 2008.

**Cossiga: tacevo per carita’ di patria. Polemiche dopo le dichiarazioni di Cossiga Francesco sul progetto per accogliere Moro Aldo dopo un eventuale rilascio. “l’isolamento concordato con la Procura ” – Guerzoni: “in quella riunione decisero che era pazzo”. Corsera 1 dic 1993.

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21 gennaio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Nicola Gratteri ad Accordi&Disaccordi (Nove): “Parlare di sconfitta delle mafie? Oggi non ci sono le condizioni per dirlo””

Falcone disse che le mafie avranno fine in quanto fenomeno umano; ma non ha detto quando. Così spiega Gratteri, con un ragionamento che ricorda quello sullo “halting problem” di un computer di Alan Turing. Con la differenza che Turing considerava un sistema deduttivo chiuso, nel quale la logica porta a verità. La liberazione potrebbe avvenire quando la Terra verrà assorbita dal Sole, conclude Gratteri, applicando, come tendono a fare i magistrati, deduzioni logiche corrette a premesse che ignorano componenti chiave della realtà, o false. Certo non in tempi brevi: le mafie “sono una componente strutturale del tessuto sociale ed economico. È illusorio pensare di poterle debellare». (G. Melillo, capo dell’antimafia).

Le mafie sono rese immortali in quanto fanno comodo a troppi come componente strutturale del sistema di potere. A chi le usa come strumento per controllare l’Italia; ai contigui che ci fanno affari e accordi; ai politici, che ne traggono legittimazione; al popolo, che con il film della mafia si ritiene esentato dal contrastare civilmente mafiosità legalizzate, dal ricatto jab for job al pizzo in bolletta. E a magistrati e polizie, per i quali il concentrarsi sul fronte mafioso è un alibi per ignorare altre grandi predazioni e violenze, legalizzate; che i poteri dello Stato aiutano, con mezzi culturalmente mafiosi, come mi viene dato modo di osservare nella Lamezia di Gratteri e nella Brescia dove Melillo ha pronunciato la sua crudele diagnosi.

@ arrivo io. In un altro punto dell’intervista, riportato oggi su il Fatto, Gratteri giustamente dice che la mafia ci può assomigliare: è immortale “il legno storto dell’umanità”. Ma è questione di intensità, i cui effetti non sono proporzionali. Un sassolino scagliato a mano fa un po’ male. Per la fisica, un proiettile della stessa massa, lanciato a una velocità 50 volte maggiore, farà male non 50 ma 2500 volte. La descrizione di questo grande alibi, la mafia, oscilla tra lo “arte e fattura diabolica” del falso anonimo manzoniano e lo “anche il bambino che toglie la merendina al compagno”. Mentre scrivevo pensavo a come sono stati coperti stragi e omicidi di valorosi al Sud e a come similmente stanno venendo coperte la natura e le responsabilità dell’anomala strage covid in Lombardia nel 2020. Non alla termoidraulica “freghigna” che tutti dobbiamo fronteggiare. Dove tracciare il confine? Per me, ai piedi di quello che chiamo “Il versante Rotary”. La massoneria, l’affiliazione del medico che copriva Messina Denaro – consulente di magistrati – ha due versanti. Quello su mafia, eversione P2, etc. E quello delle aggregazioni paramassoniche, frequentate da prefetti, questori, medici, magistrati, commercialisti, etc. Che nella mia esperienza non sono innocenti. E’ lì – incluse le varietà clericali – che va piantato il cartello “hic sunt”; a segnare la soglia di mondi che comprendono insieme alla mafia altre scelleratezze, come l’uso che sta venendo fatto della medicina.

@ arrivo io. Forse ha ragione. Dovevamo rifare un modesto corpo avanzato di 30 mq, e l’ingegnere ci ha sconsigliato di usare il 110%, pur avendone diritto, perché è una cosa da ammanicati, ci ha detto, e avremmo rischiato di pagare per intero, a prezzi gonfiati. Ma questo resta il meno dell’affollato versante Rotary, conoscendone altri frutti. Credo che lei non abbia chiaro cosa vuol dire più che proporzionale: che certi atti hanno un effetto moltiplicativo, spesso da sinergie. Es. diagnosi e cure sbagliate, in accordo con ordini di scuderia, in un clima di emergenza ingigantito ad arte da politici e media, facilmente possono dare luogo a un picco di mortalità; che servirà a giustificare la sospensione dei diritti di base (incluso quello del rispetto della salute delle persone); e magistrati compiacenti facilmente possono mettere tutto a tacere.

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24 gennaio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Mafia, Bindi a La7: “Non esisterebbe senza la copertura degli apparati dello Stato. Nordio? Non mi convince la sua idea sulla criminalità” “

Ieri sera Report ha mostrato che da molti anni erano stati segnalati i legami di Tumbarello, il medico massone che copriva Messina Denaro, con ambienti compromessi con la mafia. Eppure Tumbarello è stato consulente dei magistrati, a spese del contribuente*. “Apparati dello Stato” sta per servizi. “Borghesia mafiosa” sta per il versante piduista della massoneria; quest’ultima espressione però non è solo un eufemismo, ma un coprire spostando i picchetti di confine. Il cartello “hic sunt” andrebbe posto alle pendici dell’altro versante, il versante “Rotary”, quello delle varie consorterie laiche e cattoliche dei perbene.

*Le “protezioni” di massoneria e imprenditori nella latitanza di Messina Denaro. Avvenire, 18 gennaio 2023.

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13 maggio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Frosina “Presentò il suo libro all’evento dei massoni: il Csm “salva” dal trasferimento il pg di Brescia”

Mizzica. Questo articolo de Il Fatto del 13 maggio 2023 l’ho letto oggi sabato 13 maggio 2023, ore 9:30, appena tornato dalle Poste di Brescia, avendo inviato per racc. al procuratore generale Rispoli la tessera elettorale – date le imminenti elezioni comunali – con lo scritto “La partecipazione della magistratura agli stagecraft criminali ed eversivi” dove parlo dell’attuale procedimento, da lui avocato, sulla strage covid in Lombardia del 2020*. Nel materiale faccio anche riferimento all’uso abituale da parte dei massoni delle coincidenze a scopo di derisione, di ostentazione di potere e immunità, e di minaccia. Credevo che la vicinanza di Rispoli fosse limitata al clero, essendo egli l’autore con Vito Mancuso del libro dal dimesso titolo “La bellezza, la legge e Dio”.

*Lo knock-on dell’operazione covid in Lombardia orientale.

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21 giugno 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Portanova “Mafia e massoneria, Bisi: “In Sicilia abbiamo depennato dalle logge due condannati”. Di Bernardo: “È la sanzione contro i morosi” “

La trave dei legami con la mafia distoglie dal pilone da viadotto della colonizzazione dello Stato. A Bolzano un gran maestro loda come massone nato un procuratore generale*. Lode fondata, posso testimoniare. E questo è niente rispetto a quanto si fa nel cosentino e nel lametino dove si ostentano, con la petulanza del picciotto, a sfregio a chi denuncia reati di alto bordo che vanno protetti complicità tra la massoneria e le istituzioni proposte alla legalità, posso testimoniare. Certo che ci sono legami tra massoneria e mafia. Ma la masso-mafia non deve mettere in ombra il masso-Stato, dove dalle Dolomiti alla Sila la compenetrazione tra massoneria e istituzioni porta ad operazioni che è ingenuo e sconsiderato credere siano meno gravi di quelle del tempi di Gelli, del terrorismo e dello stragismo.

*Presentò il suo libro all’evento dei massoni: il Csm “salva” dal trasferimento il pg di Brescia. Il Fatto, 13 maggio 2023.

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24 agosto 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Riaperta la chiesa dove fu ritrovato il corpo di Elisa Claps. Il fratello: “Ladri di verità per 30 anni, spero che nessuno ci entri””

Non va dimenticato che la verità sull’omicidio di Elisa è emersa fortunosamente, per la reiterazione del crimine da parte di uno psicopatico protetto lasciato impunito, e per non potere più nasconderla data l’azione giudiziaria in UK. La storia mostra anche un’altra verità che si vuole far dimenticare: l’alleanza tra clero, massoneria, forze di polizia e magistratura a copertura di crimini. Dietro alle declamazioni altisonanti su Vangelo, legalità, contrasto alla mafia, eroismo dei servitori dello Stato, etc. E’ una verità che le persone oneste che si oppongono a crimini di notabili conoscono bene. Mentre quella che chiamo “mafia passiva”, le tante persone comuni con la loro omertà, questa verità la respinge, ed entrerà in quella chiesa che è stata profanata dai suoi stessi custodi, non conoscendo altro che la speranza del favore dei potenti e la paura di scontentarli.

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14 settembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. De Vita “La mamma di Elisa Claps a “Chi l’ha visto”: “Il parroco sapeva benissimo la verità”. E spunta un nuovo testimone: “Io in questa Chiesa sono stato abusato””

In quella chiesa più che Dio si è di fatto adorato Satana. Si dice che Dio si serva dei piccoli. Anche Satana: uno stuolo di piccoli uomini ha continuato a servirlo dopo il massacro di una ragazza pura, coprendo a oltranza gli immondi officianti. La prosecuzione è avvenuta in altri luoghi che come le chiese si presentano come consacrati al Bene: i luoghi della legalità e della giustizia. Cioè i luoghi dell’emancipazione dallo stato di natura. Dalla bestialità. Quella che è stata celebrata davanti al tabernacolo.

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15 settembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Loggia Ungheria, indagine archiviata a Perugia: il gip accoglie la richiesta di Cantone”

La Loggia Ungheria esiste? Non lo so. Anche se non esiste materialmente, come questa archiviazione induce a pensare, è una efficace rappresentazione di posizioni della magistratura rispetto ai poteri massimi. Nella mia esperienza quando sono in gioco indicibili voleri sovranazionali, quelli del business medico e ora della medicina come instrumentum regni, la magistratura collabora. Così che i poteri forti possono contarla tra le loro quinte colonne, insieme a servizi, mafia, Vaticano, logge, e corrotti sfusi.

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30 ottobre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Corlazzoli “Insegnanti a scuola di gestione del disagio giovanile, il test in Liguria e Piemonte con il Rotary”

Ci sono 3 Costituzioni. Quella ufficiale, che, come il cilindro campione di platino-iridio del chilogrammo a Sevres, sta sotto una campana di vetro. Quella di fatto, che è data dagli occupanti dei due palazzi del Quirinale, che sono loro la costituzione, facendo dire a quella sotto vetro ciò che vogliono come un ventriloquo al suo pupazzo. E una terza, una Costituzione ideale, del mondo dei sogni. Questa dovrebbe proibire a privati iniziative mediche, e assicurare che non l’esercizio, ma il controllo di efficacia e utilità, e la definizione delle necessità e delle misure mediche, sia esclusiva dello Stato.

A partire dagli screening a tappeto “filantropici”. Che provocano masse di falsi positivi, cioè di persone falsamente etichettate come malate. Qui di giovani bollati come malati di mente. A vantaggio degli squali della medicina. Andrebbe capito che la diagnosi è un atto non meno pericoloso della terapia, e che non ci si può alzare la mattina e decidere di somministrala a sani “a fin di bene”. Tanto più da parte del Rotary, la paramassoneria organo delle classi agiate, quelle che beneficiano da frodi come gli screening di massa. Rotary che è legato alla Gates Foundation, e che finanzia l’OMS, poteri privati che “immense harm”* hanno già fatto ai minori. Né i presidi dovrebbero vendersi gli alunni. Bisognerebbe segnalarlo ai magistrati, che però sono parecchio affratellati col Rotary.

* Yet more fear mongering over covid in children. Gruppo Hart, 1 ago 2023.

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1 novembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “È morto l’ex ministro Luigi Berlinguer, aveva 91 anni. Schlein: “Lascia un patrimonio politico inestimabile””

– l’ex ministro dell’Università Podestà si lasciò sfuggire una confidenza difficilmente dimostrabile, ma probabilmente vera: «I rettori italiani? La metà di loro è iscritta alla massoneria».8 Certo si riferiva anche al proprio successore sulla poltrona di ministro dell’Università, quel Luigi Berlinguer all’epoca rettore a Siena, e poi presidente della conferenza dei rettori, indicato da un quotidiano locale, Il Cittadino di Siena, come uno dei maestri più venerati della città del palio. (Un Paese di baroni. Truffe, favori, abusi di potere, logge segrete e criminalità organizzata. Come funziona l’università italiana. Chiarelettere, 2009).

– ll governo D’Alema appoggia i bombardamenti della Nato a Belgrado. Scavalca a destra gli alleati cattolici e Berlusconi anche su un altro versante. Il ministro all’Istruzione Luigi Berlinguer pensa bene di arrivare dove nemmeno la Dc si è mai spinta: invece di rilanciare la scuola pubblica, finanzia quelle private con buoni statali e con l’estensione del trattamento fiscale riservato agli enti senza fini di lucro. (I panni sporchi della sinistra. I segreti di Napolitano e gli affari del PD. Chiarelettere, 2013).

– Con il varo della riforma universitaria che porta il nome di Luigi Berlinguer, iniziava anche istituzionalmente il lungo genocidio che avrebbe portato a completa distruzione l’università italiana, consegnandola alle sue tare originarie. (Modernizzazione senza sviluppo. Il capitalismo secondo Pasolini. B. Mondadori, 2005).

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9 novembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. De Vita “Chi l’ha visto?, Federica Sciarelli chiede scusa alla madre di Elisa Claps: ecco perché lo ha fatto”

Il diavolo fa le pentole. La magistratura fa i coperchi (v. “Felicia Genovese” in *). E’ accaduto che le pentole abbiano perso il coperchio, con l’omicidio in UK, del quale la compiacenza delle istituzioni italiane è stata causa necessaria. A ciò e alla dirittura dei Claps si deve se la scelleratezza non è rimasta occultata come l’avevano resa clero, massoneria, magistratura, polizia, etc.

Elisa è morta per una sua pulizia interiore, per la Fede istintiva e candida che hanno alcune ragazze: una chiesa le sembrava un luogo sicuro. Altri giovani sono stati uccisi per la fiducia che provavano rispetto a istituzioni etiche. Morì così Serantini**. Abbandonato in un brefotrofio, era stato adottato da un poliziotto. Serantini deve avere associato la divisa al bene, alla protezione. Quando la polizia caricò, lui non fuggì come gli altri. Gli fracassarono il cranio col calcio dei fucili. Anche qui la magistratura ne esce molto male**. Era figlio di un agente di polizia, locale, anche Federico Aldrovandi, ucciso per avere incontrato poliziotti sbagliati. Credeva evidentemente che le caserme dei CC siano luoghi consacrati alla legalità Serena Mollicone.

La storia di Elisa dovrebbe mantenere aperta una consapevolezza, soprattutto per i giovani del genere omnia munda mundis, sulle reti sotterranee che collegano i vari palazzi del potere, e sui pericoli dietro alle loro facciate rassicuranti.

*T. Jones. Sangue sull’altare. 2012.
**C. Stajano. Il sovversivo. 1975.

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13 gennaio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al postr di P. Barabino “Martina Rossi “corresponsabile” della sua caduta mortale per sfuggire alla violenza. La richiesta choc dei condannati al giudice”

Insomma un po’ “è stata una scelta sua” quella di esporsi al rischio di precipitare. Un merito questi avvocati ce l’hanno: mostrano, riproducendola, la forma mentis dei loro assistiti, e fanno così rivivere la violenza cialtrona alla quale Martina volle sottrarsi. L’atteggiamento arrogante e petulante dei piccoli prepotenti che si atteggiano a duri e ricattano, convinti dato il loro metro di vigliacchi di stare avanzando una proposta che non può essere rifiutata. Che i loro avvocati in aula arrivino a sviluppare, nel chiedere ulteriore impunità, lo stesso argomento col quale Martina è stata spinta fuori dal balcone è un indice del favore che negli uffici giudiziari viene accordato ai peggiori.

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24 gennaio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post “Matteo Messina Denaro, inizia il processo al medico che per l’accusa curò e aiutò il boss durante la latitanza “

Spero che non venga consentito all’Ordine dei medici di costituirsi parte civile. Non conosco l’Ordine dei medici di Trapani. Ma conoscendo come gli ordini dei medici siano nella disponibilità degli apparati che si sono occupati della pluridecennale invisibilità di Messina Denaro, e che si occupano anche di lupare bianche morali, spero che non venga riconosciuto loro un piedistallo morale; del quale faranno pessimo uso. Non andrebbe ignorato che la lotta alla mafia di cosca è il grande paravento per la mafia di Stato, come quella esercitata da certi ordini dei medici.

Per non parlare delle affiliazioni massoniche. Qualche ordine dei medici ha difeso, eliminando le voci critiche more mafioso in consonanza con la magistratura, le promesse grandiose della “medicina rigenerativa”. Sembra che mentre la ricostituzione di tessuti cerebrali o cardiaci resti nel mondo dei sogni, la rigenerazione della verginità antimafia sia un brillante successo. Tumbarello, medico e massone, era consulente abituale del Tribunale di Trapani. Speriamo non vi sia una convergenza di interessi a ottenere “l’effetto urì”, additandolo come singola pecora nera in un branco di candidi virtuosi, a là Palamara; tracciando come al solito un confine perbene-mafiosi che sembra dritto come una spada e in realtà è un tortuoso gerrymandering. Avrei riserve anche sulle associazioni antimafia, ma credo di essermi già fatto abbastanza nuovi amici.

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25 gennaio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Capezzuto “Sisma, una comunità del sapere per la lotta alle mafie. Ce n’era un grande bisogno”

Mi preoccupò la notizia che nella città dove abito si sarebbe insediata una sezione dell’Antimafia di via Giulia. Non perché io abbia alcunché a che fare con la mafia. Ma perché so come l’antimafia sia un paravento per praticare la mafia di Stato a favore dei poteri forti. Cioè il piduismo. Non credo sia un caso che l’alto magistrato che ottenne la sezione antimafia avesse definito la P2 come un’associazione affaristica, negando che avesse intenti eversivi. Con l’antimafia la città si è affermata come hub per operazioni di stampo piduista*.

La mafia come entità ontologica, la mafia perenne, costituisce uno standard negativo rispetto al quale fare sembrare degne istituzioni corrotte. E’ un falso standard, un alibi, un diversivo e uno spauracchio per spingere a cercare protezione nello Stato: la metamafia. Fare dell’antimafia un’attività burocratizzata, con soldi e prestigio, ora pure cattedre, favorisce l’inganno. Per me l’antimafia buona è quella che punta dritta all’eradicazione della mafia; non quella che ci ricama, fa da rapsodo e prospera. Come minimo uno studio formale dovrebbe considerare il complesso mafia-antimafia. E oltre ai crimini della mafia di cosca quelli che sotto la copertura della lotta alla mafia sono commessi impunemente dalla mafia di Stato. Dal piduismo, che non è solo affarismo, ma una delle dita della mano della quale la mafia è un altro dito.

* Il livello Scarantino, palazzo Zanardelli e la strage covid in Lombardia orientale

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V. anche:

I due sillogismi di Gomez e la giustizia “dai cinesi”

– La cura come strumento del truffatore, dell’omicida e del parassita al tempo dello Stato canaro. In L’uso del fisco nell’eversione di Stato, Estate 2023.

Il paradosso dei monatti

 

Morte cardiaca, CC e magistrati

3 March 2011

Blog di Andrea Carancini

Commento al post “Due italiani seri: ricordo del generale Giorgio Manes e del magistrato Ottorino Pesce” del 3 mar 2011

Mi associo sommessamente al ricordo del generale Manes e del magistrato Pesce. Onore a loro e agli altri Caduti.

https://menici60d15.wordpress.com/2008/06/21/calipari-virtu-militari-e-diritto/

https://menici60d15.wordpress.com/2010/12/21/1744/(L’omertà e la complicità nazionali nelle epurazioni USA)

Quello delle tecniche per provocare o favorire una morte cardiaca prematura è un discorso complesso e delicato; ma sarebbe quanto mai attuale oggi, con una magistratura e un’arma dei CC “bonificati”, e che hanno imparato fin troppo bene la lezione, tanto da avere ormai, ritengo, più meriti come esecutori delle epurazioni che come vittime.

https://menici60d15.wordpress.com/

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31 maggio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Guglielmo Mollicone, morto il papà di Serena: per 20 anni ha cercato la verità sull’omicidio”

Anni fa inviai una lettera di protesta sul comportamento mafioide di magistrati al presidente dell’ANM. Tale Palamara; allora non era noto al grande pubblico e io non sapevo niente di lui tranne che era stato scelto dai magistrati a rappresentarli. L’unico riscontro apparente è stato una reiterazione e un aggravamento dei comportamenti mafioidi istituzionali. Ho sviluppato una scorza alle porcherie del potere, ma anche per me è toccante l’immagine di quella ragazza di 19 anni che con la sua concezione ingenua del mondo bussa alla sede preposta alla legalità. Ora, passati tanti anni e col processo che deve ancora iniziare, se ne è andato il padre. L’arte di simulare la giustizia senza praticarla davvero ha tra le sue procedure anche quella di logorare le parti lese, stressandole, con effetti avversi sulla circolazione coronarica.

V. anche Pubblicare la lista dei magistrati di CL

‘O guerriero

3 March 2011

Blog di Beppe Grillo

Commento al post “La via del guerriero –  Piercamillo Davigo” del 2 mar 2011

“Dovere di un guerriero.. è combattere … Non te ne deve importare niente … se sei dalla parte giusta o dalla parte sbagliata, meno che mai ti deve importare di quali saranno le conseguenze ultime delle tue azioni…”. P. Davigo, citando il Mahabharata.

Anche il prefetto di Brescia, Brassesco Pace, ha raccontato in tv che un politico le ha detto “Lei è un guerriero”. Io invece nel mio idioletto, quando vengo molestato da auto della polizia o sfiorato da auto in borghese, cosa che mi capita ogni giorno, la chiamo “Mezzastriscia”:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/04/la-mezzastriscia/

Dalle sale biliardo si è esteso ai manager e ora a chi esercita il potere dello Stato il paragonarsi a un guerriero. I guerrieri si giocano la vita. Haldane, uno scienziato che aveva combattuto nei commando, ha scritto, citando come Davigo la tradizione indù, che il gioco d’azzardo si addice al guerriero perché simboleggia quanto facilmente egli possa giocarsi la vita e perdere. Chi è garantito dallo Stato a volte gioca con la vita degli altri e fa carriera pugnalando alle spalle per conto del Principe; arrivando sano e salvo alla pensione. Atteggiarsi a guerriero, ridicolo a parte, può costituire una razionalizzazione narcisistica di atti e reati che meriterebbero una punizione per codardia, non una medaglia al valore.

Non è degno di chi amministra la giustizia predicare che non importa se si sta dalla parte del torto o della ragione, né quali sono le conseguenze ultime del proprio operato, purché si combatta. Ce ne sono già troppi che appiccicano questa filosofia alle loro gesta. Sono i mercenari che si trovano sempre miracolosamente dalla parte del più forte, a lottare per i fatti propri. I magistrati, anzichè degradarsi a guardiani nella repubblica platonica, e sentirsi “corruschi d’armi ferree”, dovrebbero smettere di fingere di non vedere quali disegni spesso e volentieri servono, e di quali conseguenze deleterie si fanno così responsabili.

Francesco Pansera (menici60d15) 03.03.11 08:55|

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6 marzo 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Tornago “Brescia, ‘prefetto consigliò a imprenditore di dire il falso per riavere la patente’ “

Questo consiglio del prefetto Narcisa Brassesco Pace a un amico su come evitare una multa dicendo il falso sta ad altre responsabilità della prefettura di Brescia come il problema del traffico stava al problema della mafia a Palermo ai tempi di Johnny Stecchino.

Estremisti e renitenti

1 March 2011

Blog “L’aria che tira”

Commento al post “Ribelli e ribellione” del 28 feb 2011

“Ed era contro di essi che in realtà erano accesi i fuochi delle montagne, attizzati del resto da uomini assai simili a quelli che nei conventi vivevano, fanatici come  essi, chiusi come essi, come essi avidi di potere, cioè, com’è l’uso, di ozio.”Tomasi di Lampedusa .

“Quando tutto si muove in modo uguale, in apparenza non si muove niente, come su una nave. Quando tutti vanno verso la dissolutezza, sembra che nessuno ci vada. Colui che si ferma mette in evidenza l’esagerazione degli altri, come se fosse un punto fisso.” Pascal.

“Chi non ha l’automobile l’avrà, e poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa, daremo anche un televisore a ciascuno, due televisori, due frigoriferi, due lavatrici automatiche, tre apparecchi radio, il rasoio elettrico, la bilancina da bagno, l’asciugacapelli, il bidet e l’acqua calda. A tutti. Purché tutti lavorino, purché siano pronti a scarpinare, a fare polvere, a pestarsi i piedi, a tafanarsi l’un con l’altro dalla mattina alla sera. Io mi oppongo.” Luciano Bianciardi.

Alle tre specie della tassonomia di De Benoist – rivoltoso, rivoluzionario, ribelle – se ne possono aggiungere almeno altre due. Una è quella dell’estremista: chi abbraccia i programmi più drastici, e a volte la violenza. L’estremista è combattuto dal potere, ma non è sempre malvisto dal potere, che può aiutarlo sottobanco. Lo status quo imposto dal potere è spesso esso stesso estremista, e c’è quindi un’affinità; e l’estremismo di chi si oppone legittima l’estremismo del potere.

Vi è poi, volendogli assegnare un‘etichetta , che non gli piacerebbe, il renitente; costui adotta semplicemente la morale comune, le dottrine ufficiali; ma resiste alla manipolazione e al degrado dei principi che ufficialmente regolano la vita sociale. Senza compromessi (al contrario del “riformista”). Non costruisce ideologie, non sogna “Marsigliese e mitragliatrici”. Si limita ad applicare le direttive prime. A volte viene dal mondo dei libri o dei teoremi, come Lampedusa, Bianciardi, e Pascal.

La sua opposizione è solo relativa: sono gli altri che si spostano; lui si limita a stare fermo, non condividendo la direzione del movimento della folla. Questa posizione è inaccettabile per il potere, perché sbugiarda  il sistema dall’interno. Ed è antipatica alla folla, votata a seguire i capobranco, nei quali si proietta. Né piace agli oppositori di altro tipo, portati al movimento. Il renitente è oppositore suo malgrado, ma “in interiore homine”; è spesso un isolato, ed è facile isolarlo ulteriormente.

Oggi di ribelli, rivoltosi o rivoluzionari veri se ne vedono pochi. Sono visibili quelli ufficiali, bene incasellati nel sistema. La ribellione sta divenendo ormai anch’essa una merce. Le posizioni estreme, che riflettono il potere essendo speculari a quelle del potere, non sono necessariamente radicali. Né sono sempre le più difficili da abbracciare e da mantenere. Forse, all’opposto di quello che ci hanno fanno credere, la radicalità sta nel mezzo. E’ nella medietà, nel quieto recuperare la ragione classica e i vecchi principi etici, e tenerli stretti, che si nasconde a volte l’opposizione più netta all’ingiustizia. Come è confermato dall’impegno vile e criminale col quale le istituzioni, prontamente aiutate da cialtroni di ogni ordine e grado, possono distruggere l’opera e la persona di chi segue l’ideale pre-ideologico di una società giusta e pacifica.

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Paranoia e ebefrenia

24 February 2011

Blog di Nicola D’Elia e Luigi Piccinini – Il Fatto

Commento al post “Il dittatore che c’è in noi” del 24 feb 2011

Congratulazioni a Luigi d’Elia per quanto dice sulla presunta schizofrenia di Berlusconi. La sua continenza dovrebbe essere presa a modello da giornalisti, commentatori, magistrati, politici etc. Seguendo il suo esempio ne guadagneranno in statura professionale e umana, o almeno in stile; e i loro argomenti, se ne hanno, spiccheranno meglio. Invece purtroppo va di moda tagliare corto dando del pazzo.

E’ stato scritto, a proposito di diagnosi psichiatriche fatte da psichiatri, che “la medicalizzazione della devianza ha come conseguenza l’annullamento dei diritti politici del deviante” (Pitts, JR). Lo stesso può essere detto della medicalizzazione dell’avversario, del dissidente, di chi dice cose non gradite: roba da fascisti o stalinisti veri. Una diagnosi, o etichetta, di psicosi è una cosa seria. L’abuso è una forma abbastanza vigliacca ma grave di violenza. La patologizzazione strumentale dovrebbe essere perseguita come reato.

Curiosamente in genere la diagnosi che viene lanciata è di schizofrenia del tipo paranoide; molto meno comune è l’uso della forma più frequente, la schizofrenia ebefrenica, che secondo Bateson è la risposta alternativa alla paranoia. E’ curioso perché “ebefrenia” vuol dire in pratica imbecillità patologica, e se non ci fossero tanti volgari coglioni per i dittatori e i prepotenti sarebbe molto più difficile riuscire a soddisfare la loro sete di potere.

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Blog di Aldo Giannuli

Commento al post “Due parole sul nuovo governo” del 21 nov 2011 

23 novembre 2011 alle 07:56

Quando i paranoidi ci azzeccano

Il dr Mosti “tongue in cheek” riferisce che un suo paziente gli ha raccontato che l’Italia è oggetto di un attacco speculativo da parte di poteri esteri, che possono contare su una classe dirigente venduta; e si chiede se non deve dargli le gocce di aloperidolo, efficace deliriolitico; pensa inoltre di assumerlo pure lui, come quei medici del Far West che, ripreso il flacone del laudano che avevano porto al paziente, ne prendevano anche loro. In Vietnam alcuni medici militari di ospedali da campo USA si iniettavano la morfina destinata ai feriti, dato quello che vedevano e vivevano.

Come psichiatra pisano il dr Mosti deve essere stato influenzato da Cassano, psichiatra cattedratico dell’Università di Pisa, nume tutelare in Italia del consumo di massa delle pilloline per sentirsi bene. Pochi giorni fa uno studio ha mostrato che nel 2010 in USA un adulto su 5 ha assunto almeno una volta un farmaco psichiatrico (nelle donne la proporzione è risultata di 1 su 4). Mi permetto di consigliargli, invece di assumere il neurolettico, di leggere o rileggere “Il Parnas”, scritto da un altro psichiatra pisano, Silvano Arieti. Narra un fatto realmente avvenuto a Pisa: l’uccisione di una famiglia ebraica e di cristiani da parte dei nazisti al passaggio del fronte (dietro delazione). Il “Parnas” (titolo onorifico sefardita), Giuseppe Pardo Roques, persona stimabile, già prosindaco di Pisa, era affetto da fobia per gli animali, in particolare i cani; e Arieti ipotizza che negli istanti del massacro la sua fobia lo abbia portato ad una allucinazione, così che vedeva, correttamente sul piano morale, gli assassini come animali feroci.

Questo aspetto delle situazioni di complementarietà tra patologia mentale e realtà andrebbe maggiormente considerato nelle diagnosi di paranoia relative a situazioni politiche. A volte è la realtà – o chi la influenza – che è paranoica, così che il linguaggio e la sensibilità paranoidi non vengono delusi, ma, “right for the wrong reason”, sono adatti a descriverla. Il delirio non sbuffa sempre dal basso, ma può percolare dall’alto. I complottologi sul crollo delle Twin towers, che annoverano tra loro figure come il giudice Imposimato, potrebbero considerare anche questo aspetto etnopsichatrico, di un delirio paranoico che si fa realtà e sparge la sua follia sulle popolazioni. Si parla sempre della paranoia di chi indica soprusi e crimini del potere; e mai o molto raramente della psichiatria del potere. Il tema della sociopatia del potere, della diffusione del disturbo antisociale di personalità tra chi comanda, identificato a suo tempo da Alex Comfort, oggi è tabù. Converrebbe quindi rileggere anche “Authority and delinquency”, di questo autore.

C’è inoltre da dire che se un Paese come l’Italia si riduce a dover temere così per il futuro, e ci si aggrappa allo stile sobrio dei nuovi addetti al governo per continuare a giustificare la propria ignavia, se non si riesce a fare a meno di ricorrere alle categorie psichiatriche forse occorrerebbe considerare altre forme, più comuni della paranoia:

Paranoia e ebefrenia

Forse quella che Mosti ha sentito raccontare con accenti esagerati dal suo paziente è una storia vera. Una storia di ladri che si approfittano di fessi; semplice nella sostanza; solo, intricata nei dettagli, e su massima scala. Ma nel DSM, l’influente manuale diagnostico dei disturbi mentali, ancora non è stata inclusa come patologia psichiatrica la cazzonaggine collettiva; e difficilmente lo sarà, sia per ragioni di sproporzione epidemiologica; sia per l’asservimento della nosografia psichiatrica a Big Pharma, una Spectre che vuole i cittadini impasticcati e derubati, ma convinti di essere persone consapevoli e responsabili.

Francesco Pansera

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Sito Come don Chisciotte

Commento al post di C. Preve “La demenza generalizzata del popolo italiano” del 27 dic 2011

Lo psichiatra Tobino descrive nei suoi libri come le persone siano spesso scaltre nelle loro attività quotidiane, e ingenue davanti al resto. Il fattore fondamentale della stupidità della gente, attenta e astuta nei rapporti personali e babbea davanti alle vessazioni del potere, è stato troppo a lungo ignorato. Nei commenti si discute di quanto quella che Preve chiama “demenza generalizzata del popolo” (e che io ho chiamato meno elegantemente, allo scopo di evitare per quanto possibile diagnosi psichiatriche, “cazzonaggine collettiva”) sia innata e quanto invece derivi da una condizione di sudditanza agli USA. Tra le cause di questa “silliness” ci sono i limiti intrinseci del popolo, la nostra storia secolare di sudditanza, l’influenza culturale del clero, etc.

Inoltre a tale stupidità di base si può aggiungere quella indotta, secondo quanto teorizzato da Gregory Bateson, legato peraltro ai servizi segreti anglosassoni. Per Bateson, davanti a un atteggiamento di “doppio legame”, dove il bambino riceve sistematicamente dai genitori messaggi emotivi altamente contraddittori, sono possibili o la reazione paranoica (ogni messaggio nasconde un significato segreto) o quella ebefrenica (ogni messaggio non è importante e lo si può ignorare con atteggiamento frivolo). (O la risposta catatonica, dove qualsiasi messaggio è totalmente ignorato). Forse tale teoria ha maggior valore per la psicologia delle masse che per i meccanismi della schizofrenia autentica.

Trasferendo tale schema sul piano collettivo, in una nazione che sia sottomessa a poteri esterni che la condizionano pesantemente ma ufficialmente sono non esistenti, come gli USA, o meglio i grandi potenti economici dei quali la politica estera degli USA e di altri pochi Stati forti sono il braccio, i governanti lanceranno messaggi altamente ambigui di doppio legame; dicendo di volere il bene del popolo, e al tempo stesso servendo il suo sfruttamento, e aiutando sottobanco i suoi nemici, v. mafia e terrorismo. Può così accadere che il popolo risponda sul piano politico secondo le alternative di Bateson. Ed è probabile, a quanto si vede in giro, che il potere favorisca la risposta ebefrenica, quella che rende un popolo una massa controllabile, intenta solo a badare al proprio particolare e ad assorbire le scemenze della tv; e che tenti di incanalare la minoranza più critica verso la risposta paranoica, anche favorendo la diffusione di notizie di complotti che vanno oltre la realtà dei complotti veri; per poi accusare di paranoia chi muove critiche che guardano oltre le teste di legno messe a fare da bersaglio, quelle della nostra vendutissima classe istituzionale. Resta il viottolo della ragione, incerto, tortuoso e arduo, che può portare alla salvezza dell’anima, se non a quella materiale.

Paranoia e ebefrenia

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29 maggio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di Ordine degli psicologi del Lazio – P. Stampa “Migranti, ‘Sindrome dell’assedio’: di chi abbiamo davvero paura?”

Ieri gli annegati dei barconi, prevedibili, per indurre a pietà. Oggi l’Ordine degli psicologi del Lazio che tramite il suo vicepresidente pubblicamente interpreta la contrarietà politica all’immigrazione forzosa come manifestazione di disturbi psicologici. In entrambi i casi, in un Paese serio dovrebbe intervenire la magistratura per verificare se non siano stati commessi reati e lesi i diritti dei cittadini. Comunque, è possibile interpretare in termini di distorsione psicologica anche questo entusiasmo per l’immigrazione forzosa. Ne “Io minimo “ C. Lasch spiega come sia “la confusione tra sé e non-sé – non “l’egoismo” – che distingue il fidanzamento di Narciso [con sé stesso]. L’Io minimo o narcisista è soprattutto un sé incerto dei suoi confini, che brama … di fondersi col resto del mondo in un’unione beata. “. Il narcisismo, disturbo della personalità conforme ai tempi, che facilita il successo mondano, spiega anche questa polarizzazione per la quale chi è in posizione di potere tende ad appoggiare l’immigrazione forzosa, mentre i danni di questa imposizione sono ben visibili a chi non vive nel privilegio.

@ Livio Sorros. Secondo un parere che porta la dicitura e il logo “Ordine psicologi Lazio – Ordine professionale”, chi teme conseguenze negative dell’immigrazione forzosa potrebbe essere classificato come psicologicamente squilibrato. Sarebbe pure un “difensore della razza” secondo un estimatore di tanta scienza, che lucidamente aggiunge che gli ”incroci” con gli africani eviteranno il pericolo di estinzione, anche culturale, della popolazione italiana. Sotto il fascismo alcuni scienziati – del genere di quelli che “si prostituiscono al potere e ne avallano tutte le abiezioni” (Pareto) – diedero un supporto “scientifico” alle leggi razziali, firmando il manifesto in “difesa della razza” con pseudo-teorie sulle “razze superiori “ e “inferiori”. Oggi un Ordine degli psicologi, ente pubblico posto sotto la vigilanza del ministero della giustizia, abborraccia impunemente una teoria “scientifica” sull’inferiorità psicologica di chi non è favorevole all’immigrazione forzosa.

@ Marochi. “Dimentichi” che i liberisti al potere vogliono frontiere chiuse per sé stessi e libero accesso per un paese debole come l’Italia. Debole anche perché vi si prostituiscono, magari sotto l’egida di una carica pubblica, quelli alla ricerca della ”doppia libidine”: servire il potere e apparire moralmente superiori. Come nel caso di chi accorre in soccorso alle politiche liberiste di immigrazione forzosa in Italia inventandosi argomenti pseudoumanitari e teorie pseudoscientifiche. E per di più intascando, meglio se senza fattura.

@ Livio Sorros. Chi autorizza lei e l’Ordine degli psicologi a dare dello xenofobo a chi è contrario all’immigrazione forzosa? Addirittura ponendo delle pseudodiagnosi professionali? Il ministro della giustizia Orlando, che dovrebbe vigilare sull’Ordine? E a paragonare ai difensori della razza chi si oppone a questi travasi di massa ? E’ lei che ha la coerenza di chi serve il potere, quella figura perenne che indifferentemente può appoggiare le leggi razziali di Mussolini come queste operazioni di liquefazione etnica. Senza uno straccio di argomento serio. Non le rispondo che tutti dobbiamo studiare; sia perché date le ridicolaggini che scrive non credo servirebbe; sia perché lei è già professore, di altra materia, nella quale contano la parlantina pronta, la noncuranza per il vero, un’assenza di remore nello spararle grosse sulla realtà materiale e sulle persone; mentre studiare e riflettere può essere controproducente.

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18 dicembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Casolari “Cos’è il ‘sovranismo psichico’ e perché può aiutarci a capire la realtà di oggi”

Secondo il Censis, gli italiani presentano “i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria – dopo e oltre il rancore ‒ diventa la leva cinica di un presunto riscatto”.

“il CENSIS supera tutti inventando una nuova patologia psicoillegale. Per consentire ai politici di riferimento di continuare a non vedere una realtà fatta di persone impoverite e tradite da una classe dirigente che li ha venduti alla finanza, che li ha sottomessi a regole fatte per trasferire ricchezza dal basso verso l’alto, che gli ha imposto obblighi ciechi e diritti surrogati da concedere senza se e senza ma sul verbo del politicamente corretto, ha trasformato le rivendicazioni in malattie mentali.“

“Voi quindi non avete delle opinioni, siete malati mentali e la vostra malattia è il rancore, siete irriconoscenti verso persone che volevano solo fare il vostro bene, voi non individuate responsabilità e pericoli ma siete a “caccia del capro espiatorio”, non indicate soluzioni per tutelare i vostri legittimi interessi, siete alla ricerca di leve per un “cinico presunto riscatto”. Il CENSIS […] osserva l’Italia attraverso le lenti colorate del globalismo e del neoliberismo che rendono sbagliato qualsiasi altro colore, un po’ come Nerone interpretato da Peter Ustinov in Quo Vadis che osservava i sudditi attraverso dei vetrini colorati.”

Da “Sovranismo psichico e altre supercazzole del basso impero”. E. Pennetta, Critica scientifica, 11 dicembre 2018.

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20 dicembre 2018

Blog de il Fatto

Commento al post di T. De Marchi “Angelo Tofalo indossa la tuta da Top Gun e annuncia: l’F-35 è irrinunciabile”

L’arte di cantare che si sta “ridendo in faccia a Monna morte ed al destino” mentre ci si sta calando le brache. Spiace anche per quei militari davvero coraggiosi e leali alla bandiera.

Nel paese dei preti arraffoni sotto le pelli d’agnello, dei bauscia che trascinano l’Italia verso il postribolo mentre recitano di amarla, dei “disinistra” che si rivelano essere come i porci di Orwell, dei furbi di paese che fanno tanto fumo per mangiarsi l’arrosto, bisognerebbe avere sempre presente il commento di un personaggio di Fellini: “se un ladro ha la faccia da ladro in fondo è onesto”. Il M5S è l’esempio più recente della mai appresa differenza tra esca e amo: tra un appetitoso boccone e un gancio d’acciaio con punta ad arpione. La differenza tra retorica e pratica. Tra “Se il destino è contro di noi, peggio per lui” e il motto che Longanesi diceva andrebbe scritto nel bianco del tricolore: “Tengo famiglia”. Nella mia esperienza, tra il “pugnale in mezzo ai denti/in uno contro venti” e le audaci operazioni di stalking di corpi armati dello Stato in venti contro uno per procacciarsi la pagnotta servendo gli affari criminosi dei big shots.

cawdor: Stai poco bene? Deliri.

@ cawdor. Può darsi. Quando sento il passaggio dei 5S dal “no agli F-35” al loro sottosegretario alla difesa e carabiniere parà che spiega che gli F-35 vanno acquistati e com’è bello volare sugli F-35 mi appare, invece che le immagini di repertorio su El Alamein, la scena alla quale assistei tanti anni fa su un Pilatus, di uno che rifiutò di lanciarsi. Stropiccio gli occhi, ma vedo Otello Celletti, il vigile di Sordi, che in tribunale spiega di avere scambiato “sbronzo” per “str..” e elogia il sindaco che aveva denunciato (Vittorio De Sica). Chiudo gli occhi, mi concentro, ma mi appaiono Stanlio e Ollio che nell’andarsene dalla Legione straniera cantano e ballano “Guardo gli asini che volano nel ciel”. Tu che sei pratico di pensiero lucido, dimmi: è grave?

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22 dicembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Marfella “Natale in Terra dei Fuochi, la strage degli innocenti duemila anni dopo”

Memorabile l’immagine del medico, del generale dei CC e del prete come i tre re magi. Con Erode sono nemici, a sentire loro. Allarmi falsi o eccessivi sul cancro da inquinamento, anche quando costruiti su casi fondatamente preoccupanti, possono portare ad etichettare e a trattare come malati di cancro bambini sani*. L’inquinamento è come il fuoco, che può bruciare ma viene anche usato dai battitori per impaurire la selvaggina e spingerla verso i cacciatori. Chi vuole davvero proteggere i bambini avvisa di entrambi i pericoli, e del loro verso opposto, e in maniera proporzionata alla realtà; non ne inventa o gonfia uno e tace dell’altro favorendone così gli effetti. E’ vero che si profila un futuro pericoloso per i bambini; ma anche perché chi non è mai sazio di oro e incenso vuole che vadano ad alimentare la sacra mangiatoia del cancro. I pericoli per i bambini non sono solo quelli inscenati da camorristi, medici, preti e carabinieri; ma sono anche altri, che diversi camorristi, medici, preti, carabinieri e altri vassalli del potere nascondono e aiutano. L’illusione puerile di bontà davanti ai presepi può sfociare nella tragedia, come nel Natale in casa Cupiello.

*Ohtsuru A et al. Incidence of Thyroid Cancer Among Children and Young Adults in Fukushima, Japan, Screened With 2 Rounds of Ultrasonography Within 5 Years of the 2011 Fukushima Daiichi Nuclear Power Station Accident. JAMA Otolaryngology–Head Neck Surgery, 2018. 29 nov 2018.

@ Bassettoni. In risposta al commento indicato da Bassettoni come rivolto a me. Il “politicamente corretto” e le campagne mediatiche pagate sono quelle della vostra parte; che ha eletto l’ambientalismo come ideologia con la quale fare passare per progressisti e nobili disegni liberisti altrimenti impresentabili. Tipici di queste posizioni sono anche i discorsi ibridi. Es. da un lato si esalta “la scienza” come fonte di verità indiscutibile, e poi in mancanza di pezze d’appoggio adeguate si ricorre alla sceneggiata di Mario Merola: la “strage degli innocenti” (?). Non è questione di cosa “le pare di capire”. Ma di dati di fatto e di grandi interessi. Non è semplice “allarmismo”, ma frode, almeno a livello dei mandanti. Ai livelli intermedi opera quel misto di mediocrità e dolo che fa credere a ciò che suona bene e porta vantaggi.

Frodi istituzionalizzate che possono causare morte e lesioni gravissime a bambini sani; trasformandoli in malati cronici, in persone cagionevoli, sterili, ritardate, anche quando “guariti”; con comparsa a distanza di anni di cancri veri e letali. Anche questo suo dire che non ci sia bisogno di denunciare la frode tanto gli italiani sono intelligenti non è proprio equilibrato. Sotto un bombardamento di messaggi artefatti, unito a censura, su temi come la salute – con la complicità dello Stato – chiunque crederà alle parole suadenti dell’inganno. Magari le difenderà. Vorrei avvisare chi non si beve a occhi chiusi presepi e ciaramelle: “statev’accuort”.

Bassettoni. Sarei un po’ stufo degli “ismi”, non sono un fan dell’ “ambientalismo” , sostantivo che a seguito di continue calunnie è ormai usato, da chi è in malafede, quale sinonimo di fanatismo, sono un cittadino normale che vuole difendere l’ambiente e non capisco di quali “discorsi ibridi” sarebbe colpevole chi persegue questo scopo elementare (Mario Merola??Boh.). E poi di che “frodi” sta parlando? Il Dott. Marfella cita dei semplici dati sull’incremento delle morti infantili in Italia, “anche” per motivi ambientali, e non capisco come si possa chiamare frode il dato di circa 10 mila bambimi morti ogni anno (non è una strage?) a causa delle terribili condizioni in cui si svolgono le migrazioni. Secondo lei sarebbero dati fasulli creati ad hoc per speculare sull’accoglienza o sulle cure? E cosa blatera di “grandi interessi”, “mandanti” “cancri veri e fasulli” e altre sconclusionate amenità. Sono dati e basta. Contesti le fonti e ne porti di più autorevoli se vuole essere preso sul serio, altrimenti si tratta di terrorismo gratuito ed ampiamente squilibrato, molto vicino al delirio.

@ Bassettoni. No, Marfella non presenta ricerche o dati che provino la strage di bambini da inquinamento. Ignora invece quanto si sa sulle sovradiagnosi, sulle quali esistono evidenze, es. quelle che cito, che impongono di non creare effetti spauracchio con l’inquinamento. Così facendo favorisce il business fraudolento delle sovradiagnosi. Ampiamente noto in letteratura, ma tabù nell’Italia dove chi sa stare al mondo esibisce “la scienza” e bacia la teca del sangue di San Gennaro. Il fatto che lei non lo conosca, che come “cittadino normale” si scalmani per “l’ambiente” e sul resto si tappi le orecchie e faccia versacci, come vogliono quelli che servite fingendo di criticarli; e che chi ha responsabilità istituzionali o si ponga come guida morale lo ignori e lo censuri, non significa che non esiste. Non credo che lei sia ignorante in buona fede; chi volesse davvero informarsi sulle sovradiagnosi può cominciare da G. Welsh. Sovradiagnosi. Il pensiero scientifico, 2013. Il più recente articolo sui gravi effetti nocivi a lungo termine delle terapie per i tumori pediatrici è di 3 giorni fa, sul NEJM: Cancer survivorship, CL Shapiro. Riguardo ai suoi insulti in difesa delle dannose ciarlatanerie che invece incontrano i suoi gusti, rispondo che fanno il paio con la fuffa che impunemente vendete; che sconfina non nel delirio, ma nel crimine. Del resto Gaspare, Melchiorre e Baldassare sono invocati anche in riti di giuramento mafiosi.

Bassettoni. Oh, finalmente è uscito fuori il soggetto, la “siovradiagnosi-sovratrattamento”. La chiarezza non è il suo forte. Bene, avevo intuito che lei si muovesse in questa melma, ma ognuno ovviamente è libero di pensarla come crede, quindi anch’io che considero le posizioni come le sue di tipo fortemente paranoico. Pertanto, non avendo alcuna intenzione di proseguire un dialogo in un contesto psicotico, la chiudo qui.

@ Bassettoni. All’interno della versione ufficiale si è liberi di mentire, sostenere tesi contro i dati e assurde, mettersi il cappello di Napoleone, spingere per la macellazione controllata di bambini, e trarne vantaggi. Tanto si è entro mura sicure. Se ci si azzarda a uscire dal copione, la sovradiagnosi e il sovratrattamento (rispettivamente 11964 articoli in inglese e 12533 articoli in inglese su Pubmed mentre scrivo) divengono “melma” e discorsi “psicotici”, “paranoici”. Un’affermazione per la quale non basta essere disonesti; bisogna avere l’animo del disonesto pezzente e disperato, che sa che andrà a letto senza cena se non sgraffigna qualcosa. Nel regno di Napoli il potere continua a difendersi, a difendere crimini e a diffondere ignoranza, facendo uso dei lazzaroni. Ma avviene ovunque. Ora che finalmente lei si allontana, spero che con la sua esibizione si sia almeno guadagnato il sostentamento per la giornata.

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17 marzo 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Ruccia “Gandolfini (Family Day): “Cirinnà? Delirio paranoide, parlo da psichiatra”. E invita a pregare per “Non una di meno””

Forse la Cirinnà, che è pur sempre membro di un’aula di clienti dei preti e degli USA, ha annacquato quanto pronunciato nel delirio dell’agonia dal protagonista de ‘Il Balordo’ di Piero Chiara: “Dio, patria e famiglia riducono l’uomo in poltiglia”. Gandolfini, neurochirurgo in un ospedale convenzionato di suore che in una medicina onesta sarebbe superfluo, si mette il camice per attribuire una psicosi clinica alla senatrice che spinge perché la società vada verso la ’lonely crowd’. La medicina bresciana è facile all’abuso diagnostico, viziata com’è dalla magistratura locale. E’ stato cattedratico a Brescia Ermentini, che spiegò le lettere di Moro sequestrato appiccicandogli una patologia psichiatrica (d’accordo con la magistratura romana, favorevole ad un ricovero coatto in caso di liberazione, a sentire Cossiga). Lo psichiatra poi ebbe noie giudiziarie per accuse di referti favorevoli a mafiosi, e fu assolto.

Tra loro volano parole grosse, ma i due sono entrambi bravi esecutori di regioni diverse dello squilibrato modello culturale liberista: vuoi con la promozione dell’incertezza nei bambini sulla propria identità sessuale della trasgressiva Cirinnà, vuoi con i bambini come puntaspilli per l’affarismo biomedico del pio Gandolfini. Sul palcoscenico “libertari” e “uomini di Dio” se le danno di santa ragione, per il visibilio dei rispettivi target elettorali; ma i loro numeri li fanno per lo stesso padrone. Mica sono matti.

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7 maggio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Bellelli “La Terra è piatta?”

Non sono il solo* né il primo** a dire, come ho già scritto su questo blog, che il terrapiattismo è uno strawman per fare affermare l’ideologia scientista. Per lanciare la scienza, quella corrotta non quella vera, come bocca della verità del potere. Medawar aveva un test per la capacità di ragionamento scientifico. “Le figure allungate di El Greco dipendevano da un astigmatismo del pittore”. Chi non ha una immediata percezione intuitiva dell’assurdità dell’ipotesi è secondo Medawar, scienziato autentico, “irrimediabilmente sciocco”. Non il terrapiattismo, ma il considerarlo, fornisce un test complementare. Se è vero che la scienza consiste anche nell’abilità di selezionare i quesiti corretti, chi accetta che i vasti e profondi problemi del rapporto tra scienza e pubblico, scienza e potere, scienza e etica debbano includere, e mettere in primo piano, la carnevalata del terrapiattismo, non è adatto, intellettualmente o moralmente, a discuterne, anche se ha un Ph.D. in fisica o una cattedra di sociologia. Il terrapiattismo mostra a quali livelli è disposto a scendere il marketing ideologico per adulare i fessi che vuole ingannare; quale “vieni avanti cretino” deve usare per fare sentire al confronto Uomini dei Lumi i boccaloni da ammaestrare. Il suo interesse dovrebbe risiedere nello studio della cialtroneria come leva del potere.

*Pennetta E. La vera storia della Terra piatta. 4 mag 2019.

**Russell JB. Inventing the Flat Earth. 160 pagine. 1997.

@ Teschio. Voi così pretendete che le affermazioni scientifiche e le loro conseguenze politiche siano accettate o respinte a scatola chiusa a seconda della provenienza; se dai crociati o dagli infedeli. Il suo rattoppo non è migliore del buco: è un argomento circolare dire che la critica A alle proprie tesi B è una sciocchezza perché A è come l’argomento C, che è così fondato e razionale che il sostenerlo convintamente – non per goliardia o in quanto pagato per recitare il bruto dagli occhi vicini e la fronte sfuggente che lei descrive – ha portato a un ricovero coatto al Santa Maria della Pietà, il manicomio di Roma (Paneroni, nel 1938). E’ come se io le dicessi che lei è come Margite (del quale Omero scrive “Costui gli dei non lo fecero né zappatore, né aratore né sapiente in qualche altra cosa”): le darei dell’incapace totale senza dimostrarlo, tramite un rimando che dà l’impressione di un argomentare intellettuale. Sarebbe solo un insultare paludato; ciò che fate voi. La ricerca è divenuta un’occupazione come un’altra, e la gilda della ricerca commerciale, la “comunità scientifica”, è fortemente stratificata; fanno tristezza i tanti peones della base che si atteggiano a Salviati che spiega i massimi sistemi a Simplicio ripetendo questi fantozziani confronti dettati dai tromboni del vertice. Avendo disdegnato di giocare senza grilli le proprie carte puntando a una posizione legittima in campo agricolo.

@ Teschio. I ricercatori li ho visti anche dall’interno, oltre che dall’esterno che è dato da ciò che presentano al pubblico e resta il dato principale. Conoscendo la stoffa umana media non mi sorprende che la massa si abbassi a sostituire la solidità scientifica e il dibattito con la censura, con campagne di marketing che chiamano “PROVE” ciò che a volte è invenzione e caso clinico chi critica; aggravando il riconosciuto degrado della ricerca scientifica a strumento del business e ora anche della politica. A chi crede a lei che difende la categoria “dall’interno”, non vedendo asservimento, e scambiando per scienza le affermazioni “condivise” dalla fantomatica “comunità” “scientifica”, consiglio di leggere “Visto dall’interno”, scritto da Tomatis, scienziato di valore, che da direttore dello IARC fu estromesso fino a vedersi proibito l’accesso alla biblioteca, quando i suoi risultati sui cancerogeni non furono più tollerati dall’industria. La “comunità scientifica” della quale lei è orgoglioso esponente, che ora tuona contro immaginari antigalileiani, stette zitta, “prona atque ventri oboedentia”. Bisognerebbe riflettere su come una “comunità” selezionata con l’ostracismo, (e col preferire i “less aggressive”, quel che sentivo affermare e vedevo praticare in ospedali accademici USA) e che ora ricorre a campagne mediatiche di psichiatrizzazione del dissenso come questa, “condivida” al suo interno quelli che sono i desiderata del potere.

@ Simonep. Mi spiace, ma lei risulta positivo al ‘Paneroni test’ che ho appena presentato … (G. Paneroni (1871-1950) era un fissato che girava l’Italia predicando le sue elaborate teorie astronomiche, che includevano che la Terra sia “ferma e piana”. Dava del cretino a Galilei, creando imbarazzo e allegre gazzarre anche nelle aule universitarie. Una figura candida, che suscita simpatia, al contrario delle attuali comparse più o meno prezzolate, e che fa riflettere. Montanelli propose di dedicargli una statua. Il suo slogan “La Terra non gira, o bestie”, andrebbe rivalutato; non nella parte astronomica ma in quella sulla sociologia della conoscenza, data la facilità con la quale la gente si lascia infinocchiare, dai sacerdoti con la tonaca ieri, da quelli col camice oggi).

@ aldomanuzio. I movimenti pro famiglia dei putt.ieri e la estumulazione del fascismo mussoliniano sono altri esempi di spaventapasseri per stabilizzare il mainstream. Che strani scienziati, che giudicano non sul merito ma sulla persona; e per associazione; e appiccicando associazioni. Oggi bisogna essere atei più volte; sulla religione tradizionale, sui culti nuovi e sullo scientismo. Ai preti siete vicini voi, il nuovo clero scientista; sia perché anche voi studiate come fare soldi sfruttando la credulità popolare e costruendovi un’autorevolezza posticcia. Sia perché i preti si stanno associando al business della vostra magia scientista, più adatta ai tempi, e le cui imposture spaziano dall’eludere la scienza vera nel provare l’efficacia dei farmaci in nome della compassione, “cristiana” o “laica”, al “provare” ciò che chiamate scienza con questi sistemi da magliari, denigrando chi metta in dubbio le vostre patacche accomunandolo ai deliri di Paneroni.

@ aldomanuzio. Sì, io su temi di biomedicina cerco di guardare al merito dei problemi – inclusi gli enormi interessi economici – non di valutare in base alla provenienza e alla presunta ortodossia degli autori. Dare del delirante all’interlocutore in nome della difesa della scienza sta all’atteggiamento scientifico come quello che bestemmiava il santo x nel gridare Viva il santo y sta alla religiosità. Un editoriale del 3 mag 2019 sul JAMA (Catenacci EDV et al. Keeping checkpoint inhibitors in check), pur difendendo le nuove immunoterapie in oncologia, molto pesanti e molto costose, ne ammette alcuni dei limiti e parla di “wave of hysteria” a loro favore. Tu sei uno dei tanti animatori di queste continue ole di “scienza” strillata.

@ aldomanuzio. La citazione del riconoscimento dell’isteria pro “scienza” è in risposta alla vostra pratica, figlia delle stesse tendenze alla falsificazione che esercitate nella ricerca, a emettere le più pesanti diagnosi psichiatriche – delirio, terrapiattismo, etc. – quando vedete messi a rischio la pappa e il mantello di mago che la mamma vi ha fatto con una coperta. Sarà bene precisare che pur molto lontani dalla brillantezza intellettuale che si richiede a uno scienziato, non vi si può attribuire la insufficiente capacità di intendere e volere che potrebbe evitare o ridurre le pene detentive che spettano a chi si macchia di truffe in campo medico.

@ aldomanuzio. Ciao, appartenente alla comunità scientifica.

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Da:

2 giugno 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Ex Ilva, Bonelli (Verdi): “600 bambini nati con malformazioni a Taranto, ma governo rinvia presentazione dello studio””

In: ILVA. Dal cancro nascosto al cancro inventato

il gattamelata. Bene. In attesa che venga “silurato” anche Paci e le centinaia di altri autori che si occupano della questione senza farsi radiare, quindi vendendosi alle forze del male immagino, come me d’altronde, la invito sinceramente a cercare aiuto da un collega ancora abilitato. 

@ il gattamelata. In un Paese dove il capo dello Stato oversells mammography * e manda la figlia a fare da madrina ad operazioni di disinformazione a danno del diritto costituzionale alla tutela della salute (a proposito di psichiatria della medicina, il “diritto alla salute” è stato identificato come paranoia **); dove si ammette quando non lo si può più negare che si è peccatori per considerarsi quindi assolti e proseguire; dove chi dovrebbe essere censurato usa impunemente la psichiatrizzazione per screditare e minacciare chi sveli frodi sulla salute, il posto di chi non si adatta è quello del matto. Sono fortunato; abito nella città, e d’estate nel paesino, dei due psichiatri che si occuparono di spiegare le lettere di Moro sequestrato diagnosticando un disturbo psichiatrico. Cossiga affermò che i magistrati erano d’accordo nella psichiatrizzazione piduista, e nel fare internare Moro in psichiatria in caso di liberazione. In questi giorni magistrati accostano gli scandali affiorati su CSM e ANM alla vicenda P2 del 1981. Una magistratura che es. nel caso ILVA persegue solo la “mafia perdente” e aiuta l’altra, permettendo che in nome della lotta all’inquinamento si passi dall’industria dell’acciaio a quella delle truffe della medicina, che continua a consentire l’uso mafioso della psichiatria, è anch’essa ben integrata in un sistema folle e miserabile.

*Woloshin S et al How a charity oversells mammography. BMJ, 2012 345: e5132.

**Zoja L Paranoia. La follia che fa la storia. 2011.

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29 settembre 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post “Chiedere una perizia psichiatrica in un processo non è infamante: così si alimenta uno stigma”

I magistrati forniscono spesso l’effetto morsa: facendo da ganascia “buona” contro una ganascia “cattiva” aiutano a frantumare i resti della Costituzione. Di B. si considerino i trascorsi sinistri; ci vorrebbe un’analisi etnopsichiatrica sul perché gli italiani eleggono a governarli una massa di “dark triad” (narcisismo, machiavellismo, sociopatia) che li fa vivere male. Ma normalizzare le perizie psichiatriche è folle.

Così si diseduca il pubblico alla iatrogenesi sociale e culturale (Illich); che porta alla iatrogenesi clinica, la creazione di false malattie col pretesto di cercarle. Al contrario i cittadini devono avere ben presente che i test medici sono pericolosi quanto un intervento chirurgico o un farmaco, e non vanno somministrati senza reale indicazione clinica. Un test può distruggere una persona. O una nazione. Oggi set 2021 abbiamo una “peste” e una medicalizzazione della vita dell’intera popolazione costruita con test di laboratorio*.

“Il potere di etichettare dà il potere di distruggere” (“Primo non curare chi è normale”, A. Frances). Chiedere di non stigmatizzare mentre si vuole espandere la pratica è un tirare acqua, cioè clienti, al mulino degli psichiatri; è al livello della canzone “Gli uomini sessuali” di C. Zalone. I magistrati dovrebbero smettere di favorire l’uso del potere medico da parte del potere, pratica letale per lo Stato di diritto.

* It is time to stop calling asymptomatic positive test results ‘cases’. Hart, 28 set 2021.

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31 ottobre 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Casolari “La paranoia dei no vax, sette punti da affrontare per fermare l’escalation di rabbia e diffidenza”

Un’analisi psicologica diversa: “Jung wrote about the ‘shadow’and the danger of psychological projection. Our shadow is the instinctive and irrational side of ourselves. Essentially, it is more comfortable to remain ignorant of our failings, so we project them onto other people, or mythic figures: ‘baddies’. The devil is the ultimate projection of our shadow. Jung recognised that there is a tendency within collectivist movements to project elements from the shadow onto others. The vast scale of the global fear response to Covid and the shocking social re-engineering it has instigated leads me to intuit that there are deep, collective unconscious forces at work. Although Covid is a real disease and SARS-CoV-2 is a real virus, some of the response felt ‘unreal’ if you were not caught up in the cult-like response. We have not just endured and tolerated but even demanded the curtailment of our freedoms, for a disease which has a median Infection Fatality Rate of 0.05% (17) for under 70-year-olds globally. Our response felt unmoored from the gravity of the threat – why?” (L. Dodsworth, A State of fear).

L’emergenza sollecita ideazioni distorte; considerando solo quelle tra chi si oppone si sollecitano proiezioni dirompenti. L’ovvia tematica dell’affidarsi a figure di autorità, genitoriali, viene ignorata. Un terzo aspetto “psycho” da studiare è cosa porta esperti e addetti a “prostituirsi al potere e avallarne le abiezioni” (V. Pareto), fino a psichiatrizzare il dissenso.

 

@ Kenny Craig.

1) L’autrice che cito riporta la fonte: The infection fatality rate of Covid-19 inferred from seroprevalence data. Di Ioannidis, uno dei ricercatori biomedici più noti e citati al mondo. L’articolo è stato publicato sul Bulletin of the World Health Organization.

2) “Si può peccare per ignoranza ma si può peccare per interesse. La competenza tecnica può fare evitare il primo male, ma non può nulla contro il secondo. … L’esperienza dice che il mondo è pieno di scienziati e di intellettuali che si prostituiscono al potere e ne avallano tutte le abiezioni. Forse che costoro non sono corrotti perché sono competenti?” Che il concetto del quale V. Pareto evidenzia l’ovvietà, logica e storica, che la competenza non implica l’onestà – come invece vuole far credere la propaganda – non ti sia chiaro è probabilmente legato alla tua attività di troll. Comunque, un esempio. Tu vuoi iniziare il gioco del cocuzzaio sui dati di mortalità. Governanti, tecnici, giuristi dovrebbero fornire e pretendere una versione ufficiale di Stato, documentata, sui dati e la loro interpretazione, per giustificare le deroghe ai diritti (Public justification. In: Public Health Ethics: Mapping the Terrain, 2002). Ma ciò limiterebbe la disinformazione e la manipolazione, il torbido nel quale pescare. Che include psichiatri che patologizzano in massa chi resiste; mentre trascurano la psichiatria del potere, nonostante i recenti studi come quelli sulla ”dark triad”: narcisismo, sociopatia e machiavellismo.

@ Kenny Craig. Non distinguete la letalità per età come dovreste; salvo fuori luogo, come fai tu da troll, per nascondere la tendenza centrale molto bassa per una apocalisse che tutto consente. Tra i giovani 0-19 lo IFR mediano risulta dello 0.0027% (Infection fatality rate of COVID-19 in community-dwelling populations with emphasis on the elderly: An overview, 2021). Oltre 2000 volte più basso di quello degli anziani ai quali criminalmente li si accomuna per inocularli.

Ciò che lanci contro il mio commento non sono RPG, come ti illudi tronfio della tua livrea, ma coriandoli raccattati da terra. Il trollaggio filogovernativo è l’opposto di un governo onesto; che dovrebbe, senza delegare, rilasciare in G.U. le descrizioni dettagliate della realtà materiale che giustificherebbe i diktat liberticidi. Invece mentre ci si atteggia a cultori della scienza si truccano follemente dati e loro interpretazione; e non si vuole una versione ufficiale esplicita, nero su bianco, sulla quale discutere. Mentre si etichetta come paranoico chi non si beve le frodi ci si guarda dal produrre un termine fattuale rispetto al quale giudicare la fondatezza delle varie affermazioni, delle azioni giudiziarie e delle sentenze.

Andrebbe studiata la psicologia di chi si prostituisce nella sua attività professionale. Si potrebbe partire dagli studi sulla psicologia delle prostitute; per raccogliere informazioni sulle pulsioni endogene che oltre alle pressioni esterne portano a vendersi, e a farsi vistosi fuori e svuotati dentro.

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Blog de Il Fatto

11 dicembre 2022

Commento al post ““Benvenuti all’inferno, qui sono tutti ladri. Mi tengono senza luce per sparare in tranquillità”. I deliri online del killer di Roma contro i vicini”

Sarebbe interessante sapere come è stato possibile che abbia potuto, per di più coi precedenti noti ai CC, avere accesso ad un poligono di tiro; ad una Glock calibro 9; e portarsela via. Come con una bicicletta a noleggio a Villa Borghese. La tragedia è avvenuta in un genere di ambienti dove a volte malaffare borghese e uffici insospettabili ma equivoci si incontrano.

12 dicembre 2022

Commento al post di S. Montanari “Strage a Roma: quando rancore e risentimento ti portano a uccidere”

Il giorno prima della strage ho inconsapevolmente usato una delle espressioni del blog dell’assassino*. La giustizia deve servire “ne ad arma veniant”. Ma magistrati e forze di polizia hanno di fatto due funzioni: giurisdizionale e ontologica. La giurisdizionale: ergastolo, siamo d’accordo. La funzione ontologica, cioè di costruzione della realtà sociale e culturale, è falsa e perversa, essendo quella di dare vesti presentabili al “vassallismo”. Una gerarchia di feudi, dai maggiori, come la magistratura, che serve l’imperatore coonestando un’ontologia medica criminale*, ai valvassini di provincia cui viene lasciato parassitare usando i codici.

L’ontologia giudiziaria prevede, con la complicità degli psichiatri, di circoscrivere a malattia endogena lo sbroccare sotto le vessazioni protette dei vari feudi. Un apice dell’ontologia è che il mero non accettarle è segno di latente furia omicida, stigma che giustifica discriminazione e controllo. La Glock da asporto al poligono è coerente con la costruzione di tale apice.

Mandai a De Raho, DNA, un resoconto di come aggressioni condominiali – con istruzioni dei CC per l’impunità, nelle parole dei bastonatori – siano studiate per provocare e svilire, e favorire quindi impunità su grandi crimini delegittimando denunce. Ora parlamentare potrebbe occuparsene, se gli avanzasse tempo dalla missione di presentare i magistrati come emuli di Falcone e Borsellino.

I paradisi giudiziari per la grande criminalità biomedica . Sito menici60d15.

12 dicembre 2022

Commento al post di L. Casolari “Strage in condominio, questi casi non sono rari ma i servizi psichiatrici in Italia sono in difficoltà”

Una settimana fa su il Fatto Tescaroli ha ricordato il caso Vitale, il primo pentito di mafia, le cui accuse vere furono ignorate mentre fu, non senza fondamento, ricoverato in manicomio. Uscito, gli spararono. Siamo il paese dove si è arrivati senza problemi al livello cloaca di chiamare Moro impazzito per ciò che scriveva mentre lo si teneva fermo in balia dei sicari. Esiste anche la patologizzazione interessata, per giustificare carognate, viltà, ruberie, violenze, vessazioni, censure, omissioni e favoritismi giudiziari.

Bisognerebbe – ad essere onesti e professionali – includerla nella diagnosi differenziale. Considerando ovviamente le forme miste. Mentre suona interessato correre a chiedere più fatturato per gli psichiatri e ignorare che è comunque prevenzione l’impedire situazioni scatenanti tramite la giustizia amministrata lealmente dallo Stato. Tutt’altro: appare che la prassi sia procedere, forti di impunità, ad esasperare ad arte, in modo da poter chiamare folle la vittima. Sembra che si privilegi il prendere, il succhiare, il togliere a proprio vantaggio, soldi, potere, reputazione, da parte di amministratori, politici, magistrati, psichiatri. A oltranza. A questo soggetto, senza dubbio non equilibrato, ciò che è stato dato è incredibilmente una pistola di grosso calibro con la quale rafforzare la narrazione gaglioffa e miserabile che gli abusi protetti e favoriti da chi dovrebbe impedirli non esistono e chi se ne lamenta è un pazzo pericoloso.

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27 aprile 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Montanari “l caso di Paul Seung e la psicosi paranoica: quali sono i segnali d’allarme da non sottovalutare”

Viene nascosto che la diffidenza verso il potere è un valore. La si accosta invece alla follia violenta; e una classe dirigente debosciata fa presto a misclassificarla, criminalmente, come sintomo di pericolo dal quale proteggersi.

“tutti questi mezzi di difesa sono frutto del lavoro umano e richiedono una spesa; ma ve ne è uno che accomuna per natura le persone sensate, che è valido e garantisce la salvezza per tutti, specialmente per i governi democratici rispetto a quelli tirannici. Di che si tratta? Della diffidenza. Proteggetela, attaccatevi ad essa, se la conserverete non avrete a subire alcun male.”. Demostene, IV sec. AC.

“Lance DeHaven-Smith, a professor of Public Administration and
Policy at Florida State University and author of Conspiracy Theory in
America, argues that a suspicious attitude toward government is crucial to maintaining our democracy and supported by the realistic view of mankind and the potential for political corruption and misconduct foreseen by The Founders in the Declaration of Independence.

Labeling someone who is suspicious of criminal wrongdoing at the
highest levels of government a “conspiracy theorist” effectively frames them as paranoid crazies whose arguments should be rejected out of hand, a convenient way of avoiding rebuttal with evidence”. Stiles M. One idea to rule them all. Reverse engineering American propaganda, 2022.

Della dark triad – narcisismo, machiavellismo, sociopatia – diffusa tra capi e sergenti, non si parla.

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30 aprile 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Turigliatto “Caso Capovani, ancora non si coglie l’impatto dei tagli alla sanità sulla salute del Paese”

“nel 1963 il presidente Kennedy aveva fatto lo storico annuncio dello stanziamento di fondi federali per la costituzione dei Comprehensive Community Mental Health Centers, che avranno in realtà scarso sviluppo, mentre prenderà piede la politica di riduzione dei tempi di degenza e dei letti pubblici che poi Reagan applicherà su larga scala.” (F. Ongaro Basaglia. Franco Basaglia l’utopia della realtà). Occorreva creare un mercato per gli psicofarmaci chiudendo i presidi psichiatrici; in USA se ne occupò Reagan, “the most fundamental element in the rapid rise of big pharma” (M. Angell); da noi si diede spazio a Basaglia. (Erano i tempi di Qualcuno volò sul nido del cuculo, 5 Oscar). Profeta degli psicofarmaci fu Cassano, univ. di Pisa, del quale Capovani fu allieva. Ora si usano le conseguenze per recuperare l’uso della psichiatria come arma del potere. E per chiedere soldi, senza considerare che andranno ad una medicina dettata dal business.

Dopo avere nascosto il cancro da Ilva lo si ingigantisce per vendere cancri commerciali*. E’ di oggi la notizia che i VV FF di Taranto grazie alla UIL si sottopongono a screening per il melanoma, giorni fa bocciato ancora dallo USPSTF per lo svantaggioso bilancio utilità/danni. Il camaleontismo, l’assumere coloriture ideologiche di segno opposto in coerenza coi propri obiettivi predatori, mi pare una manifestazione della dark triad narcisismo-machiavellismo-sociopatia.

*Ilva. Dal cancro nascosto al cancro inventato.

 

 

 

Paranoia e ebefrenia

24 February 2011

Blog di Nicola D’Elia e Luigi Piccinini – Il Fatto

Commento al post “Il dittatore che c’è in noi” del 24 feb 2011

Congratulazioni a Luigi d’Elia per quanto dice sulla presunta schizofrenia di Berlusconi. La sua continenza dovrebbe essere presa a modello da giornalisti, commentatori, magistrati, politici etc. Seguendo il suo esempio ne guadagneranno in statura professionale e umana, o almeno in stile; e i loro argomenti, se ne hanno, spiccheranno meglio. Invece purtroppo va di moda tagliare corto dando del pazzo.

E’ stato scritto, a proposito di diagnosi psichiatriche fatte da psichiatri, che “la medicalizzazione della devianza ha come conseguenza l’annullamento dei diritti politici del deviante” (Pitts, JR). Lo stesso può essere detto della medicalizzazione dell’avversario, del dissidente, di chi dice cose non gradite: roba da fascisti o stalinisti veri. Una diagnosi, o etichetta, di psicosi è una cosa seria. L’abuso è una forma abbastanza vigliacca ma grave di violenza. La patologizzazione strumentale dovrebbe essere perseguita come reato.

Curiosamente in genere la diagnosi che viene lanciata è di schizofrenia del tipo paranoide; molto meno comune è l’uso della forma più frequente, la schizofrenia ebefrenica, che secondo Bateson è la risposta alternativa alla paranoia. E’ curioso perché “ebefrenia” vuol dire in pratica imbecillità patologica, e se non ci fossero tanti volgari coglioni per i dittatori e i prepotenti sarebbe molto più difficile riuscire a soddisfare la loro sete di potere.

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Blog di Aldo Giannuli

Commento al post “Due parole sul nuovo governo” del 21 nov 2011 

23 novembre 2011 alle 07:56

Quando i paranoidi ci azzeccano

Il dr Mosti “tongue in cheek” riferisce che un suo paziente gli ha raccontato che l’Italia è oggetto di un attacco speculativo da parte di poteri esteri, che possono contare su una classe dirigente venduta; e si chiede se non deve dargli le gocce di aloperidolo, efficace deliriolitico; pensa inoltre di assumerlo pure lui, come quei medici del Far West che, ripreso il flacone del laudano che avevano porto al paziente, ne prendevano anche loro. In Vietnam alcuni medici militari di ospedali da campo USA si iniettavano la morfina destinata ai feriti, dato quello che vedevano e vivevano.

Come psichiatra pisano il dr Mosti deve essere stato influenzato da Cassano, psichiatra cattedratico dell’Università di Pisa, nume tutelare in Italia del consumo di massa delle pilloline per sentirsi bene. Pochi giorni fa uno studio ha mostrato che nel 2010 in USA un adulto su 5 ha assunto almeno una volta un farmaco psichiatrico (nelle donne la proporzione è risultata di 1 su 4). Mi permetto di consigliargli, invece di assumere il neurolettico, di leggere o rileggere “Il Parnas”, scritto da un altro psichiatra pisano, Silvano Arieti. Narra un fatto realmente avvenuto a Pisa: l’uccisione di una famiglia ebraica e di cristiani da parte dei nazisti al passaggio del fronte (dietro delazione). Il “Parnas” (titolo onorifico sefardita), Giuseppe Pardo Roques, persona stimabile, già prosindaco di Pisa, era affetto da fobia per gli animali, in particolare i cani; e Arieti ipotizza che negli istanti del massacro la sua fobia lo abbia portato ad una allucinazione, così che vedeva, correttamente sul piano morale, gli assassini come animali feroci.

Questo aspetto delle situazioni di complementarietà tra patologia mentale e realtà andrebbe maggiormente considerato nelle diagnosi di paranoia relative a situazioni politiche. A volte è la realtà – o chi la influenza – che è paranoica, così che il linguaggio e la sensibilità paranoidi non vengono delusi, ma, “right for the wrong reason”, sono adatti a descriverla. Il delirio non sbuffa sempre dal basso, ma può percolare dall’alto. I complottologi sul crollo delle Twin towers, che annoverano tra loro figure come il giudice Imposimato, potrebbero considerare anche questo aspetto etnopsichatrico, di un delirio paranoico che si fa realtà e sparge la sua follia sulle popolazioni. Si parla sempre della paranoia di chi indica soprusi e crimini del potere; e mai o molto raramente della psichiatria del potere. Il tema della sociopatia del potere, della diffusione del disturbo antisociale di personalità tra chi comanda, identificato a suo tempo da Alex Comfort, oggi è tabù. Converrebbe quindi rileggere anche “Authority and delinquency”, di questo autore.

C’è inoltre da dire che se un Paese come l’Italia si riduce a dover temere così per il futuro, e ci si aggrappa allo stile sobrio dei nuovi addetti al governo per continuare a giustificare la propria ignavia, se non si riesce a fare a meno di ricorrere alle categorie psichiatriche forse occorrerebbe considerare altre forme, più comuni della paranoia:

Paranoia e ebefrenia

Forse quella che Mosti ha sentito raccontare con accenti esagerati dal suo paziente è una storia vera. Una storia di ladri che si approfittano di fessi; semplice nella sostanza; solo, intricata nei dettagli, e su massima scala. Ma nel DSM, l’influente manuale diagnostico dei disturbi mentali, ancora non è stata inclusa come patologia psichiatrica la cazzonaggine collettiva; e difficilmente lo sarà, sia per ragioni di sproporzione epidemiologica; sia per l’asservimento della nosografia psichiatrica a Big Pharma, una Spectre che vuole i cittadini impasticcati e derubati, ma convinti di essere persone consapevoli e responsabili.

Francesco Pansera

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Sito Come don Chisciotte

Commento al post di C. Preve “La demenza generalizzata del popolo italiano” del 27 dic 2011

Lo psichiatra Tobino descrive nei suoi libri come le persone siano spesso scaltre nelle loro attività quotidiane, e ingenue davanti al resto. Il fattore fondamentale della stupidità della gente, attenta e astuta nei rapporti personali e babbea davanti alle vessazioni del potere, è stato troppo a lungo ignorato. Nei commenti si discute di quanto quella che Preve chiama “demenza generalizzata del popolo” (e che io ho chiamato meno elegantemente, allo scopo di evitare per quanto possibile diagnosi psichiatriche, “cazzonaggine collettiva”) sia innata e quanto invece derivi da una condizione di sudditanza agli USA. Tra le cause di questa “silliness” ci sono i limiti intrinseci del popolo, la nostra storia secolare di sudditanza, l’influenza culturale del clero, etc.

Inoltre a tale stupidità di base si può aggiungere quella indotta, secondo quanto teorizzato da Gregory Bateson, legato peraltro ai servizi segreti anglosassoni. Per Bateson, davanti a un atteggiamento di “doppio legame”, dove il bambino riceve sistematicamente dai genitori messaggi emotivi altamente contraddittori, sono possibili o la reazione paranoica (ogni messaggio nasconde un significato segreto) o quella ebefrenica (ogni messaggio non è importante e lo si può ignorare con atteggiamento frivolo). (O la risposta catatonica, dove qualsiasi messaggio è totalmente ignorato). Forse tale teoria ha maggior valore per la psicologia delle masse che per i meccanismi della schizofrenia autentica.

Trasferendo tale schema sul piano collettivo, in una nazione che sia sottomessa a poteri esterni che la condizionano pesantemente ma ufficialmente sono non esistenti, come gli USA, o meglio i grandi potenti economici dei quali la politica estera degli USA e di altri pochi Stati forti sono il braccio, i governanti lanceranno messaggi altamente ambigui di doppio legame; dicendo di volere il bene del popolo, e al tempo stesso servendo il suo sfruttamento, e aiutando sottobanco i suoi nemici, v. mafia e terrorismo. Può così accadere che il popolo risponda sul piano politico secondo le alternative di Bateson. Ed è probabile, a quanto si vede in giro, che il potere favorisca la risposta ebefrenica, quella che rende un popolo una massa controllabile, intenta solo a badare al proprio particolare e ad assorbire le scemenze della tv; e che tenti di incanalare la minoranza più critica verso la risposta paranoica, anche favorendo la diffusione di notizie di complotti che vanno oltre la realtà dei complotti veri; per poi accusare di paranoia chi muove critiche che guardano oltre le teste di legno messe a fare da bersaglio, quelle della nostra vendutissima classe istituzionale. Resta il viottolo della ragione, incerto, tortuoso e arduo, che può portare alla salvezza dell’anima, se non a quella materiale.

Paranoia e ebefrenia

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29 maggio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di Ordine degli psicologi del Lazio – P. Stampa “Migranti, ‘Sindrome dell’assedio’: di chi abbiamo davvero paura?”

Ieri gli annegati dei barconi, prevedibili, per indurre a pietà. Oggi l’Ordine degli psicologi del Lazio che tramite il suo vicepresidente pubblicamente interpreta la contrarietà politica all’immigrazione forzosa come manifestazione di disturbi psicologici. In entrambi i casi, in un Paese serio dovrebbe intervenire la magistratura per verificare se non siano stati commessi reati e lesi i diritti dei cittadini. Comunque, è possibile interpretare in termini di distorsione psicologica anche questo entusiasmo per l’immigrazione forzosa. Ne “Io minimo “ C. Lasch spiega come sia “la confusione tra sé e non-sé – non “l’egoismo” – che distingue il fidanzamento di Narciso [con sé stesso]. L’Io minimo o narcisista è soprattutto un sé incerto dei suoi confini, che brama … di fondersi col resto del mondo in un’unione beata. “. Il narcisismo, disturbo della personalità conforme ai tempi, che facilita il successo mondano, spiega anche questa polarizzazione per la quale chi è in posizione di potere tende ad appoggiare l’immigrazione forzosa, mentre i danni di questa imposizione sono ben visibili a chi non vive nel privilegio.

@ Livio Sorros. Secondo un parere che porta la dicitura e il logo “Ordine psicologi Lazio – Ordine professionale”, chi teme conseguenze negative dell’immigrazione forzosa potrebbe essere classificato come psicologicamente squilibrato. Sarebbe pure un “difensore della razza” secondo un estimatore di tanta scienza, che lucidamente aggiunge che gli ”incroci” con gli africani eviteranno il pericolo di estinzione, anche culturale, della popolazione italiana. Sotto il fascismo alcuni scienziati – del genere di quelli che “si prostituiscono al potere e ne avallano tutte le abiezioni” (Pareto) – diedero un supporto “scientifico” alle leggi razziali, firmando il manifesto in “difesa della razza” con pseudo-teorie sulle “razze superiori “ e “inferiori”. Oggi un Ordine degli psicologi, ente pubblico posto sotto la vigilanza del ministero della giustizia, abborraccia impunemente una teoria “scientifica” sull’inferiorità psicologica di chi non è favorevole all’immigrazione forzosa.

@ Marochi. “Dimentichi” che i liberisti al potere vogliono frontiere chiuse per sé stessi e libero accesso per un paese debole come l’Italia. Debole anche perché vi si prostituiscono, magari sotto l’egida di una carica pubblica, quelli alla ricerca della ”doppia libidine”: servire il potere e apparire moralmente superiori. Come nel caso di chi accorre in soccorso alle politiche liberiste di immigrazione forzosa in Italia inventandosi argomenti pseudoumanitari e teorie pseudoscientifiche. E per di più intascando, meglio se senza fattura.

@ Livio Sorros. Chi autorizza lei e l’Ordine degli psicologi a dare dello xenofobo a chi è contrario all’immigrazione forzosa? Addirittura ponendo delle pseudodiagnosi professionali? Il ministro della giustizia Orlando, che dovrebbe vigilare sull’Ordine? E a paragonare ai difensori della razza chi si oppone a questi travasi di massa ? E’ lei che ha la coerenza di chi serve il potere, quella figura perenne che indifferentemente può appoggiare le leggi razziali di Mussolini come queste operazioni di liquefazione etnica. Senza uno straccio di argomento serio. Non le rispondo che tutti dobbiamo studiare; sia perché date le ridicolaggini che scrive non credo servirebbe; sia perché lei è già professore, di altra materia, nella quale contano la parlantina pronta, la noncuranza per il vero, un’assenza di remore nello spararle grosse sulla realtà materiale e sulle persone; mentre studiare e riflettere può essere controproducente.

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18 dicembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Casolari “Cos’è il ‘sovranismo psichico’ e perché può aiutarci a capire la realtà di oggi”

Secondo il Censis, gli italiani presentano “i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria – dopo e oltre il rancore ‒ diventa la leva cinica di un presunto riscatto”.

“il CENSIS supera tutti inventando una nuova patologia psicoillegale. Per consentire ai politici di riferimento di continuare a non vedere una realtà fatta di persone impoverite e tradite da una classe dirigente che li ha venduti alla finanza, che li ha sottomessi a regole fatte per trasferire ricchezza dal basso verso l’alto, che gli ha imposto obblighi ciechi e diritti surrogati da concedere senza se e senza ma sul verbo del politicamente corretto, ha trasformato le rivendicazioni in malattie mentali.“

“Voi quindi non avete delle opinioni, siete malati mentali e la vostra malattia è il rancore, siete irriconoscenti verso persone che volevano solo fare il vostro bene, voi non individuate responsabilità e pericoli ma siete a “caccia del capro espiatorio”, non indicate soluzioni per tutelare i vostri legittimi interessi, siete alla ricerca di leve per un “cinico presunto riscatto”. Il CENSIS […] osserva l’Italia attraverso le lenti colorate del globalismo e del neoliberismo che rendono sbagliato qualsiasi altro colore, un po’ come Nerone interpretato da Peter Ustinov in Quo Vadis che osservava i sudditi attraverso dei vetrini colorati.”

Da “Sovranismo psichico e altre supercazzole del basso impero”. E. Pennetta, Critica scientifica, 11 dicembre 2018.

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20 dicembre 2018

Blog de il Fatto

Commento al post di T. De Marchi “Angelo Tofalo indossa la tuta da Top Gun e annuncia: l’F-35 è irrinunciabile”

L’arte di cantare che si sta “ridendo in faccia a Monna morte ed al destino” mentre ci si sta calando le brache. Spiace anche per quei militari davvero coraggiosi e leali alla bandiera.

Nel paese dei preti arraffoni sotto le pelli d’agnello, dei bauscia che trascinano l’Italia verso il postribolo mentre recitano di amarla, dei “disinistra” che si rivelano essere come i porci di Orwell, dei furbi di paese che fanno tanto fumo per mangiarsi l’arrosto, bisognerebbe avere sempre presente il commento di un personaggio di Fellini: “se un ladro ha la faccia da ladro in fondo è onesto”. Il M5S è l’esempio più recente della mai appresa differenza tra esca e amo: tra un appetitoso boccone e un gancio d’acciaio con punta ad arpione. La differenza tra retorica e pratica. Tra “Se il destino è contro di noi, peggio per lui” e il motto che Longanesi diceva andrebbe scritto nel bianco del tricolore: “Tengo famiglia”. Nella mia esperienza, tra il “pugnale in mezzo ai denti/in uno contro venti” e le audaci operazioni di stalking di corpi armati dello Stato in venti contro uno per procacciarsi la pagnotta servendo gli affari criminosi dei big shots.

cawdor: Stai poco bene? Deliri.

