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La medicina difensiva come scusa e come illecito

17 November 2014

“Le ordino alcuni esami, giusto per pararmi il culo” [1]

deKay3Il modello che DeKay e Asch, considerando la medicina difensiva, hanno proposto che i magistrati adottino nel giudicare la responsabilità professionale medica [2]

Di recente il Tribunale di Milano, giudice Patrizio Gattari, ha emesso una sentenza sulla responsabilità professionale del medico che è stata definita “rivoluzionaria”. La sentenza rende più difficile ottenere risarcimenti, considerando non più “contrattuale” ma “extracontrattuale” la responsabilità del medico ospedaliero [3]. Credo che con la sentenza i magistrati mostrino, o meglio confermino [4], di essere amici del giaguaro. Il giaguaro sono i grandi interessi economici che, imponendo l’attuale modello di medicina, sono all’origine delle storture e dei danni che spesso portano i pazienti a rivolgersi al magistrato.

Privo di preparazione giuridica, commento la sentenza sotto il profilo medico e politico. Non accuso di essere “amici del giaguaro” i giudici perché pongono un freno alle cause contro i medici. Le cause per malpractice sono divenute in buona parte un’industria fraudolenta indotta dall’industria fraudolenta della medicina [5]. Es. in USA è in corso una forte espansione del settore dei dispositivi medici, che si avvale di una regolamentazione per l’immissione sul mercato meno rigida rispetto a quella per i farmaci. Invece di arginare il fenomeno con una legislazione adeguata sulla messa in commercio di nuovi dispositivi, che preverrebbe il contenzioso, ma frenerebbe il business, si stanno moltiplicando le cause dovute a danni da dispositivi medici; ed è in corso di sviluppo un nuovo settore della giurisprudenza su questa sottocategoria [6].

L’alta frequenza di processi contro i medici non è fisiologica; non è segno di un sano Stato di diritto. Quali che siano le loro cause, in uno Stato che funzioni i procedimenti per responsabilità medica dovrebbero essere una rarità, e la loro frequenza oltre una certa soglia dovrebbe spingere lo Stato a prevenirli intervenendo sulle cause; anche per i motivi che sto per esporre, i procedimenti per “malasanità” sono da considerare come un sintomo di “malattia” della sanità. L’intento dichiarato della sentenza è quindi buono. Ma qui i giudici hanno agito sul sintomo, riducendolo con terapie che aggravano i fattori causali della malattia e pertanto peggiorano lo stato di salute del paziente, che solo all’apparenza fanno sembrare migliorato. Come avveniva per il salasso [7].

Mi riferisco al recedere dal considerare il rapporto tra curante e paziente come contrattuale, e alle motivazioni addotte riferite dai giornali. I giudici hanno portato come argomenti la necessità di limitare la “medicina difensiva” e quella di favorire la “alleanza terapeutica” tra medico e paziente. Alleanza che secondo i giudici va depurata da “un sottinteso e strisciante obbligo di risultato”. Al quale, così pensano i giudici, sarebbe da attribuire la medicina difensiva: è il larvato obbligo di risultato ad essere “spesso alla base di scelte terapeutiche difensive, pregiudizievoli per la collettività e talvolta anche per le stesse possibilità di guarigione del malato”. Un maligno potrebbe volgarmente tradurre: è doveroso che il medico avvolga il paziente in un rapporto di dipendenza psicologica; però poi così il paziente si mette in testa di dover avere dei risultati proporzionati alle speranze suscitate; ed è questo serpentesco intruso nella comunione spirituale tra medico e paziente ciò che costringe il medico ad agire, obtorto collo, a suo vantaggio e a danno del paziente, come terminale dell’industria medica, usando il paziente come supporto e occasione per massimizzare la vendita di beni e servizi medici; occorre quindi, per proteggere il paziente da sé stesso, spuntare il suo diritto a chiedere giustizia, riducendo la responsabilità professionale del medico.

Non so se i magistrati possano addentrarsi così tanto in questioni politiche ed etiche in sede di giudizio. Ma ciò che colpisce della loro “rivoluzione” è che non solo dà agli interessi della medicina liberista parte di ciò che chiedono, ma lo fa ripetendo i relativi ideologismi portati a supporto della richiesta. Ideologismi che sono alla base dei meccanismi che generano danni iatrogeni alla salute e ingiusti profitti; e quindi anche, in gran parte, alla base dell’aumento della litigiosità. Considero qui la medicina difensiva. In un successivo articolo tratterò dell’alleanza terapeutica, e presenterò considerazioni sui rapporti tra questi temi, la pratica della medicina e la posizione dei magistrati.

Espongo prima come la medicina difensiva sia una giustificazione pretestuosa per atti illeciti, e come l’accordare maggiore impunità per ridurla sia accettare un ricatto che lascia mano libera ad ulteriori illeciti. Considero poi i fattori culturali ed ideologici che rendono possibile la medicina difensiva e portano a non riconoscere l’essenza fraudolenta del meccanismo nel quale è integrata, e a sottovalutarne la dannosità e il carattere antigiuridico. Infine mostro come la medicina difensiva sia da considerare a tutti gli effetti un illecito in sé; e come il rispetto delle preferenze del paziente sia un altro ideologismo che si affianca alla medicina difensiva per aiutare a trarre lucro dalla medicina, a spese del paziente.

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1. La medicina difensiva e il divorzio all’italiana

Anche alcuni tra coloro che chiedono di ridurre la punibilità dei medici riconoscono [8] che la medicina difensiva è la giustificazione di routine che i medici presentano per le loro responsabilità nel problema, enorme ma tenuto nell’ombra, delle sovradiagnosi e dei sovratrattamenti [1,9-11]. In realtà, prima della “medicina difensiva”, opera un “perverso sistema di incentivi finanziari” [1,12] col quale si ottiene la prescrizione di cure non necessarie e spesso dannose. “Il nostro sistema incentiva i medici perché forniscano più servizi, ma non perché mantengano sani i pazienti” (Hillary Clinton).

Gli incentivi operano anche nella medicina pubblica. Dove si pratica in realtà una medicina mista: disegnata dal business, e a terminale pubblico. Non ci sono solo gli incentivi monetari dell’attività intra moenia e extra moenia dei medici, e della corruzione di politici e amministratori. I trattamenti non necessari sono determinanti nel fare girare ed espandere quel fondamentale settore dell’economia che la medicina oggi costituisce. I sovratrattamenti assicurano quindi posti di lavoro, giustificano stipendi, danno prestigio. L’essere agiti dalla tecnologia medica dà potere e aiuta a fare carriera [13]. Credo che valga per i medici, i magistrati, e per altre categorie lavorative: nel campo dello sfruttamento legalizzato, al quale appartiene ciò che si tratta qui, assicurare a un numero sufficientemente alto di persone un stipendio buono e sicuro e gli altri vantaggi derivanti dal far parte di “una classe riverita e forte” può costituire una forma di corruzione tanto efficace quanto inapparente. Che permette di mettere a reddito anche il credito di cui gode chi gestisce un servizio pubblico.

La medicina è immersa in un gigantesco comparaggio di tipo industriale, che si va sempre più istituzionalizzando. La corruzione maggiore è a monte della pratica clinica. I casi di esperti che, pagati dalle multinazionali, esprimono pareri e linee guida a favore del consumo di prodotti medici sono quasi la norma [5,14]. Ma non sono purtroppo rarità, neanche da noi, casi di medici, inclusi medici del SSN, che in massa accettano di essere pagati per prescrivere; e di pazienti deceduti a causa di prescrizioni inappropriate di farmaci ottenute dalle case farmaceutiche pagando i medici; es. il caso dell’EPO in USA [15]. Stanno comparendo pagamenti diretti anche ai medici dipendenti dei servizi sanitari europei. Mentre in Italia si discute la sentenza milanese resa pubblica dai media, in UK si protesta perché i medici di famiglia riceveranno dallo Stato un extra di 55 sterline, circa 70 euro, per ogni diagnosi di demenza senile [16,17]. E’ da notare che si tratta di un incentivo alla diagnosi. Alcuni medici hanno osservato che l’incentivo danneggerà gli anziani, causerà una epidemia di diagnosi di demenza e un aumento di spesa sanitaria; che si danno ricompense per diagnosticare una malattia per la quale la diagnosi è soggettiva; che una diagnosi errata di demenza può avere conseguenze “truly tragic” per chi la subisce; che non c’è cura ma ci sono medicine, che spesso non funzionano e mai sono risolutive. Altri accettano i soldi, ma ammettono che ciò comporti un rischio di sovramedicalizzazione. Un’associazione di pazienti parla di “taglia” messa sulla testa di alcuni anziani. C’è una lettera aperta di medici perché non sia istituito un “pericoloso precedente” [18]. Davanti a questo singolare portare alla luce del sole e burocratizzare ciò che già avviene per vie oblique, forse agli inglesi ora appariranno meno eccentriche e radicali le parole dell’irlandese G.B. Shaw: “Il fatto che in ogni nazione sana, avendo ottenuto la fornitura di pane col dare al fornaio un interesse pecuniario nel fare il pane, si prosegua dando al chirurgo un interesse pecuniario nel tagliarti una gamba è sufficiente a fare disperare che vi sia umanità nella politica. Ma è ciò che abbiamo fatto.”; “E’ semplicemente non scientifico affermare o credere che i medici nelle circostanze attuali non eseguano interventi non necessari e non fabbrichino o prolunghino la malattia che dà lucro”. Da noi l’AIFA preconizza una triplicazione delle diagnosi di demenza senile nei prossimi decenni mentre si dice “onorata di rappresentare l’Italia” nel sostenere lo sviluppo internazionale di nuovi farmaci per le demenze [19]. Un obiettivo estremamente ambizioso, data l’attuale scarsa plausibilità biologica del progetto. La via dell’onore o del dovere che passa per il risolvere prima il problema meno formidabile dell’assistenza agli affetti da demenza senile e del sostegno alle famiglie con anziani non autosufficienti è molto meno battuta.

La medicina difensiva implica un maggior numero di trattamenti, e quindi un maggior numero di errori e di danni evitabili [20]. L’incremento degli errori e danni in funzione dei sovratrattamenti è più che proporzionale, come si dirà. Errori e danni evitabili che accrescono anch’essi le ricchezze personali e il PIL. Si è visto che le complicanze chirurgiche aumentano il giro d’affari e i profitti degli ospedali [21]. La medicina difensiva non solo maschera la pratica dei sovratrattamenti, ma è anche la foglia di fico di un dolo sistemico, di una iatrogenesi pilotata, che è il convitato di pietra quando si discute di errore medico.

La medicina difensiva risponde alla necessità del sistema di avere pretesti e scusanti. Che si tratti di un pretesto lo confermano gli studi che riportano come il tipo di medicina che si asserisce essere esercitato a scopo difensivo continui ad essere praticato anche quando il rischio di essere citati in giudizio viene ridotto [22]. Ed è praticato anche nei paesi, come la Nuova Zelanda, dove vige il sistema no-fault, per il quale il paziente viene risarcito senza che il medico venga accusato [23].

A proposito del sistema no-fault, che ha i suoi sostenitori ma incontra resistenze soprattutto per l’aumento dei costi che provocherebbe, la sentenza dei giudici di Milano prevede che mentre per il medico dipendente si passa alla responsabilità extracontrattuale, l’ospedale continui ad essere soggetto alla responsabilità contrattuale. In caso di condanna di entrambi, dovranno risarcire in solido il danno. Questa diversificazione potrebbe configurare un sistema che si avvicina a quello no-fault, che presenta tra i suoi diversi rischi [24] quello di “produrre gli incentivi sbagliati per medici e vittime” [25], facendo venire meno il deterrente per il medico e allo stesso tempo incoraggiando l’azione giudiziaria dei pazienti. Se fosse così, i danni alla salute e le richieste di risarcimento potrebbero aumentare. In pratica c’è il rischio che il sistema rimanga com’è, e si rafforzi nelle sue storture, salvando le capre del business medico col ridurre la responsabilità professionale, e i cavoli delle derivate cause giudiziarie deviando le richieste di risarcimento verso altri soggetti – pubblici in questo caso; e “ tirando nell’affare” il paziente – soprattutto i più spregiudicati e venali tra i pazienti – assegnandogli una quota; a scapito della collettività.

La medicina difensiva deriva da: a) l’includere gli interessi del medico insieme a quelli del paziente nella condotta terapeutica; b) l’esposizione del medico al rischio di cause, a volte pretestuose. Il punto b) viene usato, enfatizzandolo, anche per coprire a), che invece è un tema del quale si parla troppo poco. Ma a) è, come si è visto, solo parzialmente dipendente da b); continua a vivere di vita propria, ad essere alimentato e a produrre gli stessi effetti che sono imputati alla medicina difensiva anche quando b) viene meno. Se si elimina b), ma resta a), che è sottoposto a forti incentivi, la ricerca degli interessi del medico a spese di quelli del paziente continuerà. E anzi potrà essere più sfrenata, venendo meno il timore di b). Anche se venisse meno una scusa sarà immediato sostituirla, essendo già disponibile una batteria di argomenti convincenti : “meglio prevenire che curare” [26], sospetto clinico soggettivo, “libera” preferenza del paziente (v. infra), conformità a linee guida [5,14], il mero timore delle ripercussioni di lamentele del paziente o di azioni giudiziarie verso l’ospedale sulla reputazione e carriera, etc. C’è chi indica anche le classifiche dei centri medici basate sulla soddisfazione dei pazienti tra i fattori che manterranno comunque la medicina difensiva, e potrebbero farla aumentare anche quando ci sarà maggiore impunità per i medici [27]. Fare presente al lupo che all’epoca delle asserite ingiurie non si era ancora nati non servirà.

Le medicina difensiva non è, nei fatti, causa necessaria dei danni che ad essa sono attribuiti. E difficilmente da sola agirebbe come causa sufficiente. E’ un fattore facilitante interno ad un gruppo di fattori causali. Il diagramma sotto mostra come la rete di interessi nella quale la medicina difensiva è integrata sia robusta rispetto alla medicina difensiva, che è sussidiaria ad un sistema che continuerà ad operare allo stesso modo anche senza di essa; e che vedrà migliorare l’efficienza patologica del suo funzionamento quanto più gli si accorda impunità in nome della riduzione della medicina difensiva.

DiagrammaMedDif

Dai giudici ci si aspetterebbe che sappiano riconoscere e distinguere meglio di chiunque altro tra scuse e attenuanti o esimenti vere. Quante volte i magistrati hanno sentito un violento dire con tono mansueto “ho avuto paura…” e il completamento della frase dovrebbe essere “ e gli ho rotto la testa anche se stava scappando; mi pagano per questo”. Invece qui appare che i giudici ci caschino; e che facilitino così quei comportamenti illeciti, dannosi per la salute, che dicono di volere contrastare.

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2. La medicina difensiva e il primato del positivo

Da più parti si accusa la “cultura della colpa” di essere causa degli eccessi della medicina preventiva. Il sistema legale sarebbe complice, sollecitando una “cultura della vergogna”. E si auspica una cultura nuova, che accetti la fallibilità della medicina; e che quindi porti alla non punibilità del medico che sbaglia. [8]. Questa tesi sarebbe rispettabile in un sistema sano. In un sistema sano, dove non vi sia l’interesse ai sovratrattamenti e le persone non vengono illuse dalla propaganda, dovrebbe essere chiaro a tutte le parti che c’è un tasso inevitabile di complicazioni e insuccessi anche nelle attività mediche oneste e appropriate. E che le decisioni cliniche hanno una componente probabilistica (come illustrato sotto), che implica che vi siano insuccessi e danni anche quando sono corrette. (Componente probabilistica che in una medicina sana sarebbe più bassa di quella attuale, dove è gonfiata a dismisura dai sovratrattamenti). Definiti tali tassi per ogni intervento con studi epidemiologici, appositi organi di controllo dovrebbero badare a che non vengano superati, esaminando tutti gli incidenti e verificando inoltre se non ci sia stata invece negligenza, imperizia o imprudenza, da segnalare agli organi giudiziari. La verifica in alcuni casi potrebbe essere fatta solo se il medico supera una soglia, e allora scatterebbero anche accertamenti retrospettivi. In un sistema sano, controlli del genere, se ce ne fosse ancora bisogno, ammansirebbero l’uso improprio del diritto incomprimibile di rivolgersi al giudice se si ritiene di essere stati ingiustamente danneggiati.

La presenza incombente della dimensione giudiziaria può condizionare negativamente il medico nelle sue scelte; e guasta non la “alleanza terapeutica”, che, viscida e abusiva, va nello stesso verso illecito della medicina difensiva (come si dirà), ma il clima di serenità, fondata fiducia e franchezza nel rapporto tra il medico e il paziente. Lo strumento giudiziario è inoltre di dubbia efficienza: in USA il sistema legale si è dimostrato incapace di compensare coloro che hanno subito un danno e di frenare i medici irrispettosi della buona pratica [28]. Ciò è coerente col carattere speculativo, complementare ed aggiuntivo più che di contrapposizione, del movimento che ha fatto delle cause per responsabilità medica, e delle relative assicurazioni, un indotto dell’industria primaria dei sovratrattamenti. Comunque l’efficienza e l’equità del sistema non miglioreranno con l’impunità in nome della riduzione della medicina difensiva, che è un “dare bistecche a una tigre sperando che divenga vegetariana”.

Propugnare un cambio culturale verso una visione più realistica della medicina suona però ipocrita nel sistema attuale, dove si fanno grandi sforzi in senso contrario, per illudere il pubblico presentando la medicina come capace di fare miracoli [29]. Il caso Pantani [15] e il caso Stamina [30], nei quali i magistrati sono stati determinanti, sono esempi di cosa si arrivi a fare per ottenere tale effetto antropologico, da parte dell’apparato di propaganda di poteri così forti che possono avvalersi dei poteri dello Stato. Prima si eccitano nel pubblico e nei pazienti pulsioni arcaiche, si presenta il medico come un onnipotente [13], si suscitano ad arte speranze e aspettative false; e dopo, quando la frittata è fatta e bisognerebbe risponderne, ci si toglie il cappello a cono e la zimarra del mago e vestito il maglioncino dell’intellettuale pacatamente si invita a ragionare da adulti, chiedendo desolati come si può pensare che la medicina abbia soggiogato l’ananke; spiegando che non bisogna illudersi di avere l’immortalità e l’eterna salute dalla medicina, che non esistono fontane dell’eterna giovinezza; e che quel CEO di una compagnia di biotecnologie che ha detto “la morte è una serie di malattie prevenibili” ha esagerato (anche il Nobel Montagnier ha affermato una cosa simile). Questi cambi d’abito sono un esempio dello “eclettismo tecnognostico”, di cui si dirà.

La medicina [1], e le biotecnologie [31], annunciano falsamente al pubblico di poter ottenere grandi risultati benefici, che poi non si realizzano; la medicina usa “false premesse e false promesse” [32]. Ci sono stati medici che hanno sostenuto apertamente in conferenze mediche che i medici devono mentire al pubblico, per il suo bene, esagerando i benefici, per indurlo a sottoporsi ai loro servizi: perché si sottoponga a pratiche come lo screening per il cancro della mammella [33], la cui vantaggiosità viene sempre più spesso negata da studi scientifici mentre è certo che esponga a danni iatrogeni [34]. Ed è ciò che avviene nella pratica, esagerando i benefici e nascondendo i rischi [35]. Nel consigliare di abolire del tutto lo screening mammografico, gli esperti dello Swiss Medical Board hanno osservato anche come alle donne viene fatto credere il falso [36]. Ci si ricorda di dover dire la verità quando è troppo tardi; quando conviene; quando si deve rispondere dei danni causati; o quando, con la brutale rivelazione di una diagnosi infausta (non sempre biologicamente fondata) si assesta al paziente una manganellata psicologica che lo rende sottomesso. Allo stesso tempo la medicina attuale, mentre promette ciò che non può dare non dà tutto ciò che potrebbe dare: non ottimizza le cure, come si vedrà, ma pratica, per ragioni di profitto, un servizio di qualità inferiore a quello che può realmente fornire. Arrivando ad essere lei stessa causa di malattia. Più che fondare una nuova cultura, bisognerebbe abbandonare la nuova cultura liberista del cinismo e del fregare il prossimo come valori.

Nei paesi anglosassoni si stanno comunque conducendo campagne di sensibilizzazione verso i medici, come “Choosing wisely”, “Less is more”, “Too much medicine”, per ridurre gli eccessi che vengono presentati come difensivi. Ma non si tocca, né lì né da noi, un nodo più profondo, quello della asimmetria che conferisce un primato alla positività rispetto alla negatività. Il sistema medico, quello giudiziario e la società considerano più gravi gli errori di omissione che di commissione. Nell’attuale modello, lo scopo della medicina è di scovare a tutti i costi la malattia. A costo di “condannare un innocente”, o di sparare a un innocente, nel senso di diagnosticare e trattare anche quando non ce n’è necessità. Il sistema è congegnato in modo da esaltare i reperti positivi, e quindi anche i falsi positivi, e favorire così anche l’impiego di prodotti medici, anche quando ingiustificato, per aumentare i consumi e i fatturati; e trascura, o addirittura nasconde con dolo, i reperti negativi e la dannosità delle procedure diagnostiche e dei trattamenti. Questo ha la sua base nel messianesimo scientista, nell’imperativo tecnologico che vede l’uso della tecnologia come indiscutibilmente sempre positivo [13,37]. Le rare avvertenze, da parte di medici e ricercatori, che troppa medicina può causare danni, e che i prodotti nuovi business-driven in medicina possono essere più dannosi che benefici [1,11], anche se raggiungono il pubblico suonano a molti eccessive e polemiche come le parole di Shaw sulle amputazioni chirurgiche.

Il riconoscimento di questo primato avviene a tutti i livelli. A livello di diagnostica [38]: gli esami di laboratorio e di imaging sono tarati, o distorti, verso la sensibilità, cioè in modo da scoprire il più piccolo segno di patologia – anche se di patologia non si tratta, v. il caso dei cancri che non sono cancro [39] – a scapito della specificità, la capacità di riconoscere i veri negativi. La ricerca in corso di test sempre più sensibili (adesso pomposamente chiamati “biomarkers”) probabilmente aggraverà il problema delle sovradiagnosi [34]. La diagnostica è così impostata per dottrina, attuando scelte sostanzialmente arbitrarie, di portata globale, la cui dannosità non viene riconosciuta; se non dopo che è stata lasciata libera di agire, causando danni e producendo profitti, per anni: in questi giorni l’autorità canadese preposta ha emanato direttive che dicono di non usare il test del PSA per lo screening del cancro della prostata [40]. Spiegando che l’evidenza accumulata non mostra che il test riduca la mortalità ma mostra che provoca danni al paziente. Lo screening col PSA non aumenta la speranza di vita complessiva, ma può condurre una persona in salute a rimanere impotente e incontinente [41]. Fino a pochi anni fa l’omissione del test sarebbe stata considerata una negligenza grossolana e inspiegabile, dato che il test viene inserito di routine negli esami di laboratorio degli uomini dalla mezza età in poi. E’ da notare che a contestare le direttive dell’autorità canadese sono, oltre agli urologi, gruppi di “advocacy”, cioè associazioni di pazienti e di comuni cittadini; gruppi che spesso sono finanziati dall’industria.