@ cawdor. Può darsi. Quando sento il passaggio dei 5S dal “no agli F-35” al loro sottosegretario alla difesa e carabiniere parà che spiega che gli F-35 vanno acquistati e com’è bello volare sugli F-35 mi appare, invece che le immagini di repertorio su El Alamein, la scena alla quale assistei tanti anni fa su un Pilatus, di uno che rifiutò di lanciarsi. Stropiccio gli occhi, ma vedo Otello Celletti, il vigile di Sordi, che in tribunale spiega di avere scambiato “sbronzo” per “str..” e elogia il sindaco che aveva denunciato (Vittorio De Sica). Chiudo gli occhi, mi concentro, ma mi appaiono Stanlio e Ollio che nell’andarsene dalla Legione straniera cantano e ballano “Guardo gli asini che volano nel ciel”. Tu che sei pratico di pensiero lucido, dimmi: è grave?

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22 dicembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Marfella “Natale in Terra dei Fuochi, la strage degli innocenti duemila anni dopo”

Memorabile l’immagine del medico, del generale dei CC e del prete come i tre re magi. Con Erode sono nemici, a sentire loro. Allarmi falsi o eccessivi sul cancro da inquinamento, anche quando costruiti su casi fondatamente preoccupanti, possono portare ad etichettare e a trattare come malati di cancro bambini sani*. L’inquinamento è come il fuoco, che può bruciare ma viene anche usato dai battitori per impaurire la selvaggina e spingerla verso i cacciatori. Chi vuole davvero proteggere i bambini avvisa di entrambi i pericoli, e del loro verso opposto, e in maniera proporzionata alla realtà; non ne inventa o gonfia uno e tace dell’altro favorendone così gli effetti. E’ vero che si profila un futuro pericoloso per i bambini; ma anche perché chi non è mai sazio di oro e incenso vuole che vadano ad alimentare la sacra mangiatoia del cancro. I pericoli per i bambini non sono solo quelli inscenati da camorristi, medici, preti e carabinieri; ma sono anche altri, che diversi camorristi, medici, preti, carabinieri e altri vassalli del potere nascondono e aiutano. L’illusione puerile di bontà davanti ai presepi può sfociare nella tragedia, come nel Natale in casa Cupiello.

*Ohtsuru A et al. Incidence of Thyroid Cancer Among Children and Young Adults in Fukushima, Japan, Screened With 2 Rounds of Ultrasonography Within 5 Years of the 2011 Fukushima Daiichi Nuclear Power Station Accident. JAMA Otolaryngology–Head Neck Surgery, 2018. 29 nov 2018.

@ Bassettoni. In risposta al commento indicato da Bassettoni come rivolto a me. Il “politicamente corretto” e le campagne mediatiche pagate sono quelle della vostra parte; che ha eletto l’ambientalismo come ideologia con la quale fare passare per progressisti e nobili disegni liberisti altrimenti impresentabili. Tipici di queste posizioni sono anche i discorsi ibridi. Es. da un lato si esalta “la scienza” come fonte di verità indiscutibile, e poi in mancanza di pezze d’appoggio adeguate si ricorre alla sceneggiata di Mario Merola: la “strage degli innocenti” (?). Non è questione di cosa “le pare di capire”. Ma di dati di fatto e di grandi interessi. Non è semplice “allarmismo”, ma frode, almeno a livello dei mandanti. Ai livelli intermedi opera quel misto di mediocrità e dolo che fa credere a ciò che suona bene e porta vantaggi.

Frodi istituzionalizzate che possono causare morte e lesioni gravissime a bambini sani; trasformandoli in malati cronici, in persone cagionevoli, sterili, ritardate, anche quando “guariti”; con comparsa a distanza di anni di cancri veri e letali. Anche questo suo dire che non ci sia bisogno di denunciare la frode tanto gli italiani sono intelligenti non è proprio equilibrato. Sotto un bombardamento di messaggi artefatti, unito a censura, su temi come la salute – con la complicità dello Stato – chiunque crederà alle parole suadenti dell’inganno. Magari le difenderà. Vorrei avvisare chi non si beve a occhi chiusi presepi e ciaramelle: “statev’accuort”.

Bassettoni. Sarei un po’ stufo degli “ismi”, non sono un fan dell’ “ambientalismo” , sostantivo che a seguito di continue calunnie è ormai usato, da chi è in malafede, quale sinonimo di fanatismo, sono un cittadino normale che vuole difendere l’ambiente e non capisco di quali “discorsi ibridi” sarebbe colpevole chi persegue questo scopo elementare (Mario Merola??Boh.). E poi di che “frodi” sta parlando? Il Dott. Marfella cita dei semplici dati sull’incremento delle morti infantili in Italia, “anche” per motivi ambientali, e non capisco come si possa chiamare frode il dato di circa 10 mila bambimi morti ogni anno (non è una strage?) a causa delle terribili condizioni in cui si svolgono le migrazioni. Secondo lei sarebbero dati fasulli creati ad hoc per speculare sull’accoglienza o sulle cure? E cosa blatera di “grandi interessi”, “mandanti” “cancri veri e fasulli” e altre sconclusionate amenità. Sono dati e basta. Contesti le fonti e ne porti di più autorevoli se vuole essere preso sul serio, altrimenti si tratta di terrorismo gratuito ed ampiamente squilibrato, molto vicino al delirio.

@ Bassettoni. No, Marfella non presenta ricerche o dati che provino la strage di bambini da inquinamento. Ignora invece quanto si sa sulle sovradiagnosi, sulle quali esistono evidenze, es. quelle che cito, che impongono di non creare effetti spauracchio con l’inquinamento. Così facendo favorisce il business fraudolento delle sovradiagnosi. Ampiamente noto in letteratura, ma tabù nell’Italia dove chi sa stare al mondo esibisce “la scienza” e bacia la teca del sangue di San Gennaro. Il fatto che lei non lo conosca, che come “cittadino normale” si scalmani per “l’ambiente” e sul resto si tappi le orecchie e faccia versacci, come vogliono quelli che servite fingendo di criticarli; e che chi ha responsabilità istituzionali o si ponga come guida morale lo ignori e lo censuri, non significa che non esiste. Non credo che lei sia ignorante in buona fede; chi volesse davvero informarsi sulle sovradiagnosi può cominciare da G. Welsh. Sovradiagnosi. Il pensiero scientifico, 2013. Il più recente articolo sui gravi effetti nocivi a lungo termine delle terapie per i tumori pediatrici è di 3 giorni fa, sul NEJM: Cancer survivorship, CL Shapiro. Riguardo ai suoi insulti in difesa delle dannose ciarlatanerie che invece incontrano i suoi gusti, rispondo che fanno il paio con la fuffa che impunemente vendete; che sconfina non nel delirio, ma nel crimine. Del resto Gaspare, Melchiorre e Baldassare sono invocati anche in riti di giuramento mafiosi.

Bassettoni. Oh, finalmente è uscito fuori il soggetto, la “siovradiagnosi-sovratrattamento”. La chiarezza non è il suo forte. Bene, avevo intuito che lei si muovesse in questa melma, ma ognuno ovviamente è libero di pensarla come crede, quindi anch’io che considero le posizioni come le sue di tipo fortemente paranoico. Pertanto, non avendo alcuna intenzione di proseguire un dialogo in un contesto psicotico, la chiudo qui.

@ Bassettoni. All’interno della versione ufficiale si è liberi di mentire, sostenere tesi contro i dati e assurde, mettersi il cappello di Napoleone, spingere per la macellazione controllata di bambini, e trarne vantaggi. Tanto si è entro mura sicure. Se ci si azzarda a uscire dal copione, la sovradiagnosi e il sovratrattamento (rispettivamente 11964 articoli in inglese e 12533 articoli in inglese su Pubmed mentre scrivo) divengono “melma” e discorsi “psicotici”, “paranoici”. Un’affermazione per la quale non basta essere disonesti; bisogna avere l’animo del disonesto pezzente e disperato, che sa che andrà a letto senza cena se non sgraffigna qualcosa. Nel regno di Napoli il potere continua a difendersi, a difendere crimini e a diffondere ignoranza, facendo uso dei lazzaroni. Ma avviene ovunque. Ora che finalmente lei si allontana, spero che con la sua esibizione si sia almeno guadagnato il sostentamento per la giornata.

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17 marzo 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Ruccia “Gandolfini (Family Day): “Cirinnà? Delirio paranoide, parlo da psichiatra”. E invita a pregare per “Non una di meno””

Forse la Cirinnà, che è pur sempre membro di un’aula di clienti dei preti e degli USA, ha annacquato quanto pronunciato nel delirio dell’agonia dal protagonista de ‘Il Balordo’ di Piero Chiara: “Dio, patria e famiglia riducono l’uomo in poltiglia”. Gandolfini, neurochirurgo in un ospedale convenzionato di suore che in una medicina onesta sarebbe superfluo, si mette il camice per attribuire una psicosi clinica alla senatrice che spinge perché la società vada verso la ’lonely crowd’. La medicina bresciana è facile all’abuso diagnostico, viziata com’è dalla magistratura locale. E’ stato cattedratico a Brescia Ermentini, che spiegò le lettere di Moro sequestrato appiccicandogli una patologia psichiatrica (d’accordo con la magistratura romana, favorevole ad un ricovero coatto in caso di liberazione, a sentire Cossiga). Lo psichiatra poi ebbe noie giudiziarie per accuse di referti favorevoli a mafiosi, e fu assolto.

Tra loro volano parole grosse, ma i due sono entrambi bravi esecutori di regioni diverse dello squilibrato modello culturale liberista: vuoi con la promozione dell’incertezza nei bambini sulla propria identità sessuale della trasgressiva Cirinnà, vuoi con i bambini come puntaspilli per l’affarismo biomedico del pio Gandolfini. Sul palcoscenico “libertari” e “uomini di Dio” se le danno di santa ragione, per il visibilio dei rispettivi target elettorali; ma i loro numeri li fanno per lo stesso padrone. Mica sono matti.

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7 maggio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Bellelli “La Terra è piatta?”

Non sono il solo* né il primo** a dire, come ho già scritto su questo blog, che il terrapiattismo è uno strawman per fare affermare l’ideologia scientista. Per lanciare la scienza, quella corrotta non quella vera, come bocca della verità del potere. Medawar aveva un test per la capacità di ragionamento scientifico. “Le figure allungate di El Greco dipendevano da un astigmatismo del pittore”. Chi non ha una immediata percezione intuitiva dell’assurdità dell’ipotesi è secondo Medawar, scienziato autentico, “irrimediabilmente sciocco”. Non il terrapiattismo, ma il considerarlo, fornisce un test complementare. Se è vero che la scienza consiste anche nell’abilità di selezionare i quesiti corretti, chi accetta che i vasti e profondi problemi del rapporto tra scienza e pubblico, scienza e potere, scienza e etica debbano includere, e mettere in primo piano, la carnevalata del terrapiattismo, non è adatto, intellettualmente o moralmente, a discuterne, anche se ha un Ph.D. in fisica o una cattedra di sociologia. Il terrapiattismo mostra a quali livelli è disposto a scendere il marketing ideologico per adulare i fessi che vuole ingannare; quale “vieni avanti cretino” deve usare per fare sentire al confronto Uomini dei Lumi i boccaloni da ammaestrare. Il suo interesse dovrebbe risiedere nello studio della cialtroneria come leva del potere.

*Pennetta E. La vera storia della Terra piatta. 4 mag 2019.

**Russell JB. Inventing the Flat Earth. 160 pagine. 1997.

@ Teschio. Voi così pretendete che le affermazioni scientifiche e le loro conseguenze politiche siano accettate o respinte a scatola chiusa a seconda della provenienza; se dai crociati o dagli infedeli. Il suo rattoppo non è migliore del buco: è un argomento circolare dire che la critica A alle proprie tesi B è una sciocchezza perché A è come l’argomento C, che è così fondato e razionale che il sostenerlo convintamente – non per goliardia o in quanto pagato per recitare il bruto dagli occhi vicini e la fronte sfuggente che lei descrive – ha portato a un ricovero coatto al Santa Maria della Pietà, il manicomio di Roma (Paneroni, nel 1938). E’ come se io le dicessi che lei è come Margite (del quale Omero scrive “Costui gli dei non lo fecero né zappatore, né aratore né sapiente in qualche altra cosa”): le darei dell’incapace totale senza dimostrarlo, tramite un rimando che dà l’impressione di un argomentare intellettuale. Sarebbe solo un insultare paludato; ciò che fate voi. La ricerca è divenuta un’occupazione come un’altra, e la gilda della ricerca commerciale, la “comunità scientifica”, è fortemente stratificata; fanno tristezza i tanti peones della base che si atteggiano a Salviati che spiega i massimi sistemi a Simplicio ripetendo questi fantozziani confronti dettati dai tromboni del vertice. Avendo disdegnato di giocare senza grilli le proprie carte puntando a una posizione legittima in campo agricolo.

@ Teschio. I ricercatori li ho visti anche dall’interno, oltre che dall’esterno che è dato da ciò che presentano al pubblico e resta il dato principale. Conoscendo la stoffa umana media non mi sorprende che la massa si abbassi a sostituire la solidità scientifica e il dibattito con la censura, con campagne di marketing che chiamano “PROVE” ciò che a volte è invenzione e caso clinico chi critica; aggravando il riconosciuto degrado della ricerca scientifica a strumento del business e ora anche della politica. A chi crede a lei che difende la categoria “dall’interno”, non vedendo asservimento, e scambiando per scienza le affermazioni “condivise” dalla fantomatica “comunità” “scientifica”, consiglio di leggere “Visto dall’interno”, scritto da Tomatis, scienziato di valore, che da direttore dello IARC fu estromesso fino a vedersi proibito l’accesso alla biblioteca, quando i suoi risultati sui cancerogeni non furono più tollerati dall’industria. La “comunità scientifica” della quale lei è orgoglioso esponente, che ora tuona contro immaginari antigalileiani, stette zitta, “prona atque ventri oboedentia”. Bisognerebbe riflettere su come una “comunità” selezionata con l’ostracismo, (e col preferire i “less aggressive”, quel che sentivo affermare e vedevo praticare in ospedali accademici USA) e che ora ricorre a campagne mediatiche di psichiatrizzazione del dissenso come questa, “condivida” al suo interno quelli che sono i desiderata del potere.

@ Simonep. Mi spiace, ma lei risulta positivo al ‘Paneroni test’ che ho appena presentato … (G. Paneroni (1871-1950) era un fissato che girava l’Italia predicando le sue elaborate teorie astronomiche, che includevano che la Terra sia “ferma e piana”. Dava del cretino a Galilei, creando imbarazzo e allegre gazzarre anche nelle aule universitarie. Una figura candida, che suscita simpatia, al contrario delle attuali comparse più o meno prezzolate, e che fa riflettere. Montanelli propose di dedicargli una statua. Il suo slogan “La Terra non gira, o bestie”, andrebbe rivalutato; non nella parte astronomica ma in quella sulla sociologia della conoscenza, data la facilità con la quale la gente si lascia infinocchiare, dai sacerdoti con la tonaca ieri, da quelli col camice oggi).

@ aldomanuzio. I movimenti pro famiglia dei putt.ieri e la estumulazione del fascismo mussoliniano sono altri esempi di spaventapasseri per stabilizzare il mainstream. Che strani scienziati, che giudicano non sul merito ma sulla persona; e per associazione; e appiccicando associazioni. Oggi bisogna essere atei più volte; sulla religione tradizionale, sui culti nuovi e sullo scientismo. Ai preti siete vicini voi, il nuovo clero scientista; sia perché anche voi studiate come fare soldi sfruttando la credulità popolare e costruendovi un’autorevolezza posticcia. Sia perché i preti si stanno associando al business della vostra magia scientista, più adatta ai tempi, e le cui imposture spaziano dall’eludere la scienza vera nel provare l’efficacia dei farmaci in nome della compassione, “cristiana” o “laica”, al “provare” ciò che chiamate scienza con questi sistemi da magliari, denigrando chi metta in dubbio le vostre patacche accomunandolo ai deliri di Paneroni.

@ aldomanuzio. Sì, io su temi di biomedicina cerco di guardare al merito dei problemi – inclusi gli enormi interessi economici – non di valutare in base alla provenienza e alla presunta ortodossia degli autori. Dare del delirante all’interlocutore in nome della difesa della scienza sta all’atteggiamento scientifico come quello che bestemmiava il santo x nel gridare Viva il santo y sta alla religiosità. Un editoriale del 3 mag 2019 sul JAMA (Catenacci EDV et al. Keeping checkpoint inhibitors in check), pur difendendo le nuove immunoterapie in oncologia, molto pesanti e molto costose, ne ammette alcuni dei limiti e parla di “wave of hysteria” a loro favore. Tu sei uno dei tanti animatori di queste continue ole di “scienza” strillata.

@ aldomanuzio. La citazione del riconoscimento dell’isteria pro “scienza” è in risposta alla vostra pratica, figlia delle stesse tendenze alla falsificazione che esercitate nella ricerca, a emettere le più pesanti diagnosi psichiatriche – delirio, terrapiattismo, etc. – quando vedete messi a rischio la pappa e il mantello di mago che la mamma vi ha fatto con una coperta. Sarà bene precisare che pur molto lontani dalla brillantezza intellettuale che si richiede a uno scienziato, non vi si può attribuire la insufficiente capacità di intendere e volere che potrebbe evitare o ridurre le pene detentive che spettano a chi si macchia di truffe in campo medico.

@ aldomanuzio. Ciao, appartenente alla comunità scientifica.

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Da:

2 giugno 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Ex Ilva, Bonelli (Verdi): “600 bambini nati con malformazioni a Taranto, ma governo rinvia presentazione dello studio””

In: ILVA. Dal cancro nascosto al cancro inventato

 

il gattamelata. Bene. In attesa che venga “silurato” anche Paci e le centinaia di altri autori che si occupano della questione senza farsi radiare, quindi vendendosi alle forze del male immagino, come me d’altronde, la invito sinceramente a cercare aiuto da un collega ancora abilitato. 

@ il gattamelata. In un Paese dove il capo dello Stato oversells mammography * e manda la figlia a fare da madrina ad operazioni di disinformazione a danno del diritto costituzionale alla tutela della salute (a proposito di psichiatria della medicina, il “diritto alla salute” è stato identificato come paranoia **); dove si ammette quando non lo si può più negare che si è peccatori per considerarsi quindi assolti e proseguire; dove chi dovrebbe essere censurato usa impunemente la psichiatrizzazione per screditare e minacciare chi sveli frodi sulla salute, il posto di chi non si adatta è quello del matto. Sono fortunato; abito nella città, e d’estate nel paesino, dei due psichiatri che si occuparono di spiegare le lettere di Moro sequestrato diagnosticando un disturbo psichiatrico. Cossiga affermò che i magistrati erano d’accordo nella psichiatrizzazione piduista, e nel fare internare Moro in psichiatria in caso di liberazione. In questi giorni magistrati accostano gli scandali affiorati su CSM e ANM alla vicenda P2 del 1981. Una magistratura che es. nel caso ILVA persegue solo la “mafia perdente” e aiuta l’altra, permettendo che in nome della lotta all’inquinamento si passi dall’industria dell’acciaio a quella delle truffe della medicina, che continua a consentire l’uso mafioso della psichiatria, è anch’essa ben integrata in un sistema folle e miserabile.

*Woloshin S et al How a charity oversells mammography. BMJ, 2012 345: e5132.

**Zoja L Paranoia. La follia che fa la storia. 2011.

 

Antropologicamente diversi ?

3 February 2011

Il Fatto quotidiano

Commento all’articolo “La provocazione di Pasquale Profiti, magistrato ‘eversore e disturbato’ “ del 29 gen 2011

Gli insulti iperbolici di Berlusconi consentono orazioni encomiastiche anch’esse immeritate. Quando indagano il capo del governo avendo avuto notizia di reati, o si oppongono alla sottomissione della magistratura ai politici, i magistrati non sono eversori; né eroi: fanno il loro dovere o difendono insieme ai loro interessi principi democratici. Ma è pure vero che stanno facilitando un avvicendamento che rafforzerà il liberismo, del quale proteggono aspetti torbidi (*);  similmente a quando nel ‘92 si svegliarono e perseguirono i tangentisti. Il ruolo di catalizzatori dei cambiamenti politici voluti da poteri forti sopranazionali, e di protettori degli interessi di tali poteri, non è agli antipodi dell’eversione.

Secondo Castoriadis, per il capitalismo “tipi antropologici” antichi come “il giudice incorruttibile, il burocrate weberiano” non sono “matti inoffensivi” ma anomalie scampate all’omologazione. I magistrati ovviamente non sono matti; ma salvo eccezioni non sono neppure portatori di quelle diversità antropologiche che il capitalismo ha quasi estinto e chiama pazzia nei pochi superstititi. In media i magistrati sono fin troppo normali, per un lavoro al quale andrebbero destinati “oi aristoi”. Rispetto al potere vero sono allineati e coperti; tanto che se richiesti si fanno complici nell’eliminare come possibile eversore o disturbato chi sia portatore di valori, argomenti e denunce non graditi. Porre nel ruolo di pericoloso malato di mente o eversore un tipo antropologico proibito dal sistema economico o politico è uno dei crimini più gravi e più bassi, e chi se ne macchia non vale più di Berlusconi.

* Il pornografico e l’osceno https://menici60d15.wordpress.com/2011/01/30/il-pornografico-e-l’osceno/ .

Il come e il cosa https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/02/il-come-e-il-cosa/ .

Reati contro l’economia https://menici60d15.wordpress.com/2011/01/23/reati-contro-leconomia/ .

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5 luglio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. De Fazio “Assessore a 19 anni ‘nel nome del padre’. Che dice: “Bella e brava, come la Boschi

Io ho una teoria personale, che l’eliminazione di uomini come Emilio Alessandrini avesse tra i suoi scopi quello di marchiare come proibiti alcuni tipi antropologici pregiati; e quindi continuare a fare andare le cose come sta avvenendo nella giunta del figlio, Marco Alessandrini.

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3 novembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Fabbretti “Omicidio Bruno Caccia, perché dopo 33 anni manca ancora la verità”

Forse alcuni omicidi eccellenti hanno avuto, al di là dei moventi contingenti, al di là della criminalità che ha fornito gli esecutori, una funzione politica di “pulizia antropologica”: sono serviti a marcare come proibiti alcuni tipi umani. Nel capitalismo alcuni tipi umani, tra i quali il magistrato integerrimo, sono un’anomalia sistemica e non devono esistere, ha scritto Castoriadis. Il fatto che dopo 33 anni “manchi ancora la verità” da parte di quelli che dovrebbero essere i colleghi di Caccia sembra confermare che uccidendolo sia stata soffocata una varietà rara, una autentica diversità antropologica, impedendo che si riproducesse con l’esempio e l’insegnamento.

Commento al post “Roma, Guariniello possibile capo gabinetto di Raggi: “Sto decidendo””

Guariniello e i 5S hanno in comune due tratti congiunti. Da un lato non sono compromessi col generale mangia-mangia casareccio, e hanno qualche merito nel contrastarlo. Dall’altro tendono a perorare cause che sembrano progressiste e invece finiscono puntualmente per favorire i poteri forti più potenti. I 5S hanno appoggiato Stamina, Guariniello, molto lentamente, l’ha contrastata. Il duetto tra i due cori, durato anni, ha costituito una mega-propaganda a beneficio delle staminali ufficiali (v. “Stamina come esca per le frodi della medicina ufficiale”).

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17 febbraio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Bauducco “Omicidio Caccia, Caselli: “Responsabilità disciplinare magistratura? Problema aperto. Il Csm fu disattento””

La nostra concezione di causalità risente troppo di quella semplicistica e intuitiva del positivismo. Bruno Caccia è stato vittima di delinquenti; così come chi muore per tbc è ucciso dal micobatterio. Come ha osservato il genetista Lewontin, in biomedicina occorre distinguere tra “agente” e “causa”. Batteri e virus patogeni erano gli agenti dell’elevata mortalità per malattie infettive nell’’Ottocento; che è crollata per il venire meno delle cause, ambientali, col migliorare delle condizioni di vita. La correzione non è limitata alla patologia e alla genetica. Ndranghetisti, massoni e servizi, magistrati collusi, sono stati, in posizioni diverse, agenti dell’epurazione di una figura troppo vicina a ciò che un magistrato dovrebbe essere. Ma nella descrizione della causa dell’omicidio rientra a pieno titolo l’assenza di un ambiente giudiziario sano e forte, che impedisca le scorrerie di poteri criminali. Infatti il caso è ancora aperto dopo 35 anni; e Caccia viene ricordato come una mosca bianca. Per le persone oneste che si espongono, la massa di magistrati mediocri e ignavi costituisce una forza ostile non meno pericolosa dei delinquenti e della minoranza di magistrati francamente corrotti. I “malamente” di tante eliminazioni sono agenti; strumenti contingenti di una causa a monte, le forze che selezionano i tipi umani da diffondere o ridurre, come in un ecosistema controllato, nella classe dirigente italiana.

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4 luglio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post di G.C. Caselli “Silvio Berlusconi e lo ‘strano caso’ dell’audio del magistrato Franco, riesumato solo dopo la morte”

Nei trial clinici, gli studi per verificare l’efficacia e la sicurezza dei farmaci, il campione deve essere rappresentativo della popolazione alla quale andranno somministrati i farmaci. Altrimenti non si avrà “validità esterna”. Invece si prendono soggetti forti, per occultare gli effetti avversi; è stato commentato che per venire ammessi a un trial su un farmaco oncologico bisogna essere atleti olimpionici col cancro. Per Caselli è da accettare che i magistrati siano un “campione di società”; che abbiano “validità esterna”. Mentre qui bisognerebbe che fossero atleti selezionati quanto a doti morali e capacità. Sono inoltre pagati, onorati e depositari di privilegi, proprio per non essere, o almeno per non comportarsi, come dei quisque de populo. E a sentire loro sono ciò che dovrebbero essere, “oi aristoi”. Purtroppo, rispetto a un popolo che si mette nelle mani di un Berlusconi (e dei suoi rivali, con i magistrati che appoggiano le rispettive bande) non vi vuole molto a recitare questo ruolo. Il magistrato Franco sembra un caso estremo dei dilaganti sdoppiamenti grotteschi, degli “a sua insaputa” che si potrebbero chiamare del “Quel generale romano”, dal racconto omonimo di Achille Campanile. Ma sembra anche un caso estremo della licenza che non uno ma tanti magistrati si prendono di muoversi secondo la loro convenienza personale. Licenza che rende vulnerabile la loro funzione anche ad attacchi dubbi come questo delle strane voci dall’oltretomba.

 

L’omertà e la complicità nazionali nelle epurazioni USA

21 December 2010

Blog Il Fattto, Aldo Giannuli et al. 21 dic 2010

Un alto magistrato ha affermato di non aver pensato neppure per un momento a cause naturali quando seppe della morte improvvisa del Capitano De Grazia. Che quello di Calipari sia stato un omicidio volontario premeditato lo scrissi il giorno del funerale, e lo ripetei quando l’indagine fu archiviata (v. “Calipari: virtù militari e diritto” sul sito https://menici60d15.wordpress.com/).

Ora Wikileaks rivela che il governo Berlusconi tramò per evitare che la verità, tramite le indagini dei magistrati, venisse a galla. Il PD, anche per bocca dello “zio d’America” Ignazio Marino, ha chiesto indignato a Berlusconi di dare conto. Ciò per me conferma che Wikileaks disinforma, a favore degli USA, imbrogliando ancor più le carte mentre rivela parzialmente il vero. (v.”Da quali minacce va protetta la Glaxo” sul mio sito).

La “rivelazione” infatti implica:

– Che nessuno lo sapesse. E’ dalla Liberazione che vengono eliminati Italiani sgraditi agli USA, e tutti, istituzioni e pubblico, vilmente fanno finta di nulla sui mandanti; i quali possono pure alludere a come andò, per giochi strumentali e a riprova del loro dominio.

– Che la sinistra si opponga alla destra almeno in questo. Moro docet, è altrettanto sottomessa. E oggi forse è perfino più venduta dei piduisti riconosciuti.

– Che le eliminazioni avvengano contro una volontà forte. In realtà, gli epurandi, tipi anomali, vengono venduti. La classe dirigente, a partire dai “colleghi”, è spesso parte attiva nell’eliminazione, e il popolo, a cominciare dagli “impegnati”, è omertoso e offre bassa manovalanza per un tozzo di pane.

– Che la magistratura, “famigerata” secondo Palazzo Margherita, vada frenata altrimenti scopre la verità. Quando si tratta di fare un favore agli USA, magari quando c’è da eliminare qualcuno che non è sufficientemente servo, tanti magistrati, q. b. agli interessi della corporazione, sono sempre pronti all’obbedienza, e ben lieti di farsi depistare.

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Segnalazione sul blog “Uguale per tutti”, post “Di cosa ha bisogno l’ANM”  21 dic 2010

La Procura di Roma ha dichiarato di avere agito correttamente. La vedova Calipari si è detta disgustata; a me ha aiutato l’esperienza anatomopatologica. L’associazione di categoria dei magistrati farebbe cosa buona se finalmente considerasse – esplicitamente – il tema delle persecuzioni di cittadini italiani da parte di poteri forti internazionali, e delle relative complicità istituzionali; stabilendo ciò che la magistratura può fare a riguardo; e soprattutto, ciò che non dovrebbe assolutamente mai fare.

Un campo che può procurare alle caste che detengono i poteri dello Stato forti e facili vantaggi senza rischi; come è proprio di chi ha venduto l’anima al diavolo:

L’omertà e la complicità nazionali nelle epurazioni USA

https://menici60d15.wordpress.com/

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Blog de “il Fatto”, post di Alessio Liberati “Io, giudice, pericolo per la democrazia” 26 dic 2010 e di Bruno Tinti “Vogliamo i colonnelli” del 31 dic 2010

Le dichiarazioni di Wikileaks riguardanti la magistratura mostrano come quando si favorisce un potere forte si mette la propria reputazione nelle sue mani. Penso che l’uscita di Wikileaks su D’Alema/Spogli vs. i giudici nemici dello Stato, subito dopo quella sull’insabbiamento, vergognosissimo per tutti quanti, dell’omicidio Calipari, sia la carota dopo il bastone. I magistrati italiani non sono la pecora nera tra i poteri dello Stato. Ma è falsa anche l’implicazione ovvia che siano al contrario nell’insieme un baluardo della democrazia. I magistrati non sono rossi o neri, ma fanno parte a sé. Non aspirano a incarichi pubblici per rubare come i politici; ma prosperano in un sistema giudiziario scassato e servono il più forte. Non il più forte tra i pupi, ma il puparo. I magistrati pericolosi per il potere, o antipatici agli USA, sono una specie estinta, anche per morte violenta, o in via di estinzione; e comunque non ci meritiamo magistrati eroi, che pure ci sono stati. La massa dei magistrati sono un asset per gli americani e per il partito americano; un asset da proteggere anche fornendogli credenziali, false, di imparzialità, o addirittura di frondismo rispetto ai suddetti poteri. Una favola che attecchisce bene nell’attuale sistema a ruoli scambiati, dove le forze progressiste sono “magistratofile”, seguendo il costume italiano di opporsi alle vessazioni del potere cercando un “potere buono” col quale schierarsi. Io vedo che anche i magistrati, quando si tratta dei desiderata USA, frequentano livelli bui e luridi; livelli dove la democrazia è una barzelletta per i fessi:

L’omertà e la complicità nazionali nelle epurazioni USA https://menici60d15.wordpress.com/2010/12/21/1744/

Calipari: virtù militari e diritto https://menici60d15.wordpress.com/2008/06/21/calipari-virtu-militari-e-diritto/

Da quali minacce va protetta la Glaxo https://menici60d15.wordpress.com/2010/12/07/da-quali-minacce-va-protetta-la-glaxo/

https://menici60d15.wordpress.com/

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Vedi anche:

I “capitano Peugeot” nell’Italia sottomessa
La terza testa del mostro
C’è la parola: compradora

La Leonessa

21 November 2010

“Il Fatto” quotidiano. Blog di Bruno Tinti.

Commento all’articolo “Brescia, giustizia impossibile” del 20 nov 2010

“Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile…” (Pasolini, Io so…).

Dopo l’assoluzione del 2010 per la Strage di Brescia il dr Tinti scrive che “la storia non si fa con le sentenze”; mentre un avvocato di parte civile si è affrettato a commentare, alla “Casa della memoria”, che in uno Stato democratico “la magistratura è l’unico soggetto che ha il compito di stabilire i fatti”. La sentenza ha una sua cupa onestà: non perché rispetti la verità per corrispondenza con la realtà, ma perché rispetta la verità per coerenza. Il paragone del dr Tinti tra il procedimento sulla Strage di Brescia e quello sull’omicidio del presidente Kennedy ha un’involontaria ironia. Pur avendo patologi forensi espertissimi in USA l’autopsia a Kennedy la fecero fare ad anatomopatologi ospedalieri, con scarsa esperienza in ferite d’arma da fuoco. A Brescia ho avuto a che fare, pesantemente, con uno di coloro che eseguirono le autopsie sui cadaveri della strage (neppure lui patologo forense esperto), con inquirenti, tutori della legalità, autorità che sono salite sul palco degli oratori ogni 28 maggio, gente comune che cita la Strage come un merito. Non mi stancherò di testimoniare che dietro la maschera, dietro l’imenoplastica antifascista fornita dalla Strage (Pasolini) a Brescia coralmente si fa quello che si può, e anche quello che non si può, per servire gli USA e i grandi interessi economici; e con essi gli “interventi”, aggiornati ai tempi, di quelle stesse forze che 40 anni fa volevano le bombe e oggi ammazzano senza rumore (v. il sito menici60d15). La sentenza nega una giustizia posticcia, e ha anche il merito di confermare che per i reati di questa matrice, per gli omicidi politici “atlantici”, materiali e morali, di fatto non c’è una giurisdizione; credo che piuttosto le forme di aiuto all’eversione da parte di magistrati siano sottovalutate. Francesco Pansera.

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12 maggio 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Napoleoni “Comizio Pdl, Berlusconi contestato a Brescia. Ma in tv va in onda un’altra realtà” dell’11 maggio 2013

Anche se ormai B. e anti-B. sono in atteggiamento inequivocabile a palazzo Chigi, la leggenda che i due sono nemici fa ancora presa. “Due nazioni, due popoli che si scontrano”. Ma dove? A me pare che il popolo stia fermo e zitto, che i politici siano tutti d’accordo e che Berlusconi, e Grillo dall’altro lato, facciano, da uomini di spettacolo quali sono, un po’ di ammuina per distrarre. Per dare l’impressione che esista una conflittualità politica; che invece è inesistente, rispetto ai problemi e alla pesantezza dello sfruttamento.

In questo modo agli italiani viene offerto un prodotto che vende moltissimo: la possibilità di “schierarsi” senza doversi impegnare realmente per un cambiamento. Brescia ha abbondanza di comparse per queste manfrine, e fa così prendere un po’ d’aria alla sua consumata verginità antifascista. Ci guadagna anche la magistratura, che, messa sotto accusa con motivazioni farsesche da uno come Berlusconi, riceve per contrasto una luce positiva che distoglie dalle sue complicità nella vendita del paese ai poteri forti.

Rispetto senza amore

8 November 2010

Commento al Post “L’amore e la legge” di Felice Lima del 31 ott 2010

Per Felice Lima.

I ricatti economici, e se non basta la violenza omicida, morale e materiale, per avere il rispetto, ovvero per piegare all’ingiustizia, o per continuare a esercitare forme criminali di sfruttamento mettendo a tacere qualcuno, sono parte integrante della società umana; anche quando sono commessi da coloro che ricevono lo stipendio dello Stato. Non è che così la società non sia umana; lo è fin troppo; ma forse è fuorviante parlare di convivenza. Si tratta di sopravvivenza darwiniana. Nella nostra cultura abbiamo una concezione umanistica forte, che vede lo stato normale della società come uno stato di civiltà, e i soprusi e la violenza come deviazioni; ma l’autentica convivenza civile è uno stato artificiale, lontano dall’equilibrio naturale, che richiede energia per essere raggiunto e anche per essere mantenuto. Si sopravvaluta la nostra distanza dal regno animale, e si sottovaluta lo sforzo di ragione e volontà richiesto per non ricadere, ingannati da fondali dipinti con la stessa pittura che serve ad imbiancare i sepolcri, nello stato di natura. C’è un rischio di cortocircuito tra le concezioni troppo elevate, come il sublime “Il fondamento della legge è il rispetto degli altri e non ci può essere rispetto senza amore”, e lo zoologico, per il quale ”Dio sa che è lui che ha voluto farsi ammazzare”.

Ricambio con affetto i saluti.

menici60d15

L’amore come forza antiegualitaria

7 November 2010

 

Commento al Post “L’amore e la legge” di Felice Lima del 31 ott 2010

Mi piace lì…”.

(Slogan della campagna dell’autunno 2010 per lo screening del tumore al seno, mentre tiene banco lo scandalo sulle prostitute minorenni di Berlusconi)

Sosterrò che l’ideologia dell’amore confligge con l’art. 3 della Costituzione, che dà il nome al blog. Per rendersene conto basterebbe leggere gli aspri insulti apparsi nei commenti all’indirizzo di quelli che non la pensano come Felice Lima sull’amore e la legge. E’ impressionante la prontezza con la quale molti dei sostenitori del primato dell’amore stabiliscono gerarchie e recinti, definendo come esseri inferiori e disperati coloro che mettono in dubbio la liceità e l’utilità di tale primato. Non è la prima volta che vedo chi si dice mosso dall’amore rimuovere dalla discussione come prive di identità, e quindi non esistenti, le persone che non sono d’accordo con lui. “Amore”, come “libertà” è un termine eterologo: quante ghigliottine si erigono in suo nome.

Con tutto il rispetto e la stima per Felice Lima, non sono affatto d’accordo con quanto egli, trasportato da convinzioni cattoliche accoppiate a un’evidente buona fede, afferma. Tutti, anche i migliori, se sono vicini al potere, se abitano nelle stanze ben riscaldate del Palazzo, come i giudici, mentre acquistano alcune sensibilità ne perdono altre, e se per alcuni aspetti vedono ciò che la gente comune non vede, non sempre vedono quanto lontane dalla realtà siano alcune loro concezioni. Ricordo che quando un questore di Brescia se ne andò, a dirigere la sicurezza che lo Stato italiano fornisce al Vaticano, nel conferirgli la massima onorificenza cittadina il sindaco – uno specialista della retorica buonista a favore dei potenti e dei loro crimini – disse che il questore aveva un “supplemento d’anima”. Io invece tra me consideravo che avesse una “picana elettronica”, per il suo costume di farmi puntualmente incrociare pantere della polizia ogni volta che mi muovevo, cioè che uscivo di casa; con un supplemento di volanti quando scrivevo qualcosa che volevano non scrivessi.

A onor del vero, il primo e miglior vaccino contro la retorica dell’amore, cavallo di battaglia dei preti e di tanti malfattori, l’ho ricevuto da una suora, che era stata amica d’infanzia di mio padre, e che venne a trovarci dopo tanti anni. Nata in una famiglia poverissima – poverissima per gli standard di un paese della Calabria del dopoguerra – si era laureata in medicina, e in farmacia. Psicoanalista junghiana, dirigeva un ospedale psichiatrico della provincia di Roma. Chiacchierando in salotto, saputo che volevo iscrivermi a medicina mi chiese perché volevo fare il medico. “ E’ una missione”dissi. “No, fare il medico non è una missione. Ricorda, è un lavoro” rispose lei. La suora continuò a parlare, sulla necessità di rimanere casti fino al matrimonio, ma io non l’ascoltavo molto, sia perché su quest’altro argomento avevo convinzioni tassative; sia perché avevo sentito il cozzo inatteso della sua risposta, e la stavo elaborando. Non so se la suora mi abbia presentato quell’affermazione avendo intravisto nell’adolescente che aveva di fronte una tendenza all’idealismo che andava smorzata, o perché nel suo lavoro aveva sentito tante volte, e analizzato, la filastrocca del medico mosso da nobile amore verso l’umanità e volesse mettermi sull’avviso, sapendo cosa copre nei fatti il più delle volte, oppure semplicemente perché la pensava così; ma la ricordo con la gratitudine che si deve a chi ci dà quelle “dritte” che ci fanno modificare il nostro modo di vedere la vita.

A me il ruolo dell’amore nella società ricorda quelle forze attrattive descritte dalla fisica, come le forze di Van der Waals o la forza nucleare forte, che sono efficaci, o fortissime, a distanza ravvicinata ma decrescono molto rapidamente con la distanza, e pertanto il loro raggio d’azione è molto breve; così che sono un fattore di coesione e stabilità, insieme ad altre forze, ma porterebbero al caos se si pretendesse di farne l’unica forza organizzatrice. L’amore è come la forza – la più forte delle forze fondamentali della natura – che riesce a tenere insieme i protoni nel nucleo nonostante abbiano carica elettrica dello stesso segno e tendano quindi a respingersi; ma non muove il sole e le altre stelle: quella è la forza gravitazionale, immensamente più debole. Quando il nucleo è troppo grosso la forza nucleare forte non riesce più ad impedire che perda pezzi, e si ha il decadimento radioattivo.

Oltre a decrescere rapidamente, la forza dell’amore al crescere della distanza può cambiare segno, perché l’amore per chi si ha caro può implicare l’odio per gli estranei; l’amore, sentimento etereo che origina dalla cruda necessità animale della riproduzione e della protezione della prole, è il primo dei contronimi, delle parole con opposto significato. Può volere dire amore senile per le lolite anziché servire il popolo, come osserva Felice Lima a proposito dell’ultimo squallido siparietto di Berlusconi e dei suoi comprimari della sinistra; non solo, ma più in generale può voler dire egoismo, possesso, dominio, sottomissione, calpestare i diritti altrui in nome delle proprie voglie, del legame di sangue, del gruppo, vs. l’amore oblativo, che si cancella per il bene altrui.

L’amore materno, il primo degli amori, cieco, indulgente e lupesco, è considerato da alcuni il fattore caratteristico della psicologia mafiosa (S. Di Lorenzo, La grande madre mafia. Psicoanalisi del potere mafioso); è stato detto, e andrebbe ripetuto con regolarità, che Filumena Marturano, “E figl so piezz ‘e core”, è anche la madre della corruzione in Italia. Gli studi sul familismo amorale italiano, e quelli di Fornari sul principio materno del clan in Italia, mostrano come quando a dettare legge è l’amore allora l’estraneo al gruppo può divenire un nemico da odiare; e come anche lo Stato possa divenire un nemico (se non fosse che lo Stato è occupato da tanti figli di Filumena, che con “l’eccesso di codice materno” ci vanno a nozze). Oppure si può avere un unico clan, una società che diviene ecclesia, con i reprobi e gli ammessi, come ha scritto Alvaro.

Appare invece rilevante per la sfera politica, e fondato su basi biologiche se si pensa che il comportamento materno viene suscitato dall’ormone prolattina, il proverbio meridionale “Chi ti vo’ bene cchiù da’ mamma o ti trade o ti ‘nganne”. Da grandi non c’è la mamma. E non bisognerebbe cercare surrogati. Né si può essere padre o madre, o figlio, o innamorati di tutti. L’amore quindi può indicare cose diversissime, e andrebbe sempre qualificato: amore adulto, che può essere benefico per la società indirettamente o direttamente, amore viscerale per sé stessi e la propria cerchia che può essere un veleno sociale, amore di tipo paterno, materno, filiale, fraterno, amore erotico, etc. Amore che dà senza chiedere e amore che vuole solo esigere e dominare.

Nel privato, forse è vero che “All you need is love”. Ma nel pubblico l’appello all’amore suona come l’ammissione che non può esservi giustizia, e che l’ultima spiaggia è sperare nella personale benevolenza e compassione di chi comanda. Credo invece che si debba cercare un mondo giusto, tenendo presente che la giustizia è una cosa, l’amore un’altra. E tenendole sempre il più possibile distinte. Appare molto pericoloso voler fare dipendere la giustizia dall’amore come diceva il Vangelo 2000 anni fa e come dicono i preti; un tema caro ai politici verbosi, es. Berlusconi o il suo possibile successore Vendola. Ambedue amici e soci di don Verzè, “business, amore e sanità”, sponsor di quelli tanto fanatici dell’amore che sugli amori altrui raccolgono dossier, per mestiere. “Pane, amore e sanità”, slogan commissionato dal Ministero della salute,  è invece la versione statalista (ma non troppo).

In questi giorni la campagna nazionale di screening per il tumore al seno è impostata su ammiccamenti erotici, come lo slogan in epigrafe. Non una parola sulle gravi riserve scientifiche circa l’efficacia e la dannosità dello screening (es. R. Volpi, L’amara medicina. Perché il “sistema” della prevenzione non funziona. Mondadori 2008). Alle donne piace lì, va bene, ma per il resto sono delle minorenni, delle sciocchine non in grado di prendere decisioni sulla propria salute, e pertanto è meglio che non vengano esposte ad informazioni stonate, agli arzigogoli puerili di certi che tentano così di uscire dal Nulla al quale li condanna la loro assenza d’amore. Cosa c’entrano le zone erogene col cancro? Il sesso fa vendere, e questo non è l’unico caso dove viene usato come strumento di marketing per il business della medicina, anche se è uno dei più cialtroneschi e squallidi. Il maggior esperto italiano di tumore alla mammella, il senatore del PD Veronesi, ha appena annunciato al pubblico che con la “prevenzione” ci si sta avvicinando alla risoluzione finale del problema. Ciò è contraddetto da un rapporto della “Decision resources”, uscito pochi giorni prima, rivolto agli investitori, che prevede che le vendite di sette farmaci emergenti per il tumore della mammella in un mercato costituito da sette paesi ricchi tra cui l’Italia raggiungeranno i cinque miliardi di euro nel 2019. Nell’epoca del consumismo la civiltà dell’amore a volte prende la forma della civiltà dell’harem, dove il Bene, e l’amore, sono sostituiti dal piacere. Una tendenza che si sta insinuando anche nel campo del business medico. “Cicciolina”, la fondatrice del “partito dell’amore”, è un’educanda paragonata a certi, per i quali la medicina sarebbe una forma di amore, e addirittura sarebbe un sacerdozio. A dire che i magistrati sono “sacerdoti civili” è stato invece Andreotti.

L’amore varia più che proporzionalmente con la distanza, come quelle forze della fisica; l’amore che agisce uniformemente erga omnes è un gatto che abbaia: è logicamente possibile, ma, salvo forse qualche strano fenomeno, non si dà nella realtà, è un’altra entità che dovrebbe chiamarsi con un altro nome. L’amore non è, non può essere, se non per un’invenzione retorica, uguale verso tutti; al contrario, tende per natura e per definizione a concentrarsi e a escludere; è una forza antiegualitaria. Il mondo dove tutti si amano è verosimile come il mondo dove tutti sono miliardari. La giustizia serve ad assicurare a tutti il poter coltivare l’amore privato lecito, che tiene insieme la società agendo a breve distanza. Non è un’estensione dell’amore, ma una protesi e un correttivo: supplisce là dove l’amore non può arrivare o è negativo. L’amore può essere simboleggiato da un nido, che vuole essere accogliente per una famiglia, un piccolo gruppo; la giustizia dalle cellette di un alveare, tutte uguali e monotone, un po’ inquietanti, ma dalla forma ottimizzata per una collettività. Entro quel perimetro esagonale, dato dai diritti degli altri, che ognuno si costruisca il suo nido e il suo mondo, e lo esprima e lo comunichi agli altri come crede. In fondo tutto questo citare l’amore è anche l’ennesima intrusione del potere nella sfera privata. Un voler mettere sullo stesso piano gli affetti del focolare con le relazioni della piazza.

Mi pare che la legge, la giustizia, l’impegno civile, siano un tentativo razionale di trascendere forze come l’amore e il suo doppio l’odio, creando forze che regolano positivamente i rapporti sociali basandosi sulla ragione; forze non così intense a breve distanza, forze molto più deboli sul piano psicologico, ma efficaci su un maggior ambito sociale. L’equilibrio sociale dovrebbe derivare dalla coesistenza di forze diverse. Non si amano i propri cari e le comunità di cui si è parte per decreto del giudice; e non ci si deve astenere dal fregare il prossimo perché invece si deve irradiare amore, ma perché così si viola il patto sociale, e perché se si insiste si va in galera. Le regole se le danno i gruppi di animali, se le danno le bande di criminali osservava Platone, quindi non c’è da stupirsi che se le diano senza altro fondamento che una necessità pratica di sopravvivenza anche le comunità. Può darsi che il senso di responsabilità verso gli altri sia sul piano psicologico un’evoluzione dei sentimenti infantili di amore scambiato coi genitori; ma nella vita adulta deve assumere una forma autonoma, indipendente dal sentimento, e cristallizzarsi nella ragione. Un conto è l’ontogenesi psicologica e culturale, un altro l’assiologia. Nell’organizzazione sociale, l’amore dovrebbe venire dopo la giustizia, non prima. Dovrebbe intervenire dopo che sono stati messi i picchetti, e non decidere, emotivo, volubile e mezzo cecato com’è, la posizione dei picchetti; che può infiocchettare, se vuole, ma non deve oltrepassare.

Senza dubbio si vive meglio là dove non la paura della sanzione, ma una convinzione interiore detta l’aderenza alle giuste regole; ma non si può affidare la società alla “kindness of strangers”, né si dovrebbe elargire correttezza e solidarietà, o giustizia, a piacimento come un elemosina. Intendo rispettare gli altri ed essere rispettato non in nome dell’amore, ma in nome della civile convivenza. Può e deve esserci rispetto anche senza amore, e viceversa non si possono ledere i diritti altrui con l’esimente dell’amore. E’ curioso, e un po’ sospetto, che i giuristi, mentre in genere tendono a negare o minimizzare i legami del diritto con l’etica, a volte esaltino i legami del diritto con la religione. Ho sentito diversi magistrati citare l’amore evangelico a proposito del loro lavoro; a volte letteralmente da pulpiti di chiesa, nel corso di funzioni religiose. Qualcuno l’ho anche sentito dire che la moralità alta può derivare solo dalla fede religiosa, e che la moralità senza fede è comunque di una qualità inferiore. Nella mia esperienza di vita, è più difficile trovare magistrati che emettono decisioni rapide, oneste e imparziali, che non magistrati che predicano l’amore cristiano.

Ci sono persone che in buona fede vogliono estendere l’amore al sociale; un progetto rischioso, che può portare a divenire dei benefattori dell’umanità, oppure a fare pasticci. Non siamo chiamati alla santità – un’altra pelosa esagerazione – ma abbiamo l’obbligo della decenza, se vogliamo essere uomini e non bestie ripulite. Sul piano dell’esperienza, quelli che insistono a parlare di amore come forza sociale, e ad assegnargli un primato, mi fanno paura, a cominciare dai preti, che sembrano avere distillato una mistura di enunciati dal sapore zuccherino e di sentimenti reali di perenne aggressività, di desiderio di sopraffazione, di subdola violenza distruttrice verso chi non si sottomette loro. Gli esperimenti politici che hanno creduto di poter fare completamente a meno dell’amore in nome di qualche geometria teorica della società sono falliti; ma l’annunciare l’era della civiltà dell’amore spinge la politica verso il nucleo primigenio dell’amore, cioè verso la regressione infantile. L’appello all’amore nella vita pubblica andrebbe letto come una codeword per un appello alla via soft all’assolutismo, all’arbitrio dei potenti e dei santoni, dove capi-genitori danno “amore” e vogliono essere obbediti per amore. Dove istituzioni patrigne e matrigne tolgono “l’amore” cioè i diritti, a coloro che non fanno i bravi, che fanno i capricci anziché fare i compiti, mangiare la pappa stabilita e guardare i cartoni in tv.

L’amore preme prepotente sul sociale, e una modica quantità di tale amore, bene orientata, è, come legante e catalizzatore, tra gli ingredienti indispensabili in una società; e dobbiamo sollecitarci a provare un qualche sentimento d’affetto anche per il prossimo sconosciuto, per i lontani, per l’ultimo essere dalla Terra, dopo aver riconosciuto che oggettivamente ha dei diritti indipendenti dalla nostra disposizione nei suoi confronti; ma se si esagera con l’amore la giustizia finisce a puttane.

Lotta alla mafia nell’anno domini 2010: Saviano e Lea Garofalo

23 October 2010

Blog Aurora

Commento al post “San Saviano Sisde da Arcore” del 20 ott 2010

Mi ha colpito, mentre lo spazio informativo viene inondato dall’omicidio della quindicenne di Avetrana, la concomitanza delle notizie sui lauti cachet per gli interventi in Rai del cantore della lotta alla mafia Saviano e sull’uccisione, avvenuta l’anno scorso, della collaboratrice di giustizia Lea Garofalo, andata incontro alla morte credendo di andare a curare il bene della figlia. Due destini: l’altare catodico e la vasca di acido. Nella lotta dello Stato alla mafia intorno al 2010 i cantori a gettone dell’antimafia hanno la precedenza sui collaboratori dell’antimafia. Un’antimafia di Stato vanitosa e sbadata dove la fanfara è la prima arma.

Posso testimoniare che nel primo decennio del nuovo secolo lo Stato ce l’ha la benzina, gli agenti e le altre risorse per controllare a vista una persona (magari quando si tratta di zittire un cittadino onesto mediante abusi informali, perché dà noia ai crimini dei mammasantissima dell’economia legale). Soprattutto in Lombardia. Lo Stato, 30 anni dopo Impastato, non sa ancora che i mafiosi uccidono chi li danneggia, e lascia che una collaboratrice di giustizia venga sequestrata ed eliminata; contemporaneamente spende cifre esorbitanti per la lotta alla mafia con “il potere della Parola”, cioè  con i tromboni, affidando la sensibilizzazione popolare sul problema mafia a fegatacci che non guardano in faccia a nessuno: Fabio Fazio.

Da un lato Saviano, il creativo arcicompensato per la sua opera di riduzione dell’antimafia allo show business, così che secondo lui Impastato ha avuto giustizia grazie a un regista; dall’altro Lea Garofalo, che dava informazioni di prima mano sulla ‘ndrangheta ed è stata lasciata in pasto alle belve, monito per futuri possibili collaboratori. Questa divergenza mostruosa tra l’attenzione dello Stato per Saviano e per Lea Garofalo conferma quanto credo, che la lotta alla mafia coloro che occupano lo Stato non la vogliano vincere, non la vogliano chiudere, in modo da liberare risorse per la lotta ad altri mali, ma vogliano perpetuarla, anche per farne un alibi e un motivo di propaganda; penso che si voglia sfruttare la lotta alla mafia a fini di potere, come ho scritto: il fenomeno Saviano non è che un aspetto di ciò che ho chiamato “metamafia”.

L’omicidio di Lea Garofalo cade a fagiolo, sul piano mediatico: rafforzerà il tema, spinto dai media e dalle fonti accreditate, Saviano per primo, delle metastasi mafiose al Nord, che contribuirà a distrarre il pubblico e la società civile, e se ce ne fosse bisogno gli inquirenti, dagli altri grandi affari cancerosi, autoctoni, padani, es. quelli del business medico. A proposito di cancro, quello biologico, Saviano ha scritto, nel lodare la sua attività con la Mondadori “Come se si dicesse che i libri di oncologia diffondono il cancro”. Sarebbe lungo descrivere come a volte i sacri testi nei quali è depositata la dottrina oncologica facciano esattamente questo, diffondere il cancro; ma non si dovrebbe escludere a priori come delirante la possibilità che la medicina scientifica, in realtà la medicina commerciale, causi ciò che dovrebbe combattere: in USA pochi giorni fa milioni di cittadini hanno letto un articolo intitolato “Quando i farmaci causano i problemi che dovrebbero prevenire”; sul New York times (16 ott 2010), a firma di Gina Kolata, una fonte molto più vicina a Wall Street che agli anarchici, agli antisistema o ad altri fissati.

Uno dei farmaci dei quali parla l’articolo, l’antidiabetico Avandia, secondo fonti ufficiali ha provocato decine di migliaia di ischemie cardiache, uccidendo legalmente migliaia di persone; e ciò è potuto avvenire anche perché esperti indipendenti pagati dall’azienda produttrice, la Glaxo Smith Kline, hanno censurato le informazioni negative sul farmaco, manipolando la peer review (MJ Walker, Conflicts of integrity, 2008), dalla quale derivano i testi di riferimento di medicina. Nella patria dell’imperialismo capitalista la storia è nota; da noi invece gli impegnati che seguono frementi di sdegno i resoconti di come la cronica condizione di ingiustizia sia colpa dei “Cicciotto e’ mezzanotte”, si fanno il segno della croce quando sentono simili blasfemie sulla medicina.

Credo che l’esempio e i concetti lasciati in eredità da combattenti veri come Impastato vadano seguiti e applicati non lasciandosi imporre il nuovo paradigma sulla mafia, ma rendendosi conto di questa evoluzione al tempo del liberismo sfrenato e dell’oppio mediatico: da “La mafia non esiste” ergo “Zitti, scimuniti, e giù la testa” a “La mafia è Il Male” ergo “Le altre forme di grande crimine che vi parassitano non esistono; e Noi le Istituzioni siamo i vostri protettori dal Male, e pertanto dovete obbedirci, onorarci e lasciar fare al manovratore, subendo tutto senza fiatare e anzi mostrando gratitudine”. Anche chi vuole combattere sinceramente la mafia non dovrebbe lasciarsi sedurre dall’anacronismo, con gli allegati vantaggi, per il quale la lotta alla mafia va condotta negli stessi termini dei tempi e dei luoghi di Peppino Impastato.

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10 apr 2013

Blog de il Fatto

Commento al post “Lea Garofalo, Carlo Cosco: “Mi assumo la responsabilità dell’omicidio” ” del 9 aprile 2013

Il PM Tatangelo: “a questo processo vi appassionerete”. Ora i magistrati fanno anche i trailer ai loro processi. In effetti, la storia di Lea e del suo assassino ha una somiglianza formale con la favola di Barbablù. Se l’antimafia funzionasse, Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia, sarebbe viva; ma un’importante fonte narrativa si inaridirebbe. Con una mafia sconfitta magistrati e polizia non avrebbero scuse per ignorare e favorire reati di altro genere, che colpendo l’intera collettività ci colpiscono personalmente: quelli dovuti ai poteri forti dell’economia. Con la mafia “invincibile”, l’attenzione delle persone sulla criminalità è intasata da storie tristemente vivide come questa; da fiabe paurose su forme primordiali di malvagità. La gente viene distratta; e, mentre si appassiona e si indigna, viene scippata e defraudata. Senza gli sceneggiati sulla mafia le persone potrebbero accorgersi che c’è anche un’altra criminalità, più sottile, che le riguarda in prima persona; e dalla quale non le proteggono affatto le istituzioni alle quali hanno pagato il pizzo del consenso per essere protette dai mafiosi con la lupara. Godetevi lo spettacolo. E ringraziate il carabiniere, o i carabinieri, che lo hanno reso possibile.

I magistrati “business friendly” e la mafia come sineddoche tendenziosa

16 October 2010

Blog Uguale per tutti

Commento al post “A Reggio deve venire Zù Ntònu” del 19 set 2010

Forse lo Zù Ntònu, il contadino calabrese retto e faticatore descritto dall’avvocato Siciliano, non sarebbe così restìo a battersi per la giustizia se davvero vedesse un gruppo col quale schierarsi: da un lato c’è un esercito di mafiosi, di collusi con la mafia, di appaltatori di business sterminati alla mafia; ma nell’ampio campo non mafioso Zù Ntò non vede una brigata di galatuomini. E nemmeno un reggimento o una compagnia.

A proposito delle forze sane e della fiducia nella giustizia, segnalo l’articolo “Usa, si può comprare il giudice” di Marcello Foa, Il Giornale, 14 ott 2010. In USA la doppiezza della democrazia traspare più chiaramente che in Europa. Col sistema delle lobbies si tende a legalizzare ciò che da noi si fa sottobanco. Lì i magistrati li elegge il popolo, nominalmente; all’atto pratico le multinazionali sono grandi elettori dei magistrati, finanziando legalmente le campagne elettorali di candidati graditi. In futuro le multinazionali potranno comprarsi i magistrati, riferisce l’articolo, grazie a una recente sentenza della Corte suprema che abolisce il tetto dei finanziamenti. Si prevede che il volume della campagna acquisti passerà dai 100 milioni al miliardo di dollari.

Il tema dei rapporti tra magistratura e multinazionali è in genere risparmiato dall’infuocato dibattito nostrano sulla giustizia; nella lotta furibonda che i media ci fanno vedere in continuazione tutti i contendenti stanno attenti a rispettare davanti al pubblico il canone teatrale per il quale il massimo livello di potere equivale a quello oggi impersonato magistralmente da un bravo caratterista come Berlusconi; e Il Male sono le mafie, che sono viste come un Kilimangiaro solitario, anziché una vetta ben integrata nella catena imalaiana delle grandi forze criminali che menomano la vita degli Zù Ntò. Gli altri “8000” essendo dati, tra gli altri, dai business che portano le corporations ad ottenere di poter acquistare magistrati, e a investire negli acquisti. Zù Ntòni, che è un po’ avanti con l’età, statisticamente ha da temere più da qualche sofisticato schema diagnostico-terapeutico nato a Boston o a Basilea e imposto su scala mondiale con le buone e con le cattive, che dal cannemozze del mafioso a cento passi da casa. E forse anche l’omicidio del moroteo dr Fortugno, avvenuto fanno oggi 5 anni, non è solo una questione locale.

Al contrario di Zù Ntòni, che non ha perso del tutto il legame con la visione contadina del mondo spazzata via dall’omologazione, chi si appassiona alla Commedia dell’arte recitata dalla politica, e ai suoi canoni, non si sente sovrastato da poteri senza volto che hanno una consistenza quasi ontologica; ma accetta la finzione secondo la quale viviamo in un Paese sovrano, dove a comandare sono comunque le strutture descritte nella Costituzione; e accetta la sineddoche tendenziosa che identifica tutto il grande crimine con le mafie.

Credo che i rapporti tra magistratura e i potentati economici, nazionali e internazionali, che in buona parte coincidono con le multinazionali, siano rilevanti per la comprensione del cattivo stato di cose attuale, e che le conseguenze di tali rapporti contribuiscano a spingere gli Zù Ntòni a non accordare alle istituzioni il credito che sarebbe necessario. Segnalo anche un mio scritto, che un poco parla dei magistrati, o della magistratura, “business friendly” in Italia:  “Leopardi, Unabomber, e altri eversori”; postato il 12 u.s. sul mio sito menici60d15.

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Blog de Il Fatto

Commento del 27 gen 2012 al post di M. Imperato “Lobby al sole anche da noi?” del 27 gen 2012

postato su questo sito il 5 feb 2012 causa boicottaggio Telecom

Il PM Imperato invita a considerare di introdurre anche da noi il lobbismo, cioè la legalizzazione dei finanziamenti ai politici da parte di gruppi di interesse. Il magistrato invita a guardare al fenomeno senza ipocrisie. Si dovrebbe estendere il suo suggerimento al potere giudiziario: considerando il fenomeno USA dei finanziamenti legali alle campagne elettorali dei magistrati da parte delle multinazionali. Lì è legale comprarsi dei magistrati in questo modo. Ma anche in Italia, così come non è sconosciuto il fenomeno dei soldi passati sottobanco da potenti gruppi di interesse ai politici, esiste la magistratura “business friendly”, che fa carriera essendo compiacente col business:

I magistrati “business friendly” e la mafia come sineddoche tendenziosa

Reati contro l’economia

http://menici60d15.wordpress.c…

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Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Liberati “E la responsabilità civile dei politici?” del 13 feb 2012

Non è nell’interesse dei cittadini una magistratura esposta al ricatto dei potenti tramite la responsabilità civile. Occorrono però dei pesi e contrappesi per evitare che i magistrati operino per interessi diversi da quelli della giustizia, come invece di fatto avviene.

Il celibato dei magistrati https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/01/il-celibato-dei-magistrati/

 Il giudice Liberati, che nel difendere la sua categoria dallo spauracchio della responsabilità civile cita la “mancata applicazione di norme comunitarie, rispetto alle quali l’Italia si è impegnata aderendo all’Unione Europea”, ricorda quel posteggiatore che, sotto il fascismo, scacciato dagli avventori come importuno, intonò al violino “Giovinezza”. Così nessuno poté dirgli nulla.

In questi giorni due ricercatori, l’inglese Wynne e la norvegese Wickson, hanno paragonato la Commissione europea alla rana pescatrice abissale, quel pesce mostruoso che attira le prede con un’esca luminescente che penzola da un filamento che le protrude dalla testa (The anglerfish deception, EMBO reports, 13 gen  2012). Questo perché la Commissione vorrebbe che in tema di sicurezza degli OGM sia vietato agli stati nazionali avanzare critiche di carattere scientifico, l’unica voce scientifica ammissibile essendo quella degli esperti scelti dalla UE.

Ci si dovrebbe interrogare sul contrasto tra norme sovranazionali e giustizia. E anche sul costume di compiacere la UE, e i poteri economici dei quali è espressione, con misure informali, per acquisire meriti da spendere in sede nazionale. Dovrebbero farlo anche i nostri bravi magistrati, ricordando che cos’è la cosiddetta “difesa di Norimberga”. E anche cos’è l’eccesso di zelo nel favorire gli ordini criminali dei potenti.

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Blog de Il Fatto

Commento del 19 feb 2012 al post di M. Imperato “Mani pulite: vent’anni sembrano pochi” del 18 feb 2012

Credo che i magistrati non combattano la corruzione in sé, ma ne combattano alcune forme favorendone altre. Mentre si oppongono alla bribery dei signorotti locali, favoriscono – e a volte attivamente aiutano – l’istituzionalizzazione della grande corruzione, quella dei poteri forti. E’ un poco come la lotta tra piccoli feudatari e potere centrale, al tempo per esempio di Richelieu:

La magistratura davanti alle frodi mediche di primo e secondo grado
http://menici60d15.wordpress.c…

Il PM Nicastro come assessore alla sanità: la non complementarietà tra magistrati e tangentisti http://menici60d15.wordpress.c…

Questo è confermato da magistrati come il PM Imperato che oggi loda “Mani pulite” e pochi giorni prima ha prospettato in termini positivi la legalizzazione delle lobbies (Lobby al sole anche da noi?, 27 gen 2012), uno dei più nefasti focolai di corruzione e degenerazione della politica interna e internazionale.

Se voi foste lo scienziato

16 June 2010

Segnalato il 16 giu 2010 sul blog “Uguale per tutti” come commento al post “Riformare (ma seriamente) la Costituzione” del 10 giu 2010

Arriva l’estate, tempo di giochi e buonumore sotto l’ombrellone. Achille presenta sul blog la nuova Costituzione, composta da un solo articolo: “Il Presidente del Consiglio fa quello che cazzo gli pare”. Una blogger ha commentato che andrà a finire proprio così. Personalmente, ritengo che tra i primi responsabili vi siano gli elettori, che hanno permesso la “resistibile ascesa” di un modesto prepotente, votandolo, o votando la sinistra “gellista” (nel senso di Gelli Licio, non di Giustizia e Libertà). Siccome si scherza, avanzo un’altra proposta per la modifica della Costituzione: guardare alla Costituzione della effimera Repubblica romana del 1849, e adottarne l’art. 20, che prevede che il popolo elegga i suoi rappresentanti con voto pubblico. Non so valutare la portata degli effetti negativi della non segretezza del voto, che certamente vi sono, e saranno anche gravi. Ma il voto pubblico potrebbe servire da correttivo al degrado dell’elettorato, che oggi appare allo sbando, essendo deresponsabilizzato, rincitrullito, gasato dalla propaganda e incapace di tutelare i suoi interessi. Aristotele sosteneva che il popolo è anche lui una magistratura. Anche il famoso discorso di Pericle sulla democrazia ad Atene considera il popolo come una magistratura che ha delle responsabilità nella cura dello Stato; un discorso che a leggerlo viene da piangere, per il divario tra il fresco profumo di ciò che descrive e la nostra puzzolente condizione attuale. Col voto pubblico finirebbero molti piagnistei di furbi e sciocchi, e tanta gente non potrà che protestare con sé stessa davanti allo specchio, se non comincia a fare un uso meno dissennato del voto. Si potrebbe forse rendere facoltativa la pubblicità certificata del voto. Dichiarare quali forze si sono votate potrebbe divenire una prassi volontaria per coloro che comunicano al pubblico opinioni e critiche politiche (personalmente dal 2000 a tutte le elezioni restituisco il documento elettorale, con racc. a/r ; prima, alle politiche votavo, horresco referens, DC; poi PRI; poi scheda nulla; alle locali votavo candidati di centrosinistra, e me ne sono pentito). In USA, quando si cita un parlamentare si aggiunge al nome una “D” o una “R” per indicare se è democratico o repubblicano; si potrebbe almeno dire di quale partito sono i parlamentari non di primo piano quando li si cita, cosa che invece molti giornali evitano accuratamente; quale partito nominalmente, perché nella grande maggioranza dei casi si sa già che l’iscrizione vera è al Partito dei c. propri.

Sempre pour parler, per ingannare il tempo, propongo un quesito simile al “Se voi foste il giudice” della Settimana enigmistica. Però, in campo scientifico: “Se voi foste lo scienziato”. Poniamo che siate il direttore di un centro di ricerca e veniate incaricati di trovare una spiegazione per un altro di quei cluster di leucemia infantile che periodicamente vengono rilevati. Niente paura, potete farlo anche voi, visto che si incoraggia la gente affinché ogni “quisque de populo” dica la sua (meno alcuni, come vedremo): il quotidiano Il Giorno ha raccolto e pubblicato le ponderate opinioni del titolare di una cartoleria in merito alla patogenesi di un caso identico a quello che consideriamo qui (Leucemia a scuola il quartiere vuole la verità. Preoccupazione, ma senza psicosi. 11 giu 2010). E comunque, fare il direttore è più facile che fare il ricercatore … Immaginiamo allora che in una scuola si sia verificato un cluster di leucemia: quattro bambini, tre scolari e la sorellina di un altro scolaro, hanno avuto una diagnosi di leucemia linfoblastica acuta (LLA) a cavallo delle ferie natalizie, tra il 14 dic e il 22 gen. Nello stesso periodo ci sono stati altri tre casi di leucemia infantile nella metropoli dove è la scuola, Milano (ma, data la possibilità che tali cluster a volte siano degli artefatti statistici, per non sapere né leggere né scrivere scegliamo una forma semplificata del problema, circoscrivendolo ai quattro casi della scuola, che più facilmente e più nettamente possono mostrare o smentire l’individuazione di un fattore causale comune). Troppi casi nella popolazione composta dai bambini che frequentano la scuola e dai loro fratelli rispetto all’incidenza della malattia nella popolazione generale. Un vostro giovane collaboratore, Gianni, formula, dopo mesi di studio, un’ipotesi: i bambini che si sono ammalati avevano in comune una predisposizione genetica alla leucemia, che l’influenza H1N1 ha slatentizzato. Considerando solamente l’aspetto logico, vi sembra una buona ipotesi?  Cosa rispondereste al collaboratore ?

Altri quiz per i più interessati. C’è un vostro secondo ricercatore, Lorenzo, che commenta che l’ipotesi di Gianni così formulata dei due fattori, genetico e infettivo, assomiglia all’illusione cognitiva descritta da Tversky e Kahneman per la quale si tende erroneamente a credere che la probabilità di eventi congiunti che confermino nostri pregiudizi sia maggiore di quella degli eventi considerati isolatamente. Lorenzo aggiunge che l’ipotesi di Gianni appare come il classico caso nel quale per salvare le premesse si falsifica la conclusione; che è del tutto azzardato ipotizzare che un’infezione slatentizzi una neoplasia; che il campo delle relazioni causali tra virus e tumori umani è stato fortemente criticato quanto a solidità scientifica, e per la presenza di conflitti d’interesse e di condizionamenti politici; che sono astronomici i numeri per calcolare la probabilità che i casi dei bambini predisposti nei quali avrebbe avuto luogo la slatentizzazione, tra i tanti esposti alla pandemia, si siano casualmente concentrati nella scuola; e che se l’ipotesi – che intanto è apparsa sui giornali come l’unica al momento considerata – venisse corroborata dall’improbabile reperimento di una condizione di anomalie genetiche oncogene preesistenti comune ai quattro bambini si configurerebbe, caso non raro nell’odierna biomedicina commerciale, un “paradosso di Gettier” piuttosto sospetto. Cosa rispondereste all’irriverente ricercatore ?

Poniamo che si presenti un terzo ricercatore, un indipendente di passaggio, un “cultore della materia”, Mario, che vi facesse osservare che il cluster di leucemia infantile nella scuola non è stato solo un cluster, ma anche un cluster anomalo: con una distribuzione temporale e una distribuzione spaziale entrambe estremamente ristrette, e che riguarda un numero di soggetti basso relativamente alla popolazione potenzialmente esposta alle stesse cause. Un attacco repentino e simultaneo, che è apparso e si è spento velocemente tra quattro mura o poco più. Un fenomeno anomalo in quanto il cancro è una patologia a sviluppo biologico lento, della durata di anni, e qui si hanno soggetti in giovane età; quando il cancro è causato, come in genere avviene nei clusters, da una esposizione a cancerogeni ambientali, in genere gli incrementi di incidenza si distribuiscono con una dispersione non trascurabile nel tempo e nello spazio. Per la simultaneità e la ridotta estensione temporale, il cluster assomiglia a quelli dovuti a una causa infettiva, mentre sembra difficilissimo che possano averlo generato agenti cancerogeni; ma assomiglia a un cluster di tipo tumorale più di quanto non assomigli a un cluster infettivo per il basso numero di soggetti colpiti. La forte circoscrizione spaziale è possibile, ma atipica, rispetto a entrambi i generi di cluster. Appare quindi come un cluster particolare, che si potrebbe definire “cluster puntiforme”: netto e marcato, molto piccolo, di durata molto breve.

Mario aggiunge che esistono degli elementi semplici, noti ma gravemente trascurati e travisati, che consentono di costruire una spiegazione teorica coerente di questo genere di cluster di leucemia infantile, senza introdurre fattori ipotetici non ancora individuati, e inoltre dando conto delle sue peculiari caratteristiche di cluster puntiforme: a) la capacità di un contagio virale di provocare reazioni linfoblastomatose non neoplastiche, che mimano biologicamente il quadro diagnostico della LLA; capacità che forse si incontra con la predisposizione di alcuni soggetti, diffusa nella popolazione, a tali reazioni non neoplastiche; b) la tendenza storica, sempre crescente, della medicina a espandere le diagnosi di cancro, classificando o riclassificando il maggior numero possibile di varietà di proliferazione come più maligne di quanto non siano biologicamente; tendenza che nel caso della LLA ha assunto la forma della non volontà e dell’incapacità di discriminare, non sulla base di convenzioni o evidenze indirette, ma rigorosamente, su basi scientifiche indiscutibili, tra leucemia linfoblastica e reazioni linfoblastomatose non neoplastiche (un tema che, in un’agenda di ricerca seria e onesta sulla LLA infantile, avrebbe dovuto essere al primo posto nei trascorsi decenni di ricerca, anziché venire proscritto); c) fenomeni di suggestione e contagio psicologico innescati e propagati su genitori, bambini, e medici, dagli allarmi mediatici che vengono lanciati sui tumori infantili da alcuni anni (es. i recenti “SOS”, supportati da interventi della magistratura, sul rischio di contrarre la leucemia infantile per cause ambientali, come “l’elettrosmog” dei trasmettitori di Radio vaticana di S. Maria in Galeria; e sul rischio di contrarla a scuola, come il caso delle antenne di Monte Mario). Questi sono tre fattori che potrebbero interagire fino a dare luogo alla rilevazione di cluster puntiformi di diagnosi di leucemia linfoblastica, rilevazione dovuta in realtà a un insieme combinato di bias. Le cure chemioterapiche, coi  loro effetti di obliterazione del quadro biologico e di mimesi del quadro clinico fisserebbero poi l’errore (Pansera F. Relazione tecnica sull’omicidio doloso di Ketha Berardi, 2001. p. 15. consegnata al PM Mastelloni della Procura di Venezia in seguito a convocazione dei CC di Brescia, mediante il luogotenente Carrozza, il 26 set 2007).

Che ne fareste dell’ipotesi di Mario, tenendo conto che Mario ha un problema, ed è egli stesso un problema. Già in precedenza su altre malattie ha avuto ripetutamente uscite simili; per esempio, tanti anni fa scrisse un articolo dove mostrava che alcune caratteristiche morfologiche depongono contro una causa immunologica per la sclerosi multipla; senza volerlo, lo pubblicò proprio mentre veniva approvato, avendo superato “severissimi” requisiti, un nuovo farmaco, l’interferone,  che invece si basa sulla teoria immunologica (la pubblicazione dell’articolo fu ritardata, così che comparve negli indici bibliografici appena dopo il trial clinico sul quale si basò l’approvazione dell’interferone per la sclerosi multipla). In questi giorni, 3 giu 2010, il British medical journal pubblica un articolo, “Multiple sclerosis risk sharing scheme: a costly failure”, sul danno derivato dai salti mortali amministrativi che sono stati fatti in Inghilterra per pagare le multinazionali acquistando l’interferone, e un altro farmaco pure basato sulla teoria immunologia della sclerosi multipla, nonostante un’analisi dell’ente di valutazione dei farmaci britannico, il NICE, avesse mostrato nel 2001 che il loro rapporto costo/efficacia non ne giustificava l’uso.

(Nel “risk sharing” lo Stato riduce i pagamenti se il farmaco si dimostra inefficace; da un lato ci si chiede su quali basi scientifiche è stato allora introdotto un farmaco se si ammette che può darsi che non funzioni; ma ai pazienti e il pubblico queste domande non piacciono, e, facendo leva sulle loro umane ansie e paure, si può presentare il contratto come un pragmatico sistema di controllo. L’introduzione dell’interferone fu supportata anche da comitati di pazienti, così come ora alcuni comitati di genitori stanno involontariamente contribuendo al business dei tumori infantili contro l’interesse dei bambini. Quello che è accaduto in UK è che i pazienti andavano male, ma la commissione esaminatrice giudicava che era prematuro ridurre i pagamenti. E’ un escamotage per sbolognare farmaci che sono lucrosi ma che è particolarmente oltraggioso fare approvare come validi; assomiglia un po’ al “contratto con gli Italiani“ di Berlusconi. In Italia finora non c’è stato bisogno di simili moine per dare alle multinazionali farmaceutiche quello che è delle multinazionali farmaceutiche, ma di recente il risk sharing, che ha conseguito questi brillanti risultati altrove, è stato introdotto anche da noi, dall’AIFA, per il lapatinib, un farmaco di ultima generazione contro il cancro avanzato della mammella; il prezzo, ora è calato, 1800 euro a scatola; il NICE ha bocciato il lapatanib, e ha bocciato anche il risk sharing sul farmaco).

Se le multinazionali vengono favorite a tutti i costi, chi è loro d’intralcio riceve un trattamento opposto. Mario autofinanziava le sue ricerche col lavoro di assistente ospedaliero, non chiedeva né soldi né riconoscimenti né altro; riteneva che la discussione sulle tesi che avanzava andasse limitata – come per tutte le ipotesi mediche non dimostrate, incluse quelle più titolate – all’ambito degli addetti ai lavori nelle sedi deputate. Per questo, sempre secondo quanto dice lui, è stato segnato come un inetto, un disturbato, e cacciato dal lavoro, facendolo controllare da istituzioni dello Stato prostituite, che lo hanno trattato come un soggetto da tenere sotto stretta sorveglianza, ostacolandolo e screditandolo nelle maniere più basse, punendolo come un topo di Skinner ogni volta che apre bocca e dice qualcosa di sgradito agli interessi criminali del business medico. Un sistema che funziona: ora, se non fosse pestato a dovere  e screditato chiederebbe di avere più dati sul cluster di LLA, e cercherebbe di meglio definire la sua ipotesi, e di pubblicarla. Considerereste l’ipotesi di Mario insieme alle altre, verificandola, approfondendola e testandola? Oppure fareste finta di nulla, ignorando l’outsider, o giudicandolo inattendibile una volta informati della sua pessima reputazione ? Oppure vi sembra appropriato, a voi del gregge di Pericle, dare un giro di vite alle misure di contenimento di Mario ?

Vi sembra la cosa giusta da fare, dopo che il caso del cluster nella scuola è stato reso noto dai media, dichiarare che non ci sono risposte certe, imporre la censura sulle risultanze degli studi su ciò che è avvenuto nella scuola, in modo da impedire analisi come quella che potrebbe condurre Mario, e contemporaneamente dare fiato alle trombe e diffondere sui media l’ipotesi di Gianni, nonostante le critiche di Lorenzo, e nonostante che secondo l’ipotesi di Mario ciò potrebbe essere causa attiva, oltre che causa per omissione, della diffusione di quello che si dice di voler impedire, e quindi causa di danni alla salute di altri bambini ? E vi sembra corretto, mentre affermate che non si sa cosa sia accaduto nella scuola, sfruttare il caso della scuola per diffondere l’allarme mediante ipotesi tanto apocalittiche quanto lontane dall’essere sufficientemente provate su un effetto mutageno dell’inquinamento sulle cellule germinali dei genitori come causa di un ineluttabile aumento dei tumori infantili ? (Questo è ciò che è accaduto nella realtà).

“Sì, è tutto sotto controllo; non sappiamo bene cosa sia successo; certo, sembra proprio che a causa di questo maledetto inquinamento una quota di bambini sia predestinata a sviluppare il cancro, ma non alimentiamo psicosi collettive”: si sta allarmando o tranquillizzando? Si può anche allarmare fingendo di voler smorzare i toni e tranquillizzare: è una figura di pensiero che viene attualmente annoverata, col nome di “amblisia” (che originariamente si riferiva al preparare a una cattiva notizia nel dramma greco), tra quelle che si impiegano per ottenere un effetto comico.

Questi indovinelli sono interessanti anche per i giuristi, ai quali del resto a volte piace scambiare i ruoli con la corporazione cugina dei medici; si possono elencare diversi motivi di interesse. Del caso del cluster di leucemie nella scuola Cuoco Sassi si occupa la Procura di Milano, che ha formulato un’ipotesi di lesioni colpose. I giuristi citano Giolitti: le leggi si applicano coi nemici e si interpretano con gli amici. E’ bene che sappiano che anche in ambito scientifico valgono i due pesi: Tomatis ha osservato che gli standard di prova richiesti per il nesso causale tra agenti cancerogeni ambientali o occupazionali e cancro umano (nesso che quando stabilito ostacolerebbe i profitti dei grandi interessi) sono molto più severi di quelli coi quali si attribuisce il cancro allo stile di vita personale (che discolpano l’industria, e favoriscono il business del cancro spingendo le persone a fare accertamenti). In certi casi, si arriva alla divinizzazione di ipotesi di comodo gracili e deformi, mentre ipotesi alternative non gradite non solo non vengono verificate, ma divengono desaparecidos. E’ stato detto che il metodo di prova scientifico discende storicamente dal metodo di prova giuridico; e, contrariamente a quel che si può credere, i giuristi applicano nel lavoro giornaliero la logica più dei ricercatori biomedici (che infatti trarrebbero vantaggio dallo studio dei princìpi della prova giuridica). Le fallacie (e le frodi) cognitive sono pure d’interesse per i giuristi (Bona C. Sentenze imperfette. Gli errori cognitivi nei giudizi civili. Il Mulino, 2010). La medicina è un settore di primaria importanza dell’economia, della politica, della vita civile, dell’etica. Mi pare che l’influenza da H1N1 una parentela con il rigoglioso sbocciare del business della leucemia infantile di sicuro ce l’abbia; una parentela da manette: di recente è stato rivelato che la dichiarazione della pandemia, che ha fruttato fatturati di miliardi di dollari alle case farmaceutiche, è stata favorita da “kickbacks” (tangenti) agli esperti della OMS. La Costituzione, fino a quando non verrà ridotta alla versione di Achille, a favore di Berlusconi, sancisce anche la libertà della ricerca scientifica. Ma il comma è già di fatto cassato, e sostituito da un altro che stabilisce a riguardo l’applicazione del citato art. 1 di Achille, a favore non del brianzolo liftato e con la bandana, ma del potere senza volto dei grandi interessi consumistici che Pasolini preveggente indicava come il nuovo vero fascismo. Del resto, il magistrato Renzo Lombardi l’aveva già scritto con una perifrasi, e parlando seriamente: il potere, incluso in alcuni casi quello incarnato dai magistrati, “fa quello che gli pare, se gli pare e quando gli pare”.

Sempre per rilassarsi, un anno fa (4 giu 2009) su questo blog un commentatore proponeva come “passatempo per l’estate” di occuparsi della mia identità “così enigmatica e sfuggente”. Presentava a riguardo anche degli anagrammi. C’è un modo interessante di svolgere questo gioco: procurarsi il libro “La fiera della sanità” di Daniela Minerva, BUR, 2009; leggerlo, in modo da avere una buona panoramica sugli scandali noti della sanità italiana. Scorrere quindi l’indice analitico, cercando di individuare i cognomi identici di due medici che non sono parenti, ma sono accomunati dall’essere stati messi entrambi in carcere per bruttissimi reati. Il mio cognome è lo stesso, e anche la professione. E anch’io, come i due soggetti citati nel libro, rappresento una visione “estrema” della sanità non desiderata dal potere. Per esempio, una visione rigidamente contraria a provocare, per fare soldi o acquisire prestigio e potere, lesioni che possono essere mortali a bambini, trattandoli senza necessità con pesanti terapie oncologiche giocando sulla circostanza che la medicina è stata sciatta e sbadata, volutamente, nel definire sul piano dottrinale la leucemia linfoblastica del bambino (e in certi casi essendo i singoli clinici molto sciatti e peggio che negligenti nella diagnosi). Una visione della sanità che oltre ad essere contraria alla corruzione descritta nel libro è contraria anche ad un genere di corruzione strutturale della medicina che nel libro è solo accennata (v. La magistratura davanti alle frodi mediche di primo e secondo grado). Fatto curioso, anche io sostengo di essere stato privato dallo Stato della libertà personale, come i due omonimi.

Curiosamente, lo Stato ha in pratica tolto dalla circolazione tre medici omonimi tutti e tre rappresentanti di forme di medicina devianti rispetto al business della medicina; un business che vuole essere una forma di sfruttamento istituzionalizzata, né onesta, dietro la maschera, né identificabile in forme tradizionali di crimine –  alle quali peraltro può all’occorrenza appoggiarsi – come la crassa violenza mafiosa o le truffe grossolane. Dei tre medici, due sono stati eliminati dalla vita pubblica ufficialmente, perché si sono macchiati di gravi reati, e il terzo è stato epurato e messo agli arresti senza dichiararlo, perché può essere controproducente, oltre che essere illegale, la censura aperta delle sue posizioni. Posizioni come la tesi che oggi è antiscientifico e disonesto negare o trascurare la pesante influenza dell’Offerta di medicina – che è guidata da un interesse amorale a ottimizzare il profitto – sulle definizioni e sui criteri di diagnosi delle malattie, prima ancora che sulle terapie; o la tesi che è in corso una campagna di marketing per lanciare le malattie pediatriche e in particolare le neoplasie pediatriche; campagna che favorisce le sovradiagnosi di tumore su bambini (v. Sos cancro nei bambini e sovradiagnosi; Mistero leucemia), con i banali orrori che ne conseguono. Una campagna che fa diffondere presso il grande pubblico da rinomati esperti spiegazioni ad hoc sulle cause dell’asserito incremento, presente e futuro, dei tumori in età pediatrica; che assicura a queste pezze d’appoggio teoriche, non importa quanto speculative, contorte, contraddittorie e pericolose, un monopolio, col sistema del racket: con la persecuzione subdola e implacabile di chi potrebbe contestarle sul piano tecnico avanzando temi, ipotesi, argomenti e critiche.

Le spiegazioni alternative e critiche devono essere represse sul piano scientifico, e non devono esistere nel dibattito politico  e nello spettacolo che si propina al pubblico. “C’è la possibilità … che le nostre conoscenze nel campo sono ancora troppo limitate per sapere in che direzione guardare” ha dichiarato l’epidemiologo che ha condotto l’indagine sul cluster della Cuoco Sassi. Quando ci si trova in questa condizione, di non sapere in che direzione guardare, propria dell’inizio di qualsiasi campo di ricerca (e non si dovrebbe essere ancora al “caro babbo” sulla LLA infantile, dopo tanti anni e così tanti soldi spesi in ricerca oncologica), si dovrebbe indagare “ a 360° ” prima di imboccare una o più direzioni. Ma in realtà si vuole che l’angolo visuale delle indagini resti sempre il più ristretto possibile, un sottile spicchio orientato in modo che si ottengano i risultati e i non-risultati che sono più vantaggiosi per l’Offerta, anziché per il pubblico e i pazienti. Il “bavaglio” non è solo quello delle intercettazioni, e non è applicato solo da Berlusconi.

Negli Anni di piombo ci sono stati alcuni magistrati e poliziotti che non abboccavano ai depistaggi, né facevano finta di abboccare per quieto vivere o perché collusi, e indagavano fuori dall’angolazione consentita; ed è accaduto che a questi inquirenti i pupi del terrorismo o della mafia gli abbiano sparato, o i superiori li abbiano messi sotto procedimento disciplinare. (E c’è stato qualche magistrato che ha ritenuto opportuno scriverle sotto pseudonimo, certe osservazioni sull’eversione). La campagna di marketing sui tumori pediatrici, che potrebbe essere chiamata “Operazione Erode”, è un esempio delle forme che l’eversione dall’alto assume al tempo della globalizzazione; un’eversione dall’alto che gode – non è la prima volta – della cooperazione della magistratura e delle forze di polizia, che hanno aiutato la campagna spendendo il loro prestigio a favore della diffusione del falso, dando credibilità coi loro interventi alle notizie e agli “scandali” adatti alla propaganda, e chiudendo nei cassetti le notizie e gli scandali che occorre tenere celati. E fermando un medico scomodo con lo stesso zelo, ma in silenzio, col quale hanno messo fragorosamente in galera l’omonimo medico mafioso e l’omonimo chirurgo della S. Rita; come se la legalità non fosse demarcata da una soglia ma da una finestra, una forchetta, con un limite superiore oltre che un limite inferiore, e il compito di  magistrati e poliziotti fosse quello di mantenere l’andamento delle cose entro questi due limiti, sia reprimendo l’illegalità che può danneggiare l’ordine desiderato dai grandi interessi, sia stroncando forme di impegno e di onestà che possono danneggiare gli stessi interessi.

Privacy, sicurezza e panottismo

10 May 2010

Segnalato il 10 mag 2010 sul blog “Uguale per tutti” come commento al post “Tutela della libertà di corrispondenza nell’era di internet: anno zero?” del 7 mag 2010

È difficile vivere nei tempi in cui la società si trasforma in Ecclesia, coi reprobi e gli ammessi, e con un onnipotente che sa tutto

Corrado Alvaro, Quasi una vita

“Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione, e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni ed idee attraverso ogni mezzo”.

Art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (ONU, 1948)

Il dr Saracino usa parole che avevamo quasi scordato, ricordandoci che abbiamo un fondamentale diritto al segreto secondo l’art. 15 della Costituzione, che tutela la libertà e la segretezza delle comunicazioni. Oggi invece nel parlato comune, e anche nel linguaggio delle istituzioni, si usa “privacy”, eufemismo soft, e non va di moda citare il diritto alla segretezza. La diade privacy/sicurezza viene usata retoricamente: si parla di privacy per bloccare le intercettazioni dei birboni, e di sicurezza per piazzare telecamere, schedare, limitare diritti, etc. Pigiando come un bravo organista ora su uno ora sull’altro di questi due pedali, si ottiene una musica che configura un mondo dove il singolo è sempre più controllato, e il potere è sempre meno soggetto a controllo. Penso che volendo discutere di questi temi – diritto alla riservatezza; intercettazioni; videosorveglianza; database che registrano atti amministrativi, consumi, spostamenti, dati sensibili, etc. – sia oggi divenuto indispensabile introdurre un terzo parametro, una terza “grandezza”, etica, politica, giuridica, che chiamerò “panottismo”, e che rappresenta la asimmetria tra controllori e controllati.

Il Panopticon, progettato da Bentham, è una costruzione che ottimizza il controllo. E’ composta da un anello di celle con al centro una torre di guardia. Nel modello puro di panopticon le celle sono aperte verso l’interno, senza la porta e senza l’intera parete della porta, così che il prigioniero sia costantemente esposto allo sguardo dei guardiani nella torretta. Il panopticon è stato assunto da Foucault, in “Sorvegliare e punire”, come simbolo della relazione asimmetrica di potere costituita dal controllo invisibile, che vede senza essere visto; simbolo dei “dispositivi disciplinari” che impalpabilmente permeano l’intera vita dei controllati. Platone, nella Repubblica, usa la leggenda dell’anello di Gige, che rende invisibili, per mostrare come l’essere invisibile tra i visibili porti all’empietà, perfino se si è giusti. Uno psichiatra, Abreu (Come diventare un malato di mente, Voland, 2005) parla dell’asimmetria di potere basata sul controllo che si sta instaurando ai nostri tempi. Per Abreu, come per altri prima di lui, il segreto è la fonte del potere. Il potere difende con le unghie i suoi segreti, anche istituzionalizzandoli: segreto di Stato, bancario, professionale, istruttorio etc.. Allo stesso tempo, pratica forme crescenti di intrusione nella sfera privata che portano a gravi conseguenze, politiche  e psicologiche: forme derivanti da una volontà di “trasformare ogni persona in un elemento manipolato, senza spazi di autonomia né di critica”. Abreu consiglia: “non fidatevi di chi vuol sapere tutto di voi senza raccontarvi niente in cambio”. L’opposto dell’insegnamento della trasmissione “Il grande fratello”, che spinge i giovani ad accettare e agognare giulivi di vivere sotto una rete di telecamere; beccandosi tra di loro in continuazione come polli, cercando di fregare i compagni, e, notare, confessandosi regolarmente all’autorità. Un bel modello di vita. L’ocaggine popolare che si sposa con la paranoia del potere.

Il controllo mediante strumenti tecnologici può essere una forma di oppressione internalizzata erga omnes, ma può anche servire a fermare determinati soggetti invisi al potere. Usato con ostentazione, può divenire una forma di intimidazione, di condizionamento degli oppositori. Non più il lebbroso, cioè l’isolato, ma l’appestato, cioè il controllato, scrive Foucault. Il controllo esibito, nel quale al soggetto viene fatto sentire che ogni suo passo è sotto l’occhio di un guardiano. Così che sa che a quell’incrocio incontrerà quel certo mezzo; che non potrà entrare o uscire da una libreria o una biblioteca senza incrociare sulla porta un paio di CC o di PS o di vigili urbani; che la spesa ai supermarket la si va a fare solo con una “scorta” di polizia; che non tornerà mai a casa senza avere incontrato almeno un mezzo della polizia; sa che quando dice o fa qualcosa di sgradito oltre al silenzio ufficiale troverà puntuali per strada microincidenti sibillini ai quali non farebbe molto caso se non fossero costanti e prevedibili; dal Carabiniere così maldestro che nel cuore di Brescia, in Piazza Paolo VI, di fronte al duomo, ti punta inavvertitamente il mitra addosso; agli spazzini della municipalizzata che in pieno giorno, sempre solerti con le spazzatrici stradali, al punto di impolverarti con quello che sollevano da terra, soprattutto davanti al duomo, sono però così sbadati che ti schizzano con le lance ad acqua ad alta pressione, con le quali si scrosta anche lo sporco più tenace. (Poi ci sono anche le operazioni interforze, a tenaglia, dove si resta presi tra spazzatrice e poliziotti, che quindi ti chiedono i documenti; sempre davanti al duomo). Decine di varianti su questi schemi, ripetute centinaia e centinaia di volte, possono essere usate senza tregua per porre una persona formalmente libera in uno stato non dichiarato di detenzione e di privazione dei diritti; uno stato simile, non solo metaforicamente, a quello del Panopticon. Questo controllo è anche uno strumento capace di provocare, invisibilmente, danno fisico. Può così trasformare la persona più distratta ed estraniata in un braccato che si aggira per la città come se fosse in una giungla abitata da belve e cannibali. Ai tempi della cavalleria si diceva che l’arco, che colpisce da lontano, è l’arma dei vigliacchi. Spero un giorno di poter raccontare per esteso come l’arma dei vigliacchi oggi siano le telecamere.

Il panottismo odierno è conseguenza delle nuove tecnologie, che hanno permesso forme di controllo ben più potenti di quelle pensate da Bentham, l’eccentrico padre dell’utilitarismo. Ricordo in USA una sera a un party del reparto di anatomia patologica dove lavoravo, che un tecnico di laboratorio, una donna, dopo avere attinto alla coppa del punch un po’ di volte raccontò che col marito avevano comprato per poche decine di dollari uno strumento che permetteva di captare le conversazioni dei vicini, e quanto ciò fosse divertente. Una piccola telecamera oggi costa pochi euro; e le telecamere possono facilmente essere collegate a computer, che possono conservare i dati ed effettuare potenti elaborazioni. Le telefonate sono facilmente controllabili da chi ha ne ha i mezzi, mentre è estremamente difficile impedirlo. Le onde elettromagnetiche sono una fondamentale realtà fisica; noi coi nostri sensi  non percepiamo che una minima parte del mare di onde elettromagnetiche nel quale siamo immersi; oggi con la tecnologia si è trovato il modo di produrre e imbrigliare tali onde, e di rilevarle quando siano usate per comunicare. Esiste lo “spazio hertziano”, e ora che lo abbiamo colonizzato facciamo fatica a comprendere che in esso valgono leggi fisiche e conseguenze di leggi fisiche differenti da quelle del mondo macroscopico che conosciamo per stato di natura. Si è trovato il modo di rilevare anche le altre forme di comunicazione; inclusa, come osserva Abreu, buona parte della comunicazione con noi stessi. A ciò si è aggiunto il trattamento digitale, che permette di conservare e processare quantità a piacere di informazione in maniera altamente flessibile e a basso costo. Va riconosciuto che viviamo letteralmente in un altro mondo rispetto a pochi anni fa; viviamo in una “infosfera”, dove le informazioni vengono emesse, e anche raccolte, con grande facilità; dove quindi mantenere la riservatezza è divenuto oggettivamente difficile. Al tempo nel quale furono sanciti i princìpi sulla segretezza e sulle relative eccezioni in nome della sicurezza vi era un mondo possibile, parallelo al mondo reale, dove era facile controllare le comunicazioni. Ora siamo passati in tale mondo; è questo nuovo mondo reale che ora abitiamo che l’etica e il diritto devono considerare.

Secondo il famoso saggio di Walter Benjamin, col sopraggiungere della sua riproducibilità tecnica l’opera d’arte ha mutato la sua essenza; e anche la sua funzione e il suo ruolo sociale. Oggi è accaduto qualcosa di simile con il progresso tecnologico nella sorveglianza e nella intercettazione. Prima, fino a pochi anni fa, il diritto alla segretezza corrispondeva al divieto di superare gli ostacoli materiali e tecnici che si frapponevano tra la volontà di sorvegliare e intercettare e l’esecuzione di tale volontà. Oggi con lo sviluppo dell’elettronica e del digitale, per il potere, e in alcuni casi anche per i comuni cittadini, tra la volontà di spiare o controllare e il suo soddisfacimento non c’è che un passo. Le innumerevoli registrazioni video sono eseguite a tappeto, così che solo una percentuale infinitesima viene utilizzata per le indagini giudiziarie; per le aziende telefoniche registrare le telefonate è un gioco da ragazzi. In alcuni casi, come per le email, raccogliere le informazioni è in pratica consustanziale al servizio. Le tecniche di marketing di datamining e profiling sono ad uno stadio avanzato. E’ esperienza comune che se si cerca un prodotto online, poi per un periodo la pubblicità di quello stesso genere di prodotti apparirà aprendo pagine web che prevedono pubblicità. Non si è distanti da una situazione dove tutto ciò che viene prodotto o scambiato per via elettronica viene conservato e catalogato (e con “Echelon” si è già in questa situazione).

L’espressione “diritto affievolito” per me ha il suono di una moneta falsa; ma qui c’è un diritto, quello alla riservatezza per il semplice cittadino, che è stato oggettivamente affievolito, non da abili annacquatori dei patti costituzionali, ma dalla realtà storica e materiale. Giuristi e filosofi del diritto hanno senza dubbio studiato questi casi, nei quali un mutamento epocale “spiazza” alcuni diritti, e la loro tutela. Pensiamo a come muterebbe il dibattito sulla morte pilotata, o quello sul “testamento biologico” che lo maschera, se, ipoteticamente, il nostro corpo fosse provvisto di un “bottone di spegnimento” e bastasse premerlo per darsi la morte; o si potesse programmarne l’azionamento in funzione di alcuni parametri vitali, es. l’attività elettrica cerebrale. Un bottone rudimentale di questo genere è già stato inventato da molto tempo: le armi da fuoco, che hanno una “levetta di spegnimento” con la quale è possibile spegnere la vita, soprattutto l’altrui, sia pure con alcune limitazioni come la disponibilità di un’arma, il dover prendere la giusta mira, trovarsi a distanza utile, etc. Secondo alcuni storicamente sarebbe stato proprio il mutamento dei rapporti di forza provocato dalla relativa disponibilità delle armi da fuoco, che permettono di colpire a distanza, ad avere spinto verso forme di governo più democratiche. In effetti, già Machiavelli, nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, aveva avvisato il Principe di non tirare troppo la corda nello spogliare i sudditi della “roba” e dell’onore, perché un coltello è alla portata di tutti; con le armi da fuoco il potere ha dovuto farsi più guardingo. Così un progresso tecnologico che ha generato dei mali, paradossalmente ha anche causato un parziale riequilibrio di forze tra governanti e governati, tra oppressori e oppressi. Sono un obiettore di coscienza, non porto armi, e sono contento di questa scelta, anche se Machiavelli predice la “ruina” ai disarmati. Ma il diritto a portare armi di difesa previsto dal secondo emendamento della Costituzione USA mi appare meno sinistro e barbaro ora che conosco il mondo un poco di più di quando avevo vent’anni. Le strumentazioni tecnologiche di controllo hanno alcune somiglianze con le armi da offesa, e costituiscono forme di difesa dalle armi; e c’è il rischio che, come con le armi nei paesini del Sud, alla fine ad averle e adoperarle siano solo i delinquenti; oltre alle forze di polizia, naturalmente.

Il film “Il mestiere delle armi” di Olmi racconta la morte di Giovanni dalle Bande Nere nella imbelle Italia rinascimentale. Il condottiero fu ferito ad una gamba da un colpo di falconetto, un pezzo di artiglieria leggera, arma modernissima per quell’epoca. (A dare i falconetti ai luterani era stato il duca di Ferrara Alfonso d’Este. I lanzichenecchi ebbero così via libera per Roma, che misero a sacco. Del resto, ad appoggiarsi a potenze straniere a danno di italiani al duca glielo doveva avere insegnato, con l’esempio, il papato, che anche in questo ha una tradizione millenaria). Il film si conclude con una citazione dell’epoca, che condanna le nuove armi da fuoco come disumane e vili, e augura che vengano bandite. La storia mostra che le armi da fuoco non vennero soppresse in quanto poco cavalleresche, e che quello in realtà era appena l’inizio. E’ illusorio cercare di fermare con argomenti di principio, o anche con leggi, progressi tecnici che danno potere; occorre trovare altri modi per contrastarli. Ciò vale anche per il nuovo scenario delle forme di intercettazione e sorveglianza.

Il problema non è più solo l’equilibrio tra riservatezza e sicurezza; ma è anche quello del panottismo, dell’equilibrio tra l’essere controllati e il controllare nei rapporti tra il cittadino e lo Stato, e tra il cittadino e i soggetti forti. Una grandezza non assoluta ma relativa: data dal rapporto tra i due controlli. La difesa della sempre più risicata “privacy”, e della segretezza tutelata dalla Costituzione, è necessaria ma da sola è insufficiente, perché ora col panottismo contano i rapporti relativi, oltre che gli assoluti; è illusoria, perché per chi ne ha i mezzi spiare è diventato facile come camminare; è ingannevole, perché l’affermazione ufficiale che non si sta spiando non può essere facilmente smentita; ed è controproducente perché quando i politici oggi chiedono che ci sia maggiore “privacy” intendono essenzialmente il diritto dei potenti a farsi i fatti loro senza essere disturbati da polverose ubbie sul dovere di non versare né intascare tangenti, di non vendersi a poteri maggiori, etc. . D’altro lato, è in nome della sicurezza, si sa, che spesso viene tolta la libertà; aveva ragione Franklin a dire che chi cede libertà fondamentali in cambio di un po’ di sicurezza non merita nessuna delle due.

Credo che una risposta realistica alla nuova insidia a diritti inalienabili vada cercata in forme di reciprocità: nel ridurre lo squilibrio rappresentato dal panopticon. Se prima il potere controllava 100, e veniva controllato 10, oggi che controlla 1000 non può chiedere di essere controllato 3. Se si è in un paesino del Far West, che non si può pensare divenga per decreto una comune di gandhiani, allora che tutti possano portare la Colt al cinturone è il male minore. E’ stato osservato che le tecnologie avanzate a volte sono indistinguibili dalla magia; se Tizio e Caio giocano a carte, e Tizio ha acquisito una vista magica, che gli permette di sapere che carte Caio ha in mano, allora la richiesta di Caio di vedere le carte di Tizio, in modo da giocare entrambi a carte scoperte, è equa, anche se superficialmente appare come una pretesa assurda. Se difficilmente si può impedire al potere di esercitare un maggior controllo sul popolo, allora si deve riconoscere al popolo, tramite le istituzioni che agiscono per lui, un maggior controllo sul potere.

Pertanto le intercettazioni giudiziarie nell’ambito di indagini su un reato non solo non vanno ridotte, ma, su giuste e rigorose motivazioni giuridiche, vanno potenziate e rese più facili, come forma di controllo democratico sul potere, al fine di riequilibrare lo scompenso informativo. Massima cura va posta nel rispettare la sfera puramente privata dei potenti, che da questo punto di vista sono come tutti gli altri (e sarebbe ora di finirla di divulgare intercettazioni a contenuto piccante e grassoccio sui potenti, che danno loro l’appiglio per chiedere la “tutela della privacy”); massima cura va posta nell’impedire che i poteri che possono intercettare legalmente facciano un uso strumentale di questo mezzo, intercettando solo chi gli conviene, quando gli conviene; ma andrebbe stabilito che, essendo cambiato il mondo, i potenti, che da questo cambiamento traggono i maggiori vantaggi, devono anche loro essere esposti a maggiori controlli rispetto al passato, per ciò che attiene alle loro prerogative pubbliche. Andrebbe stabilito che la comunicazione interpersonale e la privacy sono state rese più permeabili al controllo, ad opera del potere, e che quindi non solo il potere non può chiedere maggiore opacità per sé, ma deve adeguarsi al corso che ha creato. In generale, all’introduzione di ogni nuova forma di controllo da parte del potere dovrebbe corrispondere una nuova forma di controllo sul potere. Altrimenti si torna indietro rispetto alla democrazia; allo squilibrio che c’era prima delle armi da fuoco e prima ancora. Il panottismo tecnologico appare far parte di una tendenza alla restaurazione, mediante tecniche modernissime e sofisticate, di forme di potere che parevano consegnate ai libri di storia. Si parla di aggiornamento della Costituzione; ma spesso con ciò si intende indebolimento anche formale dei già malconci diritti costituzionali. Un vero aggiornamento della Costituzione e delle leggi dovrebbe servire ad adeguare la salvaguardia degli stessi princìpi fondamentali ai mutamenti storici.

La constatazione del nuovo stato di cose può portare a distinguere più nettamente tra raccolta, utilizzo e divulgazione dei dati. Come detto, un tempo il problema principale era la raccolta, e i divieti e i regolamenti facevano perno su tale difficoltà. Oggi tale barriera si è abbassata, e per alcuni non esiste più; bisogna prenderne atto, anziché proseguire su una linea ormai anacronistica; e correre ai ripari, che possono consistere in un riposizionamento su posizioni più difendibili. Per l’utilizzo e la divulgazione le regole, se non dovrebbero essere indebolite, come chiede Berlusconi, e come piacerebbe anche a molti altri, non dovrebbero neppure cambiare radicalmente; l’interesse del pubblico ad avere informazioni su reati e comportamenti di chi li governa va contemperato con quello alla riservatezza, e anche col diritto alla solidità delle informazioni divulgate. Va osservato che la tecnologia, se da un lato facilita la raccolta, dall’altro permette di separarla più nettamente dall’utilizzo e la divulgazione, e quindi di controllarne almeno gli effetti. Si potrebbero introdurre registrazioni crittografate, dove i dati vengono fin dall’inizio trascritti in memoria in forma crittata (e non crittati successivamente). Informazioni “desemanticizzate”, private del pur minimo significato, che può però essere recuperato, ma non da chi le raccoglie o da altri: solo se così disposto dai magistrati, che dispongono materialmente delle chiavi per decrittare. Se per esempio un commerciante vuole inquadrare con una telecamera un tratto di strada  pubblica per proteggere la saracinesca del suo negozio dagli scassinatori, e così facendo inquadra h24 anche i passanti e il parcheggio davanti a un’abitazione privata, allora dovrebbe essergli permesso di impiantare una camera, ma solo di un modello che critti i dati, in maniera che questi possano essere decrittati solo con chiavi custodite dall’autorità, e quindi possano essere letti non da lui stesso o da altri a piacere, ma solo su disposizione del magistrato per motivi d’indagine.

La facilità di raccolta non può essere impedita, ma il panottismo che provoca va contrastato. Per riportare entro un sistema di “checks and balances” il panottismo che oggi si aggira selvaggio nell’attuale infosfera si può pensare, se ciò non travolge troppi princìpi giuridici stabiliti, a forme  di raccolta di massa di dati, es. le telefonate, ma nella forma crittata detta sopra. Occorre pensare a tale inedita varietà di informazione: non si ha un filmato o una registrazione, né assenza di dati; ma una nuova varietà di informazione, un’informazione in potenza, che i metodi crittografici permettono di controllare. I dati andrebbero raccolti non solo, come già avviene, da privati o da forze statali “deviate”, ma anche dallo Stato; senza che però nessuno, incluso lo Stato – neppure a scopo preventivo – possa leggerli se non con l’autorizzazione del magistrato, che ordina la decrittazione in base alle motivazioni classiche consolidate. Non dovrebbero esserci eccezioni al controllo “desemanticizzato” per le “alte cariche“;  che anzi dovrebbero essere le prime; insieme ai magistrati, i poliziotti, i servizi, anche loro custodi che dovrebbero essere meglio custoditi. Se si forma, inevitabilmente, una raccolta di dati sensibili, anche in chiaro, come i database commerciali, tale raccolta deve essere messa in qualche modo sotto il controllo dei cittadini mediante lo Stato; al quale a sua volta va impedito il più possibile libero accesso a tali dati. L’obiettivo dovrebbe essere quello di evitare lo squilibrio informativo, l’invisibilità che osserva, soprattutto a favore di soggetti forti. Qualcosa di in fondo non molto diverso avviene già con acquisizioni da parte degli inquirenti di registrazioni in chiaro delle telecamere di sorveglianza che nessuno guarda normalmente, ma che hanno registrato immagini su un’area che casualmente è divenuta rilevante per le indagini su un reato; o con quelle dei tabulati telefonici. Non bisogna sottovalutare neppure la capacità della tecnologia di fornire strumenti per questo riequilibrio. Penso sia possibile un sistema di crittografia che impedisca, non in forza del dettato della legge, ma fisicamente, letture non autorizzate, con un sistema di chiavi distribuite a più soggetti istituzionali; con le solite eccezioni di fatto delle forze che comunque se ne fregano anche della parvenza della legalità, facendosi vanto di infrangere i segreti (e che se potenti, es. NSA, sono comunque coinvolte ab initio nel disegno degli algoritmi di criptazione). Ma la democrazia e le sue leggi non possono rimanere con l’arco e le frecce davanti a chi ha i fucili.

Occorre inoltre riconoscere al singolo cittadino un maggior potere di sorveglianza su ciò con cui viene a interagire. In USA vidi un nero ben vestito estrarre una macchina fotografica davanti a un massiccio poliziotto che aveva messo la sua faccia, che protrudeva da una testa di dimensioni bovine, a pochi centimetri da quella di un esile ragazzino nero; evitando così al negretto, che i poliziotti avevano fermato perché insieme ad altri si divertiva a rotolarsi sui cofani della auto in sosta, ammaccandoli, guai che minacciavano di divenire maggiori di quelli che si meritava. Posso testimoniare per esperienza personale che avere una macchina fotografica o una telecamera in mano può ridurre, anche se non eliminare, gravi forme di abusi e di molestie gratuite da parte di chi può usare il potere dello Stato, e può abusare dei mezzi per la sicurezza e delle tecnologie legali di sorveglianza; portare una telecamera è un peso e un vincolo, ma può evitare che le provocazioni trascendano in incidenti veri e propri. Penso che i cittadini dovrebbero, per equilibrare almeno parzialmente il panottismo, potersi dotare, se lo desiderano, di forme di controllo elettronico personali. Per esempio, minitelecamere che registrino tutto ciò che appare “in soggettiva” nel loro campo visivo quando escono di casa. Se il tabaccaio può filmarmi mentre passo davanti al suo negozio, se altri possono farlo, pare, senza dover neppure chiedere alcuna autorizzazione a nessuno, così che vengo filmato in continuazione da decine di telecamere a mia insaputa, dovrei potere a mia volta registrare ciò che avviene davanti a me. Il mio campo visivo, e ciò che vedo, è il bordo tra la mia persona e il mondo esterno e gli altri, è qualcosa sulla quale ho dei diritti e posso quindi esercitare tutele adeguate e proporzionate alle circostanze. Oggi invece tale bordo, tale terreno comune, è oggetto di “enclosure” da parte del potere. Si potrebbe regolare il permesso all’uso, e potrebbe essere estesa anche a tali strumenti la differenziazione tra permesso di raccolta crittata, di visione in chiaro e di divulgazione; limitando la raccolta a luoghi esterni, o subordinandone l’uso alla presenza di una situazione di pericolo o a un fumus persecutionis; o forse alla fine si dovrebbe liberalizzarli del tutto. Pensiamo a come sarebbero utili nelle situazioni di stalking; da parte di un ex partner fuori di testa (o anche per documentare lo stalking di polizia, tanto monotono quanto capace di acuti creativi). Potrebbero essere di fondamentale utilità contro i reati convenzionali. Forme regolamentate di controllo elettronico personale potrebbero prevenire crimini, facilitare ricostruzioni, appianare dispute legali, evitare errori giudiziari. Ho sentito Luciano Lutring, l’ex “solista del mitra” che ora tiene conferenze, commentare, col tono dell’artigiano che dice “ormai le costa meno comprarla nuova che farla riparare”, che oggi con le telecamere i rischi nel rapinare le banche sono tali che per i professionisti seri e con la testa sulle spalle è meglio mettersi a lavorare. Ma se gli strumenti elettronici che difendono le banche dai rapinatori, e, genericamente, chi sta meglio da chi sta peggio, ormai costituiscono una florida industria, strumenti analoghi volti a difendere il debole dal forte stentano ad essere sviluppati e commercializzati.

C’è anche il panottismo medico. Siccome poco importa, applicando la reciprocità, poter all’evenienza sapere che il medico di famiglia ha i calcoli alla cistifellea, o il CEO della multinazionale e il politico che hanno architettato l’ennesima truffa da bambini facevano la pipì a letto, bisognerebbe ridurre questo panottismo in radice, chiedendosi caso per caso se le mirabolanti innovazioni informatiche vanno nell’interesse del paziente o del business. (Comunque, un manuale di medicina anglosassone consiglia al medico di non parlare mai del proprio stato di salute ai pazienti). Nel dibattito pubblico si ammette che i database sanitari possano pregiudicare il diritto alla riservatezza su dati particolarmente delicati, e portare a situazioni di discriminazione, ma questo non è l’unico pericolo. Il fascicolo sanitario elettronico, dove sono raccolti tutti i dati sanitari del singolo, che trasforma in “fatti” indiscutibili dati che a volte sono frutto di errori più o meno legati a interessi illeciti, appare come un pericoloso strumento del prossimo venturo “Stato terapeutico”; un controllo accoppiato a autentiche forme di censura  istituzionalizzata delle informazioni al pubblico e a volte ai medici (es. la European Medicines Agency ha rifiutato a un cittadino irlandese l’accesso a dati sulla sicurezza di un farmaco che  appariva provocare tendenze suicide, sostenendo che le regole della UE sulla trasparenza non si applicano alle reazioni avverse da farmaci).  Mentre abbondano gli stucchevoli discorsi sull’umanità delle cure, non ci si preoccupa di come queste nuove tecnologie possano portare il processo di cosificazione del paziente verso livelli ancora più alti. Va considerato anche che la registrazione digitale consente manipolazioni che erano più difficili col cartaceo e coi supporti analogici. Non ci si chiede con quali misure si preverranno falsificazioni della cartella clinica elettronica e degli esami per eliminare le tracce di reati. Si parla invece allegramente di “medicina virtuale”, e si attende impazienti la colonscopia virtuale (una nuova tecnica radiologica basata sull’elaborazione digitale delle immagini). Per evitare dolorosi dispiaceri ancora peggiori di quelli che possono derivare dalle tecniche tradizionali sarebbe meglio avere un atteggiamento scettico e diffidente sull’utilizzo dei mezzi elettronici nelle cure mediche.

Evviva, siamo nel mondo nuovo. La proposta che abbozzo sul contrasto al panottismo non aumenta la civiltà, perché allontana dalla natura umana, ma vorrebbe limitare i danni. Persa l’innocenza originale, non si può ricrearla, ma occorre costruirne una artificiale. La richiesta di potenziare le intercettazioni suona giacobina. L’idea di conservare tutte le comunicazioni mi dà lo stesso sconforto degli scritti di Borges che descrivono situazioni simili, con biblioteche sconfinate che contengono tutti i libri scrivibili di 410 pagine, e mappe in scala 1:1, che si sovrappongono esattamente al territorio che descrivono. Dotarsi di una videosorveglianza personale è una conclusione che, oltre a generare a sua volta altri grossi problemi giuridici, è triste, ricordando quel grottesco personaggio di un film di Almodovar, che girava con una telecamera fissata sulla sommità della testa. Stiamo comunque andando verso il cyborg: la propaganda stimola le nostre speranze mostrandoci esseri ibridi parte uomo parte macchina. Sui media sono celebrati sempre più spesso atleti con protesi meccaniche, ed esiste anche una saggistica accademica che giustifica ed esalta queste chimere. Ne beneficiano trapianti e protesi, terapie delle quali al pubblico vengono fatte conoscere solo le luci. Un recente studio ha riscontrato che le aspettative dei pazienti sulle protesi articolari sono superiori a quelle dei chirurghi che le impiantano.

E’ un po’ singolare che a proporre una tale simbiosi, a proporre di affiancare agli occhi e alla mente una telecamera e una scheda di memoria, sia uno come me, che è fortemente contrario all’esaltazione acritica delle tecnologie ingegneristiche applicate al corpo; che non ha messo neppure lo spioncino alla porta di casa, e per strada, se proprio un elefante non gli tagliava la strada barrendo, non si accorgeva di ciò che avveniva attorno a lui; che è tra coloro che apprezzano come uno dei maggiori piaceri della vita il camminare per il gusto di camminare, muovendosi liberi, senza impacci e impicci, senza una meta precisa, assenti rispetto alla quotidianità, seguendo la topografia dei pensieri più che quella delle vie; il piacere di sentirsi immersi nel mondo senza essere del mondo; sulle strade bianche e lungo i mattoni rossi del senese, dove la bellezza assume un volto semplice e naturale; tra i resti di quello che per tanti secoli fu il maggior faro, la Roma entro le Mura Aureliane, sciatta e sontuosa; sulla groppa di ordinati viali anonimi e senza fine del New England; e perfino nell’affannato reticolo di strade, che trasuda grettezza, del quadratino di Bassa lombarda dove ora abito. Ma questo appartiene a un mondo perduto, al quale non è possibile ritornare.

v. anche:

Sovranità popolare e informazione

La riduzione al sintattico nella lotta al Principe

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Blog Malvino

Commento del 9 apr 2011 al post “Panopticon” del 9 apr 2011

Mi dispiace che della metafora del Panopticon si sia impossesato Capezzone; per me rappresenta, piuttosto efficacemente, l’asimmetria tra controllori e controllati, come detto da Foucault:

https://menici60d15.wordpress.com/2010/05/10/privacy-sicurezza-e-panottismo/

Asimmetria che è proprio quello cui mira il padrone di Capezzone.

Su Wikileaks la penso come Tarpley, che ha scritto trattarsi di un’operazione di “limited hangout”:

https://menici60d15.wordpress.com/2010/12/07/da-quali-minacce-va-protetta-la-glaxo/

Ora non resta che aspettare che Capezzone o un altro scagnozzo parlino di limited hangout a danno di Berlusconi, mentre il dissenso blogger si attiene scrupolosamente alle linee guida dettate dall’alto, come il riconoscimento di Assange come voce libera.

Bentham era un eccentrico. Volle che il suo cadavere, imbalsamato, fosse esposto in una sala dell’University college di Londra, dove tuttora si trova. Speriamo che il dissenso italiano prenda un poco d’esempio da lui, e non si limiti a ripetere quello che gli viene propinato da Mediaset, Rai e c. come “antisistema”.

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Blog de Il Fatto

Commento del 26 dic 2011 al post di S. Santachiara “Accuse di plagio, rischia il progetto web antipedofilia del tycoon berlusconiano” del 26 dic 2011

postato su questo sito il 5 feb 2012 causa boicottaggio Telecom

Nel post “Privacy, sicurezza e panottismo”, del maggio 2010, ho proposto anch’io di conservare in forma crittata, e inaccessibile salvo procedura formale dell’autorità giudiziaria, tutto ciò che passa per i canali elettronici:

http://menici60d15.wordpress.c…

come conclusione di una riflessione teorica sulle violazioni della privacy e della libertà personale commesse col pretesto della sicurezza. Riflessione scaturita dall’indebito monitoraggio e stalking cui ero e sono oggetto; grazie a una magistratura a dir poco compiacente. I dati crittati andrebbero però tutelati nella maniera più rigida, incluso un sistema a chiave multipla, distribuita tra più soggetti istituzionali, come ho scritto. Neppure ai magistrati si può consentire di avere un controllo esclusivo su dati del genere. Lasciarli poi nelle mani delle forze di polizia, o di certi soggetti con le insegne della Telecom, che nella mia esperienza sono strettamente integrati con le forze di polizia in questi abusi, è come mettere il lupo a guardia dell’ovile. Francesco Pansera

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Il giornalista Santachiara sarebbe ancora più grande se producesse la documentazione e le date che mostrano come siano state presentate “molto prima del Maggio 2010” le idee che l’ing. Corradi accosta alle mie rivendicandone la priorità, es. la conservazione crittata delle riprese di videosorveglianza: affermazioni per le quali non ho trovato riscontri né nel suo articolo né su internet. Ciò per completezza e correttezza di informazione, tanto più che il tema è quello della corretta documentazione e registrazione dei fatti pregressi a fini di giustizia; in modo inoltre da riconoscere “unicuique suum”, tanto più in un articolo che parla di plagio; e anche perché, come Santachiara mette in luce, in tema di controlli per la sicurezza è facile che se ne occupino persone interessate a tutt’altro che la tutela dei diritti; ed è quindi necessaria un’informazione chiara e precisa, che consenta di evidenziare le finalità autentiche e il valore politico delle varie proposte sui metodi di controllo.
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Gentile ingegnere Corradi, il mio recapito è : F. Pansera, Via Tosetti 30, 25124 Brescia. Non ho detto che Lei abbia commesso un plagio col suo sistema Antares; anche se mi è successo in passato di pubblicare un’idea, e poi vederla, dopo molti anni, oggetto di diversi brevetti internazionali (i cui autori hanno comunque citato la mia pubblicazione nella domanda di brevetto); es. “Prophylactic and therapeutic treatment of the ductal epithelium of a mammary gland for cancer” Sukumar et al. J Hopkins university school of medicine. Patent 7196070, 2005.Tra l’altro io non mi sono riferito specificamente alla navigazione su web dei dipendenti di aziende private, ciò che il sistema Antares controlla, ma ad un generale riequilibrio, sotto il controllo dello Stato, di quella condizione che chiamo panottismo, cioè la crescente asimmetria del controllo tra popolo e potere (e che è cosa diversa dalla privacy). Lei sarei grato se mi mostrasse anche come e quando è sorta l’idea di registrare in maniera inaccessibile la videosorveglianza, pratica che avrebbe risolto il caso Gambirasio Lei dice, e che invece ho considerato espressamente. Non sono in affari, ma credo sia importante evitare che l’implementazione non corretta di simili accorgimenti aggravi una situazione già antidemocratica invece di risolverla.
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Il suo acido commento si potrebbe ribaltare: spesso una volta generata un’idea, implementarla non è così difficile. La crittografia delle registrazioni non è una invenzione epocale, ma, in linea di principio, l’elementare trasferimento e adattamento di tecniche già esistenti. Tanto che un non addetto ha potuto concepirla, e una moltitudine di informatici potrebbe metterla in atto. La teoria retrostante che la motiva sul piano etico e politico, che naturalmente attende di essere sviluppata, forse è più complessa. Io però mi astengo da simili comparazioni, perché ho grande rispetto per quelli che si occupano di tecnologia “hands-on”, e per i risultati che possono raggiungere. Ne ho di meno per chi ripete l’ideologismo tecnocratico che le idee (degli altri, non le loro) sono poca cosa, sono res nullius, che si trova per terra; che confonde il “come” costruire una cosa col “cosa” costruire e “perché” costruirla; o col perché non costruirla. E’ da oltre vent’anni anni che osservo che il plagio (parlando in generale) è a volte anche una forma efficace di censura: alcune proposte concettuali possono essere disinnescate togliendole a chi le ha avanzate con certe motivazioni, con certi fini, e mettendole in mani sicure; come quelle del Tiger team Telecom, per esempio.

Il ladro e il viandante

30 April 2010

Segnalato il 30 apr 2010 sul blog “Uguale per tutti” come commento al post “Qui tam pro domino rege. Riflessioni sul caso della dr.sa Arcifa” del 27 mar 2010

Prendo spunto dal commento della dr.sa Arcifa per proseguire la riflessione sul mio sito. Ci sono tanti casi possibili, diversi tra loro. Denunciare le scorrettezze e i reati degli uffici delle imposte, che, sia sul piano popolare che su quello ideologico, non sono le burocrazie più apprezzate e benvolute, è uno fra i tanti casi possibili. Come ho scritto altrove, denunciare chi ruba per sé anziché per il Principe può essere visto con favore in ambienti principeschi. Nel 2009 è cominciata la grande frenata sulla spesa sanitaria, e in USA, con la presidenza Obama, si sono messe in discussione, almeno verbalmente, regole che parevano sacre, come quelli sugli screening tumorali (mentre in Italia, se la “linea della palma” si espande verso Nord, la “linea del mammografo” geograficamente procede nel verso opposto); probabilmente non è un caso che nello stesso anno la denuncia di uno dei tanti giochi truffaldini di una potente multinazionale sia stata profumatamente ricompensata, dopo tanti episodi di “whistleblowers” in campo biomedico che se la sono vista brutta. Un caso finora raro: anni fa è stato osservato che le probabilità per un whistleblower di ricevere le ricompense previste dalle leggi USA, anziché la consueta scarica di legnate, sono pari a quelle di una vincita al lotto. E’ di questi giorni la notizia che un altro whistleblower riceverà dal governo USA 45 milioni di dollari; la società denunciata, l’AstraZeneca, ne pagherà 520 al governo USA per marketing di indicazioni improprie di un farmaco antipsicotico, il Seroquel. (AstraZeneca ha comunicato per il primo quarto dell’anno un incremento dell’utile operativo del 10%, a 3.86 miliardi di dollari). L’Attorney general Eric Holder ha detto a proposito che “[tali] atti illegali delle compagnie farmaceutiche possono mettere a rischio la salute del pubblico, corrompere le decisioni mediche, e prelevare miliardi di dollari direttamente dalle tasche dei contribuenti” (che è una sintetica descrizione di ciò che “happens all the time”). Queste notizie di un nuovo corso, oltre a mostrare che quando si parla di marketing farmaceutico si parla di un’attività molto concreta, dagli effetti estremamente concreti, ricordano che gli autori di giuste denunce dovrebbero essere semmai premiati piuttosto che essere puniti.

Il rispetto non delle regole in quanto tali, ma dei princìpi giusti e delle regole che da essi discendono, è praticamente sinonimo di civiltà. E’ quindi bene chiedere giustizia all’autorità preposta. Salvo che le circostanze impongano il contrario. Pochi giorni fa ho scritto all’amministratore del condominio dove abito perché facesse aggiustare finalmente il chiudiporta del portoncino d’ingresso, che rischiava di divenire un casus belli, e sono stato accontentato. Ora l’ordine regna sulla palazzina “Dalia”. Invece non ho a chi rivolgermi per cose molto più gravi. Gli ebrei che durante la Seconda guerra mondiale andarono a protestare presso i comandi tedeschi per i maltrattamenti ricevuti furono danneggiati dal loro senso di giustizia.

La risposta adatta alle rappresaglie per aver ostacolato ruberie dei colletti bianchi o crimini di alto bordo è diversa a seconda delle circostanze. La dr. sa Arcifa fa bene a rivolgersi, per l’ingiustizia subita, al giudice del lavoro, che verosimilmente la farà reintegrare. Diversi autori consigliano, nel caso dei ricercatori, di non fare affidamento su canali ufficiali, magistratura,  agenzie di mediazione, etc. (es. Devine T. The  whistleblower’s  survival  guide:  courage  without  martyrdom, 1997. Citato in: Against the tide. A critical review by scientists of how physics and astronomy get done. A cura di Correidora e Perelman, 2008). Devine, che pure consiglia di collaborare, cautamente, con le autorità, scrive: “A public whistleblower should not expect justice”. E c’è di peggio. Qui in Italia c’è stato il caso di Marotta, e quello di Felice Ippolito, entrambi arrestati nel giro di un mese dalla stessa Procura per accuse apparentemente non collegate, nell’ambito di un’operazione che a detta di diversi commentatori soggiogò agli interessi degli Usa la ricerca e l’industria di punta italiane (a partire dalla divisione elettronica dell’Olivetti); l’attacco ebbe effetti irreversibili, e fu condotto proprio da esponenti della magistratura, alcuni come un PM braccio destro di un magistrato dalle frequentazioni poco raccomandabili: “E’ accertato, comunque, che Spagnuolo fosse  in stretti rapporti con Sindona, amico di Nixon e finanziatore dell’ala dura degli strateghi della tensione” (G. De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia. Editori Riuniti, 1991). Qualcuno con fama di magistrato onesto e indipendente, ma evidentemente fortemente soggetto a farsi strumentalizzare dagli intrighi di politici corrotti e a farsi influenzare dalle campagne  denigratorie  di giornalisti prezzolati, visto l’accanimento che mostrò. Due anni prima era stato assassinato Mattei (fatto dimostrato di recente da un’indagine della magistratura, e rimasto nell’ombra grazie anche alle diagnosi psichiatriche che Montanelli e altri anticomplottologi lanciavano all’indirizzo di chi pensava non si fosse trattato di un incidente). Oggi ci si sta buttando nell’avventura delle centrali nucleari obbedendo agli ordini, così come allora si obbedì impedendo lo sviluppo del nucleare. La nostra classe dirigente non è solo corrotta: è anche compradora, dedita cioè a vendere assets nazionali a poteri egemoni esteri.

Il Procuratore Carmelo Spagnuolo è divenuto l’emblema dei magistrati che rendono le Procure “porti delle nebbie”, dove fatti grandi come navi scompaiono nel nulla. 15 anni dopo il caso Marotta il CSM rimosse Spagnuolo per il suo coinvolgimento in altre operazioni, più note e appariscenti. Marotta fu in seguito riabilitato. Comunque, come avviene in questi casi, che ricordano l’autoassemblaggio di componenti molecolari della cellula, dall’apparente disordine giudiziario nacque uno stabile ordine politico. Quei magistrati erano le persone giuste al posto giusto al momento giusto: il resto della magistratura prese le distanze a giochi fatti, ma non agì affatto, né agisce, come un baluardo; il volere di chi commissionò quel colpo di mano si è compiuto, e continua ad essere servito; l’intesa tra Stato ufficiale e Stato arcano continua a funzionare; e resta rilevante quanto scrisse a proposito nel 1965 l’Espresso: “Tra quaranta o cinquant’anni, uno studioso dei problemi sociali che vorrà accertare le ragioni dell’arretratezza culturale ed economica del nostro paese, individuerà certamente nello stentato sviluppo della ricerca scientifica una delle cause determinanti. Rivangando tra le testimonianze del passato, questo ipotetico studioso riesumerà un curioso processo che … sarà riuscito a scoraggiare e deprimere i ricercatori italiani ed avrà colpito alla radice uno dei fattori fondamentali dello sviluppo economico stesso” (Cit. in: Di Giorgio C. Cervelli export, ed. l’Unità, 2003). Oggi i ricercatori italiani non sono più depressi, ma in campo biomedico sono non di rado tanto obbedienti ai dettati della ricerca internazionale, e degli interessi privati che la dirigono, che ricordano l’allegria di un cagnolino che si alzi sulle sole zampe posteriori. O sulle sole zampe anteriori, in alcuni casi. Altro che cane a sei zampe.

Il ricorso al giudice è un poco come le medicine e gli interventi chirurgici o altre terapie: non dovrebbe essere peggiore del male. Si va sempre più verso la medicalizzazione della vita, per la quale in innumerevoli casi si medicalizzano affezioni banali e comuni problemi personali, e le persone passano la vita, senza reale fondamento, a riempire album di esami diagnostici, sottoporsi ai trattamenti più vari, ingurgitare psicofarmaci a palate, compiere periodici pellegrinaggi verso santuari medici e luminari, etc. ; analogamente, se si incappa in certe situazioni, a forza di legalismo si rischia di andare verso la “giuridificazione” dell’esistenza, vivendo in una serie ininterrotta di procedimenti amministrativi o giudiziari, in una perenne condizione di accusato o di postulante. (E può accadere il caso beffardo che, avendo contrastato la medicalizzazione, si venga colpiti mediante la “giuridificazione”). E’ giusto rivolgersi alla magistratura per avere giustizia, ma non è giusto dover chiedere ai magistrati ad ogni piè sospinto il permesso di vivere, non avendo fatto nulla di illecito, tutt’altro. Se ciò avviene, allora può insorgere, anche se non si è nati cuor di leone, “quella specie di coraggio disperato, con cui la ragione sfida a volte la forza, come per farle sentire che, a qualunque segno arrivi, non arriverà mai a diventar ragione” (Manzoni). E, oltre un certo limite, aiutati dall’arroganza dalla viltà e dalla pochezza di chi pensa di avere il coltello dalla parte del manico, si può decidere che non conta più “uscirne fuori”; che avere giustizia non è avere una sentenza che scagioni o riabiliti, e che al contrario l’unica giustizia possibile davanti a determinate porcate è proprio testimoniare, pagando s’intende; testimoniare affermando la corruzione delle istituzioni che dovrebbero tutelare i diritti.

Tale posizione diviene più chiara se non si pensa alla giustizia come a un mero servizio alla persona, ma si considera anche la dimensione sociale, che è quella che chi si oppone ai delitti del potere in genere ha ben presente. Margaret Thatcher ha detto che la società non esiste, e ai nostri giorni la consapevolezza della sfera pubblica, e della sua importanza, spesso non viene capita, o viene vista come un segno di estremismo e instabilità. La medicina non è puramente individuale, come invece sta sempre più diventando per ragioni di mercato: si parla di “personalizzazione” delle cure – che significa sollecitazione della soggettività del paziente – accampando motivi tecnici; ma le cure, mentre non vanno applicate en masse, come vuole la legge del profitto, ma solo ai pochi che ne necessitano, dovrebbero essere programmate avendo per oggetto la popolazione; non per ragioni etiche o ideologiche, ma per ragioni tecniche. Anche in medicina vale quello che ha scritto il giurista Hans Kelsen: l’unica felicità possibile è quella collettiva, la felicità sociale si chiama giustizia (cit. in Gratteri N. La malapianta, 2010, ultima pagina).

Per fare un esempio generale, senza addentrarsi negli aspetti tecnici, si è visto che in società diseguali, anche se ricche, come quella voluta dalla Thatcher, c’è meno salute che in quelle dove c’è maggiore eguaglianza. Una correlazione che riguarda tutte le fasce sociali, e quindi anche i ricchi, che risultano stare meglio nelle società a minore disuguaglianza. Berlusconi, in veste di santone, e anche guru medici del centrosinistra, annunciano agli allocchi un futuro con un’aspettativa di vita di 120 anni. Che è come dire che siccome col progresso l’altezza media negli ultimi decenni è sensibilmente aumentata, le generazioni future saranno alte due metri e mezzo. Al contrario, in una società individualista, dove si esasperano le disuguaglianze e la giustizia viene compressa, la vita col tempo tende a divenire più breve e brutale, per tutti.

Tornando alla giustizia, anche la richiesta di giustizia non è solo una questione privata dell’offeso; se si chiede giustizia, e ci si accorge che la fonte che dovrebbe erogarla è secca, o emette veleno, allora se si è abbastanza indignati e schifati si può pensare di allargare il problema, dal torto ricevuto al sistema ingiusto che lo ha permesso, generato e alimentato; così che sacrificando il tentativo di salvaguardare gli interessi personali lesi si difende almeno il concetto stesso di giustizia, a favore della società. Si persegue una “metagiustizia”, che è l’opposto dell’atteggiamento pragmatico di certi che, si dice, pur di minimizzare il danno patteggiano anche se non sono colpevoli (mi risulta che questo avvenga anche in ambito tributario).

Ed è anche l’opposto del gioco al ribasso, dell’andare verso lo svilimento della vittima e delle istituzioni praticato da coloro che usano il potere legale come cosa loro. I magistrati dicono che hanno così pochi mezzi che a volte si devono portare da casa la carta igienica, e la carta per le fotocopie la devono fornire gli avvocati; possono darsi delle situazioni così indecenti che la carica di decoro e dignità che ogni procedimento giudiziario dovrebbe avere ce la deve mettere tutta chi è sotto accusa o chiede giustizia, perché i magistrati sono sprovvisti anche di quella.

Trovo impensabile e completamente errato il suicidio, ma capisco la ribellione di Parmaliana. Credo che tra i fattori che sembrano averlo spinto vi sia stato anche l’abito mentale del chimico e del ricercatore di pensare secondo leggi razionali, esteso a temi extrascientifici e personali: un’impostazione che può avere portato a una forma del “suicidio anomico” descritto da Durkheim. Ai tanti italiani “pecore anarchiche” il concetto di trauma da anomia, e quello di reazione all’anomia, devono apparire incomprensibili; e anche coloro che fanno un uso strumentale del potere dello Stato, in particolare di quello di polizia e giudiziario, pur intuendo che hanno in mano una leva vantaggiosa con la quale colpire il soggetto predisposto a percepire l’anomia – col mostrargli che loro non sono la cura ma sono la malattia – non hanno però il senso di quello che stanno facendo, così che facilmente sbagliano le dosi. Quando cade il velo, e si prende atto che la legalità è una oscena foglia di fico, allora il quadro si semplifica. Non occorre più prendere in considerazione gli intricati cavilli dei legulei, che ora appaiono valere quanto gli elaborati arabeschi stampati sulle cotonine dozzinali delle bancarelle del mercato; ma si torna ai princìpi fondamentali; alla massima di Manzoni, sempre nella Colonna Infame: “il ladro non ha il diritto di dar la vita al viandante: ha il dovere di lasciargliela”. Absit iniuria. Comunque, Manzoni parlava proprio dei magistrati.

P.S.: dopo avere scritto questo post, nel controllare e approfondire le notizie storiche che riporto ho appreso (Paoloni G. Il caso Marotta e il caso Ippolito. Scienza e politica nell’Italia degli anni Sessanta. Lettera matematica Pristem, Univ. Bocconi, n.44, 2002) che Marotta, ritenendo di non meritare di essere trattato in quel modo, “…si rifiutò di comparire in aula. Venne giudicato come contumace e rischiò addirittura l’incriminazione per oltraggio alla corte”. Credo degno di nota che ci siano state in tempi diversi almeno tre persone, Domenico Marotta, Adolfo Parmaliana, e si parva licet lo scrivente Francesco Pansera, accomunate dall’occuparsi di scienza; dal praticare forme di impegno civile; dall’essere sgradite ad alcuni poteri; dal ritenersi oggetto di persecuzione giudiziaria; e dal rifiutare a un certo punto, con motivazioni diverse e in forme diverse, di continuare a riconoscere l’istituzione giudiziaria dalla quale dipendeva la loro sopravvivenza morale. Tre borghesi con radici culturali meridionali, studi scientifici, e una frequentazione di ambienti internazionali. (E’ possibile riscontrare almeno le prime tre  caratteristiche anche in Giuseppe Taliercio, che rifiutò qualsiasi riconoscimento dei brigatisti che lo avevano sequestrato). Venire a sapere che già in precedenza ci sono state persone degnissime che hanno avuto vicende con sostanziali affinità con la mia, che hanno voltato le spalle alla magistratura che favorendo interessi criminali li perseguitava, persone che, come ho fatto io da tanti anni, hanno risposto allo Stato incaricato di sfregiarli e azzopparli con un disconoscimento e una dichiarazione di sfiducia, è motivo di commossa consolazione, e di rassicurazione. Marotta, come Parmaliana siciliano e chimico, colpito quando era già in pensione, noto e stimato, fu difeso nel dibattito pubblico dai giuristi Galante Garrone e Jemolo. Di fronte aveva il “partito americano” di allora, con politici come Saragat, che non è certo l’unico politico divenuto presidente della Repubblica avendo nel curriculum la partecipazione all’eliminazione di persone che stavano servendo il Paese e per questo motivo erano invise a interessi americani; Spagnolli, vicesegretario amministrativo dell’Università cattolica del Sacro cuore, legato al deputato DC Montini, fratello del più famoso prelato e poi papa bresciano anche lui addentro nei rapporti tenebrosi con gli USA. Interessante anche la figura del senatore DC Messeri. Componente dell’associazione Bilderberg, risulta legato a Frank Coppola e al Pentagono. Era un siciliano vissuto a Chicago e rientrato in Sicilia come uomo di fiducia di Mike Stern, l’agente USA che gestì il bandito Giuliano (Caroli G. Napolibera); e che nel 2006, novantasettenne, si occupava, come mecenate, di manipolazioni della ricerca sul morbo di Alzheimer (Pansera F. Michael Stern e l’etiopatogenesi della demenza senile, 2007). Ma forse in questi casi il sottobosco delle tante mezzefigure, nate per vivere di espedienti, che in ogni tempo colgono in operazioni del genere l’occasione di poter lucrare senza rischio qualche miserabile vantaggio, conta non meno dei nomi come quelli che gli studi, i documentari, le fiction e le forme miste sui “Misteri d’Italia” ci hanno reso familiari.

rev. 2 mag 2010

Indipendenza della magistratura e pneumatici

21 September 2009

Panchina del parco Gallo Di Brescia. 15:01 del 17 set 2009

Panchina del parco Gallo. Brescia, 15:01 del 17 set 2009

Segnalato il 21 set 2009 sul blog AldoGiannuli.it come commento al post  “Una nuova questione morale…” del 16 lug 2009


Seduto su una panchina del parco Gallo di Brescia in una bella giornata di settembre. Penso agli avvenimenti del giorno. Oggi, 17 set, risulta finalmente consegnata la racc. online che ho inviato con internet 8 giorni fa al PM di Lecco Del Grosso sul ruolo della magistratura nel caso Englaro (L’azione giudiziaria non euclidea). Ed è arrivato contemporaneamente anche il consueto schiaffo di “ricevuta di ritorno”, sotto forma di mobbing trasversale. Chi si rivale sulle donne annega in uno sputo.

Oggi il TAR del Lazio si è espresso a favore dell’interruzione dell’idratazione e alimentazione quando si sia “ricostruita” la volontà del paziente comatoso. Secondo i giudici amministrativi l’essere umano medio sarebbe in grado di scegliere liberamente di morire di sete e fame, e a tale stoica capacità corrisponde il diritto fondamentale di morire volontariamente in questo modo; diritto “incompressibile” dall’autorità pubblica, anche in presenza di una volontà solo putativa, espressa in precedenza in condizioni diverse (che “Altro è parlare di morte, altro è morire” sembra se ne siano dimenticati tutti), o anche desunta da dichiarazioni di testimoni. Un’altra specie si aggiunge così a quella categoria di giustificazioni funebri che comprende il famoso “Dio sa che è lui che ha voluto farsi uccidere”. E’ da poco uscito un editoriale che condanna le preoccupazioni espresse in Inghilterra da gruppi di disabili: temono che questo viraggio ideologico, dal sollievo della sofferenza alla promozione della scelta personale di morire quando si soffre, possa favorire la loro eliminazione prematura; e vengono pertanto rampognati per questa loro fisima, che viene giudicata irrilevante per la discussione (Delamothe T. Assisted dying: what’s disability got to do with it? British medical journal, 26 ago 2009). Per rassicurarli viene citata la baronessa Warnock, che spiega pazientemente che si tratta di due concetti diversi. La baronessa è la stessa bioeticista che ha affermato che i pazienti affetti da demenza senile hanno il dovere di morire per non pesare troppo sui familiari e la società.

Pochi giorni fa, l’11 set, il CSM ha approvato la pratica a tutela di magistrati della Cassazione in relazione alle accuse ricevute dai politici sul caso Englaro. Il giorno dopo il portavoce vaticano ha dato indicazione, sul testamento biologico, di “trovare un compromesso che non umili nessuno”. Una frase che per me conferma che il paziente è una figura secondaria nella meschina disputa tra superbi al suo capezzale. Oggi le nostre truppe in Afghanistan, aggregate agli interessi di chi domina il mondo, vedono cadere sei dei loro compagni per un’autobomba. E’ giusta la causa per la quale sono morti, e per la quale uccidiamo civili in terre lontane? Oggi a Brescia si è riaperto, dopo il ristoro estivo, il nuovo processo di primo grado per la strage di 35 anni fa. Dietro la panchina c’è una scuola intitolata a una delle vittime. Nei giorni scorsi funerali di Stato per Mike Bongiorno.

Devo interrompere i miei pensieri. La pantera della polizia si avvicina con lentezza esasperante. Ci mette 20 secondi a raggiungermi da quando mi accorgo di lei, a una quarantina di metri, e accendo la camera. Le lettere di scatola della scritta “Polizia” sulla fiancata mi scorrono davanti grandi e colorate, come quando compitavo i cartelloni all’asilo. Poco dopo avermi oltrepassato la pantera si ferma e resta a lungo immobile… riparte…  si riferma. 3 minuti per un centinaio di metri nel parchetto semideserto. Senza dubbio a caccia di malfattori. Palmo a palmo. Giammai per la quotidiana rottura di c… a una persona onesta, ma non allineata, e scomoda per chi gestisce l’illegalità istituzionalizzata. Oltre a ricordare il periodo felice di quando imparavo a leggere, ho così anche l’opportunità di osservare da vicino i pneumatici della potente Alfa Romeo che i poliziotti mi strusciano davanti. L’altezza del copertone sarà una decina di centimetri. Ripenso all’uccisione di Sandri, il tifoso laziale, sulla quale ho già scritto (La coltivazione della viltà: Giuliani e BagnaresiLa lama e il manico: la violenza indirettaLa sinistra calvinista e il “fair game”). E’ di pochi giorni fa anche la notizia che nelle motivazioni della sentenza di condanna di Spaccarotella a sei anni i magistrati affermano che è “irragionevole” considerare che l’agente volesse fare altro che fermare la macchina, sparando alle gomme.

Poliziotti e magistrati quanto a pneumatici non hanno il senso della misura. O troppo lontano o troppo vicino. Anche per i pneumatici, usano una geometria deformante. In precedenza, applicando semplici relazioni trigonometriche, ho controllato che, trascurando eventuali fattori legati alla fisiologia della visione, a 66 metri, la distanza di Spaccarotella dall’auto con Sandri, mirando alle gomme un bersaglio utile che corrisponda a un cerchio del diametro di 15 cm apparirebbe grande come una moneta da 1 centesimo posta alla distanza di 7 m. Apparirebbe come appare dalla porta di un campo regolamentare un pallone da calcio sulla porta opposta. Un tiro di precisione, da campione o da tiratore scelto con armi adatte. Quello che un buon tiratore può fare a mano libera con la Beretta d’ordinanza è mirare all’intera auto, o vicino all’auto. A 66 metri una Renault Megane vista di fianco appare pressappoco come il lato più grande di una scatola da scarpe a 5 metri. In movimento. Un tiro invitante, se si è al tirassegno del luna park. Sulla Autosole colpire dove si è mirato è ovviamente più difficile che con la scatola da scarpe, dato che la maggiore distanza reale amplificherà l’errore.

Perché ha sparato Spaccarotella? Sentiva le voci o presentava altri sintomi psicotici ? No. Allora non si può credere che avrebbe accettato di uccidere o ferire un uomo in quelle circostanze. Deve avere pensato che sarebbe andata a suo favore la sinergia tra la bassa probabilità di avere al momento dello sparo la pistola puntata esattamente in modo da colpire un bersaglio umano tanto distante e gli intrinseci limiti di accuratezza e precisione dell’arma. Non sapendo con chi aveva a che fare: non sapendo di come le probabilità possano essere sottili, quanto facilmente possano umiliare le nostre supposizioni. (Anche senza reti che deviano il colpo; reti del resto visibili, e i cui possibili effetti sono comunque ben noti ai poliziotti, visto che ostacoli che deviano il colpo spuntano immancabilmente in queste ricostruzioni). Ignoranza, presunzione, l’esaltazione del momento, pulsioni inconsce. Ma c’è stato alla base un concreto fattore permissivo, che è stato determinante. La valutazione e l’atto non sono stati del tutto separati dal normale operato di polizia. Sono stati l’applicazione di un potere istituzionale non scritto; nel senso che l’esibizione di forza non necessaria, la violenza simulata, e quindi l’atto illegittimo e irrazionale, verso determinati gruppi o singoli, sono attività istituzionali non scritte, consentite e protette. Vale per i giovani convogliati a sfogarsi nelle tifoserie, e vale per chi osserva, legge, pensa e poi scrive cose che i potenti non vogliono siano dette né tanto meno divulgate. Categorie molto diverse, accomunate dall’essere entrambe “attenzionate”: per le quali occorre alimentare o inventare una tensione che ne giustifichi il controllo.

In generale, il gradino tra le due fattispecie giuridiche, colpa cosciente e dolo eventuale, appare artificiosamente alto: mi sembra che, pur dovendo tenersi conto dell’ampia varietà di circostanze possibili, sia per se la morte causata da una scommessa sulla vita degli altri a dover essere adeguatamente punita. L’omicidio “probabilistico”, una categoria più vasta di quanto non si dica (La lama e il manico: la violenza indiretta), l’omicidio che sollecita quella oscura e pervasiva complicazione sulla cui natura si discute e si tribola da secoli, la probabilità, contro la quale l’uomo combatte da sempre per assicurarsi la sopravvivenza, mi sembra una forma criminale a sé stante; che può avere gradi diversi, ma non avrebbe dovuto essere spaccata in due parti, segregate assegnandole come sottotipi all’omicidio colposo o al doloso in base agli odds – oggettivi o percepiti dallo scommettitore – più o meno rischiosi. E’ singolare che l’omicidio preterintenzionale sia stato tenuto fuori da questa spartizione, mentre è quello che come fattispecie generale più si avvicina all’omicidio che spinge la vittima nelle mani del Caso. Se però le leggi e il diritto sono questi, non credo si possa protestare perché i giudici non hanno ravvisato l’omicidio volontario per dolo eventuale.

Ma è inverosimile che Spaccarotella volesse tentare un’azione allo stesso tempo praticamente impossibile, illecita e illogica come quella del fermare l’auto a fini di ordine pubblico bucando le gomme con un colpo di pistola. La spiegazione di gran lunga più probabile per me è che volesse spaventare – e allo stesso tempo divertirsi – facendo fischiare le pallottole vicino all’auto o facendole conficcare su qualche bersaglio inanimato. Ho visto centinaia di volte quel ghigno di soddisfazione dello stipendiato di polizia che ha appena commesso la sua piccola vile bravata, e si sente  “tosto” per questo, sapendo che non rischia nulla, ma verrà premiato. Non si tratta di “mele marce”; è un atteggiamento diffuso e coltivato, verso determinati cittadini.

Se il livello dell’attività di provocazione è sufficientemente alto, è statisticamente inevitabile che in una minoranza di casi tali pratiche assumano forme più gravi, e diano luogo ad incidenti, fino all’omicidio. Omicidi che allora appariranno strani, incomprensibili, per chi ha della polizia l’immagine del maresciallo Rocca e de “La squadra”. O anche solo l’immagine che un cittadino onesto e amante della legalità vorrebbe avere della polizia. Poi, non andrebbe dimenticato, nell’ambito delle attività di repressione e provocazione ci sono anche gli atti pienamente volontari, gli omicidi di polizia pianificati o ricercati, come Giorgiana Masi; e forse Carlo Giuliani. Viviamo in questa realtà, con questa polizia.

Per Sandri non si è trattato quindi di sola colpa, sia pure con previsione: l’abuso volontario, l’atto di sopraffazione fine a sé stesso è una prassi, e l’omicidio appare essere stato un incidente rispetto a tale attività di polizia, non rispetto allo svolgimento del dovere. Spaccarotella non voleva uccidere, ma ha allestito e giocato una lotteria che prevedeva un’uccisione tra gli estratti; e, fatto grave ma trascurato nel processo, e poi espressamente negato nella sentenza, le intenzioni che l’hanno indotto a fare ciò se non erano omicide non erano neppure volte a tutelare la legalità, ma erano deliberatamente volte in senso opposto; erano illecitamente aggressive, ma di fatto consentite; spiegabilissime, per chi conosce certi modi operandi degli agenti sulla strada.

Insistere sul dolo eventuale, come ha fatto anche il PM, è una forzatura che potrebbe fare il gioco di chi ha interesse a mantenere lo status quo: limitando la discussione alla peraltro discutibile dicotomia colpa cosciente-dolo eventuale, si trascura che vi è stata una preterintenzionalità. Proprio quella che bisogna temere quando i poliziotti fanno i guappi; proprio quella che sarebbe stato dovere dei magistrati individuare e reprimere. Adempimento del dovere che sarebbe stato utilissimo e altamente meritorio. Lo scandalo maggiore risiede in questa affermazione dei magistrati, sulla “irragionevolezza”, che è funzionale ai reali motivi che possono spiegare il tiro al bersaglio di Spaccarotella. I magistrati stigmatizzano spiegazioni più semplici e prossime alla vita reale, ma che corrispondono ad un elemento doloso – di altra natura rispetto al dolo eventuale – che deve restare coperto. Un dolo impresentabile, perché è sistemico e cronico, e serve il potere conculcando diritti fondamentali “incompressibili” protetti dalla Costituzione. Riguardo a questo aspetto importantissimo i magistrati non solo non hanno fornito un grado decente di giustizia, ma al contrario hanno protetto e quindi perpetuato una situazione di ingiustizia istituzionale deleteria per la democrazia.

Seduto sulla panchina, al tepore del sole di settembre, mi interrogo sul rapporto di causalità tra i severi giudici che chiamano irragionevole non accettare le improbabili scusanti che hanno emesso per un terribile abuso di polizia che non è stato possibile insabbiare subito, e i ragazzotti che ogni giorno usano le costose pantere o gazzelle blindate e la benzina dello Stato per lo stalking e i gesti di scherno e intimidazione verso chi ha scritto per criticare, fuori dagli schemi consentiti, quanto, in ottemperanza a poteri maggiori e contro gli interessi del cittadino, preti, magistrati e politici stanno decidendo sulla morte pilotata. Tra le gomme di cui raccontano i giudici di Spaccarotella e quelle che mi fa esaminare la Questura di Brescia. Quando si tratta di temi come i grandi interessi del business medico, tanti magistrati sembra non ci tengano alla loro indipendenza e libertà di giudizio; e sostanzialmente lasciano fare – e spesso e volentieri danno una mano – alla tutela da parte della polizia del loro conformismo, della loro dipendenza e subordinazione rispetto al pensiero unico. Una tutela attuata screditando e zittendo con sistemi da bravaccio voci di critica al dibattito giocattolo che i magistrati animano, alle idee preconfezionate che i magistrati coonestano. Per quanto mi riguarda, questa è medicina, scienza, bioetica con la pistola. L’ignoranza armata. L’intimidazione di denuncianti e testimoni istituzionalizzata.

Non mi stupisce quindi che un omicidio come quello di Sandri venga spiegato dai magistrati con tesi che il legale della famiglia Sandri definisce “assurde”; tesi che non rispettano la sintassi del mondo reale. Forse se non ci fossero sentenze “politiche” del genere, che coprono e assolvono più di quanto non accertano e sanzionano, sarebbe meno difficile poter riavere la mia libertà, e camminare libero per strada, o sedere in un parco, senza  la ostentata sorveglianza, assillante e insultante, della polizia. Forse se i magistrati smettessero di arrampicarsi sugli specchi per mantenere impuniti i reati derivati dalle soperchierie dei poliziotti, allora pneumatici e camere d’aria, a Badia al Pino a Brescia e ovunque tornerebbero a occupare il corretto angolo visivo.

La provocazione, la molestia e la minaccia gratuite, i rituali di degradazione, per intimidire e avvilire, o esasperare e aizzare in modo da poter giustificare la repressione, mascherate da dovere, da tutela della legalità, sono un instrumentum regni di questa pseudodemocrazia. Un metodo adatto a un paese permeato di mentalità mafiosa e di doppiezza clericale a tutti i livelli. Uno strumento del reale esercizio del potere tanto importante quanto ignorato. Un’entità storica che potrebbe spiegare tanti fatti, tanti reati, tanti comportamenti; dai drammi della strategia della tensione a quelli del G8 di Genova, a quelli dei poveri cristi che non escono vivi da un incontro con corpi armati dello Stato. Forse può dare una spiegazione, da aggiungere alle altre, anche a chi si lamenta che non si sentono più voci di critica intellettuale libere da appartenenze. Riconoscere, sul piano sociale, politico e giudiziario, questo pesante fattore di condizionamento preverrebbe molte ingiustizie, e altri lutti. Ma fa comodo a tanti, non ultimi i magistrati, non ultimi i pifferai e i cattivi maestri che talora guidano i movimenti, che la provocazione e le molestie di polizia rimangano una variabile nascosta. Mi alzo dalla panchina e penso che dovrei preparare una lettera da inviare ai magistrati che tacciano di irragionevolezza chi dubita che il fine che ha mosso Spaccarotella fosse quello di fermare l’auto. Titolo provvisorio: “Davvero i magistrati non ne sanno nulla dell’azione di provocazione della polizia?”.

Copia della presente viene inviata con racc online al Procuratore della Repubblica di Lecco, ai magistrati dell’omicidio Sandri c/o il Procuratore generale di Firenze, alla famiglia Sandri c/o il loro legale, ai Consiglieri del CSM della pratica a tutela dei magistrati di Cassazione per il caso Englaro.
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Il 30 set 2009 copia del presente commento, “Indipendenza della magistratura e pneumatici”, viene inoltre inviata al Provveditore agli studi Maria Rosa Raimondi, responsabile locale di un’istituzione che sta raggiungendo le cime più alte nella costante opera di censura di quanto denuncio, mediante il ricatto la provocazione e il logoramento: non bastando gli attacchi personali, che ormai mi fanno un baffo, si aggiunge il mobbing trasversale. Una tecnica mafiosa (ma universale: anche ne “Il nemico del popolo” (1882), dello scandinavo Ibsen, i politici attuano una vendetta trasversale, tramite l’amministrazione scolastica, su una insegnante che è una familiare del medico che sta denunciando un pericolo per la comunità). Un’altra infamia che dà la misura dei meriti di chi comanda. Se uno scrive di reati a un Procuratore generale non si aspetterebbe di ricevere in risposta un gesto ostentatamente gratuito e illecito, che molti delinquenti disprezzerebbero come vile, a danno della propria compagna da parte delle istituzioni dello Stato; anche questo dovrebbe far parte del prestigio della magistratura. L’ignobile episodio di mobbing trasversale va a iscriversi, oltre che nella censura del dissenso biomedico, anche nella storia giudiziaria del processo a Spaccarotella; facendo parte integrante della procedura penale, la procedura penale reale con la quale si costruisce la “verità” giudiziaria. A proposito di ciò che la Procura generale di Firenze manipolò sull’omicidio di polizia di Franco Serantini, Stajano ha parlato di cultura medievale. Un commentatore straniero ha descritto l’Italia come “una società feudale molto evoluta”. Credo che in Italia, e soprattutto nella clericale Brescia, grazie agli alti livelli di ignavia, connivenza e collusione delle istituzioni viga indisturbata e rampante una forma di potere che, avvalendosi degli strumenti della modernità, attua forme medievali di governo mascherate da legalità democratica.
(racc. a/r online a Raimondi, Brignoli)

Commento all’articolo “Quanti amici ha Totò Riina” di Giorgio Bocca

14 August 2009

http://www.espresso.repubblica.it

Lo storico J. Dickie ha scritto (Storia della mafia siciliana, Laterza) che Peppino Impastato vedeva i Carabinieri andare a braccetto coi mafiosi; gli stessi mafiosi che poi l’ avrebbero fatto uccidere. I CC sostennero che Impastato era un terrorista vittima del suo stesso ordigno; e poi che era un suicida. Ci sono due tipi d’ onore: quello parassitario dei mafiosi e quello che non si nutre dell’ onore degli altri.

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1 agosto 2014 

Blog de Il Fatto

Commento al post “G8 di Genova, sospensione di pochi mesi per i funzionari di polizia condannati”

“Obbedivano agli ordini” picchiando e torturando ragazzini inermi? E’ qua che il soldato, col suo onore, si distingue, rifiutando l’ordine, dallo squadrista con la sua vigliaccheria e dal pagnottaro con la sua miseria.

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@ Slade. Come può un soldato avere onore? Il mestiere delle armi è vicino a quello dell’assassino. Ma se uno ci si trova, lo può esercitare con onore: mettendo a rischio la propria vita combattendo contro altri soldati, o contro altri violenti; per difesa. Si parla tanto di violenza, ma si distingue troppo poco, e troppo si confonde, tra l’aggredire e il combattere a difesa.

Montanelli ha scritto che perso l’onore una unità in divisa è una banda di tagliagole. L’onore è il nome spiccio per identificare ciò che fa la differenza. Non è onorevole la spedizione squadrista della Diaz. Né è giustificabile, come vorresti. Il credito che pensi di acquisire col tuo “massimalismo” teorico antimilitarista lo spendi subito per difendere nella pratica l’aggressione vile e pagnottarda. Tu esponi la versione “tengo famiglia” della “Nuremberg defense”.

Disobbedire a un ordine illegale, che porterebbe a ridursi a piccoli teppisti dalle spalle coperte, a burocrati del Male, permette, come diceva Arrigoni, di restare umani. Ci sono, e ci saranno sempre, anche quelli che dicono “no”, a proprie spese, senza fare tanti conti. C’è chi può parlare di rifiuto usando non il condizionale, ma l’indicativo. Tanti anni fa, in un articolo a favore dell’obiezione di coscienza, scrissi che deve essere una militanza, per la quale occorre chiedere a sé stessi del coraggio. Negare qualsiasi scampo morale al soldato per poi giustificarne gli atti vili non è né da soldati né da non violenti.

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@ Slade. Per te chi usa la violenza è sempre e comunque una bestia; non c’è diritto di difesa. Però, continui, se c’è di mezzo la pensione o gli scatti di anzianità i poliziotti e CC che come gli viene ordinato commettono azioni bestiali si possono capire, e non vanno condannati anche se ciò che fanno è illegale.

Per me chi usa la violenza per difendersi da un’aggressione ingiusta non è un “tagliagole”; e può esservi onore nel suo reagire. Si diventa “tagliagole” quando si commettono quelle azioni che tu giustifichi in nome dell’obbedire agli ordini per evitare rogne coi superiori o diosalvi trasferimenti di sede.

Tu sei per il “chiagne e manganella”: la tecnica di scusare posizioni sciacallesche rivestendole con la pelle di pecora di declamazioni di principi altisonanti. Non sorprende che poi tu accomuni l’aggredito con l’aggressore nella categoria della “violenza”.

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@ Slade. Più che ripetere mi pare tu voglia cambiare le carte in tavola. Non sono io che non capisco, sei tu che devi aggiustare la tua posizione ancora un po’. Da un lato, ti sforzi di confondere la violenza di chi si difende con quella di chi aggredisce. Manzoni al passaggio dei lanzi fa rimettere all’Innominato convertito le armi a portata di mano. Poi scusi la polizia che ha fracassato gratuitamente le ossa a degli innocenti: obbedivano agli ordini e pensavano al 27. La colpa va cercata in chi ha dato gli ordini, dici. Si può sostenere che obbedire passivamente a un ordine efferato può essere anche più colpevole che emetterlo. Nella realtà c’è un’affinità e ci sono legami di interesse tra chi obbedisce e chi dà ordini illegali. Altrimenti non si potrebbero ordinare certe cose. Pochi mesi fa ho sentito una conferenza di Gratteri, il PM antimafia. Sono critico dell’antimafia, ma ho sentito da Gratteri concetti che andrebbero diffusi: non basta arrestare il presidente di un ente corrotto; del sistema di corruzione fanno parte anche gli assunti, fino a “quello che alza e abbassa la sbarra del parcheggio”. Gratteri ha messo il dito in una piaga nascosta. Con la retorica del povero ma onesto si sottovalutata quanto le persone comuni, i clientes, i lazzari io li chiamo, partecipino consapevolmente e scientemente alla corruzione dei loro padroni o superiori e la rendano possibile, commettendo atti abietti e vili per un piatto di pasta.

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@ Slade. Non è “un popolo intero che combatte unito” per la corruzione , la mafia e affini. E’ un popolo atomizzato dove ognuno fa parte a sé, e dà, sotto l’influenza culturale dei media, il peggio di sé; in un atteggiamento gretto, o miope, che gli si ritorce contro. Es. i torturatori della Diaz verranno a loro volta conciati per le feste, impunemente, se incapperanno in una delle tante trappole mediche allestite per fare soldi. Bomba atomica “o peggio” sugli italiani? Basterebbe, credo, rendere pubblico il voto alle elezioni, e punire efficacemente le raccomandazioni come un crimine, per fare assestare la gente, che se non è buona non è neppure così cattiva, a livelli meno stralunati; e più vantaggiosi per lei stessa.

Un conto è il menefreghismo e l’approvazione per le violenze di polizia, un altro è metterle in atto. Anche l’argomento che chi occupa le istituzioni è “specchio della società” è abusato. Andrebbe stabilito il principio che chi, a tutti i livelli, è pagato con denaro pubblico,viene ipso facto pagato anche per comportarsi correttamente. Per simulare onestà e rispetto per il cittadino, se non ha le doti personali che gli renderebbero spontaneo il farlo. Altrimenti sta rubando quel denaro. Questo vale anche per lo stipendio dei poliziotti, a sentire loro da fame, e per quello dei magistrati e di altri corpi dello Stato. Per i politici infedeli ai loro doveri poi dovrebbero essere previste sanzioni pecuniarie specifiche.

La fagocitosi dell’opposizione

6 June 2009

Blog “Uguale per tutti”

Commento al post “Contro il relativismo etico ed epistemico” del 4 giu 2009. Postato il 6 giu h 14:05

Ritengo di essere stato oggetto di dileggio e di insinuazioni calunniose gratuiti sul blog. Non credo che sia tolleranza dare spazio a tesi che vanno contro grandi interessi e contro il senso comune, se dall’altro lato si permettono attacchi ad hominem secondo i quali in base all’esperienza professionale di un direttore di carceri si dovrebbe diffidare di me; che avrei ”4 nemici” (?) che mi obbligano all’anonimato; o bisognerebbe usare il mio pseudonimo come passatempo per svelare i miei inconfessabili retroscena; e il mio è latinorum da analizzare con la psicoanalisi.

Questo è tiro al piccione, è buttarla in caciara. Un blog, anche se tenuto da magistrati, non è altro che una specie di speaker’s corner, uno sfogatoio dove uno può dire ciò che vuole e gli altri sono liberi di rispondergli qualunque cosa? E’ “La corrida”, con libertà di diffamazione e calunnia? Io credo che la libera discussione non possa tollerare attacchi ad personam gratuiti, da parte di gente che parla di querele e che dice cose come se per lei il codice penale fosse un fantoccio che si può eludere con qualche accortezza.

A me ha fatto molto piacere ricevere l’approvazione di Felice Lima, e vedere un commento pubblicato come post; comprendo e non invidio la sua delicata posizione, e mi dispiace che le cose abbiano preso questa piega; anche perché questo mio piccolo caso ripete una situazione generale che rattrista entrambi: poca giurisdizione, tanta sorveglianza. La democrazia carceraria.

Però non è che se uno riceve una medaglia poi è un ingrato se si lamenta perché dopo gli dipingono la faccia di blu. Credo che tale conto sia un esempio del costume della “contabilità etica creativa”, dell’ “etica algebrica”. In questo modo si hanno simulazioni malate di democrazia: tu puoi esprimere dei concetti, e io posso commentare che tu sei un delinquente e un soggetto da psicoanalisi. E’ davvero uguaglianza? Questo è il modo migliore per girare a vuoto.

Sono esattamente queste situazioni doppie, di matrice cattolica, che permettono la cronicizzazione dei mali del Paese; dove la presenza di forme di discussione consente la delegittimazione dell’avversario; l’antimafia delle istituzioni, l’appoggio istituzionale alla mafia; le elezioni, l’omicidio politico; le indagini pluridecennali sulle stragi, l’impunità quasi totale sulle stragi. Il “buono” che rende presentabile il “cattivo”; tutti e due a braccetto. Quando si induce a perdonare gli eversori impuniti, “purché si inginocchino”, sono i funerali della democrazia quelli che piangendo si stanno celebrando. Proprio questo manca nella litigiosa Italia, la divisione: è tartufesco unire ciò che dovrebbe essere separato. Invece creare una continuità con la critica è una delle prime regole; si chiama dialogo, ci si illude che sia dialogo, ma è fagocitosi.

Quanto al non rispondere pubblicamente alla prosecuzione dietro le scene di attacchi pubblici, come Morsello, che mi ha scritto che sarei un trafficante di cocaina, no, questi sono lussi da persone alle quali non sono stati tolti i diritti fondamentali; un Morsello al giorno per 16 anni non fa ridere. Sono in condizioni di pressione continua da parte di gente che differisce dai delinquenti comuni per il vestire abiti istituzionali e per usare i mezzi delle istituzioni. E’ il principale pensiero della mia vita; e ritengo di avere il diritto di difendermi. Il diritto del prigioniero a rispondere ai suoi aguzzini. Dopo il 1943 c’è stato un generale dell’esercito che a Regina Coeli rispose a pernacchie ai suoi torturatori. Lo fucilarono, ma almeno non ebbero la faccia tosta di dirgli che era scorretto.

Contro il relativismo etico ed epistemico

3 June 2009

Blog “Uguale per tutti”

Post del 4 giu 2009


Ringrazio Felice Lima per le parole di stima, che ricambio, per gli insegnamenti, e per l’accoglienza che generosamente offre col suo sito a chi come me pensa, con Orazio, “Non ho voluto giurare sulle parole di nessun maestro / dove la tempesta mi porta lì sarò ospite”. Luigi Morsello, che mi ha anche scritto un’email burbera ma cortese, nella quale si lamenta, come altri hanno già fatto sul blog, di una mia cripticità e misteriosità, ha ragione a diffidare. Il suo fiuto non l’ha ingannato: sono un seguace minimo di quelli che “sono venuti a portare la divisione” (Luca, 12,51). Non prendo certo la penna per fare i complimenti al potere costituito. D’altro canto, Morsello, che, leggo nel suo profilo utente, oltre che essere siciliano è stato un alto dirigente dell’amministrazione penitenziaria, dovrebbe capire che il potere può imporre anche carceri senza sbarre, che obbligano ad assumere, contro la propria volontà, determinati comportamenti; che visti dall’esterno appaiono anomali. Il carcere invisibile ha dinamiche diverse da quello materiale. Come la lotta con un avversario invisibile: di recente ho sentito a una conferenza pubblica un intervento fuori programma di Gironda, portavoce di Gladio e responsabile della guerra psicologica, che ha fatto l’esempio di due che fanno a pugni, dei quali uno è invisibile. Ai passanti, quello visibile sembra un matto che sferra pugni in aria, o schiva come se gli stessero dando un pugno. Se però, per evitare di passare per matto, stesse fermo e facesse la persona distinta, ho pensato, prenderebbe un sacco di botte. E’ una situazione nella quale il soggetto viene messo a dover scegliere tra due possibilità entrambe spiacevoli. I colleghi – o i superiori – anglosassoni di Gironda la chiamerebbero una “Morton’s fork”.

Gli “ospiti” di Morsello soffrivano in una maniera che non è paragonabile al disagio torpido di chi viene privato della libertà senza essere costretto fisicamente in una cella; ma la loro condizione e il loro lamento erano chiari. Nessuno diceva che non erano carcerati ma erano invece affetti da una grave forma di agorafobia, che li portava a starsene inspiegabilmente rintanati in una cella invece di uscire dal carcere e andarsene per i fatti loro, sordi ai pressanti inviti in questo senso del direttore e degli agenti di custodia. Se invece c’è una forma nascosta e non dichiarata di reclusione, con le sue punizioni, che, quando non l’impedisce del tutto condiziona, sia distorcendola, sia obbligandola ad adottare alcuni espedienti, la comunicazione con l’esterno, il messaggio suonerà strano ai più.

Oltre a ciò, come se non bastasse, anche se si è liberi, a mano a mano che si cerca di approfondire un problema spesso i concetti diventano più difficili, contrari al senso comune, e confusi; perché inseguono una realtà che è intrinsecamente difficile e a volte caotica; e i limiti di chi scrive appaiono più evidenti; questo è uno dei motivi per i quali la rivista medica Lancet riconosce, nelle istruzioni agli autori, che occorre coraggio per rendere pubblica una propria ipotesi. Coraggio o sventatezza. Risolvere un problema significa sciogliere i suoi nodi, ma a volte la procedura per sciogliere un nodo che si è trovata non è più facile del nodo stesso. Soprattutto se quel problema è per di più “blindato”, perché riguarda grandi interessi. Luigi Morsello di certo sa bene come l’autorità provveda a sbarrare tutte le molteplici vie di passaggio tra ciò che deve restare chiuso e l’esterno. Queste misure sono prese non solo a livello materiale, ma anche a livello ideologico.

Per quanto mi riguarda, quel poco che scrivo appartiene al genere dei testi scritti in situazioni di privazione della libertà personale a scopo censorio. Un genere onorevole, che comprende ben altre opere di ben altri autori;  e ciò che non ho scritto dal 1997, anno della mia ultima pubblicazione su una rivista scientifica internazionale, e anno della discesa del trattamento da parte dello Stato al di sotto della soglia minima di libertà, appartiene al genere dei testi censurati con la privazione della libertà personale. Ritengo pertanto di essere nel mio diritto adottando alcune misure precauzionali come l’uso di uno pseudonimo (non sono anonimo ai webmaster), del resto lecite su internet; contrarie alle mie preferenze, e da addebitarsi alle situazioni create dalle istituzioni corrotte.

Questo per la “misteriosità”; l’altra critica di Morsello, per la quale i concetti che propongo non sarebbero sufficientemente chiari, e sarebbero chiari solo ad alcuni lettori più ferrati, mi preoccupa di più, perché la ricerca della chiarezza è un obbligo primario per chi propone idee. Su impulso dell’ispettore Morsello, che deve aver ricevuto in passato prodotti di artigianato carcerario, presento il seguente commento, nel quale cerco di chiarire meglio quanto penso sul relativismo etico ed epistemico, e di rendere quindi più comprensibile ciò che ho scritto in proposito. Mostro anche un’applicazione della critica al relativismo epistemico, considerando la discussione in corso sul testamento biologico.

*  *  *

L’appello al relativismo etico è un artificio ideologico per sottrarsi all’etica, o alla ricerca di un’etica comune. Sul piano teorico, il relativismo etico gioca sull’equivoco tra il culturale e l’etico, e tra il descrittivo e il prescrittivo. E’ vero che c’è di fatto un pluralismo culturale, che determina un pluralismo di scale di valori; e conseguentemente c’è un relativismo culturale, e una forte tendenza a etiche “domestiche”. E’ anche vero che il pluralismo culturale di per sé va rispettato. Ma l’etica è prescrittiva; e tende proprio a questo, a unificare sotto regole universali visioni diverse; a impedire che ciascuno si faccia la sua legge. Deve tenere conto del relativismo culturale, ma sempre andando nella direzione di cercare di ridurre tale relativismo riguardo alle convenzioni sui rapporti con gli altri. L’etica è in certa misura intrinsecamente opposta al relativismo culturale, in quanto opposta alle concezioni particolari, siano esse del singolo o del gruppo.

L’etica è ricerca pratica, per impedire, a costo di sacrificare gusti, preferenze o tradizioni, che ci facciamo del male tra noi. Ed è ricerca dell’universale, perché il suo ruolo è sistemico, essendo quello di fare in modo che tutte le varie componenti della macchina sociale interagiscano senza danneggiarsi. L’etica non è un semplice attributo culturale tra i tanti che caratterizzano un gruppo. E’ la grammatica comune che oltre a valere all’interno del gruppo deve, soprattutto oggi, consentire ai diversi gruppi di avere relazioni non distruttive. L’etica per essere efficace dev’essere come una lingua franca. Non si deve andare in giro per il mondo a fare i crociati per imporre ad altri popoli le nostre regole; ma ovunque vi è una comunità culturalmente eterogenea chi è interno alla comunità dovrebbe auspicare che vi sia un’unica etica condivisa, per quanto possibile.

Si può obiettare che ciò costringe a passare da un’etica spontanea a forme imposte di etica. In parte è vero, ed è un problema; ma è anche vero che le etiche spontanee hanno in loro i semi di tale imposizione, ad aggiustamenti che comunque non sono catastrofici, visto che esiste una base morale naturale condivisa. La cultura (parola che viene da “coltivare”) è crescita, ma l’etica è limitazione: è quella parte della cultura che nega sé stessa. L’etica trascende il piano culturale nel quale affonda le sue radici. In un certo senso, l’etica, che è censura di determinati comportamenti, non è essa stessa “buona”. E’ necessaria e salvavita ma non particolarmente piacevole. L’etica strozza il relativismo per evitare che ci strozziamo tra noi; un’etica relativistica è una contraddizione in termini.

L’attuale multiculturalismo dovrebbe essere un ulteriore motivo per impegnarsi nell’evitare il relativismo etico. Propugnare l’abbattimento delle barriere tra i popoli, la convivenza delle religioni, e insieme il mantenimento di etiche diverse mi pare un’altra contraddizione che svela il carattere strumentale della globalizzazione. In una società multietnica e multiconfessionale l’etica, questo superego pubblico arcigno e insensibile, liquidando entro un’unica popolazione comune le varie “unità etiche”, senza annullarne le rispettive altre componenti culturali, può essere un mezzo di affratellamento. Naturalmente così il problema si sposta su quale etica comune si adotta. Ma il relativismo non è una soluzione.

L’etica è coercizione, è obbedienza a regole superiori. Ma non ai “guardiani” o ai “sacerdoti” delle regole: la Chiesa contrappone al relativismo etico un assolutismo dittatoriale, nel quale è lei, come viceré di un Re che non si vede, che legifera e giudica. Un’attività di potere che a volte pratica il relativismo etico, o il relativismo epistemico, per esempio restringendo la definizione degli omicidi che ricadono sotto il Quinto comandamento. Clero e Dio sono due entità ben distinte, e la seconda è in realtà molto meno problematica della prima. E’ vero che i principi etici e il senso del loro rispetto ci vengono dalla religione. Ma siamo diventati adulti, o vecchi, e Dio è morto. Dio è morto, ma dobbiamo venerarne le memoria, onorando ciò che ci ha lasciato, princìpi etici elevati.