Il primato del positivo ha luogo anche nel campo delle terapie, dove gli effetti avversi vengono sottaciuti e sottovalutati; e si considera trattamento causale quello che modifica i surrogate end-points [7], vistosi ma non necessariamente utili. Ha luogo nel campo della ricerca. Viene assicurato già a livello epistemologico con la “evidence based medicine”, una forma di empirismo filosofico che si traduce nella “medicina basata su quello che c’è sperimentalmente ”; non importa se le conoscenze già disponibili a priori dicono altrimenti; né se i risultati disponibili sono falsi o dubbi e frutto di un’agenda distorta e di censura. Ha luogo nelle scelte sulle ricerche da condurre, dove accade perfino che si cerchi di espandere, applicandole a un maggior numero di persone, pratiche che la ricerca ha già mostrato che andrebbero eliminate o ridotte; a volte coinvolgendo il pubblico senza neppure dire chiaramente alle persone che si stanno sottoponendo a un esperimento [35]. Avviene nella conduzione della ricerca, dove l’apparato statistico e la prassi sono conformati per dare risultati positivi, tanto che esperti accreditati argomentano che la maggior parte dei risultati di ricerca biomedica riportati dalle pubblicazioni scientifiche sono falsi [42]. La lettura troppo favorevole dei dati è tra i fattori che portano le frodi scientifiche, intenzionali, a riguardare, secondo una stima, il 20% delle ricerche [43]. Avviene in sede di pubblicazione scientifica e di controllo istituzionale, dove notoriamente le case farmaceutiche fanno in modo che vengano pubblicati prevalentemente risultati positivi; e a volte nascondono dolosamente informazioni in loro possesso sulla dannosità del farmaco, come mostrano alcuni casi giudiziari. Avviene nell’informazione mediatica, che riporta con toni trionfali risultati preliminari la cui interpretazione in senso positivo è quanto meno dubbia, ai quali poi non seguono conferme più solide, ma altri annunci salvifici. E avviene anche in sede di giudizio sulla responsabilità professionale, dove si condanna il non essere intervenuti più che l’essere intervenuti a sproposito.

I magistrati dovrebbero chiedersi perché i medici sentano il bisogno di difendersi dall’accusa di non avere agito molto più che da quella di non essersi astenuti; e perché il sistema giudiziario di fatto non sanzioni le due responsabilità allo stesso modo. Perché il medico possa sostenere di temere così tanto la mera possibilità di essere accusato di responsabilità omissiva da mettere in atto abusi o reati (v. infra) per evitarlo . E’ una situazione surreale, un po’ come se i soldati in trincea passassero al nemico sostenendo che lo fanno perché alle spalle hanno i carabinieri che se non vanno all’attacco gli sparano; e i carabinieri accettassero la giustificazione. I giudici sono specialisti nel bilanciare diritti e valori contrapposti. Es. la prevenzione del crimine da parte della polizia e la tutela dei diritti della persona (almeno in teoria). I giudici sanno che un commerciante o un professionista, un ingegnere, un avvocato, possono truffare il cliente anche facendogli acquistare servizi che non gli servono, o che addirittura lo danneggiano. Il loro contributo sarebbe prezioso per ridurre questo sbilanciamento verso il positivo, verso questo dargli la priorità, che consente la giustificazione pretestuosa del medico dell’avere agito “per difendersi”, e rende particolarmente dannose per il paziente le conseguenze di questa “autodifesa”.

Il primato del positivo è soprattutto una questione culturale. Per il pubblico, in seguito alla secolarizzazione, all’assetto culturale liberista e a un’epocale opera di convincimento, la medicina non è un rimedio tecnico contro la malattia, spesso imperfetto e raramente privo di affetti avversi, da usare oculatamente; ma è una fonte magica di salute, che deve scorrere rigogliosa. Chi più ne ha più ne metta. Il troppo non “stroppia” , mentre c’è la condanna morale per il mancato intervento. Ne deriva che il pubblico in certo qual modo esige di essere truffato: “Sia il medico che il pubblico sono così fortemente prevenuti a favore della diagnosi che dalla sua omissione risulta una condanna non solo legale ma anche morale, mentre ciò è raramente osservato quando il medico sbaglia sul lato opposto [44]. Perfino nel campo dell’autismo, dove non c’è carenza di accuse di sovradiagnosi, la condanna pubblica tende ad appuntarsi sui pediatri che trovano “scuse” perché avrebbero “paura” di dire che un bambino possa avere l’autismo” [45]. I magistrati potrebbero spendere la loro conoscenza del mondo, capacità di discernimento giuridico e autorevolezza nel correggere questa mentalità sbagliata, che favorisce abusi e reati. Invece alimentano tali credenze nel pubblico. Di recente la Procura di Trani si è lanciata in un allarme sull’autismo che favorirà le sovradiagnosi, considerando cause improbabili e ignorando l’interesse alla sovradiagnosi. Partecipando così di fatto a una campagna di disinformazione che danneggerà il pubblico, e lo confermerà in altre credenze sbagliate e dannose [46].

La sentenza dei giudici di Milano combacia con l’ideologia e con la prassi del primato del positivo anche in un altro aspetto. All’apparenza il passare dal richiedere che sia il paziente a dover dimostrare l’errore e non il medico a dover dimostrare la sua assenza cancella una pretesa irragionevole. Ma l’informazione sui reali effetti delle terapie, già carente e dubbia, soprattutto in campo chirurgico, è viziata verso il positivo; e i grandi interessi commerciali la mantengono pervicacemente in questo stato. Es. il tentativo di porre riparo al malcostume di pubblicare solo ciò che fa comodo e nascondere i dati negativi, e al “data dredging”, mediante l’istituzione di registri dei trial, viene aggirato [47]. Anche grazie alla deregulation, che sempre più permette l’immissione di prodotti non sufficientemente testati, lo standard delle cure rispetto al quale definire le responsabilità in sede giudiziaria è spesso elusivo [6]. Anzi, accade che la medicina difensiva venga eletta con l’uso [1], e anche con interventi ad hoc [48], come standard di cura; uno standard arbitrario e viziato, ma che sarà difficile ignorare in sede di giudizio, nella valutazione dell’errore. La letteratura scientifica disponibile risente anch’essa dell’asimmetria verso il positivo: dato il publication bias, e l’occultamento dei dati che depongono a sfavore della commercializzazione di una terapia, diviene più difficile per il danneggiato portare evidenze scientifiche a supporto della sua doglianza [49]. Anche quando sarebbe di fatto giustificata. L’onere della prova dovrebbe essere definito attentamente, considerando i molteplici fattori che, da entrambe le parti, possono viziarlo. Il passaggio tout court dell’onere al ricorrente è un usare per bilancia della giustizia la stessa bilancia autorevole ma truccata, a bracci diseguali e a pesi alterati, della ricerca e della pratica medica commerciali.

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3. La medicina difensiva e l’eclettismo tecnognostico

Qual è nella nostra cultura la concezione del rapporto medico-paziente, per come si riflette sulla responsabilità professionale? Ad un estremo c’è un rapporto di tipo religioso, che considera la figura del medico come guaritore. Non si fa causa allo sciamano. Davanti al medico-sacerdote ci si pone in un atteggiamento di speranzosa sudditanza psicologica. L’eco psicologica di questo tipo di rapporto, che attiene alle profonde radici antropologiche della relazione di cura, sopravvive oggi, e non è tenue. D’altro lato, studi storici mostrano che anche un’altra concezione, quella contrattualistica, che vede il medico come un qualsiasi altro professionista che presta la sua opera dietro compenso, non è recente. Per secoli, dal Quattrocento al Settecento, a Bologna si stipulavano contratti per i quali il medico era tenuto addirittura a guarire il cliente entro un certo periodo [50]. Le due concezioni possono coesistere, in quell’area della psiche dove si ammonticchiano le idee e i sentimenti sulla medicina.

Oggi, con il medico in posizione subordinata, spesso di franchising [5] rispetto alla medicina industriale, anche al tema della responsabilità professionale viene applicata quella prassi generale che consiste nell’attingere, a seconda della convenienza, a qualsiasi campo ideologico per supportare la tesi desiderata; saccheggiando qualunque bacino culturale a seconda della bisogna, e unendo tra loro posizioni eterogenee e politicamente contrapposte. Essendo facilitati in ciò dalla doppia anima, antropologica e scientifica, della medicina. L’antica base magica della medicina e il moderno diritto, il rigore inflessibile della scienza e la seducente vaghezza del sentimento; tutto in funzione del profitto. La medicina si presenta come “oggettiva”, scientifica, quando è intrisa non solo di suggestioni ed emozioni, ma di suggestioni ed emozioni di tipo primitivo; i frammenti che possono dirsi scientifici vengono presentati come rappresentativi dell’intera disciplina. Magia e scienza vengono usate assieme e scambiate a seconda del caso. Ci consideriamo moderni, ma sulle credenze che regolano i problemi esistenziali vi è stato più un rimescolamento che un progresso: “Quando la religione era forte e la scienza debole, gli uomini consideravano la magia come medicina; ora che la scienza è forte e la religione debole, considerano la medicina come magia” [51].

Un aspetto di questa contraddittorietà rilevante per la medicina difensiva è che mentre si sostiene il superamento del “paternalismo” medico, – e quindi la conseguente cessione di responsabilità, morali e legali, dal medico al paziente – si sostiene anche l’alleanza terapeutica, concetto che proviene dalla psicoanalisi e che, come si dirà in un futuro articolo, fa riferimento all’instaurazione di un legame di attaccamento non lontano da quello di tipo genitoriale. Un altro esempio rilevante è la concezione probabilistica in medicina. Da un lato si fa un affidamento eccessivo sulla statistica, strumento importante ma elevato a nucleo centrale del “metodo scientifico” poiché è alla base dei trial clinici. Per di più non riconoscendo che i risultati dei trial clinici possono benissimo essere fatti apparire come elefanti anche quando sono mosche [52]; e che le statistiche possono essere usate a scopo retorico [53] e per dire bugie [54]. Nelle scienze soft, e anche in medicina, la statistica sta svilendo la pratica scientifica, trascurando la modellizzazione concettuale a favore dei modelli empirici; un fisico ha fatto il paragone con una tribù che avendo trovato un cacciavite lo ritenesse l’unico strumento utile, anche per tagliare e come scalpello [55]. Dall’altro lato, si oscura il carattere probabilistico delle decisioni nella pratica medica, come si dirà a proposito dei danni al paziente da medicina difensiva. Le decisioni cliniche sono considerate avere il carattere deterministico di una formula della meccanica; o di una formula magica. Ai più suonano astruse e teoriche le parole di Kassirer, già editor del New England Journal of Medicine, quando critica la “nostra cocciuta richiesta di certezza diagnostica” tra le cause di quegli eccessi che vengono attribuiti alla medicina difensiva [56]. Si vuole essere “scientifici” con la “medicina basata sull’evidenza” [5,14] – che è tutt’altro che impermeabile a manipolazioni mentre fa da barriera al mercato – e allo stesso tempo si vuole l’off-label [57], che ne è la negazione e moltiplica, oltre che i danni alla salute e i profitti, le occasioni di richiesta di risarcimento. Si celebra la tecnologia, ma si è tecnologici a metà, la metà che fa aumentare i consumi: ci si guarda dall’allestire, sfruttando la tecnologia disponibile, sistemi di rilevazione e limitazione dell’errore medico a feed-back negativo del genere di quelli abbozzati sopra [58]; che porterebbero a una riduzione dei consumi. La tecnologia medica viene piuttosto fatta come sboccare da una mitologica cornucopia.

Queste mescolanze e contaminazioni, queste contraddizioni, delle quali si potrebbero fare tanti altri esempi, danno luogo a un chimerismo ideologico, a un eclettismo che si può chiamare “tecnognostico” [59] (anche se in certi casi sarebbe più appropriata la locuzione “meretricio intellettuale”). La medicina difensiva è un caso dell’eclettismo tecnognostico: il medico è uno scienziato, ma è anche un sacerdote che non va oltraggiato chiamandolo a rispondere legalmente degli effetti del suo ministero. L’esercizio della professione medica è, giustamente, limitato da leggi e regolamenti; come lo è l’immissione di farmaci e dispositivi medici; ma ai medici si riconosce sempre più una sacralità che fa comodo agli investitori. Mentre è in atto una frenetica corsa alla cosiddetta innovazione, cioè al lancio sempre più ravvicinato di nuovi prodotti merceologici, dalle caratteristiche sempre più incerte, al medico che li applica si riconosce sempre più quella stabilità, quella staticità che, ha osservato Ellul, è propria della magia, ed è una delle differenze tra magia e tecnica, sotto altri aspetti accomunate nelle credenze popolari.

A rendere possibile il regresso verso concezioni che credevamo superate, che danno luogo a questo ibrido dove la figura del medico ha l’immunità del uomo-medicina e il prestigio dello scienziato, è proprio ciò che avrebbe dovuto renderci moderni, la tecnologia; la fede in essa, e il conseguente “l’imperativo tecnologico”, del quale la medicina difensiva è stata riconosciuta essere una delle declinazioni [1,13]. L’imperativo tecnologico, sorto nel dopoguerra insieme all’uso della tecnologia come “endless frontier”, cioè come motore perpetuo della crescita economica, impone di usare quanta più tecnologia è possibile; e considera l’uso della più avanzata tecnologia come sinonimo della migliore medicina possibile. Ciò che può essere fatto deve essere fatto. La speranza di futuri progressi coincide con la speranza di nuove tecnologie. “Solo perché qualcosa è nuova e costosa non significa che funzionerà meglio dei metodi standard” ha osservato di recente un medico-avvocato statunitense; che evidentemente non teme di perdere clienti con questo avvertimento [6]: l’imperativo tecnologico risponde poco alle critiche razionali. Appare essere una credenza di tipo mistico, cieca ai limiti e ai pericoli della tecnologia. Un’idolatria di tipo nuovo nella storia umana: che ha per oggetto un’entità prodotta dagli uomini, che non è un puro simulacro ma incide sulla realtà; e che pare a tratti svincolarsi dalle mani che la creano, assumere una vita propria e sovrastare gli uomini con la sua potenza; come un Golem [60]. Da strumento, la tecnologia diviene padrone del medico, è stato osservato [13]. L’imperativo tecnologico è determinante, come si è detto, per il primato del positivo. L’imperativo tecnologico inoltre fa sì che paradossalmente si percepisca una sacralità nella figura del medico tecnologico; come desiderato da chi ne trae guadagno. “L’uomo trasferisce il senso del sacro proprio su ciò che ne ha distrutto l’oggetto, cioè sulla Tecnica” (Ellul). Scacciata la religione, la tecnologia prende il suo posto e ne veste le insegne.

L’idolatria della tecnologia permette di aggirare la razionalità; e con essa l’etica. La tecnica, detronizzato il sacro religioso e divenuta il nuovo sacro, si arroga anche funzioni di tribunale morale di ultima istanza. Come spiega Ellul, la “soppressione dei limiti” è “l’essenza stessa della tecnica” e “La tecnica, autogiudicandosi, si trova ormai libera da ciò che da sempre ha costituito l’ostacolo principale alle azioni dell’uomo: le credenze (sacre, spirituali, religiose) e la morale”. La tecnica non accetta di essere sottoposta a giudizio, ma decide essa stessa dei valori: “Una proposizione morale verrà considerata valida per un dato periodo solo se sarà conforme al sistema tecnico, se concorderà con esso.” [61]. Mentre mal sopporta di essere giudicata, la tecnica diviene fonte di diritto, di ciò che è “fas” e “nefas”, come per l’antico diritto sacro romano. In questo milieu culturale, la pretesa di scusare il consumo di tecnologie a danno del paziente, e di poter richiedere maggiore impunità, con la medicina difensiva; pretesa che, effettuando una modesta epochè, appare assurda e aberrante, viene accettata, fino a venire incorporata nel ragionamento giuridico dei magistrati.

Anche l’idea che la responsabilità del medico verso il paziente possa essere “extracontrattuale” contiene una paradossale ambiguità. Per illustrare la specificità del rapporto medico paziente è utile il seguente esempio [62]. Assistendo a una conferenza, non riuscite concentrarvi a causa di un forte mal di testa. Il vicino di posto vi offre una pillola contro la cefalea, che assumete. Ma il disturbo non migliora. La pillola era in realtà di zucchero. Quando però a dare lo stesso zuccherino fosse la stessa persona, ma che si presentasse come medico, all’interno di un ospedale, l’efficacia del trattamento, hanno mostrato studi sull’effetto placebo, migliorerebbe fino al 40%. Il medico non è un passante che dà un consiglio su come guarire. L’influenza psicologica che esercita per il solo fatto di rappresentare il ruolo è profonda. Inoltre non regala confetti, ma prescrive esami e trattamenti che hanno spesso effetti pesanti sull’organismo. I giudici di Milano vanno anche oltre nella divaricazione tra responsabilità giuridica e potere persuasivo, perché mettono insieme la responsabilità extracontrattuale e l’alleanza terapeutica. Cioè mettono una responsabilità generica a controllare atti medici compiuti sulla base di un legame di attaccamento eccessivamente forte, agganciato ai piani psicologici profondi del paziente. Anche i magistrati quindi concorrono nel delineare un rapporto medico-paziente allo stesso tempo più intimo per il paziente e meno vincolante per il medico. Come avviene tra il capo di una setta e un adepto. Il diritto smobilita, mentre è proprio nel caso del rapporto medico-paziente che dovrebbe dispiegare la sua potenza e sottigliezza, definendo e circoscrivendo tale rapporto con esattezza come un particolare tipo di contratto. Invece con queste semplificazioni non di grana fine contemporaneamente si riconosce al medico uno status castale di sacerdote, e le responsabilità di un quisque de populo che dice la sua.

Consentire ai medici di usare il pretesto della medicina difensiva è incompatibile con una concezione civile dei rapporti tra cliente e medico. Quest’ultimo deve infatti, dietro adeguato compenso, fare l’interesse del paziente. Non è scusabile che lo danneggi per favorire sé stesso. Ma mentre i poteri del business medico possono contare su una poderosa assistenza legale, che può produrre i più avanzati argomenti giuridici, i più astuti trabocchetti [57]; mentre la normativa sull’approvazione dei farmaci è una fitta vegetazione di scienza distorta e regole di comodo nella quale solo attori pachidermici possono muoversi senza restare impigliati, al medico si riconosce, culturalmente, anche da parte dei giuristi, quel tipo di autonomia che si riconosce allo stregone. Come lo stregone, il medico va assecondato. Essendo a priori una fonte di bene, é comprensibile che faccia un poco anche i propri interessi; per evitare i danni che possono derivare da ciò si deve cercare di non farlo inquietare; “altrimenti è peggio”. Non distinguendo tra il lecito interesse ad un equo corrispettivo per la prestazione professionale e lo applicare cure a proprio vantaggio, come si dirà. E’ facile per chi è nella posizione del mediatore tra il popolo e la divinità mettere a tacere timide critiche colpevolizzando chi le avanza per la sua poca fede. Così la medicina davanti all’accusa di badare al profitto può rilanciare, rispondendo con un’impudenza che non viene avvertita di essere obbligata a comportarsi così perché non la si lascia sufficientemente libera. L’impunità legalizzata del medico non solo trae forza dalla concezione sacrale della medicina; a sua volta alimenta la concezione sacrale della medicina, potenziando così il sistema che porta ai danni che si dicono di voler combattere. Del resto, la visione sacrale delle professioni che maneggiano valori etici ed emozioni non dispiace affatto alla cugina corporazione dei magistrati.

La medicina difensiva è una delle razionalizzazioni – una delle più sfrontate – di un sistema di credenze di tipo religioso sulla tecnologia biomedica; che è anche alla base di un business da migliaia di miliardi di dollari all’anno. Credenze in una fede che non dà quel che promette, ed è spesso nociva, ma che è divenuta ai nostri tempi una variante normale e comune dell’indispensabile bozzolo psicologico che consente di vivere nella realtà della vita senza angosce eccessive, facendo apparire rimpicciolite incertezze altrimenti terrorizzanti. Questa funzione è efficace quando si è sani; se ci si ammala i miti sulla potenza della tecnologia medica, messi alla prova dei fatti, sono spesso frustrati: il mito tecnologico porta ora a delusione e rabbia nei pazienti [1]. Sentimenti che il sistema provvede a neutralizzare e a mettere a frutto convogliandoli nell’industria delle cause per malasanità.

Si dirà che è normale e giusto che nel rapporto tra medico e paziente vi sia anche una dimensione non tecnica; e che questa non necessariamente inficia la dimensione tecnica. Il rapporto col medico non è lo stesso del rapporto con l’ingegnere dal quale ci si fa progettare una casa, ovviamente. Dovrebbe fare riflettere che il professore di igiene pubblica che ha progettato ed eseguito un grande studio statistico sull’efficacia dello screening per il tumore della mammella, con un follow-up di 25 anni [63], nel riferire al pubblico i risultati parli di “mito dello screening” [34]. Lo studio mostra che lo screening non ha ridotto la mortalità nelle donne tra i 40 e i 59 anni mentre ha aggiunto ad ogni 100 diagnosi corrette di cancro almeno altre 28 donne che ha etichettato falsamente e ha fatto curare come malate di cancro. Gli autori stimano che per ogni 100 donne alle quali è stato scoperto un cancro non palpabile, almeno altrettante, altre 100, siano state etichettate e trattate come affette dalla stessa malattia, che in realtà non avevano. Parlando di mito, di aspetti antropologici che favoriscono frodi, non si indulge dunque in ubbie filosofiche. Ci sono episodi che mostrano come, mentre si vuole far credere che la medicina sia basata sulla scienza, e non si curi di sofisticherie da umanisti o da parolai, le case farmaceutiche si avvalgono anche delle competenze di antropologi culturali; arrivando a fare in modo di carpire il parere dei maggiori specialisti quando devono lanciare un nuovo farmaco [62].

In sede di responsabilità giuridica, ci si aspetterebbe che i magistrati si sottraggano all’incantesimo e laicamente “tirino“ dalla parte di una visione contrattualistica del rapporto; controbilanciando così la tendenza interessata al rapporto di tipo religioso, che vede il medico come un onnipotente e un intoccabile. Appare qui invece che il magistrato reciti lo stesso credo delle persone comuni, e incorpori nella giurisdizione il timore reverenziale se non verso i medici verso la figura del medico. Timore reverenziale che favorisce illeciti e reati. Tra i quali va annoverata la stessa medicina difensiva, che non è solo una giustificazione, un pretesto.

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4. La medicina difensiva come danno economico

Si pensa che la medicina difensiva sia, solamente, uno spreco di risorse. La stima del costo annuale della medicina difensiva in USA nel 2003 variava tra i 60 miliardi di dollari, secondo il ministero della salute, e gli oltre 200 miliardi secondo la American Medical Association e un istituto di ricerca sulla politica sanitaria [64]. E’ considerata da alcuni il primo fattore di spreco. Appare che serva da capro espiatorio anche per il problema politico ed etico dei costi sempre crescenti, e sempre più spesso insostenibili, della medicina hi-tech. In realtà i primi fattori di spesa inutile, o dannosa, sono dati dalla sovradiagnosi, dai sovratrattamenti e dalla corsa ai prodotti innovativi. La medicina difensiva, isolatamente, è un fattore debole; e prima di essere ciò è un alibi per i fattori forti. Andrebbe tenuta presente la favola di Esopo sulla mosca che diceva di tirare l’aratro insieme al bue.

Questi “costi” contribuiscono però in parte ad accrescere il PIL. Gli economisti spiegano come ciò che è un costo per qualcuno può essere un beneficio per altri; in casi come questo, più che di costi bisognerebbe parlare di produzione e di trasferimento illeciti di ricchezza. I costi veri della medicina difensiva e del pacchetto di storture alle quali fa da paravento sono quelli sociali, cioè i danni iatrogeni e il danno da mancato utilizzo razionale di risorse mediche, e i costi di transazione delle cause giudiziarie, cioè il mancato utilizzo di risorse giudiziarie in attività più produttive. Non sono invece autentici costi quelli degli esborsi di medici e assicurazioni in caso di condanna: si tratta di trasferimenti di ricchezza, e ridurli non ridurrà i costi della medicina [65]. Oltre che un danno alla salute, può esservi anche un danno patrimoniale diretto per il paziente. Si riconosce una “financial toxicity” tra gli effetti collaterali delle nuove costosissime terapie oncologiche [66] e la medicina difensiva è citata tra le cause [67].

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5. La medicina difensiva come atto offensivo

Il pretesto della medicina difensiva aiuta ad aumentare i consumi medici, a non praticare l’astensione dai trattamenti quando è questa la scelta corretta e a sommergere la medicina utile sotto un diluvio di test diagnostici impropri, che sono il motore della iatrogenesi. Viene presa con filosofia dal pubblico. Ci si scherza su, v. la vignetta che riporto del sofisticato “New Yorker”. Viene spesso percepita come un eccesso di zelo, che non è sgradito al paziente ed è anzi a volte da questo apprezzato o assiduamente ricercato. Nel disporre sovradiagnosi o sovratrattamenti, i medici usano spesso espressioni come “per andare sul sicuro”, o “better to err on the safe side”; rese possibili dalla cultura del primato del positivo e dall’immagine del medico come guaritore. Avvocati, politici, medici pensano o sostengono che la medicina difensiva sia comunque benefica per il paziente. Al contrario, un’analisi formale ha dimostrato che i benefici potenziali della medicina difensiva sono sempre inferiori ai danni potenziali, e che quindi la medicina difensiva in media sarà dannosa per il paziente. La medicina difensiva inevitabilmente sacrifica gli interessi del paziente a favore di quelli del medico, e abbassa il livello qualitativo globale della medicina [2,47].

Il modello mostra come la medicina difensiva non sia una medicina in scienza e coscienza ma una medicina quanto meno imprudente, che nell’avvantaggiare il medico e l’industria medica danneggia il paziente. Il modello, è stato commentato, mostra anche come con la medicina difensiva il medico commetta una sorta di furto, appropriandosi di parte dell’utilità che era destinata al paziente [68]. Il modello mostra come la medicina difensiva di per sé sia già un oggettivo inadempimento; e come i medici con la medicina difensiva non rispettano l’obbligo dei fini nell’applicare la medicina. Con la medicina difensiva gli interessi personali del medico, al contrario di quanto previsto nel contratto col paziente, vengono inclusi tra i fini del gesto medico, a scapito degli interessi del paziente; e questa intrusione nei fini si traduce in un inadempimento dell’obbligo di mezzi. La medicina difensiva maschera un dolo sistemico, cioè derivato dall’assetto generale di una medicina, quella attuale, che nella sua ricerca del profitto accetta di esporre la salute del paziente a rischi, e più che evitare la iatrogenesi accetta di sfruttarla economicamente, in forme pilotate, cioè misurate in modo che siano non eccessivamente riconoscibili. I medici, aiutati a volte da dosi variabili di ignoranza e di falsa coscienza (e a volte nella sostanziale consapevolezza) accettano di farsi agenti di questi interessi. Assumendosi responsabilità che a me ricordano concetti come colpa con previsione, preterintenzionalità, dolo eventuale, dolo alternativo.

Andrebbe chiesto quali possibilità ha il paziente, sul quale viene sempre più addossato il peso delle scelte del medico, di rifiutare la medicina difensiva, nella poco probabile ipotesi che si renda conto di stare subendo un abuso e danno: come potrebbe il paziente mettersi a discutere col curante di cosa non fare, addentrandosi in temi che non può conoscere a sufficienza, e senza dover temere di offendere il medico, e venire tacciato di presunzione, sventatezza, ignoranza, scarsa fiducia, etc. E senza dover temere che il medico per ritorsione più o meno consapevolmente faccia andare male le cose, per fare vedere che la scelta del paziente era sbagliata. Purtroppo non si può escludere che possa accadere anche questo; ho descritto in una perizia un caso dove alcuni medici appaiono essersi comportati in questo modo con una paziente riottosa, favorendo le posizioni di colleghi di un altro ospedale in una non nobile diatriba medico-giudiziaria che ha avuto risonanza nazionale. Il medico sostiene di “difendersi” perché minacciato, ma è lui che approfittando dello stato di dipendenza (reso più efficace dalla alleanza terapeutica) mette il paziente sotto il ricatto “o così o non andiamo d’accordo”. C’è del vero nel sostenere che il medico è a sua volta sotto ricatto, da parte dei “big players”; ma nel caso del medico il ricattato trae ampi vantaggi dal cedere, e dal farsi socio col ricattatore, facendosi suo tramite. Mentre il paziente è sostanzialmente indifeso; e lo è tanto più se si nega che vi sia un contratto tra lui e il curante.

Anche qui pesano i fattori culturali. La medicina difensiva è una manifestazione dell’imperativo tecnologico, la forma religiosa dei nostri tempi che placa le ansie sulle incertezze del nostro futuro. Aspetto importante, l’imperativo tecnologico oltre che ad alleviare le ansie del paziente tende a ridurre quelle dei curanti riducendone la responsabilità: la responsabilità viene trasferita alla tecnologia [13]. In questi termini, l’uso della tecnologia deresponsabilizza mentre favorisce l’irrazionale. Talvolta la convinzione, il trasporto, coi quali i medici difendono l’uso improprio e dannoso della tecnologia che prescrivono appare come un sincero abbandono alla “possessione tecnologica” [13]; che potrebbe ricordare quella degli antichi oracoli alla divinità. Al contrario, si dovrebbe riconoscere che la tecnica è un sacro che “desacralizza gli uomini” (Ellul); e che gli strumenti tecnologici, che hanno spesso effetti potenti e inattesi, non sollevano da responsabilità ma al contrario devono imporre maggiore razionalità e responsabilità nella loro applicazione [13,69].

Mentre si pretendono dal pubblico conoscenze che non è tenuto ad avere, e che difficilmente si possono acquisire in forma valida senza lungo studio ed esperienza pratica, mentre lo si esorta a farsi indottrinare dal marketing tacciandolo di “analfabetismo scientifico “, lo si mantiene in uno stato di ignoranza degno di una dittatura facendogli credere che è ovvio e indiscutibile che eseguire un test clinico “per sicurezza” sia una cosa buona. In realtà la decisione va soppesata attentamente. A un test, e alle terapie eventualmente conseguenti, sono associate, con varie probabilità, delle utilità, che assumono valori diversi a seconda delle circostanze, e possono essere sia positive che negative; dalla somma algebrica delle varie utilità, ciascuna pesata per la relativa probabilità, si ottiene l’utilità attesa. Che può anche essere negativa: il test e il trattamento possono essere più dannosi che utili. Esempio per assurdo, è lapalissiano che l’autopsia, pur rappresentando in genere un gold standard, non è praticabile come esame clinico. Discorso analogo per i programmi preventivi: la castrazione riduce la probabilità di eventi cardiovascolari, ma ad un costo inaccettabile. Nella pratica si verificano situazioni dove l’utilità è negativa es. perché la probabilità di malattia è bassa, la malattia è poco curabile e le probabilità del danno da test, da falso positivo e da trattamento sono alte. Se si fa un test senza buona ragione, “per difesa”, è molto più probabile che se positivo lo sia falsamente, che non quando lo si fa perché il quadro clinico lo richiede. Questa secondo Deyo e Patrick “dovrebbe essere considerata una verità inalterabile, come la legge di gravitazione” [1]. “Per difesa” si arriva a mettere persone sane sul nastro trasportatore che alimenta la grande macchina della medicina industriale; un “giro” che, anche quando la persona ne esce, appare come un contrappasso crudele alla ingenua colpa delle credenze di tipo religioso sulla medicina.

Per comprendere la pericolosità insita nell’eseguire esami diagnostici senza reale necessità si può compararli a un gioco d’azzardo, nel quale la prospettiva di ricevere una fortuna fa perdere di vista la possibilità di rimetterci o di rovinarsi. Si dovrebbe considerare la differenza tra giocare e vincere, e tra utilità condizionale, che è quella che viene percepita, e utilità attesa, che invece è quella che si dovrebbe considerare. L’utilità percepita, in realtà utilità condizionale, di vincere un terno al lotto è data dal suo coefficiente di vincita, che è pari a 4250: una vincita “ingrossa” il denaro investito nella giocata di 4250 volte. Ma, poiché la probabilità che ciò avvenga è di 1 su 11748, l’utilità attesa del terno al lotto è di perdere in media nel lungo periodo circa i due terzi del capitale investito.

I percorsi diagnostici e terapeutici vanno applicati solo quando “il gioco” è a rendimento vantaggioso, cioè l’utilità attesa è positiva. Es. un nonno può fare una lotteria ai nipotini, nella quale devono indovinare quale delle sei facce esce al lancio di un dado. Il nonno paga 12 volte la posta. Il prodotto del coefficiente di vincita 12 e della probabilità di evento favorevole 1/6 dà un rendimento di 2. In media per ogni euro giocato i nipotini ne vinceranno 2. Ci sono circostanze e percorsi diagnostici che hanno un utilità attesa per il paziente simile a quella disegnata dal nonno per i nipotini, e altri che non solo hanno l’utilità attesa svantaggiosa tipica dei giochi d’azzardo, ma impongono di fare puntate elevate, es. di giocarsi la casa (la salute) con la prospettiva di vincerne migliaia (di salvarsi da grave malattia). Il nonno dovrebbe fare capire ai nipotini questa differenza tra miraggio e realtà, passando a pagare la vincita 6 volte la posta, e poi 3 volte; mostrando come il premio prospettato possa essere ingannevole, sembrando comunque allettante quando a conti fatti giocare è svantaggioso.

Si comprende quindi come si sia osservato che i test diagnostici difensivi sono test offensivi [48]. Che l’aggiunta di test diagnostici, il cercare di raccogliere quante più informazioni possibile sullo stato del paziente usando gli imperfetti mezzi disponibili, non è necessariamente un rafforzamento del processo diagnostico ma paradossalmente può costituire un peggioramento delle cure [70]. E come pertanto si sia proposto, da cattedre dell’ortodossia medica, di regolamentare i test diagnostici, e di non lasciarli liberi come qualcosa di invariabilmente positivo [71].

Al gioco d’azzardo, invece di contrastarlo, e di scoraggiarlo (magari obbligando ad apporre su ogni macchinetta mangiasoldi il suo rendimento, con una scritta ben visibile del tipo “Questa macchina ha un rendimento dello 0.xy. Fa perdere z euro per ogni 10 euro giocati”), si è aggiunta l’industria delle “ludopatie”. Anche nel caso della medicina si lascia che il banco gestisca giochi sulla salute a rendimento svantaggioso. E si lascia inoltre che sugli effetti di tali giochi si sovrapponga l’industria della malasanità, e poi la medicina difensiva, le assicurazioni, le conseguenti richieste di impunità etc. Si lasciano cioè operare, e si aiutano, meccanismi moltiplicativi, di feedback positivo, propri del business; e propri dei meccanismi patogenetici [58]. Circoli virtuosi per gli investitori, circoli viziosi per la salute delle persone. Le incastellature così costruite sono tenute in piedi da contrafforti ideologici ai quali contribuiscono anche coloro dai quali ci si aspetterebbe il contrario.

Su un piano meno formale, in un manuale rivolto ai pazienti su come evitare diagnosi sbagliate e test non necessari [72] due medici spiegano che il considerare sempre il “worst case scenario”, la peggiore delle ipotesi, rassicura il paziente ma può risolversi in un danno. Gli autori invitano a distinguere tra il tenere presente il worst case scenario e il farne “per sicurezza” l’unico ragionamento, strategia che definiscono un tranello nel quale non cascare; statisticamente farà più male che bene. Il paziente può credere che la medicina difensiva sia anche buona medicina. Ma la medicina difensiva è altro dalla “careful medicine”, “medicina attenta” cioè diligente e prudente [73].

Secondo alcuni, nella pratica medica quotidiana è all’opera anche un bias cognitivo, che spinge a dare maggior peso nella clinica alle informazioni ottenute tramite esami che alle informazioni delle quali si è già in possesso [74]. Certo è controintuitivo, soprattutto nella “era dell’informazione” il considerare che in determinate circostanze è razionale e utile al paziente rinunciare ad acquisire altra informazione. Ma superare l’istinto e i condizionamenti culturali e operare secondo ragione è parte di quelle capacità che dovrebbero contraddistinguere un professionista. Il comportamento dei medici è spesso ben lontano da dubbi e dilemmi del genere: “purtroppo i medici sono colpevoli di usare trattamenti o test che ‘dovrebbero funzionare’ molto prima che ci sia alcuna evidenza che funzionino davvero” [1]. Per un nodo essenziale come questo, al quale sono stati condotti dall’intricatezza della medicina tecnologica, i medici non esigono direttive ufficiali, linee guida serie e oneste, per il corretto trattamento; accontentandosi di quelle commerciali, che favoriscono l’errore a vantaggio del medico liberandolo da responsabilità [5,14].

Gli esami “per stare sul sicuro” causano danni indirettamente, aumentando i falsi positivi, che portano a trattare persone sane; causando quindi danni costituiti a) dalla terapia stessa, es. l’ablazione di un organo sano, come la prostata [41]; b) dall’esposizione agli effetti avversi delle terapie, come quelli dei chemioterapici; nel 1999 in USA le reazioni avverse ai farmaci hanno costituito la quinta causa di morte, superiore agli incidenti d’auto. c) dalle conseguenze psicologiche, sociali e comportamentali dell’etichetta di malato e della prognosi. Gli esami fatti “per sicurezza” possono inoltre essere nocivi direttamente. A volte per complicazioni che si verificano in una minoranza di casi, e sono apparenti o rilevabili, come quelle che possono essere le complicazioni emorragiche di una biopsia epatica. Ma in altri casi la iatrogenicità può essere inevitabile e subdola. Non è percepito dal pubblico – e, studi mostrano, neppure da molti medici – che le TAC, che secondo stime ufficiali per un terzo non sono necessarie, aumentano considerevolmente, data l’esposizione ad alte dosi di radiazioni ionizzanti, il rischio di cancro [75]. Nell’attuale medicina, con le sue procedure ad alto rischio e la sua devozione all’imperativo tecnologico, la medicina difensiva innesca spesso effetti negativi a cascata [76]. Una sequenza di interventi che possono portare anzitempo una persona sana sul tavolo della sala settoria.

Con la medicina difensiva non solo si ottengono vantaggi ingiusti e profitti illeciti per chi la pratica e per i fornitori di prodotti; e non solo si sottraggono risorse a forme utili di assistenza sanitaria; ma, quel che è peggio, si danneggia la salute delle persone. La medicina difensiva, portando a cure non necessarie, è una medicina che uccide. Il governo USA nel 1974 valutava in 16000 i morti all’anno causati dai 2.4 milioni di interventi chirurgici non necessari [77]. E’ stato valutato che i vari problemi indotti da cure mediche, cioè iatrogeni, costituiscano nel loro insieme la terza causa di morte [78], dopo il cancro e prima dell’ictus. Non si dovrebbero lesinare le misure per contrastare i comportamenti volontari che contribuiscono a ciò, come la medicina difensiva. I magistrati dovrebbero riconoscere le gravi conseguenze della medicina difensiva, e controbilanciare una situazione squilibrata. Hanno gli strumenti concettuali per riconoscere che in medicina i dati negativi e positivi, la predizione negativa e positiva, hanno pari valore epistemologico ed etico; che le astensioni deliberate sono cosa diversa dalle omissioni: sono azioni, non solo lecite ma doverose, se del caso. E che l’intervenire può essere invece un omettere colpevolmente dal quadro parte dei fattori che vanno considerati. I magistrati dovrebbero non favorire ma contrastare il bias verso il positivo, che penalizzando il decidere di non intervenire provoca sovratrattamenti; e dovrebbero perseguire anche la medicina difensiva per sé, come un illecito di pericolo, una oggettiva inadempienza che con elevata frequenza si trasforma in un ingiusto danno, a volte dalle gravi e irreparabili conseguenze; inclusa la medicina difensiva che per evitare “rogne” non interviene quando invece dovrebbe; preferendosi una comoda routine. O come minimo, ciò dovrebbe essere noto e chiaro in sede di elaborazione giuridica teorica. Questi illeciti vengono invece aiutati, nella prassi e nella teoria, accettando la versione di chi li commette e accordando impunità.

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6. Le preferenze del paziente

Abbiamo già visto come è difficile per i pazienti evitare la medicina difensiva agendo in prima persona; oltre che essere ingiusto, in quanto ciò dovrebbe essere un preciso dovere del medico. La strada per conformarsi alla medicina difensiva è invece in discesa, essendo aiutata anche da un altro argomento collaterale, quello dell’autonomia del paziente, e della “libertà di cura”: anche se l’esame o la terapia non sono nel suo migliore interesse, il paziente avrebbe comunque un diritto ad accedere a cure che gli danno “speranza”. Una tesi che ha a che fare col consenso dell’avente diritto. In genere l’argomento viene supportato mostrando casi dove nessuna delle alternative è dominante sulle altre. Diversi pazienti chiedono di loro iniziativa esami diagnostici e terapie, e c’è una tendenza dei medici ad acconsentire anche quando non sarebbero d’accordo [79]. Nel caso dei pazienti che chiedono antibiotici per il raffreddore, i medici tendono a trovare sintomi o a porre diagnosi che giustifichino la prescrizione [80]; il loro successivo addossare ai pazienti la colpa di questo uso improprio degli antibiotici è stato definito “disingenuous” [78].

La spinta per le libere preferenze del paziente e per la libertà di cura è complementare alla pubblicità direct-to-consumer, che in quasi tutti i paesi è vietata; o meglio, assume le forme attenuate e mascherate della divulgazione, delle rubriche di medicina, del continuo bombardamento mediatico su risultati di ricerca che vengono presentati al grande pubblico come favolose “speranze” quando non di rado dovrebbero essere discussi tra gli addetti come mezzi fallimenti, o fallimenti totali. Uno dei due paesi nei quali la pubblicità medica direct-to consumer è consentita è la Nuova Zelanda, dove vige il sistema no-fault; l’altro sono gli Stati Uniti.

E’ a dir poco ingenuo considerare il paziente come una variante dell’homo oeconomicus, perfettamente informato, quando spesso neanche i medici conoscono bene gli effetti sullo stato di salute complessivo del paziente del segmento di cure di cui si occupano. Certo non è per ingenuità che si cerca di appioppare al paziente il caveat emptor. Il paziente non può inventarsi in un istante competenze mediche. Inoltre, sotto pressione psicologica per il timore della malattia, e spesso irretito dalla propaganda, può chiedere ciò che lo danneggia. Studi mostrano che i pazienti più soddisfatti per avere ricevuto più cure vengono ricoverati più spesso, senza averne vantaggi in salute [81] o peggiorando rispetto agli scontenti non trattati [82]. In un recente studio i pazienti più soddisfatti sono risultati avere, insieme a maggiori tassi di ospedalizzazione e a costi maggiori, una mortalità più alta del 26% [83]. I crimini dei colletti bianchi hanno la caratteristica della “invisibilità”; e la vittima può rimanere non consapevole di avere subito un danno [84]; la medicina permette che il truffato concorra alla frode a suo danno, fino a pretenderla. Arrivando a fare causa per ottenere di subirla; a fare causa perché gli viene negato di venire truffato a danno della sua salute. Ci sono stati casi in USA di pazienti che, vistisi negare dalle assicurazioni un nuovo trattamento hi-tech per la cura del cancro, propagandato dalla medicina ufficiale come risolutivo, ma in realtà di non provata efficacia, tossico e costosissimo, hanno ottenuto dai giudici di ricevere il trattamento. Venendo dipinti dai media come paladini della libertà di cura. Il trattamento successivamente è stato ritirato come dannoso (dopo essere stato applicato su 42000 donne, per un fatturato di 3.4 miliardi di dollari) [85]. Il caso ha però contribuito a inculcare nel pubblico il concetto fintamente progressista di “libertà di cura”. (Il caso ha analogie con quanto è avvenuto da noi per Stamina [30]). Anche il consenso informato non è autentica manifestazione della volontà del paziente: studi hanno mostrato che si basa spesso su un’informazione incompleta, e che è più un persuadere il paziente raccomandandogli l’intervento piuttosto che un esporre adeguatamente i rischi e i benefici [1].

Queste storture sono un’ulteriore ragione per cui il diritto dovrebbe intervenire anatomizzando la complessa natura del contratto che si instaura tra medico e paziente; invece che aiutare a svicolare verso l’extracontrattuale. In tema di responsabilità, il corretto rapporto tra medico e paziente corrisponde a quello contrattuale “agente-principale”. Dietro adeguato compenso, il medico agisce per conto del paziente, nel suo migliore interesse. Decidendo non solo su cosa è bene fare, ma – altrettanto importante – su cosa è bene non fare. Il medico è il reale acquirente e consumatore di prodotti medici [86], e anche per questo è il responsabile della tecnologia medica applicata al paziente; e ne resta responsabile anche quando non sceglie direttamente ma orienta le scelte che si vogliono addossare al paziente, o acconsente ai dettati del paziente. Se non ci fossero gli interessi venali e la propaganda, e al netto del tenere conto delle preferenze soggettive del paziente fatta salva la sostanza, i dissidi forti tra medici e pazienti sulla condotta clinica sarebbero casi di scuola o poco più.

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7. L’obbligo dei fini e la legalità come finestra

Il “primum non nocere”, espressione attribuita a Ippocrate ma coniata nel 1860, ha retto per circa un secolo come il primo precetto dell’etica medica. Ora è stato retrocesso, da a una medicina che nei fatti è disposta a nuocere pur di ottenere profitto [41]. Ai primi del Novecento in USA la chirurgia non necessaria era definita come “criminal behavior”. Fino agli anni ’70 era tra le comuni fattispecie delle cause per malpractice. Poi, anche grazie a una campagna dell’American Medical Association, si passò a considerarla un atto negligente piuttosto che criminale [78]. Oggi mentre si praticano su larga scala cure inappropriate si piangono lacrime di coccodrillo con la medicina difensiva; e in suo nome anche i magistrati promuovono e soddisfano la richiesta di impunità.

La medicina difensiva è un pretesto per commettere illeciti, che danneggiano il paziente; ed è essa stessa un oggettivo inadempimento, che configura responsabilità più gravi, dato che come si è detto scegliendo di applicarla il medico statisticamente provoca un danno alla salute dei pazienti, a proprio vantaggio. I giudici di Milano dicono di voler evitare che l’obbligo di risultato “inquini” l’alleanza terapeutica (mentre l’industria medica spende ogni anno diverse decine di miliardi di dollari in marketing, cioè per favorire il clima che porta all’alleanza terapeutica, e per inquinarla con false illusioni sui risultati). Ma ignorano il problema della decadenza dell’obbligo dei fini: l’inquinamento dei fini delle cure – l’utilità per il paziente – con le utilità per il medico; e le ripercussioni negative, volontarie, sui mezzi ai quali il medico è obbligato. Anzi favoriscono l’istituzionalizzazione dell’inquinamento dei fini facilitando l’oggettivo inadempimento costituito dalla medicina difensiva, col passaggio alla responsabilità extracontrattuale. I magistrati di Milano non scusano la medicina difensiva, ma neppure la trattano come un illecito che scusa illeciti, e come parte integrante del sistema fraudolento che ha un peso importante nel generare le lamentele e i danni di cui si occupano; e la accettano come argomento a supporto della richiesta di maggiore impunità (per di più facendola derivare dagli effetti sul paziente dell’alleanza terapeutica). Il fatto che affermino tutto ciò riconoscendo una potenziale pericolosità della medicina difensiva, e quindi la minaccia che contiene, aggrava il quadro. La medicina difensiva non può fare parte delle considerazioni a favore dell’alleggerimento della responsabilità professionale. E’ un illecito in sé, che va contrastato attivamente. Per contrastare la medicina difensiva, e ciò che copre, occorre rincalzare il rapporto medico paziente entro la forma del contratto giuridico. Pensare di contrastarla addirittura considerando extracontrattuale la responsabilità del medico è un difendere il pollaio accontentando la volpe nella sua richiesta di essere messa a guardia. Non ci si dovrebbe piegare alle pretese ricattatorie di grandi interessi illeciti, sperando, contro l’evidenza e la logica, che conferendo loro maggiore immunità cessino di sottrarre utilità al paziente a loro vantaggio. Non si può accettare che i ragionamenti abnormi e interessati di chi è in una posizione di forza arrivino, percolando tortuosamente attraverso il ragionamento giuridico, a divenire Legge.