Sul piano umano, un’etica assoluta non toglie la possibilità di dissenso, né toglie vera libertà. Impedisce di discutere se l’omicidio vada “sdoganato”, ma invita a discutere se è lecito derubricare da omicidio doloso alcuni atti volontari egoistici che provocano i morti sul lavoro, o la morte dei pazienti. L’etica non è in sé piacevolissima, e reprime, ma può conferire un senso di nobiltà, che proviene, per chi lo prova, dal collocare i principi etici sul piano religioso, il piano superiore all’umano che l’uomo si dà, del quale la fede in una religione confessionale è solo uno dei possibili occupanti; l’etica diviene così una sottomissione spontanea che nobilita. Penso che rifiutare l’idea, più patetica che presuntuosa, di essere “signori e padroni”, ma considerarsi sempre sottoposti a qualcosa di più grande, conferisca dignità, sicurezza e stabilità; e porti a rifiutare di sottomettersi alla prepotenza dei propri simili. Questo qualcosa dev’essere però un’entità veramente grande, che indiscutibilmente sovrasti, come dei principi etici immutabili. Il relativismo etico sminuisce l’importanza di tale piano religioso, inducendo a considerare l’etica come una variabile culturale come un’altra, facendone quasi una questione amministrativa: tu hai questi codici, ma l’altro ne avrà altri, diversi ma di pari dignità. Ciò spinge a cercare degli assoluti altrove; e a rimanere preda di illusioni peggiori di quella, costruttiva, dell’esistenza di principi etici assoluti.

L’altro ideologismo, il relativismo epistemico, ha le sue pezze d’appoggio teoriche nella consapevolezza che la conoscenza poggia “non su solida roccia ma su palafitte”, come disse Popper a proposito della conoscenza scientifica. Medawar ha osservato che alcuni hanno un gusto perverso nel sottolineare la fragilità della nostra conoscenza. E’ scorretto trasporre i rovelli filosofici sulla conoscenza in sede pratica. Uno dei primi casi famosi di tale intellettualizzazione fuori luogo fu quello di Pilato quando chiese “cos’è la verità ?”. Un giudice che dicesse questo in aula sarebbe come Totò chirurgo, che durante una laparotomia si ferma, contempla ed esclama: “che cos’è la macchina umana!”. Dal teoretico al furfantesco il passo non è lungo: dietro la scusa che non sappiano bene cos’è la verità si può manipolarla, sopprimerla, capovolgerla in mille maniere. Ciò può essere ottenuto alterando la percezione dei fatti, alterando l’interpretazione, o indirettamente, agendo sui metodi di raccolta dei fatti e di interpretazione. E’ importante osservare che anche la richiesta di standard eccessivamente rigorosi può essere usata per censurare. Oggi le tecniche di manipolazione dell’informazione e le tecnologie permettono ai potenti di plasmarsi – con l’inganno ma anche con la violenza – un verità su misura. Esistono decine di definizioni filosofiche della verità, e infiniti artifici per alterarla o sopprimerla del tutto. Ma la vecchia verità per corrispondenza, “adequatio rei et intellectus”, resta il “gold standard” insuperato.

Entrambi i relativismi hanno preso piede, con cronologie diverse, negli ultimi decenni del Novecento. Ed entrambi appaiono riflettere le esigenze del capitalismo e della sua evoluzione storica. Il relativismo etico, propagandato al grande pubblico, serve a sciogliere le pastoie etiche che ostacolano la ricerca del profitto sulla quale il sistema si basa. Castoriadis ha osservato che il capitalismo ha consumato l’eredità storica che comprende “l’onestà, l’integrità, la responsabilità, la cura del lavoro, le attenzioni dovute agli altri”. Il relativismo etico ha un ruolo attivo in tale degrado. Pochi giorni fa ho sentito in tarda serata su Canale 5 una conduttrice di punta, un modello per le giovani generazioni, spiegare che all’inizio della carriera si concedeva per interesse, perché non voleva mangiare panini ma preferiva i ristoranti di lusso; presentando tale scelta come una possibilità lecita tra le varie opzioni possibili. “Questa relativista”, ho pensato “sta istigando le giovani al relativismo”. D’altra parte l’industria alimentare e quella della medicina estetica potranno attendersi un incremento del volume d’affari, se il messaggio passerà. Speriamo che le giovani ascoltino il commento fatto in studio da un ospite, che con questo sistema ora le ragazze devono concedersi per avere il panino: il “relativismo” non è un buon affare.

Il relativismo etico consente inoltre di formare dei segmenti di mercato, che ottimizzano l’applicazione di scelte politiche senza creare eccessivi traumi. Es. la recente richiesta di applicare il relativismo etico al testamento biologico, cioè a una questione di vita e di morte. C’è qualcosa che non va se si considera come una questione di relatività culturale la liceità di affrettare su larga scala la morte mediante la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione. L’accorciamento della vita è una questione di preferenze personali, come per un qualsiasi prodotto? “Sparatevi Breda” ha scritto Marcello Marchesi, umorista e pubblicitario, che aveva visto giusto.

Il relativismo epistemico, maggiormente rivolto alle elites, ha un suo nucleo nell’ammorbidimento dei criteri epistemologici di scientificità, da parte di autori come Quine, con l’avvento del consumismo: la tecnologia e l’innovazione industriale, mentre usurpano il nome e quindi il prestigio della scienza, hanno bisogno di una scienza servizievole e asservita, docile garante del lancio continuo di nuovi prodotti, e non ostacolo, con la sua capacità di evidenziarne l’inefficacia, l’inefficienza o la dannosità. Una scienza che sulla scena figura come regina, e nella realtà dietro le quinte è la serva della compagnia. Di recente Giannuli, nel suo “L’abuso pubblico della storia – come e perché il potere politico falsifica il passato” (2009) ha trattato dell’aggiustamento dei metodi e dei fatti in campo storiografico. Il relativismo epistemico serpeggia nella cultura comune, rappresentato ad esempio dall’uso di citare il celebre film “Rashomon” per sostenere che la verità non è unica, ma è soggettiva. Un altro segno del relativismo epistemico è lo spaccare la verità in “verità giudiziaria” e “verità storica” riguardo a fatti e reati estremamente concreti, come una bomba in una piazza o in altri luoghi pubblici.

Flores d’Arcais di recente ha giustamente osservato come in Italia sia ormai inveterata la prassi mediatica di degradare le verità di fatto scomode ad opinioni personali di chi le presenta, passo che Arendt considera un indice di totalitarismo in agguato. Ormai le parti del ragionamento vengono trattate, anche da chi ha ruoli intellettuali, con l’arbitrarietà con la quale Humpty Dumpty usava le parole. Il relativismo epistemico confluisce in quello culturale: conta il valore culturale, la coloritura emotiva, dei concetti, non la loro corrispondenza al reale. Un caso importante di ciò è dato dalla discussione, o meglio dal lancio, del testamento biologico, nel quale ha avuto un ruolo di punta, senza dubbio in buona fede, lo stesso Flores d’Arcais. La discussione si è basata innanzitutto su una rigorosa censura della dimensione economica del problema e degli interessi in gioco (bisognerebbe onorare anche quell’altro morto, Marx, salvandone la parte valida dell’opera, cioè il tema dell’importanza dei fattori economici nel determinare le sovrastrutture sociali); e ha poi considerato casi reali ma particolari, ignorando la gran massa dei casi pertinenti, commettendo una fallacia di generalizzazione, considerando ciò che è valido solo secundum quid come valido simpliciter.

Il problema è stato infatti identificato coi casi di Welby e Englaro, la persona senza corpo e il corpo senza persona, che sembrano scelti da un’agenzia di pubblicità o da uno sceneggiatore di Hollywood. Welby, l’artista ancora giovane, intelligente e sensibile, inchiodato in un letto, o nel suo stesso corpo; e la bella e fresca Eluana, addormentata senza possibilità di risveglio, rappresentano casi reali, ma sia rari che particolari: la probabilità di un fine vita del genere è inferiore all’1%. Non solo, ma i casi in sé, quello dello stato vegetativo che si protrae per anni, e degli esiti finali della distrofia muscolare, presentano problematiche che non sono quelle delle morti comuni; dove solo in una minoranza di casi è conservata la piena lucidità di Welby, o ci sono prospettive di sopravvivenza fisica indefinite di anni e anni come per Eluana. I casi di Welby ed Englaro hanno assunto il significato simbolico, esistenziale, che si prestavano ad assumere. E culturalmente sono divenuti il simbolo del morire. Non si dice che, così come gli USA non sono abitati se non in piccola parte da cow boys, nella maggior parte dei casi non si va verso la morte in questo modo. E’ vero che nella piccola minoranza di casi come Welby o Englaro si pongono effettivamente problemi come quelli discussi. E che in altri rari casi si pone addirittura il problema dell’eutanasia (argomento che per il momento in Italia si tiene da parte, per non spaventare). Ma il testamento biologico in molte situazioni comuni non dovrebbe essere necessario, e comporta dei rischi per il paziente.

La sospensione di alimentazione e acqua ha tre valenze, che possono essere variamente innestate in sequenza:

a) Fattore nocivo che provoca la morte in un individuo che altrimenti, adeguatamente trattato, sarebbe sopravvissuto. Distinto in due sottocategorie:

a1) su soggetti sani. Es. il conte Ugolino e i suoi figli.

a2) su soggetti già malati o debilitati, ma recuperabili. Es. il bunker dalla fame ad  Auschwitz, Massimiliano Kolbe e i suoi compagni.

b) Fattore che affretta la morte in uno stato irreversibile di malattia mortale. Distinto in due sottocategorie:

b1) come fattore aggiunto; es. su un paziente con un cancro in stadio avanzato, defedato, che non è in agonia, ma può entrarvi.

b2) come interruzione di un’alimentazione e idratazione che si erano già interrotte per malattia, ed erano state vicariate con mezzi artificiali. es. Eluana.

c) Misura palliativa nell’agonia.

Va notato che in  ambito medico la serie si autoalimenta e si autogiustifica: ogni stadio causa biologicamente il successivo, nel quale la misura risulta moralmente più giustificata che nel precedente. E’ un sistema a doppia spirale: si aggravano le condizioni cliniche e si rafforza la motivazione morale a proseguire. Le “spirali”, i circuiti a feedback positivo, sono frequenti in fisiopatologia: la sospensione di idratazione e alimentazione è una misura classificata come compassionevole che ha i meccanismi di una malattia e mima una malattia.

Questa scala, che può essere rifinita o rivista, mostra come un intero asse di valutazione sia stato ignorato, oltre alle altre variabili già dette. Un altro compito dei vari esperti e delle varie istituzioni sarebbe dovuto essere quello di identificare e sbrogliare le combinazioni lecite e illecite di questa scala nelle varie circostanze. Si sarebbe dovuto inoltre tenere presente la possibilità offerta da questa scala, per le sue caratteristiche di spirale doppia, di essere risalita confondendo le varie situazioni e scambiando la causa con l’effetto. Tale “escalation retrograda” può spiegare l’insistenza, un poco sospetta, su questa particolare misura: consente di poter adottare con bassi rischi legali e d’immagine forme pilotate di decesso.

Un’insistenza che ha trovato la contrarietà di un tecnico ben accreditato, il prof. Ranieri, direttore della Rianimazione alle Molinette. Questo rianimatore, non credente, sostenitore della “desistenza terapeutica”, ha affermato che lui sarebbe stato d’accordo a non praticare ad Eluana trasfusioni in caso di emorragia, e non somministrarle antibiotici in caso di polmonite; ma che “non avrebbe dormito la notte” se le avesse tolto alimentazione e liquidi (“Non le toglierei mai l’alimentazione” la Stampa, 21 gen 2009). Sarebbe interessante approfondire le sue posizioni. Invece con Eluana si è battuto molto sulla sospensione di cibo e acqua, nella forma “b2+c”; su soggetto giovane, con decorso della malattia di base particolarmente lento e quindi doloroso per i familiari.

Per valutare gli effetti di questa liberatoria, anzi questo trasferimento a terzi della podestà sul proprio corpo, che corrisponde alla richiesta di sospendere cibo e idratazione a giudizio dei medici, si dovrebbero considerare altri scenari. Un caso diverso, e molto più comune di quello di Welby o Eluana è lo “c” puro: la sospensione dell’alimentazione e idratazione nello stato irreversibile e conclamato di agonia per una comune malattia dell’età anziana, una misura palliativa per il morente che è lecita e non è una novità. Ma col testamento biologico potrebbe dare luogo ad abusi, incoraggiando il “portarsi avanti col lavoro” cioè anticipando la morte con l’anticipare la misura palliativa, se conviene; divenendo così un “b2+c” o un “b1+c”. Un altro scenario, che diverrà tristemente comune, tanto da assumere dimensioni generazionali, è quello che sotto mentite spoglie percorre l’intera serie, “a2+b+c”: quello dell’anziano, in una casa di riposo, la cui demenza senile, e quindi la non autosufficienza, si aggravano. Qui il testamento biologico può essere la firma della propria condanna.

All’anziano che sta andando verso le forme più avanzate della demenza senile, che non sa più vestirsi, non parla e non comprende, è incontinente, va controllato perché assume comportamenti pericolosi, bisognerebbe aumentare l’assistenza infermieristica, con una riduzione dei profitti per la casa di cura, e con l’effetto clinico di doverla aumentare ulteriormente in futuro. Invece di aumentare l’assistenza, se non ci sono motivi per essere prudenti, come una supervisione assidua e competente di parenti reattivi e forti, l’amministratore, che vuole conservare il suo posto e anzi fare carriera, può lasciare invariata l’assistenza infermieristica, o meglio ancora ridurla un po’, e lasciare così che insorgano complicazioni, stato di denutrizione, scompensi metabolici, piaghe da decubito, infezioni. In questo modo si metterà lentamente in moto una spirale patogenetica, che va verso il decesso, e le condizioni del paziente peggioreranno. Invece di fermare la spirale, la si fa progredire. Poco dopo che le condizioni sono rappresentabili come sufficientemente gravi da non dover temere accuse penali, si considera il paziente morente, e si aggiunge la spirale della sospensione della alimentazione e idratazione: avendo in cartella il modulo “testamento biologico” firmato lo si lascia morire di fame e sete, con un decorso che richiede in genere dai 3 ai 15 giorni. Giorni nei quali la persona muore di sete e di fame letteralmente. Si dice che il paziente comunque in questo stato non soffra; io ho visto che, soprattutto se trascurato, e negli ospedali vengono trascurati anche quelli che hanno voce ed escono vivi, può invece andare incontro a una morte lenta e terribile. Alla porta della casa di riposo fanno la fila altri anziani, meno gravi e quindi più redditizi. Avanti il prossimo.

“Ho saputo che hai seppellito tua moglie” “Per forza. Era morta”. Questa battuta viene riportata come esempio di humor inglese, e in effetti non è che faccia scompisciare. Serve però a ricordare che certi atti sono leciti solo sotto determinate condizioni. Non varrebbe la pena discutere di questi rischi di omicidio nascosto che il testamento biologico, e gli interessi economici che lo stanno promuovendo, comportano? Ma la gente davvero crede che ci sia tutta questa ansia di farli vivere ad ogni costo? Lo sa cosa sta firmando, firmando quei moduletti  del testamento biologico?

Dopo l’aborto, dopo gli espianti di organi, non pensano bioeticisti, giuristi, legislatori, opinione pubblica, che vi sia una terza situazione che impone di definire legalmente e in termini precisi lo stato vitale, in questo caso quand’è che si entra nella fase terminale, entro la quale possono essere prese misure che altrimenti configurano gravi reati? Se le cose devono andare così, se la vita non gode di particolari privilegi, se è tutta una questione di soldi; ma anche se, indipendentemente dal motivo economico, la soluzione praticabile fosse solo questa, non sarebbe doveroso ammetterlo apertamente e fare in modo che il decesso pilotato sia chiamato col suo nome e sia un affare il meno sporco possibile? E, davanti allo spettro dell’eutanasia di routine, non si dovrebbe tornare indietro, fino a esaminare anche l’altro capo del problema, la medicalizzazione esasperata, l’imbocco del percorso che porta a queste situazioni? Che la morte è un evento naturale e da accettare ci viene ricordato solo quando, seguendo il corso voluto dagli interessi commerciali, non è più utile all’industria medica illuderci sulle fantastiche capacità della medicina di darci la vita eterna.

Nessun uomo è un’isola, e la morte dell’individuo non è un problema esclusivamente privato come affermano i sostenitori del testamento biologico, ma di fatto attira l’attenzione degli altri. Ed è giusto che sia così, e che quindi la modalità della morte dell’individuo rimanga entro forme accettabili per la società. Sono proprio i sostenitori del testamento biologico a dimostrare questa valenza sociale della morte, propugnando un sistema di controllo del fine vita tutto sommato ipocrita, un lavarsene le mani che salva le apparenze ma che nel caso concreto può divenire una barbarie mascherata, alla quale può essere preferibile l’eutanasia. Forse l’eutanasia di massa sarà introdotta in uno stadio successivo; e a quel punto sarà effettivamente un miglioramento, relativo.

Come ho già scritto in precedenza, non ho soluzioni certe; ma penso che per avere le migliori soluzioni possibili il primo passo, la prima laicità vera, sia di guardare in faccia la realtà e definire il problema nei suoi termini reali, rifiutando le sirene del relativismo epistemico. Considerando quindi non solo in astratto i pazienti, i medici e la Chiesa, ma anche gli interessi economici e politici “laici”, le condizioni cliniche e psicologiche specifiche del malato, l’epidemiologia dei decessi e le relative caratteristiche delle varie tipologie, l’informazione, o la disinformazione, date al pubblico. Considerando non solo il “chi decide” ma anche il “cui prodest” e quindi il “chi decide, in realtà”.

Anche il clero ha adottato il relativismo epistemico: i preti questa semplice circostanza del secundum quid, che conoscono fin troppo bene, e che costituirebbe un argomento forte per le tesi che dicono di sostenere, non l’hanno presentata ma l’hanno lasciata nell’ombra; e invece hanno retto il gioco agitando regole da incubo sull’obbligatorietà del sondino nasogastrico e degli altri tubi delle vie non orali, sul “proibito morire”, sulla vegetazione a oltranza; in modo da terrorizzare e spingere nelle braccia del partito del testamento biologico. Come se non fossero anche loro avveduti manager dell’industria della sanità, che nelle loro tante strutture non buttano i soldi dalla finestra ma fanno quadrare i bilanci e sorridere gli investitori.

La discussione sul testamento biologico è anche un rito col quale viene confermata l’immagine che preferiamo della morte, questa realtà inaccettabile. E il testamento biologico, una nuova resa al mercato, è stato presentato come un atto dove sensibilità e intelletto uniscono le forze contro la morte, per la dignità umana: non le permettiamo di torturarci, siamo noi che decidiamo. In realtà, si è affondata la testa sotto la sabbia, si sono applicati all’etica e al razionale le colorate categorie del culturale. I fatti sono stati messi da parte. Esiste da decenni un filone di estetizzazione della malattia, che tende ad avvicinarla ad una merce, ad un prodotto che può essere venduto al meglio impaccandolo e presentandolo opportunamente. Coi casi Welby ed Englaro nell’immaginario collettivo la morte è stata ipostatizzata, in una forma terribile ma definita, e quindi contrastabile. Si riafferma l’immagine della morte come si deve, col ghigno e la falce fienaia, la morte-persona contro la quale si può fare qualcosa. Si esce dalla vita in maniera romantica, andando in coma dopo una gran zuccata, o ghermiti da una carogna come una delle malattie neurologiche degenerative che colpiscono i giovani; e dicendo: “basta”. Ci sarebbero voluti dei biostatistici onesti per spiegare che nella maggior parte dei casi si muore secondo modalità meno letterarie; oppure dei poeti, come Eliot, a dire che quando il mondo finisce, spesso finisce “Not with a bang but a whimper”.

Il relativismo epistemico

31 May 2009

Blog “Uguale per tutti”

Commento al post “Il relativismo etico fa ‘spudorata’ la politica” del 31 mag 09

Comunicato con link


Lo scandalismo sessuale dei politici educa il pubblico al relativismo etico, e ancora di più alla dabbenaggine, per gli elettori che standolo a sentire accettano di cedere il voto, che può determinare il destino della loro famiglia, in cambio dell’equivalente di un giornaletto da barbiere. Berlusconi è sospettato di avere avuto a che fare con le stragi che segnarono l’inizio della seconda Repubblica; davanti a ciò, e a tante altre accuse, le storielle di veline mi sembrano un “anticlimax”, per non usare altre espressioni. Meno male che non ho figlie, che sentirebbero queste lezioni sull’andare avanti nella vita “per vaginam”; mi consola anche il non aver contribuito a eleggere questa classe politica.

Anch’io credo che il relativismo etico sia dannoso; antropologicamente, politicamente e anche sul piano esistenziale personale. Non credo però che il clero sia davvero contrario al relativismo. Scarpinato parla di un relativismo etico occulto della Chiesa, per il quale “Dio parla per bocca di preti che frequentano senza problemi i salotti della borghesia corrotta e di quella mafiosa o le stanze del potere dei dittatori, e che riducono Dio a guardiano dei comportamenti da tenersi in camera da letto”. Il vescovo Coletti (CEI), praticando quanto meno il relativismo culturale, ha affermato che “anche l’occhio vuole la sua parte”, pur condannando la bellezza come unico o decisivo criterio per la scelta di candidati. Credo che se interrogata una velina darebbe una risposta simile. Chi tiene conto della bellezza nella scelta dei legislatori non è che pecchi di relativismo; si è bevuto il cervello. In Parlamento sarebbe bellissimo avere qualche donna come Rosa Luxemburg, ricordata per il coraggio, l’intelligenza e il carattere (che la rendevano affascinante nonostante fosse malaticcia, scrisse Trotsky); e per una definizione di libertà, che è la migliore che conosco:

“La libertà solo per i seguaci del governo, solo per i membri di un partito – per numerosi che possano essere – non è libertà. La libertà è sempre unicamente la libertà di chi la pensa diversamente. Non per fanatismo di “giustizia”, ma perché tutto ciò che di educativo, salutare e purificatore deriva dalla libertà politica, dipende da questa condizione, e perde ogni efficacia quando “libertà” si fa privilegio.”

La definizione è riportata da alcuni come “La libertà è la libertà dell’altro”. Mozzafiato. Diamo alla mente quello che è della mente, e al sesso quello che è del sesso.

Mi sembra inoltre che il clero aggiri la condanna del relativismo praticando un relativismo epistemico occulto, per il quale si rappresenta e a volte si altera materialmente la realtà in modo che l’applicazione di principi etici fissi esiti in conclusioni preordinate. E’ come avere giudici rigorosissimi che però valutano le risultanze di inchieste condotte da inquirenti criminali; che manipolano l’inchiesta e la stessa realtà. Le riforme che depotenziano gli strumenti di accertamento dei reati e mettono le indagini in mani sicure appaiono ispirate dal relativismo epistemico, che è più adatto alle istituzioni, consentendo loro di salvare l’immagine di depositarie di valori stabili e di imparzialità.

In questi giorni è uscito un libro, “Una mano lava l’altra”; mi correggo, “Siamo tutti sulla stessa barca”, di Martini e Verzè. Il primo è un autorevole esponente del cattolicesimo progressista. Il secondo ha un lungo curriculum etico, che comprende la presentazione di Pio Pompa al Sismi (Lui e Cristo). Fare finta di ignorare la rete di interessi della quale don Verzè è parte non secondaria è uno spudorato relativismo epistemico. Di recente ho sentito, ad una presentazione del libro di Stefania Limiti “L’anello della Repubblica”, che il servizio allestito da Pompa potrebbe essere la prosecuzione delle attività dell’Anello, che ebbe un ruolo primario nei “Misteri d’Italia” degli scorsi decenni. Entrambe le strutture si sono occupate di disinformare, calunniare, distruggere. L’Anello viene fuori solo oggi. Ci vorrà molto tempo, forse altrettanti decenni, prima che affiori il ruolo di servizi come quello di Pompa negli affari della biomedicina come quelli di Verzè. Ma già adesso ci si dovrebbe interrogare su quest’altra designazione “caligolare”, dove un personaggio come don Verzè impartisce lezioni di etica, a due voci con l’arcivescovo emerito di Milano, esponente del cattolicesimo illuminato. Abbiamo un maestro di morale, don Verzè, che è il padrino di un professionista della falsificazione della realtà, e dell’adeguamento della realtà al falso mediante la violenza. Un’accoppiata che rappresenta icasticamente il relativismo epistemico.

Immigrati. La pietà coi numeri e altre forme minori di pietà.

24 May 2009

Blog “Uguale per tutti”

Commento al post “Elio e le storie tese” del 10 mag 2009

comunicato con riferimento URL

Caro Silvio, grazie per le Sue osservazioni, e per la precisazione su “questioni di tipo speculativo”. Da anni colleziono “contronimi”, o “autoantonimi”, cioè parole che hanno due significati opposti, e sono quindi gli antonimi di sé stesse. “Speculativo” può rientrare in un elenco di contronimi: la speculazione era l’attività di Socrate, e anche di Sindona; ma i due svolgevano attività in pratica contrarie (anche se hanno fatto la stessa fine). E’ un contronimo che in medicina, beffardamente, viene usato come gli avvocati usano la parola “fantasioso”, per respingere accuse di manovre speculative.

Sembra che io non meriti la Vostra benevolenza, perché faccio di tutto per farmela togliere: Lei cita il dibattito sugli immigrati, con riferimento ai recenti provvedimenti di respingimento nel Mediterraneo, dei quali si è occupato estesamente il blog; perciò non posso nascondere, come avrei preferito, che vedo anche questo dibattito animato dal deuteragonismo; e non solo limitatamente agli aspetti medici (Animalità razionale). Anzi, il dibattito sull’immigrazione mi sembra un caso importante di deuteragonismo. Esamino dunque questo esempio di deuteragonismo, non avendo competenze specifiche, ma solo opinioni, sugli extracomunitari; cioè, nel mio caso, come per molti altri italiani, opinioni sui vicini di casa della porta accanto.

“Mi piace l’odore del napalm al mattino … li abbiamo bombardati per 12 ore. Quando siamo atterrati non ne era rimasto nulla, non abbiamo trovato neppure un cadavere… C’era quell’odore di benzina…è l’odore della vittoria. Un giorno questa guerra finirà”: il comandante della cavalleria dell’aria in “Apocalypse now”. Conquistato il villaggio al suono della Cavalcata delle valchirie, rimprovera un soldato perché non dà da bere a un vietcong morente che chiede acqua, e gliela dà lui. Dopo pochi secondi lascia cadere la borraccia: va a parlare di surfing, la passione che lo ha spinto a conquistare il villaggio sul mare. Questa scena della borraccia me l’ha ricordata l’attenzione dei telegiornali, dei potenti, dell’Occidente, al dramma degli immigrati nel Mediterraneo. E’ scellerato non prodigarsi per chi, come Cristo sulla croce, ha sete perché sta morendo per shock ipovolemico; ma dargli da bere può essere un gesto vanaglorioso e distratto, che non riduce le responsabilità. Il fatto è che non si doveva assaltare il villaggio, e neppure fare la guerra. E’ scellerato non raccogliere e dare la massima assistenza agli occupanti dei barconi; ma equiparare il salvataggio in mare dei barconi all’aiuto al Terzo mondo è profondamente ingannevole.

Le immagini dei barconi mi sono parse uno spot sapientemente ambivalente; come Apocalpypse now, dove le scene soddisfano quelli che sognano di sbarchi, mitragliatrici e sbudellamenti, mentre i dialoghi – e il riferimento a Conrad – giustificano il film come prodotto letterario, come critica al militarismo. I barconi respinti faranno prendere voti alla Lega, e permetteranno all’opposizione deuteragonista di equiparare la contrarietà all’immigrazione all’infamia dell’abbandono di naufraghi in mare. Uno spot con dolore e morti veri.

Mettiamo da parte il fatto in sé, sul quale siamo d’accordo, e guardiamo al significato simbolico, al messaggio, alla “implicatura”, che non possono essere trascurati e sono, credo, l’aspetto principale. Se ci sono intere popolazioni che stanno affondando, centrare il problema sui pochi che sono riusciti, magari facendosi largo, a saltare in quelle scialuppe di salvataggio che sono i barconi è carità o è darwinismo sociale? Dei tanti parenti di quello che è nel barcone, meno svelti e rimasti nel continente africano, dei bambini che muoiono senza le telecamere, che ne facciamo? Quando non occorreranno più immigrati all’economia e alla politica, chi ci dice che la RAI non spegnerà le telecamere sul Mediterraneo e sui cadaveri che lo punteggiano, e che non torneremo a occuparci della strage dei cuccioli di foca al Polo?

Il mare. Il Mediterraneo. Uno sceneggiatore non avrebbe potuto scegliere sfondo migliore per i servizi su questo esodo e le sue tragedie. Anche il barcone, la scialuppa, non avrebbe potuto essere metafora migliore per le tesi che si vuole affermare. Le barche a vela appaiono più belle quando sono drammaticamente sbandate, con l’equipaggio a fare da contrappeso sull’altro bordo; i numeri della fisica però ci dicono che lo sbandamento in sé è svantaggioso, che la barca procederebbe più veloce se fosse dritta, con l’albero ortogonale alla superficie del mare. Nel ‘700 a vincere il premio per il modo più efficiente su come disporre l’albero delle navi fu un matematico, Bernoulli, che era uno svizzero che non aveva mai visto il mare.

Penso che sulla questione dei barconi dovremmo rivolgerci ai numeri. Da quelle entità algide e imperscrutabili può provenire una strana pietà, che non è in assoluto la migliore delle pietà possibili, ma è la migliore pietà possibile date le circostanze. Quanti sono i bisognosi del Terzo mondo? Di quanto denaro hanno bisogno procapite? E in assoluto? Quanto possiamo dargliene? Come allocare queste risorse limitate? Quanti pesci e quante canne da pesca? Dobbiamo “tirarne su” alcuni, o dobbiamo “scendere” noi dal nostro livello di benessere, e tentare di salvarci tutti? Stabiliamo che una quota delle entrate statali è loro, definiamo tale quota, e decidiamo come impiegarla. Dall’astratto al concreto, si può passare a calcolare in quali forme, mediante quali soluzioni, con migliaia di domande quantitative, sempre più dettagliate. E agire di conseguenza.

Ho l’impressione che questo approccio farebbe emergere questioni imbarazzanti. Per coloro che dicono di non volere immigrati, e però vogliono usarli come manodopera e consumatori, potrebbe venire fuori che la migliore soluzione al problema, e quindi anche alle loro ambasce, è semplicemente che l’Occidente smetta di sfruttare, ovvero di derubare, il Terzo mondo; potrebbe risultare che se rispettassimo il loro, di diritto a essere padroni a casa propria, i popoli del Terzo mondo se la caverebbero benino anche senza le nostre premure. Chi parla commosso dei boat people, non so come reagirebbe se gli si rispondesse che, per mantenere anche il resto dell’iceberg nell’Africa infuocata, si dovrebbero decurtare le entrate di tutti gli abitanti dei paesi ricchi, e quindi anche le sue, di una bella fetta, e ridurre sostanzialmente il suo livello di vita.

Quando ad essere coinvolti sono interi popoli, il barcone non è il livello di intervento appropriato; né sul piano demografico, né su quello etico. E’ ottimo sul piano della manipolazione mediatica. E’ inoltre un buon metodo di selezione del prodotto. Anche nella tratta degli schiavi il mare e le navi negriere servirono a selezionare i soggetti più forti. Qui la selezione maggiore avviene nel riuscire a trovare un posto; ma non finisce una volta a bordo. I barconi sono una vergogna anche se nessuno li respinge e approdano senza problemi.

Così invece, occupandosi solo di una minoranza – che è la minoranza che serve all’economia occidentale – si fa come per i miracoli, dove non si capisce perché la benevolenza divina ne deve salvare solo pochi. Ci si pone nella posizione di santi, o quasi.

Il rapporto tra etica e numeri, fondamentale nella nostra società tecnologica e tecnocratica, è in uno stato disastroso. Da un lato, si adorano gli “idola quantitatis” che servono come “instrumentum regni” per il capitalismo; l’applicazione inappropriata del quantitativo domina la medicina (Greene J. A. Prescribing by numbers. Drugs and the definition of disease. The John Hopkins university press, 2008); nell’ammirazione dei bioeticisti (e tale ignoranza viene attivamente tutelata). Dall’altro, quando ad un problema etico servirebbero i numeri e le altre entità matematiche, si ricorre invece ad argomenti persuasivi da fare invidia a Francis Ford Coppola.

Il vecchio espediente dello “stato di eccezione”, dell’emergenza per fare passare una tesi o un blocco di tesi. Curiosamente, la situazione ha somiglianze con la propensione padana per il soccorso; irridono quelli si chiamano Salvatore, ma gli piace fare i salvatori. Qui al Nord durante la settimana si lavora per fare soldi, nel week-end si fa i soccorritori. In carenza di disgrazie, si simulano, con esercitazioni. Il soccorritore volontario, di professione promotore finanziario, è anche lui, come il colonnello Kilgore di Apocalypse now, in mezzo a fumogeni accesi e con l’elicottero che gli volteggia sulla testa, e i morti e i feriti sono finti. Dice pacato nella ricetrasmittente gracchiante “roger, abbiamo uno spinale, atterrate”. La generosità della nostra gente, commenta il cronista mentre sullo sfondo l’elicottero si allontana con dentro il manichino macchiato di vernice rossa. Un’ottima cosa in sé, il soccorso volontario; meno buona se sostituisce ed esaurisce la questione dei doveri verso gli altri. Business senza guardare in faccia a nessuno nei giorni feriali, e nel dopolavoro il volontariato altruista. Ma non ci sono solo le emergenze, i traumi acuti, le catastrofi, i bambini da strappare alle fiamme. Ci sono anche i cronici, per i quali c’è molto meno entusiasmo, e carenze nell’assistenza. Ci sarebbero anche i sani da rispettare e aiutare: da non fregare, almeno. La carità è divenuta un sostituto dell’etica. E forse per questo, e per la frustrazione del lavoro inquadrato, assume forme spettacolari.

Andrebbe ricordato che la carità non è un sostituto dell’etica. Come osserva Scarpinato a proposito dell’elemosina in “Tra mafia e democrazia, tra oppressori e oppressi, tu, Chiesa, da che parte stai?”. Brecht, nell’Opera da tre soldi, fa dire a un personaggio che per ricevere l’elemosina non conta la condizione autentica del bisognoso, ma occorre che questi rappresenti la miseria in una forma teatralmente efficace, in modo che dare l’elemosina sia appagante. L’aiuto agli altri, quel poco che si può e si deve dare, andrebbe prima di tutto incorporato, fino a renderlo inapparente, nelle scelte di vita e nel lavoro. Il supererogatorio è facoltativo, e non esenta affatto dall’eticità nelle opzioni di base. Non compensa eventuali carenze etiche. Invece si è affermata la pratica di una contabilità etica creativa. Soprattutto nella Lombardia ciellina. Guardo con rispetto e ammirazione a coloro che praticano la carità avendo le carte in regola sull’etica delle attività personali. Ma davanti a certi altri slanci – soprattutto in campo medico – ritorna l’immagine di Apocalypse now, con la carità paranoide del comandante che fa evacuare in ospedale, col suo elicottero, dal villaggio che ha appena messo a ferro e fuoco per uno sfizio, un bambino vietnamita ferito.

Oltre alla pietà coi numeri, sulla questione degli immigrati esistono altre forme anch’esse fredde, o minori, di pietà o di carità negate. Chi non accetta gli immigrati è xenofobo o razzista o intollerante. Ma esistono delle pulsioni antropologiche, alla territorialità, alla comunità, all’identità culturale, al senso di appartenenza, che spingono a difendere il proprio territorio, il proprio gruppo, la propria cultura; alcune paure dei non garantiti di essere scalzati o danneggiati socialmente o economicamente dai nuovi arrivati; paure istintive, ma che non sono proprio del tutto campate in aria nella società “competitiva” e globalizzata. Il rifiuto dello straniero è avvenuto innumerevoli volte nella storia, nelle forme del malumore, dell’avversione, della protesta. E’ scorretto evocare subito i pogrom. Sono esistite anche situazioni di convivenza pacifica e armoniosa; che sono appunto citate come casi edificanti. Qui invece si dà per assunto che tali reazioni di rigetto siano patologiche. Si confonde tra risposta fisiologica ad un agente esterno e malattia. Trascurare il fisiologico paradossalmente può favorire degenerazioni patologiche; bollare aprioristicamente come razziste o xenofobe tali reazioni può essere una profezia che si autoavvera.

Gli immigrati, non in quanto “inferiori”, ma semplicemente in quanto irriducibilmente “diversi”, possono disgregare ulteriormente un tessuto sociale già degradato, possono ridurre quella zavorra di tradizioni che dà stabilità, aumentare l’atomizzazione sociale, che favorisce i consumi e la docilità popolare, ma rende tutti più vulnerabili e più egocentrici; la realtà del “melting pot” e del sogno americano mostrano ciò. “Give me your tired, your poor, your huddled masses…” declama solenne la poesia di accoglienza agli immigrati ai piedi della Statua della libertà. Ne abbiamo già troppe, sul globo, di masse che vogliono “to pursue happiness”, cioè fare soldi. Ovviamente noi siamo più buoni e più saggi; ma il rischio non andrebbe fatto passare sotto silenzio.

Quando sento che bisogna superare diffidenze e restrizioni mentali, mi chiedo se a dirlo siano persone che hanno una visione straordinariamente elevata, tanto da dimenticare questi fattori prossimi agli istinti primitivi, oppure – caso che mi sembra più frequente – persone che trascurano questi fattori o se ne fregano. Nel dibattito esistono solo leghisti sbraitanti, e ora anche schizzati di sangue, e pii discepoli di San Francesco. Nessuno tra i progressisti che dica che lo sfondamento dei confini antropologici forse è una necessità, ma è anch’esso una violenza; che non si mescolano culture lontane, non si innestano genti su territori occupati da altre genti, impunemente, così come non si trasfonde meccanicamente il sangue: ci sono fattori invisibili ma concreti che fisiologicamente si oppongono a tali commistioni.

Se non si vuole riconoscere ciò, se non si crede che la tendenza a difendere la territorialità e l’identità comunitaria e culturale vada rispettata, la si rispetti lo stesso: come forma di pietà verso gli autoctoni meno aperti e progrediti; non dovrebbe essere difficile, visto che propugnando l’abolizione delle frontiere che segnano le etnie si sta parlando dalle sfere superiori della moralità. In effetti in certe insofferenze gratuite e quasi maniacali verso l’immigrazione affiora una nota di frustrazione, di vigliacco sfogo esistenziale avendo trovato qualcuno ancora più sfigato rispetto al quale definirsi per contrasto. Ma non si tratta solo di questo. Pare che la nostra psiche sia stata tarata dall’evoluzione per una vita come membri di piccole comunità. Il cosmopolitismo non ha forti basi antropologiche, e non credo che possa pretendere un primato etico (forse non ha queste qualità neppure l’idea di nazione, alla quale sono attaccato). Il discorso che la Terra è di tutti l’ho sentito, in forme elaborate, anche per scusare, esprimendo rammarico, la cacciata degli indiani nativi dalle loro terre in Nord America ad opera degli europei, che “erano solo arrivati un po’ dopo”. Non l’ho sentito fare per le proprietà della Chiesa, o per le “dacie” degli apparatnik di sinistra, le proprietà di quelli che insieme esortano le masse a superare lo stantio concetto di “casa mia”.

Se si riconoscesse questa dimensione calpestata, oltre a fare un’opera buona verso i propri connazionali si aiuterebbe l’integrazione e si svelenirebbe la politica. Oggi infatti l’unica possibilità di rappresentazione politica del disagio per l’immigrazione è quella, ributtante, della Lega; che in realtà vuole gli immigrati, ma nelle forme che servono a interessi economici, come manodopera e consumatori; li vuole sottomessi e maltrattati, perché li si possa meglio sfruttare; verde fuori ma nera dentro, fa appello agli istinti più gretti e vili, alla paura e all’odio, diseducando l’elettorato mentre fa bottino di consensi; deuteragonista, presenta argomenti facilmente confutabili, caricaturali, alla “Catenacci” di Bracardi, con discorsi a base di “bingo bongo”, cannoneggiamenti di barconi, maiali sui suoli dove erigere moschee etc.

Dall’altro lato, per chi si indigna per i discorsi, e ora per gli atti, vergognosi dei leghisti, l’unica alternativa è il surreale buonismo cattolico, o di matrice cattolica, che esorta  all’amore totale, a un improbabile inesauribile amore per gli sconosciuti, ridicolo se si guarda a come ci vogliamo bene; e d’altro canto esclusivo e un po’ mercantile: con una forte predilezione per quelli abbastanza in gamba da salire sul barcone, e in grado quindi di produrre reddito, e acquistarsi una tv al plasma entro qualche anno. Una predica condita di accuse di egoismo, di avidità, di durezza di cuore, che viene dal pulpito dei preti.

Nel dibattito sono rappresentati, e quindi sono leciti, sotto i camuffamenti ideologici che attirano sostenitori in buona fede, solo due degli interessi maggiori, entrambi a favore dell’immmigrazione: quelli economici degli industriali e della finanza, con la Lega e il PdL, e quelli di politica internazionale del Vaticano – che gioca sullo scacchiere mondiale e vuole tessere rapporti col miliardo di mussulmani e con altre forze – mediante il centrosinistra e i progressisti. Posizioni alleate, in parte sovrapponibili, che trovano una sintesi che soddisfa entrambi. Seguono, in posizione subalterna, gli interessi di forze intermedie, come i politici che hanno bisogno di poveri che li ascoltino. Opposizione vera al potere, nisba. I cittadini comuni, zitti brutti razzisti; e leggetevi le pagine di Lévinas sul riconoscimento dell’altro; oppure andate a fare le ronde.

“C’uno la fugge, l’altro la coarta”: sull’immigrazione il deuteragonismo è reciproco, e le contrapposte esagerazioni provocano un vuoto al centro. Un vuoto che è una voragine di senso, che non viene riconosciuta dai più ma viene percepita, e si traduce in disaffezione – giusta – per la politica. Il successo del leghismo, determinante per la caduta della nostra democrazia, è dato dall’assenza di intellettuali e politici progressisti critici di quell’aspetto della globalizzazione che è l’immigrazione; dall’assenza di portavoce progressisti del disagio degli italiani per l’immigrazione; voci critiche invece migrate, come uno stormo di colombe, a fare il controcanto angelico ai leghisti diavoleschi. E così per cercare l’ottimo stiamo perdendo il buono, e finiamo per essere noi una repubblica bananiera; dalla quale forse si dovrebbe andarsene, se ci fossero ancora terre vergini; vergini della poderosa abilità umana di incasinare tutto.

Bisognerebbe che chi è ascoltato come autorità morale smettesse di confondere la gente dicendo in pratica che chi non vuole gli extracomunitari è una carogna. Dovrebbero invece esserci intellettuali e politici progressisti che riconoscano che l’immigrazione ha cause economiche e soddisfa finalità economiche; che provoca negli autoctoni reazioni di rifiuto che sono del tutto fisiologiche; e che possono progredire verso la patologia se trascurate. Intellettuali e politici progressisti dovrebbero considerare che i vantaggi dell’avere un supplemento di lavoratori, di consumatori, di futuri elettori in cerca di protezione, di tesserati nei sindacati, di legami con forze etniche e religiose emergenti a livello mondiale, non vanno tutti necessariamente a favore dei cittadini, e i loro risvolti etici non sono solo positivi.  I progressisti dovrebbero occuparsi anche della cura di questi problemi. Sarebbero così in una posizione più equilibrata per parlare di un altro discorso, quello dell’esistenza di altri doveri, verso gli altri popoli, oltre a quelli verso sé stessi, la propria famiglia, la propria comunità.

Ci vorrebbe maggior considerazione anche per i paesi di provenienza. Non siamo molto curiosi di sapere da dove vengono quelli che vorremmo salvare trasferendoli da noi. Siamo invece molto critici. Anche in questo, la penso al contrario dei progressisti: credo che da un lato, per lo stesso motivo già citato a proposito degli italiani, quello della consistenza dei fattori antropologici, ci vorrebbero maggior cautela e rispetto prima di sputare sentenze sui costumi di altri paesi che ci appaiono sbagliati, e di volerli sostituire con quelli della nostra superiore civiltà; es. la critica dell’obbligo per le donne del velo o di altre coperture del volto. Anche perché, come ha osservato Massimo Fini, forse dovremmo prima preoccuparci delle donne esposte “a quarti di bue” nella nostra televisione. D’altra parte, penso che chi vive da noi dovrebbe conoscere un minimo d’italiano, e accettare in generale i nostri usi e costumi, oltre che ovviamente le leggi; non vivere come dentro a un burqa, in una bolla portata dal paese d’origine. Ogni tanto ho l’impressione che, mentre procede tra padani che pensano “tel chi el negher”, qualche extracomunitario, soprattutto se portatore di credenze religiose forti, pensi a sua volta nella sua lingua “ ’sti zulù”. Non credo che un pasticcio etnico, un passare da Roma a Bisanzio, sia un vero arricchimento.

Altro caso è quello del rispetto dei diritti umani. Dovrebbe essere un assioma, in qualunque situazione, ovunque, per chiunque. I centri di raccolta non possono essere gabbie; né gabbie chiuse, nè gabbie aperte. Se è vero che i respinti in Nord Africa sono seviziati, lo si proibisca: si mandino degli osservatori, si mostri l’arma delle sanzioni, la si applichi se necessario. Lo stesso si faccia per qualunque violazione indiscutibile dei diritti umani che venga commessa in quei paesi. Ma il rispetto dei diritti umani, l’art. 1, non dovrebbe essere l’unico articolo del codice delle norme morali sugli extracomunitari.

Altra pietà minore. Il problema come detto non può essere affrontato a livello delle situazioni individuali, ma delle popolazioni; ma esistono anche problemi che riguardano l’individuo, una dimensione certo non secondaria. Gli immigrati sono anche degli emigrati; degli sradicati. Per alcuni trapianti, oltre al rigetto dell’organo trapiantato, c’è anche il rischio del rigetto “graft-versus-host”, del tessuto trapiantato contro l’organismo ricevente. Siamo sicuri che gli facciamo questo grosso favore a farli vivere da noi, anziché aiutarli nei loro paesi? Ad alcuni, sì. Forse, se si potesse misurare la felicità, credo che nella vecchia Italia la tipologia di persone più felice risulterebbe quella di alcune coppie giovani di immigrati; che hanno un buon lavoro; provenienti da situazioni difficili, perciò energiche e senza grilli, forti della loro cultura d’origine, pronte ad assorbire anche quella del paese ospite, che ha tanto da offrire; e che quindi vivono quella particolare felicità che è data dall’avere una chance di emancipazione, e dal coglierla pienamente. Alcuni extracomunitari sentono l’odore della vittoria personale nella costruzione, materiale e morale, della propria famiglia e di sé stessi mediante l’operosità pacifica; la felicità di quando il presente diventa ricco e l’avvenire diviene ben delineato; condizione che è possibile solo in alcune circostanze storiche. Ma per altri l’Italia può essere dolore pena sfruttamento e alienazione. Ricordo un giovane nordafricano, disteso in un’aiuola con gli avambracci spezzati. Era andato via da tutto, passando per una finestra dei piani alti dell’ospedale.

Quel suicidio, mi pare fosse un detenuto, non venne reso noto dai media locali. I media presentano sotto una luce filtrata gli immigrati. Pochi giorni fa i media locali hanno celebrato l’estensione di un bonus bebè di 1000 euro anche agli immigrati, negato dalla giunta comunale di centrodestra, imposto da un giudice dopo che sindacati e preti sono scesi in campo. Il bonus bebè è simbolico, per gli italiani; darlo anche quando il bambino nasce in famiglie di extracomunitari, nell’appartamento della porta accanto, dove può non essere solo simbolico, è semplice decenza, negarlo è meschino. Olio sul fuoco della disputa deuteragonista. Però non si parla di quella che è di gran lunga la prima causa di infertilità per gli italiani, la sterilità sociale, causata dalla difficoltà di formare una famiglia e fare figli. Ha le dimensioni e gli effetti di una vera epidemia, ma  al contrario di certe epidemie finte è un’epidemia silenziosa. I giovani oggi non fanno figli perché sono egoisti; meglio un pezzo sulla nostalgia della badante dell’Est per il suo paese e i suoi nipotini. Forse ci vorrebbe un po’ di carità anche per i giovani di casa nostra; per chi paradossalmente nella sua condizione ha meno prospettive di quelli che gli sbarcano davanti casa; per i guai che opprimono la gente comune, che stentano a trovare posto nei titoli dei giornali, che vengono sempre dopo qualche altra notizia.

Queste pietà, e altre simili, si potrebbe metterle assieme in un principio, anch’esso freddo e antipatico: quello della scissione, scissione concettuale, tra aiuto umanitario al Terzo mondo e il venire a lavorare in Italia da parte di extracomunitari. Le due entità, che ci sembrano unite perché così ce le presenta la propaganda, andrebbero considerate come entità distinte, quali in effetti sono; e tenute ben separate nei ragionamenti. Non si dovrebbe più dire che facendoli venire a lavorare qui aiutiamo i diseredati. L’importazione di lavoratori è determinata da ferrei meccanismi economici, e dovrebbe essere regolata da norme di accesso, da selezioni e da contratti, che la rendano equa e vantaggiosa per entrambe le parti, e per la terza parte, la cittadinanza, con le dovute tutele e garanzie per tutti. Si possono unire materialmente le due diverse entità: si potrebbe pensare a contratti nei quali una quota della retribuzione va a chi è rimasto a casa nella miseria, direttamente o in forma di aiuti; o riservare una quota di posti di lavoro agli extracomunitari, con l’obbligo di rientrare dopo alcuni anni, importando conoscenze e competenze nel proprio paese, anziché lasciarlo dissanguato delle energie migliori.

Anziché lasciare Sud il Sud del mondo. Non scambiamo il Vangelo con “l’effetto San Matteo”, così detto da una frase del Vangelo di Matteo (25:29), per il quale i ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri. Oltre ai danni da immigrazione, ci sono anche i danni causati ai popoli dall’emigrazione. Ricordiamoci dei meridionali saliti a lavorare nelle fabbriche del Nord, da regioni già anemizzate da decenni di emigrazione: di come hanno arricchito il Nord e di come sta oggi il Sud. La propaganda invece dice di ricordarci, a proposito degli immigrati dal Terzo mondo, che siamo figli di immigrati. Veramente i figli di italiani immigrati degni di questo paragone oggi vivono, a decine di milioni, in Argentina, Australia, Canada, Galles, etc; e in effetti sarebbe interessante ascoltare la loro opinione. Noi siamo i discendenti di quelli che restarono in Italia, o al massimo di quelli che tornarono, o che si spostarono all’interno, tra disagi ma senza problemi di permessi di soggiorno, o rischi di finire ai pesci. (Io stesso, italiano, sono stato classificato come “immigrato” dall’anagrafe locale quando, vincitore di un concorso pubblico per un posto di ruolo, dovetti trasferirmi al Nord e fare il cambio di residenza; un uso puntiglioso e non necessario nelle comunicazioni all’utente di un termine tecnico che ha un significato non neutrale nel linguaggio comune; una distinzione dai nativi che in seguito non mi è dispiaciuta). Quelli che restano non sono necessariamente i migliori, e hanno lo spirito e le abilità dello stanziale. Come si vede dai governanti che si danno. Tanti di noi conoscono le storie di immigrazione, per averle sentite da parenti. Per esempio, ho ascoltato bambino da un signore anziano una testimonianza in prima persona di cosa aveva voluto dire attraversare l’Atlantico in nave negli ultimi anni dell’Ottocento, all’età di 13 anni, da soli, essendo stati spediti a parenti di New York. Sono racconti molto utili, ma non inventiamoci, guardando i barconi, trascorsi avventurosi e falsi cameratismi. Consideriamo piuttosto quale danno è stato, per le regioni di provenienza, la selezione avversa derivata dall’emigrazione massiva dei soggetti più validi.

Con questa scissione tra lavoro e aiuti si eliminerebbe tanta retorica su entrambi i fronti, ricatti morali da un lato e pretese “celtiche” dall’altro (che poi, come ho detto, ritengo siano settori diversi dello stesso lato; quello del potere); e sarebbe più facile capire cosa fare. La filantropia dovrebbe essere esercitata su base razionale, tenendo conto delle necessità oggettive e delle risorse; erga omnes; e ordinatamente, senza picchiare la moglie e poi fare il galante fuori; senza la mostruosità, sommersi e salvati, di applicare alla solidarietà i criteri della selezione lavorativa: dentro chi è abile, pollice verso a chi non è redditizio; senza negare, con tutto l’amore che certi hanno per “gli ultimi”, qualsiasi attenzione a chi non corrisponde alla maschera teatrale dell’Ultimo, come si dice nell’Opera da tre soldi; senza la pietà coi paraocchi, che fa pensare che come al solito non ci viene chiesto di combattere per degli assoluti morali, ma per delle chiese, al di fuori delle quali non vi è salvezza.

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Blog di Trarco Mavaglio su il Fatto

Commento del 31 mar 2011 al post “Ferrara e i “30 milioni di immigrati” di D’Alema” del 31 mar 2011

La cifra di D’Alema dei 30 milioni di immigrati necessari all’economia era riferita all’Europa, non all’Italia come gli ha rinfacciato G. Ferrara.

Enzo Biagi ha raccontato che uno dei pochi casi che ha visto di giornalista licenziato per incapacità fu quello di un redattore che riportò la notizia di un paese bruciato coi suoi abitati perché un’autocisterna, nel tentativo non riuscito di schivare un cane, si era ribaltata andando a fuoco. Il giornalista aveva titolato “Tragica morte di un cane”.

Se c’è uno che sa fare il giornalista questi è Travaglio. Ma qui la notizia mi pare un po’ focalizzata sul cane. E chissene del battibecco tra Ferrara, a libro paga CIA, e D’Alema, legato a Licio Gelli.

Si ammette finalmente che è per ragioni economiche che occorre iniettare milioni di persone dai paesi poveri in Europa: volete dirci la cifra pianificata o prevista per l’Italia? E’ possibile parlare pacatamente di questo dato: della sua reale ineluttabilità; di quali sono i vantaggi e gli svantaggi, chi ci guadagnerà e chi ci perderà, quali riflessi ciò avrà sulla vita delle persone comuni, e sul Terzo mondo, senza i finti nazismi leghisti e gli ipocriti piagnistei pretesco-buonisti?

Consideriamo finalmente l’etica e la politica dei numeri dell’immigrazione:

Immigrati. La pietà coi numeri e altre forme minori di pietà.

@Armando D. E’ curioso che tu mi metta in guardia dal mescolare alcool e psicofarmaci: si vocifera che lo facesse Cossiga, che nel suo ultimo libro “Fotti il potere”, pag. 181, ha dichiarato di avere garantito lui per D’Alema presso gli USA. Invece ne “Il borghese piccolo piccolo” il liquido misterioso del giuramento massonico era l’amaro Petrus. @s42 a me piace più leggere che scrivere, ma ho difficoltà ad accedere alle biblioteche pubbliche di Brescia; sia sotto il dalemiano Corsini che sotto il berlusconiano Paroli. Sarei curioso di vedere l’archivio Gelli, curato dalla moglie dell’attuale presidente del Copasir e da lei inaugurato con grande passerella di piduisti ed elogi delle doti di poeta del Venerabile. Qualche minuto, perché dev’essere di una noia; e poi ho l’impressione che se proprio voglio leggere roba di sbirri venduti basta leggere le articolate confutazioni che quelli come voi danno su Il Fatto a chi stona.

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Blog de Il Fatto

Commento al post di Pallante e Bertaglio “L’ipocrisia leghista è l’arroganza occidentale” del 4 ott 2011

  “Per coloro che dicono di non volere immigrati, e però vogliono usarli come manodopera e consumatori, potrebbe venire fuori che la migliore soluzione al problema, e quindi anche alle loro ambasce, è semplicemente che l’Occidente smetta di sfruttare, ovvero di derubare, il Terzo mondo; potrebbe risultare che se rispettassimo il loro, di diritto a essere padroni a casa propria, i popoli del Terzo mondo se la caverebbero benino anche senza le nostre premure.”

Da:

https://menici60d15.wordpress.com/2009/05/24/immigrati-la-pieta-coi-numeri-e-altre-forme-minori-di-pieta/

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@Adamitaly. Giusto, la transizione demografica; e il “drilling and killing”, in Nigeria e altrove ?

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@giustizialista. Questo “ontolologizzare” la volontà dei poteri più forti, o le conseguenze della loro volontà, per cui la globalizzazione liberista, e le relative migrazioni, vanno prese come un dato di realtà non modificabile altrimenti è propaganda, mi pare un’impostura blasfema:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/24/il-doppio-cielo/

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@Giustizialista. Ricordo, nel 1981 come studente in scambio culturale in Israele, un Paese che ammiravo, che gli accompagnatori insistevano che Israele voleva la pace. A Metulla, al confine con Libano, chiesi a uno di loro a cosa servissero allora i giganteschi carri armati che portati su autotreni venivano ammassati in campi militari. Mi fu risposto che lì la sera si cuocevano salsicce e si suonava la chitarra attorno al fuoco. Il lato negativo delle salsicciate fu tempo dopo l’invasione del Libano. Tu mi hai ricordato questo episodio, equiparando, rubricandoli sotto lo stesso titolo “globalizzazione”, la scelta, arricchente ma facoltativa e libera, si spera, di aprirsi ad altre culture, con l’obbligo di salire su un barcone, abbandonare la propria terra, togliendosi di mezzo per favorirne lo sfruttamento, e divenire se si sopravvive degli sradicati, e spesso degli sfruttati; e equiparando il “siamo tutti fratelli” con l’obbligo per chi riceve di vedere il proprio lavoro messo a rischio da stranieri; l’obbligo per tutti di venire ridotti a consumatori isolati, omologati, privi di una cultura e di una storia comune profonde che li caratterizzi, tutti uguali rispetto al mercato; l’obbligo di credere,  se non si vuole essere chiamati gregge, alle colorate retoriche del “melting pot”, smentite dalla Storia in USA. Non mi sembra che con questa propaganda tu vada contro il liberismo e gli interessi economici sui flussi migratori forzati, che a parole dici di “aborrire”.

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24 settembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. A. Grana ” Papa Francesco: “Anche la Chiesa superi la diffidenza verso i migranti” “

I migranti sono parte dell’attuale macchina per fare profitti:

“Nei paesi ricchi i salari sono determinati più dai controlli sull’immigrazione che da qualsiasi altro criterio, inclusa la legislazione sui salari minimi. Come viene stabilito il tetto massimo di immigrati? Non dal «libero» mercato del lavoro, che, se lasciato a se stesso, finirebbe per rimpiazzare l’80-90 per cento dei lavoratori locali con manodopera straniera più conveniente e spesso più produttiva. La soglia d’immigrazione è in gran parte stabilita dalla politica.” (Chang, 23 cose che non ti hanno mai detto sul capitalismo).

E’ la stessa macchina che quando conviene li uccide nei loro paesi natali. I rimproveri moralistici sull’immigrazione sono principalmente coperture per nascondere la vergogna di questa Babele. Sono discorsi voluti da chi non vuole né il bene dei migranti né il nostro, ma pensa a come sfruttare entrambi, creando un disordine a lui favorevole. Gli stranieri basterebbe rispettarli, non derubarli, o se del caso aiutarli, a casa loro, e non obbligarli così a venire da noi. Ne guadagneremmo tanto, vivremmo meglio e in pace, sia loro che noi . (v. “La pietà coi numeri e altre forme minori di pietà”).

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6 dicembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Roccuzzo “Mafia Capitale: in Germania sono persone, in Italia si specula sulle origini degli immigrati”

Carminati ha potuto agire per oltre 30 anni, dai tempi della strage di Bologna e dell’omicidio di Fausto e Iaio, prima di essere fermato dalle stesse forze che lo hanno fin qui favorito. I romani votano sindaco un ex estremista di destra, che si accompagna a tipi del genere. Invece di riflettere su ciò, la clamorosa e roboante operazione Mafia Capitale viene subito sfruttata come falso standard, per fare sembrare al confronto pulite forze che in realtà non sono lontane dal “mondo di mezzo”. Es. in questo articolo ci si ammonisce che siccome è stata fermata questa banda, non dobbiamo essere “razzisti” ma considerare gli immigrati come italiani; prendendo esempio, secondo l’autore, dai tedeschi. Mi sembra un discorso tirato per i capelli, nella logica e nel merito. Gli immigrati vengono fatti arrivare per abbassare il costo del lavoro e per altri fini di profitto, a danno del nostro popolo e dei popoli di provenienza, da poteri che hanno potuto disporre anche di terroristi neri e rossi. Ieri Visco, di BankItalia, ha commentato che la corruzione come quella di Carminati danneggia l’economia; ma non ha detto che la corruzione che obbliga lo Stato a piazzare i titoli di Stato sul mercato privato, opera anche di BankItalia, ha messo un paese florido, e il collo degli italiani, nel cappio degli strozzini. In Italia le retate di delinquenti “pulp” sono usate per creare consenso per i forbiti delinquenti istituzionali che prosperano vendendo il Paese.

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27 dicembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Padellaro “Natale di pietra”

La strumentalizzazione degli “ultimi” a favore delle classi privilegiate

“Qui, infatti, l’ipocrisia e il cinismo, o specularmente la cattiva coscienza e l’autoinganno, sono probabilmente le disposizioni strutturali in quanto queste classi sono tenute a riprodurre e a sviluppare costantemente le condizioni di un modo di vita privilegiato […] all’interno di un immaginario che si struttura – a differenza di quello delle élite precedenti – sulla negazione delle disuguaglianze che fondano quei privilegi. È, indubbiamente, tale dispositivo quello che spiega, fra l’altro, il ruolo insolito che gioca, nella buona coscienza delle classi privilegiate contemporanee, la compassione filantropica per “l’escluso”, che sia il senzatetto, l’immigrato clandestino, il giovane di periferia … Il fatto è che l’escluso, se gli si assegna il monopolio della sofferenza legittima, presenta un doppio vantaggio: innanzi tutto quello di appartenere a una categoria minoritaria per definizione (il che limita automaticamente il campo dell’ingiustizia e quindi quello della cattiva coscienza); poi, e soprattutto, quello di permettere con la sua stessa esistenza di spostare in un colpo solo l’insieme dei lavoratori ordinari, inseriti nel sistema di sfruttamento classico, dalla parte dei benestanti e dei privilegiati. “ (J.C. Michea. Il vicolo cieco dell’economia. Sull’impossibilità di sorpassare a sinistra il capitalismo).

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28 dicembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di Mammamondo “Immigrazione e razzismo, ecco chi siamo!”

In un libro di storia degli USA ho letto che l’esecuzione di Sacco e Vanzetti fu un segnale deliberato alla comunità italiana per “tenerla al suo posto”. Una politica di immigrazione per convenienza, quale quella USA di un secolo fa, può essere opportunisticamente associata a moti di ostilità verso i nuovi arrivati. Ma non mi pare sia il nostro caso. E’ scorretto equiparare al razzismo culturale la reazione fisiologica di rigetto a un trapianto culturale voluto da poteri economici. L’immigrazione globalista verso l’ltalia indebolisce il popolo italiano, abbassando i salari e le garanzie del lavoro e disgregando il tessuto sociale; senza risolvere i problemi dei Paesi di provenienza. Chi la impone o propugna è qualcosa di peggio che razzista, perché non gli importa né di chi viene immesso né di chi subisce l’immigrazione. E’ la puzza del denaro, quella che difende. Lo si potrebbe dire “babelista”, da un altro documento: “Il Signore disse: “Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro”. Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra. “ (Genesi 11).

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15 aprile 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post “Libia, motovedetta Guardia costiera minacciata da scafisti con kalashnikov”

Un “casus belli” a doppio effetto, che fa sembrare patriottico sia l’andare a fare danno ai libici portandogli la guerra in casa a favore di interessi occidentali, sia il fare danno agli italiani continuando a riversare immigrati in quella che dovrebbe essere la nostra terra.

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15 febbraio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di F.A. Grana “Papa Bergoglio ai nuovi cardinali: “Non isolatevi in una casta” “

Nell’Ancien Regime il clero era il “Primo Stato”. Parlando delle ambizioni dei preti dire “casta” è riduttivo. I preti pensano in grande. Il fare della Sicilia, da regione occupata dalla mafia, la “porta aperta all’Africa” suona come l’annuncio dell’avvicendamento di una piaga con un’altra. O della sovrapposizione di calamità. Forse dovrebbero chiedere ai siciliani, che hanno 2000 anni di storia come colonia, se vogliono fare la porta d’accesso per gli africani.

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3 marzo 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Tornago “Immigrazione, a Brescia manifesti Forza Nuova contro sindaco, prefetto e vescovo”

I fascisti dichiarati sono una benedizione per chi fascista lo è interiormente ma recita una diversa parte. E’ almeno dal 28 maggio 1974 che a Brescia la destra in camicia nera interviene per fare sembrare al confronto democratici e civili i clericali, i massoni, la “sinistra” atlantista e compagnia bella; aiutando così chi regge la città a praticare un fascismo travisato, al servizio non di nostalgie ideologiche ma dei grandi interessi che stanno distruggendo il Paese.

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Ma non è fascismo anche la sostituzione etnica? Non è fascismo un’immigrazione imposta e indiscriminata volta ad arricchire pochi mentre rovina un Paese? Forza Nuova, e la Lega, fanno sembrare “buoni” coloro che attaccano: secondo il solito copione, la ”sinistra” può gridare “fascisti” mentre serve le volontà antidemocratiche del liberismo. Manca un’opposizione autenticamente popolare e progressista all’immigrazione forzata.

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@ mema. Un extra comunitario che si occupava di accoglienza ad altri extracomunitari mi ha raccontato di come il ministero dell’interno retto da Maroni fosse generoso e disponibile. E’ vero che ci mostrano sceneggiate mentre lavorano sottobanco in direzione contraria. Tu dici di non curarsi se la porta è aperta perché il problema è più complesso. Penso che la prima cosa sarebbe rendersi conto della gravità di quanto accade, e della falsità e pericolosità dei messaggi e degli insegnamenti diffusi dagli interessi rappresentati dai tre soggetti dei manifesti. Nel frattempo sarebbe meglio rimettere la porta, antichissimo manufatto umano, sui suoi cardini, e usarla.

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3 maggio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Mascia “Migranti, dieci bufale che alimentano il razzismo – I”

“Gli scopritori, gli emigrati, gli avventurieri italiani, più o meno, furono costretti a rinunziar al proprio Paese per poter vivere, per poter operare, e finirono per dare ricchezza potenza e fama ad altri popoli.” (G. Prezzolini, 1948). Sì, accettiamolo questo paragone tra l’attuale immigrazione forzosa degli extracomunitari e la passata emigrazione forzosa degli italiani. Allora gli italiani furono cacciati dalla propria casa, impoverendo il Paese delle energie migliori; oggi gli italiani devono subire che la propria casa divenga luogo pubblico, terreno di transito o di accampamento per flussi indiscriminati. Il moto relativo è simile, e anche gli effetti negativi hanno aspetti in comune. Oggi come ieri, gli italiani sono sacrificati in funzione di grandi interessi economici. E’ vero: sfruttati e venduti allora, sfruttati e venduti oggi.

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6 maggio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Mascia “Migranti, dieci bufale che alimentano il razzismo – II”

L’argomento per il quale bisogna favorire l’immigrazione perché prima erano gli italiani ad emigrare è del genere “testa perdi tu croce vinco io”. Siccome prima (ma anche oggi) italiani venivano costretti a dover lasciare la propria terra, allora è giusto che oggi gli italiani subiscano l’occupazione forzosa della propria terra da parte di stranieri.

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21 giugno 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Casolari “Immigrazione: essere altruisti o egoisti?”

Colpisce che sia chi sta bene, alte cariche dello Stato, preti, opinionisti, privilegiati vari a predicare il dovere di fare spazio agli stranieri. Oggi anche Giorgio Armani, il milionario maestro del lusso e del superfluo, a un defilè ha esortato ad accogliere gli immigrati. Sono “i fissi”, coloro che i loro interessi se li sanno vedere bene, a fare gli “altruisti” sull’immigrazione forzosa. Lasciando ai fessi il ruolo di razzisti ignoranti, oltre che il danno.

Mente chi sostiene che sia dettata dall’etica e non dall’interesse dei potenti questa immigrazione forzosa, che deriva non da un sentimento di solidarietà ma da un calcolo cinico sulla nostra pelle e su quella delle popolazioni di provenienza. Un’altra mascalzonata che scompagina il nostro tessuto sociale mentre lascia indisturbato lo sfruttamento e l’abbandono del Terzo Mondo.

E’ falsa e artificiosa l’etichettatura “altruisti o egoisti”. Da un lato, ai “babilonisti” dell’immigrazione imposta non vanno riconosciuti meriti morali, ma gravi responsabilità. Dall’altro, le persone comuni non devono cadere nella trappola dei doppiogiochisti leghisti, e degli altri fascistoidi, accettando temi di sapore razzista; ma devono sostenere con principi di civiltà le loro ragioni e i loro diritti, che sono le ragioni e i diritti comuni a tutti gli oppressi, di entrambe le sponde del Mediterraneo.

@ Sonostufo54. “Ad agire coi cosidetti principi di civiltà” si ottiene che si resta umani, e non si diviene delle bestie, che è ciò che vogliono farci diventare, sia stipandoci come polli in batteria tra sconosciuti, sia aizzandoci gli uni contro gli altri.

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17 luglio 2015

Blog de il Fatto

Commento al post di F. Vespignani e E. Farneti “Crisi demografica: il contributo degli stranieri alla sopravvivenza del Paese – Seconda Parte”

Eppure, a giudicare dalle conclusioni arbitrarie e tendenziose che traggono dai dati, da noi certe madri sono sempre incinte …

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18 luglio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti: il ‘clandestino’ come capro espiatorio di tutti i mali”

In effetti gli immigrati possono essere usati, dagli stessi che ce li stanno imponendo a forza, per deviare il malcontento su un capro espiatorio, e per ottenere consenso sollecitando gli istinti peggiori. Possono essere usati per creare e fomentare il disordine e la divisione; con i quali imperare, predicando beffardi dall’alto dei loro privilegi il “volemose bene”. Coloro che commettono questa violenza dell’immigrazione forzosa nei nostri confronti lo fanno per un calcolo a loro vantaggio, non per il bene degli africani e degli asiatici. Per loro possiamo andare in malora assieme, noi e i “poveri neri”. Chi comanda sta favorendo l’opposizione dei sobillatori di odio e dei fascisti; e non gli spiacerebbe forse, esperto com’è nell’uso dell’estremismo, un qualche gesto grave, per gridare al razzismo e ai pogrom e proseguire quindi rafforzato nel minare il tessuto sociale di un popolo pacifico. Motivi in più per contrastare questo disegno immorale, e farlo sempre con la massima civiltà.

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22 luglio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di V. Alessandro “Migranti: l’inconsistenza degli argomenti dei neorazzisti”

Mentre la Marina Militare italiana funziona al contrario, con le sue navi che come navi negriere sbarcano in Italia giovanotti in età da soldato a danno della popolazione, a ripetere l’accusa di razzismo verso chi si oppone si aggiunge Vittorio Alessandro. Contrammiraglio in pensione e presidente del Parco delle Cinque terre. Che dire. Il libro di A. Trizzino che illustra i tradimenti e i disastri dei capi della nostra MM durante l’ultima guerra si intitola “Navi e poltrone”.

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30 agosto 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di F.A. Grana “Papa Francesco: “Le morti dei migranti sono crimini che offendono l’umanità” “

Verissimo che le morti dei migranti nei viaggi di entrata sono crimini contro l’umanità. E come tali andrebbero perseguiti. Ma la responsabilità di questi crimini non è delle popolazioni, come la nostra, alle quali l’immigrazione forzosa viene fatta subire. E’ dei poteri che impongono il travaso di masse di persone, e che, come al tempo delle navi negriere, non si curano di perdere nel viaggio parte della loro merce, che è sovrabbondante. Anzi, usano tali stragi per esercitare ricatti morali, applicando quello che potrebbe essere detto “l’argomento del negriero”: “se non collaborate allo sversamento di masse di stranieri nel vostro popolo siete responsabili della loro morte”.
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24 settembre 2015

Blog di Aldo Giannuli

Comment al post “L’esodo dei profughi e la vendetta della storia. Quando gli storici non fanno il loro mestiere.”

Nel 1963 la costruzione di una diga che bloccava la valle del Vajont diede luogo a un bacino artificiale. Ciò causò in breve tempo una frana di un fianco della valle, il monte “Toc” (che in dialetto locale vuol dire “marcio”). La frana precipitando nel bacino provocò una gigantesca ondata che piombò sui paesi sottostanti. Una catena di eventi descrivibile con le leggi della fisica. Analogamente, l’ondata dei profughi che si abbatte sull’Europa, provocata dalle guerre alimentate dall’Occidente, è spiegabile con le “leggi” della storia, ci spiega il professor Giannuli. Da un lato, è vero che abbiamo continuato a pensare al campionato di calcio, agli smartphone, e i più frivoli ai bisticci dei politici, mentre la potenza delle nostre nazioni veniva usata per seminare morte e distruzione in paesi lontani. Ma non si dovrebbero separare le responsabilità e dire qualcosina sugli ingegneri di questo disastro (e di quella che appare essere la sua pianificazione), anziché concludere “questo disastro lo abbiamo costruito noi” e ora ci “sta arrivando il conto” ?. Altrimenti va a finire che la colpa dei vari Vajont è dei cittadini dei vari Longarone che non sanno la fisica o la storia.
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4 ottobre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post “Lampedusa ricorda la strage di migranti del 2013. Mattarella: “La nostra coscienza s’interroghi sul dolore dei profughi”

La coscienza a spicchio

“La nostra coscienza continua a sentirsi interrogata dal dolore dei profughi”. La nostra coscienza dovrebbe sentirsi interrogata, ancora prima, dal dolore di coloro che tra i civili sono sopravvissuti ai bombardamenti imperialisti di ministri della difesa come lo stesso Mattarella; dal dolore dei tanti che restano nelle nazioni invase e sconvolte; dopo, dal dolore di quelli che vengono così scacciati dalle loro terre. E poi anche dal dolore dei comuni cittadini europei, e italiani, che vengono obbligati a ricevere l’ondata di profughi che gli stessi che ci fanno la predica hanno provocato; un’invasione che aumenterà ulteriormente la densità numerica della popolazione ma renderà il tessuto sociale ancora più rado e liso. La nostra coscienza non dovrebbe sentirsi interrogata dal “dolore” di chi viene qui a cercare fortuna, a nostro danno, approfittando delle porte spalancate dai politici su ordine dei poteri forti. La coscienza a spicchio, che ha percezione solo dello spicchio di dolore che fa comodo al padrone, è una coscienza addomesticata; una coscienza che quando non è bendata ha i paraocchi dell’animale da tiro; una coscienza serva anziché padrona.

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8 gennaio 2016

Blog de Il Fatto

Commento a post di F. Gervasoni “Pontoglio, cartelli anti islam nel “paese a cultura occidentale”. Prefetto chiede rimozione”

Se ad occuparsene sono prefettura e Digos di Brescia si può stare tranquilli. Come da ordini, ribadiranno, preservandoli da pericolose deviazioni, i termini della questione dell’immigrazione forzosa, che devono rimanere quelli della ipocrisia buonista contro l’ignoranza leghista.

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27 marzo 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Napoleoni “Terrorismo, Israele può insegnarci come proteggere gli obiettivi sensibili”

Non è che con questi attentati stanno “israelizzando” l’Europa, cioè stanno facendo dell’Europa una terra che condivida con Israele un grosso problema di sicurezza da nemici arabi?

Cristina Cappugi: Sono convinta che lei abbia centrato! Si riempie l’Europa di profughi di fede islamica e contemporaneamente si creano occasioni gravissime di odio verso di loro, tutto questo è pianificato

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11 aprile 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Terrorismo, Franco Roberti: “In carcere 500 minori a rischio Jihad. Garantire diritti o saremo come Belgio e Francia” “

Osservando il libero corso di reati istituzionali di stampo mafioso a favore di grandi intessi privati in giurisdizioni di direzioni distrettuali antimafia, questa metamorfosi della Procura antimafia in antiterrorismo islamico e in patrocinio degli interessi degli stranieri forzosamente immessi nel Paese rafforza l’impressione che l’antimafia serva non a debellare, ma a gestire minacce che vengono mantenute e alimentate apposta per meglio sfruttarci e tenerci sottomessi.

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9 maggio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti, la Cei a Renzi: “Valutare i permessi di soggiorno umanitari: 40mila invisibili sfruttati in Italia” “

Aveva ragione Primo Levi: anche nella sventura ci sono i sommersi e i salvati. Ma quelli che il clero fa passare per sommersi sono in realtà i salvati, inoculati coattivamente nelle nostre società per un cinico disegno. I sommersi, assenti nei discorsi da piazzisti sulle asserite motivazioni “etiche” di queste deportazioni inverse, sono le moltitudini lasciate nei paesi di provenienza, a morire di fame, e di sfruttamento occidentale, o sotto le bombe. In questa etica appiccicaticcia gli esclusi, i dannati, divengono persone solo quando sono in movimento, “migranti”, e diretti qui. Chi resta fermo nelle sue terre o va nella direzione non desiderata non esiste. Così finiscono tra i sommersi anche gli italiani svantaggiati, che vengono ancor più messi ai margini per fare spazio a questa tratta delle popolazioni.

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29 maggio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di Ordine degli psicologi del Lazio – P. Stampa “Migranti, ‘Sindrome dell’assedio’: di chi abbiamo davvero paura?”

Ieri gli annegati dei barconi, prevedibili, per indurre a pietà. Oggi l’Ordine degli psicologi del Lazio che tramite il suo vicepresidente pubblicamente interpreta la contrarietà politica all’immigrazione forzosa come manifestazione di disturbi psicologici. In entrambi i casi, in un Paese serio dovrebbe intervenire la magistratura per verificare se non siano stati commessi reati e lesi i diritti dei cittadini. Comunque, è possibile interpretare in termini di distorsione psicologica anche questo entusiasmo per l’immigrazione forzosa. Ne “Io minimo “ C. Lasch spiega come sia “la confusione tra sé e non-sé – non “l’egoismo” – che distingue il fidanzamento di Narciso [con sé stesso]. L’Io minimo o narcisista è soprattutto un sé incerto dei suoi confini, che brama … di fondersi col resto del mondo in un’unione beata. “. Il narcisismo, disturbo della personalità conforme ai tempi, che facilita il successo mondano, spiega anche questa polarizzazione per la quale chi è in posizione di potere tende ad appoggiare l’immigrazione forzosa, mentre i danni di questa imposizione sono ben visibili a chi non vive nel privilegio.

@ Livio Sorros. Secondo un parere che porta la dicitura e il logo “Ordine psicologi Lazio – Ordine professionale”, chi teme conseguenze negative dell’immigrazione forzosa potrebbe essere classificato come psicologicamente squilibrato. Sarebbe pure un “difensore della razza” secondo un estimatore di tanta scienza, che lucidamente aggiunge che gli ”incroci” con gli africani eviteranno il pericolo di estinzione, anche culturale, della popolazione italiana. Sotto il fascismo alcuni scienziati – del genere di quelli che “si prostituiscono al potere e ne avallano tutte le abiezioni” (Pareto) – diedero un supporto “scientifico” alle leggi razziali, firmando il manifesto in “difesa della razza” con pseudo-teorie sulle “razze superiori “ e “inferiori”. Oggi un Ordine degli psicologi, ente pubblico posto sotto la vigilanza del ministero della giustizia, abborraccia impunemente una teoria “scientifica” sull’inferiorità psicologica di chi non è favorevole all’immigrazione forzosa.

@ Marochi. “Dimentichi” che i liberisti al potere vogliono frontiere chiuse per sé stessi e libero accesso per un paese debole come l’Italia. Debole anche perché vi si prostituiscono, magari sotto l’egida di una carica pubblica, quelli alla ricerca della ”doppia libidine”: servire il potere e apparire moralmente superiori. Come nel caso di chi accorre in soccorso alle politiche liberiste di immigrazione forzosa in Italia inventandosi argomenti pseudoumanitari e teorie pseudoscientifiche. E per di più intascando, meglio se senza fattura.

@ Livio Sorros. Chi autorizza lei e l’Ordine degli psicologi a dare dello xenofobo a chi è contrario all’immigrazione forzosa? Addirittura ponendo delle pseudodiagnosi professionali? Il ministro della giustizia Orlando, che dovrebbe vigilare sull’Ordine? E a paragonare ai difensori della razza chi si oppone a questi travasi di massa ? E’ lei che ha la coerenza di chi serve il potere, quella figura perenne che indifferentemente può appoggiare le leggi razziali di Mussolini come queste operazioni di liquefazione etnica. Senza uno straccio di argomento serio. Non le rispondo che tutti dobbiamo studiare; sia perché date le ridicolaggini che scrive non credo servirebbe; sia perché lei è già professore, di altra materia, nella quale contano la parlantina pronta, la noncuranza per il vero, un’assenza di remore nello spararle grosse sulla realtà materiale e sulle persone; mentre studiare e riflettere può essere controproducente.

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1 giugno 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Bagnoli “Migranti, da Mare Nostrum a Sophia (passando per il fallimento di Triton): così sono cambiate le missioni in mare”

Un tempo vi erano dei miserabili che mutilavano e storpiavano i bambini per renderli più efficaci come mendicanti, muovendo a pietà col loro aspetto. Ne “L’ opera da 3 soldi”, di Brecht, Geremia Delatore, che gestisce con la violenza il racket dei mendicanti, spiega a Sgranfigna l’arte di usare storie compassionevoli per “smuovere il buon cuore dei passanti”: “sfornito di mezzi e abbandonato a me stesso… come il rottame di una nave in balia del mare”. Il naufragio è un’immagine potente.

Quali che siano le vere cifre della contabilità di morte qui presentata, appare che questi annegamenti, per la maggior parte evitabili dalla stessa macchina organizzativa che va a prendere i migranti e ce li porta in casa, abbiano la stessa radice, servendo a dare una giustificazione morale all’immigrazione forzosa; così che degli assassini, dei corruttori di popoli, sembrino angeli misericordiosi, e chi li critica mostri di malvagità. A questo punto sarebbe meno criminale e meno ipocrita imbarcarli direttamente sui moli africani o pagare loro voli charter. L’ideale sarebbero missioni dove sono i politici e gli altri che ci stanno facendo questo ad essere imbarcati a Trapani e sbarcati in Cirenaica.

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10 luglio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. A. Grana “Migranti, Francesco: “Il mio prossimo è anche chi ha fede e nazionalità diverse e che vogliono cacciare” “

Il prossimo non è solo chi è “prossimo”, cioè vicino, ma anche chi è distante. Questa è la copertura poetica. La realtà è che stanno facendo come il marito che picchia la moglie e fa il galante fuori.

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3 ottobre 2016

Blog  de Il Fatto

Commento al post di N. Carnimeo “Lampedusa, il ricordo della strage di migranti del 3 ottobre 2013: ‘La cittadinanza è universale’ “

Una farsa omicida. E’ palese che si vogliono trasferire masse di giovani africani in Italia. Se si facesse con ponti aerei o navali la violenza e il tradimento sarebbero pure palesi. Allora si inscena questo esodo con traversate in barcone, per coprire il servizio navetta della Marina militare. E si sfruttano i morti che ne conseguono per esercitare un ricatto morale. Le celebrazioni degli anniversari di naufragi, ora trasformati in “stragi”, servono a nascondere responsabilità e a inventare colpe da addossare agli italiani vittime di questa operazione; e ad apparire benefattori, quando derivano da un calcolo da negrieri. Se sono stragi, e in un certo senso lo sono, ne siete responsabili voi che gestite l’immigrazione forzosa, non noi. Smettetela di fare annegare la gente per procurarvi un alibi morale. E risparmiateci queste vostre squallide sviolinate e lezioni di umanità. Mostrate la verità, e portateli con trasporti regolari. Sarà meno infame di quello che state facendo.

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13 ottobre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Papa Francesco: “Non è cristiano chi difende Gesù e vuole cacciare i rifugiati. L’ipocrisia è il peccato più grave di tutti””

Da bambino, tanti anni fa, leggevo Famiglia Cristiana. Nelle prime pagine il direttore rispondeva a quesiti dei lettori. Mi colpì una sua risposta: “Nel Vangelo non c’è scritto di essere fessi”. Credo che nel Vangelo non ci sia scritto neppure di ascoltare chi ti vuole fare fesso in nome di Gesù.

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26 ottobre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di D: Marceddu “Gorino, il parroco: “Chi sono io per giudicare? Nessuno ha avvisato per tempo. Qui mancano i servizi””

Eh no. Comodo dissociarsi e atteggiarsi a mezzo difensore del gregge quando alla fine anche una popolazione molle come la nostra fa resistenza. Le solite doppiezze dei preti. I preti sono tra i principali promotori di questa invasione, e sono loro che anche sul territorio ne devono rispondere. E’ a loro, ai parroci come ai prelati, che si deve chiedere non un giudizio morale, ma conto e ragione degli sfaceli causati da questa manovra disumana travestita da atto umanitario.

@ Giovanni Cammarata. E’ lei che fa confusione tra il credere e non credere in Dio e le responsabilità umane di una questione terrena. Si può anche essere sinceri credenti e respingere gli inganni degli uomini con la tonaca. Lei si dice ateo, che sarebbe comunque irrilevante, ma mette di mezzo Dio nel difendere le evidenti complicità dei preti in un’operazione sporca. E’ un ateo SAM, “Sono Ateo Ma…” una frequente figura del marketing di questo pontificato.

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26 ottobre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Chiaramonte “Lettera agli abitanti di Gorino, con mia profonda vergogna”

Fare il tifo per l’immigrazione forzosa porta a un doppio vantaggio: servire il potere e allo stesso tempo apparire virtuosi e moralmente superiori. Paghi uno e prendi due. Un affare irresistibile al discount del pensiero unico liberista per quelli che non vogliono o non possono spendere molto.

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26 ottobre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti, il Papa: “Chiusura non è soluzione ma favorisce traffici criminali. Tutti siamo chiamati ad accogliere” “

Le migrazioni sono un fenomeno storico non nuovo ricorda Bergoglio. Anche le inondazioni a scopo bellico, le invasioni, le occupazioni, non sono una novità. L’immigrazione forzosa fatta subire a un popolo – il nostro – probabilmente avrà dei precedenti, e forse un nome specifico. In Unione Sovietica di spostavano etnie e gruppi sociali a piacimento. Nulla di nuovo sotto il sole, inclusa la benedizione dei papi alla violenza e al sopruso.

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1 novembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di N. Carnimeo “Minori non accompagnati: un bimbo migrante sta per affogare, lo salviamo o no?”

Segnalo l’articolo “Non sono poveri e non scappano dalla guerra né dalla fame”, che riporta un’intervista ad Anna Bono, docente di storia e istituzioni dell’Africa all’Università di Torino. Su Appello al Popolo, 29 ott 2016. Stiamo importando imboscati, più che bisognosi.

Gli annegamenti sono prevenibili, visto che la breve traversata è gestita e monitorata coi mezzi dello Stato. Gli annegati, quelli veri e quelli inventati, sono usati per fare figurare l’immigrazione forzosa come una questione di soccorso a dei naufraghi. I magistrati su queste morti annunciate guardano dall’altra parte. Quello che possiamo fare per salvare bambini dall’annegamento è riconoscere che sono usati come scudi umani dai sostenitori di questa violenza degli sbarchi camuffata da atto umanitario. Vanno salvati togliendoli di mano a chi come l’articolista li solleva e li tiene sospesi fuori bordo per ricattarci e fare arrivare altri finti profughi da mantenere.

@Vlad Tepes. Non conosco l’autrice, e non ho nulla a che spartire con fondamentalisti e fascisti. Qualcosa sul merito di ciò che questa esperta scrive? Qualche autore di quelli che hanno la sua approvazione che dimostra che dice il falso, che “accogliamo” secondo un criterio etico-razionale, cioè accogliamo quelli che ne hanno più bisogno? La piramide dell’età con la divisione per sesso degli immigrati, della popolazione italiana, delle popolazioni di provenienza, delle popolazioni bisognose? Sono calunnie di fasci e di fanatici che vi sia un forte eccesso di giovanotti da discoteca e una scarsità di soggetti fragili, di anziani, malati, sfollati da bombardamenti? Comunque Bergoglio è al servizio di Soros. Posso provarlo, applicando il suo schema logico: Bergoglio porta i calzini; chi lavora per Soros in genere non va in giro senza calzini. Se ne deduce infallibilmente che Bergoglio è al servizio di Soros. Purtroppo la burbanza di quelli come lei non si limita a questo modo di ragionare, che si chiama fallacia del medio non distribuito.

 @Vlad Tepes. Sono io che devo rimostrare sotto casa di Soros? Ma vada lei a prendere istruzioni. Cavolata per cavolata, perché non organizzate un sistema di scambi: per ogni 5 gagà neri che manteniamo uno come lei viene proscritto in Africa, a sfogare lì il suo spirito samaritano. Mediamente non ci perderemmo nello scambio; forse il livello umano del Paese migliorerebbe. Certo immettere in quel continente martoriato quelli del suo stampo sarebbe una vera crudeltà nei confronti delle popolazioni stanziali. E di tutto l’ecosistema. Fiutata la sua presenza gli elefanti si metterebbero a barrire scuotendo il capo; grandi mandrie di gnu si darebbero alla fuga.