Discuterò in un futuro articolo, sull’alleanza terapeutica, i vari risvolti di quanto esposto, es. come l’ideologia individualista e la sua trasposizione nella pratica medica portino a una medicina che è, sul piano puramente tecnico, biologico, svantaggiosa proprio per il singolo paziente. Si può già dire che la sentenza dei giudici di Milano si iscrive in un movimento più ampio, globale, a favore dell’impunità in medicina. La magistratura sta avendo un peso crescente nell’industria medica. Da un lato i magistrati stanno assumendo le vesti del medico e del ricercatore: lasciano, o favoriscono, che siano le sentenze o gli interventi giudiziari a scrivere pagine nuove – ed errate – di medicina [4]; accettando che il potere dei casi giudiziari di influenzare l’opinione pubblica sulla medicina, potere molto più forte di quello della scienza da sola [87], sia sfruttato a fini di marketing. Dall’altro lato i magistrati abbandonano le navi delle quali sono capitani: si degrada la responsabilità professionale a extracontrattuale, quando poche tra le relazioni tra persone si gioverebbero di un’applicazione attenta e accurata dei concetti e dei principi del contratto giuridico quanto quella tra medico e paziente. Soprattutto nella situazione attuale.

La medicina difensiva è una sorta di depistaggio, uno scaricare tutte le responsabilità su uno dei componenti minori della banda. I magistrati mostrano ancora una volta una forte vulnerabilità al depistaggio, quando questo è a favore di interessi molto grandi, soprattutto sovranazionali. Come in diversi altri casi [4] i magistrati appaiono vedere il problema da un punto di vista non neutrale ma più vicino a quello di poteri forti. La loro interpretazione sviluppa il decreto Balduzzi; che, illogicamente, già concede una licenza di danno a chi ha applicato le linee guida cliniche, cioè i dettami dell’industria; spesso esse stesse volte a interessi commerciali e dannose per il paziente [5,14]. I giudici di Milano e gli altri magistrati che condividono la sentenza si trovano sulle stesse posizioni di personaggi che sono espressione di quei gruppi di potere che si occupano di regolare a vantaggio di interessi forti l’andamento generale della società: G.W. Bush all’epoca della sua presidenza [88], e un alto magistrato in odore di massoneria “deviata” che ha dovuto lasciare l’ordine giudiziario [89]. Il trasferimento grezzo dell’onere della prova dal medico al paziente echeggia la definizione di “chirurgia appropriata” prodotta dalla RAND Corporation, il noto think tank finanziato anche all’industria medica. La definizione della RAND in pratica considera una procedura chirurgica appropriata a meno che non si provi il contrario [78]. Nonostante che molte procedure chirurgiche in uso non siano state neppure testate con trial clinici. Si vede come “evidenza” voglia nei fatti dire “presenza” e non “prova scientifica”. La “evidenza” è intesa non, come dovrebbe essere, in senso epistemologico, ma in senso ontologico. Ciò è un esempio di come agli interventi giudiziari sulla salute corrisponda una “responsabilità ontologica” dei magistrati [90]. Il criterio della RAND protegge il medico, tanto più data l’asimmetria nelle informazioni scientifiche e dottrinarie causata dal primato del positivo, di cui si è detto. Anche il caso della casa di cura S. Rita – un caso che sta al sovratrattamento industriale come il tagliare male una partita di droga, e guastare così la piazza, da parte di piccoli pusher, per fare la cresta, sta al traffico internazionale di stupefacenti [91] – ha contribuito ad affermare l’assunto che se la chirurgia non è dimostrabilmente deviante, come lo era, in maniera comprensibile anche a un bambino, quella della S. Rita, allora è appropriata.

I magistrati sono anch’essi soggetti all’influenza della temperie culturale. Ma non appaiono mostrare la minima consapevolezza delle ingiustizie che incorpora, dei reati che favorisce. Appaiono invece farsi promotori dell’ideologia che la alimenta. “Le imprese tecnoscientifiche non partono da una domanda, ma da una risposta che deve essere poi sostanziata, da una promessa che deve essere mantenuta” [37]. Chissà se i magistrati colgono, o se vogliono cogliere, in questa frase, che riassume icasticamente la “funzione salvifica della tecnoscienza”, le possibili valenze truffaldine dell’ideologia tecnologica, dalla quale derivano anche i sovratrattamenti e la medicina difensiva.

Il Sole 24 ore, organo di Confindustria, conclude l’articolo sulla sentenza [3] chiedendo che sia il legislatore a riconsiderare la responsabilità professionale del medico; “coniugando” “l’esigenza universale di tutelare la salute con quella di compiere scelte economicamente e socialmente sostenibili”. Come detto, il “non nocere” non è più al primo posto; e ora lo si obbliga ad accoppiarsi con altre esigenze. Nello stato attuale, la medicina onesta non è economicamente sostenibile; la frode a danno del paziente, legalizzata e non punibile, è economicamente indispensabile. Le frodi mediche strutturali sono state inserite a pieno titolo nel sistema economico legale, fino a divenirne travi portanti [92]. La medicina difensiva fa parte di un gruppo di illeciti legalizzati che mantengono e fanno crescere l’economia legale, e sono quindi protetti. L’implacabile avidità del business medico ha bisogno di impunità, più che mai oggi, mentre cresce la corsa alla “innovazione” e alla riduzione dei controlli su sicurezza, efficacia e costi. In questi casi i giudici non applicano l’art. 41 della Costituzione sui limiti etici all’attività economica. Ma un articolo non scritto, parallelo all’art. 499 C.P. sui reati contro l’economia, per il quale è chi ostacola la commissione dei reati commessi a favore del business che va perseguito [93]. Viene tutelata una legalità che è legalità non come soglia, ma come finestra [94]; dove anche il superare la soglia superiore, cioè il rifiuto e la denuncia dei reati funzionali a grandi interessi privati è, secondo un codice che non viene mostrato, illegale. Nelle aree della vita sociale dove il mondo è ruotato, e le speculazioni sulla salute a danno della salute divengono “difesa”, gli addetti alla giustizia tendono a ruotare la legalità nello stesso verso; fino ad applicarla al contrario. Crimini come quelli qui descritti vengono protetti dai poteri dello Stato con argomentazioni giuridiche più o meno complesse; e anche per le vie brevi, con metodi analoghi, o identici, a quelli che la borghesia mafiosa applica a favore di quella mafia che politici, magistrati e polizia sempre agitano e mai sconfiggono, usandola come alibi e diversivo per questo genere di lavori. Soprattutto in Lombardia.

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Note

[1] Deyo RA, Patrick DL. Hope or hype. The obsession with medical advances and the high cost of false promises. Amacom, 2005.

[2] DeKay ML, Asch DA. Is the defensive use of diagnostic tests good for patients, or bad? Med Decis Making, 1998. 18:19.

[3] Ferrarella L. Rivoluzione in corsia. Il paziente deve provare l’errore del medico. Corriere della Sera, 13 ott 2014. Occorsio V, Pittella D. Medici, solo il legislatore può frenare interventi diversi. Sole 24 ore, 15 ott 2014.

[4] Nuove P2 e organi interni. https://menici60d15.wordpress.com/2011/12/08/nuove-p2-e-organi-interni/

[5] L’industria della malasanità. In: L’irresponsabilità della medicina in franchising. https://menici60d15.wordpress.com/2012/11/30/lirresponsabilita-della-medicina-in-franchising/

[6] Crane M. Malpractice dangers of new medical devices. Medscape, 30 ott 2014.

[7] Il salasso ieri e oggi. La sinergia tra malattia e terapia. https://menici60d15.wordpress.com/2012/01/15/il-salasso-ieri-e-oggi-la-sinergia-tra-malattia-e-terapia/

[8] Hoffman JR, Kanzaria HK. Intolerance of error and culture of blame drive medical excess. BMJ, 2014. 349: g57.

[9] Welch HG et al. Overdiagnosed. Making people sick in the pursuit of health. Beacon Press, 2011.

[10] Brownlee, S. Overtreated. Why too much medicine is making us sicker and poorer. Bloomsbury, 2007.

[11] Hadler, NM. Worried sick. A prescription for health in an overtreated medicine. University of North Carolina Press, 2008.

[12] Hoffman JR, cit. Vedi citazioni 1-5.

[13] Hofmann B. Is there a technological imperative in health care? International Journal of Technology Assessment in Health Care, 2002. 18: 675.

[14] La corruptio optimi nel liberismo. Le linee guida cliniche e il decreto Balduzzi. https://menici60d15.wordpress.com/2012/10/21/la-corruptio-optimi-nel-liberismo-le-linee-guida-cliniche-e-il-decreto-balduzzi/ franchising

[15] Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico. https://menici60d15.wordpress.com/2013/01/29/per-cosa-e-morto-pantani-lo-sport-e-il-marketing-farmaceutico/

[16] McKee S. Uproar as doctors get £55 per dementia diagnosis. World news, 23 ottobre 2014.

[17] Is paying UK GPs 55 £ for diagnosing dementia a good idea? Blog Doc2doc, 22 ott 2014.

[18] McKee S. Doctors Rally against dementia diagnosis cash scheme. Pharmatimes, 6 nov 2014.

[19] Anche l’AIFA entra nella squadra internazionale anti-demenze. Healthdesk, 12 nov 2014.

[20] Gupta S. More treatment, more mistakes. NY Times, 31 lug 2012.

[21] Eappen S. Relationship between occurence of surgical complications and hospital finances. JAMA, 2013. 309: 1599.

[22] Hoffman JR, cit. Vedi citazioni 13-18.

[23] Cunningham W, Dovey S. Defensive changes in medical practice and the complaints process: a qualitative study of New Zealand doctors. NZ Med J, 2006.119:U2283.

[24] Mechanic D. Some social aspects of the medical malpractice dilemma. Duke Law Journal, 1976. 1179.

[25] Huang H, Soleimani F. What happened to no-fault? The role of error reporting in healthcare reform. 10 Houston Journal of Health Law & Policy, 2009.

[26] I cancri che non sono cancro. https://menici60d15.wordpress.com/2013/10/09/i-cancri-che-non-sono-cancro/

[27] Brenner HR. Why defensive medicine won’t go away … and might become worse. Medscape, 19 apr 2011.

[28] Hoffman JR, cit. Vedi cit. 21-26

[29] Callahan D, Nuland S. The Quagmire. The New Republic, 9 giugno 2011, 16.

[30] Stamina come esca per le frodi della medicina commerciale. https://menici60d15.wordpress.com/2014/05/04/stamina-come-esca-per-le-frodi-della-medicina-ufficiale/

[31] Rose H, Rose S. Genes, cells and brains. The promethean promises of the new biology. Verso, 2013.

[32] Skrabanek P. False premises false promises. Tarragon press, 2000.

[33] James Lind Alliance, 9 feb 2012. Recensione di: Gotzsche PC. Mammography screening: truth, lies and controversy. Radcliffe Publishing, 2012. Il libro riporta numerosi casi di messa in pratica della “bugia a fin di bene”.

[34] Miller AB. The screening myth. Project syndacate, 7 nov 2014.

[35] Wilson C. Critics say wider breast screening trial “unethical”. New Scientist, 10 nov 2014.

[36] Biller-Andorno N, Juni P. Abolishing mammography screening programs? A view from the Swiss Medical Board. New Engl J Med, 2014. 370: 1965.

[37] Benessia A, Funtowicz S. Ottimizzare, sostituire e sconfiggere. I proiettili d’argento dell’innovazione. In: Jasanoff S et al. L’innovazione tra utopia e storia. Codice, 2013.

[38] Sovradiagnosi. https://menici60d15.wordpress.com/sovradiagnosi/

[39] I cancri che non sono cancro. https://menici60d15.wordpress.com/2013/10/09/i-cancri-che-non-sono-cancro/

[40] Chustecka Z. Now Canada says don’t use PSA test for cancer screening. Medscape, 27 ott 2014.

[41] Sovradiagnosi I. Come la medicina nuoce. https://menici60d15.wordpress.com/2012/04/12/sovradiagnosi-i-come-la-medicina-nuoce/

[42] Ioannidis JPA. Why most published research findings are false. Plos medicine, 2005. 2: e124.

[43] Tebano E. Lo scienziato italiano che scopre i falsi dei colleghi. Corriere della Sera, 17 novembre 2014.

[44] Scheff, T. J. (1984). Being mentally ill: a sociological theory. New York, Aldine Pub. Co.

[45] The production of autism diagnoses within an institutional network: towards a theory of diagnosis. Natasha Toni Rossi . Ph. D Thesis, Columbia University, 2012.

[46] L’autismo ai tempi dell’individualismo. https://menici60d15.wordpress.com/2014/04/03/lautismo-al-tempo-dellindividualismo/

[47] Mathieu, S. Comparison of registered and published primary outcomes in randomized controlled trials. JAMA, 2009. 302: 977.

[48] DeKay ML, Asch DA. Offensive testing-the balancing act, the evil twin, and the pure play. Med Decis Making 1998; 18: 35.

[49] Inadequacies in the knowledge base of surgical practice. In: Sharpe VA, Faden AI. Medical harm: historical, conceptual, and ethical dimensions of iatrogenic illness. Cambridge University Press, 1998.

[50] Pomata G. Contracting a Cure: patients, healers, and the law in early modern Bologna. J Hopkins University Press, 1998.

[51] Szaz T. The Second Sin. Routledge, 1974.

[52] Simon, Sd. Statistical evidence in clinical trials. Mountain or molehill, what do the data really tell us? Oxford University Press, 2006.

[53] Battersby M. The rethoric of numbers: statistical inference as argumentation. University of Windsor. Informal logic @25, 14 mag 2003.

[54] Hooke B. How to tell liars from the staticians. Dekker, 1983.

[55] Taagepera R. Making social sciences more scientific. The need for predictive models. Oxford University Press, 2008.

[56] Kassirer JP. Our stubborn quest for diagnostic certainty. NEJM, 1989. 320: 1489.

[57] Sulle regole per la Roche. https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/30/sulle-regole-per-la-roche/

[58] Sovradiagnosi III. Parodia e antiomeostasi nella medicina commerciale. https://menici60d15.wordpress.com/2012/07/07/sovradiagnosi-iii-parodia-e-anti-omeostasi-nella-medicina-commerciale/

[59] Davis E. TechGnosis: myth, magic and mysticism in the age of information. Harmony Books, 1998.

[60] Collins H, Pinch T. Dr. Golem. University of Chicago Press, 2005.

[61] Ellul J. Le systeme technicien. Calman. Levy, 1977.

[62] Cracked. Why psychiatry is doing more harm than good. Icon books, 2013.

[63] Miller AB et al. Twenty five year follow-up for breast cancer incidence and mortality of the Canadian National Breast Screening Study: randomised screening trial. BMJ, 2014. 348: g366.

[64] Crane, ME. Must you practice defensive medicine to avert a malpractice lawsuit? Medscape, 27 ott 2009.

[65] Macones GA, Asch DA. Costs, true costs, and whose costs in economic analyses in medicine? Am J Man Care, 1997. 3: 915.

[66] Mulcahy N. New adverse effect in cancer treatment: “Financial toxicity”. Medscape, 25 apr 2013.

[67] Nelson R. Cancer care cost “unsustainable” in industrialized nations. Lancet Oncol, 2011. 12: 933.

[68] Owens DK. Defensive diagnostic testing – a case of stolen utility? Med Decis Making, 1998. 18:33.

[69] Callahan D. False hopes. Why America’s quest for perfect health is a recipe for failure. Simon & Schuster, 1998.

[70] Sisson JC et al. Clinical decision analysis. The hazard of using additional data. JAMA, 1976. 236: 1259.

[71] Kassirer JP. Should diagnostic testing be regulated? NEJM, 1978. 299: 947.

[72] Wen L, Kosowsky J. When doctors don’t listen. St Martin’s, 2014.

[73] Crane ME. Must you still practice defensive medicine to avert a malpractice suit? Medscape, 27 ott 2009.

[74] Redelmeier R, et al. The beguiling pursuit of more information. Med Decision Making, 2001. 21: 376.

[75] Johnson DA. CT imaging and related risk for cancer. Arch Int Med, 2009. 169: 2078.

[76] Deyo RA. Cascade effects of medical technology. Annu Rev Public Health, 2002. 23: 23.

[77] U.S. Congress, House Committee on Interstate and Foreign Commerce. Subcommittee on Oversight and Investigation. “Cost and quality of health care: unnecessary surgery” (Washington, DC: U.S. Government Printing Office, 1976).

[78] Markle GE, McCrea FB. What if medicine disappeared? State University of New York Press, 2008.

[79] Cohen O et al. Medical investigations requested by patients: how do primary care physicians react? Fam Med, 1999. 31: 426.

[80] Scott J et al. Antibiotic use in acute respiratory infections and the ways patients pressure physicians for a prescription. Journal of Family Practice, 2001. 50: 853.

[81] Weinberger M et al. Does increased access to primary care reduce hospital readmissions? N Engl J Med, 1996. 334: 1441.

[82] Kendrick D et al. Radiography of the lumbar spine in primary care patients with low back pain: Randomised controlled trial. BMJ, 2001. 322: 400. Potosky AL et al. Quality of life following localized prostate cancer treated initially with androgen deprivation therapy or no therapy. J Natl Cancer Inst, 2002. 94: 430.

[83] Brookes LB, Fenton JJ. Patient satisfaction and quality of care: are they linked? Medscape, 11 giu 2014.

[84] Ruggiero V. Economie sporche. L’impresa criminale in Europa. Bollati Boringhieri, 1996.

[85] Mello MM , Brennan TA. The controversy over high-dose chemotherapy with autologous bone marrow transplant for breast cancer. Health Affairs 2001; 20(5): 101-117.

[86] Bennett IL. Technology as a shaping force. In: Knowles JH, ed. Doing better and feeling worse. Norton, 1977:125.

[87] Jasanoff S. Science at the bar. Harvard University Press, 1995.

[88] President uses dubious statistics on costs of malpractice lawsuits. Factcheck.org. Annenberg Public Policy Center of the University of Pennsylvania, 2004.

[89] Spagnolo G. Medicina difensiva, pazienti e finanza pubblica. Giornale della Previdenza, 2011. n.12.

[90] ILVA. Dal cancro nascosto al cancro inventato. https://menici60d15.wordpress.com/2013/05/21/ilva-dal-cancro-nascosto-al-cancro-inventato/

[91] Roba da chiodi. https://menici60d15.wordpress.com/2009/02/26/roba-da-chiodi/

[92] La medicina come rimedio ai limiti della crescita economica. https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/15/la-medicina-come-rimedio-ai-limiti-della-crescita-economica/

[93] Reati contro l’economia. https://menici60d15.wordpress.com/2011/01/23/reati-contro-leconomia/

[94] La legalità come finestra. https://menici60d15.wordpress.com/2014/05/01/la-legalita-come-finestra/

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3 marzo 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. C. Caselli “Magistratura: cosa ci insegna ancora Giovanni Falcone”

Falcone è un esempio, forse più per i non magistrati che per gli smaliziati chierici che dicono di esserne colleghi. La nuova legge sulla responsabilità civile sembra un altolà dei poteri forti alla magistratura; che eviterà di disturbarne gli affari illeciti, mentre continuerà a commettere abusi verso chi non ha i muscoli per opporsi; magari perseguitando chi è inviso ai poteri forti, come accadde a Falcone. Confermano ciò le dichiarazioni del segretario dell’ANM della città dove abito, che dice che questa legge sulla responsabilità civile porterà i magistrati all’equivalente della “medicina difensiva”. La medicina difensiva è da considerarsi un vero e proprio reato, che prelude ad altri reati; peraltro guardato con indulgenza, per ragioni di consonanza di interessi, dai magistrati (v. “La medicina difensiva come scusa e come illecito”). Il sindacalista dei giudici avvisa candidamente che verrà praticata una giustizia che è l’equivalente della medicina iatrogena, dove il magistrato, dicendosi intimidito, include il proprio tornaconto nelle decisioni sulla vita dei cittadini.

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24 settembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. Ambrosi “Sanità, perché è giusto lo sciopero dei medici”

Ci sono situazioni trappola, come la “litigation cell” della citologia vaginale, nelle quali è il medico che si comportasse onestamente, nell’interesse delle pazienti, evitando di sovradiagnosticare, che non dovrebbe dormire la notte, perché statisticamente si esporrà a un rischio cumulativo di falso negativo; il tipo di errore che il sistema, anteponendo il profitto alla salute, persegue accanitamente mentre favorisce il falso positivo. Ma i medici non sono solo “vittime”: la medicina clinica non ha i poteri che fa credere di avere, con la complicità dei giornalisti, es. quello di “prevenire il melanoma cutaneo o il cancro dei polmoni” come sostiene l’articolista Ambrosi. Queste promesse ciarlatanesche incontrano il favore del pubblico, e su di esse si costruiscono imperi economici, speculando sulla paura e coltivando false credenze. Dunque quello degli avvocati è sì uno sciacallaggio, ma di secondo ordine. La medicina difensiva, essa stessa dannosa per la salute e ladronesca (*), viene usata come giustificazione dei furti e dei danni alla salute provocati ai pazienti da queste truffe; che non si ridurranno ma si aggraveranno assicurando maggiore impunità a chi ne trae di che vivere e privatizzandole.

*La medicina difensiva come scusa e come illecito. (Nel mio sito).

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11 ottobre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Casolari “Medicina difensiva: l’intervento psichiatrico deve svolgere un ruolo di controllo sociale?”

Casolari, medico psicoanalista, riferendo delle sue esperienze nel campo lascia pensare che i magistrati possano permettere, e talora favorire, l’uso della psichiatria come arma offensiva tramite la scusa della “medicina difensiva”. E’ interessante, anche per ragioni di ricostruzione storica. In Italia si è dato del pazzo perfino a Moro – mentre si evitava di farlo tornare a casa – mediante le valutazioni diagnostiche “nauseanti” [1] di Ferracuti, “collaboratore del Sisde in Italia e agente della CIA” [2]. Il segretario della ANM, Ippolito, definì come “un’ignominia degna della psichiatria stalinista” il trattare Moro come un soggetto bisognoso di trattamenti psichiatrici nel caso di una sua liberazione; piano che invece secondo Cossiga era stato preparato d’intesa con la magistratura. I magistrati smentirono indignati. Andrebbe notato che da parte di psichiatri e di altre figure dotate di potere amministrativo non solo il prestarsi a dichiarare falsamente malata di mente una persona, es. per screditare un testimone, ma anche il prestarsi a minacciarla di farla dichiarare pazza, per esercitare su di essa pressioni indebite, es. per intimidire un testimone, è una forma di violenza subdola e grave.

1 Nese M. Guerzoni: “In quella riunione decisero che era pazzo”. Corriere della Sera, 1 dicembre 1993.
2 Lupacchini O. In pessimo Stato. Koinè, 2014.

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9 dicembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di I. Proietti “Previsioni errate, stop alla responsabilità penale per i vertici della Protezione civile”

Nel caso della medicina difensiva l’impunità riguarda comportamenti che hanno una matrice dolosa, sia pure in genere non individuale ma sistemica, volta a ottenere profitto e altri ingiusti vantaggi a danno dei pazienti (v. “La medicina difensiva come scusa e come illecito”). Non sorprende che partecipino alla riunione su come disegnare quest’altra impunità i vertici della magistratura. La funzione dei magistrati appare essere quella non di contrastare l’ingiustizia, ma di modularla, di plasmarla, conformandola agli interessi dei poteri forti; così che quando sono in gioco tali interessi alcuni delitti sono favoriti, alcuni sono ignorati e tenuti nascosti, altri sono rappresentati in maniera esagerata o distorta, e comportamenti contrari a interessi illeciti vengono di fatto repressi come se fossero reati.

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28 dicembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Casolari “Sanità, perché diamo sempre la colpa ai medici?”

Ci sono enormi responsabilità di politici e amministratori, dell’industria e della finanza medica. Da non trascurare quelle di forze di polizia e magistrati, che con la medicina hanno trovato un modo elegante di servire il potere, anche nei suoi aspetti più nefandi, fingendo di lavorare per il popolo. Degli avvocati, che incastellano l’industria della malpractice su quella della medicina volta al profitto. Le responsabilità più riposte, delle quali è tabù parlare, sono quelle del pubblico e dei pazienti, che danno forma alla medicina proiettando su di essa speranze, superstizioni e pretese irrazionali che poi vanno a loro stesso danno. Ci sarebbero perfino responsabilità proprie di coloro che curano le malattie per professione, i medici. Di tutte queste responsabilità i medici normalmente non si accorgono, forse perché sono colpe che vanno, del tutto o in buona parte, a loro vantaggio. Un altro caso di corruzione a propria insaputa. Solo quando sono chiamati in causa attribuiscono la colpa agli altri attori, dicendosi più candidi dei loro camici.