 @Vlad Tepes. La Rochefoucauld osservava come è curioso che i preti mentre predicano la povertà accumulano grandi ricchezze. Analogamente, molti di quelli che predicano l’immigrazione forzosa in nome di principi umanitari sono facili al disprezzo e all’insulto verso chi critica i piani che servono. Probabilmente i due paradossi sono collegati, riguardando le stesse figure, e la differenza tra ciò che dicono e ciò che vogliono. Ma in fondo la mancanza di rispetto per chi non riconosce la asserita superiorità di certe carità pelose copre una mancanza di rispetto – non sempre immotivata – per sé stessi.

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2 novembre 2016

Blog de il Fatto

Commento al post “Papa Francesco: “Migranti, l’Europa non si deve spaventare. Ma i governanti abbiano prudenza per integrare bene””

Gli italiani non dovrebbero spaventarsi, ma preoccuparsi, e opporsi, come fanno gli altri europei. E’ da incoscienti non preoccuparsi di questa inoculazione di disordine, discriminazioni, ingiustizie, tensioni. Sostenuta dal clero tramite la grottesca deformazione dei principi cristiani a favore del disegno liberista, che non vuole comunità forti di cittadini, ma una poltiglia di sradicati da manipolare. A proposito dell’avvicinamento ai luterani, si può dire che la chiesa oggi vende indulgenze alla degenerazione dello spirito capitalista.

2 novembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti, Papa Francesco: “Europa non si spaventi. Disumano chiudere le porte””

E’ disumano ignorare i problemi dei popoli in difficoltà, derubarli, sfruttarli, bombardarli, fomentare guerre invece di aiutarli razionalmente in loco. Ma è pure scarsamente umano, è una caricatura ghignante della solidarietà, l’imporre porte aperte per masse di giovani bighelloni africani, spesso della classe media ci dicono gli esperti, lasciando nella disperazione chi dentro e fuori i confini ha veramente bisogno, e danneggiando le nostre strutture sociali, perché i vari potentati ne traggano profitto.

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7 novembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Politi “Migranti, la Chiesa può accogliere ma serve la Politica. Che latita”

L’affermazione che sarebbe la Chiesa ad “accogliere”, da “buon Samaritano” secondo Angelo Scola (CL…), ricorda quel tale che si presentò a casa di un conoscente sostenendo di avere fatto il voto di venire a mangiare gratis a casa sua per tre mesi, e di doverlo soddisfare avendo ricevuto la grazia implorata. Questa non è accoglienza, è introduzione forzosa di popolazioni straniere a vantaggio dei poteri parassitari e a danno del popolo.

8 novembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti, don Vigorelli: “O siete di Salvini o siete cristiani”. Il segretario del Carroccio: “Episodio vergognoso””

Un falso dilemma gesuitico. Se non siete per la cinica operazione di darwinismo sociale camuffata da pietà cristiana dei preti, allora siete per le sparate fascistoidi – e a salve – della Lega. Sullo scaffale dei pensieri precotti del supermarket mediatico stanno solo questi due prodotti, entrambi tossici.

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13 novembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Papa Francesco: “Inaccettabile scartare le persone”. Oggi chiudono le porte sante”

“Non puoi mangiare l’arancia e buttare via la buccia. Un uomo non è un pezzo di frutta” (Willy, il mediocre e disperato protagonista di “Morte di un commesso viaggiatore”). Che sia “inaccettabile scartare le persone” lo sappiamo. Ce lo ricordano mentre praticano una eugenetica politica, importando a forza e favorendo determinati tipi di persona – non le più svantaggiate – non per bontà ma perché più adatti come sudditi rispetto ai loro affari. Trattando così interi popoli come se fossero vari cumuli di frutta di loro proprietà, da selezionare, scegliendo e scartando, per riempire le cassette come gli conviene.

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16 novembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Don Ciotti contro l’Europa: “I muri non risolvono i problemi. Investimenti si fanno nella direzione giusta””

E’ deludente sentire il celebre prete antimafia parlare per slogan, e anzi ripetere gli slogan di Renzi. Ora c’è l’opposizione ai muri; a certi muri ovviamente, non ai loro, che anzi vengono rafforzati. Non più frontiere nè confini. Ma una posizione così radicale non dovrebbe essere definita, spiegata e argomentata? Quando a lanciare slogan contro i muri sono i preti dalle loro posizioni blindate, insieme ai liberi muratori renziani, con le loro imbarazzanti pretese di superiorità, e a coloro che lucrano sull’immigrazione forzosa (inclusi i mafiosi, che su questo stanno con don Ciotti) mi viene in mente Ezechiele. Non il profeta ma Ezechiele lupo, quello dei tre porcellini, che pure avrebbe condannato come atto di egoismo e slealtà l’uso della muratura.

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30 dicembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Sfregola “Pranzo gratis per i poveri? Sì, solo se italiani. Quando la carità è nazionalista”

Pittore ti voglio parlare
Mentre dipingi un altare.

Tra tanti angioletti neri
Metti anche un angioletto bianco.

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27 gennaio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Corlazzoli “Giorno della Memoria, Auschwitz raccontata dai 18enni: “Quei muri sono come quelli che si vogliono alzare oggi” “

Un paragone che dà del nazista sterminatore a chi è contrario all’immigrazione forzosa. Non rispettando così neppure le vittime di quella tragedia. I muratori razzisti che allora eressero i muri dei ghetti e dei lager per segregare coloro che consideravano inferiori sono piuttosto simili ai muratori autorazzisti che oggi vogliono abbattere ciò che abbiamo costruito per trasformare la società in un’immensa tendopoli, sovrastata dai castelli dei signori.

@ Grazia Rove. La carta che gli resta da giocare è quella pretesca del tentare di suscitare ad ogni costo, senza andare per il sottile, un senso di colpa, per quanto infondato, che faccia presa almeno sulla parte più suggestionabile dell’uditorio; con accuse grottesche e spudorate verso chi non accetta l’assurdo di un travaso dall’Africa all’Italia.

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27 gennaio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Giorno della Memoria, Auschwitz raccontata dai 18enni: “Quei muri sono come quelli che si vogliono alzare oggi””

E’ vero, come notò anche Benedetto Croce, che c’è una continuità tra le falsità del fascismo e quelle della Repubblica, a parole opposta al fascismo. A un magistrato che nel dopoguerra presiedeva la corte del processo ai fascisti della banda Koch un imputato ricordò che durante il Ventennio il giudice usava portare la camicia nera sotto la toga. I caporali che servono gli ebrei oggi che gli ebrei sono potenti e da oppressi sono divenuti oppressori, che ci vendono ai poteri forti, che spacciano gli attacchi etnocidi al proprio popolo per atti di civiltà, sono i discendenti morali dei caporali che tradirono i nostri concittadini ebrei quando questi erano in una condizione di debolezza.

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3 aprile 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di N. Carnimeo “L’Amerigo Vespucci torna in mare e sfida l’Atlantico”

La Marina militare, dopo la tragedia nascosta della 2° Guerra mondiale, del venire sconfitta senza aver potuto combattere, dei suoi uomini e delle navi in fondo al Mediterraneo per il tradimento dei vertici* vive l’umiliazione dell’essere strumento di invasione del Paese con il servizio passeggeri dall’Africa mascherato da missione umanitaria. Consoliamoci con la signora del mare dal motto virile: “Non chi comincia ma quel che persevera”.

*Trizzino A. Navi e poltrone. 1966.

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29 aprile 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Ruccia “Ong e migranti, l’ex giudice antimafia Di Lello: “Zuccaro? Battage pubblicitario fuori luogo sul niente””

Ho rispetto per il giudice Di Lello, e tendo ad adeguarmi a quanto afferma su questioni giudiziarie. Noi come cittadini, che non hanno né i poteri e gli strumenti né i vincoli dei PM, dovremmo fare la nostra parte nel cercare di definire ciò che accade. Es. osservare, indipendentemente da quanto afferma Zuccaro su intese e intrallazzi tra ONG e scafisti, la nascita di una superba invenzione: il naufragio deterministico. Non più il naufragio casuale, che non si sa se, dove e quando avrà luogo; ma il naufragio regolare, con il salvataggio come attività lavorativa quotidiana. E’ come se i Vigili del Fuoco ricevessero ogni fine mese il calendario, con la data e il luogo, degli incendi del mese successivo. Nella new economy, contro la quale quelli di Rifondazione a sentirli si stracciano le vesti, l’eroismo – questo genere di eroismo – è diventato una appetibile occupazione, grazie alla smisurata misericordia che unisce laici e cattolici.

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1 maggio 2017

Blog de  Il Fatto

Commento al post “Migranti, altro che morti in mare. La colpa è delle Ong cattive: parola di Luigi di Maio”

Pierberry: Lo si dice anche per il cancro…….

@ Pieberry: In effetti ci sono analogie e legami tra le due varietà di benefattori, e tra le due varietà di traghettamento di denaro del pubblico in tasche private: “Si vede che non solo gli antitumorali somministrati [costosissimi] sono stati uno spreco di risorse, ma anche che sono inefficaci e provocano tossicità non necessaria sui pazienti”. A. Aggarwal, autore del recente studio “Do patient access schemes for high-cost cancer drugs deliver value to society?—lessons from the NHS Cancer Drugs Fund”. Annals of Oncology, 2017. 0:13.

Pieberry: Ma vada a ….scopare il mare con una scopa di saggina!

@ Pieberry: E’ giusto che ci vada lei, che può camminare sulle acque, essendo di quelli cui la santità conferisce capacità sovrannaturali. Basta vedere come riuscite a moltiplicare le pagnotte e i branzini.

Pieberry: Signore perdonalo perchè non sa quello che dice.

@ Pieberry: Signore, le nostre colpe sono grandi, ma non ci meritavamo la confusione delle lingue e la dispersione dei popoli come per la Torre di Babele. Permettimi di farTi osservare che gli scellerati che lavorano per Babilonia, a nostre spese, sostengono di agire in Tuo nome. Potrebbe essere un caso di millantato credito: forse non Tu, ma qualche altro signore, gli ha dato “un assegno della sua presenza”.

Pieberry: A quanto ammontava l'”assegno”?

@ Pieberry: Mysterium fidei. Possiamo farcene un’idea considerando il giro d’affari (C. Marincola. Ecco i fondi per i migranti un miliardo va alla Chiesa. Il Messaggero, 28 aprile 2017), che porta ad escludere che il corrispettivo dei benefici ricevuti ammonti a soli 30 denari.

Pieberry: Quelli sono riservati ai traditori

@ Pieberry: E’ vero. Le maschere vuote, che recitano qualsiasi copione e non hanno rimorsi, si fanno pagare bene.

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9 maggio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti, Mattarella: “Solidarietà frenata da intolleranza e discriminazioni prima che da preoccupazioni per la sicurezza””

Chi è a capo dello Stato chiama “solidarietà” questo travaso imposto all’Italia, “ventre molle dell’Europa”, da forze che calpestano sia africani che italiani. Tra i sentimenti e le ragioni che le si oppongono ce ne sono anche di bassi e inaccettabili (che gruppi come la Lega si occupano di amplificare); ma ce ne sono di validi e lodevoli. Mentre tra ciò che anima questa “solidarietà” ci sono anche la viltà, il tradimento, la corruzione, il crimine.

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10 maggio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti, la procura di Trapani: “Indaghiamo su persone appartenenti alle Ong per immigrazione clandestina””

Preparando l’esame di medicina legale rimasi colpito dalla distinzione tra ubriachezza accidentale, motivo di non imputabilità, e ubriachezza preordinata per prepararsi una scusa volendo commettere un reato, aggravante. Se un ladro acrobata si lancia da un edificio e un acrobata complice lo acchiappa al volo impedendo che precipiti, e entrambi si introducono così nella banca, non è che il porteur non è imputabile. Il Procuratore “Cartosio ha fissato un principio”: se l’imbarcazione coi clandestini rischia di naufragare non c’è reato di favoreggiamento nel soccorrerli e portarli in Italia. Neppure da parte delle ONG che incrociano proprio allo scopo dichiarato di recuperare i previsti naufraghi. Il principio del procuratore è valido in caso di naufragio e soccorso autentici, eventi essenzialmente casuali, sporadici, non voluti e anzi scongiurati. Ma se si organizzano sistematicamente “naufragi” e “soccorsi”, per giustificare l’immigrazione clandestina, usando la vita degli imbarcati come arma di ricatto, salvati come è ovvio i passeggeri non si dovrebbe legittimare l’escamotage e favorire così un reato, coi suoi incidenti mortali, con un ragionamento giuridico. Si dovrebbero ritenere organizzatori ed esecutori responsabili in toto del traffico da costa a costa. Quindi anche della sicurezza; inclusi gli annegati, osservando che sono funzionali allo schema come giustificazione morale, e ora anche giuridica.

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17 maggio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti, Gratteri: “Al cara cibo insufficiente e soldi alla ‘ndrangheta. Cose veramente tristi””

Sono “cose veramente tristi”; tristi almeno cinque volte. 1) Tristi perché conseguenza di un’immigrazione forzosa che estende sfruttamento e degrado sociale all’Italia a favore degli stessi interessi che portano guerre e depredazioni nel mondo. Questo parassitismo primario è come un tronco dal quale si ramificano altre cose tristi: 2) Veniamo obbligati a fornire ogni giorno il cornetto col cappuccino e gli altri due pasti a schiere di giovanotti nullafacenti, scelti da chi ha imposto questa invasione, voltando le spalle a popoli martoriati e alla povertà e disoccupazione nostrane (parassitismo discriminatorio). 3) Si traveste una violenza epocale con nobili ideali, trascurando i ragionevoli doveri verso i popoli in loco e sostituendoli con una “accoglienza” deformata oltre il suo campo di applicabilità fino all’assurdo (misericordia simoniaca, che spaccia valori e principi come poteri magici benefici per poi lucrarci). 4) Al seguito dei grandi predatori pasteggiano le solite iene, mafiosi, politici, preti (parassitismo mafioso). 5) Ci si spella le mani nell’applaudire la retata, riconoscendo alle istituzioni che ci tradiscono legittimità in cambio del contentino di una puntata dell’eterna saga mafia-antimafia; illudendoci che l’accettata con la quale i CC e Gratteri hanno potato uno dei rami, finora lasciato prosperare, sia un colpo al tronco della malapianta, che invece viene protetta e curata.

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3 giugno 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. Trevisani ” “Fuocoammare” e remi, la preghiera laica di Sandro che sfida il Mediterraneo per ricordare i migranti morti in mare”

Tra le finalità degli omicidi e stragi ordinati da menti raffinatissime c’è anche quella del fornire ai governanti e al popolo una falsa coscienza negli anni a venire: dico che sono antimafia, espongo la gigantografia di Falcone e Borsellino, e questa copertura mi permette di favorire impunemente i laidi affari degli stessi poteri che vollero stragi e omicidi. Dico di battermi per la verità sulla Moby Prince e ora che gli stessi poteri che determinarono quella strage ordinano la violenza dell’immigrazione forzosa, li servo biascicando il rosario di “preghiere laiche” sugli annegamenti nel traffico di giovanotti del terzo mondo, ostentando un animo sensibile, mentre la durezza di cuore o lo scarso acume mi fanno tralasciare che quei morti sono sostanzialmente voluti perché facciano da lubrificante morale.

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13 luglio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Cei, Galantino risponde a Renzi: “Aiutarli a casa loro? Non basta. È un modo per scrollarsi di dosso le responsabilità””

L’imporre un’operazione di ingegneria etnica che ristruttura – malamente – la composizione della popolazione esorbita dai poteri costituzionali. Va considerato come un atto illegale e ostile verso il popolo italiano, da parte dei governanti e da parte di altre forze che li comandano come la CEI.

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20 luglio 2017

Blog de  Il Fatto

Commento al post “Migranti, Grasso: “Accogliere rifugiati non è atto di buon cuore ma dovere giuridico previsto dalla nostra Costituzione” “

Chissà quante volte Grasso quando si occupava di mafia ha sentito di estorsioni di pizzo presentate come dovere di solidarietà verso i carcerati, le loro famiglie, etc. Imporre col potere dello Stato un’operazione di ingegneria etnica, che altera radicalmente la composizione etnica della nazione e la struttura della società, non è un “accogliere rifugiati”. Non è un atto buon cuore. E’ un grave abuso del potere conferito dalla Costituzione.

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18 agosto 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Vaccini, il ministero: “Niente nido né materna per i bambini che non li fanno. Pagare la multa non basta” “

Secondo quanto riporta un prete, d. Marco Belleri, il decreto prevede che “sono tenuti alle vaccinazioni i bambini italiani e gli stranieri non accompagnati, ma non gli altri stranieri, che spesso nelle classi non sono pochi”. (Informare per resistere. Lettera straordinaria di un sacerdote contro le vaccinazioni obbligatorie. 2 agosto 2017). Qualcuno può confermare questa disparità di obbligo tra alunni e genitori italiani da un lato e alunni e genitori stranieri dall’altro?

@ servitore1267. Accettiamo per ipotesi la tesi dell’inderogabile necessità di ottenere un’immunità di gregge artificiale. Studi hanno evidenziato che se si permette che restino sottogruppi di non vaccinati l’ottenere un alto tasso vaccinale totale non impedisce il mantenimento di un potenziale epidemico. Esentando alcuni gruppi e obbligandone altri si otterrà un aumento dei danni iatrogeni e una persistenza delle malattie che si dice di volere combattere. La discriminazione tra bambini italiani e stranieri, la libertà di tutela sui figli lasciata ai genitori stranieri e tolta a quelli italiani, già in sé abnormi, mostrerebbero ancor più chiaramente la pretestuosità delle pezze giustificative fornite da medici, ricercatori e giuristi all’imposizione del governo, e il suo carattere mercenario e proditorio.

Nell’attuale medicina la libertà di scelta dei pazienti si traduce nella libertà di frodare da parte dell’Offerta. No alle frodi imposte, no alla libertà di frode, sì alla medicina onesta.

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24 novembre 2017

Blog de il Fatto

Commento al post “Migranti, Papa: “I politici che fomentano la paura seminano violenza razzista””

Gli stranieri alla ventura immessi a forza sono come le biglie di un mulino a biglie. Ad essere frantumata e macinata sarà la popolazione locale, togliendo legami comunitari, diritti, identità, ricchezza. La globalizzazione non vuole comunità forti, ma una massa di singoli deboli e incolori.

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6 dicembre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Giambartolomei “Bologna, sarà vietato concedere sale comunali a chi discrimina in base all’etnia, alla religione o al sesso”

Ci sono due modi di svilire l’umanità dei singoli e delle etnie. C’è quello fascista classico, per il quale ci sarebbero individui e “razze” superiori e inferiori. E quello globalista, che furtivamente sostituisce al principio di uguaglianza, al principio di pari dignità umana, quello apparentemente simile, ma opposto negli effetti, di interscambiabilità. Il principio che le persone e le etnie sono così uguali da essere interscambiabili. Per il principio di interscambiabilità lavoro, casa, spazi sociali, riconoscimento di cittadinanza, li possono avere l’individuo e il gruppo che li hanno costruiti, che ne sono tessuto costitutivo, come pure li può avere chiunque altro, venuto da qualunque posto. Secondo decisioni prese e imposte dall’alto. A chi si oppone all’ideologia dell’interscambiabilità globalista, e ai metodi coercitivi coi quali viene attuata, viene cucita addosso la stella nera del razzismo.

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31 dicembre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Zanfino “Si gela, italiani e migranti assieme occupano hotel nel centro di Cosenza. “Il Comune? Quest’anno nemmeno i container””

Ezechiele lupo non vuole che i 3 porcellini abitino ciascuno in una casa in muratura. Così di porcellini ne fa arrivare altri 3, sullo stesso appezzamento e quindi per gli stessi mezzi di sostentamento, in modo che finiscano tutti e 6 in baracche e capanne. Quando penso al genere di società per la quale il clero e i suoi accoliti stanno spingendo, e alle pressioni per regalare agli immigrati il denaro ottenuto spremendo i piccoli proprietari di case, o per regalargli direttamente le case permettendo occupazioni, mentre il primo padrone di immobili, il clero, gode di lauti privilegi fiscali, mi viene in mente il palazzo vescovile di Noto, che torreggiava accanto alla cattedrale superbo in mezzo alla miseria e alla disperazione narrata da Verga nei suoi racconti. Sarà contenta la curia di Cosenza, che vede le prime avvisaglie del degrado, del livellamento verso la povertà, dell’arbitrio che si fa legge, che stanno venendo perseguiti tramite l’immigrazione forzosa e l’uso anticristiano di princìpi morali cristiani.

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2 gennaio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Ius Soli, padre congolese e cuore italiano. Nelson: “Sono nato qui e parlo calabrese ma devo giocare da extracomunitario””

In Calabria c’è un’altissima disoccupazione giovanile di calabro-calabresi che provoca squilibri sociali, causa tanti drammi silenziosi, mantiene la regione nell’arretratezza, favorisce la sempre additata ma mai veramente combattuta ndrangheta. Articoli giornalistici come questo sulla toccante e drammatica storia del bambino calciatore congo-calabrese “discriminato” perché non gli è stata ancora recapitata la cittadinanza italiana sono “articoli brioches”. Invitano chi non ha pane a mangiare brioches, spiegando quanto sono buone e come sia da poveracci privarsene.

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4 febbraio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Sofia “Macerata, Grasso: “Se fomenti il razzismo, uno che spara lo trovi. Solidarietà Forza nuova? Oltre ogni limite””

L’opposizione è di massa, e gli italiani nel complesso non hanno tra i loro peccati quello di sentirsi un popolo superiore. Per molti, l’opposizione non è dovuta, come sostiene Grasso, al colore della pelle, che anzi rassicura e placa. Se fossero scandinavi i tanti che bighellonano a nostre spese per strada, questa violenza imposta dal potere apparirebbe più netta, e l’opposizione sarebbe uguale, o forse più netta e forte, libera dall’equivoco razziale. “Uno che spara lo trovi”. Le parole del titolo attribuite a Grasso andrebbero lette come un’ammissione. I politici sanno come falsare i termini, fomentando la feccia. “So dunque che gli uomini al potere continueranno a organizzare altri assassini e altre stragi, e quindi a inventare i sicari fascisti: creando cosi una tensione antifascista per rifarsi una verginità antifascista e per rubare ai ladri i loro voti; ma, nel tempo stesso, mantenendo l’impunità delle bande fasciste che essi, se volessero, liquiderebbero in un giorno.” (Pasolini, 1975). Oggi un Traini cade come il cacio sui maccheroni per fare passare per civiltà il fascismo globalista dell’immigrazione forzosa, e per dare del razzista a chiunque si opponga a questo moderno cugino del razzismo, sul quale i Grasso e le Boldrini basano le loro tristi fortune.

@ Guido Guber. A proposito di “fornire la pistola”, com’è che a un borderline esaltato, a un disoccupato che ha dato segni di squilibrio comportamentale, a uno con un tatuaggio nazistoide sulla faccia, è stata lasciata una Glock? La “Magistratura” “ritiene” di indagare anche su questo aspetto? Traini è un fascista, e i fascisti non solo sono violenti, ma, quel che forse è perfino peggio, sono gregari. Com’è, come non è, il “cane sciolto” ha fatto come al solito quello che voleva il potere. In modo da permettere a quelli come te di accusare di appoggio al fascismo quelli come me (e con noi Pasolini). Così non si parla del nocciolo della questione: lo scafismo. Per il quale chi sale su un barcone acquista uno status speciale che impone attenzioni e cure particolari, a scapito delle moltitudini sfruttate e oppresse che si lascia dietro, e a scapito delle popolazioni costrette a fargli spazio e mantenerlo. Lo scafismo appartiene alla stessa famiglia del razzismo. Il razzismo sostiene che ci sono, costituzionalmente, gruppi umani superiori e inferiori, da ordinare gerarchicamente; lo scafismo predica non l’uguaglianza, ma l’interscambiabilità, un’altra aberrazione, per la quale il posto su questa terra di qualunque persona comune può essere concesso a piacimento dal potere a chiunque altro, in modo da ottenere una configurazione etnica conforme a un disegno imposto dall’alto. Quest’altra violazione dei diritti umani la state facendo passare per “civiltà”.

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5 febbraio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. Foschi “Cosè il razzismo oggi”

Il citato libro di Cuomo rivela adesioni interessanti alla giustificazione delle leggi razziali del 1938. Quelle di Agostino Gemelli (simpatico ai nazisti e definito “uomo nostro” da Farinacci) e di Amintore Fanfani. L’appoggio dei gesuiti. Il supporto volontario, con pubblicazione di articoli pro razzismo, di alti magistrati. Uno di loro, Azzariti, poi divenne il primo presidente della Corte Costituzionale. Un altro, La Torre, passò a presiedere un’emanazione del Consiglio di Stato per l’epurazione di quanti erano compromessi col regime e i nazisti. Le razze umane biologiche sono state un pretesto per ordinare con la forza varie etnie, imponendo una gerarchia. Oggi il pretesto della lotta al razzismo serve ad uno scopo analogo, disporre con la forza gruppi di varie etnie secondo un disegno deciso dall’alto. Il libro di Cuomo sulla costruzione artificiale di una teoria razzista ad hoc aiuta a capire come oggi la dirigenza intellettuale si allinei nell’accomunare a quelli che aprirono la strada che portò ai vagoni piombati coloro che sono contrari all’immigrazione forzosa; e si sbracci per spacciare per atto umanitario un’operazione, oggi come allora imposta dall’alto, che andrebbe riconosciuta come affine al razzismo nella sua pretesa di ridistribuire etnie sulle terre emerse. Il razzismo vede gli esseri umani come animali; lo “scafismo” odierno, come biglie che possono essere travasate e miscelate a piacimento da chi comanda.

@ mariano54. Tu dici che è eccessivo pensare a un’isoletta sperduta nel Pacifico, dove in un antro accessibile solo con mezzi subacquei degli incappucciati decidono le sorti del mondo. Sono d’accordo, e forse per spiegare “il fenomeno” bisognerebbe partire dal versante opposto, quello degli italiani, che lungi dall’essere una razza eletta sono così molli che basta fare balenare accuse imbastite alla bell’e meglio di non volere bene ai nostri fratelli con la pelle scura, o con la pelle chiara degli slavi, di essere dei deportatori razzisti, o dei complottisti dietrologi, per poterli riempire di stranieri selezionati dimmi tu con quale criterio e da chi.

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20 febbraio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Sansa “Il grande male dell’Italia sono gli immigrati”

Insomma il gran male d’Italia sono gli italiani comuni. Ed è vero; perché consentono che l’Italia, che ha i numeri per essere un paese prospero e civile, venga venduta, proseguendo l’antica tradizione clericale, a poteri forti da una classe dirigente corrotta o inetta. L’immigrazione forzosa è solo un aspetto di questa svendita; non il più importante, ma il più vistoso. Forse è l’unico segno diretto visibile ai più del tradimento generale della classe dirigente, tradimento che gli italiani colpevolmente permettono, accettando mascalzoni e imbonitori invece di non tollerare capi che non siano moralmente degni e capaci. Con l’immigrazione forzosa è palese che del destino degli italiani ai burbanzosi yes men importi poco; da qui da un lato la disapprovazione del popolo a questo atto di violenza mascherato da filantropia – disapprovazione strumentalizzata e ricondotta all’ovile – e dall’altro il dispetto e gli insulti della classe privilegiata, che non comprende perché se gli italiani accettano di essere venduti alle banche, alle multinazionali, alle finanziarie, a paesi più forti, debbano fare tante storie se viene venduto, prelevando ancora qualcosa dalle loro tasche, anche qualche pezzo delle strutture culturali e sociali che distinguono una comunità da un volgo disperso.

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27 febbraio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Profughi, corridoio umanitario con l’8xmille. Bambini a Fiumicino, Galantino ai “politici sciacalli”: “Guardateli negli occhi””

Galantino è uno che quando parla a quelli che considera ”il gregge” tende a non distinguere. Nel 2017 ci ha detto che non c’è differenza tra i profughi di guerra e i migranti economici. Distinguere tra chi fugge dai massacri e chi viene qui perché vuole il televisore a schermo gigante per il monsignore è come fare la distinzione tra “morire impiccato e la sedia elettrica”. Ha usato una stessa parola, sfruttandone la polisemia, chiamando nello stesso discorso “disgraziata” Pamela Mastropietro e “disgraziato” il nigeriano che a Macerata l’ha uccisa e depezzata. Ora non distingue tra bambini e cagnolini. Dice severo “guardateli negli occhi” come la signora chiede “non è carino?” del suo Fuffi o come la gattara tratta come suoi figli i tanti micini. La signora e la gattara hanno ritagliato un loro micro-mondo da coltivare riversandovi amore. Disinteressandosi del pianeta vero, che resta all’esterno. Ma chi dice di volere fare il bene non può coltivare bonsai: deve guardare “Il mondo grande e terribile” (Gramsci). I bambini si deve cercare di salvarli tutti, in loco, con azioni politiche; non solo la parte infinitesima portata qui per esibirla in spot dolciastri per meglio accollarci una massa di gente scelta con criteri non umanitari ma di tornaconto. Un uso dei bambini “callous” e stucchevole; e stomachevole se si pensa alla sorte che le stesse forze servite dal clero che impongono a noi l’immigrazione forzosa decretano per i tanti bambini sotto le bombe o alla fame.

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25 aprile 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Alfie Evans, il giudice “Sta morendo” e il padre minaccia causa a tre medici per omicidio dopo aver chiesto la grazia” poi cambiato in “Alfie Evans, la Corte d’Appello boccia l’ultimo ricorso: “No al trasferimento in Italia””

@ Seggio. La mia “onestà intellettuale” non è sottoposta al tuo giudizio. Ti rispondo però, perché il tuo accostamento con l’immigrazione forzosa non è irrilevante, anzi. Si possono applicare proprio categorie simili, come dici. In entrambi i casi si stravolgono principi buoni ed elevati nel loro corrispondente infero. Corruptio optimi pessima. Io sono contro la liberalizzazione dell’eutanasia, che è coerente, e non contraria, alle cure a oltranza, entrambe favorendo il fare soldi. Come scrissi anni fa, sarei favorevole a che una quota del PIL venisse destinata in aiuti seri in loco ai popoli in difficoltà. L’immigrazione forzosa, gli sradicamenti e la cancellazione delle identità, il mescolare umani come biglie, invece è una violenza che non aiuta i popoli, ma globalmente li danneggia. Proprio come questo caso, si avvale di un’aneddotica che stimola il ragionamento egocentrico, e nega l’approccio razionale al quadro complessivo, per cui contano solo quelli sotto i riflettori, quelli dei barconi. Cristo comincia a Sabratha ? Proprio come questo caso usa, con gli annegati, la morte e il dolore come lubrificante per operazioni immorali.

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11 giugno 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Aquarius, il sindaco Orlando: “Criminale nazista chi non capisce che c’è una sola razza. Salvini ministro scimunito””

L’anarcocapitalismo, che impone l’immigrazione forzosa urlando “nazista” a chi non applaude questa violenza, è allo stesso livello del razzismo. L’anarcocapitalismo, che gesuiticamente Orlando tinteggia con una mano del bianco avanzato dagli altri sepolcri clericali, va riconosciuto tra le ideologie estremiste e pericolose in grado di generare crimini contro l’umanità.

Commento al post di A. Caporale “Aquarius, se sulla nave ci fossero i gattini”

Ho usato anch’io questo paragone tra persone e gatti, ma in termini diversi. Sì, è l’etica della gattara ridurre il problema di chi soffre in paesi lontani a quello della infinitesima parte di relativamente privilegiati che sono stati messi su una nave. Come la gattara vede solo i suoi gatti, e del resto del mondo non le importa, per i pro immigrazione sorosiana Cristo parte dal canale di Sicilia, e si limita agli imbarcati mostrati dai media. Tanto trasporto samaritano, da persone che a differenza delle gattare sono ben sistemate, ma puntiforme; focalizzato dove il potere ordina si focalizzi; e dove quindi la sua esibizione può dare vantaggi. Carità acquatica. Non c’è il Terzo mondo, non ci sono i paesi martoriati dalla guerra, non c’è la sofferenza domestica in Italia, non c’è l’imperativo etico dell’efficienza nel dare gli aiuti possibili e nel non creare nuovi mali e nuove ingiustizie. E’ una visione fortemente egocentrica delle responsabilità verso il prossimo. Una vernice moralistica che rende più disgustoso questo cinico disegno di sradicamento loro e nostro.

12 giugno 2018

Commento al post di G. Petrobelli ““Da tre anni ospito migranti a casa mia a Treviso. Se non accogliamo, torniamo alla barbarie””

Se non manteniamo i baldi giovanotti che la Marina militare e le organizzazioni finanziate da privati scaricano incessantemente sul nostro territorio siamo dei barbari. Un esempio di ciarlataneria morale. Premiata. Il professore chiede che “suonino le trombe” per il suo grande gesto (prestare alcune stanze che aveva vuote; accollando il resto dei costi di mantenimento a noi). Ma i suoi “segnali” stanno alla civiltà come le vuvuzela stanno alle chiarine d’argento.

14 giugno 2018

Commento al post “Migranti, Papa Francesco: “Sono persone, non numeri. Bisogna cambiare mentalità, l’altro non è una minaccia””

Non sono numeri. I numeri sono quelli a molte cifre dei soldi ottenuti a danno delle persone comuni gestendo questa tratta e questa invasione. Sono persone. E anche noi lo siamo. Siamo tutti persone, noi e loro, e non bestiame. Non siamo mandrie che possono essere spostate e ammassate a piacimento dagli avidi cowboy dell’anarcocapitalismo, che usano le terre di chi vi è nato e vi abita come loro carri bestiame, nei quali stipare persone come a loro conviene.

20 giugno 2018

Commento al post “Giornata mondiale rifugiato, Mattarella: ‘Italia contribuisce a dovere accoglienza. Ue unita gestisca l’emergenza’ “

Questo spalancare le porte ai più bramosi è il contrario del soccorrere oppressi, profughi e perseguitati. L’esortare a subire un grave sopruso presentandolo come un dovere richiama la peggiore Sicilia, e la peggiore Italia.

Commento al post “Papa: “I populisti creano la psicosi sull’immigrazione. Paura non impedisca di accogliere il prossimo””

Come distinguere la carità vera dalla carità pelosa? Un indice dell’uso strumentale, o immorale, dell’etica è la presenza di efficienze divergenti. Fare entrare liberamente quelli più svelti, o quelli scelti da chi comanda tutta l’operazione, è un modo molto inefficiente di aiutare il prossimo. Non si aiutano i più bisognosi e si crea danno a chi è obbligato ad “accogliere”. E’ invece un modo efficiente di creare degrado, tensioni e discordia per trarne potere e denaro, riportando indietro la società verso i tempi d’oro del papato.

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4 luglio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Papa a messa per migranti: “Silenzi complici su ingiustizie”. Ai volontari ong: “Grazie a chi salva vite senza chiedere niente””

Quello del buon samaritano fu un soccorso casuale dopo un’aggressione casuale. Il soccorso samaritano quotidiano e all’ora convenuta è un’anomalia. Se inoltre il samaritano deruba altri per mantenere l’aggredito occorre chiedersi se egli non sia una varietà camuffata di brigante di strada. Ci sono atti che vengono presentati come altruistici mentre sono per tornaconto; e nascondono la creazione di esternalità negative, cioè scaricano danni su terzi. Es. è descritto come le case farmaceutiche facendo approvare farmaci non ben testati con la scusa dell’aiuto ai malati scarichino sulla collettività costi di ricerca e rischi alla salute da effetti avversi. Le operazioni “Amaro Montenegro” di salvataggio in mare usurpano la parabola del samaritano sia perché sono deterministiche, sia perché scaricano pesanti esternalità negative sulle persone comuni, che il papa e gli altri privilegiati additano come persone cattive. E’ vero che c’è un silenzio su ingiustizie: quello sulle esternalità negative da parte di chi si autoelogia mentre fa il samaritano su appuntamento e di mano lunga. E’ inquietante come in questo quadro gli annegati vadano a fornire un alibi. In questo papato il clero pratica la tecnica dell’atto presentato come santo che nasconde l’ottenimento di vantaggi indebiti e scarica pesanti esternalità negative; sia nel caso dei migranti, sia con complicità in campo farmaceutico. Sembra che il Vangelo venga svenduto come fonte di slogan per arricchirsi.

@ Petti rosso. A giudicare dal trattamento che continuo a ricevere dai prefetti e da ceffi con la divisa dello Stato, su temi come frodi mediche istituzionalizzate, immigrazione forzosa, affari sporchi del clero il vangelo e il rosario del ministro degli interni Salvini sono molto più vicini a quelli di Bergoglio di quanto la sceneggiata pubblica faccia apparire.

@ Simone Tribbioli. Il Vangelo è stato sempre usato per fargli dire ciò che conveniva; soprattutto, come qui, per scavalcare e sovvertire il senso di giustizia naturale. La ierotecnica, lo sfruttamento a fini materiali del religioso, che oggi fa del Vangelo un repertorio di slogan di marketing, è l’opposto della religiosità. E offende la religiosità naturale di tutti.

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9 luglio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Giambartolomei “Xenofobia e reati d’odio, la Procura di Torino: priorità ai fascicoli, pool di pm ad hoc e no archiviazione facili”

La parte buona, da accettare senza riserve, del pronunciamento del procuratore Spataro è data dal suo dissuadere dal commettere reati e atti incivili verso gli immigrati. Trascendere, abbandonarsi a scorrettezze (come fanno anche gli immigrati; a volte usati come provocatori e stalker dalla polizia, posso testimoniare) sarebbe un degradarsi. E anche un auto-sconfiggersi, cadendo in una trappola; si può temere che a sostegno dei diktat e degli insulti pro sbarchi compaiano delitti di utili idioti verso gli occupanti, come già accaduto a Macerata. La parte cattiva è l’appoggio politico del magistrato agli sbarchi decisi da chi manovra il traffico, cioè a una violenza contro il popolo, i cui mandanti ultimi appaiono essere gli stessi poteri che ci hanno dato – con la complicità dello Stato – la stagione del terrorismo e la mafia perenne. in Italia il servizio giustizia non funziona e a volte funziona a rovescio; ma la magistratura si sveglia, dispiega una voce chiara e forte e dà “lezioni di civiltà giuridica “ agli altri paesi quando c’è da legare il cavallo dove vuole il padrone a danno del popolo. A Lecco un magistrato ha disposto che gli appartamenti pignorati agli italiani morosi fossero assegnati a richiedenti asilo. Chissà se un giorno gli italiani si accorgeranno da che parte stanno regolarmente i magistrati quando il tallone di ferro dei poteri forti preme sui cittadini.

12 luglio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Giambartolomei “Migranti, il pg di Torino Saluzzo “difende” il procuratore Spataro: “Critiche violente e sguaiate”

“There is a difference between aggressive hate and defensive hate. if you mind your own business and someone punches you in the face you will probably hate them, but it’s different than the hate of the person that punches you.” (Da un commento al filmato “Good morning Starshine” su Youtube). E’ giusto contrastare l’odio; a partire dall’ odio aggressivo, che oggi la situazione catalizza. Questo elemento va estratto e preservato dalle posizioni dei magistrati torinesi. Ma i crimini d’odio dovrebbero comprendere anche l’induzione di odio difensivo. Invece si resta inerti, si difendono e si aiutano pratiche aggressive e illegali, come l’introduzione a forza di masse di stranieri, selezionati con criteri palesemente non umanitari, a danno dei locali; per poi accusare di odio chi sviluppa una reazione ostile di difesa, accomunandolo a chi è pervaso dal nefasto e inescusabile odio aggressivo. Una tecnica che, posso dire, la magistratura, la polizia, i preti e altri attenti esecutori dei voleri dei poteri forti conoscono troppo bene. Qui non sembrano volti a placare gli animi il tono di sufficienza e la dichiarazione di resa all’illegalità, coi barconi liberi di risalire il Po, di chi ha il lavoro di evitare con la legge che i cittadini – se si può ancora usare questa parola – “ad arma veniant”.

@ vstefanoxx. Razzista e seminatore di zizzania è chi pratica forme di violenza etnica come questa dell’immigrazione forzosa, minando le mura della propria città e quelle delle case dei cittadini comuni per innalzare ancora quelle dei potenti. Ormai con la propaganda pro sbarchi il primo sciuscià può darti del razzista impunemente. Accuse bavose di razzismo come la tua avrebbero gli estremi per una querela. La parzialità ostentata della magistratura è un motivo in più per limitarsi a commentare che l’eterno caporale che nel 1922 fece passare gli squadristi della marcia su Roma, e poi i tribunali speciali, i magistrati con la camicia nera sotto la toga e le leggi razziali, oggi fa passare gli scafisti dell’universalismo massonico e della globalizzazione liberista.

@ vstefanoxx. Mi incisto nel bozzolo fetido che mi costruisco e ti faccio pena. Sei tu che sei troppo in alto. Coi tuoi pensieri affilati e nobilissimi, la tua ira generosa, il tuo disinteresse per il denaro e il potere, mostri di essere fatto della stessa sostanza della quale sono fatte le stelle. Idrogeno ed elio, gli elementi coi quali si dà forma ai palloni gonfiati (con tracce di zolfo). I magistrati Saluzzo e Spataro devono sentirsi consolati, moralmente se non olfattivamente, dall’avere te al loro fianco.

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20 agosto 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Farinella “Ponte Morandi: l’Imam, il Cardinale e quelle parole che hanno commosso una città intera”

Le esequie di decine di morti per un disastro dovuto all’incuria e avidità di una classe dirigente che è largamente espressione del potere politico del clero, trasfigurate in un “ponte di civiltà e d’amore indistruttibile” tra gli italiani e i musulmani immessi a forza sul territorio nazionale; invasione affidata al clero. I cadaveri devono ancora essere inumati, e già si prende la palla al balzo per un ponte tra i vecchi affari sporchi tra democristiani e cementieri e i correnti affari sporchi della globalizzazione presi in appalto dai clericali. Un articolo di Pellizzetti su questo blog è stato criticato perché parla di responsabilità diffuse per il disastro. Un popolo che accetta di essere preso per i fondelli con questa “conduzione” spirituale andrebbe incluso tra i corresponsabili. Chissà se mai gli italiani si romperanno i tiranti di questa retorica clericale che si lava dal fango con altro fango, e messi da parte i ponti Morandi e i ponti Farinella si accontenteranno di ponti ben costruiti e ben mantenuti, di politici che non li derubino e non li vendano, e di preti che, per chi apprezza il genere, ostendano, inzuppino nel vino e addentino ostie, non saporiti tarallucci.

@ Umana. Lei è atea ma addirittura accetta il magistero clericale sull’unione delle religioni, a sproposito, in occasione di una cerimonia funebre, per una sciagura, dovuta in parte agli stessi cattivi maestri; e invita gli altri ad accettarlo. Lei è una SAM (Sono Ateo Ma…), figura nuova molto frequente con questo papa socio onorario del Rotary. I ponti, sia fisici sia morali, non si costruiscono ignorando le proprie responsabilità e disegnando a chiacchiere meravigliosi arcobaleni, rilanciando lo sfruttamento in forme nuove. Le Sante alleanze tra i capi dei vari poteri vengono fatte passare per muri abbattuti, ma sono fossati e fortificazioni tra chi ha potere e la gente comune; i travasi di popoli vengono fatti passare per ponti indistruttibili tra le genti, ma ricordano piuttosto un altro dispositivo tecnologico: un mulino a biglie, nel quale componenti etniche diverse vengano unite, mescolate, fatte sfregare tra loro, frantumate e omologate in modo da ottenere un volgo indistinto e sottomesso.

@ Umana. “Un giorno, sant’Agostino in riva al mare meditava sul mistero della Trinità, volendolo comprendere con la forza della ragione. S’avvide allora di un bambino che con una conchiglia versava l’acqua del mare in una buca. Incuriosito dall’operazione ripetuta più e più volte, Agostino interrogò il bambino chiedendogli: «Che fai?» La risposta del fanciullo lo sorprese: «Voglio travasare il mare in questa mia buca». Sorridendo Sant’Agostino spiegò pazientemente l’impossibilità dell’intento ma, il bambino fattosi serio, replicò: «Anche a te è impossibile scandagliare con la piccolezza della tua mente l’immensità del Mistero trinitario». E detto questo sparì.”. (Suor Gloria Riva. Avvenire, 25 ago 2015).

Si commette un errore simile a quello imputato al co-fondatore della dottrina cattolica se si pensa di poter racchiudere in un breve scritto le poste del libro mastro degli affari sporchi del clero. Tutti noi abbiamo la nostra buchetta di acqua sporca; ma è incommensurabile col mare e gli abissi dei predicatori del Vangelo.

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23 agosto 2018

Commento al post di L. Musolino “Migranti, Saviano a Riace: “Questo modello è vincente, ma oggi viene boicottato. Da qui riparte il sud””

E’ un metodo vincente come lo sono le catene di S. Antonio, per quelli che ci guadagnano. E’ vincente come l’assistenzialismo, nel quale rientra; lavoro e soldi pubblici in cambio di consenso, dove i padrini politici dei clientes poi si alleano e si fondono coi padrini mafiosi. Saviano indica i legami Lega-ndrangheta; è ciò che nella sua città, New York, chiamano “finger-pointing”: indicare le colpe altrui trascurando le proprie. Sono anni che dico che i fili che reggono i tromboni dell’antimafia e i tagliagole della mafia convergono alle mani degli stessi burattinai che controllano l’Italia. La presentazione di Saviano dell’assistenzialismo meridionale, applicato all’immigrazione forzosa, come la strada da seguire, va a saldarsi con le posizioni dei tanti Cetto La Qualunque e dei tanti ndranghetisti e massoni, dentro e fuori le istituzioni.

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27 agosto 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Nave Diciotti, il presidente dell’Aifa Stefano Vella: “Mio governo ha negato cure, dovevo dimettermi””

Vella è un grand commis di quella medicina industriale che, obbedendo a logiche di profitto, sovratratta quando non ce n’è bisogno e trascura chi è malato davvero*. Molti interventi medici proposti assiduamente non sono necessari, e sono dannosi; mentre quando si avrebbe bisogno di assistenza e cure mediche si deve bussare col cappello in mano per ricevere trattamenti spesso inadeguati. Le omesse cure della medicina commerciale non scuotono Vella; che inoltre commette sul piano medico lo stesso errore etico del confondere tra individuo e popolazione. Curare i singoli è cosa diversa dal tutelare la salute della popolazione; come aiutare i derelitti del mondo è molto diverso dall’esasperare il caso, microscopico rispetto al totale, selezionato dai media per ragioni politiche. Si potrebbe chiamarlo l’errore della gattara, che stravede per i suoi micini e ignora il resto del mondo. Speriamo che chi gli succederà sia invece adeguato a compiti di sanità pubblica.

Tra i vari moventi del plateale sbocco di indignazione probabilmente c’è anche l’aiuto all’espansione del business medico con l’immissione degli immigrati nel pool di pazienti. Lo stracciarsi le vesti per gli imbarcati oltre alla violenza nei nostri confronti dell’immigrazione forzosa copre anche la violenza nei confronti degli stranieri della medicalizzazione distorta e a fini di lucro.

*McCartney M. The patient paradox. Why sexed up medicine is bad for your health. Pinter Martin 2012.

@ Danilo Fiore. E’ come dire che Peppino Impastato lavorava per Totò Riina, siccome attaccava Badalamenti del quale Riina era nemico.

@ Danilo Fiore.Le sue sgangherate associazioni mentali proseguono la sparata di Vella sulle asserite mancate cure mediche agli stranieri della Diciotti. Non sappiamo come avrebbe commentato Impastato (ma sappiamo da che parte stanno, sempre, le varie bande e cordate più o meno mafiose e le torme di quaquaraquà mafioidi). Di sicuro non in termini di poltrone come fa lei. Spirito libero, non è scontato che avrebbe mangiato la polpetta, per tanti così appetitosa, del sessantottismo: servire i disegni eversivi del potere passando per combattenti antisistema. Negli anni ‘70 qualcuno fece carriera con le radio libere; ricordo un insopportabile Rutelli. Qualche altro vi perse la vita. Impastato parlava di sua iniziativa e contro le consegne del potere di ciò che aveva davanti, che vedeva e poteva toccare, ed è stato ucciso per questo. Voi, arrivato dall’alto l’input con la confezione di slogan già pronti, galoppate liberi nel campo dell’onirico; servite il potere con proclami, come questo squallidotto di Vella, che hanno la coerenza meramente logica associata a infondatezza e a implausibilità umana tipica dei sogni; e volete pure la medaglia.

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3 ottobre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Musolino “Arresto Lucano, il procuratore di Locri: “Non processiamo il progetto Riace ma gli illeciti. Ho lanciato una bomba in una favola”

Quando sono in Calabria l’impressione che ho è che il malaffare massonico e quello clericale non abbiano di che temere dalla magistratura. Non mi stupirei quindi se anche col “modello Riace” la magistratura reggesse il gioco alla costruzione di un eroico soccorso al vincitore. Il progetto, sostenuto da massoni e clero, dell’immigrazione forzosa, se ha una “nobiltà”, come dice il Procuratore di Locri, ha una nobiltà condizionale, una nobiltà “cherry picking”: di tutte le cose nobili e umanitarie che si possono fare in Calabria, in Italia, e per il Terzo Mondo, si sceglie proprio quel pezzettino marginale che corrisponde agli interessi globalisti a danno degli altri cittadini italiani e che non migliora le condizioni dei popoli in difficoltà. Tutti pecoroni davanti alle vessazioni tramite la legge, ma leoni quando trasgredendo la legge si servono poteri superiori allo Stato. C’è la tragedia di Antigone che onora i vincoli familiari e c’è la farsa di Antigone che tiene famiglia.

filippoguidarelli. Il malaffare massonico e quello clericale servi del globalismo? Davvero è questo il male profondo della Calabria?

@ filippoguidarelli. Chi lo sa? Secondo Enrico Fierro qui su Il Fatto la natura selvaggia avrebbe selezionato una popolazione di irrecuperabili bruti. All’opposto, figlio di calabresi cresciuto fuori dalla Calabria, sospetto che non vi sia un male profondo, ma una sfortuna storica; una serie di condizioni e di scelte politiche sulla Calabria che l’hanno collocata nel quadro nazionale e internazionale in una posizione svantaggiosa; che si è accresciuta, autoalimentandosi con l’esaltazione dei difetti dei calabresi e la soppressione dei loro pregi. Alcuni mali che sembrano eterni, immutabili, e quindi costitutivi, ‘ontologici’, come la mafia, o in medicina impostazioni errate che risalgono a secoli precedenti, sono invece anacronismi voluti: artificialmente tenuti in vita da grandi interessi. Anche la malasorte della Calabria, credo. “lo stesso giorno dell’arrivo in Città degli anglo-americani “una pattuglia puntò su Fuscaldo Marina per incontrare l’Avvocato Samuele Tocci” ultimo Venerabile della Loggia cosentina prima dello scioglimento.” (Libro Unione provinciale agricoltori Cosenza). Il clero in Calabria per secoli ha sfruttato il popolo associandosi in affari coi criminali (v. G. Sole. L’invenzione del calabrese, 2015). A Sambiase negli anni ’60 quelli che oggi chiamiamo ndranghetisti erano chiamati “massoni”. L’influenza negativa di clero e massoneria, anche come agenti dei poteri esterni, appare maggiore di quella delle fiumare, delle timpe e delle scogliere omeriche.

Commento al post “Riace, Di Matteo a Tv2000: “Rischio strumentalizzazione per denigrare accoglienza migranti”

Il finanziamento da parte del contribuente all’immigrazione forzosa è “accoglienza” quanto il pizzo estorto ai commercianti è “assistenza ai carcerati”. Il modello Riace che Di Matteo esalta dando per scontato che sia un’attività positiva e meritoria permette, agganciandosi al servire i poteri globalisti contro l’interesse dei cittadini, di fare rinascere in una forma ammodernata l’assistenzialismo clientelare, dove politici e clero elargiscono a loro discrezione denaro pubblico a chi vogliono; pratica mafioide favorevole alla crescita delle mafie. Una magistratura che pratica interventi di propaganda a favore della politica imposta dai poteri forti nascondendo e mascherando gli aspetti negativi a danno dei cittadini sta alla magistratura con la emme maiuscola come la sinistra dei banchieri di Renzi sta a quella di Gramsci. “Il più grave fattore di inquinamento della nostra democrazia” è l’ubiquitaria (nessuno escluso) sottomissione di politici e organi dello Stato ai poteri forti; sottomissione che accomuna tra gli altri la mafia alla antimafia del genere rappresentato da questo spot del sostituto procuratore della DNA De Matteo sull’emittente vaticana.

Petti rosso. La vostra paranoica avversione per i migranti vi ha mandato in tilt la ragione e il buon senso. Ripiatevi.

@ Petti rosso. Ricordo una volta la cattura di un borseggiatore. Gridava senza ritegno “pazzo” a chi lo accusava, ma il poliziotto di mezza età che lo teneva non ci faceva caso. Forse però lei è a suo modo sincero. Il vostro camaleontismo narcisistico vi fa vedere il bene dove c’è squallido calcolo e il male in chi non ha ingurgitato il beverone del quale vi nutrite come poppanti al biberon. Inutile rispondervi “ripijateve voi”, perché dalla condizione narcisistica, dalla condizione di chi non ha faccia propria ma ha una maschera determinata dall’esterno che diviene faccia, non si esce. Si può solo cambiare personaggio.

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4 ottobre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Farinella “Mimmo Lucano, anch’io nella mia vita sono andato contro leggi ingiuste”

Farinella ha argomenti tanto forti che deve premettere che chi non la pensa come lui è un imbecille. Ma, passato lo sdegno, da buon pastore ci indica la strada: prima delle leggi dei codici, prima ancora delle leggi naturali, c’è una Legge più alta. La Legge della Pagnotta, del chi-se-ne-frega-degli-altri, che oggi è dettata dai poteri globalisti, che impongono di cambiare la composizione etnica del Paese, imborghesendo a nostre spese una massa di gente che differisce da noi per cultura e per il colore della pelle, ma non per livello morale medio, inclusi avidità e opportunismo. Col bonus di passare per rivoluzionari mentre per un tozzo di pane si collabora a fare in modo che tutto cambi perché il parassitismo dei privilegiati, come il clero, continui come prima.

@ GR. Sarei dunque un teorico delle leggi razziali, che portarono agli orrori dei massacri e dei lager. Auspicherei la razza pura; lei al contrario è una evidenza a favore del controverso concetto del lussureggiamento degli ibridi. La facilità di insulto come la sua rafforza la sensazione che quelli che difendono a spada tratta gli ebrei oggi che gli ebrei sono potenti, e che lanciano accuse di razzismo, antisemitismo, nazismo etc. a chi contrasta quelle violenze in disprezzo dell’umanità che sono le politiche globaliste siano i discendenti morali dei ruffiani senza spina dorsale che permisero e applaudirono le leggi razziali.

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12 ottobre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di O. Lupacchini “Mimmo Lucano e il diritto di resistenza. A cosa servono le leggi”

Il caso Lucano è un mostruoso concentrato di quei capovolgimenti morali che gli italiani accettano. 1 Trasgressione tartufesca: per servire un potere maggiore, che copre le spalle. In Italia sono ruffiani e raccomandati anche i terroristi, che furono finanziati e protetti dalla CIA. 2 Passare per eroe mentre si serve il potere. 3 Fare il sensale di affari dannosi per la nazione a vantaggio di stranieri. 4 Praticare ciò che si dice di combattere. Il modello Riace opera allestendo barriere e pompe egoistiche: succhiando ordine dall’esterno e scaricandovi disordine. Come un frigorifero scalda la stanza. 5 Imporre come indiscutibile opera buona ciò che ha in sé i semi di futuri mali. 6 Educare all’illegalità se accoppiata al servire grandi interessi. 7 Rinvigorire l’assistenzialismo clientelare, mafioide e mafiofilo, agganciandolo ai voleri della globalizzazione. 8 Dare priorità a un bene al più marginale fingendo di non vedere tronchi come la diaspora calabrese e foreste come i mali statici nel Terzo mondo. 9 Appellarsi al diritto di resistenza solo a sproposito, quando nel Paese la resistenza alle vessazioni operate tramite la legge è tabù. 10 Citare la resistenza astratta al potere ignorando la concreta resistenza alla legalità da parte del potere. Con figure istituzionali che praticano l’abuso di potere sistematico verso chi resiste davvero, senza delinquere ma denunciando illegalità che come quella di Lucano piacciono al potere. Etc.

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17 ottobre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Musolino “Mimmo Lucano: “La sinistra ha smarrito la strada, disastro iniziato col Pd. Salvini? pensi ai 49 milioni che deve restituire””

Mariagrazia Vianello. Le mie prigioni……solo che Pellico i soldi non li aveva maneggiati.

Paolo @ Mariagrazia Vianello. Pellico alla fine era un conservatore che immaginava comunque uno stato elitario, Mimmo Lucano è molto più simile a Martin Luther King o, per restare in Italia, a Danilo Dolci, che come lui violò leggi ignobili finendo processato da tribunali che le applicavano e che per questo fu difeso da Piero Calamandrei. L’arringa di Piero Calamandrei in difesa di Danilo Dolci oggi può essere pronunciata, parola per parola, in difesa di Mimmo Lucano, un eroe della democrazia e della libertà oggi, come lo fu ieri Danilo Dolci, come lui e come Luther King Lucano è uno di quegli uomini che attraverso la disobbedienza a leggi e poteri spregevoli lascia dietro di sè un mondo migliore di quello che ha trovato.

@ Paolo. Danilo Dolci operava in una Sicilia dove, raccontava, una giovane donna incinta chiese ai vicini di casa di non buttare l’acqua della bollitura della pasta e darla a lei, che non aveva da mangiare. Fu querelato da Bernardo Mattarella; il potente politico democristiano che curava gli interessi di poteri sovranazionali in Sicilia. Dolci denunciava i legami di Bernardo Mattarella con la criminalità organizzata. “L’emigrazione-immigrazione è un affare globale per il capitalismo globale, sia mafioso che legale, e anche per il capitalismo travestito da filantropia.“ (Sonia Savoldi. ONG il cavallo di Troia del capitalismo globale. Zambon, 2018). Credo che Lucano non abbia nulla da temere da Sergio Mattarella.

Commento al post di A. Caporale “Senza Riace, cosa resta della Calabria?”

Dopo che nel ‘900 un milione di calabresi ha dovuto andarsene dalla regione più povera d’Italia e spargersi per il mondo, quello che resta è una popolazione dissanguata delle energie migliori, che si può insultare dicendole che non ha niente di buono se non accetta, in cambio di qualche soldo, di recitare in farse imposte dall’alto come questa del modello Riace, che rafforzeranno la sua condizione subalterna e i mali nei quali viene tenuta. Ci si inchini, come fanno privilegiati e benestanti di tutta Italia, a quello che tolti gli scenari di cartapesta si potrebbe chiamare il modello Catrambone. Giovanissimo impresario, dal successo misterioso e improvviso paragonabile a quello di Berlusconi, che è passato dall’assistenza ai mercenari dei massacri di iracheni e afgani: “Christopher Catrambone, un impresario e avventuriero di Lake Charles, Louisiana, fonda Tangiers International e opera nella zona di Reggio Calabria, Italia, come fornitore di servizi nei teatri di guerra per le principali compagnie assicurative degli Stati Uniti”; al finanziamento e all’organizzazione dell’immissione forzosa di giovani africani in Italia. “L’emigrazione-immigrazione è un affare globale per il capitalismo globale, sia mafioso che legale, e anche per il capitalismo travestito da filantropia. “ (Sonia Savoldi. ONG il cavallo di Troia del capitalismo globale. Zambon, 2018).

@ Razionalista. Una certa distanza può essere un vantaggio. Soprattutto in quei casi dove le cose “non sono ciò che sembrano”; quello che Pippo Fava diceva della mafia. Figlio di calabresi, non conosco il reggino, ma conosco altre zone della Calabria, dall’esterno e dall’interno. Al di là delle oleografie di comodo. Conosco anche gli USA, dove ho abitato per anni. Quando nel 2017 sono arrivato a Reggio Calabria, nell’uscire dall’auto che avevo parcheggiato sul celebre lungomare, davanti allo stesso mare dei miei avi di Melito Porto Salvo, sono arrivati in tandem un camion della nettezza urbana e una gazzella dei CC; e mi sono subito sentito a casa. Es. stamane, nella città del Nord dove abito, ho avuto una prolungata simile compagnia. Senza certi macchinisti non resterebbe molto di certe scenografie.

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22 ottobre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Riace, Mimmo Lucano a Che tempo che fa: “Legalità? Anche i nazisti rispettavano le leggi ma sono state un dramma per l’umanità””

Tra le leggi dello Stato e quelle dei poteri globalisti – mascherate da filantropia – che col caso Lucano si vuole fare prevalere, le più vicine a una concezione megalomane di dominio e sopraffazione, di disprezzo per alcune etnie, di alterazione della composizione etnica di intere nazioni, sono di gran lunga le seconde, quelle del Nuovo Ordine Mondiale.

@ Nicola Di Paolo. Chi utilizza Mimmo Lucano come grimaldello etico mostra una agghiacciante mancanza di rispetto per la vita umana. Es. l’utilizzo degli annegamenti. Chi non sa distinguere tra senso umanitario vero e verniciatura umanitaria di ciniche operazioni di potere e di violenza, chi il senso di umanità se lo fa inoculare da Fabio Fazio dopo i precetti del Fondo Monetario affama-popoli di Cottarelli, non ha di che atteggiarsi a essere superiore. Ma i pecoroni spesso sono anche presuntuosi; e chi costruisce queste narrazioni lo sa.

@ Nicola di Paolo. Un grammo d’oro non è l’esatto contrario del piombo del quale è composto il lingotto da 12 kg, venduto a peso d’oro (400000 euro), che riveste. E’ il suo complementare.

@ hugo80. Di tutte le cose buone che si possono fare voi, che vi autoelogiate come il fariseo e insultate come un truffatore di strada smascherato, scegliete proprio quelle che fanno intascare soldi a chi serve poteri forti a danno dei connazionali. La vostra virtù è un po’ come quella di alcune giovani belle signore che si innamorano proprio del danaroso vecchio che le mantiene.

@ hugo80. Lei “non capisce” chi siano i poteri forti. Es. lo FMI, il cui emissario Cottarelli ha preceduto la faccia di bronzo di Riace (che dice che le nostre leggi obbligherebbero a non soccorrere chi sta annegando), sulla poltrona, finanziata da noi, di Fabio Fazio, quello che ha una tendenza a propagandare ciò che porta a soldi facili a danno delle persone comuni, da TIM al Lotto per fare gli esempi più banali. I poteri forti sono quelli che sfruttano le risorse naturali dell’Africa, spesso sovvertendo i loro sistemi politici, e poi spingono gli africani a trasferirsi in Italia. Dando qualche soldo a italiani perché avanzino discorsi, non lucidi e non generosi, per i quali la soluzione dei problemi dei 20 milioni di nigeriani passerebbe per un paesino depresso in Calabria. “L’emigrazione-immigrazione è un affare globale per il capitalismo globale, sia mafioso che legale, e anche per il capitalismo travestito da filantropia.” (Sonia Savoldi. ONG il cavallo di Troia del capitalismo globale. Zambon, 2018). Ma i poteri più forti di tutti sono dati dalla massa di quelli come lei, che non esita a dare del paranoico e del cuore di pietra a chi non accetta il vangelo secondo Fazio, salvo poi precisare di essere uno che coltiva il dubbio metodico, e che è questione di punti di vista differenti; la caricatura che Crozza fa di Feltri descrive anche diversi no border.

Commento al post “Migranti, blitz interforze durante una serata organizzata da don Biancalani: “Resisteremo. In nome del Vangelo””

Un blitz senza reale motivazione di 50 agenti contro un prete armato solo del Vangelo, che difende i diseredati della terra. I diseredati hanno le treccine. E le forze di polizia gareggiano tra loro nell’obbedire a tappetino ai preti. Soprattutto nell’eseguire, come fanno da decenni, operazioni sporche conformi ai voleri dei poteri sovranazionali dei quali i preti e le forze di polizia sono agenti zelanti e privi di remore. Non si può escludere che si sia trattato di una sceneggiata – v. il caso Lucano – per fare passare per coraggiosi perseguitati quelli che lavorano e lucrano, a spalle coperte, nell’eversione della immigrazione forzosa. E per fare passare Salvini come un inflessibile difensore degli italiani.

@ formica nera. Che dico. Questi sono come i discorsi del corvo e della civetta al capezzale di Pinocchio. Per me ci sono dei punti fermi. La corruzione della polizia – e della corporazione cugina dei magistrati – a favore dei poteri forti; come quelli che stanno imponendo l’immigrazione forzosa; che creerà la società atomizzata e non coesa necessaria al liberismo che solo sprovveduti o disonesti possono considerare evangelica o civile. La subordinazione del manganello all’aspersorio, della polizia a un clero che da tempi immemorabili vende il Paese a interessi esterni. E la prevalenza della società dello spettacolo, per la quale uno dei primi precetti del buon commentatore, del buon blogger, davanti a una disputa tra poteri, dovrebbe essere quello di considerare non solo chi dei due litiganti abbia ragione, chi siano i “buoni” e chi i “cattivi”, ma anche la terza, importante possibilità che entrambi stiano recitando una parte concordata, a danno degli spettatori.

@ daria papadia. Mi fa piacere che tu abbia colto l’ironia. Sono d’accordo, ma non punzecchiarmi chiamandomi “compagno”. La mia impostazione non è quella dell’apprezzabile tradizione del socialismo autentico, ormai introvabile sulla scena pubblica; e considero un insulto essere accomunato alla falsa sinistra attuale, che “ha cambiato marciapiede ma non mestiere” (Castoriadis e Michea). (Ma il falso populismo non è la soluzione). Ricordo un vecchio contadino calabrese: “Compagno sì, ma prima voglio vedere la persona”.

@ daria papadia. Figurati. Ma ci sono socialisti autentici che sono contrari a questa immigrazione forzosa voluta dal capitale. Sia i preti, sia la polizia, che in questo sketch appaiono fronteggiarsi, hanno cura di evitare che trapelino critiche “di sinistra”.

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25 ottobre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Razzismo, la proposta di Liliana Segre: “Commissione contro odio. Serve lottare contro fascistizzazione del senso comune””

Valerio. Obedience isn’t enough. You must love Big Brother.

@ Valerio. E’ da notare che Orwell rifiutò l’appello di Stalin di fare dell’antifascismo il ‘cemento identitario privilegiato di una sinistra allargata’ (Michea). E lui era andato volontario in Spagna a combattere, letteralmente, con le armi, contro Franco, Hitler e Mussolini. Tutto il contrario dei pomposi invertebrati morali che pontificano dalle poltrone dei talk-show ripetendo ad nauseam lo squallido script pubblicitario, prosecutore più che oppositore dell’infame propaganda fascista e razziale, che fa di chiunque non accetti l’ordine di tacere sulla violenza dell’immigrazione forzosa che gli italiani stanno subendo una SS di guardia sulle torrette di Birkenau o Dachau.

@ Fib1478. L’antifascista Orwell non ha accettato l’antifascismo patacca che piace agli imboscati. Stranieri stanno venendo immessi a forza in un’Italia che è già carica di problemi. Non i più bisognosi, ma i più adatti agli interessi liberisti. Già Pompidou ammise che l’immigrazione nera in Francia fu voluta dagli industriali per tenere a bada gli operai. Ora si erode il tessuto sociale un popolo senza aiutare il Terzo mondo. Questa immissione stimola varie reazioni; da quelle legittime, e anche degne, di opposizione e preoccupazione, a sentimenti più meschini, a reazioni incivili e inaccettabili. L’operazione è stata mascherata da filantropia; e per trovare argomenti per contrastare l’opposizione legittima ci si è dovuti ridurre, in mancanza di argomenti, al trucco infimo, miserabile, da ditta di PR, di accomunarla al razzismo. Una catchword semplice e falsa, ripetuta in continuazione: il papa, il Bertoldo di Riace Mimmo Lucano, ora questa esponente di un popolo perseguitato e persecutore, ci ripetono che se non accettiamo l’invasione siamo odiatori nazisti. Per me a non essere credibile è chi pratica lo scambio etico tra oppressore e oppresso, atteggiandosi a umanitario mentre serve un’operazione immorale imposta dall’alto e tacciando di bassezza morale chi vi si oppone. Negli “hate crime” deve rientrare anche il sollecitare il peggio nelle persone tramite l’ingiustizia. E la parentela col razzismo va cercata anche nei frullati di popoli ottenuti a forza.

@ Fib1478. Gli oppressori non sono gli immigrati, sono quelli che li caricano, ce li portano, e ci fanno la ramanzina se non li manteniamo e non stiamo zitti. Siccome alcuni italiani opprimono, allora gli italiani non sono oppressi, dici. Va bene, secondo te, istituire un tribunale per i cattivi pensieri, ma sarebbe “buonista”, “ingenuo” irrealistico osservare che quelli che lo chiedono e che si accomodano subito sulla sedia del giudice andrebbero giudicati per le gravi ingiustizie che sostengono, ingiustizie che innescano quelle che vogliono sanzionare. La tua idea che il peggio delle persone non venga mai tirato fuori dagli abusi del potere è autoassolutoria. E’ falso e offensivo sostenere che chi non la pensa come voi non condanni il razzismo. Abbi tu pazienza: voi dilatate, restringete e deformate le categorie a piacimento, come se fossero roba vostra. Le forze che vogliono l’immigrazione forzosa sono abituate a sfondare e ridisegnare le frontiere tra Stati con i bombardamenti. Con questi discorsi a fisarmonica voi no borders, cancellatori ideologici delle frontiere, dimostrate di appropriarvi anche delle corrette delimitazioni tra concetti e farne l’uso che vi pare. Dalla senatrice ebrea Segre avrei preferito sentire parole che ricordassero la lucidità di Rosa Luxemburg o di Primo Levi; non Ariel Sharon coi suoi carri armati.

@ Fib1478. Non posso rispondere ai tuoi giochi delle tre carte. Se hai paura di andare in basso – o di riconoscere che ti trovi in basso – cerca di coltivare posizioni più limpide ed equilibrate, invece di assumere atteggiamenti di condiscendenza. Questo speculare, probabilmente su indicazione di qualche agenzia di pubbliche relazioni, su categorie tragiche come “razzismo”, “odio”, “fascismo” per imporre politiche in disprezzo delle etnie, per seminare zizzania e per destabilizzare, per creare assetti autoritari, a me pare la triste prosecuzione del percorso della bestia senza pace che ottenne le persecuzioni razziali e che attraverso tante metamorfosi continua a solcare la storia, preceduta dalla sua bava e seguita da una scia di sangue.

@ LaPatriaDegliEvasori. Che t’importa? Non sta scritto “Me ne frego” sui vostri gagliardetti?

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29 ottobre 2018

Blog de Il Fatto

Commentp al post “Andrea Camilleri a Che tempo che fa: “Una fortuna essere ciechi, almeno non vedo le facce di chi oggi semina odio””

Ricordo un personaggio di Camilleri che era coraggioso davanti alle sciagure naturali ma pauroso davanti alla cattiveria umana, che, diceva, è di gran lunga peggiore. Che rispondere al venerato maestro? Nulla. Ma si può rispondere a Fazio che lo esibisce e se ne fa scudo: purtroppo resta la sfortuna di essere strabici, con due occhi più scompagnati di quelli di un camaleonte, e vedere con un occhio, che ingrandisce l’immagine, l’odio reattivo, suscitato dall’ingiustizia; mentre l’altro occhio vaga libero e non vede il furore distruttivo, l’odio primario, che anima chi l’ingiustizia la crea e la sostiene. Occorrerebbe invece una visione bioculare per vedere come chi spala carbone in questa fornace lavora per lo stesso padrone, e non è migliore, di chi è al mantice.

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28 dicembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Marcelli “Nobel per la Pace, candidiamo Mimmo Lucano e ricordiamo all’Italia che si deve resistere”

Vada per il Nobel a Lucano. Anzi, in suo onore le firme della petizione per l’alloro svedese al “massimo esponente della tradizione umanitaria e solidale del popolo italiano” le raccogliamo applicando il metodo Lucano. Il metodo “cchì cc’è ppì mia” (nelle regioni settentrionali detto “e a me?” con le “e” e la “a” aperte; spalancate): 50 euro per chi firma (75 euro se di fede leghista, documentata). Più un premio di 200 euro per ogni altre 10 firme raccolte. Soldi pubblici, ovviamente; Marcelli, che è giurista, può aiutare a escogitare le gabole per fare passare il finanziamento statale alla candidatura di Lucano, di colui che moralmente va considerato il terzo bronzo di Riace, come un atto lecito, e a sua volta umanitario, che sarebbe da nazisti espulsi dalle SS per eccesso di brutalità non permettere.

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31 dicembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Bellelli “Medaglie al valore, la cultura politica in Italia vacilla. Sventurato il Paese che ha bisogno di eroi”

1 Sventurato il Paese dove comandano i fascisti e ha voce il razzismo.

2 Sventurato il Paese dove spadroneggiano poteri stranieri e interessi sovranazionali.

3 Sventurato il Paese dove comandano i paraculi, che con la scusa di combattere la sventura 1 servono la sventura 2.

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31 dicembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Pretini “Mattarella, il 2018 “punk” del presidente: dalla guerra tra poteri su Savona alla “contronarrazione” contro il razzismo”

La lotta al razzismo come giustificazione per lo scafismo, l’immettere a forza stranieri in Italia. Ma le due violenze sono affini.

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1 gennaio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Mattarella al Papa: “Politica responsabile e lungimirante non alimenta paure, non lascia spazio a nazionalismo e xenofobia””

Alle orecchie di tanti italiani, i messaggi a carattere etico che Bergoglio e Mattarella ripetono in continuazione, e si palleggiano, sull’immigrazione, non hanno il suono argentino della verità. Sembrano piuttosto strumentali alla trasformazione dell’Italia secondo il dettato globalista, che vuole le nazioni come contenitori di sradicati. I costanti appelli della coppia ad alti valori umanitari fanno pensare a quei missionari che predicando ai locali con la Bibbia in mano preparavano il terreno alle conquiste coloniali e allo sfruttamento.

@ il figlio del grigio. Forse il primo errore è sentirsi un centurione rispetto agli immigrati, come fai tu. In modi diversi, le persone comuni e gli sbarcati sono entrambi dei manipolati. Il potere è simile a sé stesso, ma si manifesta in modi diversi. Prima le potenze occidentali colonizzavano il terzo mondo, e razziavano anche persone. Oggi i poteri globalisti vogliono una colonizzazione inversa, e mentre spingono per immettere masse di stranieri nelle nazioni più ricche dicono che sei schiavista, nazista, empio etc. per ammorbidirti nell’obbligarti a fare posto ai nuovi arrivati e a regredire verso la loro condizione; a ulteriore vantaggio dei potenti e dei loro reggicoda. Occorre caciara, con squadristi alla Bracardi come spalle, per coprire con una mutanda etica imposizioni che viste razionalmente rivelerebbero violenza, antidemocraticità e disprezzo per l’umanità.

@ il figlio del grigio. Dici che bisogna “crescere assieme” con gli stranieri. Ma a casa nostra. Come ne “L’Armando” di Jannacci. L’Armando era come un fratello: “stessa strada, stessa osteria, stessa donna, una sola, la mia”. Se non si accetta la condivisione asimmetrica si è nostalgici dei tempi di Ottaviano Augusto. I liberti erano schiavi liberati; alcuni furono dediti all’intrigo politico al servizio degli aspiranti imperatori. E se invece, deposti mantelli purpurei e sogni di dominio sul mondo, si facesse in modo di poter crescere assieme, nel mondo di oggi, in pace ognuno a casetta sua, facendosi visite e scambiandosi doni? Grazie comunque per esserti limitato all’antica Roma e non avere messo di mezzo gli assiro-babilonesi.

@ il figlio del grigio. Non c’entro niente con “Dudù”. Fa piuttosto parte del vostro show; quello dei finti buoni e dei finti cattivi. I personaggi morali da considerare sono tre: il buono, il cattivo e il paraculo, che finge di volere il bene per servire i cattivi; o che recita da cattivo come spalla. Le posizioni che servono il disegno liberista, vestendolo delle mutande della solidarietà e presentandolo a la Tatcher come TINA, there is no alternative, a danno degli italiani e incuranti degli enormi problemi dei popoli in difficoltà, sono paraculiste. Identifichiamo una buona volta i paraculi – purtroppo non trovo termine altrettanto calzante ed espressivo, ma meno volgare – che mentre biascicano preghiere a mani giunte o lanciano anatemi aggravano ingiustizia e sfruttamento per un loro più o meno consapevole tornaconto.

@ il figlio del grigio. Non capisco bene cosa scrivi, e che scambio di posizioni stai facendo stavolta. I problemi della crescita della popolazione mondiale e del suo sostentamento sono della massima portata e gravità. Ecco perché non andrebbero affrontati a bischero sciolto come fai tu. E’ vero che l’interesse muove tutto e tutti. Ma se vogliamo diventare umani, perché per natura non lo siamo, e sopravvivere come persone umane e non bestie, dobbiamo superare sia il calcolo di interesse miope, diretto, sia le emozioni immediate, a pelle, e ragionare, anche nel proprio interesse, in termini più complessi.

@ il figlio del grigio. Ciao, buon proseguimento nel tuo moto browniano.

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13 gennaio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Musolino “Migranti, nasce la fondazione per rilanciare il modello Riace: “Accogliamo quelli esclusi dal dl Salvini””

Andrebbe chiesto se Sirianni, magistrato a Cosenza, non operi contro il popolo, e contro i doveri del suo lavoro. E’ da poco uscito “Il quarto uomo del delitto Moro” di S. Flamigni; che descrive tra l’altro le complicità della magistratura nell’avallare assurdamente l’inverosimile ricostruzione dettata da mandanti ed esecutori. Quando mi trovo nella Presila cosentina, o devo avere a che fare con gente di Lamezia, vedo come quella che chiamo “l’altra mafia”, la mafia dei poteri forti, si senta al sicuro nel commettere reati, potendo contare su magistrati e forze di polizia (anche col roboante Salvini al Viminale) della stessa pasta di quelli che hanno appoggiato l’apparato che eliminò Moro. Anche l’immigrazione forzosa, come il delitto Moro, appare essere imposta da poteri sovranazionali; es. l’attività in Calabria di C. Catrambone, che è passato dall’assistenza ai mercenari USA in Medio oriente agli sbarchi di immigrati in Italia. E non è senza conseguenze dannose per gli italiani anche se finanziata da privati. Nel farsi canale di finanziamento per l’immissione di masse di stranieri non ci si chiede quali forze già la finanziano, con larghezza di mezzi e con fini opachi. La sensibilità etica del giudice è cieca e ha un picco proprio dove coincide con l’attaccare il cavallo dove vuole il padrone, a danno della nazione. Lo stesso padrone che la magistratura lascia libero di delinquere e a volte aiuta.

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22 gennaio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Manenti “Se a bordo di quel barcone ci fossero stati dei gattini”

Tra un insulto e l’altro (barbari, imbecilli, vergognosi) il sal(i)vatore di turno spiega che “i gattini non c’entrano nulla con un mare (pieno) di cadaveri”. Invece qui c’entrano. Il Bene ha due fonti. C’è il Bene del cuore, un trasporto istintivo verso familiari, amici, compatrioti; e il Bene di testa, del perché è giusto così, verso tutta l’umanità e gli altri esseri. La gattara, che tratta tutti i gattini come bambini orfani e ignora chi le sta attorno, tratta col cuore solo un pezzettino, e che fa parte di ciò che va trattato con la testa. Si viola la sfera limitata del Bene del cuore inserendovi pochi che vanno trattati come la massa sterminata di altri sconosciuti che è giusto trattare col Bene razionale, di testa. Appartengono infatti ai popoli verso i quali si hanno doveri di testa, non ragioni di cuore. Per i gattari contano solo quelli in mare da sbarcare da noi; non quello che si può e si deve fare razionalmente per intere popolazioni, inclusa la nostra; che viene calpestato. E’ una concezione egocentrica e distorta; è l’etica pazzigna della gattara. Il forzare problemi che vanno trattati con un’etica razionale e collettiva entro la sfera emotiva personale è una delle varie forme di violenza mascherata dell’immigrazione forzosa; insieme ai morti in mare, ricatto sociopatico, lubrificante retorico per il quale, in nome del Bene vero, andrebbero indagati per strage con dolo eventuale quelli che se ne avvalgono per poterci mandare i salivatori a farci la morale.

@ Fixman e Trix 180. Non sono affatto leghista; né ho assorbito particolari ideologie politiche. Forse sei tu un soggetto di sacrestia. Io non capisco niente e sono egoista, dici. Tu sei un capitone, maestro di solidarietà, e ti vengono le lacrime agli occhi al pensiero di quello che ti renderà questa marchetta. Inutile dirti che l’omissione, anche di doveri di ufficio, è non indagare e non perseguire l’indurre e il lasciare accadere incidenti, anche con morti, per giustificare la frode del servizio navetta come soccorso e per forzare la violenza dell’immigrazione. Pensando ai danni sanguinosi che state seminando, viene in mente Cicerone: “Fra tutte le specie di ingiustizia la più detestabile e odiosa è quella di coloro che, quanto più ingannano, più cercano di apparire galantuomini”.

@ ildragoalatodira. Se vuole discutere non dovrebbe concludere con “punto e basta”. Vada per fare sparire il concetto di patria; il patriottismo, “l’ultimo rifugio del mascalzone”, può portare a calpestare i doveri verso tutta l’umanità. Ma quello di nazione? L’insieme degli italiani non conta nulla ? O italiano o di Tonga, per lei il legame è lo stesso? Un malinteso patriottismo può fare gravi danni, è vero. Ma mi pare che in Italia ci sia una carenza di spirito repubblicano, e un familismo atavico, deteriore e e contiguo alla mentalità mafioide. Mi pare che ci si preoccupi dei danni da obesità su un soggetto che è denutrito. Inoltre il canone italiano, di badare a sè stessi e alla propria famiglia, fregare il compatriota e arruffianarsi col potente di turno, non funziona più nel mondo attuale. Il cosmopolitismo è l’ultimo rifugio del poveraccio. Absit iniuria. Senza una dimensione autenticamente comunitaria, pacifica e civile ma ben delineata, senza restare uniti come etnia, non solo si perde in dignità, ma si affonda verso gli ultimi posti, come sta avvenendo.

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22 gennaio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Tani “Liliana Segre: “Da ebrea ero clandestina: so cosa vuol dire. Come posso gridarlo a chi erge muri?”. E commuove i ragazzi” “

E’ bene ricordare sempre la più recente persecuzione degli ebrei, quella nazifascista. Anche perché gli ebrei furono perseguitati da chi era in una posizione di potere. Vigliaccamente, la gente accettò gli ordini dall’alto. La stessa vigliaccheria, la medesima vigliaccheria che oggi che gli ebrei sono potenti, e sono serviti dalla crema della ruffianeria nazionale, porta ad accettare la strumentalizzazione di quegli orrori indicibili per favorire la dissoluzione globalista dell’Italia; mentre si finge di non vedere i muri di Israele contro gli altri abitanti della terra che ebrei e palestinesi dovrebbero condividere.

@ maselio. A mio modesto parere, paragonare i ragazzotti africani che si ciondolano a nostre spese agli ebrei nei lager, e considerare come fuori tema e “inquinante” (!) il tema della discriminazione ebraica verso i palestinesi mentre da ebrei si sale in cattedra a predicare principi universali di uguaglianza e pace, e da quella cattedra si paragonano al razzismo fascista gli italiani che stanno subendo un’invasione contro la loro volontà, non è una posizione seria e decorosa.

@ ilfattodiluca. Ai tempi della banda Irgun anche gli ebrei facevano i terroristi. E comprendevo le loro ragioni, quelle di volere avere una terra dopo tante persecuzioni. Oggi però a sentire voi le ingiustizie ebraiche contro i palestinesi non esistono, e invece esisterebbe un razzismo fascista degli italiani contro gli stranieri che vengono portati qui a forza, contro il nostro volere. Le parole della senatrice sulle violenze a base etnica e sui discorsi strambi coi quali il potere le sostiene sono vere, ma sono anche autologiche: sono anche predicato di sé stesse.

@ Si cominciò a uccidere palestinesi già con la banda Irgun, e non si è smesso. Quell’area è un roveto che arde senza mai spegnersi, come per una maledizione divina. A proposito delle “differenze” mi rifaccio a quello che mi disse un patologo forense ebreo di Boston sul conflitto ebrei-palestinesi: “problem is each group thinks their shit doesn’t stink”.

@ Roberto1969. Una volta un libanese in USA mi disse che gli israeliani facevano assassinare i leader arabi più ragionevoli, quelli che volevano trattare con gli ebrei per arrivare alla pace. Non so se sia vero, ma qui da noi mi sembra si voglia applicare la tattica dell’estremizzazione, stimolando il peggio in un popolo come l’italiano che non ha tra le sue sfortune quella di ritenersi superiore o eletto. Per poi accusarlo di essere razzista. Sembra vi dispiaccia che non ci sia tutto questo razzismo. Trovo assonanze tra il tuo insinuare che vengano adottate in Italia le concezioni di un criminale come Hitler, che era un abile manipolatore delle masse, e questa tattica criminale; e anche con le scritte razziste “goym shit” “gentili merde” che ricordo nei cessi di rinomate università di Boston.

@ Roberto1969. Mi chiedi di dirti se credo 1) che ci sia un’assonanza tra i discorsi di Hitler e gli slogan contro l’immigrazione. 2) Che oggi qualcuno stia manipolando le masse per acquisire potere. Rispondo. 1) è una domanda così tendenziosa e insultante che non merita altra risposta che c’è un’asinanza nel paragonare a Hitler l’opposizione alla violenza dell’immigrazione imposta. Bisogna invece chiedere perché odiate l’opposizione lecita e civile a una violenza etnica di diverso segno, e la vogliate dipingere coi colori dell’infamia accomunandola a frange estremiste, e spingerla in quella direzione. Sul tema della sollecitazione della pazzia estremista in Italia, penso a Moro, si dovrebbe avere almeno il buon gusto di tacere; e noi dovremmo stare attenti, dati i precedenti. 2) Tra quelli che manipolano le masse a fini di potere ci siete voi coi questi discorsi tristi e grotteschi, che arrivano a strumentalizzare un tentativo di genocidio per bloccare il confronto democratico e seminare oggi danno e zizzania. Chiedetevi voi che genere di lezione avete imparato dalle grandi tragedie della storia, e dove vi collocate rispetto ad esse con questo comportamento cinico e disperato.

@ Roberto1969. Grazie, mi fai un complimento. Troppo buono. Ci sono muri che opprimono e mura che liberano. In genere chi pratica l’odierno saturation advertising martellandoci di slogan contro i muri vuole abbattere le seconde e rafforzare i primi.

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24 gennaio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post: “Giorno memoria, Mattarella: “Negare diverso porta a immani tragedie. Italiani combattano odio e rifiutino indifferenza”

Il non accettare di subire l’immigrazione forzosa porta al nazismo; è vero come è vero che “Il lavoro rende liberi”. E’ capzioso attribuire la resistenza alla violenza dell’immigrazione forzosa ad un rifiuto della diversità del genere di quello che portò ai deliri nazisti e alle immani sciagure che ne seguirono. Il problema oggi da noi non risiede nella diversità prima facie degli immigrati che ci vengono imposti: il problema è in ciò che ci accomuna data la natura umana. Dietro a usi e costumi diversi siamo uguali; e non è un complimento. “La maggior parte degli indiani, come del resto la maggior parte degli inglesi, è una merda”. Da una lettera del 1922 di E. M. Forster, l’autore di Camera con vista e di Passaggio in India, a un amico indiano. Il commento agro di Forster, noto per la sua vis polemica contro l’ipocrisia, è stato citato da S. Leys (1) per sintetizzare l’opinione di G. Orwell, sincero socialista e filantropo autentico, sulla mescolanza di colonizzatori e colonizzati in Birmania.

1 Orwell o l’orrore della politica. 2007.

@ Minutemen. Tutti possono dire una fesseria. Ma non una serie a catena come fai tu. Se si è capo dello Stato poi c’è un dovere di decoro e temperanza negli argomenti nel rivolgersi al popolo che si dovrebbe rappresentare.

DrugoLebowsky. “gli immigrati che ci vengono imposti”. se internet funzionasse come dico io, una santa manina avrebbe gia’ cancellato il tuo account.

@ DrugoLebowsky. Bannarmi perchè dico che gli immigrati ci vengono imposti commentando un discorso di Mattarella che accosta l’opposizione all’immigrazione al genocidio nazista e predica l’amore universale. Sì, ma bannando la repressione appare chiara. Meglio “sante manine” alla notabile siciliano. Torno adesso dal centro di Brescia, dove ho avuto un incontro ravvicinato, a baciare, con due agenti di PM del sindaco PD, e poco dopo ho ricevuto un assordante scorreggione da un bus (BV178DY) di Brescia Mobilità (presidente prof. Scarpa, Università di Brescia) che si è fermato davanti a me fuori percorso davanti alla biblioteca Queriniana, dove ero diretto. Ha depositato il messaggio ed è ripartito. C’era un controllore da caricare, anche lui fuori percorso, proprio lì e in quel momento. Poi una comparsata dei CC, e prima un paio degli spazzini di A2A di Valotti (un altro professore, questo della Bocconi) amico di famiglia, probabilmente “fraterno”, di Mattarella; non manca mai di farsi parte diligente quando scrivo su Mattarella, anche se dopo che ho documentato le spazzatrici che mi cospargono di polvere della strada sembrerebbe essersi moderato nei modi materiali di accettazione del “diverso”. Siamo come nella Sicilia colta e tollerante di Federico II, perbacco, mica a Dachau o nella Castellammare del Golfo del dopoguerra.

DrugoLebowsky. sostieni la tesi complottista della sostituzione etnica. in un paese civile dovresti essere in ceppi e senza connessione internet.

Va bene, accetto le mie colpe e sono pronto a una pubblica autocritica. E anche a un supplemento di pena, per avere aggiunto che questo caricaturizzare, per il quale l’opposizione all’immigrazione forzosa diviene l’uovo del serpente dei massacri nazisti, e il mescolare come biglie masse di persone di etnie diverse diviene “sostituzione etnica”, non evoca un’immagine di serietà e onestà. A proposito di facili costumi, oso sperare che qualche tua congiunta, o qualche congiunta dei campieri che a Brescia tutelano come si deve le alte parole di don Sergio Mattarella, farà l’opera buona, di misericordia corporale, del visitare i carcerati, venendomi a consolare quando avrete ottenuto il paese civile per il quale vi state tanto impegnando a colpi di mazza e mi avrete messo ai ceppi.

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26 gennaio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Anno giudiziario, toghe contro dl Sicurezza. ‘Scorciatoia, nutre illusione repressiva’. ‘Perso senso di umanità, pietà è morta’”

Le critiche tecniche dei magistrati al decreto Salvini vanno ascoltate con attenzione. Ma espressioni come “perso senso di umanità, pietà l’è morta” pro immigrazione forzosa suonano false. I magistrati indossano vesti – e facce – tra loro incompatibili per mantenere la coerenza nel servire i poteri che tengono sottomessa e sfruttata l’Italia. Guardano con compatimento chi non crede ai loro discorsi gelidi e pietrosi su come la legge sia diversa dalla giustizia e dall’etica, che pronunciano quando lasciano impuniti e favoriscono crimini gravissimi ordinati dai poteri forti; e vestono il saio logoro del profeta per predicare l’amore senza gradazioni, e fare quindi passare per pietà e umanità le prevaricazioni, ordinate dagli stessi poteri, che confliggono con la legge, oltre che col naturale senso di giustizia e di equità del popolo.

@ matrac65. I magistrati, che sostengono e applicano a favore dei crimini dei potenti a danno dei cittadini un principio di autonomia della legge rispetto alla giustizia, più implacabili di Creonte, poi divengono delle Antigone, predicando un primato di una asserita giustizia sulla legge, quando ciò favorisce altre violenze sui cittadini degli stessi potenti. Ciò che viene realmente applicato è il “Codice Atlantico”; un librone che contiene la semplice regola di plasmare diritto, leggi, etica, procedure, giudizi etc, come Pongo ai voleri all’alleanza, o meglio sudditanza, che prende il nome dall’Atlantico del Nord. Nel palazzo di giustizia dove opera uno degli alti magistrati citati nell’articolo, palazzo che i magistrati hanno intitolato a uno dei massoni fondatori della P2 storica (Zanardelli) mentre erano intenti a continuare a mandare assolti gli esecutori della strage piduista di 40 anni prima, questo codice lo hanno sempre a portata di mano.

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11 marzo 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Tani “Migranti, Cattaneo: “I corpi del Mediterraneo parlano. Guardando nelle loro tasche scopriamo che loro sono noi””

Certo che “loro sono noi”:
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Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l’Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. (J. Donne).
ccc
Ma i migranti vengono trasbordati, “salvati” e immessi contro la nostra volontà sul nostro territorio per un disegno di potere, non per ragioni umanitarie. Nessuna voce tra i patrizi si alza per dire che morti e violenze servono come giustificazione alla violenza dell’immigrazione forzosa; nessuno risale la catena delle responsabilità di questo lubrificante morale. I privilegiati considerano solo, oltre alla propria, l’isoletta delle persone in mare, mentre ignorano il continente dell’umanità e il suo sfruttamento. Non riconoscono una terra unica, come vogliono far credere, ma la frammentano ulteriormente. Questo precipitarsi a salvare isolette staccate apposta mentre si tace sull’affondamento di interi continenti, in stretta conformità alla volontà del potere, questo predicare umanità mentre si servono le forze che seminano disordine e ingiustizia, questo riduzionismo caricaturale indegno di chi si occupi di scienza o di diritto, del resto sono tipiche degli spocchiosi ambienti medici e giudiziari lombardi dei quali la dottoressa è espressione.

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21 marzo 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Bauducco “Mafia, Don Ciotti: “Vero nemico non sono migranti, ma criminalità organizzata. Governo? Finora ha fatto poco””

Il nemico non sono i migranti. Ostili nei nostri confronti semmai sono i preti e gli altri che li fanno entrare e ci guadagnano. E che ci dicono che siamo malvagi e peccatori se non accettiamo mansueti l’imposizione di mantenerli e di subire i costi sociali di quest’altra operazione regressiva liberista; un discorso piuttosto simile a quello col quale i mafiosi fanno passare il pagamento del pizzo per l’atto di carità dell’assistenza alle famiglie dei carcerati. Se i mafiosi venissero a mancare, debellati da un’antimafia vera, smetterebbero di coprire e rendere intoccabile la corruzione e il parassitismo dei “buoni”, che si ingrassa nascosto dietro all’antimafia delle processioni e delle prediche.

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27 marzo 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti, Papa Francesco: “Tenere ferma la nave di Open Arms? E’ un’ingiustizia””

Usare gli imbarcati stessi come ostaggi per farli entrare a forza, un ricatto morale che usa la violenza sui migranti per il fine della violenza su di noi dell’immigrazione forzosa, non è una ingiustizia. E’ un crimine, sostenuto dal potere. Al tempo della filantropia tossica, dei “filantropocapitalisti”*, i preti fanno affari con un uso tossico del Vangelo.

*Parramore L. Toxic Philanthropy? The Spirit of Giving While Taking. Trad. italiana: Filantropia tossica: lo spirito del dare mentre si toglie. L Mancini, Appello al popolo.

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7 aprile 2019

Blog De Il Fatto

Commento al post “Migranti, De Falco (ex M5s) salirà a bordo della nave dell’ong Mediterranea: “Continuano partenze e morti in mare””

La Guardia costiera che paghiamo e onoriamo perché difenda i nostri confini riceve, grazie agli uffici dei preti, riconoscimenti per “l’accoglienza”. Tra i tanti morti sul fondo del Mediterraneo ci sono anche i marinai italiani dilaniati e annegati nella II Guerra mondiale per il tradimento dei vertici della marina militare, che lavoravano sistematicamente per gli inglesi (A. Trizzino, Navi e poltrone, 1966). Dopo la guerra uno degli ammiragli venduti fece passare il suo comportamento per antifascismo e per amore dell’Italia. Di quel massacro di italiani fatti uccidere dai loro capi non si parla. E’ uno dei capitoli del libro delle vicende indicibili della nostra storia, la cui conoscenza ci aiuterebbe a meglio comprendere il presente. Incluso il servizio immissione di clandestini mediante navi della marina militare al servizio dei poteri forti e a danno del Paese; il suo essere fatto passare per gesto di umanità; e le accuse tartufesche di razzismo a chi si oppone, parallele al tacciare di simpatie fasciste chi chiami traditori i traditori nella sciagurata guerra voluta dalla follia fascista. “Nessun cittadino può sentirsi sicuro se non è certo che l’onore militare ispira i suoi difensori”. E’ la frase conclusiva del libro di Trizzino, una considerazione che gli italiani dovrebbero fare, e non solo riguardo all’arma della Marina.

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25 aprile 2019

Commento al post di M. Milone “25 aprile, la ‘banda Mario’: storia degli africani che si unirono ai partigiani delle Marche. “L’empatia vinse sulla paura del diverso””

Onore ai nostri fratelli africani che hanno partecipato alla guerra partigiana. Il ricordo della loro vicenda dovrebbe essere un motivo in più per non imbarcare i disertori africani che fuggono dalla responsabilità verso il proprio paese e vengono a imboscarsi da noi.

Hubble: Ma va a c…

@ Hubble. ‘Se scruti a lungo l’abisso, l’abisso scruterà dentro di te’. Nietzche. Il tuo commento tradisce una permanenza eccessiva – come per tanti profittatori dell’immigrazione forzosa – nello stare a scrutare profondità insondabili, nella stanza più riservata della casa, sollevata la tavoletta.

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26 aprile 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti, per negare l’asilo il giudice deve provare l’assenza di pericolo nel Paese di provenienza. Non bastano fonti generiche. A stabilirlo è stata la Cassazione accogliendo il ricorso di Alì S., cittadino pakistano al quale la Commissione prefettizia di Lecce e poi il Tribunale della stessa città, nel 2017, avevano negato di rimanere in Italia con la protezione internazionale”.

Quando la mamma chiama il picciotto corre. Quando i poteri forti chiamano il magistrato corre.

Tutti i commenti, numerosi e per lo più di critica, sono stati cancellati da Il Fatto dopo avere chiuso il post. Uno dei commenti di altri blogger cancellati:

Eppure sono gli stessi giudici che avevano considerato impari la richiesta di dimostrare il non possesso di beni immobili nel paese natale per poter accedere a sussidi economici. Quindi prima era troppo ostativo ottenere documenti e informazioni dal paese natale, mentre ora diventa obbligatorio. Sempre molto coerenti costoro.

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27 aprile 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. Fierro “Mimmo Lucano sceglie ancora Riace e dà una lezione all’intero mondo politico”

Per me l’antimafia, in Calabria e in Lombardia, mentre modera, guardandosi dallo spegnerlo, il potere mafioso, serve da paravento – e anche da braccio operativo – alla libera mafioseria di massoni e preti. Il piedistallo dell’antimafia conferisce, tra le varie licenze, quella di sostenere senza ritegno una tesi e il suo contrario, in conformità agli interessi dei poteri che tirano i fili. Dà un esempio di ciò un autore antimafia come Fierro. Si presenta come apostolo dell’antirazzismo nel caso degli africani immessi a forza sul nostro territorio; mentre ha teorizzato la figura del calabrese come essere geneticamente tarato, incline a violenze bestiali perché portatore di un “DNA maledetto” (sic) che si sarebbe diffuso nella popolazione sotto la pressione selettiva di “frane, vento e fiumare” (Il Fatto, 23 dic 2013). Ora il cantore dell’antimafia, in una regione dove se si volesse fare sul serio contro la ndrangheta la legalità sarebbe tenuta strettamente in riga a partire dall’ambito istituzionale e da quello della vita quotidiana, assume le concezioni e i toni celebrativi de “I mafiosi della Vicaria”, difendendo come nobile iniziativa dal basso l’abuso di potere, l’illecito, l’arbitrio e il caos imposti dai poteri forti a nostro danno.

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21 maggio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Riace, Tar riammette comune di Lucano nel sistema Sprar: “Da esclusione decisa dal Viminale possibile danno erariale””

“Ritiene il Collegio che i riconosciuti e innegabili meriti del ‘sistema Riace’”. Gli anglosassoni hanno una espressione per questo infilare come verità indiscutibile ciò che è a dir poco controverso: “Hand-waving”, l’equivalente del gesticolare in sostituzione di argomenti validi. L’articolo di Wikipedia sull’hand-waving ne riporta l’uso in vari contesti:

Hand-waving (with various spellings) is a pejorative label for attempting to be seen as effective – in word, reasoning, or deed – while actually doing nothing effective or substantial.[1] It is most often applied to debate techniques that involve fallacies, misdirection and the glossing over of details.[2] It is also used academically to indicate unproven claims and skipped steps in proofs (sometimes intentionally […]

Handwaving is frequently used in low-quality debate, including political campaigning and commentary, issue-based advocacy, advertising and public relations, tabloid journalism, opinion pieces, Internet memes, and informal discussion and writing. If the opponent in a debate or commentator on an argument alleges hand-waving, it suggests the proponent of the argument, position or message has engaged in one or more fallacies of logic,[2] usually informal, and/or glossed over non-trivial details,[2] and is attempting to wave away challenges and deflect questions, as if swatting at flies. (Wikipedia)-

Non ne riporta la presenza in sentenze di magistrati professionisti.

@ Helvetius. Davanti a una sentenza emessa dal Padreterno, o da qualche furbo che si presenta come suo portavoce accreditato, qualsiasi obiezione è uno “sproloquio”. Ma in una sentenza di tribunale amministrativo che c’entra una lode apodittica a comportamenti oggetto di infuocato dibattito politico, di procedimento penale, e palesemente imposti da poteri globalisti extra-legali contro la volontà della maggioranza del popolo? Che genere di lavoro svolge una corte che asseveri con toni roboanti e vuoti la moralità superiore – o il camuffamento con pelle d’agnello – dalla quale una delle parti (quella che serve il più forte) dice di essere motivata ? Che c’entra in una sentenza un commento partigiano, non indispensabile al giudizio, e di un livello argomentativo da televendita? Che c’entra in una sentenza l’hand-waving da troll, del quale dai a tua volta un saggio nell’accorrere in soccorso.

@ Traurig. Non credo di avere capito tutto e non ho dubbi sulla possibilità di essere a mia volta preso per i fondelli. Proprio per questo davanti a una disputa pubblica sono abituato a considerare non solo due possibilità, se abbia ragione l’uno a l’altro, ma anche una terza, che sia una manfrina imbastita da chi muove i fili. Questo finissimo strumento analitico è suggerito dalla scena de “I soliti ignoti” dove Gassman prende a pugni Ferribbotte che importuna la servetta per carpirne la fiducia. Con Salvini non ho nulla a che spartire, e il comportamento del Viminale a protezione degli interessi forti come quelli che citi – conosco bene i grandi interessi illeciti del business biomedico legale – non mi pare diverso da quello dei suoi predecessori. Ma è sbagliato accettare la scena, e parteggiare, secondo la tradizione o la maledizione italica, per uno dei due pupi. Anche un pazzo può dire il vero (Grozio). Nella società dello spettacolo il vero è un momento del falso (Debord). Bisogna cercare di giudicare autonomamente, in base al merito; incuranti del fatto, o meglio guardinghi, che la propria posizione sembri simile a quella di un partito. Valutare per analogia, per appartenenza, è un errore logico e pratico; come sostenere che i terroristi portano i calzini, Tizio porta i calzini, Tizio è un terrorista.

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20 giugno 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Giornata dei rifugiati, Mattarella: “L’accoglienza è un dovere costituzionale. Ma nessun Paese può fare da solo””

Se davvero fosse l’accoglienza dei profughi l’imperativo al quale chi comanda si sta sottomettendo lavorando per l’immigrazione forzosa, non si regalerebbero le risorse ai giovani bellimbusti con l’iphone, e si impedirebbe loro di occupare posti che dovrebbero andare ai rifugiati veri. L’assistenza ai profughi è solo la foglia di fico per il travaso di stranieri funzionale a interessi economici. Non è un dovere costituzionale sabotare e minare la Repubblica; e citare in appoggio la Costituzione indica un disprezzo per la Costituzione stessa. La costituzione che Mattarella vuole sia applicata è quella del barone siciliano, per la quale chi occupa il palazzo è da un lato un vassallo, fedele esecutore degli ordini della corona; dall’altro un autocrate sui suoi mezzadri e braccianti, ai quali detta anche l’etica, e dei quali decide il genere di vita, potendo riscrivere la carta dei loro diritti e doveri a suo piacimento.

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7 luglio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Mediterranea, il capitano della nave Alex: “Un agente piangeva mentre controllava i documenti. Un altro ci ha ringraziato””

Accettare questo invito grottesco alla lacrimuccia non è solo ingenuità; è anche un segno della debolezza verso le figure di autorità che gli italiani scontano sulla loro pelle. Forse ci saranno poliziotti ipersensibili e dai rubinetti facili; ma in genere in questi casi vale quello che scrisse Celine della borghesia, “impassibile e piagnucolosa”, a seconda della convenienza personale, e quindi anche a seconda di ciò che il copione del potere prescrive. La consolidata ruffianeria delle forze di polizia e della magistratura verso i poteri forti è tra i principali fattori nascosti per i quali l’Italia non è un Paese per onesti. Ruffianeria verso i poteri forti che include la collaborazione ai soprusi abusando del potere istituzionale, e, come in questo caso, partecipazione alle narrative volte a fare passare per uno stato di cose normale o lodevole lo sfruttamento. “Salvarne” uno e sommergere cento persone comuni, italiani e stranieri, nell’impassibilità complice delle quinte colonne.

@ Stendhal. Credo che il tipo umano che oggi serve il potere dando del nazista a chi si oppone all’immigrazione forzosa sia lo stesso, sia il discendente morale di quello che allora serviva il potere nella caccia agli ebrei; che collabora con il più forte, privo di vergogna. Il tipo umano del delatore. “Se tutte le città d’Italia avessero fatto come Sarzana il fascismo non sarebbe passato”: Sandro Pertini. A proposito di forze di polizia, a Sarzana i carabinieri bloccarono i fascisti; oggi gli stipendiati di polizia calano le brache recitando queste farse patetiche. Se Vittorio Emanule III, detto Sciaboletta, avesse firmato il decreto d’assedio non saremmo caduti nel baratro del fascismo. Se avessimo la spina dorsale per esercitare il modesto sforzo occorrente a fermare l’immigrazione forzosa, come fanno altre nazioni, eviteremmo danni futuri. Se non lasciassimo campo libero ai ruffiani, agli intriganti con la tonaca, ai gauleiter, agli sciaboletta ai quali va bene che si affoghino neri per esercitare il ricatto morale per il quale gli unici da soccorrere, gli unici infelici sulla faccia della terra sarebbero i giovanotti con le treccine che hanno pagato il biglietto per il passaggio sui barconi, potremmo vivere meglio noi e fare qualcosa di buono per chi ha davvero bisogno nei paesi svantaggiati.

@ Stendhal. Non è plausibile che masse di persone paghino un lungo viaggio per andare a farsi internare volontariamente in lager allucinanti dai quali poi, se sopravvissuti, tentare di fuggire. Ricorda quel che racconta Woody Allen, di quando faceva telefonate oscene a una donna; e di come le facesse “collect” a carico del destinatario, e la donna le accettasse sempre. Non cito Woody Allen perché sono favorevole alla causa degli ebrei di New York. E Woody Allen non mi piace molto. Però la battuta è buona. Se cito una descrizione della borghesia di Celine, questo le darebbe il diritto di attriburmi sentimenti nazisti e da sterminatore di ebrei? Humani a mi nihil alienum puto. Cerco di riconoscere e prendere il buono tra un mare di paccottiglia e di veleni; anche se la fonte ha idee politiche o finalità lontane dalle mie. Quelli che parlano come lei, applicando le suddivisioni puerili tra martiri, demoni e santi tracciate dalla propaganda, cercano di racimolare una pagnotta, raccogliendo e lanciando qualsiasi spazzatura. Invece di organizzare ronde per il controllo del linguaggio e dei sentimenti altrui vedete di mettere mano a ciò che è racchiuso nei vostri sepolcri imbiancati.

@ Stendhal. La pietà e la solidarietà false imposte dagli strozzini tramite mezzani sviliscono i loro corrispettivi autentici. Per non parlare di quelli che di mestiere dicono di essere portavoce della divinità, e indossati paramenti di genere insultano coloro che resistono ai loro raggiri come fanno indovini e fattucchiere. La prostituzione di valori etici e religiosi a interessi di potere non è pietà o solidarietà. È santimonia, che già prima di Cristo era riconosciuta come rivoltante: “Fra tutte le specie di ingiustizia la più detestabile e odiosa è quella di coloro che, quanto più ingannano, più cercano di apparire galantuomini”. Cicerone.

@ Stendhal. Segua lei il mio consiglio, ceda l’armamentario a qualche emulo di Otelma e bussi al portone del luogo che meglio può accoglierla: la più vicina casa circondariale.

@ Stendhal. Spiace sempre per una persona al gabbio. Comunque la pena deve comprendere anche la riabilitazione; alla quale lei può avvicinarsi considerando questa notizia edificante del 7 luglio 2019, dei poliziotti che scoppiano in lacrime davanti alla flotta delle Ong; e la notizia di ieri, 8 luglio, l’assoluzione definitiva dei CC per l’omicidio di Giuseppe Uva. Rifletta e mediti su di esse, come farebbe per parabole evangeliche, le compari, con la sua intensa spiritualità. Si ponga come astri che guidano il cammino fulgidi esempi come questi del Vero e del Buono – ce ne sono tanti – li assimili, aiutato dalla Fede, e vedrà che si troverà pronto a rioccupare senza dover temere nulla il suo posto nella società dei liberi.

@ Stendhal. La compartimentazione, indispensabile alla vita e ubiquitaria nelle strutture biologiche, è un valore; contrariamente a quanto sostiene chi dice “ponti non muri”, come Bergoglio; o come il presidente dell’associazione USA delle case farmaceutiche, che ha spacciato per un creare “ponti” (Holmer AF. Direct-to-Consumer Prescription Drug Advertising Builds Bridges Between Patients and Physicians. JAMA 1989. 281. 380) l’induzione della domanda di farmaci tramite pubblicità (Hollun MF. Direct-to-Consumer Marketing of Prescription Drugs. Creating Consumer Demand. JAMA, ivi) sostanzialmente fraudolenta. Quindi plaudo alla sua asserita voglia di frapporre una barriera tra quelli come me e quelli come voi. Come commentò Guareschi dopo essere stato fatto cadere in un intrigo vero tramite un intrigo falso, “Se la canaglia impera il posto degli onesti è la galera”. Certo, i ser Ciappelletto e i frate Cipolla possono giocare sulla confusione tra chi è la canaglia e chi l’onesto; Pinocchio, incarcerato perché vittima, sarebbe rimasto in carcere nonostante l’amnistia se non si fosse dichiarato malandrino. Ma la segregazione di due classi antitetiche è già una forma di ordine. Però non sciupi tutto con i suoi rosari; l’importante è che rimaniamo dai lati opposti delle sbarre.

@ Stendhal. La lascio alle “pure gioie ascose” del suo cenobio.

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8 luglio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti, la messa del Papa per rifugiati e volontari: “Per Dio nessuno è straniero””

“Per Dio nessuno è straniero”; per i poteri che il papa serve siamo tutti stranieri, tutti “africa” da ammassare mescolati negli stessi recinti per essere meglio sfruttati. Davanti a questa propaganda monocorde e ossessiva viene da pensare che da qualche parte debbano esserci dei credenti autentici che recitano le loro preghiere e agiscono per gli ultimi veri, per i dimenticati sconosciuti abbandonati a destini crudeli in terre lontane, o tra noi; non per gli arrembanti delle Ong deep-pocket e del Vaticano che occupano stabilmente le copertine dei tg, le prime pagine dei giornali, i talk show, i blog e le prediche del clero.

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13 gennaio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post di J. Fo “Cosa dà forza al razzismo? La paura”

Sì, la paura. Ma l’opposizione all’immigrazione forzosa è principalmente paura della tirannide. Una tirannide non riconosciuta come tale ma percepita. E’ tirannico uno Stato che mentre maltratta, abbandona, fa sfruttare, costringe a emigrare i suoi cittadini decide di immettere masse di stranieri in obbedienza a disegni dettati da chi controlla il mondo. La giusta istintiva avversione alla tirannide non dichiarata che si sta subendo (avversione intercettata da politici come Salvini) viene dipinta come razzismo, che è al più un fenomeno secondario e reattivo. A tacciare di razzismo e di paura per indurre ad accettare la tirannide sono quelli che, a tutti i livelli, sono mossi da una paura più vile, che li spinge a mettersi a servire punto per punto l’agenda dei potenti a danno della loro stessa comunità. Fingendosi depositari di sentimenti magnanimi quando sono i primi fifoni.

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8 luglio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti, papa Francesco: “Non immaginate l’inferno dei lager in Libia, basta versioni distillate. È Dio a chiederci di sbarcare””

Come può essere che masse di persone continuino a farsi rinchiudere volontariamente in lager infernali? Mi ricorda di Woody Allen che raccontava che faceva telefonate oscene a una donna. Le telefonate erano “collect”, a carico del destinatario. E la donna le accettava.

L’inferno volontario è una premessa di comodo alla scontata conclusione che neppure Dio che sa tutto vede altra soluzione che quella di imbarcarle sulla pericolante nave Italia, e perciò ci “chiede” di farlo – in pratica ci obbliga a farlo tramite la sua pia ancella Lamorgese.

Non è lecito scherzare sulla sofferenza altrui, qualunque sia il suo grado reale dietro alla propaganda. Ma è lecito e anzi è doveroso non prendere sul serio le parole dei broker della sofferenza. Di coloro che per professione vi speculano. Sia gonfiando a dismisura l’allarme su una porzione minuscola rispetto al totale, quella che gli fa comodo per i loro disegni di potere e arricchimento, come i giovani del Terzo mondo che investono nella traghettata Libia-Italia; sia trascurando e occultando il resto della sofferenza, cui hanno contribuito e continuano a contribuire, in concorso coi poteri che a parole condannano, nelle terre di partenza e in quelle di approdo.

@ John Green. Io non ho una buona opinione degli immigrati: penso che siano come noi. E non credo quindi che siano dei poveri sprovveduti usciti dalla foresta che non sappiano ormai cosa li attende in Libia, che non sappiano fare i loro conti, e che continuino a farsi imbrogliare.

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12 agosto 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Sant’Anna di Stazzema, Mattarella ricorda l’eccidio di 76 anni fa: “Non ignorare rigurgiti di intolleranza, odio razziale e fanatismo”

Chi è alla guida del Paese non perde occasione per accostare gli orrori del nazismo alla resistenza democratica all’ideologia che spaccia come aiuto umanitario al Terzo Mondo l’immissione forzosa di giovani stranieri a fini economici e di potere. Non viene mai posto il paragone più calzante tra l’attuale acquiescenza servile e sconsiderata alla dissoluzione dei confini e delle identità locali imposta dal globalismo e l’acquiescenza servile e miope che permise il fascismo, le discriminazioni razziali, un’entrata in una guerra due volte sciagurata – come guerra di aggressione essendo militarmente impreparati – e le conseguenze tragiche e degradanti che ne seguirono.

Scuotivento: Il suo problema non è che ha studiato alla scuola della vita ed all’università della strada.
È che l’hanno bocciata pure lì

@ Scuotivento. Censurato. Siete così moralmente compromessi che dovreste stare più attenti anche nell’insultare. E’ un tasto falso quello dei bocciati e promossi – un tema tragicamente serio per il destino della nazione, che non dovrebbe stare su certe bocche – parlando di Mattarella, visto l’impressionante andamento del grafico con in ascissa l’aderenza al potere, e in ordinata le fortune, dei tre politici Mattarella.

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11 ottobre 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Covid, Lamorgese: “Esercenti bar e ristoranti siano responsabili, ieri a Milano ho visto tavoli troppo vicini. Migranti? Non portano loro il virus””

La Lamorgese inganna dicendo il vero: non bisogna cadere nel trabocchetto, rispondendole con la facile contestazione che invita, che gli immigrati sarebbero gli untori. La violenza e l’uso sociopatico di principi etici per l’immissione forzosa di masse giovani uomini stranieri in cerca di vantaggi e la violenza e l’uso sociopatico di principi etici per la Sharia da ingigantimento dell’epidemia covid sono manovre sostanzialmente separate. Anche se convergenti a danno degli italiani.

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22 marzo 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. Cornegliani “Migranti, studio ActionAid: “L’Italia ha usato 1,3 miliardi quasi solo per contrasto e controllo dei confini. Solo l’1% per gli arrivi legali””

La sorosiana* ActionAid ci dice di sguarnire ulteriormente i confini e di ampliare il flusso migratorio legalizzandolo. E’ dando ascolto a direttive esterne come questa che l’Italia oggi è prima al mondo tra le grandi nazioni per tasso di mortalità covid dall’inizio della epidemia. Ed è sulla strada per essere il paese che farà il maggior tonfo, la preda più grassa e il posto dove le persone comuni più soffriranno le conseguenze delle misure imposte per il nostro bene e in nome di alti princìpi.

*Gagliano G. Guerra economica. Guerra dell’informazione. 2018.

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13 maggio 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Modica “Migranti, Sassoli replica a Orlando: “Servizio civile per i salvataggi? Direzione giusta, ma i governi non vogliono dare più poteri all’Ue””

E’ l’uso sociopatico dell’etica. E’ il camuffamento etico di operazioni politiche inique: il presentare i propri fini, frutto di aridi calcoli che l’umanità, italiana o africana, la calpestano, come l’unica soluzione giusta a un problema dopo averlo creato. Sta all’etica vera quanto gli altarini devozionali con le immagini sacre dei killer mafiosi stanno alla carità cristiana. Orlando mostra il suo disprezzo per il popolo accusandolo di essere partecipe di un genocidio, di essere come i delatori di Anna Frank. Per lui noi non sapremmo distinguere tra la pietà vera e i sudici santini che invita a baciare. Sassoli ne è il degno compare, fingendo l’illusione di una redistribuzione europea che sarebbe comunque uno spalmare su scala maggiore un’operazione che va contro i popoli, non a favore dei popoli. Ma gli altri europei non sono così babbi. Non sono così intossicati dalla santimonia clericale, che giustifica qualsiasi infamia appiccicandole una storiella per bambini. Una storiella che necessita di periodiche notizie di annegati: costruita sulla stessa pelle dei passeggeri delle navette che dice di voler salvare.

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1 ottobre 2021

Blog de Il Fatto commento al post di Paolo Di Falco (La Politica dei Giovani) “L’umanità a Mimmo Lucano è costata più di 13 anni: così si condanna un esempio”

Si condanna l’esempio della truffa alla Robin Hood: rubare agli altri dicendo che lo si fa per i poveri mentre si serve lo sceriffo di Nottingham. Qui si sono tolti soldi ai contribuenti non per i forzati della Terra, per chi nel suo paese muore di fame sotto le bombe delle guerre alimentate dall’Occidente, ma per gli imbarcati. Per quelli che sono stati imbarcati a forza in Italia su volere dei poteri forti, per avere un esercito di manodopera low cost e di sudditi di poche pretese, a danno degli italiani e dei paesi di provenienza. Lucano, che si è accontentato dei benefici derivanti dal fare da tramite, senza arricchirsi personalmente, è l’eroe luminoso per moltitudini di sacrestani affascinati dalla possibilità offerta dal business dell’imbarco etnico di passare per santi uomini e allo stesso tempo servire il vincitore e gestire così indebitamente tanti soldi altrui.

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7 novembre 2021

Blog de Il Fatto

Commenti al post “Riace, padre Zanotelli invita tutti a sostenere Mimmo Lucano: “Comunità ferita. Ma andiamo avanti contro tendenza neofascista che fa paura””

Zanotelli difende due condizioni di deroga al settimo comandamento, “Non rubare”, che pur non essendo scritte sono fondamentali, per il comportamento del clero e per la sua influenza culturale. 1) Rubare essendo protetti da potenti, e in coerenza coi loro disegni. 2) Rubare sotto una copertura pseudoetica.

Rubare sul business dei travasi forzosi di etnie soddisfa entrambi i requisiti. Se ben condotti da mani esperte i furti di questo genere portano ai ladri un triplice vantaggio: il bottino, passare per santi e acquisire meriti presso i potenti che così si servono, e quindi potere. A ciò corrisponde un triplice danno: oltre all’impoverimento dei derubati, la selezione avversa delle figure leader e l’affossamento del Paese in una condizione di asservimento e sfruttamento.

E’ logico che venga difesa con veemenza la sua impunità. In primis dal clero, per il quale è una professione; e anche perché la prospettiva di arricchirsi, acquisire prestigio e divenire signorotti in quando vassalli, senza rischi, è fortemente attraente per tanti. Mentre i magistrati, attaccati da più parti, ricordano che potrebbero ritirare l’ampia franchigia di impunità al costume ubiquitario dell’uso criminoso dell’etica; alla santimonia che in questo caso vende i popoli e si arricchisce con la loro tratta.

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4 dicembre 2021

Blog de Il Fatto

Comemnto al post “Migranti, il Papa a Cipro: “Le nostre spiagge come i lager del secolo scorso. È una schiavitù universale: non possiamo tacere””

Predica e impone l’accoglienza forzosa, e la dottrina che i popoli in difficoltà si possono aiutare solo facendoli venire a casa dei già pestati, già spremuti, già venduti sudditi della bassa Europa. Questo colonialismo inverso dove si invitano masse dei più irrequieti a considerare altri popoli come fonte di nutrimento e arricchimento è seminare una zizzania che infesterà il futuro.

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9 dicembre 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. A. Grana “Papa Francesco ancora una volta contro la corruzione: “Ripresa e sviluppo con il risanamento della società””

Di “corruptio optimi pessima” parlava Ivan Illich, ma a proposito della Chiesa. L’etica liberista di Bergoglio ricorda le finestre a bocca di lupo delle carceri: limita la vista a uno stretto spicchio di cielo, ma nasconde la realtà umana che scorre davanti. Non è corruzione che il clero non paghi la sua gigantesca IMU ma la addossi a noi, e che ora, grazie al PD, in barba a una sentenza della Cassazione torni a non pagare neppure la tassa rifiuti e la faccia pagare maggiorata a noi. Non è corruzione favorire, propagandare e imporre le frodi di Big Pharma. Non è corruptio optimi dell’etica rinchiudere i cittadini e cinesizzarli con la scusa del covid, e allo stesso tempo obbligarli ad “accogliere” chi vuole venire a suo piacimento nella loro terra. Appare che sia di competizione, non di opposizione, il rapporto tra i poteri dei quali Bergoglio è parte e le forme di corruzione contro le quali tuonano.

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20 dicembre 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Musolino “Gratteri: “Per la ‘ndrangheta momento magico. Punta ai soldi del Recovery, mentre dall’agenda del governo scompare l’antimafia” “

Di legami e convergenze tra il covid e la mafia ce ne sono diversi. Uno è l’illimitatezza. Le epidemie vere si esauriscono spontaneamente, ma qui avremmo una inedita epidemia a sorgente stazionaria, che come una guerra può perdurare a seconda di come si comportano gli uomini. Anche la mafia, “fenomeno umano che avrà una fine” (Falcone; che forse divenne bersaglio anche per la sua inclinazione a capire troppo) è stata resa sorgente stazionaria, illimitata, di Male. Il male assoluto consente misure assolute; nel caso del covid, quelle legibus solutus. Nel caso della mafia, consente di mostrare solo questa e praticare indisturbati dietro alla perenne lotta alla mafia altre forme di grande predazione. Fino a questo golpe camuffato da lotta al covid, dove il potere sembra potere fare a meno, per il momento, del paravento della lotta alla mafia. Le sorgenti di male infinito – soprattutto se appaiono coltivate, come è sia per il covid che per la mafia – andrebbero riconosciute come possibili coperture per delitti di massima scala, favorendo in vario modo l’esercizio predatorio del potere. Una terza illimitatezza che consente il male in nome del bene è quella del bene agli altri, che nella realtà può essere esercitato in via diretta solo verso il prossimo, cioè per un raggio limitato a piccoli gruppi; mentre si vuole che abbia portata infinita, per giustificare una “accoglienza” forzosa dei migranti economici che di etico non ha nulla.

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24 giugno 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. Cornegliani “Ius Scholae, il sondaggio: il 62% degli intervistati non sa cosa sia. Ma se lo conoscono in 6 su 10 si dicono a favore”

Bisogna essere favorevoli allo Ius Scholae. Ma inteso come il diritto di ricevere una buona educazione. Educazione alla poesia: “dal letame nascono i fiori”. Educazione alla realtà: certi gigli, come le premure selettive per gli stranieri immessi tra noi contro la nostra volontà, crescono solo sul letame del potere. Che usa temi etici per disegni immorali. Anche avvalendosi di ONG (Savioli S. ONG il cavallo di Troia del capitalismo globale. 2018). Inclusa Actionaid, legata a Soros. Educazione ai rudimenti della statistica pratica: come sia di dubbia onestà un sondaggio, su scelte politiche da forzare, che non mostra i dettagli, es. come è stato ottenuto il campione, e ricorre a domande tendenziose “ora che abbiamo appurato che sei ignorante, dicci, sei pure razzista?”. E possa essere volto a mostrare un consenso popolare a decisioni parlamentari che vanno contro la volontà del popolo, i parlamentari essendo esecutori dei poteri che vogliono una Babele sulla quale regnare.

Educazione civica: la cittadinanza non è la tesserina che dà qualche vantaggio, e che da noi come da ordini dall’alto non si nega a nessuno, ma è appartenenza a una comunità, e dovrebbe essere una sorta di magistratura, che comporta responsabilità e decisioni. Ma questo Ius Scholae vero, e questa cittadinanza vera, stanno venendo dissolti, di forza, con quattro frasette retoriche, buone per chi non ha studiato con profitto, né alla scuola coi banchi né a quella della vita.

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12 luglio 2022

Blog de il Fatto

Commento al post di M. Bella “Ius scholae, ho raccontato le storie degli italiani senza cittadinanza. Ecco perché serve la legge”

La confusione tra diritti umani e diritti civili è un ingrediente base della sbobba velenosa pseudoumanitaria. I “diritti fondamentali”, cioè i diritti umani, sono già riconosciuti. Con lo ius scholae si daranno i diritti politici, cioè la partecipazione alla farsa elettorale. Alla quale ormai persino i tonti italiani sono restii a credere. Ciò servirà ai signori che escono da questa legislatura con ignominia, nessun partito escluso, i 5S per primi dato il pacco tirato agli elettori, ad ottenere una maschera di legittimazione per rientrare, profumatamente pagati da noi, a esercitare il mandato che ricevono dai poteri sovrani ai quali hanno venduto gli italiani.

@ Marco Bella. Mi permetto di ricordare che le condizioni reali degli autoctoni, con le loro prospettive non idilliache, vengono sgombrate per fare posto a quelle dei prescelti. Idem le condizioni dei compatrioti degli stranieri nei paesi di origine, oggetto di sfruttamento. E’ brutto, ma bisogna guardare dentro l’ambulanza con la croce rossa, per vedere se trasporta droga e armi: l’asserita sensibilità ristretta a questa particolare categoria è il vettore etico per trafugare la diluizione della cittadinanza a livelli omeopatici, avere una massa di disoccupati da ricattare, bruciare identità antropologiche, scritturare comparse per le elezioni. A parte i clown rivali dei test enogastromomici, qui non si stanno chiedendo leggi Jim Crow. Si chiede di riconoscere la struttura per comunità, per governi locali, come quelli nazionali, invece di omogeneizzare le masse – come col potter che si usa nei laboratori di biochimica. Per comunità etniche che essendo separate meglio coltivano affari interni e la solidarietà tra i popoli. Con governanti che le rappresentino, e non siano invece amici del giaguaro, abusivi contrari a quella rappresentanza democratica dalla quale traggono vantaggi personali tradendola. E che valutino per problemi in termini quantitativi e per priorità naturali, non per aneddoti di comodo. Invece, con la scusa di fare del mondo un kibbutz, se ne fa un campo di detenzione.

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5 settembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post ““Permessi di soggiorno umanitari a stranieri che dimostrino la volontà d’integrarsi”: la Cassazione accoglie il ricorso di un cittadino nigeriano”

C’è un giudice a Versailles… Anzi ce ne sono tanti. Il pronunciamento della Cassazione sarebbe rispettabile, condivisibile e magari ammirevole in una condizione generale di giustizia. Ma sulla disoccupazione e l’impoverimento che si diffondono tra il popolo italiano, con licenziamenti e chiusure in atto e incombenti, e sulla discriminazione per l’accesso al lavoro, che dal clientelismo è passata alla tessera del fascio e ancora più in basso col turpe ricatto farmaceutico, i magistrati stanno zitti e buoni. Mentre per compiacere i poteri forti, che vogliono masse di disoccupati – bianchi o neri – alle quali attingere, la buttano sull’etico, facendo come quello che picchia la moglie e va a fare il galante fuori.

RobertoG49: Tessera del fascio ? vuoi dire C.G.I.L?

@ RobertoG49: No, peggio. Quello di 100 anni fa era un fascismo provinciale e a viso aperto. La CGIL, che mette i lavoratori sul nastro trasportatore della catena di montaggio farmaceutica*, col braccio scoperto pronto agli inoculi, fa i comizi con Speranza, della Fabian Society, che ha per emblema un lupo rivestito da una pelle d’agnello.

*La Pfizer ha comunicato ai mercati finanziari che prevede per il 2022 32 miliardi di dollari di ricavi dai vaccini e altri 22 dal Paxlovid, totale 54 miliardi di dollari. (Questo solo per il covid. Con gli altri prodotti si prevedono circa 100 miliardi di dollari di ricavi).

6 settembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di I. Gjergji “La Cassazione accoglie il ricorso sulla protezione umanitaria: perché è una sentenza importante”

Occorre chiedersi se la magistratura non stia travalicando i propri poteri, e stia facendo l’addetto al letto di Procuste stabilendo chi può lavorare e chi no secondo i criteri deformi dettati dai poteri forti. Mentre le va bene che il pane sia tolto al popolo italiano per favorire grandi interessi, dal lavoro negato con il sociopatico pizzo vaccinale, alla disoccupazione di massa incombente da autoaffondamento dell’economia del Paese per servire uno dei contendenti della rivalità e della composizione di interessi tra gli USA e altri vasi di ferro, fa “l’umanitaria” a spese del popolo e sempre a favore dei poteri forti ingrandendo l’esercito di chi compete con altri disoccupati offrendosi per lavorare.

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12 novembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Il monologo di Crozza su migranti e Mimmo Lucano: “Dovremmo accoglierli a braccia aperte, la vera emergenza sono gli italiani che scappano””

Dire che la soluzione alla diaspora della migliore gioventù italiana è farli sostituire da masse sfuse di stranieri è come premiare come salvatrici di orfani le coppie che adottarono i figli dei desaparecidos uccisi dai loro amici. O riconoscere a chi ti obbliga a fuggire da casa tua il merito di non tenerla disabitata assegnandola ad altri di sua scelta. E’ affermare che le comunità non esistono, non essendo altro che aggregati di unità fungibili, come pezzi di ricambio. Sono discorsi alla De Luca di Crozza, o alla Feltri di Crozza. Io vedo in Calabria, dove è stato calcolato sia emigrato un terzo della popolazione (inclusi i miei genitori), il degrado umano che subisce un territorio anemizzato delle sue energie migliori (es. il fare l’esattore succhiasangue per lo sceriffo di Nottingham vestendosi da Robin Hood, alla Lucano). E ciò dovrebbe valere anche per le terre d’origine dei “sostituti” che vengono da culture lontane prima che da paesi lontani. Non una parola, se non di lode, su chi travasa e frulla popoli dietro a ipocrisie pseudoumanitarie.

La comicità di Crozza e dei suoi autori ha un sottofondo decadente. Sia per ciò che così bene espone e castiga, il basso livello della nostra classe dirigente. Sia per le prostrazioni a scendiletto alle quali artisti di grandi capacità come loro sono evidentemente costretti per potersi esibire sul palcoscenico nazionale, dove come artisti di classe dovrebbero poter accedere senza pagare di questi pizzi umilianti.

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1 febbraio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Grimoldi “La sanità lombarda discrimina e il Tribunale di Milano l’ha pescata con le mani nel sacco”

In Lombardia le morti covid risultano 4540 per milione di abitanti , contro i 1647/milione della adiacente Svizzera. Si dovrebbe parlare di questo, prima che della puntualità dei magistrati quando si tratta dei diritti degli stranieri. Si dovrebbe parlare di come destra, sinistra, 5S, Cl, Lega e magistrati in Lombardia gareggino nel servire l’agenda globalista, e come ciò vada a danno della salute.

Per un certo tempo ho raccolto le dichiarazioni di fiducia nella magistratura di indagati potenti. Poi sono diventate troppo numerose, e ho smesso. Il più recente “piena fiducia nella magistratura” è del dr. Tumbarello (Messina Denaro; Grande Oriente); Tumbarello è stato consulente abituale del tribunale di Marsala. La procura di Bergamo ha scelto come consulente sul covid Crisanti, proveniente dall’Imperial college, la fonte di previsioni grossolanamente false sul covid prese per oro colato dai politici a giustificazione delle misure liberticide; e appoggiate dall’anomalo picco di mortalità in Lombardia orientale nel 2020.

Questo consulente tecnico del tribunale di Milano che si candida alle regionali in Lombardia additando trionfante la tutela del diritto di chi passa le frontiere colabrodo a contribuire alla spesa sanitaria, mi sta dando un’idea; anche alla luce di altre situazioni in Lombardia e in Sicilia. Si dovrebbe fare l’elenco dei professionisti partigiani all’orecchio dei magistrati, come indice delle reali posizioni politiche di chi amministra la giustizia.

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7 febbraio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. Cocca “Caso Cospito, il quadro bioetico è chiaro: la nutrizione forzata violerebbe i suoi diritti”

Sembra che il potere stia facendo ricorso frequente alle “morti catalitiche”. Quel genere di morti, frutto di menti sociopatiche, ottenute per catalisi, ovvero creando le situazione favorevoli a provocare le morti, che a loro volta sono finalizzate, col loro peso etico ed emotivo, a catalizzare disegni di potere. Le migliaia di morti che Galeazzo Ciano diceva occorrevano a Mussolini per sedere da vincitore al tavolo della pace. Gli africani lasciati annegare nel Mediterraneo, giustificazione all’immissione forzosa di masse di stranieri. L’anomalo picco di letalità in Lombardia orientale a inizio pandemia, spiegabile almeno in gran parte con le cure dissennate a uno stampede di pazienti ottenuto con la paura. Picco apoditticamente attribuito all’avere esitato – teatralmente – nell’applicare diktat liberticidi e rovinosi; e divenuto quindi la loro giustificazione. Con il 41-bis esagerato a un utile fanatico si è creata una possibile morte da far pesare per portare a compimento il disegno di premiare l’omertà dei mafiosi.

La bioetica, come il diritto, dovrebbe essere seconda: prima si deve scendere nella realtà, e definirla, separandola dalle comode apparenze, compito impegnativo e sporchevole; e solo dopo applicare i criteri della dottrina, tornati nella soffice poltrona del bioeticista e del giurista. Il problema etico e giuridico dovrebbe essere di non permettere queste morti, sia in quanto catalizzate sia in quanto catalizzanti.

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26 febbraio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Crotone, barca carica di migranti si spezza davanti alla costa: 59 morti, anche bambini. Era stata individuata ieri da un aereo Frontex”

Carlo: “Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora io reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri.”
LORENZO MILANI

@ Carlo: Giustissimo. Oggi gli oppressi e gli sfruttati sono sia quelli riversati in Italia da paesi tenuti nel degrado e sfruttati, sia gli italiani che devono subire le conseguenze del travaso forzoso mentre allo stesso tempo vengono depredati e condotti al declino. Gli oppressori e i privilegiati sono quelli che attuano queste violenze su interi popoli a loro vantaggio. Che bestemmiano l’umanità mentre biascicano frasette altisonanti pseudoreligiose e pseudoetiche. Che usano i morti, come questi annegati, come argomento di persuasione per i loro disegni di dominio.

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13 marzo 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Naufragio a Crotone, don Ciotti: “Respingimenti e tragedie sono frutto di cecità etica””

Ma non è invece una visione etica menomata e artefatta, a tunnel, quella che se ne frega di migliorare, per quanto possibile, le condizioni delle popolazioni di provenienza e tuona per le immissioni forzose in Italia, su base first-come first-serve e non del reale stato di bisogno, considerandole l’unica forma di solidarietà? Sia le mafie, sia quelli che dalle stragi di mafia traggono una perpetua verginità antimafia, ci vedono benissimo quando si tratta di eseguire gli ordini, ben ricompensati, dei grandi interessi politici ed economici a danno delle persone comuni. Conducendo la tratta dei migranti; e colpevolizzando gli italiani per la catasta di migranti annegati, che come le stragi di mafia è per loro così opportuna come piedistallo, come pulpito, dall’alto del quale si atteggiano ad apostoli del bene e accusano di immoralità chi non è entusiasta di subire l’urto di immissioni forzose funzionali a disegni di dominio e sfruttamento. Ricordano i predicatori domenicani che un tempo brandivano il Crocifisso accusando il volgo di essere responsabile della crocifissione, mentre intascavano soldi e servivano il potere.

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18 marzo 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Papa Francesco ai migranti: “Naufragio di Cutro non doveva avvenire, bisogna fare tutto il possibile perché non si ripeta””

Calamandrei scrisse, rivolgendosi ai giovani sulle loro prospettive, che l’articolo più importante della Costituzione è il 3:

“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.”

L’art. 3 suona come una vetusta stranezza, data la realtà. Bergoglio lo recupera dalla discarica, ma per trasporlo agli stranieri: il soccorso deve estendersi all’accompagnarli fino alla loro piena integrazione nella società. Sulla dis-integrazione dei cittadini, che si arrangino. Gli imbarcati che sono stati lasciati annegare tornano utili come giustificazione – come casus belli – per i travasi di popolazione, a carico di chi ne subirà i danni cioè a carico nostro.
Un popolo che guarda al potere con l’occhio del servo speranzoso, che si fa colpevolizzare per colpe che non ha come un bambino dalla matrigna, che mentre in Francia scendono in massa in piazza per l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni assiste muto a Landini che va a braccetto con la Meloni, si merita di essere trattato così.

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22 maggio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di F.A. Grana “Papa Francesco, appello alla Cei per vincere l’indifferenza sui migranti. Il libro pensato come regalo ai vescovi”

Si può seminare zizzania (Matteo, 13,24) facendo mostra di predicare alti valori morali. Es. le tirate del papa e del clero sui vaccini come atto d’amore hanno contribuito a suscitare discriminazione verso i non vaccinati*. (I quali invece non hanno provato pregiudizio verso i vaccinati*). Queste nuove “exclusionary attitudes”* passano ovviamente sotto omertà, preti per primi. L’immissione forzosa di masse di stranieri, l’abbattere i normali modesti muri antropologici delle stanzette delle persone comuni – mentre si innalzano bastioni ancora più imponenti attorno ai castelli dei privilegiati – vengono presentati come atti etici, quando seminano la discordia, il disordine, la dissipazione del tessuto sociale sui quali il clero e gli altri poteri prosperano. Così come i vaccini e i lockdown, entrambi dannosi, sono stati presentati come l’unica via di salvezza, i travasi di popolazioni in Italia vengono presentati come l’unica soluzione agli squilibri mondiali. Situazione analoga con l’apocalisse climatica. Sembra il vangelo secondo il gatto e la volpe, dove il gatto, in camice bianco o con la nomea di intellettuale, dice che c’è un grave problema e che non può essere risolto che con sistemi che depredano e degradano le persone comuni; e la volpe, da alti pulpiti e alti scranni, dice che le persone devono accettare la depredazione e il degrado come dovere etico.

*Discriminatory attitudes against unvaccinated people during the pandemic. Nature, 2023.

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22 maggio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Mattarella: “La persona e non l’appartenenza a un gruppo etnico merita tutela e protezione. Nefaste le concezioni di supremazia razziale””

Un esempio dell’uso strumentale e distorto di principi validi; di gioco delle tre carte sui valori. I “diritti dei gruppi”, inclusi quelli ipotetici legati all’etnia, istituzionalizzano ingiustizia. Anche senza arrivare ai deliri della supremazia razziale – coi quali si calunnia chi non si piega al globalismo, che è un razzismo per censo. Ma i diritti della persona sono stati travolti appellandosi, su basi tecniche inventate, a un collettivismo di comodo quando c’era da giustificare il ricatto vaccinale; voluto dagli stessi poteri che impongono l’immissione forzosa di stranieri. Mattarella non solo lo ha permesso, ma ha concorso ad aizzare la funesta creazione di nuovi gruppi di reietti*, es. incitando, dal Quirinale, alla “battaglia da affrontare e vincere contro l’antiscienza”. Dopo averlo trattato come l’unità indistinta di una mandria per inocularlo, il singolo essere umano, il nudo individuo, viene invocato quando c’è da togliere lo status di cittadino e la normale condivisione di una identità antropologica alle persone comuni. Per ammassarle sfuse senza riguardo. E sottometterle a gruppi ben circoscritti protetti da diritti di gruppo; es. l’immunità legale sempre più estesa ai medici che eseguono gli ordini del potere, ordini abnormi e dannosi come quelli di ere infami che si citano a sproposito mentre di fatto si riesuma il loro seme velenoso.

*Discriminatory Attitudes Against the Unvaccinated During a Global Pandemic. Nature, 2023.

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21 luglio 2023

Blog de Il Fatto

Comento al post “Mamma e figlia morte di sete e stenti al confine tra Libia e Tunisia: la foto simbolo della tragedia dei migranti”

La sterminata massa degli orrori causati dall’ingiustizia e dallo sfruttamento viene tenuta nascosta. Se ne mostra solo la porzione minuscola che serve alla propaganda per indurre ad accettare l’aggiunta di altre ingiustizie, altro sfruttamento, altro caos.

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23 agosto 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Zuppi e la definizione del fascismo in ricordo di Don Minzoni: “E’ disprezzo dell’altro e del diverso, il razzismo raffinato o rozzo che sia””

“Per il potere che avevano … la Chiesa, la Confindustria e la monarchia hanno avuto la maggiore responsabilità per l’avvento del fascismo al potere” Ernesto Rossi, Il manganello e l’aspersorio.

“E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare”. Pio XI su Mussolini, 1929.

Come per la mafia, il clero si associa al potere violento e gerarchizzante per poi quando serve dire di essere contro, presentando a riprova i sacerdoti fatti uccidere da quello stesso potere. Oggi la stessa parola e il concetto di “fascismo” sono stati resi ambigui. Si serve il fascismo mascherato della globalizzazione, quello che es. forza l‘omossessualità nei bambini*, contrapponendolo al fascismo alla Catenacci; fatto guidare da Vannacci, al quale è assegnato il compito di antagonista “spaventapasseri” (straw man fallacy). Se ti opponi al fascismo folle del covid e della sessualizzazione dell’infanzia, se non bevi la frottola per bambini che cinici travasi etnici siano fatti per nobili sentimenti, e quella del doversi rendere povero e servo per abbassare la temperatura del globo, sei fascista. Se servi il “radicalismo sovversivo del liberismo “ (Michea) sei antifascista. La scena viene interamente occupata dallo “scontro” tra due fascismi, affini. Una polarizzazione teatrale che scaccia posizioni che rifiutano sia il fascismo del manganello che quello della siringa.

*The assaults on our young have reached peak insanity. 5 ago 2023, gruppo Hart.

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25 agosto 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “La lezione di Mattarella a Vannacci e ai suoi seguaci: “La Costituzione nasce per espellere l’odio. La nostra patria frutto dell’incontro di più etnie, consuetudini, esperienze, religioni”

Ci sono parole che suonano massicce e rassicuranti come le grandi ancore di un bastimento, e invece hanno la consistenza della carta velina con la quale si trasmettono gli ordini a media e politici. Es. “Costituzione” e “anticostituzionale”. Che nella pratica vogliono dire “ciò che gli Humpty-Dumpty dei due palazzi del Quirinale stabiliscono a loro insindacabile arbitrio sia conforme alla Costituzione, su input di poteri superiori”. Es. lo Stato-canaro, che con gli allarmi covid induce i cittadini a mettersi in gabbia, e lo Stato-matrigna, che li danneggia con la scusa di fare il loro bene in nome del covid, sarebbero costituzionali, secondo gli scribi della Consulta e il viceré del Quirinale.

Non mi intendo di diritto, ma anche questa cosa che la Costituzione nasce come espulsore dell’odio suona derisoria e sinistra. Bisogna distinguere tra odio endogeno, quello che sgorga spontaneo dal cuore nero dei prepotenti, e odio indotto, quello suscitato in chi subisce un’ingiustizia. “C’è una differenza tra odio aggressivo e odio difensivo. Se ti stai facendo gli affari tuoi e qualcuno ti dà un pugno in faccia probabilmente lo odierai. Ma è un odio differente dall’odio di chi ti ha dato il pugno” (un commento in inglese su Youtube). Oggi va di moda la sequenza gesuitica di 1) derubarti, truffarti, asserviti, degradarti, danneggiarti tramite il potere dello Stato. 2) accusarti di essere pieno d’odio, così che vai fermato e corretto, con le buone o con le cattive.

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22 agosto 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti, l’arcivescovo di Palermo: “Va recuperato il senso umanitario. Non si possono penalizzare le Ong perché salvano vite”

Imponendo di valutare una questione nella sua globalità, il celebre teorema che prende il nome da un pastore anglicano, il rev. Bayes, dovrebbe essere trasposto, nella sua essenza qualitativa, anche a questioni etiche, o presentate come tali. In questo caso, il principio di Bayes dice che è errato ragionare come l’arcivescovo: “dati gli sbarchi [che sottobanco noi preti e c. organizziamo] cosa è etico”. La corretta impostazione è “dato ciò che è etico, cosa fare per i popoli in difficoltà dai quali arrivano i migranti”. Con la prima versione si serve un travaso umano, cioè di uomini, ma disumano, voluto dai poteri forti a loro interesse, mascherato con belati e pelli di pecora. Senza badare né alle masse di diseredati che restano a marcire nei loro paesi né agli italiani che devono accollarsi “l’accoglienza” e farne le spese. Con la seconda, si deve cercare di migliorare le condizioni in loco, e non sostituire parte del gregge italico con altre “razze” ora che non rende più abbastanza.

Detto in altri termini, la carità – asserita – verso gruppi particolari, senza la giustizia, che è carità verso tutti, è un uso immorale dell’etica. Non è “senso umanitario”, ma senso cinico del business sulla pelle dei popoli. Come mostrano le morti catalizzate e catalizzatrici degli affogati*, portate a sostegno dall’arcivescovo.

*Le morti catalitiche Sito menici60d15.

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20 settembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Musolino “Processo d’Appello a Mimmo Lucano, l’avvocato Pisapia parla di sentenza politica: “Contro di lui accanimento non terapeutico””

L’epigrafe della racc r/r che spedii il 25 set 2012 a Pisapia come sindaco di Milano:

“Ora Hess dice una cosa essenziale: il mafioso non sa di essere mafioso. Fa parte di una visione di vita, di una cultura, di una legge, che è la sola che conosce”. Leonardo Sciascia.

Ci sono abiezioni che non vengono riconosciute come tali da chi le commette. L’accanimento di stalking e intimidazioni mafiose tramite partecipate comunali verso chi intralci disegni perversi dei poteri forti. O il collaborare a disegni degli stessi massimi poteri, qui l’immissione forzosa di masse di stranieri, facendoli passare per filantropia.

Il mafioso, l’ipocrita, il traditore praticano un continuo scambio di etichette e di nomi. Pisapia chiama politico il caso Lucano. E’ invece un episodio della soppressione della politica: della sua sostituzione con pressioni dittatoriali esterne, aliene dalla vita del Paese. Spennellate dal marketing con una mano di santimonia.

Lucano dice di voler aiutare i più deboli. Ne ha favoriti qualche dozzina, selezionati da chi impone i travasi forzosi. E ne ha danneggiati tanti di più, servendo i più forti nel parassitare gli italiani mentre si opprimono e si massacrano le moltitudini rimaste nei paesi di provenienza.

Come i mafiosi, molti non sanno di essere dei venduti. Nella loro visione culturale cieca e opportunista non sanno di lavorare, pagati, per il fascismo moderno non meno degli altri coi quali competono per la gestione dello sfruttamento del Paese.

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3 ottobre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Baraggino “Migranti, dieci anni e 25mila morti dal tragico 3 ottobre 2013. Da Mare Nostrum ai decreti anti ong, salvare vite resta un problema”

In statistica si distingue tra “variazione tipica” e “variazione estrema”. Es. una variabilità tipica è l’altezza degli uomini tra 172cm e 182cm. Uomini alti 130cm o 210cm rappresentano variazioni estreme.

I naufragi prima d’ora erano stati esiti estremi: essendo rari, imprevisti, non voluti ed evitati. Con l’immigrazione forzosa sono stati fatti entrare nella variabilità tipica degli esiti dei trasbordi Africa-Italia. Appare essere all’opera una intenzionalità; volta a fare passare per salvataggio l’immissione forzosa. Ai nostri filantropi queste morti catalizzate e catalizzatrici*, cioè questi omicidi sociopatici, finalizzati a forzare con un ricatto morale l’accettazione della violenza dell’immissione in massa di stranieri, vanno bene; e se ne fanno complici, non riconoscendovi altro che la giustificazione per l’immissione forzosa. Non parliamo dei politici bluffeur che fingono di opporsi. La nostra magistratura esercita il diritto alla cortigianeria** nel servire i poteri che vogliono i travasi umani e che li facilitano lasciando affogare una quota di persone. Mentre non indaga, non persegue, non opera per individuare e fermare, come componenti costitutive del traffico organizzato dei trasbordi, le colpe e il dolo eventuale di questi naufragi annunciati. Che vengono lasciati avvenire tanto che sono divenuti prevedibili, compresi nella variabilità tipica.

* Le morti catalitiche Sito menici60d15.
** Baruffe di corte: i baroni della destra e i mandarini della magistratura. Ib.

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3 ottobre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Migranti, l’arcivescovo di Palermo attacca il governo: “Oggi è assente a Lampedusa, preferisce occuparsi di una giudice che ha fatto il suo lavoro””

Ricordo diversi decenni fa una riposta del direttore, un prete, ad una lettera a Famiglia Cristiana: Il Vangelo non dice che bisogna essere fessi. Le continue prese di posizione in nome di libri sacri dei “fissi”, cioè clero, politici (di ogni colore, con i loro finti duelli), magistrati, sindacalisti, giornalisti affermati, etc. sono studiate in modo da servire i più forti. A scapito dei “fessi”: cittadini italiani comuni sempre più spinti verso il declino; popolazioni dei Paesi di provenienza tenute nell’abbandono e nello sfruttamento, e nel peggiore dei mali, la guerra; imbarcati lasciati criminalmente annegare per dare un pretesto etico e pseudogiuridico alla violenza dell’immissione forzosa di masse di stranieri* spacciando il servizio navetta per salvataggi.

I sedicenti esecutori della Costituzione e del Vangelo considerano solo una piccola parte, i giovanotti egoisti con qualche soldo dei gommoni, a scapito delle popolazioni di origine, i sommersi; a scapito dei fessi che li devono mantenere, così come devono pagare le tasse anche per il clero. Sulla Costituzione non è scritto che chi occupa lo Stato può vendere il Paese e farne un’entità amorfa a disposizione dei poteri forti. Né sul Vangelo è scritto che si deve accettare il parassitismo, l’arbitrio e il privilegio – macchiati di sangue – di chi dice di parlare per conto di Cristo.

* Le morti catalitiche. Sito menici60d15.

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5 ottobre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Salvini: “La giudice Apostolico manifestava contro di me”. E posta un video del 2018. Lei ai colleghi: io davanti al corteo per evitare scontri”

Salvini vuole il ponte sullo Stretto, la Apostolico il ponte tra Africa e Italia: non si sa con quale incoscienza si possa parteggiare, come i capponi di Renzo, per uno dei due, e così per una delle rispettive fazioni che i due soggetti rappresentano. Fazioni cortigiane, che prospereranno comunque*, servendo entrambe interessi che vanno a danno degli italiani. I quali se lo meritano di essere venduti, accettando una classe dirigente che li gestisce per conto di poteri terzi.

* Baruffe di corte: i baroni della destra e i mandarini della magistratura

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12 ottobre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Musolino “Mimmo Lucano dopo la sentenza: “È la fine di un incubo, ho ritrovato un’identità”. E dedica la giornata al giornalista Enrico Fierro”

Poche settimane fa hanno tirato fuori l’aplotipo di Neanderthal per giustificare il picco anomalo di letalità della strage covid di innesco*. Enrico Fierro riferì che tra i calabresi circola il dna della ferocia mafiosa, selezionato da un ambiente naturale spietato: ” “in alcuni luoghi della Calabria la gente si è dovuta da sempre difendere da una natura violenta. Hanno dovuto strappare pezzi di terra alla montagna per avere un tozzo di pane, hanno dovuto combattere con le frane, il vento, le fiumare che straripavano portandosi via case e terreni coltivati”. Una sorta di dna maledetto che resiste nel tempo, non muore mai… Neppure l’essere vissuti in una metropoli come Roma, in contatto con altre culture, altri stili di vita, è servito a liberarlo dalla disumanità.” Il Fatto, 23 dic 2013.

Si può raccontare qualsiasi cosa, quando si è nel club di quelli dalla parte giusta. La medicina iatrogena, che gonfia epidemie e vi aggiunge danni mentre dice di volerli evitare. L’antimafia che mitizza mafiosi e ndranghetisti, e così sé stessa, per meglio coprire la mafia di Stato. I filantropi che in nome del servire i più deboli servono i più forti cioè i poteri che impongono l’immigrazione forzosa; i santi che fanno miracolosamente sparire denaro pubblico in nome del Bene supremo. Mettendosi giudiziosamente dalla parte giusta anche le relative delibere dei magistrati divengono opere dell’ingegno creativo.

*Lo knock-on dell’operazione covid in Lombardia orientale.

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16 dicembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Turrini “Morto Toni Negri, l’ex leader di Potere operaio aveva 90 anni. Lotta di classe, Br e Parlamento: il ritratto. Sangiuliano: “Cattivo maestro”

D’Annunzio insegnò a confezionare paccottiglia fascista; Negri ha insegnato la paccottiglia pseudorivoluzionaria per il terrorismo pilotato pro sistema. Anticomunista, borsa di Studio Rockefeller e pubblicato da Harvard, in cordiali rapporti con l’avvocato di Piromalli* nella Calabria massonica della quale la ‘ndrangheta è un’estroflessione. Un modello principe del sicofantismo, della scissione narcisista per i tanti che agognano a servire il potere e insieme apparire ribelli.

La sua figura può essere usata per calibrare la scala usata per la selezione della classe dirigente in Italia. Tra quelli che lo hanno inquadrato come fomentatore del terrorismo legato ai servizi USA, italiani ed europei è stata elevata la mortalità per omicidio: G. Galli, E. Alessandrini, Pecorelli, Dalla Chiesa**. E’ invece un venerato maestro per soggetti di successo come Casarini, attualmente in affari col Vaticano per l’immigrazione forzosa: soggetti che cioè si atteggiano a rivoluzionari e servono la peggiore eversione dall’alto.

*Guarino M. Poteri segreti e criminalità. L’intreccio inconfessabile tra ‘ndrangheta, massoneria e apparati dello Stato. 2004.
**Willan P. The puppetmasters. The political use of terrorism in Italy. 2002.

@ Brisk: Quella di Negri è l’oscurità sinistrese che vuole simulare profondità. Le opere di D’Annunzio, notò Sapegno, non è che siano oggi molto leggibili. Diverso il valore umano. D’Annunzio, sincero nei suoi sbandamenti, affamato di vita, v. la sua biografia di P. Chiara, era coraggioso e sfidò il pericolo. Negri, scialbo e doppio nelle sue contraddizioni, è stato di quelli “happy for others to risk their skins in the struggle while they stayed at home to concoct a programme of political pie in-the-sky to underpin the improbable revolution” (Willan, cit.).

Ma ciò cui mi riferisco è la credulità pubblico. La giocoleria verbale, la teatralità, il morboso del Vate attecchirono. Ricordo di fronte all’ingresso del Vittoriale le bancarelle che vendevano magliette con la faccia del Duce; di un affabulatore di provincia che portò alla rovina l’Italia con la furbata di associarsi, essendo debole, all’aggressione di nazioni molto più forti e bellicose. Parimenti i midwit di sinistra mentre snobbano una figura di autentico valore, Gramsci – più apprezzato dagli anglosassoni che da noi – si sentono intellettuali engagé bevendosi campagne di marketing ritagliate sui disegni del potere da ditte di PR ultraliberiste; accettando maestri vistosamente finti. “Molti non sanno che alla loro testa marcia il nemico / la voce che li comanda è la voce del loro nemico” (Brecht); “Credono di spezzare il cerchio e non fanno altro che rinsaldarlo” (Pasolini).

@ Stefeno: Palermo, scampato all’onda d’urto mentre anche la magistratura gli faceva la guerra 1, le cui ricostruzioni ricevono apprezzamenti es. da G. Tamburino 2, non cita Toni Negri. Ma descrive una “nicchia trofica” rilevante: “L’ex magistrato Carlo Palermo nel suo libro La Bestia parla del «quarto livello», un intreccio di poteri di cui fanno parte Cosa nostra, la mafia americana, la massoneria nazionale e internazionale e i servizi deviati italiani e americani” 3.

Mi lasciarono perplesso sia alcune tesi de “Il Quarto livello” sia che fosse pubblicato dagli Editori Riuniti. Che nell’ambito del frettoloso cambio di vestiti per un periodo assunsero il buffo nome di “Editori Riuniti University Press”. Siete andati dalle stelle alle stalle con i “livello 4”. Da “Il Quarto Stato” a “Rete 4” – P2, mutazione culturale liberista, cene eleganti, stallieri, etc. – dove ha una serata Bianca; mentre all’occorrenza sventolate lo slogan del babbo sulla questione morale, come fai tu a proposito della questione rappresentata da Toni Negri; eversore protetto nelle parole del compagno Pecchioli 4. L’opera omnia di Marx e Engels degli Editori Riuniti è in 50 volumi; un testo più agile per cercare di capire l’intricato reticolo intellettuale su cui poggia la prassi della caviar gauche è “L’albergo del libero scambio” di Feydeau.

1 Palermo C. L’attentato. 1993.
2 Dietro tutte le trame. 2022.
3 Pinotti F. Potere Massonico. Chiarelettere, 2021.
4 Tra misteri e verità. 1995.

18 dicembre 2023

Commento al post di S. Cannavò “Toni Negri: “Cattivo maestro? No, compagno fra altri. Ma peccato non vedere altri cattivi maestri”

Negri addita il nemico in Rockefeller che lo finanziò*. Un monopolio naturale, la distribuzione dell’energia, sta divenendo oggetto di speculazione con la farsa del libero mercato. Nessuno fiata. C’è invece chi esalta Negri, agente provocatore del capitalismo predatorio*. Come lo vedeva M. Nozza:

“delegato diocesano degli studenti dell’Azione cattolica; poi democristiano. Toni Negri, nella sua vita, era stato tutto. Tutto tranne che comunista. E io non avevo mancato di sottolineare la rabbia visceralmente anticomunista di Negri.

Nel suo stile tra l’ermetico e l’invasato, Toni Negri lasciava cadere frasi di questo genere: “Nulla rivela a tal punto l’enorme storica positività dell’autovalorizzazione operaia, nulla più del sabotaggio. Nulla più di quest’attività di franco tiratore, di sabotatore, di assenteista, di deviante, di criminale che mi trovo a vivere. Immediatamente mi sento il calore della comunità operaia e proletaria, tutte le volte che mi calo il passamontagna”. E poi: “La violenza é il filo razionale che lega la valorizzazione proletaria alla destrutturazione del sistema e quest’ultima alla destabilizzazione del regime. Basta con l’ipocrisia borghese e riformista contro la violenza”.

Lo stile di Toni Negri era a metà tra D’Annunzio e Carolina Invernizio. Toni Negri esaltava la mistica del manganello (come Marinetti) e lo squadrismo (come Mussolini). Il motto di Toni Negri era: Armiamoci e partite.”

*Puppetmasters. The political use of terrorism in Italy.

@ Enzo Tomasetti: A lei sfugge la necessità di non fare affermazioni sussiegose e ambigue: il ruolo degli intellettuali è quello praticato da Toni Negri in senso descrittivo o prescrittivo? In senso descrittivo, non lo venga a dire a me, di quanto e come intellettuali e chi esercita professionali intellettuali – medici, ricercatori, magistrati, giornalisti – “si prostituiscono al potere e ne avallano tutte le abiezioni” (Pareto). Però andrebbe detto alle masse che li ascoltano, che sono dei venduti che li porteranno a degradarsi e a perpetuare ingiustizia e sfruttamento.

La tesi che occorra riconoscere francamente che il ruolo dell’intellettuale, come un vasto panorama appare mostrare, non possa essere che quello del parolaio che inganna il popolo per conto del potere è interessante, ma andrebbe argomentata. Soprattutto perché esistono alcuni controesempi: intellettuali che contrastano la famelicità del potere. Gramsci, snobbato dai sinistri nostrani. Pasolini, che “se l’era cercata”, disse Andreotti. Dolci “per chi sta bene e ha la vita facile, sono insopportabili questi importuni che ricordano col loro esempio, fastidioso come un rimprovero vivente, che nel mondo esiste l’onestà e la dignità” (Calamandrei in sua difesa). O E. Alessandrini, che ebbe la grinta di andare a cena con Negri, per studiarlo. O Tobagi, i cui assassini – ragazzi viziati e protetti – furono influenzati da Toni Negri, come riporta Nozza.

@ Enzo Tomasetti: Devono decidere le masse quali voci ascoltare: lei è per il caveat emptor, “badi il compratore”, principio liberista. Negri del resto sosteneva che bisogna favorire il capitalismo per giungere prima al comunismo. Il profeta della lotta armata predicava di disarmarsi sul piano dell’opposizione civile. (Un ragionamento “non falsificabile”, che più che un intellettuale ricorda i truffatori che chiedono gli si consegnino i propri beni per ricevere un maggior guadagno in futuro). Un principio di liberismo spinto: diversi di quelli che lo hanno additato come un deleterio doppiogiochista, “la concorrenza”, sono stati uccisi; G. Galli, E. Alessandrini, Pecorelli, Dalla Chiesa. Mentre Negri fu favorito dal quel potere che predicava di combattere a passamontagna calato. Casarini, che lo considera un messia, prospera, a braccetto coi preti, col business dell’immigrazione forzosa, un’altra imposizione dall’alto presentata come “ribellione per amore”. Non si può parlare di libero mercato delle idee se alcuni vengono esaltati e alle voci contrarie si fa sparare. Lo vedo nel mio campo, la medicina: le masse sono in grado di giudicare se vengono date loro informazioni corrette. Se invece si presentano come salvatori i piazzisti di truffe di alto livello e si eliminano i critici quella che risulta non è “la forza dell’intellettuale” ma la forza dell’oppressione violenta. Che molti – i peggiori – ambiscono servire.

@ Enzo Tomasetti: Ma quale maestro. Alla fine cosa ha detto di memorabile. Si atteggiava a maestro eccome. E’ da considerare ben altro.

Uccidere pure Budda? Ma è una fissazione. Uccidi qua, sbudella là. Non capisco il senso del detto zen. Tento di controbattere a tanta implacabile determinazione con M. Marchesi: “Se avanzo seguitemi. Se indietreggio uccidetemi. Se casco per terra spazzolatemi”.

@ Enzo Tomasetti: In queste ore si discute sulla contrapposizione tra il PdC, Meloni, e l’influencer Ferragni, nuova figura di spicco della sinistra, per la storia della falsa filantropia sui pandoro; e pure sulle uova di Pasqua. Davanti alla politica che recita copioni di marketing, come questa guerra delle due bionde mostra, mi va bene essere un sempliciotto che ritiene che Negri sia servito a fare deragliare l’opposizione democratica al potere e a marchiare come proibiti, mediante uccisioni esemplari, tipi umani utili al Paese; che non comprende l’ovvia necessità di sparare a vista a Budda; né che calando docili le brache sulle bollette a strozzo si accelera l’inevitabile crollo del capitalismo, come Negri ha insegnato alle avanguardie della rivoluzione.

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3 febbraio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post “Meloni a Catania: “Molto colpita dalla notizia della violenza. Voglio dire alla giovane vittima che lo Stato ci sarà e verrà fatta giustizia””

Un titolo de Il Fatto di oggi: “Chiocci riempie il Tg1 di omicidi e non parla mai dei lavoratori”. Similmente, Meloni a Catania nell’accingersi a parlare di affari si presenta come una paladina della giustizia per le giovani violate da un podio sul quale campeggia la sigla “ENEL”; una delle aziende che la classe politica tutta aiuta ad arricchirsi con le bollette predatorie. I siciliani dovrebbero riconoscere come tristemente familiare questo promettere protezione per alcuni delitti efferati mentre si obbliga a pagare il pizzo.

@ Fang. Non avrebbe dovuto appiccicare la condanna di un fatto criminale che fa fremere al logo di uno scippo di Stato. O meglio, siamo noi che dovremmo imparare a riconoscere questi collage emotivi. E’ vero che i sinistri avrebbero fatto magari di peggio, usando accuse generalizzate di razzismo o omofobia per ammantare di moralismo le depredazioni istituzionalizzate. Ma anche qui, siamo noi che dovremmo stancarci di questi numeri di marketing. Es. prima che la punizione si dovrebbe chiedere alla finta destra come alla finta sinistra perché obbedendo agli ordini, contro la volontà popolare e i diritti naturali al darsi una comunità, continuano a iniettare da fuori soggetti come questi stupratori, che sembra siano stati indotti a credere di potere spadroneggiare nella terra che li ospita. Perchè stanno corrodendo le strutture sociali di base, in accordo con l’agenda globalista, dietro alle chiacchiere a effetto.

@ Fang. Che vuol dire “colpa di tutti colpa di nessuno”? Un’altra frase d’occasione poco logica, come “volere la botte piena e la moglie ubriaca”. Colpa di tutti, colpa di tutti quanti. (Le chiamo situazioni a Troilo e Cressida, l’opera di Shakespeare dove, osservò Tomasi di Lampedusa, tutti i personaggi sono negativi). E la maggiore colpa è del popolo, col suo pessimo rapporto con l’autorità, che non vuole controllare per tenerla pulita ma farsi amica, parteggiando per una della sue fazioni per partecipare dei suoi soprusi. E che accetta di prendere per sostanziali differenze orizzontali tra esecutori, tra attori dell’opera dei pupi allestita a questo scopo, che sono secondarie* quando non cosmetiche, pur di evitare di guardare in faccia e fronteggiare il potere vero**.

* Baruffe di corte: i baroni della destra e i mandarini della magistratura.
** L’orizzontalizzazione. Ib.

@ Fang. Ciò che accomuna falsa destra e falsa sinistra è più di ciò che le separa: l’obbedienza ad attuare l’immigrazione forzosa. Ciò che le separa è come ciò che separa e insieme accomuna “il bianco e l’augusto”: opposti nel costume, complementari nel ruolo. I nazisti dell’Illinois pericolosamente vicini alle fetide teorie suprematiste contigui alla falsa destra, la santimonia sociopatica* della falsa sinistra. Coi preti che vedono il Vangelo, e i magistrati che vedono la giustizia, solo negli interessi dei potenti, in una caricatura che calpesta un ragionamento etico realistico**. Magari avessimo una autentica destra conservatrice, che applichi argomenti come quelli di Ida Magli sui danni della Babele etnica, e una sinistra autentica, che evidenzi il dumping occupazionale e dei diritti come esposto da Michea. Una buona destra e una buona sinistra convergerebbero, su basi diverse, nel rifiutare l’immigrazione forzosa. Falsa destra e falsa sinistra dietro all’ammuina servono lo stesso padrone.

* Le morti catalitiche
** Immigrati. La pietà coi numeri e altre forme minori di pietà.

Fang. Mi devo ripetere: colpa di tutti, colpa di nessuno.
Convinto tu…

@ Fang. CENSURATO. Piuttosto che credere ai loro litigi che li vedono accaniti nemici, va considerato che i ladri di Pisa la notte rubano assieme. Ma secondo te così li si assolve: “colpa di tutti colpa di nessuno”. Non sei obbligato a ripeterti, puoi cambiare. Vedi se riesci a uscire dalle gabbie mentali nelle quali ti sei rinchiuso. Considerando concetti come manfrina, gioco delle parti, complicità, infedele patrocinio, combine, inciucio, debolezza della politica e sua subordinazione ai poteri forti, selezione e cooptazione dei mediocri, dei docili, dei corruttibili, etc. . E guardando ai diversi precedenti di come regolarmente chi dall’opposizione ha promesso di cambiare il sistema poi giunto al governo abbia proseguito la stessa linea, verosimilmente imposta con offerte che non si possono rifiutare. Non sono “contento” di questo. E con me i tanti che non vanno più a votare, maggioranza relativa, prossima a divenire maggioranza assoluta.

@ Fang. Va bene, il colpevole è chiaramente Gano di Magonza.

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Vedi anche:

La decenza precede la santità

La santimonia

Deuteragonismo di lotta e di governo

19 May 2009

Blog “Uguale per tutti”

Commento al post “Elio e le storie tese” del 10 mag 2009


Apprezzo anch’io la chiacchierata con Silvio Liotta. A proposito di rigore logico e di semantica; può gentilmente spiegarmi se con l’espressione “questioni di tipo speculativo” [sul cancro] intende “argomenti astratti” o “manovre volte alla ricerca di profitto”?

In attesa della risposta, cerco di precisare meglio cosa intendo per deuteragonismo; un argomento in cerca di autori; un’entità che, qualunque nome si voglia darle, resta negletta. Vedo il deuteragonismo principalmente come un atteggiamento culturale e dello spirito, che origina dalle nostre storiche debolezze culturali; dall’anima gregaria, che è gregaria anche nell’opporsi. Atteggiamento potenziato dalle tecniche di manipolazione dell’opinione pubblica.

Beppe Grillo, per mostrare che l’Italia è il paese dei furbi, ha raccontato che una volta è salito sull’autobus e ha timbrato il biglietto: “tlictlac”. “Il guidatore si è girato di scatto e ha detto: cos’è questo rumore?”. Può darsi che un dissenso non deuteragonista ci faccia un effetto simile, avendo noi interiorizzato una specie di avversione estetica per il dissenso non irreggimentato.

C’è il deuteragonimo dei politici, frutto di una scelta e falso; una recita, nella quale a volta ci si scambiano le parti. C’è anche il deuteragonismo inconsapevole, indotto ma sincero, dei cittadini che vorrebbero che le cose andassero meglio. Naturalmente i due si influenzano a vicenda. Purtroppo il deuteragonismo dal basso è non meno efficace di quello dall’alto nel servire gli interessi del potere, ripetendone gli slogan e facendo da argine ad altre forme di dissenso, non controllabili. Nel mio campo, la medicina, vedo che i progressisti adottano, e propagandano con successo, posizioni apparentemente critiche che in realtà favoriscono gli interessi del potere; sono responsabilità gravi, anche se quasi sempre involontarie, dovute a superficialità, nel caso della protesta popolare; e invece maggiormente consapevoli per chi si pone a capo della protesta popolare, per chi opera come consulente o intellettuale, o siede sui banchi del Parlamento.

Vi è quindi un deuteragonismo degli elettori e uno degli eletti. Un deteragonismo “di lotta” (gladiatorio a parole e in certi gesti ma pacioccone nella sostanza), che è quello che mi interessa di più; e uno “di governo” (che tecnicamente è nella notoriamente compiacente opposizione parlamentare), sul quale sembra si appunti maggiormente la Sua attenzione. Come esempio di deuteragonismo di governo, si può considerare la degenerazione ideologica del socialismo umanitario in campo medico. Tutti sappiamo cosa è accaduto nel nostro paese ai nobili ideali socialisti: “Da Nenni e compagni a Craxi e compagnia” dice il titolo di un libro di Enzo Biagi. Prima del fascismo c’era tra i medici una cospicua componente che aderiva al socialismo umanitario, con una rappresentanza non trascurabile in Parlamento; oggi, al tempo della medicina reaganiana, e dopo il craxismo, medici socialisti come quelli sono impensabili in Parlamento; anche i parlamentari medici che non sono nel centrodestra non si occupano dell’emancipazione dall’ingiustizia, ma aiutano, di sponda, le grandi manovre speculative della medicina; impiegando strumentalmente la retorica di sinistra, come cerco di mostrare nel già citato post sugli “Sos” sui tumori pediatrici, e nella discussione sul testamento biologico (Questionario immaginario ai magistrati sul testamento biologico; Eudamonismo laico e eudamonismo cattolico sul testamento biologico; in preparazione).

Lei parte dal deuteragonismo istituzionale; è vero che sul piano partitico può avvenire che i due deuteragonismi si alleino: che forme di dissenso apparentemente sganciato dal potere vengano tollerate e incoraggiate, anche se sgradite, purché deuteragoniste; equiparate a “correnti”, ricevono visibilità, e raccolgono il malcontento per poter ricondurre all’ovile, il giorno delle elezioni, le pecorelle smarrite, o disgustate. Io, lontano dagli ambienti politici, guardo maggiormente alla dimensione culturale e psicologica del deuteragonismo; alla sua diffusione capillare tra il pubblico e gli intellettuali, e ai conseguenti effetti sul dissenso “grassroot”, nato con Internet; alle “pratiche discorsive” imposte dal potere, che proibiscono alcune forme di dissenso, magari le più semplici e immediate, e ne promuovono altre, più contorte ma funzionali al potere.

Il fattore da Lei evidenziato, la “democrazia bloccata”, deve aver giocato un ruolo importante, nella sostituzione dell’opposizione autentica con forme di deuteragonismo, nell’abituare gli italiani alla “learned impotence” in politica, e a fare loro concepire quindi come unica opposizione possibile quella che costituisce una rispettabile attività ausiliaria del potere. Un condizionamento culturale che si è avvalso anche dell’omicidio esemplare di voci non deuteragoniste. I condizionamenti post-Yalta agivano però su un terreno predisposto; infatti, con qualche aiuto, hanno attecchito bene, e finita la Guerra fredda questa volontà di rivendicare ciò che il padrone vuole si rivendichi ha continuato a crescere nella nostra cultura politica.

Il fattore umano resta il singolo fattore più importante, che precede la posizione nella società o nelle istituzioni e nello schieramento politico: uno statista di quei tempi che aveva tratti di autonomia e indipendenza, nella sua condizione, mi pare fosse il curiale Aldo Moro, il principe dei democristiani; mentre figure come Toni Negri o Adriano Sofri mi paiono oppositori che hanno educato ad un pernicioso deuteragonismo. Yalta e il contrasto al comunismo hanno inciso fortemente, ma sono stati anche un alibi di dimensioni epocali. E sono tuttora utili come giustificazioni.

Moro, che voleva pubblicare su un settimanale un articolo nel quale richiamava al rispetto dell’indipendenza nazionale, con riferimento all’indipendenza dagli USA, e ha compiuto scelte politiche che andavano in questa direzione, è stato tolto di scena. Oggi viene celebrato come una vittima di altri tempi, portatore di una politica troppo compromessa; e “inattuale” (Martinazzoli); infatti non ha lasciato una scuola politica. Dell’eccessiva dipendenza politica e culturale dagli USA oggi parlano solo frange assenti dal dibattito mainstream, o vecchi signori nostalgici in odore di demenza senile.

Sofri e Negri sono invece tuttora à la page tra i dissidenti “duri e puri”; la conoscenza delle loro gravi responsabilità e delle pesanti condanne giudiziarie non ha interrotto la fiducia per loro come intellettuali. Ai giorni nostri queste due icone della lotta al capitalismo, ex promotori del terrorismo, pubblicano su case editrici come, rispettivamente, la University of Chicago Press, o la Harvard University Press; e continuano a diffondere i loro insegnamenti e a venire ascoltati da coloro che dicono di volersi opporre al sistema. Una caratteristica che contraddistingue i deuteragonisti professionisti è la loro galleggiabilità.

Il mediatico e l’extramediatico. Il caso delle ghiandole sessuali maschili

13 May 2009

Blog “Uguale per tutti”

Commento al post “Elio e le storie tese” del 10 mag 2009


Caro dr Lima, grazie per la Sua risposta del 12 mag alle 9.24. Credo che su un punto siamo tutti d’accordo: non si può tacere; e non si può lasciar passare tutto. Ci dividiamo su cosa non può non essere contrastato, avendo evidentemente criteri diversi: secondo Lei, e la maggioranza, un caso come quello di Silvio-Veronica-Noemi ha priorità elevata, o è “obbligatorio”; secondo me invece questo è uno dei tanti argomenti che andrebbero messi in fondo alla lista, o respinti.

Il proteiforme Berlusconi ora ha assunto fogge priapee; l’opposizione invece ha come modello le figure pacate e intense di Enrico Berlinguer e Luciano Lama. Nonostante questa diversità di aspetto, su temi importanti vanno sorprendentemente d’accordo: la sanità integrativa, ma si possono fare innumerevoli esempi. In USA, assicurazioni mediche private significa decine di milioni di persone senza copertura medica, o, ciò che è più rilevante da noi, con copertura parziale; significa un rischio, basso ma non trascurabile, di bancarotta per le famiglie in caso di malattie gravi. Significa una medicina che, badando ai suoi interessi, spesso ti dà quello che non ti serve e che ti fa male, e non ti dà quello che serve.

Non so che forma prenderà in Italia la medicina delle assicurazioni, ma mi sembra che converrebbe bypassare le cento bubbole di Berlusconi, e le relative proteste dei compassati personaggi del centrosinistra, per occuparsi della loro singolare sintesi su tanti temi trascurati come questo. Anche perché Berlusconi il libertino e i “militanti severi” mentre si rinfacciano a gran voce la responsabilità di scandali da rotocalco come questo, sono inoltre accomunati dalla volontà di ottenere il silenzio, anche con le maniere forti, su certi loro comuni affari; certi loro comuni asservimenti, il protagonista col deuteragonista, al grande business, come quello della biomedicina.

A proposito delle principali ghiandole sessuali maschili, ovvero prostata e testicoli. Le diagnosi di tumore della prostata nei 5-10 anni intorno al passaggio di millennio sono raddoppiate, così che ora questo è il tumore più frequentemente diagnosticato negli uomini. Un fattore primario di sofferenza, malattia, danno economico, ha raddoppiato le sue dimensioni in un modo che può essere detto fulmineo. Gli addetti tacendo in nome del distacco scientifico, gli altri perché non lo sanno o possono dire di non saperlo, nessuno lancia allarmi su questo aumento brusco del carico di male, e discute dei rimedi. I toni sono piuttosto celebrativi. Ci sono molti elementi, e anche studi scientifici specifici, che indicano che tale impennata, sconcertante sul piano biologico, sia sostenuta da sovradiagnosi (es. Telesca D. Etzioni R. Gulati R. Estimating lead time and overdiagnosis associated with PSA screening from prostate cancer incidence trends. Biometrics, 2007. 64: 10-19).

Ovvero, con l’introduzione di un test di screening vengono reperite, etichettate come cancro, e trattate come tali, alterazioni morfologiche che biologicamente non si sarebbero comportate come cancro, e sarebbero state scoperte, eventualmente, solo all’autopsia, dopo la morte per altre cause. In serie autoptiche, tali lesioni, considerate carcinomi della prostata incidentali, sono state repertate con una frequenza che varia dal 15% al 50%, correlata all’età del paziente e a quanto è stata approfondita la ricerca.