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14 dicembre 2016

Blog de il Fatto

Commneto al post di S. Palmisano “Medici punibili solo ‘per colpa grave’. I pazienti sono abbastanza tutelati?”

“Troppe persone ricevono trattamenti di cui non hanno bisogno o inefficaci, che possono causare effetti avversi ai farmaci, complicazioni chirurgiche, morte. Come si è arrivati a questo? La risposta standard dei medici è: gli avvocati. La medicina difensiva. In effetti la paura di essere citati in giudizio influenza il nostro comportamento, ma c’è dell’altro. Ai miei colleghi che danno la colpa agli avvocati propongo questo esperimento mentale: il problema dei sovratrattamenti sparirebbe se gli avvocati sparissero? Li aiuta a comprendere che è all’opera una pluralità di cause. La risposta standard degli economisti è (sorpresa): interessi economici.”*.

“Sebbene solo 250 internisti svizzeri pensassero che i vantaggi dello screening col PSA negli uomini di età superiore ai 50 anni superino i danni, il 75% raccomandava uno screening regolare col PSA. Come mai? Molti medici dicevano di farlo per proteggersi da azioni legali, nonostante che in Svizzera il rischio di contenzioso sia basso.”**.

*Welch HG. Less medicine, more health. 2015.
** Ablin RJ. The great prostate hoax. 2014.

@ giust iv. Sì, la medicina difensiva ha un carattere offensivo*; risente nei suoi rapporti con la legge del carattere “manic aggressive”** che il liberismo le ha infuso. Comunque davanti alla malattia e alle paure che spingono verso la medicina deboli lo siamo tutti. Anche chi è benestante, o in una posizione sociale vantaggiosa, è esposto a queste storture; in alcuni casi perfino più dei diseredati, come osservò Illich. Chi conosce gli ambienti della medicina sa che una costosa assicurazione privata, una raccomandazione o lo zelo per la persona di riguardo possono essere controproducenti.

*DeKay ML Asch DA. Offensive Testing-the Balancing Act, the Evil Twin, and the Pure Play. Med Decis Making 1998; 18: 35.
**DiSalvo CR. Worshipping at the Altar of Technique: Manic Aggressive Medicine and Law. Vill L Rev. , 1995. 1365.

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31 marzo 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Casolari “Camici sporchi e medici spezza ossa, attenzione a sbattere il dottore-mostro in prima pagina”

Le situazioni mostruose generate dal sonno della ragione non vanno scambiate per “il mostro”. E’ improbabile che spaccasse volontariamente ossa (mentre è facile che fosse disposto a correre il rischio anteponendo un suo interesse illecito a quello legittimo e ai diritti del paziente). Meglio non emettere pesanti giudizi non conoscendo a fondo i fatti. Soprattutto, “il mostro”, l’aberrazione, l’esagerazione caricaturale non rappresenta la situazione generale, sulla quale il pubblico dovrebbe invece porre attenzione. Una situazione di frode istituzionalizzata*. E’ plausibile che l’accusato fosse non un mostro ma qualcosa di più tremendo: un leader. Riverito e seguito dai più, in un ambito dove pratiche come applicare protesi substandard con interventi inutili o dannosi per aumentare i profitti sono la norma, letteralmente*; e che ora, con una mostruosità giuridica, sono tutelate e premiate dalla legge, con l’aderenza alle linee guida stilate dagli stessi “controllandi”, case produttrici e medici. Riconoscere il carattere strutturale va contro immensi arricchimenti. Per fortuna dei beneficiari, va anche contro la potente fantasia del medico-genitore che si prende cura di noi come da bambini facevano mamma e papà. Così conviene calcare la mano sul “mostro”, scaricando tutto sulla “mela marcia”, facendo sfogare malcontenti e lasciando il business intatto.

A. Sarmiento. Barebones, 2003.

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7 aprile 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Brescia, bimba di 4 anni muore di otite: “Era stata respinta da due ospedali” “

Il messaggio è tonante: dietro alla comune otite c’è un mostro che può uccidere il bambino; l’otite media quindi esige work-up diagnostico e terapia aggressivi. Non viene detto che i mostri sono due, e disposti a tenaglia. Oltre a Scilla, le rare complicazioni di una patologia quasi sempre benigna, c’è Cariddi, gli effetti iatrogeni degli esami e delle terapie. Gli antibiotici hanno scarsa efficacia sulle otiti, e possono fare aumentare le ricorrenze. Il dubbio qui seminato di un ascesso cerebellare trascurato porta alla TAC, che soprattutto nei bambini può causare cancro del cervello e leucemia*, con una probabilità come minimo paragonabile a quella delle complicazioni gravi nelle otiti. La buona medicina pilota il bambino nello specchio di mare, non così stretto, tra i due mostri. Quella cattiva fa rotta a casaccio. La medicina commerciale grida a Scilla per spingere il bambino verso Cariddi, sulla cui presenza tace. Questa vaga e anomala scare story viene da Brescia, città dove i magistrati vanno troppo d’accordo coi medici, e coinvolge la Poliambulanza, ospedale di suore fortemente orientato alla medicina commerciale; tra gli amplificatori, un parroco e la ministra Lorenzin. C’è di che raccomandare ai genitori doppia cautela, data la disseminazione di messaggi parziali, distorti, ingannevoli e pericolosi.

*The use of computed tomography in pediatrics and the associated radiation exposure and estimated cancer risk. JAMA Pediatr 10 giu 2013.

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9 ottobre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. Rosso “Vajont, 55 anni fa il disastro della diga. Tra errori e silenzi c’era anche chi lottava per la verità”

Ma si è sicuri che la magistratura sia desiderosa di sentire pareri tecnici non compiacenti quando gli imputati, o i responsabili, rappresentano grandi interessi? La PM di Milano Tiziana Siciliano ha appena auspicato che venga attuata la legge Gelli, che prevede di giudicare la responsabilità medica rispetto alle linee guida cliniche. “Che in base alla legge avrebbero dovuto essere il nostro faro”, dice. E’ un auspicare di subire una cattura normativa, ed è un po’ come essere ansiosi di premiare gli osti che annacquano il vino – o lo fanno col metanolo – se sta scritto negli insindacabili capitolati della loro corporazione.

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11 dicembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Casolari “Dottori: tra aggressioni e denunce, la paura è un nemico. Tutelarli significa difendere il paziente”

L’industria delle cause ai medici ricorda il concetto biologico di iperparassitismo: organismi che parassitano altri parassiti (nel caso di parassitismo di membri della stessa specie parassita si parla di “adelfoparassitismo”). Una medicina commerciale, resa ricca da pratiche predatorie, viene a sua volta depredata dagli avvocati. Togliere l’iperparassitismo, conferendo impunità ai medici, potrebbe peggiorare la situazione: l’iperparassitismo può in alcuni casi ridurre la virulenza del parassita primario*. Di sicuro la scusa della medicina difensiva consente quelli che economisti chiamano “furti di utilità”: cure finalizzate all’interesse dell’offerta a danno del paziente. La soluzione corretta sarebbe avere una medicina con obbligo dei fini, limitata alle pratiche oneste, che torni ad applicare il “primum non nocere” e rinunci a eccitare i pazienti con promesse ciarlatanesche. In una medicina sana i processi sarebbero una rarità. La loro alta frequenza, l’infestazione da iperparassitismo, riflette il florido parassitismo primario della medicina. Se il medico è un uno sciamano, fragile e da non spaventare perché non si lasci guidare, come dice, dalla paura, una volta investito di immunità, posto davanti alla scelta tra vita tranquilla, soldi e status applicando la parassitaria medicina commerciale, oppure grossi guai rifiutando di farlo, più di prima farà scelte da leone del Mago di Oz.

* Combes C. Parasitism. The Ecology and Evolution of Intimate Interactions.

@ otro otra vez. Ci sono purtroppo buone possibilità che finisca così, cioè che tramite fondi di risarcimento, come i ‘no-fault’, il denaro del contribuente sia usato per mantenere entrambi gli anelli della catena alimentare.

@ Sebbuz. La degenerazione commerciale della medicina porta diversi medici a rinunciare, mostrano alcuni studi, ad alcune delle cure che applicano agli altri. Per te la medicina è cosa vostra, proprietà dei medici, da accettare “tal quale” oppure rinunciare alle cure. Immagino che “sarai più contento” quando anche altri mestieri, professioni, amministrazioni pubbliche applicheranno nei tuoi confronti la tua stessa deregolamentazione anarchica. Il tema della responsabilità medica è reso intricato dalla stratificazione di interessi indebiti. Ma il tuo stropicciarsene dei principi etici contenuti nell’art. 41 della Costituzione spinge a considerare, nella riflessione sulla carta bianca pretesa dai medici, accanto alle icone del medico-sacerdote, del medico disinteressato benefattore, del medico serio professionista, anche il profilo psicologico del monatto descritto da Manzoni nel 32° capitolo del suo romanzo.

@ Sebbuz. In un manuale di marketing degli ospedali cattolici USA si espone un concetto simile a quello che non ti vergogni di esibire: non è necessario essere realmente bravi, l’importante è apparire come la migliore tra le possibilità disponibili. Roba da università di San Vittore. In effetti conoscendo le varie frodi si è talvolta costretti a non andare dai medici. La sgradevolezza dei toni rozzi e aggressivi, e dell’autolelogio ridicolo, dei quali dai un saggio, facilita la rinuncia. Una cosa da sapere sui medici è che quelli che svelano nei modi una concezione volgare e arrogante del loro lavoro sono anche i primi dai quali guardarsi. La tua strafottenza piagnona, comune in chi sa di potere contare sul bisogno dei pazienti e sulle spalle coperte dalle multinazionali le cui frodi spesso spaccia, contiene un concetto interessante: quello dell’esclusione. Invece di applicarlo come fai nella versione ribalda, per il ricatto al paziente e per la repressione della denuncia di frodi lucrose, e invece di fare girare tramite avvocati e magistrati altri denari come prezzo per libbre di carne, per danni che spesso includono la frode come concausa necessaria, bisognerebbe usare maggiormente l’esclusione come sanzione: la sospensione e l’interdizione dalla professione. Ma questo contrasta con l’aura ieratica indispensabile a un’attività tramite la quale tanti oltre ai medici si ingozzano o spiluccano.

@ Sebbuz. Oggi è il 15 dic 2018. Un esempio di cure “peggio che niente” uscito l’altro giorno:

Bildkeli, B et al. Association of inferior vena cava filter use with mortality rates in older adults with acute pulmonary embolism. JAMA Int Med, 10 dic 2018.

I filtri nella vena cava inferiore per prevenire l’embolia polmonare (patologia largamente sovradignosticata tramite la manipolazione dei criteri diagnostici; con conseguenti danni alla salute su persone non affette*) possono fare aumentare la mortalità anziché ridurla.

Di situazioni così, dove se non si va dal medico ci si guadagna, ce ne sono tante. L’elenco delle cure inefficaci riempie interi libri. Mentre i limiti della medicina vengono occultati, attribuendole capacità magiche che non può avere, anche quello che la medicina può fare, che non è poco, viene negato e stravolto in obbedienza alla funzione profitto. Non credo che questo stia nella Costituzione; che sia scritto nella Carta che chi ha il privilegio di occupare nella società una posizione come quella di cura delle malattie non risponde a nessuno, offre le cure gli pare e ha il diritto di dire “o così o quella è la porta”. Le tue pretese illegittime condite da improperi suonano come qualche insegnamento del raggio dove sono rinchiusi i truffatori. Penso che la Costituzione imponga di sanare questi sconci.

*McDonald EG. Rates of Overtreatment and Treatment-Related Adverse Effects Among Patients With Subsegmental Pulmonary Embolism. JAMA Int Med, 30 lug 2018.

@ Sebbuz. Un recente editoriale sul BMJ, con occhiello “Christmas 2018”, considera che la degenerazione della medicina è diffusa, e come l’intera pratica vada ripensata *. Chi lo nega non sa di che parla o è disonesto. Non andare dal medico è la soluzione più logica per il paziente conoscendo le frodi. Frodi che sono protette e celate agli occhi del pubblico con metodi di livello mafioso. Ma rinunciare all’assistenza medica per evitarne le frodi è una difesa obbligata da una situazione illecita, da sanare; non una “facoltà” in un paese civile. Arrogarsi il diritto di offrire cure false e dannose, o queste o niente, la libertà di truffa, nessuno mi può giudicare, è una furfanteria spudorata che neppure gli affaristi più estremi pronunciano. La medicina per la sua natura favorisce l’istituzionalizzazione del crimine; tu lo stai tranquillamente teorizzando in pubblico. I toni perentori e squillanti, volti a intimidire le persone semplici, la caricaturizzazione delle posizioni dell’avversario, l’attribuirgli sentimenti negativi, portano a ricondurre la tua dottrina alla scuola di Vanna Marchi.

*Marshall M. et al. Rethinking medicine. BMJ, 13 dic 2018.

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10 febbraio 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Capozzi “Polizze obbligatorie per medici e ospedali, arriva il regolamento. Ma manca l’indennizzo automatico per il paziente danneggiato”

… un sistema che si avvicina a quello no-fault, che presenta tra i suoi diversi rischi [24] quello di “produrre gli incentivi sbagliati per medici e vittime” [25], facendo venire meno il deterrente per il medico e allo stesso tempo incoraggiando l’azione giudiziaria dei pazienti. Se fosse così, i danni alla salute e le richieste di risarcimento potrebbero aumentare. In pratica c’è il rischio che il sistema rimanga com’è, e si rafforzi nelle sue storture, salvando le capre del business medico col ridurre la responsabilità professionale, e i cavoli delle derivate cause giudiziarie deviando le richieste di risarcimento verso altri soggetti – pubblici in questo caso; e “tirando nell’affare” il paziente – soprattutto i più spregiudicati e venali tra i pazienti – assegnandogli una quota; a scapito della collettività.

[24] Mechanic D. Some social aspects of the medical malpractice dilemma. Duke Law Journal, 1976. 1179.
[25] Huang H, Soleimani F. What happened to no-fault? The role of error reporting in healthcare reform. 10 Houston Journal of Health Law & Policy, 2009.

Da: La medicina difensiva come scusa e come illecito. 2014.

Buone notizie per il business medico, per quello delle assicurazioni, per i furbi. Cattive notizie per il malato e il contribuente, perché favorirà, finanziandola con denaro pubblico, la cattiva medicina. La medicina liberista, volta al lucro al punto che anche il danno crea profitto.

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12 maggio 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Milano, “colpevole ritardo” nel diagnosticare la sclerosi multipla: medico condannato a risarcire 830mila euro ad una paziente”

Se a Milano in cima all’edificio più alto della città invece della legittima Occupante stesse un diavoletto, questi potrebbe indurre a sfruttare a fini di lucro la sclerosi multipla (SM): è accertato che la SM si presta ad essere sovradignosticata. Ciò viene favorito dall’imaging, e dal cambio dei criteri diagnostici, cui ha partecipato un ospedale milanese fondato da un prete arrembante. Perfino gli artefici delle variazioni ammettono questa evenienza:

“If MRI findings are over-interpreted and the clinical picture is not properly interpreted, there is a clear risk of overdiagnosis (false positives), [… ] . This may result in inappropriate exposure of patients to drugs with associated risks.”

Il diagnosticare la SM anche su chi non ce l’ha porta a fare sembrare le terapie più efficaci di quello che sono. Il diavoletto potrebbe dare impulso a tale spirale a coda di diavolo, sovradiagnosi-falsi successi-sovradiagnosi, inducendo i magistrati locali a creare un deterrente dal considerare il “countervailing risk”. Tanto più che le sovradiagnosi di SM spesso sono su base funzionale*, cioè su soggetti vulnerabili alle suggestioni, come questa condanna. I magistrati verranno inoltre indotti a precipitare nella Geenna sociale i medici che si oppongano.

Il diavoletto avrà così ottenuto una medicina che genera malattia e una giustizia complice del crimine. Ma queste sono fantasie morbose alla Buzzati.

*Functional neurological disorders and multiple sclerosis. J Neurol, 2022.

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18 giugno 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Frosina “Sindaci, assessori, carabinieri e medici: i 3.623 pregiudicati per abuso d’ufficio che con la riforma di Nordio avranno le condanne cancellate”

“Tra il forte e il debole, tra il ricco e il povero, tra il padrone e il servitore è la libertà che opprime, è la legge che affranca“. Rousseau e Lacordaire, citato da don Milani.

La “paura della firma” ricorda la “medicina difensiva”*. Ma la critica a Nordio non è tutta la verità. Vi sono abusi di potere su singoli cittadini che vengono commessi in favore dei crimini dei poteri forti verso la collettività. Sulla libera commissione e impunità di questi i politici e i magistrati concordano. Es. gli abusi, mafioidi e fascisti, volti a eliminare le voci tecniche di critica della medicina, giudicate indispensabili perfino da chi chiede uno status giuridico privilegiato davanti alla legge per i medici** (richiesta che sia Nordio, sia magistrati “di sinistra” fanno propria). Politici e magistrati vanno visti come nobili di corte, in lotta tra loro per la supremazia, ma uniti nel servire il re. Uniti anche nel travolgere ogni principio, legge e decenza. Le nuove regole renderanno ancora più scorrevole il compito di proseguire i piani piduisti al servizio dei grandi interessi biomedici a tanti sindaci e funzionari, CC, PS, GdF, e anche a tanti magistrati.

*La medicina difensiva come scusa e come illecito. Sito menici60d15.
**Erosion of Peer Review and Quality Assurance Privilege. JAMA, 14 giu 2023.

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28 agosto 2023

Blog de il Fatto

Commento al post “Lo studio dei fisici italiani che negavano il cambiamento climatico ritirato: “Conclusioni non supportate da prove o dati””

Sulle retrazioni operano due tendenze, a tenaglia: “the unwillingness of scientific journals to retract seriously flawed data that mean the findings and conclusions cannot be relied on. … At the same time, however, calls for retractions and apologies have become ubiquitous and vexatious. When a reader or a lobby group disagree with an opinion or the tone of an article, an increasingly common reaction is to demand a retraction, an apology, or both. Sound research, commentaries, and journalism that deliver an uncomfortable message must be instantly erased from the scientific record, in some people’s opinion. When a complainant demands satisfaction, it isn’t by means of swords or pistols at dawn but by retraction”. (Abbasi, BMJ, editor in chief. Retract or be damned: a dangerous moment for science and the public, 22 giu 2023).

La censura di ricercatori di alto valore, es. Ioannidis sul covid, e le condizioni antiscientifiche per essere pubblicati* dovrebbero farci ricordare che l’identificazione della scientificità con la pubblicazione peer-reviewed è già abusiva sul piano epistemiologico, in sé. E considerare che oggi che la scienza ha perso la sua integrità, e viene prostituita a enormi interessi, è un avallare “organised criminal activities, which may be at the behest of sponsors” (Curing the pandemic of misinformation on COVID-19 mRNA vaccines through real evidence-based medicine. Malhotra, 2022)

*How to get published in the Covid era. Hart, 21 ago 2023.

@ pot: “Mai parla di degenerazione della scienza”?. “If a critical mass of scientists become untrustworthy, a tipping point is possible in which the scientific enterprise itself becomes inherently corrupt and public trust is lost, risking a new dark age with devastating consequences to humanity.” Certo che gli addetti lo sanno, del marcio interno e dei suoi effetti.

In biblioteca ci sono articoli come “German medical association finally apologizes for atrocities committed by German physicans under the nazi” 2013, o “Why did so many German doctors join the Nazi Party early?” 2012; ergo per pot, il re del blasé, l’argomento è chiuso.

La medicina difensiva è come la “paura della firma” per liberalizzare l’abuso di ufficio. Ma, essendo i medici forzati a fare i piazzisti di Big pharma qui i magistrati, deboli coi poteri forti, sono d’accordo. Per me la medicina difensiva è un illecito in sé, andando contro il miglior interesse del paziente. Si parla di obbligo di mezzi e non di risultato e si tace dell’obbligo dei fini: v. La medicina difensiva come scusa e come illecito. Sito menici60d15.

Ma quale “verità assoluta” e “infallibilità”. L’onestà però non è un attributo divino, e attendersela nella ricerca della verità e del bene non è da sempliciotti come dice il re del blasé. In un campo che si vuole intoccabile, oltre un certo tipping point di disonestà che si istituzionalizza i crimini, dici bene, non si riesce a contarli. Non tutti si adattano a ciò come un guanto, re pot.

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3 gennaio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Casolari “I contenziosi per via penale tra medici e pazienti ledono tutti: il futuro della medicina è fosco”

Resident in USA, ricevetti un invito a partecipare gratuitamente a un “mock trial”, un processo simulato, dove avvocati ci avrebbero dato istruzioni su cosa dire e non dire al giudice, come rivolgersi alla giuria, etc. Ero giovane, e lo cestinai pensando che non avesse nulla a che fare con la pratica della medicina.

Divenuta comodo strumento di profitto e di potere, la medicina è stata sovrainfettata dal business avvocatesco. In una medicina sana le cause penali e civili sarebbero rare: lo Stato definirebbe la medicina onesta, e, consapevole dei margini fisiologici di incertezza e degli inevitabili tradeoff, controllerebbe che la pratica, non necessariamente pubblica, non deviasse. Ma ogi la medicina non è più in mano ai medici ma a poteri forti, che ne impongono forme aberranti*.

Lo Stato invece di controllare fa da picciotto di sgarro e da esattore. I magistrati hanno accettato la medicina come forma di crimine legale. Nordio e magistrati “di sinistra” sono in consonanza sull’assimilare i medici ai magistrati nell’impunità**. Sanando l’infezione di base si spegnerebbe la sovrainfezione. Invece si istituzionalizza un prestige bias – che piace tanto anche ai magistrati: si difende il “prestigio” della medicina togliendo controlli; favorendo così ulteriori degenerazioni.

* L’irresponsabilità della medicina in franchising. – La medicina difensiva come scusa e come illecito. Sito menici60d15.
**Baruffe di corte: i baroni della destra e i mandarini della magistratura Ib.

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v. anche:

Le pubbliche virtù delle ambulanze e il postulato di sacralità delle pratiche mediche stabilite

La necessità di laicità contro l’aggiramento dei limiti e l’inversione dei controlli posti dall’art. 41 della Costituzione

Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito

10 December 2012

Appello al Popolo

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Il merito, qualunque genere di merito, non esiste altro che per convenzione. (…) Che merito ha la mosca di avere sei zampe là dove il ragno ne ha otto? Maffeo Pantaleoni, Erotemi, 1925.

Il metro di valutazione [nel settore primario e secondario], per l’operaio e per il contadino, è facile, quantitativo: se la fabbrica sforna tanti pezzi l’ora, se il podere rende. (…) Nei nostri mestieri [terziari] è diverso, non ci sono metri di valutazione quantitativa. (…) Come si può valutare un prete, un pubblicitario, un PRM? (….) No, non abbiamo altro metro se non la capacità di ciascuno di restare a galla, e di salire più su, insomma di diventare vescovo. In altre parole, a chi scelga una professione terziaria o quartaria occorrono doti di tipo politico. La politica, come tutti sanno, ha cessato da molto tempo di essere scienza del buon governo ed è diventata invece arte della conquista e della conservazione del potere. L. Bianciardi, La Vita Agra.