Chi è addentro alla medicina ed è un poco smaliziato sa che la diagnosi clinica di cancro attualmente più frequente nell’uomo ha gravissimi problemi di falsa positività. Ma ciò è una di quelle che l’economista Galbraith ha chiamato “le frodi innocenti”: tutti gli insider sanno che è così, ma non la percepiscono come una frode, e fanno finta di nulla. E’ una situazione frequente nelle frodi dell’economia e della finanza.

Come per la Parmalat. Non varrebbe la pena considerare questo problema della diagnosi di carcinoma della prostata? Con tutte le cautele (incluse quelle sul falso dissenso medico); ma senza censure. Le terapie per il carcinoma della prostata possono provocare impotenza, e comportare la castrazione, oltre che l’asportazione della prostata: mentre guardiamo cosa combina Berlusconi, sono le nostre ghiandole sessuali ad essere messe a rischio, con la complicità del governo.

Ma di mezzo ci sono montagne di soldi facili, che non occorre riciclare, essendo puliti, e riveriti, dall’inizio; e un sacco di buoni o ottimi posti di lavoro. Se ipoteticamente chi comanda avesse dovuto scegliere tra i due temi, avrebbe pensato: meglio che si indignino sulle ghiandole di Berlusconi che sulle loro. Sugli scandali come questo facciamoli sfogare, ma sull’inflazione galoppante di diagnosi di carcinoma prostatico che ascoltino i messaggi addomesticati dei media, senza discutere. Infatti i media propagandano con la regolarità di piazzisti il business dello screening per carcinoma prostatico (è di queste ore la notizia che la Corte europea ha decretato che notizie giornalistiche in campo medico, prodotte da giornalisti formalmente indipendenti, possono costituire pubblicità; e quindi essere perseguibili come pubblicità illecita).

Per di più, parlando di Berlusconi sciupafemmine si ottiene come epifenomeno il risultato di alimentare il mito giovanilista, che, come è stato osservato, porta gli anziani a sottoporsi a test di screening. E il test di screening per carcinoma alla prostata di questo sostegno ne ha bisogno, perché non si è riusciti neppure a produrre, con tutti gli aiutini, prove scientifiche della sua efficacia. Due piccioni con una sassata.

Così abbiamo una differenza speculare tra mediatico (e qui chi più ne ha più ne metta) ed extramediatico (e qui censura) in tema di ghiandole sessuali maschili: Berlusconi che dice di spendere tre ore a notte in rapporti sessuali, e la triste fine di una parte dei tanti che incappano in una falsa diagnosi di carcinoma della prostata. Extramediatico cioè “fuori dal mediatico” o “escluso dal mediatico”. Extramediatico non vuol dire “extraterrestre”; però, siccome, come disse mi pare Giovanni Paolo II, “quod non est in video non est in mundo”, l’extramediatico sembra avere uno statuto ontologico più fragile rispetto al mediatico. Anche nel caso che sia quest’ultimo a essere inventato. Così l’extramediatico suona sempre un po’ marziano, e questo favorisce la sua emarginazione o censura. Soprattutto davanti ai trionfi del corrispettivo mediatico.

Questa distinzione può anche aiutare a comprendere lo sconforto di chi, tentando di togliersi il bavaglio per parlare dell’extramediatico, vede l’ennesimo grottesco “spottone” venire considerato – che per il mediatico equivale a venire celebrato – su stimabili luoghi di critica politica. Non dico e non penso che la crisi Noemi sia stata allestita per favorire il business sulla prostata. Ma va oggettivamente anche in quella direzione. Oltre che con l’effetto epifenomenico già detto, l’aiuta allontanando ulteriormente dall’extramediatico. Ci sono mondi possibili più o meno vicini, ci spiegano i filosofi, e così stiamo navigando sempre più lontano dal mondo reale.

Nel 2006, il New York Times, nella pagina del business, in un articolo parte di una serie sulla medicina intitolata “The sirens of profit” riportava come gli urologi statunitensi stessero investendo in una costosa e discussa macchina per la radioterapia del cancro della prostata, in quanto assicurava rimborsi dalle assicurazioni per cinquantamila dollari a paziente. Ogni anno in USA si fanno duecentoquarantamila di queste diagnosi. Il carcinoma della prostata è un cancro dell’anziano. Due settimane fa la Società americana di urologia ha stabilito di espandere ai quarantenni l’offerta del test di screening che ha provocato il raddoppio di diagnosi: se questa è l’aria che tira non so come farà Obama a ridurre la spesa sanitaria USA, da lui definita, pochi giorni fa, “fuori controllo” e “una minaccia per l’economia”. Obama, che sta negoziando un taglio alla spesa sanitaria di 2000 miliardi di dollari in 10 anni, segna un cambio di tendenza, ma non potrà cambiare il sistema.

Ci si lamenta che Berlusconi controlla l’informazione. Ma se ci sono argomenti-Noemi e argomenti-figli-della-serva non è solo colpa di Berlusconi. E’ Berlusconi che traccia il palinsesto, ma è l’intellighenzia deuteragonista che lo difende. Un’intellighenzia composta di figure eterogenee, che variano dal galantuomo al suo opposto; e che comprende lo scagnozzo dei preti; i quali hanno agenti in entrambi gli schieramenti, e sono i pupari; se ne ridono di protagonista e deuteragonista, e orientano verso l’esito desiderato lo scontro dei due paladini. Pupari come Mangiafuoco, che però era burbero, e aveva il cuore tenero.

Un tempo c’erano i magistrati un po’ occhiuti che facevano sequestrare le riviste pornografiche esposte nelle edicole. I critici sostenevano che serviva a non occuparsi di altre sconcezze. La pornografia dell’affettività, come per “Incantesimo” del quale ho parlato nel commento sui 18 anni di Noemi; e la pornografia del silenzio, su quanto sta avvenendo in oncologia, non le contrasta nessuna forza. Né formalmente né informalmente. A partire dai centri del dissenso.

Mi sembra poco importante, in senso relativo, e tatticamente controproducente, considerare notizie scandalistiche come questa di Noemi, lasciando nel silenzio ermetico tanti altri temi, es. quelli che indico. Mi chiedo quanti altri problemi, di settori che non conosciamo, restano coperti sotto il dissenso canonico. Qual è lo “spettro del visibile” per l’ufficialità, e qual è lo spettro del visibile per il dissenso ? Se sono ugualmente ristretti, se le lunghezze d’onda sono le stesse, o quasi, questa è una patologia del dissenso. Così il dissenso sarà predisposto a rispondere al potere come vuole il potere, e pronto a isolare e espellere quelli che non lo fanno. Che è quello che avviene. Mi sembra che senza il deuteragonismo, che non è questione di correnti ma di anima, la situazione non sarebbe così nera come dice Liotta; che sia il deuteragonismo che ha reso possibile “la resistibile ascesa” e il mantenimento al potere di personaggi e forze che davanti ad un’opposizione animata da un diverso spirito critico non potrebbero spadroneggiare.

Da quanto Lei scrive, mi sembra che da questo scambio possa emergere almeno un principio minimo condiviso, e che costituisce una regola semplice: il non rispondere ad alcuni scandali può avere un senso. Non può essere liquidato come un’imbecillità. Al contrario, bisognerebbe avere presente il pericolo – e la piaga – del deuteragonismo, e affrontare il problema della costruzione autonoma, indipendente e non ingenua della scala delle priorità.

Bisognerebbe avere presente anche la dicotomia mediatico/extramediatico. Il mediatico è spesso falso: a tale falsità può corrispondere un extramediatico, che in quanto tale non è visibile, ma che non solo è in questo mondo; può anche essere molto utile conoscerlo. Non è affatto una resa, un tacere, un’acquiescenza, un chiudere gli occhi, un lasciarle passare tutte, la scelta di “espungere” certo vistoso mediatico dal campo visivo per non farsi distogliere dall’extramediatico. Sarebbe necessario procedere ad un riequilibrio su base razionale tra le due entità, andando contro le impressioni istintive, ricordando che tendiamo a scambiare il media per il messaggio. Recuperare l’extramediatico, del quale ci siamo sbarazzati troppo frettolosamente con l’avvento dei media di massa, aiuta a ridimensionare il mediatico.

Resto quindi dell’idea che a volte è meglio tacere su certi scandali vistosi (soprattutto se sono di quelli che si commentano da soli), in modo da non tacere su altri, che sono poco visibili e attivamente nascosti. Forse quella dei castelli in aria è tra le demolizioni più difficili. Anche in uno scritto attribuito a J. Swift, “L’arte della menzogna politica”, si afferma che talvolta è preferibile combattere il potere della menzogna non contraddicendola; l’autore suggerisce di non confutarla ma di accettarla; e di modificarla con un’altra menzogna. Ma è curioso, Berlusconi sembra “non falsificabile”: non è facile pensare di aggiungere una menzogna credibile a quelle che impersona. Una volta che ci siamo riusciti, occupiamoci della sanità integrativa, dello screening per il cancro della prostata, oppure di qualcuno dei mille altri importanti temi, di tutti i campi, che sono orfani, che non hanno nessuno che si curi di loro. O almeno, non diamo una mano a coloro che, pagati o volontari, danno addosso a chi vuole presentare osservazioni su argomenti extramediatici.

Swift nella sua “Modesta proposta” per risolvere il problema della povertà in Irlanda consigliava, sulla base di un’analisi economica, di commerciare in bambini, da usare come alimento. Io vedo che oggi la sua proposta di nutrirsi di bambini in un certo senso è divenuta realtà. Oggi, dove problemi di miseria non ce ne sono, o forse sì, in quel settore chiave dell’economia che è la medicina si sacrificano dei bambini per produrre profitti. E, come ho descritto altrove (Sos cancro nei bambini e sovradiagnosi) il deuteragonismo medico gioca appieno la sua parte in questa frode delle sovradiagnosi, che è molto brutta. Molto brutta per i minori, per gli adulti e per gli anziani.

La ringrazio per avermi aiutato con questa divergenza a mettere per iscritto ciò che penso. Un caro saluto.

Il deuteragonismo

11 May 2009

Blog “Uguale per tutti”

Commento al post “Elio e le storie tese” del 10 mag 2009


Gentile dr Lima, quanto Lei scrive critica ciò che avevo scritto nel Suo blog il giorno prima sullo stesso argomento, sotto un altro post (I 18 anni di Noemi e la sanità integrativa): mi permetta di dissentire amichevolmente, e poi di andare oltre a quanto da Lei affermato, e, senza più alcun riferimento a Lei, trattare il tema, che mi pare davvero fondamentale, da un punto di vista generale.

Non condivido neppure le posizioni di Mauro C., che nel congratularsi con Lei per le Sue posizioni, contrappone il Suo dubbio alla certezza degli imbecilli. Ammiratore di Cartesio, il filosofo del dubbio metodico e, non meno importante, della molteplicità del reale, a Mauro C. dico che col dubbio bisogna convivere, ma in certi casi, per esempio per le notizie scandalose e anomale di Novella 2000, è più equilibrato che il dubbio assuma la forma di un ragionevole scetticismo. L’appello al dubbio unito all’accusa di dogmatismo (o di imbecillità) è tipico degli ufologi.

Se anche, come Lei sostiene, la relazione di Berlusconi con Noemi e il suo annunciato divorzio non fossero vicende private, credo che ciò nonostante sarebbe preferibile astenersi dal discuterle.

Non credo che un politico esperto come Bill Clinton non abbia preso precauzioni per prevenire la possibilità che una ragazzina potesse ricattarlo; ma se dopo avere scalato la massima cima della politica mondiale avesse commesso tale errore da principiante, e se la ragazzina fosse stata tanto matta da tentare realmente di ricattarlo, un’agenzia apposita che protegge i presidenti USA, il “Secret Service” (non è la CIA), avrebbe provveduto a disinnescare il problema. Se il presidente degli Stati Uniti avesse dovuto fronteggiare un ipotetico ricatto di un’amante, a lui e alla nazione non sarebbe accaduto proprio nulla; così come non è accaduto nulla quando Clinton ha detto che gli USA non c’entrano con la strage di Ustica. Roma locuta. A J.F. Kennedy dovettero sparare; non lo estromisero rivelando il suo maniacale “womanizing”, o facendolo cadere in qualche scandalo sessuale.

Parimenti, non credo che quanto Lei ipotizza sia verosimile: che la famiglia di un usciere sia in grado di ricattare uno degli uomini più ricchi, un piduista, presidente del consiglio, di pochi scrupoli, etc. La famiglia Letizia sembra piuttosto al totale servizio di Berlusconi, come tanti.

Quello che a me pare del tutto anomalo è che la notizia del fattaccio provenga dai media del colpevole, dalla famiglia del colpevole, dalle esibizioni del colpevole. Questa singolare situazione, nella quale la fonte e i responsabili dello scandalo coincidono, o sono vicini, è frequente; nonostante ciò, o forse per questo, i commentatori non sembra ci facciano molto caso; e non vedono analogie con le attricette che protestano perché fotografate in effusioni dopo che il fotografo l’hanno chiamato loro. Capisco il dubbio sistematico, che non deve mai essere azzerato; ma “certa evidenza circostanziale è molto forte, come quando trovi una trota nel latte” (Thoureau; si riferiva alla pratica dei lattai di annacquare il latte).

Occorre proteggere le minori da Berlusconi ? Fino a quando una fonte degna di ascolto, come la magistratura, non ci documentasse ciò, resto dell’idea che sia svantaggioso accettare di scendere in questo gioco di specchi con un fregoli come Berlusconi, quando gli si possono muovere contestazioni più fondate e sostanziose. Non si può essere ignari e fiduciosi come bambini su temi come la sanità integrativa e amletici su “Verissimo”.

E’ vero che l’argomento avrebbe risvolti politici degni di attenzione, es. la nostra immagine internazionale; ma allora il tema dovrebbe essere “Perché ci facciamo sputtanare all’estero da questo istrione ?”; invece così si continua a permettere che Berlusconi detti gli argomenti da contestargli. Mentre c’è solo l’imbarazzo della scelta per contestargli altre cose, politicamente molto più rilevanti.

Credo che questa sia stata un’occasione perduta. Al tempo della serie del presidente manager, operaio, intellettuale, buon padre di famiglia, capobanda, etc. a Roma c’era un grande manifesto con Berlusconi e la scritta “Per un presidente contadino”. Qualcuno con la bomboletta di vernice aveva aggiunto “Allora va a zappà la terra”. Cosa sarebbe accaduto alla credibilità di Berlusconi se la reazione all’agghiacciante rivelazione di Berlusconi-vecchio-satiro, degna del miglior Beautiful, fosse stata uno sbadiglio; seguito da una discussione a occhi aperti su cosa sta facendo per la crisi economica, l’occupazione, i giovani, la giustizia, l’equità sociale, la sanità, l’ambiente, i servizi al cittadino.

Penso che quanto avvenuto sia espressione di un problema endemico, che chiamo di “deuteragonismo”. E penso che questo sia un problema cruciale, pari a quello della DC, del craxismo, e oggi del berlusconismo; ma non riconosciuto, o largamente sottovalutato. Col deuteragonismo anziché fare un’opposizione vera, un’opposizione antagonista, che sceglie lei cosa contestare e come, si fa da secondo a chi è al potere, accettando di ribattere, in termini prevedibili, ai temi che vengono scelti da chi comanda; e di trascurare i temi che devono restare fuori dal dibattito, e quindi devono sembrare inesistenti.

Il deuteragonista fa l’opposizione che il potere vuole che si faccia; assicura così la fictio democratica; fa da spalla, da contraltare, per dialoghi che devono avere una conclusione predefinita; e allo stesso tempo è parte integrante di quella forma di controllo detta “agenda setting”. Ha inoltre l’importante funzione di inibire forme di opposizione non gradite, prendendone il posto e combattendole, come dirò.

Invece di correre platealmente in soccorso al vincitore, si può fargli l’opposizione che lui desidera, per ottenerne la benevolenza e ricompense. Penso che la posizione del deuteragonista sia per molti una vocazione, connaturata a tratti caratteriali, e a tratti culturali nazionali, che viene abbracciata con convinzione e sincerità. Guardando a certi casi, come quello dell’attuale opposizione dei DS, penso che per molti sia anche un mestiere. Comodo, ben retribuito e di un certo prestigio.

Antagonista non vuol dire estremista, e deuteragonista non vuol dire blando. Antagonista può voler dire: “abbiamo capito, Berlusconi ci tiene a far sapere che alla sua età va ancora a donne; mah; cosa vuol fare sulla sanità integrativa ?”. D’altro canto, il terrorismo, che ha fatto così comodo al potere, potrebbe essere guardato anche come una forma di deuteragonismo, inconsapevole (ma non sempre). Forse Pasolini si riferiva a ciò quando scrisse “essi credono di spezzare il cerchio e non fanno altro che rinsaldarlo”. Il magistrato Giovanni Tamburino ha scritto, considerando il ruolo dei servizi nel terrorismo, una pagina illuminate su questa tecnica del potere, che “A livello di maggior sofisticazione costruisce la propria opposizione” (In: G. De Lutiis, Il golpe di Via Fani, 2007. Pag 19). Solgenitsin, reduce dal gulag, ha scritto che il regime sovietico favoriva critiche su fatti circoscritti, purché non venisse messo in dubbio il sistema.

Certamente non tutte, ma alcune delle numerose “persecuzioni” o minacce ufficiali, tanto clamorose ed esagerate quanto senza conseguenze, sembrano fatte per creare dei curricola credibili di dissidente per il lancio di deuteragonisti di riferimento. Mentre per chi dev’essere veramente censurato si cerca di lasciare meno tracce possibile. Così ci sono dei “censurati” che tengono banco, mentre altre persone scompaiono dalla loro attività apparentemente senza motivo, senza grandi disturbi. Forze di polizia e magistrati che si occupano di queste manipolazioni a volte operano come dei truccatori, che dipingono sul viso di coloro che devono avere le credenziali di perseguitato i segni delle percosse; per quelli che vanno zittiti davvero ma non si deve sapere, sono come sbirri che picchiano coi sacchetti di sabbia.

E’ una forma cronicizzata e irredimibile di subalternità l’opporsi a chi comanda nei termini da lui dettati. Mettersi contro in maniera autonoma e netta, impermeabile ai condizionamenti del potere, facendo il punto della nostra posizione non sull’avversario, ma rispetto ai problemi reali sul tappeto e ai princìpi fermi nei quali crediamo, non è ciò che sappiamo fare meglio. Forse per questo sia il potere, sia i sudditi, fanno presto a tacciare di eversione, di terrorismo, di anarchia o almeno di eccessivo spirito libertario o eccentricità chi non si attiene al canovaccio del dissenso scritto dal potere.

Eppure una delle regole base dell’autodifesa è di non farsi dettare la difesa dall’assalitore: se ti afferra alla gola, consigliano i manuali, non cercare di togliergli le mani, come viene istintivo fare, ma colpirlo a nostra volta nella maniera più dolorosa in qualche parte del suo corpo per fargli mollare la presa.

In questo modo invece l’opposizione acconsente a comportarsi come il protagonista prevede si comporterà; il potere può così ad esempio sollevare ad arte degli scandali, volendo ottenere una certa modifica nell’opinione pubblica. Come le vergognose manovre sui clandestini (Animalità razionale): credo che per gli immigrati alla fine tutto andrà come vuole il Vaticano, al quale entrambi i contendenti fanno riferimento. Né più, né meno. Mi pare che questa tecnica, di suscitare una convinzione sostenendo la tesi contraria in forme rozze e deboli, fosse chiamata “ductus subtilis” dagli antichi rètori.

Un’altra tecnica di convincimento consiste nel partire alto per poi fingere di fare concessioni. Va bene, non candido una fila di ballerine. Hai vinto. Ti candido una squadra di anonimi yes men forchettoni. O la variante “bad cop, good cop”: non votate quel maiale; votate noi, (che gli abbiamo “portato l’acqua con le orecchie” (Guzzanti)); e vi daremo un berlusconismo serio, e con lo sconto.

Si ha l’impressione che di scandalo in scandalo, di meraviglia in meraviglia, di angoscia in angoscia, si trovi il modo di non parlare mai delle questioni di routine che riguardano i cittadini comuni e la loro vita quotidiana, o di parlarne il meno possibile, come di un argomento tra i tanti. I temi discussi, inclusi i temi del dissenso, ormai formano un reality continuo, tanto accattivante quanto vuoto. Richiamare alla realtà è sconveniente come per uno spettatore irrompere sul palcoscenico durante la recita.

L’opposizione parlamentare è arrivata al punto di necessitare di storie squallide come questa di Berlusconi e la diciottenne per darsi un tono. Il centrosinistra non solo pratica il deuteragonismo, come è suo diritto, ma è nemico acerrimo di coloro che sono su posizioni magari “artigianali”, ma comunque antagoniste, ovvero di opposizione genuina, senza inciuci, senza contropartite sottobanco.

L’opposizione antagonista mostra, per comparazione involontaria, o per denuncia diretta, la non autenticità del deuteragonismo del centrosinistra; inclusa in molti casi la non autenticità personale. Viene così contrastata dal centrosinistra, che dovrebbe essere un alleato, non meno che dal centrodestra. Ed è odiata più dal centrosinistra, per il quale potrebbe essere motivo di imbarazzo o di vergogna anche personali, che dai poteri reazionari, che sanno di poterla schiacciare, e coi quali il contrasto è aperto e dichiarato. In questo modo il centrosinistra va a costituire una cintura protettiva per il centrodestra, che è un compito primario del deuteragonismo. Sembra che ciò risalga ad un’antica tradizione, anche se sta prendendo forme caricaturali negli ultimi anni.

Il risultato è che l’opposizione in Italia è libera di scorrere, ma incanalata in argini di calcestruzzo. Il convento passa periodicamente dei temi, dei disegnini da colorare, ma guai a variazioni o a proposte alternative. Basta deviare di poco, basta voltare la testa davanti al pastone quotidiano, che subito i pennini del sensibilissimo sismografo di qualche professionista del dissenso rilevano il tremito di un presuntuoso, un imbecille, che si permette di criticare la velina del regime su quale infamia il regime stesso ha commesso questa settimana. Su certi blog si può ottenere di farlo bannare; su altri, gli si può fare la guerra. Il disturbatore viene sistemato, e l’opposizione, così depurata, prosegue il suo corso serena, con il vigore tipico delle popolazioni “inbred”, quelle dove gli incroci avvengono ripetutamente all’interno dello stesso ceppo.

Contemporaneamente allo scandalo su Berlusconi ordinato da Berlusconi, e al libro bianco sulla sanità integrativa, c’è stata in questi giorni la stretta di mano tra Licia Pinelli e Gemma Calabresi. Anche a me questo incontro è parso bello, sul piano umano. Si dovrebbe però avere il coraggio di parlare anche di cose come la lista degli 800 che firmarono contro Calabresi, esempio storico delle terribili insidie del dissenso conformista. Questo argomento invece è di cattivo gusto, è da astiosi; espone quei meccanismi strutturali che permettono che, mentre le parti si riconciliano per fatti di 40 anni fa, commettano insieme azioni impresentabili proprie del “doppio Stato”, delle quali si parlerà forse tra 40 anni. La lista è stata rimossa dalla memoria; ed è anche difficile trovarla. Su internet ho trovato solo una lista parziale. In quella lista c’erano pecoroni, opportunisti e cattivi maestri, ma anche persone oneste, e maestri autentici come Bobbio e Pasolini. Mi sono chiesto se non avrei firmato anch’io, e torno su questa domanda ogni volta che si parla di Pinelli e Calabresi. E’ un esercizio che mi permetto di consigliare a tutti i commentatori.

Il potere non è solo più forte di noi; io credo che, nella sua perfidia, sia più furbo, di me e di molti altri. Se non possiamo impedirgli direttamente di fare ciò che vuole, possiamo però rifiutare di pensare come lui vuole che pensiamo. E questa libertà, se l’abbiamo raggiunta, non ce la dovremmo fare togliere. Né dal Berlusconi di turno, né dai suoi volenterosi oppositori certificati.

*  *  *

11 ottobre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Dall’Oca “Modena, polemiche contro l’Ausl, che ha invitato l’ex brigatista Curcio a presentare un libro”

Fondatore e ideologo delle BR. Estromesso, per fare spazio a Moretti e quindi alle gesta più tragiche e sanguinose dei burattini della lotta armata, tramite la lunga carcerazione; ma non tramite l’omicidio, come invece i CC fecero con la moglie (così intimidendolo, inoltre, perché stesse zitto; e lui stette muto per 30 anni; e sulle BR è tuttora reticente). Riciclato a giochi fatti come intellettuale impegnato nel sociale, tornato loquace ma su altri argomenti, e bene accolto, nonostante le responsabilità politiche, prima ancora che morali, nella sciagurata operazione della quale lui e compagni sono stati strumento. Non un “puro”, cioè un illuso, né a differenza di altri un doppiogiochista ab initio; ma una docile pedina dei poteri forti. Un frutto della facoltà di sociologia di Trento, che si dice sia nata da un accordo segreto tra gesuiti e massoni (F. Pinotti. Fratelli d’Italia. BUR, 2007). In fondo, una specie di parastatale, per quanto sui generis. Con dei “capoufficio” i cui mandati sono meno lontani di quanto si possa pensare dagli affari che vengono fatti gestire dalle ASL. Si tratti di strategia della tensione o di lucrare sulla malattia e sul dolore, il principio della subordinazione della vita umana al profitto è lo stesso. Cambiano le modalità; e le maschere, dietro alle quali i vari attori sono colleghi.

@ Alexander. Non è tanto questione di galera della manovalanza, alla quale addossare così tutte le colpe. Quanto di divisione e separazione tra il giusto e lo sbagliato sul piano civile; ma questa operazione viene presentata come barbara e peccaminosa dalle stesse forze, cattoliche in particolare, che hanno allevato i Curcio e gli altri per i loro cinici fini di potere. Il terrorismo non è stata una “pagina nera”, una parentesi, quanto piuttosto una fase particolarmente vistosa del “business as usual”. Non è che le istituzioni siano tornate a essere sane, o siano divenute più sane, dopo avere incoraggiato e favorito degli irresponsabili perché giocassero a fare la guerra. Anzi. Sulle loro onorevoli, centenarie tradizioni, che generano una doppiezza della quale questa consulenza di Renato Curcio alla medicina pubblica non è che una delle innumerevoli manifestazioni, segnalo il libro “In pessimo Stato” del giudice Lupacchini.

@ ekkecakkien. Sì, per i velinari questo è complottismo.

@ ekkecakkien. Gli omicidi, opportuni più per il potere che si diceva di combattere che per “la causa”, ai quali Curcio ha concorso, non sono “idee”. Quanto all’attuale contributo positivo con le cooperative, a parte alcuni dubbi, anche per esperienza personale di scorrettezze editoriali, ammettiamolo. Ciò non toglie che Curcio continui ad avere un trattamento sostanzialmente privilegiato dallo Stato. E ad avere un numero di fan, forse affascinati da questa funzione di ribelle in conformità ai voleri del potere. A proposito di “idee”, mi puoi indicare quali particolari contributi teorici, quali particolari conoscenze, renderebbero indispensabile la sua veste di conferenziere in una struttura sociosanitaria pubblica? A me Curcio pare inaffidabile e squalificato in primis come intellettuale, avendo suonato la musica, funerea, “voluta da chi paga il suonatore”; mancando di quella indipendenza mentale che dovrebbe essere tra i primi requisiti di un intellettuale.

La magistratura come cuscinetto

25 April 2009

Blog “Uguale per tutti”

Commento al post “Il caso ‘Santoro’ gli altri ‘casi’ e il silenzio dei più” del 18 apr 2009


Santoro è un “perseguitato” di lusso, un boicottato di prima serata, ma le sagge parole del dr Racheli tolgono dall’ombra un fattore culturale che facilita l’opera del censore nei casi che restano sconosciuti al grande pubblico, permettendogli di nascondere forme anche gravi di repressione del dissenso mescolandole alle banali avversità della vita quotidiana: la concezione diffusa per la quale è normale accomodarsi in posizione passiva rispetto al potere, e tentare di rivalersi su chi al potere è inviso. La posizione del caporale, asservito e strumento di asservimento, è molto ambita in Italia; e quelli del caporale sono galloni che il potere concede volentieri, potendo così disporre di una torma di punzecchiatori molesti e asfissianti che fa le veci dell’antico sicario solitario con lo stiletto.

L’articolo di Racheli non usa perifrasi: definisce tale concezione come un’oscillazione tra “masochismo” e “sadismo”. Ma i poli di tale oscillazione, che pervade le scelte politiche e sociali degli italiani, sono tenuti nascosti a sé stessi prima ancora che agli altri sotto le formule della retorica cattolica. La retorica che esalta il ruolo di chi media, a livelli diversi, tra potere e sottomessi. Il ruolo del mediatore tra Principe e sudditi non viene percepito come possibile espressione “dell’incapacità dell’io individuale di reggersi da solo e di vivere”, ma anzi esercita una forte attrazione su quasi tutti gli esponenti della nostra classe cosiddetta “dirigente”. Decenni di selezioni ed epurazioni hanno dato i loro frutti.

Un’espressione retorica tipicamente usata dal mezzano italico che media a livello culturale o politico è “coniugare”. Le nozze che vuole combinare sono sempre, sotto mentite spoglie, tra qualche sistema che il potere ha escogitato per fare soldi e le conseguenze ignobili a danno della cittadinanza che quel sistema comporta. Ad esempio “coniugare attenzione al paziente e crescita economica”, cioè speculare sistematicamente sulla domanda di salute (Attali, banchiere poco filantropico ma di diverso stile, ha invece chiamato tale mutazione della medicina “L’ordine cannibale”). Matrimoni turpi, che non s’hanno da fare, né ora né mai; e che invece trovano facilmente dei don Abbondio pronti a celebrarli.

Sembra che anche i magistrati si stiano facendo meno timidi nel frequentare lo smagliante mondo dell’intermediazione. Due giorni fa, su RAI 3, il magistrato De Cataldo presentando un suo nuovo libro ha detto che la magistratura ha una funzione di “cuscinetto” tra chi commette reati e chi li subisce. Evidentemente De Cataldo si riferiva alla dottrina aristotelica della virtù come medietà, o comunque a una forma lecita di frapposizione tra i litiganti. A me però l’affermazione televisiva è suonata come un’ammissione di fallimento, se non di colpa, una forma paludata di resa, perché penso che la magistratura sia effettivamente spinta ad assumere una posizione di cuscinetto, cioè di mediazione, tra diritti del singolo e le soperchierie del potere; e che spesso accetti di assumere questa iniqua posizione.

Agli occhi di un profano informato, il ruolo della magistratura non può essere ricondotto a quello di cuscinetto, di mediatore. La buona attività giudiziaria, quella che converge verso l’equità, considera uguali le due parti davanti alla legge, mentre discrimina attentamente tra le rispettive ragioni, tentando di “misurarne” con accuratezza la differenza oggettiva. Il mediatore fa tutto il contrario: soppesa ciascuna delle parti e ne tiene conto per cercare di trovare una media arbitraria tra le loro richieste.

La giustizia usa la bilancia, che è uno strumento rilevatore di differenze, solo per pesare le ragioni delle parti: l’art. 3 assegna a tutti lo stesso peso. Il mediatore la usa per pesare le parti insieme alle loro ragioni; poi ferma la bilancia e dice “parliamone”. I giuristi sostengono che bisogna anteporre all’equità l’aderenza alle leggi e i ragionamenti giuridici; contemporaneamente con parole come quelle di De Cataldo si consente alla magistratura una terza via, che si basa sull’elasticità. Ma la gomma della mediazione può tenere lontana la giustizia sostanziale non meno della pietra del rigore formale.

Rendere giustizia è un atto in certo senso innaturale. Stabilisce una unidirezionalità artificiale, che va contro la freccia dell’andamento delle cose nello stato di natura: si tratta di definire e compensare un’asimmetria, azione rappresentabile con un vettore che va dalla vittima al colpevole. Mediare invece è bidirezionale, poiché fa pesare asimmetrie preesistenti: tenendo conto dei rapporti di forza tra le parti, la risultante può anche consistere nel consentire un torto, sia pure con un vettore accorciato, ma che va nel verso opposto a quello della giustizia. Lo Stato di diritto è proprio il contrario del libero gioco dei rapporti di forza: “tra il debole e il forte, è la libertà che opprime e la legge che libera” (Rousseau). La mediazione è la versione temperata di tale libero gioco, consona al clima neoliberista.

Nel caso estremo, un cuscinetto tra il prepotente e la sua vittima può essere come il guantone di un pugile: evita a chi colpisce fratture della mano, ma non salva le ossa di chi subisce. Mediare può significare anche “obliterare i sintomi” dell’ingiustizia, rendendola subdola, proteggendo così chi la commette e il sistema che la sostiene. Costringere chi è inviso a poteri forti a passare la vita a difendersi, come un ex procuratore generale si proponeva di fare con De Magistris, è una forma di intervento cuscinetto della magistratura che media tra i poteri forti che sarebbero tentati di fargli sparare e l’interesse del soggetto a essere rispettato nei suoi diritti fondamentali. L’interesse della comunità all’eventuale utilità sociale delle posizioni del soggetto inviso viene comunque sacrificato; e questo è ciò che conta maggiormente.

Infine, mentre giudicare è un’operazione binaria, dove si distribuiscono vantaggi e svantaggi tra Tizio e Caio, la mediazione professionale è un’operazione ternaria, dove si considerano gli interessi di Tizio, di Caio, e del Sempronio che media. Il mediatore non si sogna di essere “il potere dei senza potere”, ma pensa alla sua percentuale della torta. La stessa espressione “giudice terzo”, che con la svolta liberista si è voluto sostituire, o affiancare, a quella di “giudice imparziale”, ritenuta evidentemente obsoleta o insufficiente, pare alludere ad una terza parte che entra nella controversia; ad un giudice-broker; ad una magistratura che è sul mercato.

Anche se appare contrastare coi princìpi che legittimano e rendono credibile l’attività giudiziaria, la definizione della magistratura come cuscinetto ha il vantaggio del realismo. Data la complessità della vita reale, un’elasticità tattica, cioè la capacità di tradurre in forme civili e in termini giuridici appropriati le richieste più varie che arrivano agli uffici giudiziari, dalle urla di disperazione alle pretese fondate ma traboccanti aggressività e arroganza, è una delle tante doti che al momento giusto servono a chi ha scelto questa difficile professione.

Inoltre, i magistrati sono stretti tra i vasi di ferro dei poteri forti e le teste di legno del popolo. I primi li vogliono subalterni ai loro interessi; le seconde li accusano di lassismo quando sono toccate in prima persona, o sentono le notizie di reati clamorosi che eccitano istinti forcaioli, ma altrimenti restano impassibili davanti allo sfascio della giustizia, non pensando che, a meno di non essere delinquenti di professione, sarebbe loro primario interesse esigere e sostenere il miglior sistema di leggi e di amministrazione giudiziaria.

Poteri dello Stato sani ed efficienti sono la prima misura antisismica, per i terremoti reali e per molti dei terremoti metaforici. Se si trascura ciò, poi, quando il tetto o il cielo ci cade sulla testa, se si è in grado di farlo si dovrebbe recitare un mea culpa, o rileggere le parole di Racheli sul masochismo rispetto al potere e sulla paura della libertà. I media connettono la perversa volontà del potere alla stupidità delle masse. Per non restare schiacciati tra vasi di ferro e teste di legno, i magistrati non possono in certi casi che mettere da parte il diritto, che non piace o non verrebbe capito, ed esercitare in certa misura un ruolo di mediazione, che tenga conto dei desiderata dei “ferri” e dei “legni”. Forse mediando riescono a massimizzare l’erogazione del servizio giustizia: posizioni più rigide potrebbero ridurre ulteriormente la già smilza produzione di tutela della legalità.

Esercitando la funzione di cuscinetto tra i crimini dei potenti e le vittime i magistrati corrono il rischio di venire accusati di parzialità da una delle parti, o di scontentare entrambe, come succede ai pacieri. Non ricavano da questa attività, salvo rari casi, ricompense personali in denaro (anche se è facile che ricevano dalla parte forte vantaggi di carriera, favori, riconoscimenti, etc.). Ottengono principalmente altri vantaggi, che versano nella cassa della corporazione: il timore reverenziale e il rispetto che il popolo tributa a chi concede, lesinandola e dopo essersi fatto pregare come un santo, una qualche parziale giustizia; la pace, o almeno un armistizio, coi poteri che all’ingiunzione di stare sottoposti alla legge rispondono chiedendo quante divisioni ha la magistratura.

L’opera di mediazione giudiziaria abbonda, improntando di sé le leggi, le procedure, le prassi. Forse sarebbe meglio riconoscere esplicitamente, e discutere, tale inevitabile funzione o posizione di mediazione; anche perché in alcuni casi la mediazione finisce, come ci si può attendere, per avere effetti aberranti. Esiti aberranti mi pare abbiano luogo in quei casi dove il reato, mentre riguarda grandi interessi, non è visibile agli occhi del pubblico: qui la mediazione rende molto e non comporta rischi. L’occasione di incamerare silenziosamente una lauta “provvigione” in termini di potere, senza nessun danno di immagine, senza che all’apparenza nulla accada, ha effetti corruttivi sulla magistratura; anche su quella pulita, che non vuole accumulare vantaggi ingiusti, ma solo restare a galla. Le conseguenze di sovvertimento dell’azione giudiziaria possono però essere più gravi di quelle messe in conto all’inizio.

L’associazione di queste due caratteristiche, la non visibilità e la grande scala, è propria di alcuni crimini dei colletti bianchi. E’ ben noto che alcuni di tali crimini hanno la caratteristica di riguardare interessi economici di larga scala, come hanno mostrato i grandi scandali finanziari. I criminologi ci spiegano che alcuni dei reati commessi da criminali in giacca e cravatta non sono riconoscibili, tanto che a volte chi ne è vittima non è neppure consapevole di essere stato vittimizzato (Ruggiero V. Economie sporche. Bollati Boringhieri, 1996).

Crimini che hanno entrambe le caratteristiche sono quelli dei grandi interessi dell’alta finanza e dell’industria in campo biomedico, il settore più forte dell’economia legale; e anche il più corrotto, secondo la letteratura sul crimine dei colletti bianchi (Braithwaite J. Corporate crime in the pharmaceutical industry. Routledge & Kegan, 1984). Le frodi di alto bordo in campo biomedico spesso non sono riconoscibili, per due motivi. La loro complessità tecnica: es. quando un trial clinico viene manipolato è improbabile che la frode, nonché essere punita, sia scoperta (Braithwaite, cit); e la fiducia cieca, di natura antropologica, verso la medicina: è difficile denunciare tali interessi commerciali illeciti quando l’utenza ne è comunque entusiasta; soprattutto in USA, i pazienti premono per entrare nei trials, formando una coda come porcellini d’India dietro a un pifferaio, accettando la pesante alea che accompagna anche il più onesto degli esperimenti controllati.

Le frodi biomediche di alto livello restano così ignorate, pur producendo movimenti economici colossali, che possono essere misurati in frazioni di PIL. Tali frodi necessitano di complicità e protezioni istituzionali, es. per l’eliminazione di soggetti che le ostacolano. Una funzione di mediazione della magistratura riguardo a tali reati miliardari, misconosciuti, e a volte incomprensibili ai più, non comporterebbe rischi di immagine, e sarebbe ripagata, da poteri che hanno dimensioni economiche e forza politica maggiori di quelle di molti stati sovrani, con contropartite degne di un re.

I magistrati parlano di cuscinetto; ma il lancio di un nuovo prodotto medico, che è capace da solo di generare miliardi di dollari di fatturato annuo, “is a make or break industry”, è un’industria o la va o la spacca, ha scritto Braithwaite 25 anni fa, commentando le diffuse pratiche della fabbricazione dei dati sull’efficacia e delle informazioni ingannevoli sulla sicurezza per fare approvare il farmaco. Come riportano diversi autori, da allora la situazione è peggiorata; tanto che a volte qualche suo aspetto affiora per brevi istanti anche agli occhi dell’opinione pubblica. Spero che un giorno sarà possibile illustrare come tali crimini in campo biomedico storicamente hanno goduto e godono di un’opera di mediazione da parte della magistratura; una mediazione che a volte sfocia in autentica cogestione del crimine.

Lo stesso giorno che ho sentito il magistrato romanziere fare riferimento alla funzione di cuscinetto della magistratura ho ritirato in libreria “Toghe rosso sangue” di Leporace, che avevo ordinato avendone letto su questo blog. Nei capitoli sui magistrati uccisi compare qua e là la figura del collega traditore. Ma è ancora più frequente, e più deprimente, lo sfondo della massa dei colleghi che non condivide e non apprezza la posizione del magistrato, ritenendola troppo rigida, e lo isola, facendone così un bersaglio che si staglia nitido.

Non tutti i magistrati uccisi erano figure particolarmente alte e limpide, ma molti lo erano, per come può essere alto e limpido un mortale. Appaiono essere stati uccisi proprio per questo, più ancora che per le conseguenze dirette delle loro iniziative giudiziarie. Nemici per terroristi e mafiosi, e per chi ha manovrato terrorismo e mafia; ma anche stranieri in patria, clandestini eccellenti, per un paese dove il servire più padroni è un valore, un indice di stabilità mentale e di maturità morale. Nel libro ho trovato una frase diversa da quella di De Cataldo, scritta da un magistrato sulla foto di Gaetano Costa: “Vi sono uomini di cui si può comprare solo la morte”. Ci sono uomini che non hanno prezzo. Per tutto il resto c’è Mastercard.

Commento agli auguri di Pasqua 2009 del vescovo di Brescia su Youtube

13 April 2009

YouTube

Nella Resurrezione di Piero della Francesca Cristo si presenta vittorioso agli uomini, rispondendo così alla croce, che tra gli attrezzi del boia è quello col maggior carattere ostensivo: la crocifissione è supplizio e esposizione del supplizio. Issato in alto come un’insegna, il crocifisso proclama la morte e sofferenza che il potere infligge a chi lo sfida. Invece nella città del papa gradito alla P2 i sovversivi sono eliminati con mezzi obliqui e sotterranei.

Il “metodo Genchi” e la riduzione al sintattico nella lotta al principe

31 March 2009

Blog “Uguale per tutti”

Post del 31 mar 2009


Non conosco a fondo il caso Genchi, ma vedo che lo difendono molte persone informate che stimo.
Ora, dopo 20 anni di attività, Genchi viene messo sotto accusa dalla magistratura e sospeso dal servizio per aver leso il prestigio delle istituzioni. Che la sua presenza sia “nociva per l’immagine della Polizia” è il contrario del vero: ricordandoci che esistono poliziotti che fanno il proprio dovere, Genchi preserva l’immagine positiva della istituzione polizia. Non condivido la fiducia espressa pubblicamente dal vicequestore Genchi nei confronti del Viminale e di viale Romania.

Vorrei riportare alcune considerazioni su aspetti collaterali della sua vicenda, per come viene presentata dalle prime pagine dei giornali. Sono aspetti che, al di là del caso, possono interessare coloro che vogliono contrastare democraticamente la criminalità di tipo mafioso e la connessa degenerazione dello Stato.

Il primo aspetto è la preparazione di Genchi come tecnico, e la sua scelta tecnicamente felice del settore di attività. Non dev’essere facile districarsi tra i tabulati telefonici, nel regno del combinatorio, dove basta permutare 10 fattori per ottenere 3.628.000 sequenze diverse; sospetto che le inverosimili notizie per le quali si fa credere che Genchi abbia messo sotto controllo quasi un quarto dell’intera popolazione italiana abbiano un’origine combinatoria.

Un altro aspetto che è stato sfruttato per farlo apparire come super-spione degli italiani è la natura altamente concentrata dell’informazione contenuta nelle utenze. Possiedo un cd, pieno per due terzi, che contiene 23 milioni di recapiti telefonici. L’ho pagato un euro: il “Giornale di Brescia” lo ha distribuito in allegato.

Genchi ha compiuto la scelta all’apparenza minimalista di trattare informazione di tipo sintattico. L’utenza A è in contatto con l’utenza B, al tempo x, e con l’utenza C, al tempo y. Un’informazione priva di contenuto semantico intrinseco: nonostante sia il testo col maggior numero di riferimenti a persone reali, solo i matti delle barzellette trovano interessante leggere come un libro l’elenco telefonico. Un’informazione che certo non elimina la necessità di interpretazione, ma la limita a dati di tipo semplice, ed oggettivi; e che si presta ad essere processata per estrarre nuova informazione e generare ipotesi da verificare con altri metodi. Perfino i familiari elenchi del telefono sono una miniera di informazione sintattica, dalla quale si possono estrarre informazioni nuove sulle relazioni tra le persone: importanti studi di genetica delle popolazioni sono stati condotti incrociando i cognomi degli elenchi telefonici.

In quest’era tecnologica le conoscenze tecniche possono essere un pericolo per il potere. Oggi con la tecnologia “si può ingannare tutta la gente per tutto il tempo” purché qualcuno non intervenga a svelare l’inganno con altri strumenti tecnici. Se Genchi non fosse così preparato, e non avesse scelto così bene il campo di cui occuparsi, forse ci sarebbero stati minori motivi per accanirsi contro di lui.

Il secondo aspetto è la doppia inaccettabilità per il potere, tecnica e culturale, dello strumento che Genchi ha usato. Il non avere mai fatto un’intercettazione, ascoltando colloqui cioè raccogliendo informazione semantica, ma essersi occupato solo di tracciare il traffico telefonico, è in un certo senso un’aggravante. Riducendo le relazioni tra soggetti potenti a grafi che possono essere studiati sistematicamente Genchi ha oltrepassato la linea del proibito.

Si può pensare che limitarsi al traffico telefonico sia poca cosa. Al contrario, Genchi ha coltivato nel campo delle investigazioni giudiziarie quello che la scienza, la scienza vera, persegue per ottenere i suoi successi: la riduzione al sintattico di un sistema complesso.

E’ quello che fanno nel marketing – un campo dove a differenza di altre discipline più nobili la ricerca è realmente rigorosa – i sistemi di “data mining”. O gli algoritmi coi quali analizzano automaticamente i dati i computer delle grandi strutture di spionaggio elettronico delle superpotenze, come quelle della NSA. Ma qui Genchi non andava a favore dei poteri forti.

L’informazione sintattica, il dato nudo, e per di più in Italia: dove per sviare dall’esaminare le cose nella loro essenzialità la Controriforma promosse il barocco e dove infatti “la linea più breve tra due punti è l’arabesco”. Dove la lotta alla mafia è come la tela di Penelope, Genchi ha allestito un telaio inverso, che produce il diagramma di trame e orditi.

Maestro di una tecnica e del relativo mestiere, Genchi è portatore involontario di un’eresia culturale. Andando verso il sintattico si va nella direzione opposta a quella intuitiva dell’oralità e dell’immagine alla quale ci hanno assuefatto i media. Un metodo alieno: obiettivo, razionale, maneggevole; inesorabile nella sua semplicità di principio.

Ottenere mappe di relazioni tramite il traffico telefonico. Quale reticolo di mafia, meridionale o del malaffare padano, potrebbe lavorare in pace se venisse oggettivato da questo genere di controlli? Contro le mafie meridionali gli strumenti di punta li abbiamo già: una produzione letteraria, oratoria e cinematografica da paura. Che fine farebbe l’invincibilità mitica della mafia, se anziché con l’epopea degli eroi e la facondia degli appelli antimafia la si combattesse coi tabulati sfornati dal PC, carta e matita?

Un metodo barbaro, inaccettabile per i nostri modi bizantini basati sul culto della parola, del soggettivo, delle infinite sfumature del linguaggio, dell’interpretazione arbitraria e contorta, dell’esegesi illimitata. Un metodo pratico e potente, che è la negazione del vorticoso immobilismo col quale si può lasciare invariato ciò che conta davvero.

Oltre al merito di ciò che ha scoperto, per esempio sull’eliminazione di Borsellino e la strage di Via D’Amelio, Genchi si è posto nella posizione di essere considerato una minaccia a causa dei metodi sintattici, tecnicamente troppo efficaci e quindi pericolosi, e culturalmente devianti rispetto al discorso consentito dal potere.

Col caso Genchi possiamo vedere gli auto-sabotaggi cui le istituzioni ricorrono per evitare di fare sul serio contro le mafie meridionali, e per consentire alle mafie padane autoctone di restare coperte. La repressione di tale metodo di ispirazione positivista rientra anche negli aspetti culturali della restaurazione reazionaria in corso.

Le conoscenze tecniche possono costituire una forma altamente efficace di opposizione e come tali vanno energicamente tenute sotto controllo; e se necessario schiacciate. Il caso Genchi ci mostra quella che dovrebbe essere una moderna via per l’opposizione al “Principe”: la via tecnologica, basata sull’informazione legalmente accessibile e sulla sua analisi. Purtroppo questa strada non viene ben percorsa, al punto da portare a volte a ripetere la domanda ormai banale “ma da che parte sta l’opposizione?”

La riduzione al sintattico nella lotta al Principe

27 March 2009

Blog “Uguale per tutti”

Commento al post “Manganelli Canterini” del 25 mar 2009


Non conosco a fondo il caso Genchi, ma vedo che lo difendono molte persone informate che stimo. Ora, dopo 20 anni di attività, Genchi viene messo sotto accusa dalla magistratura e sospeso dal servizio per aver leso il prestigio delle istituzioni. Che la sua presenza sia “nociva per l’immagine della Polizia” è il contrario del vero: ricordandoci che esistono poliziotti che fanno il proprio dovere Genchi preserva l’immagine positiva della istituzione polizia. Non condivido la fiducia espressa pubblicamente dal vicequestore Genchi nei confronti del Viminale e di Viale Romania. Il solo nome “ROS” mi fa accapponare la pelle, non diversamente dal nome di quelle figure criminali alle quali è opposto così come il pollice è opposto alle altre dita della mano. Vorrei riportare alcune considerazioni su aspetti collaterali della sua vicenda, per come viene presentata dalle prime pagine dei giornali. Sono aspetti che, al di là del caso, possono interessare coloro che vogliono contrastare democraticamente la criminalità di tipo mafioso e la connessa degenerazione dello Stato.

Il primo aspetto è la preparazione di Genchi come tecnico, e la sua scelta tecnicamente felice del settore di attività. Non dev’essere facile districarsi tra i tabulati telefonici, nel regno del combinatorio, dove basta permutare 10 fattori per ottenere10!=3.628.000 sequenze diverse; sospetto che le inverosimili notizie per le quali si fa credere che Genchi abbia messo sotto controllo quasi un quarto dell’intera popolazione italiana abbiano un’origine combinatoria. Un altro aspetto che è stato sfruttato per farlo apparire come super-spione degli italiani è la natura altamente concentrata dell’informazione contenuta nelle utenze. Possiedo un cd, pieno per due terzi, che contiene 23 milioni di recapiti telefonici. L’ho pagato un euro: il “Giornale di Brescia” lo ha distribuito in allegato. Genchi ha compiuto la scelta all’apparenza minimalista di trattare informazione di tipo sintattico. L’utenza A è in contatto con l’utenza B, al tempo x, e con l’utenza C, al tempo y. Un’informazione priva di contenuto semantico intrinseco: nonostante sia il testo col maggior numero di riferimenti a persone reali, solo i matti delle barzellette trovano interessante leggere come un libro l’elenco telefonico. Un’informazione che certo non elimina la necessità di interpretazione, ma la limita a dati di tipo semplice, ed oggettivi; e che si presta ad essere processata per estrarre nuova informazione e generare ipotesi da verificare con altri metodi. Perfino i familiari elenchi del telefono sono una miniera di informazione sintattica, dalla quale si possono estrarre informazioni nuove sulle relazioni tra le persone: importanti studi di genetica delle popolazioni sono stati condotti incrociando i cognomi degli elenchi telefonici. In quest’era tecnologica le conoscenze tecniche possono essere un pericolo per il potere. Oggi con la tecnologia “si può ingannare tutta la gente per tutto il tempo” purché qualcuno non intervenga a svelare l’inganno con altri strumenti tecnici. Se Genchi non fosse così preparato, e non avesse scelto così bene il campo di cui occuparsi, forse ci sarebbero stati minori motivi per accanirsi contro di lui.

Il secondo aspetto è la doppia inaccettabilità per il potere, tecnica e culturale, dello strumento che Genchi ha usato. Il non avere mai fatto un’intercettazione, ascoltando colloqui cioè raccogliendo informazione semantica, ma essersi occupato solo di tracciare il traffico telefonico, è in un certo senso un’aggravante. Riducendo le relazioni tra soggetti potenti a grafi che possono essere studiati sistematicamente Genchi ha oltrepassato la linea del proibito. Si può pensare che limitarsi al traffico telefonico sia poca cosa. Al contrario, Genchi ha coltivato nel campo delle investigazioni giudiziarie quello che la scienza, la scienza vera, persegue per ottenere i suoi successi: la riduzione al sintattico di un sistema complesso. Quello che fanno nel marketing – un campo dove a differenza di altre discipline più nobili la ricerca è realmente rigorosa – i sistemi di “data mining”. O gli algoritmi coi quali analizzano automaticamente i dati i computer delle grandi strutture di spionaggio elettronico delle superpotenze, come quelle della NSA. Ma qui Genchi non andava a favore dei poteri forti. L’informazione sintattica, il dato nudo, e per di più in Italia: dove per sviare dall’esaminare le cose nella loro essenzialità la Controriforma promosse il barocco e dove infatti “la linea più breve tra due punti è l’arabesco”. Dove la lotta alla mafia è come la tela di Penelope, Genchi ha allestito un telaio inverso, che produce il diagramma di trame e orditi. Maestro di una tecnica e del relativo mestiere, Genchi è portatore involontario di un’eresia culturale. Andando verso il sintattico si va nella direzione opposta a quella intuitiva dell’oralità e dell’immagine alla quale ci hanno assuefatto i media. Un metodo alieno: obiettivo, razionale, maneggevole; inesorabile nella sua semplicità di principio. Ottenere mappe di relazioni tramite il traffico telefonico. Quale reticolo di mafia, meridionale o del malaffare padano, potrebbe lavorare in pace se venisse oggettivato da questo genere di controlli? Contro le mafie meridionali gli strumenti di punta li abbiamo già: una produzione letteraria, oratoria e cinematografica da paura. Che fine farebbe l’invincibilità mitica della mafia, se anziché con l’epopea degli eroi e la facondia degli appelli antimafia la si combattesse coi tabulati sfornati dal PC, carta e matita? Un metodo barbaro, inaccettabile per i nostri modi bizantini basati sul culto della parola, del soggettivo, delle infinite sfumature del linguaggio, dell’interpretazione arbitraria e contorta, dell’esegesi illimitata. Un metodo pratico e potente, che è la negazione del vorticoso immobilismo col quale si può lasciare invariato ciò che conta davvero. Oltre al merito di ciò che ha scoperto, per esempio sull’eliminazione di Borsellino e la strage di Via D’Amelio, Genchi si è posto nella posizione di essere considerato una minaccia a causa dei metodi sintattici, tecnicamente troppo efficaci e quindi pericolosi, e culturalmente devianti rispetto al discorso consentito dal potere. Col caso Genchi possiamo vedere gli auto-sabotaggi cui le istituzioni ricorrono per evitare di fare sul serio contro le mafie meridionali, e per consentire alle mafie padane autoctone di restare coperte. La repressione di tale metodo di ispirazione positivista rientra anche negli aspetti culturali della restaurazione reazionaria in corso.

Le conoscenze tecniche possono costituire una forma altamente efficace di opposizione e come tali vanno energicamente tenute sotto controllo; e se necessario schiacciate. Il caso Genchi ci mostra quella che dovrebbe essere una moderna via per l’opposizione al “Principe”: la via tecnologica, basata sull’informazione legalmente accessibile e sulla sua analisi. Purtroppo questa strada non viene ben percorsa, al punto da portare a volte a ripetere la domanda ormai banale “ma da che parte sta l’opposizione?”. Mi dispiace dirlo, ma il “travaglismo” appare soffrire di questa carenza. Qui stiamo discutendo sotto un ottimo articolo di Travaglio in difesa di Genchi, “Manganelli Canterini” Unità, 25 marzo 2008. La garanzia costituita dal suo nome però non è servita ad impedire che il forum non ufficiale http://www.marcotravaglio.it, dopo essersi spento improvvisamente e dopo un black out di quasi due mesi abbia azzerato tutto l’archivio e sia partito da capo, con un diverso indirizzo internet, adducendo ragioni tecniche e amministrative. Chi si prende la responsabilità di raccogliere commenti su un sito di opposizione e denuncia dovrebbe rendersi conto che, qualunque sia la qualità delle informazioni che accumula, sempre da valutare, sta producendo un data base “alternativo”, un piccolo servizio di controinformazione che può avere grande utilità per l’opposizione agli abusi e ai crimini del potere, come spiega Aldo Giannuli nel suo “Bombe a inchiostro” (BUR, 2008). Si dovrebbe stabilire il principio dell’obbligo morale a conservare disponibili in rete i data base indicizzati dei post e commenti pubblicati, magari facendo in modo che il loro volume non sia gonfiato da chiacchiere frivole, che spesso occupano la gran parte dello spazio (e sembra vengano incoraggiate). Questo obbligo riguarda fondatori, gestori, e anche gli stessi iscritti, che dovrebbero essere maggiormente responsabilizzati. Altrimenti si crea una sorta di siti civetta che raccolgono informazioni per quella che dovrebbe essere la controparte e poi scompaiono, inghiottendo tutto in ben altri data base. Su un forum come quello del defunto http://www.marcotravaglio.it (indirizzo che ora porta al blog ufficiale di Travaglio su Chiarelettere) ho trovato centinaia di informazioni e commenti illuminanti o comunque utili, che non andavano dispersi. Cancellare questi database è inoltre scorretto verso gli autori dei commenti, perché isola e oscura coloro che vi hanno riversato informazioni e idee, facilitando il lavoro a chi si occupa di misure repressive e rappresaglie. Sgombrare un sito dai dati già acquisiti per poter continuare a chattare a ruota libera tra amici è “lasciare la predica per andare alla farsa”, come dice un proverbio calabrese. E’ peggiorare il rapporto segnale/rumore, quello che Genchi ha invece ottimizzato nella sua attività di consulente. Il caso Genchi può fare comprendere quanto possa essere utile poter consultare un data base. Può fare comprendere come abbiamo a disposizione uno strumento potente, il computer, che può essere un’arma nella lotta impari. Può fare comprendere come sia sbagliata la tendenza del popolo dei blog a rinunciare alla potenza sintattica e di memorizzazione insita nel mezzo elettronico mentre privilegia l’opposto, l’oralità, con la valanga di affermazioni estemporanee presto dimenticate e rimosse. Anche se si oppongono alla persecuzione di Genchi, molti bloggers condividono coi persecutori l’impostazione culturale “crociana” (v. il recente saggio “Invertebrate left”) che porta a disprezzare gli aspetti tecnici e analitici: i blog sembrano a volte dei certamen letterari su chi produce le migliori invettive, preferibilmente contro un personaggio chiamato Berlusconi. Non ci si preoccupa di questioni “meccaniche e vili” come lo spazio disponibile sul server (che costa pochi euro all’anno, e che a mio parere chi scrive su un blog o un forum dovrebbe pagarsi di tasca propria); o come la necessità di lasciare disponibile in rete l’archivio indicizzato di quanto raccolto. A volte sembra di essere tornati alle effimere e velleitarie “radio libere” degli anni Settanta. Gli argomenti vengono presentati e fatti sparire a tamburo battente, con ritmi da televisione commerciale. L’effetto è quello di un cicaleccio sui massimi sistemi, che consolida lo status quo più di quanto non lo smuova. Una torre di Babele i cui lavori fervono ma restano sempre fermi al primo piano. Anche la casa editrice che si chiama, guarda un po’, “Chiarelettere” produce libri di denuncia spesso ricchi di solido materiale e scritti in bello stile, ma privi di indice analitico, nonostante gli strumenti elettronici ne rendano quasi automatica la compilazione. Un libro che sputtana mezza Italia ma non ha l’indice analitico è una denuncia che si azzoppa da sola. Una denuncia dove la normalizzazione comincia con la pagina successiva all’ultima. Crea nel lettore uno stato d’animo, ma lo scoraggia dal passare all’operatività con contestazioni puntuali. Chiedo ai blogger di contattarmi: se formiamo un gruppetto di almeno 4-5 persone possiamo, dividendoci il lavoro, produrre manualmente e mettere in rete gli indici analitici dei nomi e dei concetti principali di libri come “Mani sporche” (900 pagine) di Travaglio o “Il ritorno del principe” di Scarpinato. A dire il vero da certi autori ci si aspetterebbe che pongano all’editore l’indice analitico come mite condizione per la pubblicazione. Ma i data base e gli indici sono lontani dal nostro carattere mediterraneo. Io ho appreso della loro importanza in USA, dove ho visto che alcuni grandi centri di ricerca accademica hanno reso l’umile lavoro di archiviazione e indicizzazione dei dati uno strumento non meno efficace dei guizzi d’ingegno nei quali noi italiani identifichiamo la produzione di idee.

Parmaliana ha inciampato?

16 March 2009

Blog “Uguale per tutti”

Commento al post “Nessuno vuol fare il Pm in Sicilia: 4 domande per 55 posti” del 14 mar 2009

 

Titolidicoda.org, sotto l’articolo sui magistrati dissuasi dal chiedere di fare i PM in Sicilia, attribuisce all’isolamento la morte di Parmaliana, che annovera tra coloro che “combattono, contro la mafia e a volte inciampano e cadono”. Questa figura retorica dell’inciampare si presta ad ambiguità. Parmaliana non è stato solo isolato: ha anche ricevuto altri trattamenti che come l’isolamento agiscono per via indiretta. E’ stato mascariato da alcuni magistrati, con una botta che è andata a colpire esattamente là dove si doveva colpire uno come lui volendo neutralizzarlo senza esporsi. Scambiandolo di posto con coloro che denunciava lo si è ferito, sconfessato, screditato; lo si è esposto al ludibrio dei mafiosi e del pubblico imbevuto di cultura mafiosa. Se proprio si vuole dire che “ha inciampato” allora si deve anche dire che ha inciampato dopo che i magistrati gli hanno dato uno scappellotto che in quelle circostanze equivaleva a una randellata. Che è inciampato mentre lo stavano obbligando a ballare coi mafiosi la quadriglia delle accuse reciproche. Anche se trovo incomprensibile la scelta del suicidio, credo che il Prof. Parmaliana non abbia perso la testa, ma abbia piuttosto mescolato il dolore al tipo di ragionamenti ai quali era abituato come scienziato. Per ragioni che vanno esposte dettagliatamente, direi che sul viadotto il Prof. Parmaliana ha bilanciato la sua ultima equazione. L’equazione mafiosa che gli avevano appena consegnato.

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Blog  de Il Fatto

Commento al post di  F. Fabbretti e M. Di Gianfelice ” Un suicidio per arrivare alla verità” del 29 feb 2012

“Solo il chimico può dire, e non sempre, quale sarà il risultato della reazione….”

Non comprendo il suicidio del prof. Parmaliana, un uomo di valore braccato da una muta di ominicchi che non meritavano che disprezzo. Tra gli elementi endogeni, credo che oltre al suo carattere due altri fattori possano avere agito congiuntamente. Uno è la formazione scientifica. Il rifiuto innato dell’anomia, dell’assenza di regole, e l’orrore e lo sconforto per dover subire l’illegalità da chi rappresenta la legalità, possono essere stati acuiti dalla formazione scientifica, che vede l’andamento del mondo regolato da leggi; come Trainor il farmacista di Spoon river. Portando così al “suicidio anomico” descritto da Durkheim.

L’altro fattore può essere stato quello culturale dell’atavica sfiducia meridionale, non infondata, nella giustizia dello Stato davanti all’alleanza tra questo e i malvagi. Sfiducia che porta taluni meridionali, incapaci di accettare il giogo della prepotenza, a sostituire, a proprie spese, la richiesta formale di giustizia con l’esposizione dell’ingiustizia, della propria condizione di vittima. Il ritorno a una forma primitiva di difesa sociale della giustizia, l’unica possibile davanti alla paludata barbarie delle latitanze e complicità istituzionali; nella quale ci si sacrifica, si mostra l’infamia nuda anziché farla nascondere sotto carte bollate e sofismi, esponendo così i carnefici e i loro complici alla condanna nell’opinione popolare. Il ragionamento di tipo scientifico e quello della antica cultura subalterna possono essersi fusi in una deliberazione che nella terra dell’inconcludenza e del compromesso ha ottenuto, al massimo costo, un notevole risultato.

v. Parmaliana ha inciampato?
https://menici60d15.wordpress.com

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1 marzo 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Mafia, denunciò i boss ma lo Stato impone l’interdittiva alla sua azienda: imprenditore si uccide a Gela”

Dopo Parmaliana un’altra persona che ricorre – in una forma da non imitare – a un surrogato civile di giustizia per difendersi dal complemento istituzionale della mafia. L’Italia è un paese controllato; il sistema mafia-antimafia è uno dei principali sistemi di controllo. La mafia serve da braccio operativo; la lotta alla mafia crea legittimazione e consenso mentre distoglie l’attenzione, lascia indisturbate e giustifica operazioni del mondo perbene che in un paese libero sarebbero contrastate non meno della mafia. Talora partecipandovi; troppi addetti all’antimafia – le prefetture, con la loro tradizione, fanno scuola, da Brescia a Cosenza – sono severi custodi, oltre che praticanti, dei metodi mafiosi del mondo legale. E’ fondamentale per questo sistema non spazzare via la minaccia mafiosa, come avrebbe già fatto un paese libero, e mantenere un tensione antimafia perenne e mai risolutiva; facendo mostra di un rigore fuori luogo che è anche una compensazione per la mollezza verso i poteri che con una mano muovono le istituzioni e con l’altra i mafiosi. Questa morte riflette la natura patologica del complesso mafia-antimafia; la strategia della tensione, la volontà di mantenere uno stato di grave “infiammazione cronica”. Non deve meravigliare che avvenga ciò che si verifica negli stati infiammatori, dove i danni all’organismo provengono anche da quelle che dovrebbero essere le sue difese.

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10 luglio 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Pietrobelli “Sara Pedri, ginecologa scomparsa: trasferito primario del reparto. L’Apss: “Tutelare serenità di pazienti e personale” “

Spero che la giovane sia viva. Comunque il caso mostra 2 componenti dell’avvelenato mondo medico. a) La fragilità di alcuni rispetto a un ambiente pesante. Un mio compagno di corso si suicidò quando stava per venire a galla che non si sarebbe laureato, avendo falsificato il libretto senza dare gli esami. Tomatis nei suoi libri sul mondo della ricerca biomedica riporta due casi di suicidio di ricercatori da pressioni lavorative. Lo studiare può associarsi al riconoscere la mostruosità mascherata e rigettarla: Parmaliana.

b) La disciplina di cosca impunita e protetta in quanto funzionale a grandi interessi. Il PM Raimondi è tra i magistrati che hanno beneficiato della libera persecuzione, da gabbione di corte d’assisi, verso un medico che denunciava manipolazioni. Es. gli allarmi a senso unico, a favore di frodi mediche, sull’inquinamento*.

La magistratura favorisce la gogna, la selezione inversa, e con esse le visioni superficiali, scolastiche e fraudolente su medici e salute, necessarie ai grandi garbugli, ai grandi giochi di specchi. Come quelli che videro l’esagerazione della diossina di Seveso **, e l’uccisione del direttore dell’Icmesa da parte degli stessi miserabili pilotati che uccisero Guido Galli, il magistrato-studioso.

*Il procuratore Raimondi choc: “Brescia la nuova Terra dei Fuochi”. CorSera 10 ott 2017. – La post-camorra. Dai tagliagole alla chirurgia ingiustificata della tiroide. Sito menici60d15.
**The poison paradox. Oxford Univ Press, 2005.

La sindrome di Peppa nei familiari delle vittime

2 January 2009

Forum marcotravaglio.it

Post del 2 gen 2009

sito chiuso

 

Lusingata da una cittadinanza onoraria, la vedova di Paolo Borsellino si trova al fianco di Sgarbi e opposta al fratello e alla sorella del magistrato. L’Associazione nazionale vittime di mafia per dissuaderla dall’accettare ha fatto appello al rispetto per lo Stato e alla dedizione alle istituzioni. La vedova ha affermato di Sgarbi: “vedo nel suo lavoro un’azione missionaria”. La Sicilia, terra di bianchi che per duemila cinquecento anni sono stati colonia (Lampedusa), dovrebbe sperare nella caritatevole evangelizzazione di Sgarbi. La vedova sembra sia stata conquistata, e contagiata, dal carattere dannunziano del personaggio. Sgarbi è affetto da un pernicioso estetismo simile a quello col quale il Vate sedusse i suoi ammiratori, cioè dalla concezione della vita come opera d’arte, e dalla conseguente illusione che si possa mutare la realtà con lo scilinguagnolo, la magia della parola e i gesti altisonanti, uniti a spirito di sopraffazione. D’Annunzio fornì al fascismo il ciarpame propagandistico, le pratiche della sostituzione della realtà con la parola e l’immagine, che lo aiutarono a durare due decenni e poi favorirono il disastro, inducendo a credere di poter fare con le uscite a effetto anche la guerra. D’Annunzio non pagava i creditori, e messo alle strette se la svignava; Sgarbi è stato condannato per truffa aggravata e continuata perché non andava al lavoro. D’Annunzio (al quale il coraggio fisico non mancava) occupò Fiume e vi istituì la “Reggenza italiana del Carnaro”. Mentre era sotto l’occhio delle cancellerie delle potenze vincitrici, si occupò di stilare per i suoi legionari uno statuto che prevedeva che tra l’altro dovessero saper tirare sassi, fischiare e fare la capriola. Sgarbi si è fatto eleggere sindaco di Salemi, e per risolvere i problemi della Sicilia ha cominciato con l’istituire “l’Assessorato al nulla”. E’ da notare che nell’impresa di Fiume, che ebbe l’approvazione politica di Gramsci, il carisma di D’Annunzio convinse e attrasse avventurieri, sciocchi e sbandati, ma anche persone di valore, alcune delle quali sarebbero diventate eroici partigiani; qualcosa di simile può oggi accadere anche a siciliani validi ma inesperti o culturalmente indifesi davanti ai numeri dell’affabulatore Sgarbi. Sgarbi ora ha assunto come se nulla fosse atteggiamenti progressisti e antimafia; D’Annunzio, anch’egli parlamentare, era passato dai banchi dell’estrema destra a quelli della sinistra (“Vado verso la vita”). Su D’Annunzio è stato scritto che conquistò un successo letterario sproporzionato ai meriti reali grazie a una buona pubblicità, e ciò può essere ripetuto per Sgarbi. L’appellativo di “missionario” sarebbe piaciuto anche a D’Annunzio, che amava posare da monaco. Ho letto le immaginifiche dichiarazioni di Sgarbi, che oppone al problema mafioso tesi come quella che il pensiero della mafia non può essere che perdente perché i siciliani sono degni abitanti della terra degli Dei (ripresa, stravolgendone il senso, dal Gattopardo; “Vengono per insegnarci le buone creanze ma non lo potranno fare, perché noi siamo dèi” ironizza amaro Fabrizio Salina; anche D’Annunzio saccheggiava a man bassa le opere di altri autori). Penso che le cassate siciliane di Sgarbi avranno successo; quel successo di massa che D’Annunzio, esteta di altro livello, riscosse con le sue rime orecchiabili e i suoi romanzi torbidi nella piccola borghesia che voleva darsi un tono. Temo che per la Sicilia Sgarbi non sarà il nuovo Colapesce che una buona parte degli isolani evidentemente aspetta, ma un altro piombo che la tira giù.

Mi è dispiaciuto vedere la foto di Sgarbi che cinge protettivamente la vedova Borsellino. E’ molto interessante che Sgarbi abbia affermato che la vedova Borsellino gli avrebbe detto che assomiglia come nessun altro al marito. Oltre al dannunzianesimo ci sono forse anche ragioni più profonde per questo sodalizio. La notizia rende meno difficile parlare di un argomento iconoclasta, che però credo vada discusso, essendo convinto che il conformismo dell’opposizione è il primo male politico del Paese. L’argomento è quello della cooptazione da parte del potere dei familiari delle vittime di omicidi politici, di mafia, dello stragismo, o di altri omicidi nei quali lo Stato ha avuto responsabilità. Il familiare diviene simbolo dell’ucciso; infatti in questo caso si conferisce ad una signora una cittadinanza onoraria non per meriti propri, ma per il fatto di essere stata la moglie di un caduto valoroso. Cooptando la vedova, si trascina dalla propria parte anche il marito, che non può più parlare. C’è chi tiene ad affermare, giocando sui due significati, “ucciso” e “gravemente danneggiato”, che l’ucciso è “la vittima” e i familiari sono “le vittime”. La fusione simbolica tra il caduto e i suoi familiari è generosa ma impropria, e può essere fuorviante. I familiari della vittima non sono la vittima. Agnese Piraino Leto non è Salvatore Borsellino, e non è detto che la vedova di Borsellino necessariamente reincarni il marito. Anche per i familiari consanguinei, vale una legge della genetica, detta “regressione verso la media”, che lascia prevedere che nella grande maggioranza dei casi i familiari non condividano le eccezionali doti dell’ucciso. Nulla di cui vergognarsi. Soprattutto, i familiari hanno ricevuto una tremenda mazzata che li rende vulnerabili.

L’assassinio da parte del potere di una persona di valore, o di persone innocenti, è solo il primo passo di un’opera di manipolazione. La manipolazione prosegue con la prima corona di fiori al funerale mandata dai responsabili, in una lunga scia, che a volte dura decenni, con le commemorazioni ipocrite, e anche con la manipolazione dei familiari. Il potere tende a offrire ai familiari la scelta tra due opzioni. Possono rifiutare lo Stato che ha contribuito, con omissioni o attivamente, all’uccisione del loro caro. In tal caso saranno destinati al silenzio e all’oblio. Oppure possono essere cooptati, con pressioni psicologiche, con risarcimenti (o promesse di risarcimenti) in denaro o altri vantaggi, con la possibilità di un poco di fama, e assumere più o meno inconsapevolmente posizioni che sono funzionali agli interessi degli uccisori del loro caro, sotto mentite spoglie. I casi come il cambio di fronte della vedova Borsellino sono solo un aspetto eclatante. Più spesso i familiari vengono istituzionalizzati, e mentre condannano gli attentati impediscono però di condannare le istituzioni o le parti politiche che ne sono corresponsabili, divenendone severi garanti e indiscutibili testimonials. Ciò spiega perché lo Stato e i media, mentre hanno cura che sugli arcana imperi che hanno portato al delitto trapeli il meno possibile, sostengono e promuovono l’azione dei familiari delle vittime. Purché non parlino troppo.

La cooptazione si avvale di lusinghe e ricompense, che trovano nei familiari delle vittime soggetti che il trauma ha reso predisposti. Un omicidio da parte di un potere forte può avere una ramificazione di effetti, come uno di quei colpi di stecca al biliardo che non si limitano a mandare una palla in buca, ma cambiano il quadro. Andreotti una volta ha detto che lui gioca di sponda. Oltre agli effetti sul bersaglio, ci sono gli effetti sui vivi. Tra questi, anche quello di atterrare psicologicamente chi è prossimo alla vittima. In USA un tale mi disse di un metodo col quale i Berretti verdi riuscivano a spezzare la resistenza dei guerriglieri Vietcong catturati e farli parlare. Li mettevano in due per cella, e al mattino quello che era stato scelto per essere interrogato svegliandosi si trovava accanto il compagno sgozzato. La sopravvivenza al male non lascia intatti. Ne parla Primo Levi in quella spietata analisi dell’orrore, e allo stesso tempo potente antidoto alla retorica del dolore, che è “I sommersi e i salvati”. Nel lager chi sopravvive, i salvati, tra i quali Levi pone sé stesso, sono toccati dal male; sono capaci di gesti elevati, ma possono anche finire in quella che Levi chiama “la zona grigia”, e collaborare con gli aguzzini. Le vittime sono dei sommersi, ma i familiari delle vittime possono essere equiparati ai salvati, cioè a degli scampati. Anche chi viene ferito e sopravvive, e perfino chi subisce un omicidio morale, venendo fisicamente risparmiato, sul piano psicologico è un salvato. Non voglio dire che i parenti delle vittime divengono dei collaborazionisti, ma che sono stati posti in uno stato che li rende vulnerabili alle manipolazioni. Ciò non significa che si lascino sempre manipolare, ma che può accadere. Ricordando la differenza tra i sommersi e i salvati si può evitare la confusione tra la vittima e chi gli è sopravvissuto, senza negare che sia partecipe degli effetti della violenza che il congiunto ha subito pienamente. Il congiunto riceve una forma di violenza qualitativamente diversa, e meno intensa, ma non meno perversa.

Tra i possibili esiti di questa condizione di vulnerabilità c’è quello di subire una regressione psicologica che ha alcune analogie con la nota “sindrome di Stoccolma”. Potrebbe essere detta la sindrome di Peppa, dalla novella di Verga “L’amante di Gramigna”. Quando i Carabinieri catturano il bandito Gramigna, dopo avergli rotto una gamba con una fucilata, Peppa, l’amante del bandito, lo segue in città per stare vicino al carcere dove è rinchiuso. Poi il bandito viene trasferito lontano, al di là del mare. Peppa resta in città, e finisce per fare la serva ai Carabinieri che le avevano tolto il compagno, nutrendo per loro un attaccamento sincero. Qui gli uccisi sono l’opposto di un bandito, e i familiari non hanno la primitività di Peppa; ma il nostro inconscio è a-morale e primitivo, e le pulsioni che spingono Peppa a restare con le persone più prossime alla sparizione dell’oggetto d’amore possono essere le medesime pulsioni inconsce che operano un transfert dalla persona amata all’ordine costituito che ha avuto un ruolo nella sottrazione. Fare leva su questi meccanismi psicologici è una tradizione che si può fare risalire alla polizia di Mussolini, che alternava tecniche psicologiche alla violenza. La povera vedova Matteotti, smarrita e sotto il regime, fu tenuta sotto strettissimo controllo dalla polizia, e allo stesso tempo venne sostenuta finanziariamente dal fascismo stesso. Finì col permettere che si dicesse che imputava al Fato il colpo di lima da falegname col quale era stato barbaramente ucciso il coraggioso parlamentare: dopo anni di trattamento, il capo dell’OVRA Bocchini poté riferire che la vedova aveva affermato che il marito era stato “vittima di un momento storico”.

Ai nostri tempi un segno tipico e grave di assestamenti psicologici di questo tipo è la diffusione, da parte dell’autorevole voce dei familiari delle vittime, dell’argomento del “sacco di mele”, che nega la natura strutturata delle istituzioni. Una tesi che è musica per le orecchie di chi avrebbe da temere dalle loro affermazioni, sulla quale è opportuno soffermarsi: le responsabilità delle istituzioni sarebbero circoscritte ad alcune “mele marce” presenti al loro interno. L’argomento ha rilevanza particolare per magistratura e le forze di polizia; i politici hanno da tempo perso la vergogna. Le istituzioni non vengono viste come entità che, se non sono monolitiche, sono comunque fortemente strutturate, ordinate gerarchicamente, e collegate tra loro; ma vengono rappresentate come un insieme, un sacco, di singoli individui o di parti discrete. E’ come cancellare le linee che congiungono le componenti di un complesso organigramma, lasciando i nodi isolati. Ma un’organizzazione non è solo una collezione di persone, e il suo agire non è semplice conseguenza di scelte personali, che pure hanno un peso notevole. Per di più, le organizzazioni sono impalcate attorno al formalismo impersonale, che segmenta e sminuzza le responsabilità individuali, così che a volte basta “l’atto dovuto” per venir meno al proprio dovere, come scrisse Ambrosoli. Come sistema strutturato, provvisto di capacità di autocorrezione, un’istituzione se è sana è robusta: un sistema sano che per decenni presenta al suo interno poche mele marce che commettono atti gravissimi è una contraddizione in termini, un oggetto impossibile. Le dinamiche di un’organizzazione sono complesse, e possono permetterle di praticare il male e continuare a dimostrare di essere virtuosa. Se una parte cruciale dell’organizzazione è marcia, l’intera organizzazione viene ad essere corrotta, anche se alcuni dei suoi componenti sono onesti e capaci. Corrotto in qualsiasi sistema complesso non significa 100% marcio, ma marcio quanto basta a impedirne il corretto funzionamento. Nelle organizzazioni, che hanno dinamiche non lineari, per mantenere una corruzione efficiente bastano pochi aggiustamenti nei punti giusti; purché, elemento da non trascurare, vi sia anche la scarsa reattività a tali aggiustamenti di una massa critica di altri appartenenti. Qualche pescecane e tanti pesci lessi. Assicurata una tale configurazione, si può consentire una quota di competenti e onesti, che è anzi utile per non fare crollare la credibilità dell’istituzione. Per le organizzazioni dunque le responsabilità non sono solo personali, e dire che vi è anche una responsabilità oggettiva collettiva non significa dire che vi è una uniforme responsabilità personale di tutti e di ciascuno quando l’istituzione funziona all’incontrario: ci sono anche le responsabilità “collettive non distributive”, che corrispondono al funzionamento globale medio dell’apparato. Sulle responsabilità collettive non distributive delle istituzioni, in un sistema dove il popolo fosse sovrano i cittadini avrebbero il diritto di esprimere valutazioni, e accuse, purché fondate, e di chiedere correzioni. Con la teoria delle “mele marce” si nega speciosamente questo diritto, accusando chi critica di “fare di tutta l’erba un fascio”: sono sempre dei singoli soggetti, delle monadi, che sbagliano o fanno il male; e poi ci sono anche i buoni; le istituzioni non si criticano. Si privilegia il particolare, una scelta che fa venire in mente la casuistica gesuitica. La generalizzazione, operazione logica fondamentale, delicata ma senza la quale il pensiero è azzoppato e non si dà conoscenza scientifica, nel linguaggio corrente è divenuta un errore, una sconvenienza, un peccato: “non si può generalizzare”. Questa inversione di valore è una vera forma di censura, la censura di un importante strumento di analisi politica tramite la manipolazione culturale. La parola “statistica” viene da “Stato”. La generalizzazione è l’essenza della statistica, che, scienza quantitativa, prende il nome proprio dall’esigenza non solo quantitativa, indispensabile al potere e indispensabile anche ad una democrazia, di sintetizzare la situazione dello Stato per capire dove ci si trova e cosa bisogna fare. Si può e si deve generalizzare, o tentare di generalizzare; solo, bisogna farlo correttamente. Una generalizzazione illegittima è quella che considera le istituzioni sane per assioma, adducendo a sostegno figure istituzionali altamente positive. Quando si sente discutere di magistratura o di polizia spesso è come guardare un fumetto d’avventura, o un serial Mediaset. Considerando solo i Traditori e gli Eroi si considerano solo le esili code speculari della curva di distribuzione di aderenza al dovere, che appare essere, nell’ipotesi più caritatevole, una gaussiana; si parla troppo poco della pancia della curva, dove risiede la maggioranza, e del valore medio intorno al quale è fissata. L’avvincente visione primitiva dei Buoni contrapposti ai Cattivi sostituisce lo spettacolo dell’ambiguità che permea in toto la struttura istituzionale, il grigiore diffuso rispetto al quale gli epurati rappresentavano luminose eccezioni.

Occorre pertanto superare la tendenza a riconoscere nei familiari delle voci che sono per definizione sorgente di insegnamenti alti come è stato alto l’esempio dato della vittima. Mi rendo conto di quanto è delicato, insidioso e strumentalizzabile l’argomento. Si potrebbe accusarmi di bestemmiare, e accostare le mie parole a quelle di Craxi, che, anche a proposito dei familiari delle vittime, parlò di “una più nobile mafia”. E’ chiaro che va ai familiari un rispetto costante per il loro dolore, rispetto che non può essere mutato dalle loro prese di posizione. E’ però ingiusto e falso permettere che la sacralità del lutto privato impedisca di criticare e respingere, se del caso, le prese di posizione che riguardino la dimensione pubblica, cioè politica, degli attentati. C’è da rispettare anche un lutto pubblico, per la perdita di persone preziose. Il potere in Italia ha lo stile del buonismo: chi oserebbe contraddire un familiare della vittima? Ci si sente sgomenti al solo pensarci; si approva o tutt’al più si resta in silenzio. Il familiare della vittima può essere così preso in ostaggio e essere usato come scudo sacro per fare passare senza contraddittorio le tesi desiderate, stemperando l’opposizione in recriminazioni contro gli “spezzoni” “deviati” di un potere altrimenti sano; e facendone quindi un asset del potere, per proteggere le responsabilità dei piani alti e quelle istituzionali collettive. Siamo un popolo di baciapile, pronti all’inchino e all’occhio umido ma refrattari a restare in piedi e a guardare il male negli occhi. Un popolo sensibile all’estetica e quindi alle apparenze, che vota una persona di successo anche se è pregiudicata; che vede un maitre-à-penser in uno smanioso intellettuale di provincia come Sgarbi. Un popolo familista, che non vuole distinguere tra la sfera privata, governata dai sentimenti, e quella pubblica, dove i sentimenti possono essere controproducenti. Non ci vuole molto a capire che se uno è un pregiudicato è nel proprio interesse di elettore, di padre di famiglia, non votarlo e non votare il partito che si permette di candidarlo (è da notare che Borsellino, il cui modo di ragionare mi pare diametralmente opposto a quello di Sgarbi, spiegò come sia semplicistico considerare per certi politici l’assenza di condanne giudiziarie come prova di non mafiosità). Ma, se si vuole un Parlamento che funzioni correttamente, bisogna anche ammettere che l’avere avuto un familiare ucciso non è di per sé titolo di merito per l’alto compito di parlamentare, che non può essere un risarcimento o una consolazione. Non è raro che l’elezione sia accoppiata all’impunità giudiziaria per il delitto; questo è un falso ripristino della giustizia e dell’ordine, che permette di riprodurre l’ingiustizia e aumenta il disordine. I tanti familiari delle vittime mandati a riempire i banchi del Parlamento non è che in genere si siano distinti come mosche bianche dalla massa dei loro colleghi nell’azione legislativa. I familiari delle vittime possono essere onorati in altro modo. Vanno eletti solo se hanno capacità adeguate; invece vengono cooptati dalle segreterie dei partiti per iniettare un po’ di sacralità in un consesso di soggetti poco raccomandabili.

Ho quindi imparato a non stupirmi vedendo che i familiari delle vittime, una volta messi in cattedra, in genere non impartiscono grandi insegnamenti. Con alcune eccezioni. Mesi fa ho ascoltato una conferenza del fratello di Borsellino, Salvatore. Ha parlato in un modo chiaro e netto, degno della memoria del fratello. Un modo che impressiona, essendo privo di prudenze e bizantinismi, un modo diverso da quello siciliano, italiano o “di sinistra” cui i media ci hanno abituato. Non credo che sia solo perché di professione è ingegnere. Ha detto con calma cose terribili che riguardano anche la magistratura. Non gli improperi sbraitati da Sgarbi su Mediaset. Cose peggiori, e non inventate. Descrive Mancino, l’attuale capo esecutivo dell’organo di autogoverno dei magistrati, come una persona indegna. Salvatore Borsellino descrive un legame tra il colloquio che Paolo Borsellino ebbe con Mancino, allora ministro degli Interni, colloquio dal quale uscì sconvolto, e la strage di via D’Amelio 18 giorni dopo (S. Borsellino, 2008. La memoria ritrovata. Reperibile su internet). I bloggers si interessano dei magistrati che vengono attaccati dai politici dei quali hanno svelato le ruberie, ma trascurano le dirigenze apicali che i magistrati si danno o si lasciano imporre. Negli stessi giorni che la memoria di Borsellino subiva questa “sgarbata”, si è spento, presidente di sezione della Cassazione, Claudio Vitalone; era amico dei cugini Salvo, mentre Pecorelli gli stava antipatico. Sempre in questi giorni, emergerebbe dalle intercettazioni dell’indagine dei magistrati napoletani sulla Global service che i politici coinvolti potevano pilotare non solo le assegnazioni degli appalti, ma anche le sentenze del Consiglio di Stato sugli appalti. Osservando più attentamente le mele supreme si potrebbe capire meglio lo stato del sistema giudiziario.

Nando Dalla Chiesa, professore di sociologia, coi suoi libri ha puntato un riflettore sulla perfidia di quel potere che gli tolse il padre; anche se nella pratica politica non sembra avere avuto la stessa combattività. Maria Ricci, la vedova del poliziotto che guidava l’auto di Moro in via Fani, ci ha indicato che il re è nudo. Nella disgustosa farsa delle surreali dichiarazioni attorno all’omicidio Moro, in quel sostenere che lo si è sacrificato per salvare lo Stato, è stata una delle poche persone coinvolte a pronunciare parole sensate e autentiche, e che superano il suo interesse personale: “liberateli [i brigatisti dei quali era stata chiesta la scarcerazione] e poi girato l’angolo, salvato Moro, li riprendete…questo pensavo come madre e moglie che stava soffrendo”. Via Fani fu un golpe, e in guerra si tratta, se ciò occorre per vincere la guerra. Non era per ragioni umanitarie che il Paese doveva salvare un suo Presidente del consiglio. Ma il destino di Moro era stato deciso, ed era stato siglato proprio con l’assassinio della scorta. Sicuramente si possono fare numerosi esempi di familiari che indicano la strada segnata dai caduti; ma nei discorsi di altri familiari si trova anche tanta retorica che porta acqua al mulino dei responsabili.