La trasformazione dell’Italia in un Paese “ordinato secondo i criteri del merito e della gerarchia” “per l’esclusivo bene del popolo”. Licio Gelli

Ci si dovrebbe guardare dal predicare ai giovani, come scopo della vita, il successo (…) Infatti un uomo che ha avuto successo è colui che molto riceve dai sui simili, incomparabilmente di più di quanto gli sarebbe dovuto per servigi da lui resi a costoro. Il valore di un uomo, tuttavia, si dovrebbe giudicare da ciò che egli dà e non da ciò che egli riceve. A. Einstein

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Secondo il governo, i problemi del lavoro sono le pretese dei giovani, che si devono mettere in testa che la stabilità del lavoro è finita, che essere disoccupati è normale, che accettare qualsiasi condizione è doveroso. Per ribadire ciò, ai giovanotti è stato fatto osservare che sono sfigati (Martone), fermi al posto fisso (Cancellieri), choosy (Fornero), e ora viziatelli troppo abituati a cercare vie dorate sempre secondo il Ministro del Lavoro, delle Politiche Sociali e delle Pari Opportunità Elsa Fornero, che ha preso a cuore questa campagna di moralizzazione. E’ come ne “Il marchese del Grillo”, ma non solo per la battuta famosa; anche per la scena dove il marchese, nel suo palazzo, stanco di lanciare frutta agli accattoni postulanti al cancello, comincia a tirargli pigne: non è che quegli italiani che hanno accettato il sistema clientelare non si meritino di essere presi a pesci in faccia dai politici, ora che i nodi stanno venendo al pettine.

E non è che non ci sia una non trascurabile parte di verità nelle accuse; ma la parte più veritiera sta proprio sullo stesso pulpito dal quale proviene la predica. Per il sottosegretario Martone gli studenti che a 28 anni non si sono ancora laureati sono sfigati; nessuna precisazione sulle diverse tipologie di fuoricorso. L’università di massa amplifica il fenomeno sociale indicato da Medawar – e prima di lui da Salvemini – nel quale alcuni vengono istruiti al di sopra della loro intelligenza; ma un sottosegretario di Stato che si esprime con tale rozza albagia mostra di essere anche lui un “pompato”, in questo non diverso da chi presume troppo di sé percorrendo un corso di studi per i quali non è adatto. Martone è divenuto ordinario a 29 anni, ma per il rotto della cuffia, con un concorso più simile all’esame di uno sfigato raccomandato al quale i professori non mancano di fare notare che il 18 gli viene regalato, che all’abbraccio a un “giovane maestro” (Martone e il concorso (non-sfigato), Il Fatto, 25 gen 2012). E’ figlio di un alto magistrato che tra gli incarichi accumulati ha avuto quello di presidente dell’ANM, l’associazione di categoria dei magistrati, una casta tra le più forti, che vive ai piedi del trono. Il padre evidentemente ha insegnato al figlio il suum cuique tribuere: i modi ossequiosi sono per i potenti, quelli cortesi per gli altri gentiluomini di corte, mentre la plebe va trattata per quella che è.

Abbiamo poi il figlio del Ministro dell’Interno Cancellieri, Peluso, che ha ricevuto 3.6 milioni di euro per abbandonare una nave che sta affondando, della quale era ufficiale, cioè direttore finanziario, la Fondiaria assicurazioni. Una buonuscita di 3 annualità dopo 14 mesi di lavoro. Soffermarsi sulla notizia di questo trattamento potrebbe aiutarci a progredire nella comprensione dell’oscuro fenomeno dei prezzi esosi e sempre crescenti delle polizze per rc auto. Il figlio non è rimasto tuttavia disoccupato; Telecom, della quale conosciamo da utenti il culto dell’efficienza, si è subito accaparrata un manager che ha dimostrato di sapere generare denaro praticamente dal nulla. Solo i maligni direbbero che si tratta di un caso di “mamager”, con la “m” in mezzo. E sarebbe antipolitica fare illazioni su come questi cadeaux da parte di privati possano spingere la mamma a sdebitarsi, coi soldi nostri, quando siede al Viminale, o coi colleghi a Palazzo Chigi. Resta però la sensazione di essere presi tra due fuochi, tra “pubblico” della madre e il privato del figlio; tra le imposte e tasse con le quali il governo della mamma ci toglie denaro per darlo agli speculatori finanziari e i taglieggiamenti di aziende come quella del figlio.

La figlia della Fornero, giovane professoressa universitaria con 102 pubblicazioni. Sono tante; forse troppe. Un ricercatore anziano, quando da studente ero interno in un laboratorio, diceva che a lavorare bene di ricerche scientifiche di laboratorio non si riuscirebbe a pubblicarne più di una all’anno. Erwin Chargaff, nel lamentarsi dell’eccesso di pubblicazioni scientifiche (che è spinto anche dalle case editrici) osservò che il ricercatore in carriera pubblica molto ma metà di ciò che pubblica è robaccia; solo che non si capisce quale metà. Alcune università USA chiedono ai candidati ai posti di professore di presentare soltanto le loro principali 5 o 10 pubblicazioni.

La figlia invece ha invece scelto la via italiana delle pubblicazioni a palate; e, di riflesso, il costume italiano di affollare le pubblicazioni di autori. Una volta un avvocato, abituato a vedere il figlio che pubblicava come autore unico, osservò che le pubblicazioni presentate dagli altri candidati a un concorso pubblico per assistente ospedaliero più che titoli di merito scientifico erano attestati di iscrizione a cooperative: per fare una cooperativa occorrevano allora almeno 9 persone, e le pubblicazioni che si presentano ai concorsi spesso hanno elenchi degli autori chilometrici. Forse il numero sufficiente a fondare una cooperativa stabilito nel Codice Civile fino al 2001 potrebbe essere preso come livello di guardia, almeno in campo universitario, nella valutazione dei titoli esibiti da chi vuole dimostrare la propria eminenza intellettuale. A meno di non cominciare ad assegnare cattedre a cooperative di ricercatori invece che a singoli.

Le pubblicazioni in cooperativa possono essere segno di vari vizi che dovrebbero essere incompatibili con la posizione di professore universitario; tra i quali il conformismo. Le due professioni inamovibili, magistrato e professore universitario, non dovrebbero essere occupate da conformisti. Calamandrei ha scritto che il conformismo è la peggiore sciagura per i magistrati. I magistrati, in particolare quelli di Magistratura Democratica, hanno illustrato con esaustiva precisione come la meritocrazia applicata alle promozioni dei magistrati possa divenire strumento di controllo politico; sull’abuso delle valutazioni da parte dei poteri forti a fini di discriminazione in altre professioni hanno un atteggiamento molto più aperto, e perfino collaborativo.

Per i professori, valgono le parole che Brecht ha messo in bocca a Galilei: “Non credo che la pratica della scienza possa essere disgiunta dal coraggio. (…). Se gli uomini di scienza non reagiscono all’intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, e ogni nuova macchina non sarà fonte che di triboli per l’uomo. (…) [Con scienziati conformisti] il massimo in cui si può sperare è una progenie di gnomi inventivi, pronti a farsi assoldare per qualsiasi scopo”. In tutti i campi, la differenza tra il conformismo e la ruffianeria verso il potere può facilmente annullarsi. Questo brano da La Vita di Galilei andrebbe citato quando gli scienziati piagnucolano di subire le persecuzioni di Galilei essendosi comportati nel modo per il quale i membri della Commissione Grandi Rischi sono stati condannati in primo grado.

Le 102 pubblicazioni su Pubmed della scienziata che ha avuto la fortuna di essere figlia della severa ma giusta castigatrice dei costumi hanno in media 10.4 autori (deviazione standard 5.9); sembra che in questo la brillante rampolla dell’elite sia stata democratica, e anzi collettivista, avendo seguito la via della mutualità. Es. l’articolo più recente, novembre 2012, riporta gli autori: D’Arena, Gemei, Luciano, D’Auria, Deaglio, Statuto, Bianchino, Grieco, Mansueto, Guariglia, Pietrantuono, Martorelli, Villani, Del Vecchio e Musto. La spiegazione consueta è che l’elevato numero di articoli e l’elevato numero di autori sono un riflesso della complessità e quindi dell’alto valore della ricerca, oggi che la ricerca non è più la scienza ottocentesca dei pochi scienziati solitari etc. Ma il cittadino potrebbe allora chiedere su quale criterio è stata, così speditamente, assegnata una tenured professorship, finanziata con denaro pubblico, a una delle tante formichine della ricerca moderna. L’interpellata ha risposto agli attacchi che per lei parla il curriculum; il quale è un elenco di riconoscimenti, ma è opaco rispetto il merito; sarebbe meglio indicasse quali vittorie scientifiche le hanno fatto compiere una rapida carriera da tenente a generale come nell’esercito napoleonico, dove c’era il bastone di maresciallo nello zaino di ogni soldato.

Da quello che ho trovato, la ricercatrice è stata coautrice di pubblicazioni “dalle quali si evince un notevole apporto personale”; non dice di più il giudizio di idoneità per il posto di professore associato, che ha conseguito presso la Facoltà di psicologia dell’Università di Chieti-Pescara. All’Università di Torino, l’università del cui corpo docente fanno parte i genitori, è arrivata essendovi chiamata; dalla facoltà di medicina. Il presidente della commissione che ha stilato il giudizio in Abruzzo, Piazza, genetista di alto livello, è lo stesso professore di Torino nel cui dipartimento la studiosa è rimbalzata, come una palla che va in buca dopo un preciso tiro di sponda.

Che cosa ha scoperto, cosa ha fatto personalmente, di così notevole da convincere addirittura l’università italiana, che negò una cattedra anche a Rubbia, a ritenere che occorresse farla professore al più presto? E’ curioso come beneficiati e difensori della meritocrazia siano restii a entrare nel merito circa i meriti riconosciuti. Usano invece esibire quelli che sono considerati gli indicatori del merito, come il CV e la lista delle pubblicazioni. E’ la medesima filosofia concettuale dei markers clinici, indicatori predittivi, diagnostici, prognostici e terapeutici; che è un’altra disgrazia sotto mentite spoglie che sta per abbattersi sull’ignara popolazione, sui malati e sui sani. Sta per prendere il posto, o per affiancarsi, a quella degli screening di massa; probabilmente una disgrazia ancora peggiore. Non si considera più la realtà, ma ciò che si stabilisce siano i segni della realtà. La medicina, come le regole del merito, si semiotizza. Non è difficile comprendere quali occasioni di frode offra il passaggio dalle cose ai segni delle cose; anche senza citare U. Eco, che dice che la semiotica, la scienza dei segni, è la disciplina che studia tutto ciò che può essere usato per mentire.

Le pubblicazioni della ricercatrice mostrano che ha partecipato a lavori di equipe sulla caratterizzazione di alcuni recettori di membrana, tra i tanti presenti sulla superficie dei leucociti; molecole come le tante altre alle quali la ricerca si sta sforzando di appiccicare il più possibile, senza lasciarsi impressionare dalla realtà, valore clinico, e quindi valore economico, facendole considerare dei markers clinici o dei recettori per farmaci immunologici. La ricerca alla quale la figlia si è aggregata è rigorosamente mainstream, è sull’asse centrale del fiume, dove la corrente è più veloce. Ed è una minuscola tessera della rivoluzione semiotica in corso nella biomedicina, una fase di evoluzione di una medicina fraudolenta e sfruttatrice; ma non sono sicuro che questo la professoressa Silvia Deaglio lo sappia; e non credo che se lo sapesse sarebbe così choosy da evitare nel suo lavoro di collaborare al disegno generale, o di contrastarlo.

La Deaglio ha raggiunto la posizione di professore universitario occupandosi di ricerche tali da non permetterle, neppure una sola volta su 102 pubblicazioni, di pubblicare da sola, di fare sentire la sua voce da solista invece di cantare nel coro. Penso si possa escludere che la figlia della Fornero sia capace di produrre a getto continuo idee che mobilitano all’istante dozzine e dozzine di ricercatori, come si potrebbe ingenuamente evincere dall’elenco dei suoi articoli, e dalla posizione accademica ottenuta; un portento che al confronto un’altra coppia di accademiche madre-figlia, Maria e Irene Curie, sembrerebbero due mezze calzette. Anzi, dato che entrambi i genitori della genetista sono anch’essi professori universitari il confronto andrebbe fatto con il trio Curie, includendo il marito e padre Pierre Curie; tutti e tre premi Nobel di indiscutibile valore. Anche il marito di Irene ottenne un meritato Nobel; a riprova che, ovviamente, sono possibili cluster familiari legittimi; ma da non confondere con le cliques familistiche. Si è fatto osservare, a difesa della giovane, che i genitori sono cattedratici in campi diversi, insegnando a economia. Ma la differenza è minore di quanto si possa pensare; la biomedicina è ormai una branca dell’economia; e non dell’economia pulita.

Oggi i risultati delle sperimentazioni biomediche sono regolarmente seguiti sul Wall Street Journal, avendo ripercussioni sui titoli in Borsa. In USA i ricercatori da tempo vengono indagati per insider trading; di recente la Security and Exchanges Commission, la Consob statunitense, ha comunicato che l’FBI ha arrestato per insider trading un neurologo che sperimentava un farmaco per l’Alzheimer. Del resto la studiosa si occupa di un recettore sul quale si sta sviluppando un farmaco che probabilmente, se approvato, come altri farmaci oncologici della sua classe sarà inutile al paziente, senza essere innocuo; ma che gli analisti finanziari prevedono già che, efficace o no, genererà fatturati miliardari, avendo già reso decine di milioni di dollari per la vendita della licenza. Le ricerche della figlia inoltre ricevono finanziamenti anche da una banca; ad essere picky, la stessa dove la mamma è stata vicepresidente; ma ciò non dovrebbe distrarre dagli stretti rapporti tra banche e business biomedico.

Sul tema del rapporto tra ricerca biomedica e denaro può dire qualcosa anche Barbara Ensoli, una dei tanti coautori della figlia della Fornero, anche lei con una lista di pubblicazioni sia lunga che larga su riviste prestigiose. La Ensoli, ricercatrice di successo come la figlia della Fornero, e anche di più, ha ottenuto decine di milioni di finanziamenti pubblici per una ricerca sullo sviluppo di un vaccino antiAIDS che si sta rivelando un colossale fallimento; secondo Agnoletto, che auspica l’intervento della magistratura, il prevedibile fallimento di una ricerca fine a sé stessa, cioè fine ai finanziamenti; ma che, come mostrano anche le migliaia di citazioni dei suoi articoli, ha creato un volume di affari, dando lavoro, lavoro scientifico prestigioso, ad un largo giro di persone; inclusi alcuni familiari della Ensoli.

La denuncia di Agnoletto è appoggiata da Robert Gallo, che ha scritto la prefazione al libro di Agnoletto “AIDS, lo scandalo del vaccino italiano” (Feltrinelli). Agnoletto ha riportato sul sito di Grillo che Gallo ha ritenuto fin dall’inizio privo “di un grammo di logica e di dati” il presupposto della sperimentazione cominciata 15 anni prima dalla Ensoli. Coloro che a suo tempo valutarono il merito del progetto non se ne accorsero? E’ interessante che Grillo, che si è fatto la fama di antisistema anche schierandosi contro l’establishment dell’AIDS, diffondendo la denuncia di Agnoletto ora si trovi dalla parte del numero uno di quell’establishment, Gallo; il quale a sua volta fu accusato di misconduct, in pratica di furto, sulla identificazione dell’HIV come agente dell’AIDS, e sul relativo brevetto. Fu assolto dopo un accordo tra Reagan e Chirac. Duesberg, che nega la validità della scoperta della quale Gallo si è appropriato, ha commentato che Gallo, ottenuta visibilità in questo modo, ha attirato nel campo dell’AIDS una scia di ricercatori carrieristi; anche perché dal giorno del proclama di Gallo sull’avere isolato il virus dell’AIDS, il plagio di un falso, i finanziamenti governativi USA divennero abbondanti per chi seguiva quella linea e si chiusero per gli altri. La Ensoli ha lavorato per 12 anni nel laboratorio di Gallo, nella mecca della ricerca biomedica, i National Institutes of Health di Bethesda; lì ha imparato come rubare agli dei il fuoco per darlo all’umanità. Sembra l’intreccio di una soap opera o il retroscena di un congresso della vecchia DC, ma questi sono gli esponenti di punta di un settore di ricerca di punta, la creme de la creme; un esempio del distillato ottenibile con le dure regole meritocratiche vigenti nella “comunità scientifica” internazionale.

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“Meritocrazia” è in realtà la parodia liberista del merito. Nei paesi anglosassoni significa che il potere fa in modo che il posto vada al più adatto, indipendentemente – o quasi – da rapporti o interessi personali. Indipendentemente, va notato, da valutazioni etiche, per come le si intende comunemente. Ma non indipendentemente da valutazioni politiche. Diversi incarichi vanno effettivamente ai migliori nel senso alto della parola; ma, nei campi dove corrono grandi interessi, come la medicina, anche se occorre un posto di professore per una manipolazione ideologica, per una frode concettuale o materiale, per mantenere uno stato di cose iniquo ma generatore di immensi profitti, anche in questo caso si sceglie effettivamente il più adatto a tale scopo; il più intelligente, preparato, creativo, infaticabile, amorale, servile, falso e spregiudicato; anche se è uno sconosciuto senza appoggi appena arrivato dall’altra parte del mondo.

Nella mia esperienza in USA, che ha incluso alcune delle stesse istituzioni dove si è perfezionata la figlia della Fornero (dove sono andato, e da dove sono tornato, in circostanze totalmente diverse), nel corpo docente, che includeva alcuni italiani, pur tra lotte e intrighi accademici erano assenti quei grossolani casi di raccomandazioni filiali così frequenti da noi; tranne che per un caso, “the glaring exception” commentò una collega inglese mentre parlavamo delle differenze tra Europa e USA. Era il direttore di un dipartimento di un’istituzione for profit affiliata; il quale, come è tipico di tanti raccomandati, forse per reazione alle chiacchiere sul suo conto, o perché non avendo conosciuto la fatica non la rispettava, e per ottenere come poteva il rispetto che ai suoi colleghi veniva tributato per le loro capacità, era anche il più “cattivo” e temuto dagli specializzandi.

C’erano invece tra i visitatori dall’estero italiani figli di genitori influenti, a volte figli di baroni universitari; persone di capacità normali, senza infamia e senza lode, non particolarmente portate per la ricerca né appassionate, che facevano il loro stage per formare i titoli previsti per il rilascio del posto sotto casa che gli era tenuto in caldo in Italia. E che avrebbero docilmente diffuso, a volte dall’alto di qualche cattedra, gli insegnamenti di stampo liberista al loro ritorno in patria; una tecnica di conquista economica descritta da Naomi Klein in “Shock Economy”. Il libro della Klein mostra che è una tecnica che storicamente fa parte di un insieme che ha compreso l’assassinio, nei giorni successivi al golpe in Cile dell’11 settembre 1973, degli altri medici che con Allende avevano attuato la sovranità sanitaria nel loro Paese, puntando su una medicina sociale e abbattendo l’importazione e il consumo di farmaci; e quindi i profitti delle multinazionali farmaceutiche. Il New England Journal of Medicine, la cui direzione era a pochi passi dai centri di Harvard per i quali sia la figlia della Fornero sia io siamo passati, pubblicò un editoriale che in pratica dice che quei medici se l’erano cercata (Jonsen et al., 1974; a commento di un articolo sulla stessa rivista che aveva illustrato i meriti del sistema sanitario socialista smantellato da Pinochet). Editoriale intitolato “Doctors in politics: a lesson from Chile”.

La meritocrazia liberista, dove il merito è stabilito dall’alto, può comportare anche l’eliminazione attiva, in modi diversi, di soggetti non graditi, “immeritevoli” rispetto alla hidden agenda. Discriminandoli e delegittimandoli; fino all’assassinio morale, facendoli figurare come elementi indegni, professionalmente e moralmente. Nei casi più molesti e pervicaci, magari come soggetti mentalmente disturbati; magari come potenziali terroristi [1]. Si trascura che in Italia quei poteri che vogliono la meritocrazia hanno ottenuto una selezione della classe dirigente; tramite l’eliminazione fisica di soggetti altamente meritevoli, o eccezionali, che avremmo dovuto tenerci stretti; usando i servizi e i terroristi come longa manus; e tramite le “lezioni” che le uccisioni costituiscono, facendo leva sul nostro individualismo di povera gente. Mentre sono stati aiutati altri soggetti, che è stato calamitoso avere nei posti di comando e che invece abbiamo accettato, spesso festosamente; fino ai governanti di oggi, nominati d’imperio, che, come ci meritiamo, ci sbeffeggiano mentre ci vendono.

Nei vari centri USA che ho conosciuto non ho trovato figli di madri famose o di genitori influenti tra i docenti, ma il comportamento di diversi di loro portava al contrario a pensare che fossero, metaforicamente, figli di madre ignota; tecnicamente bravi e quindi pericolosi. Nelle università e nei centri di ricerca statunitensi dove ci si occupa di ricerche finalizzate al profitto – il modello verso il quale l’università italiana sta strisciando – è comune la figura dello scienziato selezionato in base al merito strumentale, che è sia bravo, sia un ragguardevole “figlio di …”, il cui accesso alla direzione della ricerca ad elevato valore pubblico dovrebbe essere sconsigliato per ragioni di salute pubblica. Può darsi che al successo che il finanziere Sindona riscosse in USA, dove tenne anche conferenze in importanti università, abbiano contribuito le sue capacità di problem-solving matematico, che si dice fossero non comuni.

Il merito strumentale, la selezione del personale che non è ad personam, ma persegue un forma di efficienza per soddisfare un diverso calcolo egoistico, noi provinciali li scambiamo per equità, favoleggiando degli USA e di altri paesi come dell’Eldorado della Giustizia Lavorativa. E siamo pronti ad applaudire e ad indignarci per i nostos, i ritorni dei “cervelli in fuga” [2]; che a volte dovrebbero invece fare ricordare le conseguenze sull’Italia del rimpatrio di Lucky Luciano e degli altri indesiderati dagli USA negli anni ’50, perché sono utilizzati come strumento di colonizzazione, per l’introduzione di prodotti commerciali o di ideologie funzionali al business.

Da noi siamo agli inizi; l’antico malcostume si fonde col nuovo in ibridi grotteschi. La “meritocrazia” da noi attualmente non è neppure merito strumentale, ma la caricatura del merito. In essa il successo dovrebbe essere funzione del talento e di altre doti; in realtà vale la funzione inversa. Prescrive formalmente la regola che si va avanti se si è bravi; ma funziona in realtà secondo la regola che se si è avanti allora vuol dire che si è bravi. Non sempre naturalmente, ma spesso sono altri i determinanti effettivi del successo. E vale l’opposto: se si è discriminati si è dei perdenti, degli sfigati tanto presuntuosi quanto inetti; il danno e lo stigma.

Sul piano politico, da noi oggi meritocrazia non vuol dire come dice l’etimologia “il governo di chi merita”, ma che chi comanda va considerato il più meritevole. L’ultima posizione che ricordo della sinistra istituzionale contro la meritocrazia è quella di un articolo di Bruno Trentin sull’Unità del 13 lug 2006, “A proposito di merito”, dove si analizza sul piano storico la meritocrazia e la si riconosce come uno strumento del potere, concludendo che il concetto di merito sul lavoro è divenuto sinonimo di obbedienza. Già nell’Unità del 22 gen 2007 si leggeva un articolo dal seguente incipit: “Meritocrazia. E’ racchiusa in una parola la rivoluzione che Fabio Mussi, ministro dell’Università e della Ricerca, racconta in videochat ai lettori de L’Unità, intervistato dal direttore Antonio Padellaro”. Un altro punto sul quale la “sinistra” si è trovata d’accordo con Berlusconi, che si è espresso anche lui sulla necessità di introdurre la meritocrazia nell’università; e che ha portato esempi pratici alle donne in cerca di fortuna di come se sono brave possono aggiungere il laticlavio al loro guardaroba.

E’ una riedizione della vecchia storia che la posizione sulla scala sociale sarebbe determinata dalle capacità intellettuali. Ora possono cadere le maschere, e si ravvivano forme di classismo che non si erano mai spente. In risposta a Fornero e c. , coloro ai quali viene riconosciuto alto ingegno per il loro alto lignaggio potrebbero essere chiamati marchesini, dalla poesia del Belli:

A dì trenta settembre il marchesino,
D’alto ingegno perché d’alto lignaggio,
Diè nel castello avito il suo gran saggio,
Di toscan, di francese e di latino.