Bisogna liberarsi dal buonismo, e cessare di comprare a scatola chiusa le posizioni dei familiari delle vittime. I familiari non rappresentano necessariamente uno standard al quale adeguarsi, seguendo ciò che dicono o fanno. Il modello esemplare è rappresentato dall’ucciso. Ovviamente non vanno attaccati sul piano personale, come fa il missionario Sgarbi, e come può accadere con un qualsiasi altro interlocutore nel dibattito politico. Il fatto che possano talora più o meno “passare al nemico” non ci deve scandalizzare, ma farci riflettere sul terribile stress psicologico che hanno subito, e farci considerare la fragilità del singolo quando si scontra col viscido muro del potere; che è la nostra stessa fragilità. I sentimenti di solidarietà e di affetto verso di loro possono anzi uscire rafforzati da questa consapevolezza. Ma il rispetto per il loro dolore non deve fare venire meno il rispetto per la comunità che ha perso leader che potevano davvero aiutarla.

Per parte loro, credo che le Associazione di familiari delle vittime di mafia, terrorismo e di altre violenze nelle quali è implicato lo Stato dovrebbero prendere coscienza del problema, distinguendo nettamente tra privato e pubblico e dandosi delle linee guida per gli interventi pubblici degli associati. I familiari e noi dovremmo riconoscere quanto la situazione nella quale sono stati posti sia terribile, essendo non solo tragica, ma anche difficile. Oltre al dolore, oltre al vedere il valore di un proprio caro ripagato con la morte, il rischio di commistioni nocive, e di conflitti, tra le necessità del dramma privato e la nobile opera di denuncia. La differenza tra intervento pubblico e sentimento privato può essere paragonata metaforicamente a quella tra il passare gli anni a mostrare al pubblico le diapositive dell’autopsia e l’andare al cimitero a tenere la tomba linda e ornata di fiori. Sulle loro spalle è stata posta una croce che non possono togliere, se vogliono intervenire nella sfera pubblica: in questo ambito, il loro compito primario dovrebbe essere come quello del patologo e non dell’imbalsamatore. Il compito di perseguire la verità, diffonderla e fare memoria, non di fare la plastica alle ferite. La loro sacra esigenza personale di riparare lo squarcio provocato dall’attentato può essere subdolamente sfruttata per nascondere responsabilità e conseguenze. Occorre che i familiari non facciano più da ponte, venendo usati strumentalmente per istituire una continuità tra le vittime e il sistema che le ha fatte uccidere; se non si vuole che, di compromesso in compromesso, accadano cose come questa, che l’azione antimafia di Borsellino e di altri caduti venga usata per il lancio dell’antimafia berlusconiana di uno Sgarbi.

Il male non si è esaurito con quello che hanno subito loro, e può avvalersi del loro dolore. I familiari dovrebbero considerare quali sono le conseguenze quando parlano, riecheggiando la vedova Matteotti, di periodo storico superato e della necessità di voltare pagina; quali sono le conseguenze quando montano il cavallo di battaglia del buonismo, il perdono pubblico, come se su fenomeni come la mafia o la P2 fossimo in una situazione post festum, mentre in realtà così si perdonano i delitti pregressi di forze criminali e antidemocratiche ancora attive, che intascato il perdono continuano a picchiare; quando ci mostrano una commovente rimpatriata con i terroristi, che uccidendo dei singoli hanno rovinato l’Italia; quando non si lasciano sfuggire occasione per cantare l’apologia delle istituzioni, dimentichi delle complicità e debolezze che hanno reso possibile il delitto, delle successive impunità giudiziarie, e dell’oscurità perenne sui mandanti. Quando vengono spinti a fare cose come queste, dovrebbero considerare che c’è la concreta possibilità che stiano inconsapevolmente contribuendo al rinnovamento della tradizione del boia, conferendo legittimità a chi esercita forme di violenza politica proprie dei nostri giorni.

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La prima liberta’ e’ la liberta’ dalla bugia

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Blog de il Fatto

Commento al post di L. Musolino “Elezioni 2013, in Calabria il Pdl degli inquisiti candida un simbolo dell’antimafia” del 20 gen 2013

Segnalo il post “La sindrome di Peppa nei familiari delle vittime”, una riflessione su come il dolore per la scomparsa di un proprio caro possa fare perdere la bussola; su come ciò venga perfidamente sfruttato dal potere; e su come dovremmo dare un netto taglio all’appoggio incondizionato a questo genere di candidature politiche, superando concezioni romantiche ed emotive che danneggiano la lotta alla mafia e all’eversione.

Non dovremmo scandalizzarci e condannare, ma dovremmo aiutare i familiari delle vittime non supportando oltre questa pratica delle loro candidature in quanto familiari dell’ucciso.

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5 luglio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. De Fazio “Assessore a 19 anni ‘nel nome del padre’. Che dice: “Bella e brava, come la Boschi

Io ho una teoria personale, che l’eliminazione di uomini come Emilio Alessandrini avesse tra i suoi scopi quello di marchiare come proibiti alcuni tipi antropologici pregiati; e quindi continuare a fare andare le cose come sta avvenendo nella giunta del figlio, Marco Alessandrini.

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13 luglio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Patitucci “Sclerosi multipla, “da nuova proteina possibile farmaco per rallentare malattia” “

@ Giovanna Maggiani Chelli.

Gentile Signora Maggiani Chelli

Il lavoro che lei elogia si basa sul modello concettuale in vigore, giudicato da diversi specialisti errato e catastrofico per i malati (es. 1), tanto che anni fa neurologi israeliani proposero, inascoltati, una sua moratoria, evidenziando altre gravi manipolazioni della ricerca e cura della sclerosi multipla commesse sistematicamente a favore dello sfruttamento economico della malattia (2). Il lavoro scientifico riportato da Patitucci, che non contiene nulla che in un sistema onesto possa e debba essere comunicato al pubblico, mostra come si prosegua a oltranza negli anni e nei decenni su una sola ipotesi, quella che si è rivelata infruttuosa, avendo interesse a non risolvere il problema. Un aspetto, questo sì, che la ricerca e la clinica sulla sclerosi multipla hanno in comune con lo stragismo; come l’arte del depistaggio e del falso, il disprezzo per la vita umana e per la sofferenza altrui dietro ai proclami ipocriti, il servire gli interessi dei poteri forti, la complicità vile di chi occupa le istituzioni, l’eliminazione delle voci critiche e costruttive; e anche le posizioni degli interessati prossimi eccessivamente sottomesse al potere e aderenti alle sue versioni.

Deferenti saluti

Francesco Pansera

1 O Behan P. Futility of the autoimmune orthodoxy in multiple sclerosis research. Expert Rev Neurother, 2010. 10: 1023.
2 Steiner I Wirguin I. Multiple sclerosis – in need of a critical reappraisal. Med Hypotheses, 2000. 54: 99.

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7 febbraio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. Lenzi “Incontri tra ex terroristi e vittime? Ancora troppe nuvole coprono la verità”

I poteri che propagarono la paura di un terrorismo autonomo, che in realtà pilotavano, ora si giovano di questo fare assumere ai familiari in aggiunta alla posizione, sacrosanta, di vittime in quanto congiunti il ruolo improprio di rappresentanti esclusivi e indiscutibili dei cittadini come vittime degli effetti politici di quelle strategie violente. La paura terroristica è tramontata; ma i poteri egemoni che la vollero non sono inattivi; continuano, indisturbati, a dare ordini. Si perpetuano e si facilitano i loro affari criminali, oggi sotterranei anziché vistosi, con questa falsa riduzione ad una riconciliazione tra ribelli in buona fede e le vedove e gli orfani su un passato lontano. La squallida classe dirigente che mantiene per loro conto l’Italia a pelo d’acqua è anche il frutto di quella stagione che si vorrebbe sepolta; e delle interferenze, che hanno mutato forma senza perdere in efficacia, che si vorrebbero inesistenti. Invece di riscritture romantiche e edificanti ad uso dei vincitori sarebbe utile al Paese guardarsi la piaga cancrenosa. Si dovrebbero raccontare i terroristi come utili idioti, quando non collaborazionisti. E es. di come il fascismo agì sulla vedova Matteotti per normalizzare l’assassinio del marito; comparando ciò all’attuale ruolo normalizzatore dei familiari delle vittime. Invece di preti che mantengono torbide le acque costruendo epiloghi luminosi, servirebbe un’analisi storica che chiarisca le complicità del clero.

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27 marzo 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Fabbretti “Salvatore Borsellino e le accuse disoneste di LiveSicilia”

In Italia si trasferisce la figura della vittima sui familiari; per poi manovrarli e fargli recitare il copione ufficiale. Es. per fare gli splendidi coi reduci del terrorismo degli Anni di piombo, riabilitandoli e portandoli alla ribalta mentre si continua a dare una mano agli affari attuali delle strutture che in passato pilotavano il terrorismo. Ricordo che la vedova di Borsellino diede fiducia a Sgarbi. Un’ottima moglie non è un magistrato capace di fronteggiare i peggiori delinquenti e di valutare chi ha davanti. Salvatore Borsellino come noi non è infallibile. Il suo patrocinio di diversi personaggi lascia perplessi. E’ anche possibile che dato il suo essere “irregolare” vi sia chi favorisce eventuali errori di valutazione. Appare persona integra e coraggiosa, non addomesticabile e protesa verso la verità. Nel suo caso non c’è stato un effetto forte della “regressione verso la media”, nota in genetica, per la quale non è raro che un figlio o germano di una persona di valore sia privo delle doti innate del congiunto. Ha detto ad alta voce cose, come il ruolo dei servizi, sulle quali gli ottoni dell’antimafia ufficiale mettono la sordina o smettono di soffiare del tutto. Forse è per questo che invece di farlo salire abusivamente sul piedistallo cercano di denigrarlo.

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6 dicembre 2019

Blog de il Fatto

Commento al post “Genova, morto l’ex magistrato Mario Sossi: fu sequestrato dalle Brigate Rosse per 33 giorni”

Franceschini ha anche detto che su Sossi lo Stato pilotò le BR come con Moro. Risulta un progetto dei servizi per uccidere Sossi simulando un tentativo di liberazione. Tra i rapitori un infiltrato del Viminale, Marra.

Mario Sossi, 1974, durante il sequestro: “… Opportunisti, sfruttatori , manutengoli, ruffiani e vigliacchi, fanno vita comoda e nessuno li va a rapire. Per di più, qualcuno di essi ha la sfrontatezza di recitare la miserabile commedia del cittadino intransigente”! […] Una scelta “équipe” di psichiatri e psicologi, guidati dall’ineffabile P.E.T. [Taviani], ha sentenziato che, se non sono pazzo , poco ci manca; sono pazzo quel tanto che occorre per falsare il significato delle parole che dirò se uscirò di qui … “

Mario Sossi, 1979: “Poiché sono assolutamente convinto del carattere artificioso della guerriglia rivoluzionaria nostrana, non ho il minimo dubbio nell’individuare gli strateghi di queste operazioni in agenti segreti di potenze straniere”

A chi non appartenga alle categorie enumerate da Sossi, e non abbia altri deficit, queste righe del giudice dicono sul doppio Stato – anche su quello attuale – più di tanti libri e convegni.

@ Antandra. Andrebbe chiesto a Il Fatto. In effetti Franceschini, intervistato da Fasanella, ha raccontato in un libro (“Che cosa sono le BR”, postfazione del giudice Priore) come sia stato eseguito una sorta di trapianto di testa delle BR. Le vecchie BR furono decapitate da CC e servizi, e la vecchia testa, che già era manovrabile e bacata, fu sostituita con una nuova perfino peggiore totalmente controllata dallo Stato. Penso occorra ascoltare ogni fonte disponibile, senza considerarne nessuna come certa; né i terroristi che ci hanno ripensato, né i familiari, a volte fagocitati dal sistema come lo fu a suo tempo la vedova Matteotti (v. “La sindrome di Peppa nei familiari delle vittime”) né gli esperti, che non sono infallibili e, con un numero di lodevoli eccezioni, cucinano versioni ad usum delphini, praticando quello che chiamo il tolemaicismo (v. “Il tolemaicismo politico”), lo spiegare l’eversione in termini prevalentemente nazionali. Non sono un esperto, e i miei interessi e competenze sono diversi, ma ritengo di essere testimone diretto di alcune cose; quello che vedo è che le stagioni del terrorismo sono state solo una forma contingente del dominio sull’Italia, che continua dopo l’alibi della Guerra fredda con mezzi non vistosi, potendo contare per le necessarie attività eversive sul repertorio umano descritto da Sossi. Attività che includono il mantenimento, tramite epurazioni, di una classe dirigente e di istituzioni adatte.

@ Antandra. Anch’io considero Sergio Flamigni una risorsa preziosa. Barbacetto è ottimo come capacità professionali, ma come si vede qui per il rapimento del giudice Sossi, una storia torbida che getta luce sulle forze che percorrono l’ltalia, e quindi anche sul nostro travagliato presente, su questi argomenti un grande giornale alla ribalta come il Fatto non può scrivere che 2+2=4.

@ Antandra. Sì, da noi si è sviluppata l’arte di parlare di fatti gravi evitando le verità indicibili. Qui si è aggirato l’indicibile del caso Sossi rivolgendosi a un ex-terrorista che altrove ha effettivamente contribuito alla verità; ma riportando solo del suo “dialogo” con la persona che teneva prigioniera tenendogli una pistola alla tempia. Si può tacere la verità che si fa mostra di gridare anche facendo parlare un esperto, che dall’alto del suo sapere dia un taglio obliquo alla ricostruzione, cesellando dottamente su aspetti vividi ma secondari mentre lascia in ombra la cupa sostanza. Molto usato, in terra di preti, è sostituire al popolo come parte lesa dei delitti politici volti a tenerlo asservito e sfruttato i familiari delle vittime, col loro dolore che li rende incontestabili, e che in buona fede possono ripetere le versioni aggiustate (e perfino in certi casi trarne credibilità e vantaggi indebiti). I familiari messi a occupare oltre al loro anche il posto del popolo come richiedenti giustizia esonerano un popolo poco propenso a fronteggiare poteri forti e cattivi. Le vittime dirette, i testimoni di grado zero, se morti non parlano, e se vivi si fa in modo di screditarli, anche facendo leva sulla loro condizione psicologica, quella di chi è nelle mani di cialtroni con la pistola, come si fece con Sossi e con Moro.

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20 febbraio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Delitto Bruno Caccia, Cassazione conferma l’ergastolo a Schirripa. La famiglia del magistrato: “Solo mezza verità””

Onore alla famiglia, che non si adagia sulle verità di comodo.

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7 maggio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Mafia, anniversario stragi: manifestazione online e in televisione. Fondazione Falcone: “Dedicato al coraggio di tutti i cittadini””

Uno degli scienziati più influenti al mondo, Ioannidis, ha paragonato l’accettare il lockdown (quello USA, meno stretto del nostro) al gettarsi in un baratro sulla parola. Con tutto il rispetto per la sorella di Falcone, gli italiani stanno mostrando non coraggio, ma remissività imbelle a un’operazione che va a loro danno. Credo che tra i vari moventi delle stragi del 1993 ci fosse quello di instaurare un sistema mafia-antimafia; funzionale al nuovo corso liberista che parallelamente veniva impiantato. Con l’antimafia perenne che serve da sacro paravento, da alibi di ferro e da legittimazione di livello quasi-costituzionale al malaffare di Stato e a quello protetto dallo Stato. E anche all’ignavia e allo scarso senso civico dei cittadini, ai quali basta battere le mani e portare il loro compitino di espressioni di circostanza alle cataste di trita retorica dei tanti riti antimafia per essere a posto. La liberazione a gioco dell’oca dei boss e l’indecente teatrino mediatico di Bonafede e Di Matteo mentre il Paese è sottoposto a shock che come nel 1993 porteranno a nuovi infelici assetti sono spiegabili con questo ruolo scenico della lotta alla mafia. Invece che con applausi reciproci che sono applausi a sé stessi, i combattenti valorosi andrebbero commemorati chiedendo perché ancora la mafia non è stata sconfitta, e a che punto sono rispetto all’anno precedente nell’eliminazione della mafia quelli che si presentano come i successori dei caduti.

@MariachiaraRossi. Mi fa piacere che anche lei critichi l’accostamento antimafia – Coronavirus. Ma permetta anche agli altri di criticarlo.

@MariachiaraRossi. Non sono io che sta appiccicando la commemorazione delle stragi a questo nuovo golpe (e che le sta appiccicando dalla parte sbagliata). Io lo segnalo a chi ne sia inconsapevole.

1992. Ero in USA, nell’ultimo dei 4 anni vissuti lì (ho un appunto basato su quell’esperienza: i contatti professionali in USA, dove si viene attentamente valutati dal loro punto di vista, non sempre portano fortuna in Italia; vi ho segnato i casi di Falcone, Boris Giuliano e altri uccisi). Di Falcone e Borsellino seppi casualmente; dal gestore siciliano di una pizzeria di Brookline, Boston. Aveva al collo una piccola sagoma della Sicilia d’oro, con un diamante in corrispondenza di Palermo. Dopo i complimenti per la pizza, parlando dell’Italia e del Sud dissi che sono bei posti dove vivere, purtroppo guastati dalla mafia. Restò in silenzio. Lo ripetei e mi rispose: “Dipende; se ti conoscono è una cosa; se non ti conoscono può essere diverso. Un mese fa hanno ammazzato un altro magistrato”. Mi informai e seppi delle stragi. Oggi pure lei tutta compresa di zelo antimafioso usa l’argomento del “non ti conosco”: non ha mai letto mie partecipazioni alle ricorrenze. Sulle mafie e l’antimafia, non come esperto ma come testimone, ho messo per iscritto su internet diverse pagine; che credo non possano sperare nel suo imprimatur. Ne ho scritto anche in occasione delle commemorazioni. Che sono giorni del calendario tristi per chi sa in prima persona l’uso che viene fatto del manto di sacralità che generano.

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1 settembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Candela “Rita Dalla Chiesa: “Silvio Berlusconi è l’uomo più carismatico d’Italia, mi ha spinto a dire sì. Penso a mio padre, spero sia orgoglioso…””

“[Peppa] Vivacchiava facendo dei servizi ai soldati, ai carcerieri, come facesse parte ella stessa di quel gran fabbricato tetro e silenzioso, e pei carabinieri poi che le avevano preso Gramigna nel folto dei fichidindia, e gli avevano rotto la gamba a fucilate, sentiva una specie di tenerezza rispettosa, come l’ammirazione bruta della forza. La festa, quando li vedeva col pennacchio, e gli spallini lucenti, rigidi ed impettiti nell’uniforme di gala, se li mangiava cogli occhi, ed era sempre per la caserma spazzando i cameroni e lustrando gli stivali, tanto che la chiamavano « lo strofinacciolo dei carabinieri ». (Giovanni Verga. “L’amante di Gramigna”).

Come per un cupo scherno della storia, qui la “sindrome di Peppa”* si manifesta in un caso nel quale la vittima è un carabiniere. Un generale dei carabinieri non conforme rispetto al nefasto percorso imposto al Paese da chi ha fatto sorgere e perdurare “l’astro” B., e che ha portato all’Italia delle stanche e convulse elezioni del 2022.

*“La sindrome di Peppa nei familiari delle vittime” sito menici60d15.

Incudine e non martello

29 October 2008

Forum http://www.marcotravaglio.it

Commento al post “Cossiga: ho fatto picchiare a sangue gli studenti”

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Studenti e manifestanti, non vi spaventate alla parole di Cossiga, ma attenti alle provocazioni e ai provocatori. Botte, atti vandalici etc. oltre a svilire il Movimento farebbero il gioco di Francesco “Via Fani” Cossiga. Farebbero comodo a molti, non solo a destra. Non so se il PCI di Berlinguer approvò le bastonature, ma non è un mistero che in generale collusioni politiche ci sono state. I togliattisti di oggi, i DS di Veltroni, che stanno mettendo l’università in mano ai privati insieme alla destra, continuano questa tradizione di obiettivi convergenti dietro la facciata: “Università: Mussi, ‘novità Gelmini cose già fatte da noi.’ ” (AGI 17 giugno 2008). Le novità Gelmini dell’articolo sono in linea con l’attuale programma di stampo liberista sull’università di Veltroni. Le violenze di piazza permetterebbero di screditare l’anima spontanea e popolare del Movimento, come vuole la destra, che mal tollera questa novità del popolo che manifesta per esprimere opinioni politiche. Ma ne trarrebbero vantaggio anche quelli del centrosinistra, che non è che siano tanto entusiasti dell’autonomia popolare, e che così potranno presentarsi “pacatamente, serenamente” come dei ragionevoli riformisti, per mettere in atto il programma di passaggio dall’università dei baroni all’università delle multinazionali che è attualmente in corso; e che è espressione degli ottimi rapporti tra il capo dei gladiatori Cossiga e i capi degli antifascisti D’Alema e Veltroni. Speriamo che non accada nulla, ma in ogni caso che la bestialità e il sangue dei quali si vanta Cossiga rimangano monopolio suo e dei suoi poliziotti. Ricordate ciò che è stato detto davanti a personaggi ben più feroci: “Noi siamo incudine e non martello”.
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La prima liberta’ e’ la liberta’ dalla bugia

Calipari: virtù militari e diritto

21 June 2008

Forum http://www.marcotravaglio.it

Post del 21 giu 2008

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Nel giugno 2008, dopo oltre 3 anni, si chiude, espletati tutti i passaggi e ricorsi di rito, con l’archiviazione per “carenza di giurisdizione” il procedimento giudiziario sull’assassinio del valoroso Nicola Calipari, generale della Polizia di Stato, agente del SISMI. L’elevata probabilità che l’uccisione di Nicola Calipari non sia stata un incidente, ma appartenga ai “Misteri d’Italia”, e che come tale sarebbe rimasta indefinita e impunita, è apparsa chiaramente fin dall’inizio a chiunque conoscesse a grandi linee la storia dell’Italia del dopoguerra. Il procedimento giudiziario è servito da riempitivo, per frapporre il feltro del tempo tra una realtà impresentabile e la sua percezione.

E’ ovvio che se si vuole controllare una nazione straniera occorre coltivare una classe dirigente servile, mentre vanno eradicati, come la gramigna, quei soggetti che si opporrebbero alla dominazione; e ovviamente i detentori del potere militare sono tra i primi a dover essere “purificati”. In Cile un anno prima del golpe che mise al potere Pinochet si ebbe cura di fare assassinare il capo delle forze armate, generale Schneider (Schneider nel mirino della CIA. In: Salvador Allende. P. Verdugo, Baldini e Castoldi, 2003).

In Italia, si può immaginare in base a quali criteri siano avvenuti avanzamenti e nomine nelle forze armate, con ministri della difesa come Andreotti o Cossiga. Tale “selezione avversa”, una selezione all’incontrario, ha comportato anche alcune eliminazioni fisiche, delle quali quella di Calipari è stata la più recente. La prima è stata quella di Nicola Bellomo, un generale dell’Esercito che dopo l’8 settembre sfoderò, in un Paese allo sbando, una grinta impressionante. Per il suo comportamento roccioso ed efficace nella fiumana della disfatta, si sarebbe dovuto intitolargli vie, piazze e accademie militari. Invece è dimenticato, e ad aiutare l’oblio è anche intervenuto il segreto di Stato. Lo fucilarono gli inglesi – che avevano capito di che pasta era fatto – grazie ai maneggi dei suoi biliosi colleghi italiani, privi del suo coraggio, ma dotati di quel singolare “coraggio” necessario a commettere atti vili, e quindi ben visti dai vincitori come capi nel futuro esercito repubblicano. Bellomo rifiutò di chiedere la grazia. Si è scritto che l’Italia postfascista è cominciata con questo vergognoso episodio (F. Bianco. Il caso Bellomo. Un generale condannato a morte. (11 settembre 1945). Mursia, 1995).

Dal dopoguerra ci sono stati diversi casi di militari morti in circostanze che fanno pensare ad un’epurazione. Un generale che era troppo leale alla nazione per i gusti dei governanti fu il Vicecomandante generale dei Carabinieri Giorgio Manes (G. De Lutiis. Storia dei servizi segreti in Italia. Editori Riuniti, 1991). Oppositore di De Lorenzo, vessato e screditato, morirà d’infarto nel 1969, a 63 anni, bevendo un caffè mentre attendeva di deporre presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul tentato golpe di De Lorenzo del 1964. I familiari sostennero che era stato ucciso. C’è poi Dalla Chiesa, che non era un angioletto, ma un Carabiniere, con l’evidente stortura di indossare la divisa di generale essendo come persona un autentico generale, che vuole servire il suo Paese e ne è capace.

Di Calipari, che apparteneva all’ambientino dei servizi segreti, non sappiamo molto. Sappiamo che ha portato a termine una missione molto delicata e pericolosa a Baghdad, andando contro il volere degli statunitensi, che preferivano ai vertici dei servizi segreti persone più “fidate”; persone che sono state avvantaggiate dall’assassinio (G. Malabarba. 2001-2006 Segreti e bugie di Stato. Partito americano e l’uccisione di Calipari. Alegre, 2006). Sappiamo che Calipari ha reso un importante servizio al Paese, senza che le istituzioni gli coprissero le spalle da vivo; mentre lo hanno scaricato da morto, ovviamente in un tripudio di pianti, corone funebri e discorsi alati. “L’alleanza” cortigiana agli USA nell’occupazione dell’Iraq è stata ripagata con gesto che esprime un “disprezzo che va oltre la subalternità” (N. Dalla Chiesa. No alla medaglia americana. l’Unità 27 apr 2005). In effetti, sembra una punizione esemplare per tenere degli schiavi al loro posto, troncando sul nascere, con una ferocia da negriero, qualsiasi gesto di autonomia.

Mi pare che questi quattro alti ufficiali italiani, e altri come loro, siano stati eliminati, al di là delle ragioni contingenti, per due motivi fondamentali: da un lato, erano nati soldati, e comandanti, nel senso migliore del termine; ben capaci di battersi, onesti, amavano il loro Paese, e non si facevano mettere la cavezza da nessuno; dall’altro, subivano la rivalità di colleghi o politici con orizzonti più ristretti, che invece erano pronti ad assumere ruoli servili. Credo che, come molti civili pure eliminati, siano stati epurati, prima che per i loro atti, per le loro qualità personali e professionali.

Le infinite analisi sui massimi mali dell’Italia repubblicana: il terrorismo, la mafia, il governo clericofascista, l’opposizione venduta, il cronico cattivo andamento dell’economia, etc., sarebbero grandemente semplificate considerando due elementi che sono semplici e importanti, ma sono tabù. Il primo è che la classe dirigente italiana, mutuando gli storici costumi della Chiesa, è “compradora”: ha una tendenza a prosperare vendendo i beni materiali e morali del Paese a forze straniere; vendendo quindi anche persone, o l’onore della nazione, se richiesti. Il secondo è che attualmente tale classe compradora è al servizio degli USA, dei quali siamo uno Stato satellite. Sottovalutando questi fattori, viene sottovalutato anche il peso che hanno gli USA nel determinare le carriere della classe dirigente italiana, decidendo chi deve andare avanti e chi va fermato.

Il caso Calipari mostra bene questi due elementi; mostra l’incontro tra lo strapotere USA e il servilismo volontario e talora entusiasta col quale le nostre istituzioni consentono agli USA di spadroneggiare sugli Italiani. Le giustificazioni dei giudici all’archiviazione appaiono della stessa stoffa della quale erano tessuti i vestiti nuovi dell’imperatore. Non so se ci sono davvero barriere giuridiche insormontabili che rendono non punibile l’uccisione di Calipari, e quindi formalmente inevitabile la degradante accettazione di un oltraggio così profondo all’intero Paese e alle sue Forze armate; ma, se così fosse, questa è un aggravante, e non un esimente, per la nostra classe dirigente; della quale fa parte anche la magistratura, che non è nuova al conferire impunità ai reati sui quali si allunga l’ombra dell’amico americano. Mentre su reati riguardanti altri affari politici, reati riguardanti la lotta interna per il potere, è molto meno timida.

Il 7 marzo 2005, giorno dei funerali di Calipari, scrissi alla sezione locale dell’Associazione nazionale magistrati, e al prefetto della città dove abito, una lettera dove lamentavo l’asservimento dei pubblici poteri a interessi illeciti; citando Calipari come esempio di selezione avversa delle elites, per la quale vengono eliminati gli uomini migliori delle istituzioni; viceversa, scrivevo, le autorità come quelle oggetto della lettera, che abusano del proprio potere per compiacere i poteri forti, camperanno quanto “tartarughe delle Galapagos”, relativamente a tale selezione. (Scrissi pure che le esortazioni, allora correnti, sulla necessità di aspettare i risultati dell’indagine giudiziaria prima di accusare gli USA di aver voluto assassinare Calipari, mi ricordavano il guappo de “Il turco napoletano” che risponde allo schiaffo di Totò dicendo che andrà dal dentista, e che farà un macello se il dentista gli dirà che il dente che lo schiaffo gli ha fatto saltare era sano).

Il caso ha voluto che “la goccia” che mi spinse a scrivere il giorno del funerale si sia ripresentata puntuale tre anni dopo, contemporaneamente alla sentenza di archiviazione. Si ha l’impressione che fra le figure-guida di diversi magistrati e uomini d’arme, invece che i magistrati, i soldati, e i poliziotti che non hanno accettato il giogo, ci siano i lenti bestioni delle Galapagos, emblema dell’arte di campare cento anni e più, visto che sono tra gli animali più longevi; e dell’arte di sopravvivere in tempi difficili, perché la tartaruga, che sembra così impacciata, e così assorta nel farsi i fatti suoi, è anche tra i pochi gruppi di rettili sopravvissuti all’estinzione del Mesozoico che segnò la fine dei dinosauri, decine di milioni di anni prima della comparsa della nostra specie.

Anche le nostre Forze armate, inclusi i corpi di polizia, sono parte di questa dirigenza compradora. Poche settimane fa abbiamo avuto la sfilata delle Forze armate del 2 Giugno e la festa dei Carabinieri. Ogni anno le divise si appesantiscono di nuovi ornamenti; come se la continua aggiunta di buffetterie, canutiglie e pennacchi dovesse mimetizzare dei vuoti sotto la divisa. La locale tv ha riportato che in occasione della festa dei Carabinieri il Comandante provinciale dei Carabinieri della città dove abito ha detto che l’azione dei CC poggia da un lato sul diritto e dall’altro sulle virtù militari. Questa accoppiata mi è tornata in mente leggendo dell’archiviazione per Calipari. Nella mia personale esperienza l’azione degli attuali CC affonda piuttosto le sue radici in quella stessa furbizia amorale e imbelle che è il vanto dell’Italiano medio, e in particolare dell’Italiano medio che occupa cariche istituzionali; la differenza maggiore essendo data dalle armi e dai mezzi che davanti ai cittadini inermi li fanno sembrare guerrieri invincibili, e che possono facilmente mutare tale furbizia in violenza, e a volte in spargimento di sangue.

Una furbizia che li porta, poco militarmente e a onta del diritto, a mettersi dalla parte del più forte, se il più forte è molto grosso, così grosso che non si può certo metterlo in gattabuia, come meriterebbe. La furbizia amorale e imbelle per la quale se un qualunque cittadino italiano è sgradito a interessi economici o politici USA – si tratti di un presidente del consiglio, come Moro, di un funzionario, o dell’ultimo povero diavolo – e gli yankees mostrano il pollice verso, la sua vita non vale cento lire, per i nostri CC, o per la PS. Del resto, prima degli studi sul “familismo amorale” delle nostre classi dirigenti, Longanesi aveva detto che nel bianco del tricolore andrebbe scritto “Tengo famiglia”.

Naturalmente, anche nei CC e negli altri corpi armati sono presenti persone oneste, o coraggiose, o intelligenti. Ma, se qualche militare o poliziotto avesse tutte e tre queste qualità, e volesse esercitarle, in grado eroico, in circostanze come quelle nelle quali si è trovato Calipari, di coraggio e abilità dovrebbe averne dosi doppie, rispetto ai suoi colleghi di altre nazioni: una dose per fronteggiare il nemico, e l’altra per reggere ai superiori e politici che ha alle spalle e che dovrebbero coprirlo. Con l’omicidio e l’archiviazione, militari e poliziotti che sentissero il prurito di emulare Calipari o altri con la spina dorsale, sono avvisati. Fatte salve le solite eccezioni, che rafforzano la prassi, quando lo zio Sam chiede la testa di qualche italiano anche i magistrati depongono la prosopopea con la quale si presentano al volgo, e battono i tacchi; facendo del diritto e dell’onore della magistratura ciò che i CC e le altre forze armate fanno del diritto e delle virtù militari davanti alla stessa richiesta.
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La prima liberta’ e’ la liberta’ dalla bugia

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2 febbraio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Cannavale “Sud, la necessità di ricordare”

A chi voglia comprendere l’Italia di oggi senza fermarsi alle veline ufficiali, sarebbe utile apprendere del caso Bellomo, citato en passant da Cannavale. Nicola Bellomo fu un generale dell’Esercito che dopo l’8 settembre sfoderò, in un Paese allo sbando, una grinta impressionante, organizzando e guidando, vittoriosamente nonostante gli scarsi mezzi, la resistenza militare contro i nazisti. E’ dimenticato, e ad aiutare l’oblio è anche intervenuto il segreto di Stato. Lo fucilarono gli inglesi, che avevano capito di che pasta era fatto. Fu eliminato, mentre tanti criminali e traditori venivano salvati e a volte rimessi in servizio, grazie anche ai maneggi dei suoi colleghi italiani e dei politici, privi del suo coraggio, ma dotati di quel singolare “coraggio” necessario a commettere atti vili; e quindi ben visti dai vincitori come esemplari del tipo d’uomo adatto a dirigere, a vantaggio dei conquistatori, l’Italia asservita. Si è scritto che l’Italia postfascista è cominciata con questo vergognoso episodio. Vedi: “F. Bianco. Il caso Bellomo. Un generale condannato a morte. Mursia,1995”. Consiglio il libro anche ai giovani che, data l’attuale statura, i tratti, e i costumi, di chi ci governa e decide sulle nostre vite, forse neppure sanno cosa sia un capo vero, non avendolo mai visto; né cosa sia il vero onore per chi è in posizione di comando.

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4 marzo 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Mantovani “Calipari, 10 anni fa la morte dell’agente del Sismi che liberò Giuliana Sgrena”

Segnalo il libro “L’omicidio di Nicola Calipari” (Rubbettino, 2012) scritto da un PM, Erminio Amelio, sulla acquiescenza dei nostri politici e della nostra magistratura all’uccisione di un altro di quelli che potrebbero essere detti “I capaci”.

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20 dicembre 2018

Blog de il Fatto

Commento al post di T. De Marchi “Angelo Tofalo indossa la tuta da Top Gun e annuncia: l’F-35 è irrinunciabile”

L’arte di cantare che si sta “ridendo in faccia a Monna morte ed al destino” mentre ci si sta calando le brache. Spiace anche per quei militari davvero coraggiosi e leali alla bandiera.

Nel paese dei preti arraffoni sotto le pelli d’agnello, dei bauscia che trascinano l’Italia verso il postribolo mentre recitano di amarla, dei “disinistra” che si rivelano essere come i porci di Orwell, dei furbi di paese che fanno tanto fumo per mangiarsi l’arrosto, bisognerebbe avere sempre presente il commento di un personaggio di Fellini: “se un ladro ha la faccia da ladro in fondo è onesto”. Il M5S è l’esempio più recente della mai appresa differenza tra esca e amo: tra un appetitoso boccone e un gancio d’acciaio con punta ad arpione. La differenza tra retorica e pratica. Tra “Se il destino è contro di noi, peggio per lui” e il motto che Longanesi diceva andrebbe scritto nel bianco del tricolore: “Tengo famiglia”. Nella mia esperienza, tra il “pugnale in mezzo ai denti/in uno contro venti” e le audaci operazioni di stalking di corpi armati dello Stato in venti contro uno per procacciarsi la pagnotta servendo gli affari criminosi dei big shots.

cawdor: Stai poco bene? Deliri.

@ cawdor. Può darsi. Quando sento il passaggio dei 5S dal “no agli F-35” al loro sottosegretario alla difesa e carabiniere parà che spiega che gli F-35 vanno acquistati e com’è bello volare sugli F-35 mi appare, invece che le immagini di repertorio su El Alamein, la scena alla quale assistei tanti anni fa su un Pilatus, di uno che rifiutò di lanciarsi. Stropiccio gli occhi, ma vedo Otello Celletti, il vigile di Sordi, che in tribunale spiega di avere scambiato “sbronzo” per “str..” e elogia il sindaco che aveva denunciato (Vittorio De Sica). Chiudo gli occhi, mi concentro, ma mi appaiono Stanlio e Ollio che nell’andarsene dalla Legione straniera cantano e ballano “Guardo gli asini che volano nel ciel”. Tu che sei pratico di pensiero lucido, dimmi: è grave?

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7 aprile 2019

Blog De Il Fatto

Commento al post “Migranti, De Falco (ex M5s) salirà a bordo della nave dell’ong Mediterranea: “Continuano partenze e morti in mare””

La Guardia costiera che paghiamo e onoriamo perché difenda i nostri confini riceve, grazie agli uffici dei preti, riconoscimenti per “l’accoglienza”. Tra i tanti morti sul fondo del Mediterraneo ci sono anche i marinai italiani dilaniati e annegati nella II Guerra mondiale per il tradimento dei vertici della marina militare, che lavoravano sistematicamente per gli inglesi (A. Trizzino, Navi e poltrone, 1966). Dopo la guerra uno degli ammiragli venduti fece passare il suo comportamento per antifascismo e per amore dell’Italia. Di quel massacro di italiani fatti uccidere dai loro capi non si parla. E’ uno dei capitoli del libro delle vicende indicibili della nostra storia, la cui conoscenza ci aiuterebbe a meglio comprendere il presente. Incluso il servizio immissione di clandestini mediante navi della marina militare al servizio dei poteri forti e a danno del Paese; il suo essere fatto passare per gesto di umanità; e le accuse tartufesche di razzismo a chi si oppone, parallele al tacciare di simpatie fasciste chi chiami traditori i traditori nella sciagurata guerra voluta dalla follia fascista. “Nessun cittadino può sentirsi sicuro se non è certo che l’onore militare ispira i suoi difensori”. E’ la frase conclusiva del libro di Trizzino, una considerazione che gli italiani dovrebbero fare, e non solo riguardo all’arma della Marina.

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1 giugno 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “2 giugno, Salvini: “Gli ex generali assenti? Non sentono la presenza del ministro”. E sulla giustizia: “Riforma è un’emergenza””

In un paese civile un ministro difende le istituzioni anche dalle degenerazioni interne. Invece per Salvini, “il maschio analfa”, un ministro, in particolare se dal suo ministero dipendono corpi armati dello Stato, deve stare “sempre e comunque” dalla parte di quelli di cui è a capo. Molte ombre del passato, e anche del presente, condottieri coi loro mercenari, capimanipolo con le loro squadracce, capobanda con i loro ladroni, etc. gli darebbero ragione. E anche figure meno bellicose, trattandosi qui non di resistere fino alla morte in un ridotto, ma di dare l’assalto a formidabili marmitte fumanti di pasta al ragù e a minacciosi schidioni di polli arrosto; a volte in cambio di servigi ai poteri forti extranazionali che sono la negazione dell’onore militare e dell’asserita devozione alla patria.

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2 giugno 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “2 giugno, Roberto Fico. Festa dedicata a tutti, anche ai migranti e ai rom”

Purtroppo, purtroppo per loro, il sentimento repubblicano degli italiani è debole; e le parole dell’alta carica grillina, che invitano al party anche l’immigrazione immessa a forza – con la Marina militare che fa gli sbarchi alla rovescia – rafforzano l’interpretazione del 2 giugno come la festa degli imboscati strutturati tramite lo Stato, senza altra bandiera che quella dei propri interessi.

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7 giugno 2019

Blog de il Fatto

Commento al post “Migranti, Mattarella alla Marina militare: “Il salvataggio di vite umane di questi anni ha reso prestigio al nostro Paese””

Caio Duilio inventò il corvo, un ponte levatoio che uncinava le navi nemiche, per battere la marina cartaginese, una potenza aggressiva rivale di Roma. Alla larga dalla retorica dei fasti militari degli antichi romani; ma non va bene neppure quella dei nostri capi, che hanno inventato una serie di artifici per creare ponti che sbarchino giovanotti africani in Italia, es. il naufragio su appuntamento. Con la marina militare asservita – non è la prima volta* – a interessi stranieri in danno degli italiani. Si assegnano tra loro medaglie e lodi, avendo appiccicato quattro frottole pseudoetiche e pseudoreligiose su quella che è essenzialmente mancanza di spina dorsale. Mentre danno del fascista a chi li critica e si atteggiano a san Francesco per il nuovo tradimento sul Canale di Sicilia e dintorni, si vantano della nave Trieste, nave da assalto da 1.1 miliardi di euro**, addobbata al varo con un grande crocifisso e immagini di Wojtyla e Padre Pio, che servirà le guerre di dominio altrui a danno di quell’umanità della quale si atteggiano a salvatori. Abbiamo una marina militare piegata ad interessi antinazionali in maniera non esattamente prestigiosa.

*Trizzino A. Navi e poltrone, 1966.

** Dinucci M. La nave d’assalto dei nuovi crociati. Il Manifesto, 30 mag 2019.

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3 dicembre 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Donne sul fronte, la graphic novel su Giuliana Sgrena e i giorni del sequestro: “Una pagina della nostra storia che non viene più raccontata” “

I salvati e i sommersi

Nella II Guerra Mondiale gli Alleati mapparono sugli aeroplani i fori delle pallottole naziste. Pensavano di rafforzare le zone dove erano concentrati, ali e impennaggi. Il matematico Wald osservò che i fori erano su aerei che pur colpiti erano tornati alla base: bisognava invece rafforzare le zone non colpite, quelle dove i colpi avevano fatto cadere gli aerei non tornati: cabina di pilotaggio e motori. E’ un errore, un survivorship bias, accomunare i sopravvissuti agli eliminati. Bisogna invece studiare i sopravvissuti separatamente; per ciò che sono in sé stessi e in quanto diversi dai caduti o opposti. Cefis, fondatore della P2, successore di Mattei che operava per il bene e l’indipendenza degli italiani. Il Viminale che si fregia di Boris Giuliano e mette al suo posto il piduista Impallomeni. I PdR Napolitano e Cossiga, frequentatori dell’ambasciata USA, rispetto a Moro, PdR mancato. Piersanti e Sergio. La Sgrena del Manifesto, “quotidiano da sempre in odore NATO”*, e Calipari, l’agente dei servizi troppo coraggioso e indipendente per i criteri USA; che con l’uccisione, ovviamente impunita, mostrarono, scrisse Nando Dalla Chiesa, “un disprezzo che va oltre la subalternità”. La brutta Italia reale della classe dirigente così selezionata e l’Italia perduta con ai posti di comando i fantasmi di quelli che sono stati epurati.

* Chi c’è dietro Amnesty International e gli ex-LC che invocano la linea dura sul caso Regeni. F. Dezzani, 2016.

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Vedi anche:

La differenza tra provare paura e essere codardi

La coltivazione della viltà: Giuliani e Bagnaresi

5 April 2008

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Post del 5 apr 2008

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Carlo Giuliani, sul cui corpo è passata più volte la Land Rover dei CC dalla quale era partito il colpo di pistola che l’aveva mortalmente ferito, e Matteo Bagnaresi, l’ultrà del Parma travolto lentamente da un pullman il 30 marzo 2008, sono stati schiacciati da un’entità misconosciuta, ma importante: la coltivazione della viltà. Governanti, poteri dello Stato, amministratori, praticano la viltà: pensano ai propri interessi, si vendono con una disinvoltura da marciapiede, strisciano davanti a chi è più forte e azzannano chi non può difendersi. Questo è risaputo. E’ meno noto che, oltre a praticarla, la viltà la promuovono nei cittadini, e in particolare in chi non ci sta e, in modi diversi, si oppone. Cittadini e oppositori con le carte a posto, che esprimano critiche razionali e forme civili di protesta e contrasto, metterebbero in crisi il sistema. Ne mostrerebbero la viltà. Com’è proprio dei criminali, il potere tende a compromettere le sue vittime e i propri sottoposti, coinvolgendoli in atti negativi, e togliendo quindi loro l’integrità morale, per poterli meglio controllare. La coltivazione della viltà nei costumi è un formidabile strumento di soggezione.

Approfittare di una manifestazione politica per commettere atti che in condizioni di stato di natura, o sotto una piena dittatura, verrebbero ripagati con una revolverata, fidando nei limiti alla reazione imposti dalle leggi, è vile (e anche ingenuo, perché confidare nel rispetto della legge da parte delle nostre autorità per commettere atti illeciti è come andare a rubare in casa dei ladri). E’ vile sfogare la propria voglia di menare le mani in occasione di partite di calcio, magari in un branco di dieci contro uno sconosciuto. Le autorità favoriscono questi atti di viltà. Probabilmente Pasolini percepiva la viltà pilotata di alcune espressioni del Sessantotto, e ammoniva anche contro questa trappola, quando scriveva che stava dalla parte dei poliziotti negli scontri di piazza. Se si compiono azioni vili, si facilita al potere l’esercizio della propria viltà. Come è avvenuto a Genova, che è stata un’imboscata per i movimenti. A piazza Alimonda avrebbero dovuto esserci carabinieri esperti e coi nervi saldi, che non provocassero quella minoranza di manifestanti affetti da smanie guerresche adolescenziali, e che eventualmente rispondessero in maniera proporzionata. Nelle altre zone le forze dell’ordine avrebbero dovuto arrestare i black block, anche se questi avessero mostrato un tesserino da poliziotto. Invece hanno lasciato fare i black block e hanno provocato gli altri manifestanti; e hanno messo in prima linea un ausiliario, che ha ammazzato un ragazzo che pensava di poter giocare alla guerra con l’arma dei Carabinieri. Poi le forze di polizia hanno mostrato quanto rispettino la divisa che portano avvalendosene per mettere in atto i vili pestaggi a freddo della Diaz e di Bolzaneto. Ci sono i delinquenti “in divisa da ladro”. Ce ne sono altri che si travestono da agenti per commettere reati. Quando i reati sono commessi con la mimetizzazione di divise che sono portate legittimamente, il cerchio tra guardie e delinquenti viene chiuso. Dopo Genova, il duetto tra opposte viltà é stato coltivato da un lato con i falsi e l’autocommiserazione vittimista cui la polizia fa ricorso in questi casi, e con l’impunità per l’omicidio di Giuliani; e dall’altro con atti come l’intitolazione di un aula parlamentare a Giuliani; che a dire il vero, anche se è da compiangere per la sua fine tragica, ha fatto poco per meritarsi un onore del genere. Solo politici che vogliano perpetuare la catena della viltà possono celebrare e porre a modello l’effige di un ragazzo che col volto coperto da un passamontagna accetta la zuffa in piazza coi CC.

La viltà si ammanta di ideologia. Nel caso dello Stato, l’ideologia della difesa dell’ordine costituito e del prestigio delle istituzioni. L’opposizione alle ingiustizie del potere, per chi esprime il dissenso con atti violenti; come se il terrorismo, che può essere considerato una serie di atti di viltà favoriti dal potere, non abbia insegnato nulla. (Qualcosa sembra abbia insegnato, perché dopo l’imboscata di Genova non ci sono state risposte violente da parte del movimento, che è in massima parte pacifico, e che ha mostrato maturità, frustrando i piani di chi sperava di poter costruire, con la vile provocazione delle sevizie della Diaz e di Bolzaneto, un’opposizione violenta e anch’essa vile, come gli era riuscito nei decenni precedenti). Anche la legalità può essere una copertura per la viltà. Un leghista, pare Maroni, ha detto che lui lascia passare i pedoni se hanno il verde, ma se hanno il rosso li mette sotto. Una nobile metafora, tipica dei leghisti, quelli che sentono il bisogno di immaginare pallottole, guerre di secessione e cannoneggiamenti di barconi di immigrati mentre mescolano la polenta. Poi si accontentano di montare la bull-bar sul muso del SUV, nell’indifferenza dello Stato.

Un’ideologia piuttosto ridicola per atti di viltà è la passione sportiva. L’omicidio di Gabriele Sandri da parte di un agente di PS è stato un altro atto non proprio da medaglia, scaturito nel clima di viltà degli scontri per il calcio; un clima dionisiaco, cioè “gasato”, che contagia anche coloro che dovrebbero mantenere l’ordine. All’omicidio Sandri sono immediatamente seguiti i vili atti di teppismo che gli ultrà sono stati lasciati liberi di compiere in risposta all’omicidio, e che hanno consumato senza farsi troppo pregare. Accettando di rincorrere quest’osso hanno accettato di venire segregati moralmente nel recinto dei teppisti, portandosi dietro anche la figura di Sandri, e aiutando quindi la difesa del poliziotto, che è la difesa degli apparati e dei loro abusi. La prassi della violenza legata al calcio semplicemente non dovrebbe esistere, eliminata dalle misure di sicurezza e dalla repressione giudiziaria; mentre in Italia questa viltà viene artificialmente mantenuta in vita dal potere. Dopo l’omicidio Sandri e i successivi disordini gli ultrà hanno presentato allo stadio uno striscione con una scritta inaspettatamente profonda, che non vedremo su “Striscia” ma dovrebbe essere ricordata: “Lo Stato uccide in silenzio”. E’ proprio vero; ed è per questo che bisognerebbe essere attenti a rifiutare le sue insidie; non solo le sue provocazioni, ma anche, e soprattutto, il suo lassismo strumentale; come il consentire le risse tra tifosi e i danneggiamenti nei “circenses” di fine settimana. Se non ci fossero questi sfoghi della domenica forse il lunedì i tifosi si chiederebbero quali sono le responsabilità del sistema, e quali le proprie, per la loro insoddisfazione.

I magistrati hanno parte in questa coltivazione delle viltà. Se dipendesse solo dal magistrato medio, atti vili gravissimi come il pestaggio mortale in quattro di Federico Aldrovandi verrebbero tenuti nascosti e impuniti, a spese della figura della vittima; come stava appunto avvenendo anche per Aldrovandi. Ma, per un atto di viltà che viene lasciato emergere, in maniera controllata, con più fumo che arrosto sul piano della definizione delle responsabilità e delle sanzioni, molti sono quelli che i magistrati contribuiscono ad occultare, condividendo così la viltà coi poliziotti che spalleggiano. La coltivazione della viltà è un potente fattore antidemocratico e di illegalità: non solo è intrinsecamente contraria allo spirito democratico, non solo porta con sé la propensione ad accettare l’illegalità, ma crea una volontà popolare che a sua volta desidera cose vili. La coltivazione della viltà può spiegare alcuni apparenti paradossi delle preferenze degli elettori, che sembrano rivolte a farsi comandare dai peggiori. Dove si coltiva la viltà, cresce una “democrazia” mutante, che esprime il peggio della volontà popolare. La coltivazione della viltà è uno dei modi, come il controllo dell’informazione, coi quali il potere nega la democrazia che formalmente riconosce. La viltà nel cagionare morte o lesioni andrebbe considerata come una precisa aggravante, per le sue conseguenze politiche.

Per le ragioni dette, la viltà viene protetta non solo nelle istituzioni, ma anche nelle sue forme consentite ai cittadini. Nel caso Bagnaresi, il Questore di Asti ha stabilito subito che è stata “solo una fatalità”. La nozione che gli automezzi possono essere facilmente usati come armi improprie, per intimidire se non per colpire, soprattutto nei disordini di piazza, è stata esclusa a priori dalla polizia, che invece su questo tema dovrebbe saperne qualche cosa. Anche i magistrati della locale Procura si sono affrettati a giustificare l’autista con argomenti da avvocato della difesa. Argomenti basati sulla codardia: l’autista si sarebbe messo paura percependo un clima “di grave pericolo” (Bus assaltato, meno grave posizione autista. Ansa 31 mar 2008). Pare, non è certo, che i parmensi si siano tolti le cinghie dei pantaloni e che alcuni siano usciti dall’autogrill brandendo delle bottiglie, e che forse ne abbiano lanciata qualcuna. Per sapere se si sono picchiati bisognerà attendere ancora: non dev’essere stata una grande rissa, se c’è stata. L’autista si sarebbe tanto impaurito al pensiero delle cose tremende che stavano per succedergli da imboccare l’autostrada lasciando a terra alcuni juventini nelle mani dei parmensi. I magistrati scusano con questi argomenti un autista che ha fatto avanzare alla cieca in un assembramento un mezzo per passeggeri del peso di diverse tonnellate. Chi ha la responsabilità di condurre un pullman, un mezzo lento ma pesante, che può sviluppare una quantità di moto sufficiente ad abbattere una folla di persone come birilli, è in una posizione non molto diversa, quanto a responsabilità, da quella di un pilota d’aereo; e non può comportarsi da fifone, comandando al mezzo manovre inconsulte come una vecchia signora che si spaventa per un lavavetri mentre va a fare la spesa con l’utilitaria. L’accusa per l’autista è di omicidio colposo, come per i quattro poliziotti che hanno massacrato Aldrovandi. Ma la sua posizione potrebbe alleggerirsi ulteriormente. Speriamo che almeno cambi mestiere, e ne scelga uno più adatto.

Appaiono esserci stranezze nella dinamica ufficiale dell’incidente: un giovane, in buona forma fisica, che in quel momento non poteva avere la testa tra le nuvole, si fa travolgere da un pullman in partenza, che è rumoroso, ha una grande sagoma e una bassa accelerazione. Bagnaresi si trovava all’angolo anteriore sinistro, sotto il naso dell’autista. I soggetti, l’autista e il pedone, sono come assenti. In un post che non è stato pubblicato osservavo che l’ufficialità produce spiegazioni acrobatiche e “senza soggetto” quando vuole giustificare alcune uccisioni (Federico Aldrovandi: un altro omicidio senza soggetto? ). Non si parla della possibilità che l’autista degli juventini, in quell’atmosfera eccitata, abbia voluto dare il suo contributo al piccolo rito di viltà che con la benedizione del potere si stava celebrando sul piazzale dell’autogrill, come in decine di altri luoghi essendo domenica di campionato. Ovvero, la possibilità che, avendo a sua disposizione uno strumento potente, che conosceva bene, l’autista abbia fatto corpo unico con questo strumento, per compiere volutamente un gesto violento, contando sull’improbabilità che andasse a segno; come ha fatto l’agente Spaccarotella con la sua pistola nell’omicidio Sandri. Il codice non scritto della strada prescrive che ha diritto di precedenza chi ha il mezzo più grosso; gli autisti di mezzi pesanti, anche quelli di aziende pubbliche, applicano a volte questo codice dei vigliacchi; e i magistrati lo sanno. Esempio classico di esercizio di viltà al volante è quello dell’autista che procede a passo d’uomo contro un pedone, o un ciclista, dandogli tutto il tempo di scansarsi, ma obbligandolo a spostarsi se non vuole essere spinto dal mezzo e alla fine cadere e venirne travolto. (Lo fanno, con chi se ne sta andando per i fatti suoi, anche i CC; provocare e vilipendere per cercare di trasformare il dissenso e la denuncia in devianza ed emarginazione è uno dei loro compiti non ufficiali; e continueranno a farlo, con questi magistrati).

Una pistola, e anche un automezzo, hanno effetti di amplificazione della viltà; macchine magiche che tramutano i sogni dei vili in fatti. Basta accoppiare alla pulsione violenta una forza pari a qualche etto sulla leva del grilletto o su quella dell’acceleratore o sul volante perché la maledizione sia esaudita, e un ghiribizzo mentale di morte si trasformi nella marmorea realtà della morte. In una società giusta quegli etti una volta posti sul piatto della bilancia della giustizia tornano ad essere i macigni che in effetti sono; non vengono ulteriormente ridotti a grammi. Quanto sono materni invece questi PM con l’autista che ha schiacciato Bagnaresi; c’é il dubbio che stiano giustificando la viltà con la viltà. Un sospetto non infondato visto che la ricercata versione che esclude qualsiasi componente dolosa è stata da loro avallata ancor prima di raccogliere e valutare tutti i dati, incluse le testimonianze; introducendo quindi un vizio metodologico irreversibile. Se fosse così, i magistrati starebbero attuando quello che i magistrati attuano molto più spesso di quanto non si dica: la conservazione dello status quo criminogeno. In questo caso, la coltivazione della viltà, con la quale lo Stato può meglio uccidere in silenzio.

Giuliani e Bagnaresi si sarebbero volentieri dedicati ad attività più elevate, se fossero stati ben indirizzati. Sono morti per essersi trovati in una scena vile, nell’ora della viltà, in una veste vile; ma non con un animo vile, tutt’altro: erano lì per una loro generosità, mal riposta; e forse, all’interno di questa cornice di viltà, sono morti per avere dispiegato, nei brevi istanti della loro uccisione, un certo coraggio fisico, che ha fatto scattare la viltà altrui come per un riflesso condizionato. Sono vittime esemplari della coltivazione della viltà; vittime di chi ha fatto loro abbracciare, sfruttando l’inesperienza della giovinezza, le scelte fondamentali, essenzialmente vili, dell’hooliganismo, e delle facili scampagnate barricadere contro un potere che è colpevole di altre sudicerie, ma non è quello del Cile di Pinochet o del Messico della macelleria di Tatletololco; vittime di chi ha fomentato anche nel fronte opposto, quello delle persone “perbene”, il clima di viltà dal quale sono scaturiti gli atti vili che li hanno uccisi. Sono morti nella morsa della cultura della viltà, che opprime e a volte alla fine schiaccia. I loro casi paradigmatici mostrano quanto sia pericolosa la spirale e la gabbia della viltà. Mostrano come non vada sottovalutata la costante azione del potere volta a degradare e svilire, a indurre i cittadini a mandare in vacca la propria dignità umana; di come vada temuto l’apparente permissivismo dello stesso potere che poi punterà l’indice per accusare, e si arrogherà il compito di “educare alla legalità” mentre ciò di cui è maestro è il malaffare. Un modo per trasformare la tragica e ingiusta morte dei due giovani in qualcosa di positivo è prendere atto di questa funzione antipedagogica dell’establishment: la coltivazione della viltà. Se la conosci la eviti. Occorre non cadere nel fango nel quale vorrebbero trascinarci quelli che ci sguazzano.
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La prima liberta’ e’ la liberta’ dalla bugia

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27 dicembre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “G8 di Genova, promosso a questore il poliziotto che accusò i no-global di aver ucciso Carlo Giuliani”

Del neo questore Lauro non sappiamo molto. Sappiamo, dall’episodio di Piazza Alimonda dove accusò subito i manifestanti di avere ammazzato loro, “pezzi di m.”, Giuliani, che tende a giungere a conclusioni frettolose nelle indagini. Ma forse non è così: ha invece mostrato il pregio, dal punto di vista di chi seleziona la classe dirigente italiana, di essere prontissimo nel mistificare. La tecnica dello scambiare le parti tra aggressore e vittima si può fare risalire alla moglie di Putifarre, che, racconta la Bibbia, accusò Giuseppe di avere tentato di farle violenza non essendo riuscita a sedurlo. Nel 1947 il mafioso Ofria, braccio destro del massone Soresi, partecipò ad un assalto con mitra e bombe a mano contro una sede del PCI. Vi furono morti e feriti. Uno dei feriti colpì a sua volta Ofria con un colpo di pistola. Il commissario capo di Polizia di Partinico, Agnello, scagionò Ofria inserendolo nell’elenco degli aggrediti. Impastato fu assassinato dalla mafia in modo da essere poi fatto passare per un dinamitardo da inquirenti predisposti a questo falso. Posso testimoniare che anche oggi i pezzi di m. veri delle istituzioni nell’eseguire l’atto di proscrizione decretato dai loro padroni verso qualcuno troppo onesto per le loro attività fanno di tutto per costruirgli una figura di deviante, di soggetto da controllare, tramite provocazioni e costruzione di false prove.

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3 novembre 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Promossi due poliziotti condannati per il G8 di Genova, lo “sconcerto” di Amnesty, Arci e Leu. Il dipartimento: “Avanzamento automatico” “

Si parla tanto di fine rieducativo della pena. Molto meno del suo fine educativo: del segnale dissuasivo, tramite condanne “pedagogiche”, a chi volesse emulare i colpevoli. Come il troncare la carriera, con l’interdizione dai pubblici uffici, di coloro che hanno usato il potere dello Stato a fini aberranti. Pene serie, pene senza la comica finale, a funzionari pubblici che commettano reati magari controvoglia peserebbero nel calcolo costi/benefici dei futuri crimini di loro colleghi; a vantaggio dell’onore e credibilità della loro stessa categoria.

Quando vogliono i magistrati esercitano questa attività deterrente. Per i Ciontoli in riforma di una sentenza scandalosa hanno fatto sul serio, mandando il messaggio che seguire il consiglio di Machiavelli, di uccidere coloro ai quali si è fatto un grave torto, non è così conveniente; e che il crimine familiare può portare in carcere l’intera famiglia.

Purtroppo per i crimini di controllo, quelli commissionati dall’alto per controllare il Paese, nei quali rientrano i fatti del G8, continua a essere ripetuto il messaggio che il coraggioso muore una volta sola ma il vile viene promosso molte volte prima di andare in pensione.

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8 novembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Frosina “Il pm del processo Diaz bocciato nella corsa a pg di Genova: era l’unico candidato, ma con una forzatura il Csm “resuscita” uno sfidante”

In ecologia si chiamano “guilds”*, cioè corporazioni, confraternite, i gruppi di specie diverse che sfruttano le stesse risorse. Il concetto di ecological guild è utile anche per la valutazione politica di fenomeni sociologici: i magistrati e le forze di polizia appartengono alla stessa ecological guild rispetto all’esecuzione di operazioni eversive ordinate da poteri forti sovranazionali. Dai pestaggi pianificati del G8** alla strage di innesco covid***.

Magistrati come Zucca salvano il concetto fondante che fa coincidere la giustizia con il lavoro dei magistrati. Un principio di civiltà, la cui dismissione porta alla barbarie; ma che dovrebbe essere visto criticamente, alla luce dei comportamenti reali di questa corporazione che non è diversa da altre più umili nel crearsi la sua “nicchia trofica” senza andare per il sottile; dietro a fumosi bizantinismi. Soprattutto andrebbero esaminate le coalescenze con gli apparati che dal dopoguerra pilotano il Paese con la violenza per conto dei poteri che fanno dell’Italia un protettorato. Dietro all’ostentazione di figure simbolo; in realtà rigettate dai colleghi come contrarie alle necessità ecologiche, cioè agli interessi corporativi, prima di essere epurate via assassinio dalle forze che impongono i veri criteri di selezione della classe dirigente.

*Guilds (ecology). Wikipedia.
**Fracassi F. G8 gate. 2011.
*** Il livello Scarantino, palazzo Zanardelli e la strage covid in Lombardia orientale

Come è morto Rino Gaetano

28 February 2008

Forum http://www.marcotravaglio.it

Post del 28 feb 2008

sito chiuso

 

Gli ultimi decenni del Novecento potrebbero essere ricordati come l’epoca dei cantautori: uno squadrone di artisti che ha prodotto un vasto corpus di canzoni bellissime, che rimarranno. Tra di loro, non tra i più grandi ma nemmeno tra gli ultimi, sta, un po’ in disparte, Rino Gaetano. Può darsi che la fioritura dei cantautori sia dipesa dal grande balzo economico che l’Italia compì in quegli anni, e dalla rivoluzione culturale che l’accompagnò. La tumultuosa mutazione antropologica di quegli anni Gaetano, il cui notevole talento attingeva a profonde radici popolari, l’ha contestata non meno di quanto non l’abbia accettata e cavalcata. Nel suo anticonformismo era presente una vena di scetticismo popolare in realtà conservatore: risuonava nelle sue canzoni una protesta rispetto alle lacerazioni e ai peggioramenti che accompagnavano il progresso.

La fiction RAI sulla vita di Rino Gaetano, in due puntate, andata in onda l’11 e il 12 novembre 2007, è stata ritrasmessa il 27 febbraio 2008, in occasione del Festival di Sanremo, sempre in prima serata e sulla prima rete ma ridotta a una sola puntata. La fiction si apre con un Rino Gaetano che si sente male, solo nella sua grande villa. Prima di perdere conoscenza chiama al telefono il padre e invoca il suo aiuto. Il padre arriva alla fine della fiction. Sfonda un vetro, soccorre il figlio e lo consola. Questo flash-forward racchiude tutto il resto del film, che spiega come Rino Gaetano si sia ridotto così: ambizione, egoismo, scorrettezze, opportunismo, ingratitudine, alcolismo e cialtronerie varie dopo una breve ascesa l’hanno condotto a restare solo come un cane. E così resterebbe se il padre, dimenticando i maltrattamenti ricevuti da Rino, non intervenisse a salvarlo. Tra i tanti difetti di Gaetano, spiega la fiction, c’era anche un pessimo rapporto col padre: secondo la fiction, Rino fece venire un infarto al padre, e continuò a urlargli insolenze anche durante la convalescenza. Una volta che Rino ritorna bambino tra le braccia del padre, la fiction lo fa morire: ce lo mostra ancora per pochi secondi, mentre al volante della sua auto, rinfrancato, va verso l’incidente automobilistico nel quale perderà la vita. Scorrono poi spezzoni del vero Rino Gaetano.

L’immagine di Rino Gaetano ai ferri corti col padre è inventata, come molti altri aspetti che nella fiction gettano una luce negativa sull’artista. Rino Gaetano aveva avuto qualche scontro col padre, cosa frequente e normale per i giovani, soprattutto se intendono scegliere carriere artistiche. Ciò di cui vuole parlare la fiction è altro: non il rapporto col padre biologico, ma quello con la figura del padre. Con questa figura, Rino Gaetano aveva un rapporto esemplare, che in Italia è rarissimo tra i personaggi famosi: la contestava radicalmente. Nel senso che contestava radicalmente ciò che equivale alla figura del padre: l’autorità. In Italia, paese intimamente pretesco, non si contesta davvero l’autorità. E’ facile che se ne contesti una parte; allo scopo di sostenere un’altra parte. Ma deve pur esserci un’autorità da onorare; un padre, sacro e intoccabile anche quando sbaglia, da amare e al quale obbedire incondizionatamente, ricevendone in cambio amore e protezione. In Italia si lotta non contro il potere, ma tra pari, per accaparrarsi la benevolenza del potere; come ha osservato Umberto Saba, che ha scritto che gli italiani differiscono dagli altri popoli in quanto non sono parricidi ma fratricidi: non “uccidono” il padre – secondo l’espressione con la quale Freud indica la via verso la maturità – ma uccidono i fratelli, per ottenere l’esclusiva dell’amore del padre. L’inno di Mameli non sarà grande musica, ma il titolo, anche se si riferiva ad altro, è azzeccatissimo. Anche il “popolo dei blog”, apparentemente severo con i governanti, è all’affannosa ricerca di figure parentali sostitutive alle quali affidarsi. Così per esempio i bloggers si aggrappano a figure pubbliche come Di Pietro, che, a giudicare da quelli che ha fatto eleggere in Parlamento con i voti ottenuti, o dalle posizioni sulla TAV, per i bloggers progressisti è un appiglio che appare di granito ma ha la consistenza del marzapane. L’attuale contestazione dei bloggers al sistema vede un’altra fonte di potere pulito nella magistratura; uno dei maggiori capisaldi del potere, storicamente non estranea, nel suo insieme, al sistema di corruzione e manipolazione del quale ci si lamenta. Ma contestare tutta l’autorità non suona bene. Non si può fare di tutto il potere un fascio. Se c’è un potere cattivo, dev’esserci un potere buono, sotto le cui ali rifugiarsi. Basta scambiare l’eccezione con la norma, guardare a quelle figure di potere altamente positive, la sparuta minoranza di autentici martiri del dovere, e si ha il nullaosta per dirsi sostenitori di un’intera classe riverita e forte.

Rino Gaetano invece non cercava il potere buono. Contestava il potere apertamente gaglioffo, e contestava la retorica buonista con la quale il potere spesso maschera il suo vero volto. Vedi ad esempio “Le beatitudini”, reperibile su Youtube. Gaetano, la cui poetica ha diverse altre componenti oltre a quella della denuncia politica, castigava i potenti con un sarcasmo sorridente, senza acrimonia e senza sconti, in modo lieve; non con barbosi discorsi ma con canzoni deliziose; e includeva nell’autorità anche la sussiegosa sinistra, e anche quella sessantottina. Che oggi si è ricordata di lui, con Venditti, bravo cantautore, e cantautore di partito, che ha avuto il buon gusto di insinuare, all’indomani della fiction, mentre ferveva la polemica, che Gaetano assumeva cocaina. Venendo quindi querelato dalla sorella del cantante. Un bel modo dell’autore di “Dolce Enrico”, dedicata alla memoria di Berlinguer, per inaugurare la sua nuova vita come credente. Negli stessi giorni Venditti, nel lanciare il suo ultimo album, dichiarava: “Io riscopro l’idea di Gesù e credo nella redenzione e nel perdono” (il Giornale, 16 nov 2007). Mentre Rino Gaetano, che ha ironizzato sui beati del mondo terreno, viene messo dalla RAI tra i dannati, altri cantautori, che invece sono sempre stati ben intonati ai tempi, restano a galla passando dal fumo delle “canne” a quello dell’incenso liturgico. Poche settimane dopo, un’altra interessante rivelazione di un altro cantautore con un grande orecchio per le note e con un ottimo fiuto per il vento: “Dalla rivela: mi piace l’Opus Dei” (Corsera, 27 dic 07). (Nello stesso periodo hanno intravisto la luce anche altre figure guida della sinistra, D’Alema e Bertinotti: “D’Alema, ‘Sento il fascino della fede’ “. Post di Paolo de Gregorio su http://www.marcotravaglio.it del 4 dic 07).

Il modo col quale Rino Gaetano come artista si opponeva alla figura del padre era, e sarebbe, salutare per l’Italia. Gaetano mostrava il ruolo che dovrebbero avere gli artisti leggeri che si dicono impegnati: esporre, mettere alla berlina, gli abusi del potere in tutte le sue forme, e non solo in alcune. Un genere di contestazione globale verso l’autorità non rara all’estero, ma estraneo alla nostra mentalità. Il costante atteggiamento critico verso il potere da parte dei cittadini è una delle componenti necessarie delle democrazia autentiche; ma in Italia il rifiutare di scegliersi un’appartenenza a un gruppo, o personaggio, potente o famoso, viene accomunato all’essere anarchici, o eversori. Si può essere guelfi o ghibellini. Meglio ancora se si cambia a seconda delle convenienze, o se si sta con entrambi (gridando all’antipolitica se qualcuno lo fa notare). Ma chi critica sia l’imperatore sia il papa è un caso anomalo che non deve fare testo. L’opposizione dev’essere orizzontale, nella forma canonica tra destra e sinistra. Non importa se si tratta di una finzione, sempre più evidente. L’opposizione verticale, tra chi comanda e chi obbedisce, non è tollerata. Non sto dicendo che si debba contestare l’autorità per partito preso; Rino Gaetano però costituiva un antidoto al vizio italico di cercarsi, una volta usciti almeno psicologicamente dalla famiglia, un secondo padre; un protettore, una figura genitoriale di riferimento. Atteggiamento diffuso a sinistra non meno che a destra.

L’indisciplina di Rino Gaetano è inaccettabile per il clero, che inoltre se la deve essere legata la dito per “Le beatitudini”, dove viene incluso tra i beati di questo mondo; e avrà indispettito anche i tanti vassalli dei vari poteri. La fiction è stata prodotta da Claudia Mori, moglie di Celentano; che è un maestro non solo del fare spettacolo, ma anche nel servire il potere fingendo contestazioni e provocazioni radicali. L’omologo innocuo di Rino Gaetano. Il responsabile della fiction su Rino Gaetano come direttore di RAI fiction è stato Agostino Saccà, per il quale recentemente è stato chiesto il rinvio a giudizio per corruzione. Si può immaginare con quale trasporto Saccà, il dirigente che ha portato alla formulazione di una “summa divisio” dei dipendenti RAI in raccomandati e prostituiti, abbia fatto produrre un film su Gaetano; che ha cantato di “parlamentari ladri”, e ha scritto un canzone, “Il letto di Lucia” dove anche “tre ministri scalda poltrone” insieme ad altre figure del sottobosco parassitario frequentano il letto dell’ospitale ragazza. Abbiamo sentito l’intercettazione nella quale Saccà bacia la pantofola a Berlusconi, intrattenendo un paragone tra il sommo bauscia e il Sommo pontefice. Questo è saper stare al mondo. Se non volete strisciare davanti a Berlusconi, strisciate davanti a qualche altro potente, a vostra scelta. Ma non rimanete impalati, figlioli. Per il vostro bene, se non volete fare la fine di Rino Gaetano.

Rino Gaetano dovrebbe essere preso come esempio, soprattutto dai bloggers, di come sia possibile, e a volte doveroso, fare a meno di cercare un grande papà. Gaetano, “nazional-popolare”, rappresenta la condanna netta e il rifiuto radicale del gioco corrotto del potere da parte delle masse; mentre il potere vuole incanalare e addormentare il dissenso mettendolo al seguito del pifferaio di turno, del gigante buono che ricondurrà le pecorelle all’ovile. La falsa biografia RAI di Gaetano è spiegabile così. Una nuova parabola del figliol prodigo. Se contesti il potere, tutto il potere, non puoi che essere una persona da poco, anche se con qualche talento; un perduto, che finisce male, esanime tra le braccia misericordiose del padre che ha ripudiato. Con la scusa di celebrare un grande artista “maudit”, con le sue luci e le sue ombre, la RAI ha commesso un autentico vilipendio a fini ideologici verso la memoria di una persona che era una voce preziosa e morì giovane. Questo è anche il dazio richiesto per lo sfruttamento commerciale della sua opera, che si vuole banalizzata, ridotta a quel generico mugugno prossimo al qualunquismo che è tipico delle persone che accumulano fallimenti; per esempio, il Gaetano della fiction RAI.

Rino Gaetano in realtà non è morto solo e cornuto, respinto sia dagli amici che dalla fidanzata, incinta di un altro; come ci racconta il nostro servizio televisivo pubblico, che sembra aver affidato il copione a Cetto La Qualunque, oltre che a uno psicanalista. (Questo insulto della fidanzata che si rivolge ad un altro è stato tagliato nella versione ridotta). E’ morto, a 31 anni, pochi giorni prima della data fissata per il suo matrimonio, in seguito all’incidente avvenuto la notte del 2 giugno 1981 sulla Nomentana, all’altezza di Viale XXI Aprile. Il policlinico universitario della capitale è poco distante dal luogo dell’incidente, a qualche minuto di ambulanza, ma non era attrezzato per trattare le teste rotte. C’era di mezzo un ricorso al TAR, nell’ambito di una lotta per un primariato; siamo in uno Stato di diritto, mica nell’Italia grottesca descritta da Gaetano. Gaetano è spirato diverse ore dopo l’incidente, dopo che cinque altri ospedali l’hanno rifiutato, quando l’ambulanza era arrivata fino al policlinico Gemelli, che è da un altro lato della città, a oltre una decina di chilometri. Il film, che inventa tante vergognose calunnie, omette questa vergognosa realtà, che resta vergognosa anche se, secondo quanto risulterebbe dall’autopsia, le lesioni, gravissime, non avrebbero comunque lasciato possibilità di salvare Gaetano. L’ha omessa completamente anche il documentario su Rino Gaetano della serie “La storia siamo noi”, di Giovanni Minoli, che secondo la RAI compenserebbe la fiction con l’oggettività del reportage storico.

I magistrati avrebbero dovuto fare chiarezza sull’accaduto, che riguardava una persona nota per le sue critiche verso i potenti; se non altro per fugare dubbi e tranquillizzare un’opinione pubblica già surriscaldata. In quegli anni erano morte in maniera strana e sospetta, a volte per incidente automobilistico, molte persone che avevano detto o stavano per dire cose scomode. La musica trascina gli uomini, e anche un cantante può essere un problema rilevante per il potere; come mostrava l’uccisione, avvenuta pochi anni prima, del cantante cileno Victor Jara da parte dagli sgherri di Pinochet. Prima di finirlo a Jara spezzarono le dita, con le quali aveva suonato la chitarra per accompagnare le sue canzoni in favore del movimento popolare. I magistrati non hanno neppure ritenuto, indipendentemente dalle caratteristiche politiche della vittima, di dover risalire ad eventuali responsabilità penali per una tale lacuna del servizio pubblico che doveva soccorrere i traumatizzati gravi. Una lacuna su un’area di circa 200 km quadrati abitata da oltre 3 milioni di persone, che corrisponde al nome di “Roma”. Quest’omissione del potere togato a favore dei camici bianchi, e dei politici e degli amministratori responsabili della sanità, aiuta a comprendere come, trent’anni dopo, il policlinico in questione, l’Umberto I, sia tuttora agli onori delle cronache per le sue inefficienze da film di Sordi.

Così è scomparso un cantautore che nella stessa canzonetta, “Nuntereggaepiù”, ha accostato, raggiungendo il grande pubblico, iscritti e sostenitori della P2 ad una voce con accento sardo, l’accento di Berlinguer, che dice “Il nostro è un partito serio”. (Questo passo della canzone è omesso dai filmati televisivi che ho trovato su Youtube; e naturalmente dalla fiction RAI). Chissà cosa canterebbe oggi su D’Alema, allora. Da anni gira nel circuito metropolitano la voce che Gaetano sia stato volutamente eliminato, sorta anche perché in una sua canzone Gaetano parla di una persona che muore dopo essere stato rifiutato da cinque ospedali romani. Non c’è tra le notizie comunemente disponibili alcun elemento solido sul quale poggiare l’ipotesi. E’ invece plausibile la supposizione che, se fosse vissuto, passati gli anni Settanta lo avrebbero censurato, boicottandolo ed emarginandolo, se non avesse ammorbidito i testi: in Italia il sistema è tale che possono bastare poche semplici misure incruente per troncare le dita a chi non vuole cambiare musica. La morte di Rino Gaetano appare come uno di quei tiri mancini della sorte per i quali a volte sembra che i pochi che “in mezzo all’inferno non sono inferno, che bisognerebbe far durare, e dargli spazio” (Calvino) spariscano “senza grandi disturbi”, secondo le parole del giudizioso Lucio Dalla. Ma questa imbrattatura postuma della vita e morte di Rino Gaetano, sistematica e accanita, di sicuro non è stata un caso.

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26 febbraio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Domenica In, Maria Falcone: “Volevo dire grazie a Maurizio Costanzo, nessuno si rende conto di quello che ha fatto nella lotta contro la mafia””

“… nell’immediato dopoguerra e fino ai tragici fatti di sangue della prima guerra di mafia degli anni ’62-’63, gli organismi responsabili e i mezzi d’informazione sembrano fare a gara per minimizzare il fenomeno mafioso” (G. Falcone). Invece dopo, e soprattutto con la caduta del Muro, la mafia è divenuta spettacolo; e la lotta alla mafia di cosca è divenuta il grande alibi per la mafia di Stato. Credo che tra le multiple finalità delle stragi di Capaci e via D’Amelio vi fosse anche questa. Costanzo il piduista ha contribuito alla spettacolarizzazione della mafia e all’uso della lotta alla mafia come paravento sacralizzante per il piduismo, la mafia di Stato, che ha portato al declino della Seconda repubblica, e oggi sul ciglio del baratro; alla creazione di un carrozzone antimafia che prospera, e giudica scostumato chiedere l’eradicazione della mafia; e che si è unito a una compagine mediatica, anch’essa pro-potere come l’antimafia da salotto, che Costanzo ha grandemente contribuito a selezionare. Parce sepulto, bene ricordarne alcune qualità artistiche, ma ormai mancano solo i petali dall’elicottero. Davanti a questa gara di epicedi per la morte di un 84enne torna in mente “Nuntareggae più”, che cita Costanzo (di Rino Gaetano, che Costanzo non mancò di esibire in suo talk). L’interminabile passerella singhiozzante dei beneficiati da Costanzo mostra quanto e come sia selezionata e imbrigliata la comunicazione televisiva.


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No Dal Molin ~ Le trombe e le campane

15 December 2007

Forum http://www.altravicenza.it

Post del 15 dic 2007

cancellato con l’azzeramento del forum


Nel 1494 Enrico VIII re di Francia voleva appoggiarsi a Firenze come base per le sue guerre di conquista, e minacciava di lanciare altrimenti le sue truppe sulla città. Pier Capponi, accorto statista e condottiero valoroso, pur trovandosi in condizioni di inferiorità politica e militare gli rispose: “Se voi suonerete le vostre trombe noi suoneremo le nostre campane”. Detto questo Pier Capponi tolse dalle mani del segretario del re i fogli del trattato che i francesi volevano imporre e li stracciò. Enrico VIII, un sanguinario, comprese che al suono delle campane a stormo il popolo fiorentino avrebbe seguito il suo capo, e che quindi era meglio non tirare troppo la corda; in seguito si tenne alla larga da Firenze. Per una volta, la fierezza della civitas repubblicana riuscì a contenere la prepotenza delle armi.
Nel 2007, pochi giorni fa, la più alta carica dello Stato e il ministro degli esteri sono andati a corte, in America. Lì hanno messo subito le cose in chiaro sulla base di Vicenza. Hanno detto a muso duro agli americani che la base è un discorso chiuso: si fa e basta. Impipandosene così delle quisquilie: il ruolo degli altri organi istituzionali (quelli di Roma) e i pareri dei loro componenti; il grido di dolore dei vicentini; le loro manifestazioni di contrarietà, cui si sono associati italiani di ogni regione; il dovere di difendere gli interessi e la dignità del Paese, o almeno di mantenere una postura eretta. “Napolitano è andato a fare la first lady di Bush” ha commentato severamente il Presidio permanente No Dal Molin. Bisogna capire i nostri politici. Davanti agli USA non hanno le trombe, cioè la forza del potere costituito, e neppure le campane, vale a dire un seguito popolare forte. Quelli che con la benedizione di Washington ci comandano fanno i tosti con noi, ma sono gente senza campane. Gli manca ciò che aveva Pier Capponi.
Oltre a non avere gli strumenti, i nostri leaders seguono una musica del tutto diversa. Non c’è da meravigliarsi che il New York Times abbia salutato la visita di questi nostri rappresentanti con una salva di articoli che descrivono l’Italia come un paese mortificato, depresso e in piena decadenza. In realtà, in Italia energie e capacità continuano ad abbondare: lo vediamo attorno a noi ogni giorno. Il nostro problema è che permettiamo un eccessivo sfruttamento di queste energie e capacità, e delle altre risorse, incluse le risorse non rinnovabili, ad una casta di succhiasangue che anemizzano la nazione. Una classe politica non solo altamente parassitaria, ma anche compradora, ovvero mediatrice dello sfruttamento del patrimonio nazionale da parte di poteri stranieri: una classe politica che tra i suoi affari ha anche quello del brokeraggio per operazioni davvero barbare, cioè caratterizzate da quella noncuranza, quella sincera insensibilità, proprie dell’occupante straniero verso gli occupati e la loro terra. Come per la costruzione di un nuovo forte USA in Vicenza.

Commento al topic: La fiction di Raiuno: Tutti i cieli di Rino Gaetano, il Petrolini del rock

1 November 2007

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La falsa biografia, e la ricostruzione distorta del passato a fini ideologici, andrebbero riconosciuti come generi televisivi ben precisi. Rino Gaetano ha trasposto in maniera moderna ed efficace l’antico scetticismo popolare, dolente sotto il velo dell’ ironia. La sua critica, lieve e radicale come una scrollata di spalle davanti ad un potente, è poco gradita a quel consorzio di poteri “pluralisti” che sostengono con sussiego, e sempre minor credibilità, di essere fonte di salvezza. Così lo si è rappresentato, appagando i mediocri, come un fallito sul piano umano; geniale ma anche un po’ plagiario, sensibile ma immaturo, moralista ma egoista e ingrato, fustigatore dei costumi ma etilista. Non importa. Essere attaccato è il destino di chi vale qualche cosa, ha scritto Casanova.

Commento al topic: 17 lug 2007: 20 anni

26 July 2007

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L’appello a considerare innocenti i 4 poliziotti fino al termine dei processi suona opportunistico, essendo tardivo e posteriore a palesi manipolazioni. La presunzione di innocenza, propria di un vero Stato di diritto, è un principio astratto, che necessita di una macchina giudiziaria sana ed efficiente che lo bilanci. Altrimenti diventa una speculazione e una beffa. Da noi in casi del genere il momento cruciale non è il giudizio finale, ma all’opposto l’inizio delle indagini, quando si consumano liberamente omissioni, falsi, calunnie, intimidazioni, depistaggi. Se non è possibile mettere tutto a tacere già in questa fase, mr. Hyde apparentemente torna dr. Jekill: codici e garantismo (e conseguente pretesa di monopoli sulla ricostruzione storica e sul giudizio etico e politico). Questo giustizia rigorosa della quale ci si ricorda solo dopo una fase di manipolazioni preliminari ricorda documenti contraffatti ma vidimati con timbri autentici. E’ una sequenza classica. Nel 1974 a Brescia in Piazza Loggia poco dopo l’esplosione della bomba qualcuno diede ordine di lavare la piazza con gli idranti, che spazzarono via gli indizi. Il magistrato ebbe buon gioco a seguire l’ipotesi della “ragazzata”. 33 anni dopo, il procedimento, fattosi rigoroso, e quindi lentissimo, prosegue. La strage è rimasta impunita, come quasi tutte le altre. Carabinieri, magistratura e giornalisti fecero passare Peppino Impastato prima per un bombarolo rimasto vittima del suo stesso ordigno, reggendo il gioco alla rozza messinscena degli assassini; e poi per un suicida. Ci sono voluti 20 anni, e circostanze favorevoli, per disfare il loro lavoro e riconoscere ufficialmente che era stato ucciso a causa delle sue denunce contro mafiosi che andavano letteralmente a braccetto con i carabinieri. Se si guarda ai maggiori casi nei quali la Costituzione andava applicata e difesa, sui quali Daniele Biacchessi ha appena pubblicato un libro, “L’Italia della vergogna”, si vede che il formalismo giuridico può divenire strumento di impunità; e che, volendo avere giustizia dallo Stato per atti gravissimi commessi da alcuni suoi rappresentanti, non ci si può limitare alla dimensione giudiziaria, andando dal magistrato con un buon avvocato e aspettando un poco. Segnalo una recente intervista a Biacchessi.

I rischi della diversità

25 July 2007

Blog http://www.federicoaldrovandi

Commento al topic: 17 lug 2007: 20 anni.

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Ezio (24/07/07, 11:42) dice molto giustamente che quando si controbatte bisogna guardare l’interlocutore negli occhi. Ci sono comunque delle eccezioni. Una delle poche nozioni che mi sono rimaste dalla lettura di un manale di autodifesa, scritto da un istruttore militare (G. Manunta, Mondadori) è quella di evitare di guardare fisso negli occhi un aggressore armato. Bisogna però anche evitare di voltargli le spalle, spiega il parà: “di fronte, si è considerati una persona; di spalle un ‘condannato’ “. Se l’aggredito è di spalle, quindi anche se è prono a terra, cessa di essere una persona. Diventa “altro”.

Sembra che in Italia la “diversità”, l’essere considerati “altro” sia un notevole fattore di rischio anche per la morte violenta, oltre che per una nota sfilza di guai. La mafia ha cura di isolare socialmente e screditare le sue vittime prima di ucciderle. Leggendo la storia degli omicidi “eccellenti” che hanno insanguinato il Paese, ho notato che una condizione di diversità accomuna vittime che sono tra loro differenti. In numerosi casi le vittime, politici, magistrati, funzionari di polizia, giornalisti, erano diverse dal resto del gruppo professionale o sociale del quale facevano parte, tanto che a volte, da vive, erano state avversate all’interno dal gruppo stesso. Nell’ambito dei pestaggi, chi più diverso di Pasolini, non solo per i costumi sessuali ma per ciò che scriveva come intellettuale cristiano e di sinistra. Stajano ne “Il sovversivo” racconta la storia di un altro segnato, Serantini, un ragazzo di 20 anni mite e candido, che aveva sofferto. Morì per il pestaggio col calcio dei fucili ricevuto dalla Celere. “Tu sei una vittima predestinata, stai attento” gli aveva detto un ingegnere suo amico. Anche in quel caso, la magistratura fece più di ciò che è in suo potere pur di proteggere i poliziotti. Con successo. Un commissario di PS, Pironomonte, che aveva cercato di impedire il pestaggio, volle dimettersi dalla polizia, e si ridusse a vivere come un modesto impiegato.

L’Italia, paese a tradizione non democratica, è molto rigida verso la diversità antropologica, verso chi non rientra nei gruppi permessi. Non è solo “a destra” che non si può sgarrare: anche esprimere posizioni progressiste, “disobbedienti”, critiche, va fatto entro limiti ristretti. Questo dettare i termini e gli stili della manifestazione di un pensiero dissidente è tra i fattori principali del ripetersi di ingiustizie come quella che due anni fa ha spento la vita di Federico.

Federico quella mattina era solo. Mi chiedo se questo elemento, la diversità, possa aver avuto un peso nella dinamica del suo omicidio. Era senz’altro un ragazzo normale. Mi chiedo com’era riguardo alla sopportazione dei torti. L’unico dato che ho sono la forza e la determinazione nel chiedere giustizia che i suoi genitori stanno mostrando. Se Federico aveva preso da loro, l’essere maltrattato, il ricevere abusi, può averlo portato ad una reazione di indignazione, che molti purtroppo, a differenza che in altri paesi, avrebbero considerata impropria. In un paese dove l’atteggiamento servile nel trattare con chi è in una posizione di potere è un articolo della costituzione non scritta, può essere un handicap non nascere con l’animo del servo, e crescere da persona libera. Federico anziché assumere un atteggiamento da “inferiore” può avere rifiutato la sottomissione agli abusi, indispettendo il gruppo di agenti, e portandoli a identificarlo come un ragazzino che si permette di non stare alle regole, che non accetta il ruolo del prigioniero, e magari il ruolo di persona che viene picchiata dall’Autorità. Un diverso, per i loro standard, e anche per quelli di tanta gente. Con alcuni basta il modo di esprimersi, una protesta che minacci le loro certezze, il tono della voce per essere così classificati. Può essere sufficiente fissare negli occhi, o voltare le spalle.