Ritto all’ombra di un feudal baldacchino,
Con ferma voce e signoril coraggio,
Senza libri provò che paggio e maggio
Scrivonsi con due g come cugino.

Quinci, passando al gallico idïoma,
Fe’ noto che jambon vuol dir prosciutto,
E Rome è una città simile a Roma.

E finalmente il marchesino Eufemio,
Latinizzando esercito distrutto,
Disse exercitus lardi, ed ebbe il premio.

(Il saggio del marchesino Eufemio, 1834)

Le espressioni sprezzanti verso i giovani, ai quali è stata tolta la prospettiva di una vita serena e completa, lanciate da questo governo di servitorelli, di abusivi raccomandati dalla finanza internazionale, non sono che l’accentuazione di uno degli aspetti peggiori del tradizionale sistema della raccomandazione: i raccomandati e chi li sostiene hanno spesso un atteggiamento scostante e altezzoso, simile a quello dei rinnegati, coi quali hanno in comune necessità psicologiche di autogiustificazione, e coi quali a volte hanno anche qualche parentela morale. Un atteggiamento che vuole sottolineare una incolmabile differenza; come se chi sta in alto per privilegio e chi sta in basso per discriminazione appartenessero a due razze diverse, o addirittura a due diverse specie biologiche. Anche in questa concezione c’è a volte del vero; ma in termini diversi da quelli delle fantasie che si rapprendono nelle menti dei suprematisti nostrani.

Ho l’impressione che, così come le buffonate e le prostitute di Berlusconi sono state preparatorie alle misure del governo Monti, che al confronto sembra serio perché non fa avanspettacolo e non dà luogo a notizie da rivista del barbiere, parimenti la diffusione di questi scandaletti, di questi sketch che farebbero ridere se non ci danneggiassero, servirà a introdurre una maggiore quota di merito strumentale, che sembrerà merito vero rispetto al nepotismo.

* * *

La meritocrazia è un modo col quale il potere ordina gerarchicamente la società. Non solo la ordina stabilendo gerarchie, ma la “pettina”: orienta i singoli verso il potere, verso il suo benevolo giudizio; così come “le freccette”, i vettori, di un campo di forze attrattivo puntano tutti, dalle loro diverse posizioni, a un centro di attrazione fisso. In ciò non solo è antidemocratica, ma corrode il popolo stesso, atomizzandolo, trasformandolo da comunità di soggetti che interagiscono in una massa di individui o di frammenti eterodiretti. Per non parlare degli effetti sull’entità che brulica sotto il belletto dell’espressione “comunità scientifica”.

Si possono distinguere due correnti, non separate, della meritocrazia; la “meritocrazia dei figli di” e la “meritocrazia dei marchesini” ne sono i rispettivi esempi paradigmatici. Una, misconosciuta, derivata dall’utilitarismo anglosassone, è quella che premia effettivamente una forma di merito, il merito strumentale. Nel merito strumentale sono i mezzi che giustificherebbero moralmente il fine. Per esso vale quanto osservato da D. Fisichella: “Ma si può immaginare una “competenza” così asettica da sfuggire sempre e comunque a ogni condizionamento dell’interesse? “Si può peccare per ignoranza” – osserva Vilfredo Pareto – “ma si può peccare per interesse. La competenza tecnica può fare evitare il primo male, ma non può nulla contro il secondo”. (…) l’esperienza dice che il mondo è pieno di scienziati e di intellettuali che si prostituiscono al potere e ne avallano tutte le abiezioni. Forse che costoro non sono corrotti perché sono competenti ?” [3]. Una meritocrazia che degenera sino a ricordare la scena, ne I Soliti Ignoti, della lezione tenuta da Totò, con una pacata verve professorale, sulla tecnica di scassinamento delle casseforti.

L’altra, che invece è ben nota, è quella del merito-grazia, un po’ calvinista e un po’ da Roma papalina, che taglia corto stabilendo che se uno ha successo è segno che è un predestinato, o che così vuole Dio che lo sa Lui quello che deve fare. In genere il potere vuole nei posti direttivi una quota sufficiente di un mix delle due varietà: “figli di” o altri portatori di merito strumentale, e marchesini o nobiltà di mestolo. Mentre sopravvalutiamo acriticamente il merito dei primi, i secondi ci appaiono, dal nostro punto di vista, come dei privilegiati; ma non va dimenticato che sono allo stesso tempo dei clientes, per quanto d’alto bordo; sono lì per dire sempre yes.

Si parla così tanto di meritocrazia, e dei complessi metodi che consentirebbero misure quantitative del merito, che ci stiamo scordando cosa è il merito, nella sua essenza classica, non distorta da ideologie politiche. Il merito non è quello degli esempi dei casi di ricercatori contemporanei e altre persone di successo esaminati qui. Non è neppure identificabile con genuine capacità intellettuali né con le abilità umane nelle loro varie declinazioni: già Aristotele nell’Etica Nicomachea osserva che “l’incontinenza”, la mancanza di saggezza, è compatibile con la scienza; e che tale mancanza di saggezza è compatibile anche con l’abilità. La scienza e l’abilità infatti prescindono dal fine buono. Mentre la saggezza è “la capacità di congiungere una premessa universale concernente il fine buono con una premessa particolare concernente i mezzi adeguati ad esso” [4]. Questo è il migliore principio che conosco al quale conformare i criteri per valutare il merito delle attività intellettuali, o tentare una valutazione.

Come i meriti esaltati dalla meritocrazia, questo merito, il merito classico, è anch’esso frutto di un criterio convenzionale. Ma un criterio naturale; basato su elementi etici, principalmente quello dell’utilità per la comunità delle capacità della persona, delle sue qualità e di ciò che con esse produce o di ciò che può produrre se gli viene consentito. Un merito che ci si può fare riconoscere portando la nostra povera merce non davanti alla ratio, a una razionalità che è bounded, limitata dati i nostri limiti cognitivi e limitata deliberatamente del potere. Ma davanti alla phronesis, la saggezza, nella quale la ratio è necessariamente ma solo parzialmente inclusa. Il merito rispetto alla capacità di usare mezzi particolari, e i corretti mezzi particolari, per un’utilità universale, come posto da Aristotele. Un criterio molto diverso da quello top-down, che discende dall’alto, che assegna il merito a capacità e doti che servono utilità particolari, non sempre lecite né sempre coerenti con l’utilità sociale: che è il criterio del merito strumentale, il massimo che l’ideologia della meritocrazia può offrire, quando non dà luogo a farse sguaiate e indecenti; o a pratiche di selezione tramite eliminazione delle quali è specialista Licio Gelli, e in generale la massoneria, che sono altri propugnatori della meritocrazia.

Il merito così inteso è una particolare forma di valutazione etica. Guarda ai vantaggi che le qualità dell’individuo offrono alla comunità. Non ci si dovrebbe vergognare di sostenere che il merito lavorativo va valutato secondo l’etica pubblica. Credo, a proposito del merito accademico, che sia da guardare con sospetto la produzione scientifica di quegli studiosi che la vantano dicendo che è “avalutativa”. Per diversi motivi. Intanto un conto è sforzarsi di essere oggettivi, un altro è riuscirci. Poi, la pretesa, comune a tante ideologie di diverso segno, di essere “scientifici” finge di non sapere che la teoria, inclusa la teoria politica, inevitabilmente permea di sé qualsiasi lavoro scientifico, accademico o intellettuale. Inoltre, la circostanza che un dato risultato sia oggettivo tende ad essere indebitamente usata come motivazione per imporre che il risultato non sia sottoposto a una valutazione delle sue valenze etiche, sociali ed economiche. Infine, oggi l’oggettività scientifica è piuttosto intersoggettività, accettazione da parte di altri soggetti, come ha mostrato Ellul. E’ accettazione tra pari, a cominciare dai professori universitari; gli effetti politici dei loro giudizi sono un’ulteriore ragione per la quale i professori dovrebbero essere selezionati nell’interesse del popolo; mentre spesso vengono nominati dall’alto, dai veri detentori della sovranità, e lavorano per loro.

Vi è anche chi sostiene che il merito non esiste, o che comunque tutti dovrebbero ricevere lo stesso trattamento. Questa posizione, che si sentiva ai tempi del ’68, ha il pregio di mostrare gli eccessi e le aberrazioni nel riconoscimento del merito e del suo compenso nella meritocrazia, e di come si manipoli il merito per eliminare quella pari dignità umana che va riconosciuta a tutti. Ma, considerando contro i fatti che tutti abbiano le stesse capacità, o che la società umana possa funzionare senza alcuna forma di compenso, di facilitazione o di garanzia in cambio del talento, dell’impegno e dell’assunzione di responsabilità utili alla società, è un’esagerazione di segno opposto che porta a sua volta, tramite il livellamento, a forme di discriminazione alla rovescia. Accettato che debba essere riconosciuto il merito, il passo successivo è prendere atto del problema del criterio. I criteri per la valutazione del merito e dei benefici da riconoscergli possono essere visti come algoritmi, dei quali possono essercene innumerevoli. Non procura nulla di buono ai più l’algoritmo della meritocrazia liberista che porta alle stelle alcuni, ai quali magari andrebbero posizioni molto più modeste, o che dovrebbero addirittura essere puniti, mentre all’estremo opposto incarica gli uffici affari riservati del Viminale di neutralizzare altri che avrebbero dei meriti ma secondo un diverso algoritmo, di carattere non gradito al potere.

La diade “particolare/universale” è un elemento chiave, oggi mortificato, per la valutazione del merito accademico e professionale (e che andrebbe recuperato anche in politica). Nel valutare il merito si deve porre attenzione a quali sono i reali destinatari dei vantaggi che produce. Ma la riduzione al particolare opera negativamente non solo sui fini ma anche al livello tecnico, quello dei mezzi. Spesso in medicina, col riduzionismo, si pretende che i risultati scientifici non solo siano immuni da valutazioni etiche sulle loro applicazioni, ma che siano adottati trascurando altri oggettivi aspetti materiali che modificherebbero o capovolgerebbero quel giudizio valoriale positivo che si dà per scontato. Mentre allargando la visuale, su un piano scientifico, divengono evidenti pecche gravi che dovrebbero impedire l’introduzione del ritrovato.

Invece l’oggettività puntiforme è il sigillo sacro che apre tutte le porte. Sono oggettive le statistiche per le quali il carcinoma del collo dell’utero è il secondo tumore più frequente nella popolazione femminile mondiale. E’ un dato che viene ripetuto dagli esperti e diffuso dai media, per propagandare il vaccino contro l’HPV, le cui basi sarebbe lungo criticare; ma il dato altrettanto oggettivo che in Italia, analogamente ad altri Paesi avanzati, questo tumore rappresenta solo lo 0.6% della mortalità per tumore tra le donne viene taciuto nel fare pubblicità al lucroso vaccino; al quale vanno così attenzione e risorse sproporzionate, nonostante che la sua efficacia nel prevenire il cancro non sia scientificamente dimostrata, e che sia prevista in grado non più che parziale dalle stesse fonti che lo hanno prodotto e approvato; e che vi siano ragioni biologiche per ritenere a priori che tale efficacia non possa essere che nulla – come per il vaccino antiHIV della Ensoli secondo Gallo, che però parla solo ora – secondo scienziati critici come Duesberg, che ha denunciato ciò prima che il vaccino antiHPV fosse sviluppato. Considerando questi elementi, i meriti del vaccino, di chi lo sviluppa e di chi lo promuove appaiono sotto una luce diversa.

Nella meritocrazia della biomedicina si riconosce come merito anche un merito che non solo è limitato al piano tecnico, ma che ha per oggetto informazioni tecniche che quando non sono false sono monche e distorte, ottenute usando lo stesso piano tecnico come un letto di Procuste. Si finisce così per riverire come meritori autentici illeciti o crimini; la cui copertura intellettuale è secondaria. Della definizione aristotelica andrebbe evidenziata la condizione che essa pone dell’adeguatezza tecnica dei mezzi, non meno di quella dell’universalità dei fini etici. Ci sono anche un’etica dei mezzi intellettuali, un’etica delle metodologie, un’etica della conoscenza, che sono state estromesse dalla giuria del merito.

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In USA c’è una comune espressione rivelatrice della cultura del lavoro nel liberismo: to become a success, diventare un successo. (C’è anche l’espressione rat race, per definire la corsa al successo lavorativo, e l’alienazione che provoca). Fanno credere alla gente che il successo sia tutto, per poi lasciarla ormai con un pugno di mosche. Il lavoro serve a sopravvivere; e il problema dei più, nonché sceglierlo, è di trovarne uno o conservarlo. Volendosi impegnare nell’ottenere una posizione di qualità, volendo investire nella carriera, o volendo resistere all’oppressione tramite il ricatto occupazionale, si potrebbe considerare l’opzione di essere choosy, anzi rigidi, guardando al merito del lavoro oltre che ai propri meriti. Rigidi verso sé stessi, non eccedendo i propri limiti, cioè cercando solo lavori nei quali si è certi di potere assolvere il dovere di essere competenti, attivi, e responsabili verso gli altri. E rigidi verso il mercato, escludendo lavori o compiti che comportano disvalori rispetto all’etica pubblica o individuale, a cominciare da quelli che li comportano occultamente; e rifiutando forme e prassi lavorative che non rispettano la dignità personale del lavoratore; mettendo così in mora il sistema. Per pagarsi questo lusso, che i figli di ministri non possono permettersi, occorre essere più easy, più accomodanti (ma non rinunciatari) sul resto, come le proprie aspirazioni, che spesso sono drogate dai messaggi di una società basata sui consumi. Non si diventerà big shots, pezzi da novanta, non si avrà vita facile, ma si resterà umani; e si contribuirà ad abbassare, verso il popolo, l’attuale baricentro della piramide sociale.

[1] Leopardi, Unabomber e altri eversori. https://menici60d15.wordpress.com/leopardi-unabomber-e-altri-eversori/

[2] Vendola e il nostos del professore. https://menici60d15.wordpress.com/2010/01/26/vendola-e-il-nostos-del-professore/

[3] D. Fisichella. L’altro potere. Tecnocrazia e gruppi di pressione. Laterza, 1997.

[4] Berti E. Aristotele. Sei, 1992.

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14 settembre 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di M.A. Mazzola “C’eravamo tanto Amato”. Censurato

Giuliano Amato e la meritocrazia mafiosa

@ m.l. audit. Grazie per la segnalazione del libro di Barrotta sulla meritocrazia. Segnalo il mio articolo “Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito”, reperibile su internet. Le capacità individuali vengono citate non solo in maniera distorta; le si cita solo quando fa comodo. In un ambiguo intervento sull’ineluttabilità della mafia (Mafia, Amato: ormai è diventata economia. ADN Kronos, 28 apr 2007) l’uomo per tutte le stagioni oggi messo a fare il giudice costituzionale, che allora reggeva gli Interni, ha affermato: “Noi possiamo decapitare la mafia, ma è un organismo che ha una capacità di riprodursi, che forse null’altro in Italia ha in egual misura”.

La mafia come l’Idra di Lerna, o come l’invertebrato che da lei prende il nome? Quando ghigliottinarono Lavoisier fu detto che era bastato un secondo per tagliare una testa come la sua, ma sarebbero occorsi cento anni per averne un’altra. Non è vero che è possibile rimpiazzare a ripetizione un capo in grado di condurre una cosca con un altro delinquente. Se si tolgono di mezzo gli ufficiali dell’esercito dei gangster, questo verrà sconfitto; se si vuole sconfiggerlo. Allo stesso modo, e lo stiamo vedendo, se si eliminano magistrati antimafia valenti e valorosi, non sarà facile sostituirli.

E questo può essere detto di tutte le altre attività di tipo dirigenziale o intellettuale. Quando conviene ai poteri che servono, i dr sottile sostituiscono l’ideologia del merito con visioni egualitaristiche della natura umana altrettanto mitologiche.

[Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito]

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4 dicembre 2013

Blog de il Fatto

Commento al post di D. Pretini “Senatori a vita, Forza Italia fa rinviare la convalida: “Chiarire i loro meriti”

Paragonare le nomine per merito al livello medio del Pdl è come paragonare B. a Bokassa e concludere che è un filantropo. Cambiano i personaggi, ma la telenovela continua, sotto la stessa regia. Elena Cattaneo non ha ottenuto risultati scientifici che possano essere definiti “altissimi meriti”. Ha però “meriti” politici: rappresenta il futuro dell’Italia, quello di un Paese de-industrializzato, in mano a potentati economici esteri, dove è centrale per l’economia la medicina, con le sue frodi, come quelle basate sulle promesse di resurrezione dei tessuti a struttura complessa mediate le staminali. Promesse tanto seducenti quanto assurde, e nocive per la tutela della salute. Come senatrice a vita, sganciata dal controllo popolare, potrà operare in tale senso; tra gli applausi degli astuti italiani che pensano che la Cattaneo li farà vivere 100 anni, così come hanno pensato che B. li avrebbe arricchiti.

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16 febbraio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. Letta “Elkann e gli altri: il partito dei Bamboccioni”

Enrico Verga contrappone alle parole di Elkann, Martone, Fornero etc. sui giovani che sarebbero disoccupati per colpa loro una speranza in Renzi. Ma Renzi simboleggia un cambiamento gattopardesco, e probabilmente un peggioramento: una parziale transizione dai raccomandati ““marchesini”” ai raccomandati ““figli di””: v. ““Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito”,” reperibile su internet.

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12 febbraio 2015

Blog de il Fatto

Commento al post di E. Murgese ““Respinto a Medicina a Milano, oggi sono a Oxford. Il problema dell’Italia? I fondi”

La radioterapia è in uso dal 1896, e di cancro si continua a morire. Non è la strada giusta, e bisognerebbe cercare nuovi mezzi terapeutici. Invece si prevede una forte espansione della radioterapia in futuro; grazie agli “assetati di successo” come si definisce questo ricercatore, che pur essendo laureato in fisica non sembra avere presente il concetto di miglioramento asintotico di una terapia che ha limiti intrinseci di efficacia. E grazie alla superficialità del pubblico, che anziché appassionarsi a questi “Dagli Appennini alle Ande” dovrebbe badare al suo interesse es. in materia di cura del cancro, e guardare al merito delle ricerche, che non vanno necessariamente a suo vantaggio ma di sicuro vanno a vantaggio di interessi privati.

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25 settembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Giannuli “Meritocrazia”

Si ritiene che Michael Young, laburista, avesse intenti satirici nel coniare l’espressione “meritocrazia”; v. “L’inganno della meritocrazia” di M. Boarelli, in Lo straniero, aprile 2010. Quello che scrisse in senso ironico e beffardo è stato preso sul serio dai liberisti. Il tema si presta ad equivoci. Un altro è quello sui “figli di”. Occorre distinguere tra la meritocrazia dei figli di papà, frequente da noi, e la meritocrazia di stampo anglosassone dei figli di buona donna; v. “Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito”.

https://menici60d15.wordpress.com/2012/12/10/choosy-marchesini-e-figli-di-la-differenza-tra-meritocrazia-e-merito/

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10 febbraio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di O. Lupacchini “Libertà, giustizia e merito si trovano solo nell’isola di Utopia”

Nicola Fusco. C’è anche chi ha avuto il coraggio di argomentare che questo stato di cose sia quello ottimale, per la prosperità di una società… avrà sicuramente letto “La favola delle api”…

@ Nicola Fusco. “Queste lucide analisi [di Mandeville, su una asserita dannosità delle virtù civiche] confermano il ruolo sovversivo che George Orwell attribuiva alla ‘common decency’. Spiegano anche perché tutti i poteri del secolo hanno dovuto unirsi in una nuova santa alleanza per liquidarla: la Sinistra e gli stalinisti attraverso l’intervento dello Stato, la Destra e i liberali attraverso il mercato, i fascisti per principio.” (Michea JC. L’insegnamento dell’ignoranza. Metauro, 2004).

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2 ottobre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di O. Lupacchini “Concorsi truccati, un grande classico. Quando il trombato era Giambattista Vico”

Piero Chiara commenta che il freddo di Vatolla, “nel Cilento nevoso”, forse ha aiutato Vico nelle sue meditazioni. Che oggi vengono riportate in sofisticati testi anglosassoni di semiotica. Bartolo Nigrisoli, chirurgo di guerra, estraneo ai servilismi e agli intrighi dei Balanzone, uno dei pochi professori che preferirono perdere la cattedra piuttosto che giurare fedeltà al fascismo, raccontava di come il prof. Rummo avesse copiato pari pari dalla tesi di laurea di Codivilla. Codivilla non disse nulla; intervenne rivendicando il suo anni dopo, quando Rummo si scagliò pubblicamente contro un terzo medico, Moscatelli, che aveva plagiato ciò che lui Rummo aveva rubato a Codivilla. Di aneddoti sulle miserie accademiche ce ne sono tanti. Ma converrebbe non scordare che in Italia gli scandali, le tangentopoli, esplodono, dopo decenni di impunità, quando arriva l’ordine di sostituire una mafia vecchia con una nuova. I magistrati sembrano avere una particolare destrezza nel perseguire le gaglioffate giuste al momento giusto. Il nepotismo, il clientelismo, possono essere sostituiti non dal merito ma dalla meritocrazia strumentale: dove a fare il professore di diritto tributario va il più abile nel curare gli interessi delle banche. O nelle cattedre mediche il più brillante nell’eseguire il copione delle multinazionali farmaceutiche. Con una censura non meno ferrea delle voci sgradite. V. “Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito”.

Il prof. Bellelli osserva che comunque l’Italia si colloca ottava in una classifica della ricerca internazionale basata sulle citazioni. Questi indici, più appropriati come misura del conformismo, sono criticati per la varietà di storture che generano. Inclusa la capacità di creare gli inciuci* nei quali noi italiani, forse a torto, siamo considerati i primi; di certo non siamo gli ultimi arrivati. Inoltre la ricerca internazionale, metro di paragone per Bellelli, in campo biomedico è così sana che si discute su se ad essere falsi sia la maggioranza dei risultati di ricerca, secondo il celebre articolo di Ioannidis (oltre 5000 citazioni…), o “solo” una bella fetta dalle dimensioni da definire. Gli argomenti di Bellelli costituiscono un esempio, una trasposizione al tema della selezione degli universitari, di temi importanti per la biologia e la clinica delle malattie che la pletorica ricerca ufficiale, imbrigliata, accantona, e copre con sofismi standard: l’assenza di “gold standard” di malattia solidi e la loro sostituzione con surrogati non validi; e il disprezzo, la svalutazione, per il fenotipo della malattia, per ciò che accade, sostituiti in nome dell’oggettività da indici pseudoquantitativi o esoterici test di laboratorio, che suonano scientifici ed essendo complicati intimidiscono, ma troppo spesso sono un latinorum ad hoc.

*Greenberg SA. How citation distortions create unfounded authority: analysis of a citation network. BMJ, 2009.

@ Andrea Bellelli. Non è questione di nazioni, ma di tipi umani. Non sono contento. Non si considera abbastanza ciò che il dr. Lupacchini evidenzia, che gli effetti delle epurazioni, della selezione inversa della classe dirigente, quali che siano la sua provenienza e le modalità, dagli omicidi politici “eccellenti” degli anni passati a silenziose eliminazioni per via burocratica, li scontiamo tutti.

@ Giacomo Mulas. “Esagerazioni”? Con un mercato globale dei farmaci sul milione di milioni di euro/anno, e in crescita incessante, è più facile che siano invece i suoi beneficiari a minimizzare ciò che è così smisurato che non si può negarlo del tutto. Il praticare una forma tradizionale di malaffare non impedisce di aggiungervi una forma più moderna, e di fonderle. (Io poi commentavo l’uso di questa aggiunta come elemento a discolpa dell’uso privato delle assunzioni nell’università pubblica). Credo anzi che il fattore sovranazionale sia al centro dei motivi che sottendono lo scandalo: i signorotti dello Stivale capiranno l’antifona, e compiaceranno l’impero il più possibile per cercare di mantenere l’ereditarietà dei feudi minori. Col risultato, che già c’è posso testimoniare, di un “lussureggiamento degli ibridi” tra la corruzione italica e quella d’importazione. Del resto, il ceppo nostrano della mafia è stato potenziato dal patrocinio di poteri esteri. Rileggendo il suo commento, con passi logici come “la corruzione generalizzata della ricerca non è minimamente un problema italiano perché non riguarda solo l’Italia” un altro esempio che mi viene alla mente è quello di Stanlio e Ollio: grazie al doppiaggio di Sordi e Zambuto la versione italiana fa ridere ancora di più dell’originale in inglese.

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28 marzo 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Dal Corno “Carriere, lo studio: “La fortuna conta più del talento. Per questo i mediocri battono chi ha maggiori abilità””

La fortuna può essere apparente, derivando da altre capacità. Napoleone per assegnare un incarico di comando chiedeva del militare: “E’ fortunato ?”. Pasteur diceva che il caso aiuta la mente preparata. Ma, con tutto il rispetto per l’arduo modello statistico dei fisici catanesi, “ho avuto fortuna” è anche una delle spiegazioni tipiche dei raccomandati. Il concetto di fortuna che sbaraglia il talento dovrebbe essere preso con le molle nella vita pratica. A volte la fortuna è un eufemismo per altri fattori. Non andrebbe trascurato (anche nei modelli statistici) il concetto di puntualità della fortuna per alcune persone di successo, bene esposto da un altro siciliano, acuto osservatore del mondo: “Due anni dopo la fuga di don Calogero con Bastiana lo hanno trovato morto sulla trazzera che va a Rampinzeri, con dodici lupare nella schiena. Sempre fortunato don Calogero, perché quello stava diventando importuno e prepotente.” (Il Gattopardo).

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6 febbraio 2021

Blog de il Fatto

Commento al post di M. Del Corno ” “La tirannia del merito”, nel libro di Michael Sandel tutti gli inganni e i pericoli della meritocrazia”

Il merito è il criterio valido quando comprende le doti morali oltre alla competenza e alle capacità. La meritocrazia è l’ideologia per la quale il comandare, il privilegio, l’arricchimento, sono meritati per definizione. Occorre distinguere nettamente tra merito e meritocrazia*. Altrimenti si può benissimo avere contemporaneamente meritocrazia e soppressione del merito vero. Lo mostra il pendolo della politica che ci passa sibilando davanti oscillando tra i due nuovi poli: demagoghi e tecnocrati. Tecnocrati ultra-competenti, ultra-competenti anche nel confezionare cravatte e applicarcele. Demagoghi di vario genere, rozzi, mediocri, a volte incapaci totali, figure appaganti per i mediocri e i presuntuosi, ma anche loro obbedienti ai burattinai. Con nel mezzo figure di politici tradizionali che, poco rassicuranti, e a volte agghiaccianti, sono i generatori del moto pendolare.

*Choosy, marchesini e figli di. La differenza tra meritocrazia e merito. (2012).

 

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Vedi anche:

La selezione avversa

La ‘generatio aequivoca’ di professori universitari e magistrati

Vendola e il nostos del professore

Pienza e la nuova Pienza

Il paradosso dei monatti

L’irresponsabilità della medicina in franchising

30 November 2012

Appello al popolo

In queste cause, i medici sono tenuti a rispondere solo se accusati di aver agito in contrasto col codice sanitario, d’aver dimostrato imperizia nella loro prestazione delle cure prescritte, o d’aver mancato ai loro doveri per sete di guadagno o per indolenza. Il problema però è che la maggior parte del danno inflitto dal medico moderno non appartiene a nessuna di queste categorie. Si verifica infatti nell’ordinario esercizio svolto da uomini e donne ben preparati, che hanno imparato ad adeguarsi ai giudizi e ai metodi imperanti nella professione anche quando sanno (o potrebbero e dovrebbero sapere) quali danni arrecano.” Ivan Illich, Nemesi medica

Nell’era nazista c’era un funzionario delle ferrovie responsabile della programmazione dei convogli per l’Est. Tutto quello che “faceva” era organizzare le partenze dei treni per Varsavia, Lodz, e naturalmente Treblinka, Sobibor, Auschwitz II, etc. La destinazione, egli riteneva, non lo riguardava. Il paragone non è esagerato.” E. Loewy. Ethics and Evidence-based medicine: is there a conflict? 2007

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Come appendice all’articolo sulle linee guida cliniche commerciali (LGCc) nel decreto Balduzzi [1] commento il testo definitivo, ora convertito in legge: Art. 3. 1. L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo.

Esamino la norma non da un punto di vista propriamente giuridico, non avendone la competenza, ma proseguendo il discorso sugli aspetti medici e politici. Una presentazione delle differenze tra il punto di vista medico e quello giudiziario sulle LGC in USA, aggiornata al 2003, è in: Clinical practice guidelines and the law [2]. Il testo riporta che l’American Medical Association si oppone all’uso delle LGC come standard legale, chiedendo che in sede giudiziaria abbiano solo valore indiziario. Nelle corti USA le LGC risultano essere usate più frequentemente per incolpare che come elementi a discarico; mentre chi le sostiene in ambito medico preme perché possano essere usate solo per discolparsi. Una recente presentazione delle posizioni giuridiche sul tema in Italia è in Caminiti [3]. Potrebbe essere utile come ausilio euristico nello studio giuridico una comparazione con la normativa sulla responsabilità nel franchising, accordo commerciale che ha alcune sostanziali analogie con la medicina basata sulle LGCc [1].

Per riallacciarsi a quanto già detto nel precedente articolo, e per ricordare quale sia nel concreto la solidità delle LGC come fondamenta della responsabilità professionale, e quali possano essere le conseguenze del loro impiego in questo senso, riporto alcuni casi di LCG messe in discussione nel periodo durante il quale il decreto veniva convertito in legge. Una buona pratica accreditata, molto nota, sancita da tutte le LGCc, quella dell’uso dei beta bloccanti per le coronaropatie, sta venendo sconfessata. Recenti studi hanno mostrato che i betabloccanti non danno vantaggi di sopravvivenza e non riducono il rischio di infarto o ictus. Contemporaneamente altri medici hanno fatto notare che i betabloccanti, almeno alcuni, aumentano il rischio di diabete, e conseguentemente di infarto e di ictus. Una rivista di divulgazione scientifica ha commentato che i betabloccanti, per i quali nel periodo di fulgore è stato assegnato un Nobel, “sono stati usati per 40 anni per trattare i problemi cardiaci, ma ora sembra che non funzionino. Cosa è andato storto?” [4]. In campo oncologico, LCGc molto importanti, quelle per la prevenzione del cancro della mammella, non traggono lustro da uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine [5], che considerando 30 anni di prevenzione con la mammografia conclude che lo screening “sta avendo, nel migliore dei casi, solo un piccolo effetto sulla mortalità per cancro della mammella”, mentre ha generato false diagnosi di cancro – e quindi danni fisici, psicologici ed economici – su 1.3 milioni di donne nei soli USA.

In Inghilterra, i giornali hanno usato tinte forti per riferire di una spaccatura tra i medici sul Liverpool Care Pathway, un protocollo per il trattamento di fine vita accreditato dal Department of Health come “best practice” [6]. Alcuni medici hanno denunciato che il protocollo, che porta a morte in media in 29 ore, viene usato come mezzo di eutanasia di massa degli anziani per liberare posti letto, e ridurre la spesa sanitaria, applicandolo anche a pazienti che non stanno morendo. Gli ospedali ricevono incentivi economici per raggiungere elevati livelli di applicazione del protocollo; alcuni ospedali hanno così raggiunto il mezzo milione di sterline. Per difendere il protocollo un “Consensus statement” è stato emesso congiuntamente da un gruppo di società mediche, come il Royal College of General Practitioners, alle quali si sono uniti il Royal College of Nursing che rappresenta gli infermieri e gruppi di pressione come Age UK che dice di operare nell’interesse degli anziani; riviste come il British Medical Journal lo hanno difeso enfatizzando i lati positivi del programma (la rivista gemella, il Journal of Medical Ethics, quest’anno ha pubblicato l’articolo di due bioeticisti italiani, Giubilini e Minerva, che sostengono che l’uccisione dei neonati è lecita nelle stesse circostanze in cui lo è l’aborto). Oltre che i rischi derivanti dall’assegnare troppo potere, e immunità, alle LGC, il caso mostra come il tema, che da noi si chiama del “testamento biologico”, abbia una rilevante dimensione economica, e come ci possano essere interessi economici di larga scala e moventi di tipo malthusiano per abbreviare la vita di alcune categorie di pazienti. Interessi che sono accuratamente censurati da noi, dove l’idea di forme di abbreviamento della vita è stata introdotta allestendo il teatrino laici/cattolici, al quale i magistrati si sono prestati [7]. In UK l’obiezione è sostenuta dai cattolici; che in Italia, dove tali pratiche, o meglio la loro formalizzazione, devono ancora affermarsi, si sono guardati dal diffondere la notizia dello scandalo. L’autonomia del paziente, che include il diritto a morire, e forse anche la facoltà di ottenere di abbreviare la fine, viene confusa con il suo opposto, la pretesa della medicina e di chi la manovra di decidere in base a criteri di parte se e quando la persona deve togliersi di mezzo; preferibilmente col suo consenso, avendola convinta che è quello il suo bene.

Una quarta notizia di questi giorni che aiuta a inquadrare la norma è l’analisi della PricewaterhouseCoopers, una multinazionale di consulenza alle imprese, che prospetta alle industrie farmaceutiche di fare in modo che i loro prodotti sostituiscano interventi medici più costosi, prevedendo che in questo modo la quota per la farmaceutica della spesa sanitaria possa salire dall’attuale 15% al 20% entro il 2020 [8]. Le LCGc saranno uno dei campi di battaglia di queste guerre per annettersi quote di mercato strappandole a settori concorrenti. La notizia è utile anche nell’analisi di scelte politiche del governo – sempre comprensivo con le industrie farmaceutiche [9] – come la riduzione della spesa pubblica per l’assistenza ospedaliera, il taglio dei posti letto e la chiusura di ospedali.

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1. Dal mondo reale al mondo rovesciato in tre mosse

La norma si basa su un concetto già opinabile, quello di colpa lieve in medicina. In medicina la nozione di “colpa lieve”, soprattutto di colpa lieve penalmente rilevante, è discutibile, perché in medicina anche una colpa “lieve” può avere effetti gravi, riguardando la diagnosi e la cura: la medicina è un “life-critical system”, per il quale vanno applicate misure di sicurezza stringenti. La colpa lieve appare far parte di un orientamento volto a evitare una pressione giudiziaria eccessiva sull’attività del medico; orientamento che porta i magistrati a emettere “principi e opinioni estremamente favorevoli nei confronti degli esercenti l’attività medica” [10].

Su questa premessa si è compiuto il passo fondamentale, quello dell’istituzione di un mondo [1] incorporando standard commerciali nella legge dello Stato. Un mondo rovesciato. Come detto, in linea di principio le LCG possono essere utili, o preziose, e alcune lo sono realmente; ma questa risorsa è inquinata da interessi economici, così che le LGC, a partire da quelle che riguardano le cure più comuni, possono essere formulate, e vengono formulate, in termini che sono altamente dannosi per il paziente, e anche per i sani [1]. La medicina ha il potere di definire ciò che è male e ciò che bene. Se scambia i valori coi disvalori, e se la legge sancisce lo scambio, ciò che è criminale può divenire obbligo, e il rifiuto di commettere reati un reato. Scambiando il male col bene, e imponendo il primo con la legge, si ottiene il temibile effetto di renderlo altamente efficiente. E’ una istituzionalizzazione di quei crimini dei colletti bianchi che hanno tra le loro caratteristiche quella di non essere riconoscibili come tali, e anzi di essere talvolta ricevuti con gratitudine dalle vittime [11].

Il comma del decreto Balduzzi appare essere espressione del patto simbiotico medicina-economia precedentemente esposto. Il liberismo è legalista: si sbarazza dell’etica sostituendola col diritto. Le LGCc, espressione della EBM, sono adatte all’applicazione in campo medico della pratica di spodestare l’etica insediando al suo posto la legge: alcuni clinici, discutendo di come la EBM porti, tramite salti logici, a costose indicazioni terapeutiche che non sono nell’interesse della salute del paziente, l’hanno definita “una adorazione della forma” [12]. La norma è un esempio di come l’uso corrotto dell’Ottimo consenta di calpestare i principi fondamentali e instaurare un regime di sfruttamento autoritario, tramite il controllo del corpo, senza suscitare allarmi e opposizione. Mostra come la scienza funga da ideologia al liberismo; mostra come quella che si fa chiamare “comunità scientifica” in campo medico andrebbe piuttosto chiamata “biocrazia” [13], essendo animata dai tecnocrati della medicina. La norma è un esempio di norma tecnocratica; dove classe medica e magistratura sottomettendosi a criteri “oggettivi” [1] in realtà si sottomettono a interessi particolari illeciti e antisociali e ne divengono strumento.

Infine, la norma sacralizza le LCGc, e il crimine che in esse può essere contenuto. Al di là dei limiti sull’entità della colpa e della distinzione tra civile e penale, che hanno un effetto cosmetico, la norma introduce nell’ordinamento il principio delle LGCc, dettate come si è visto da interessi terzi, come standard giuridico sul quale valutare l’operato del medico. Sacralizza quia absurdum, proclamando l’illogico, l’irrazionale. Non si comprende infatti per quale motivo un medico non dovrebbe rispondere di colpa lieve se applica le LGC. Non si comprende il nesso tra l’applicazione di standard e impunità. Anche nel caso di LGC mertoniane [1], cioè etiche e valide: sarebbe come legiferare che se una ditta edile costruisce la struttura in cemento armato di una casa secondo un progetto antisismico che sulla carta assicura elevata sicurezza allora è in certa misura esentata dal rispondere della corretta esecuzione materiale dei lavori. (Ma se le LGCc fossero pulite non ci sarebbe motivo di associarle a norme cervellotiche come questa). Una legge che premia senza una ragione giustificabile; una specie di legge-truffa, che premia quelle che spesso sono truffe. E’ una estensione della teologia scientista: chi applica la EBM è un sacerdote della scienza, che non esercita una professione ma officia riti, e non lo fa per sé ma per un Bene superiore; e quindi quando sbaglia non può essere giudicato col metro che si applica ai comuni fedeli, o agli eretici. La legge apparentemente suona ragionevole; a guardare meglio appare sventata e sciocca; la sua ratio reale è quella di un raffinato modo per sostituire alla Costituzione le regole di un nuovo ordine (Balduzzi è ordinario di diritto costituzionale, e ha insegnato “diritto costituzionale della salute e dell’organizzazione sanitaria”).

Il clero medico può essere controllato solo se per mezzo della legge si limita e si revoca la sua prerogativa di decidere che cosa è malattia, chi è malato e che cosa bisogna fargli”. L’affermazione di Illich [14], che si richiama alla concezione di Freidson per la quale le professioni si basano su una concessione di potere da parte della collettività [15] è tuttora attuale, se la si aggiorna, come ha in seguito fatto lo stesso Illich [16], alla nuova situazione, dove tale potere è ormai stato in larga parte tolto al medico, essendosene impadronita l’industria medica. Industria che questa norma perversa al contrario rende partecipe del potere di controllo dello Stato. Con la norma, che delega la definizione degli standard alle commissioni di esperti a libro paga delle multinazionali [1], la legittimazione professionale è di tipo teocratico, discendendo dalla dea Scienza, tramite la EBM controllata dall’industria. Vediamo come la norma interagisce, in una rete di complicità, con i medici, i magistrati e quella che chiamo “l’industria della malasanità”. Senza tacere, come invece vuole l’etichetta, le colpe e responsabilità delle persone che compongono il popolo.

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2. Il dilemma di Catalano

Ai medici la norma fa un occhiolino che è una proposta che non può essere rifiutata. Lavora per noi e avrai impunità, sgarra e sarai bastonato dal giudice. Vesti i panni dello scienziato, e avrai i privilegi dello stregone. Data l’influenza ufficiale e sottobanco sulle LCGc dell’industria medica [1], il decreto riconosce e in misura sostanziale prescrive obblighi del medico nelle decisioni cliniche verso soggetti terzi portatori di interessi che sono in conflitto con quelli del paziente, e talora in diretta opposizione. Un comparaggio forzoso. E’ una legge la cui carica perlocutoria di fatto non agisce come deterrente affinché ci si astenga dal danneggiare il prossimo, ma va nella direzione opposta. Esprime verso i medici una minaccia – e allo stesso tempo un’offerta corruttiva – che di fatto, dato lo stato epocale della realtà sociale della medicina, danneggia la tutela della salute per favorire quel genere di iniziativa economica che l’art. 41 della Costituzione proibisce. Discrimina inoltre tra medici, e quindi tra cittadini davanti alla legge, tramite un criterio abnorme.

Una minaccia che fa appello alla ragionevolezza. Catalano era il trombettista che in “Quelli della notte” dispensava riflessioni come “E’ molto meglio innamorarsi di una donna bella, intelligente e ricca anziché di un mostro, cretino e senza una lira”. La norma dice al medico che per lui è molto meglio attenersi a degli specchietti che anche un deficiente sa applicare, essere così rispettato e stimato, guadagnare e godere di impunità, piuttosto che scervellarsi a capire qual è il bene del paziente che ha davanti, passare per incompetente, rischiare di non lavorare e di finire sotto processo e essere condannato. Col decreto Balduzzi anche da noi viene istituzionalizzato lo scaltro alibi della “medicina difensiva”; alibi che preso per buono viene a sua volta usato – da conservatori come G.W. Bush, e da noi da alti magistrati in odore di massoneria deviata [17] – come argomento per legalizzare l’impunità dei medici; col risultato di favorire entrambi i mali, sia un eccesso di consumi medici nocivo e costoso, sia l’impunità. La legge premia l’applicazione automatica delle LGCc; inoltre stabilisce margini di tolleranza commerciali, cioè consente entro certi limiti un’applicazione frettolosa e sbadata degli schemini che riassumono le LGCc; come è vantaggioso nella medicina ad alta produttività, a catena di montaggio. Una norma patologica sul piano giuridico e iatrogena su quello medico.

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3. I magistrati e l’altra corruzione

Ai magistrati la norma fa un altro occhiolino. Consente loro di servire i poteri forti proteggendo il cuore nero del business medico senza esporsi. I magistrati tendono a perseguire le frodi mediche di secondo grado, quelle degli scandali che appaiono a ritmo continuo sui media, e a proteggere e favorire le frodi di primo grado, quelle strutturali, che vengono nascoste al pubblico [18]. La norma li aiuta in ciò rafforzando la separazione tra i due gradi e glorificando le frodi di primo grado. Con la nuova norma e il ruolo assegnato alle LGCc il magistrato perde un poco del suo potere decisionale, per vestire i panni dell’esecutore di giustizia delle multinazionali; può invocare per sé la stessa tesi difensiva che ha accolto nell’assolvere il medico: “ho applicato la legge / ho applicato le linee guida”, ”come è mio dovere”. La “Nuremberg defense”, così detta dalla difesa degli imputati del processo di Norimberga. Qui le responsabilità del medico – e del magistrato – non sono quelle dei criminali di guerra; ma non sono nemmeno così indirette come quelle del funzionario dei treni nazista (epigrafe).

L’applicazione del decreto e il valore giuridico così riconosciuto alle LGCc permettono di mandare assolto chi causa – anche consapevolmente – danno. Mentre espongono a punizione con sentenze alla giudice di Pinocchio quella minoranza di medici che “non sono del bel numero” (Collodi) e decidono, in scienza e coscienza, e correttamente, di non applicare le LCGc; (la magistratura fa di questi piacerini all’industria medica e ai suoi bracci operativi). Dato il carattere frequentemente iatrogeno delle LGCc e i susseguenti contrordini, potrebbe accadere che un medico venga condannato per non avere applicato una certa procedura, e che cinque anni dopo un medico sia condannato perché l’ha applicata, nello stesso contesto clinico. La norma impedisce la sciagura che si eserciti una giustizia che correggendo le aberrazioni del sistema abbia effetti politici, e invece coinvolge la magistratura in atti di frode e violenza. D’altro canto, la abnormità della legge può tradursi in un permesso morale, per alcuni magistrati, di applicare la loro discrezionalità, contrastando gli effetti perversi della norma, es. facendo leva sull’opinabilità del concetto di “colpa lieve” nell’atto medico.

Si parla molto di corruzione dei politici, riferendosi principalmente alla bribery, le tangenti nell’amministrazione di denaro pubblico. Altre fondamentali forme di corruzione vengono invece trascurate. La norma ne mette in luce due, molto importanti. Una è la corruzione a favore degli interessi dei poteri forti sopranazionali, principalmente le oligarchie anglo-americane e i poteri finanziari che hanno nella UE il loro braccio politico. Quei poteri forti, quei poteri atlantici, i cui disegni sull’Italia, ormai evidenti, la magistratura storicamente ha più favorito che ostacolato. Comprende la corruzione a favore della tecnocrazia; in ciò la si potrebbe chiamare “l’altra corruzione”, perché corrisponde a quello che Fisichella ha chiamato “l’altro potere” [19]. Non sorprende che la norma sia stata fatta emanare da un governo di tecnocrati, per quanto tecnocrati caserecci.

La seconda, collegata, è la corruzione che non mette le mani in tasca al cittadino, ma modifica il modello del mondo, capovolgendolo, a testa in giù, così che il denaro cada per gravità, come un fatto di natura, dalle tasche delle persone nelle mani dei profittatori. La si potrebbe chiamare “corruzione ontologica” nella quale si opera sulla costruzione della realtà sociale. Quello di costruzione della realtà è forse il più importante tra i poteri non scritti della magistratura. Il magistrato con norme del genere non giudicherà su quanto è avvenuto nel mondo reale, ma su un modello, difforme quanto meno nelle premesse. Giudicherà sulla base di miti; ciò che è inaccettabile, di miti dannosi, partoriti dagli studi di marketing e inoculati nel pubblico con i miliardi spesi in attività di pubbliche relazioni, con la corruzione, con la censura. Giudicherà su un mondo di carta e di sogni che spesso è un mondo rovesciato, al quale conferirà credibilità e consistenza.

Del resto la magistratura già contribuisce alla costruzione di un mondo falso, strutturato per lo sfruttamento tramite la medicina; volontariamente, senza esservi obbligata dalla legge, con decisioni giudiziarie che accettano, e avvalorano, le tesi di poderose campagne di disinformazione a favore del business medico; come la propaganda delle staminali, che devono appoggiarsi al mito e alla caciara non avendo dati reali che confermino le grandiose promesse [20], con sentenze che secondo il piduista berlusconiano Cicchitto mostrano che “c’è un giudice a Berlino” [21] e altre che sostengono l’esistenza di un “diritto alla speranza”, tale da rimanere “innegabile” [22] anche per lucrose terapie ciarlatanesche che in altre sedi giudiziarie, non avverse al business medico, hanno portato a un’inchiesta per truffa e associazione a delinquere: si ottiene così la creazione nel pubblico di aspettative, e la creazione di uno standard negativo che servirà a far risaltare al confronto come affidabili e promettenti le sperimentazioni cliniche ufficiali; il depistaggio sulle cause iatrogene dell’incremento delle diagnosi di cancro incolpandone l’uso dei telefoni cellulari [23]; con la chiusura di Green Hill, l’incoraggiamento, con l’appoggio di figure tanto nobili e disinteressate in tema di medicina quale è quella di Formigoni, a protestare contro la sperimentazione animale; una protesta pilotata strumentalizzando alcune buone ragioni, per indebolire ulteriormente i controlli scientifici, e per deviare la protesta dalle politiche che causano sofferenza alle persone al tema del dolore fisico inflitto agli animali [24].

Ogni gruppo sociale ha le sue pratiche particolari di abuso; queste due forme di corruzione appaiono proprie della magistratura, una magistratura “business friendly” [25], con precedenti di estrema gravità quanto a inversione pinocchiesca della devianza, di concerto con le forze di polizia, per favorire la frode medica strutturale; una magistratura sulla quale i signori della frode medica che hanno imposto la legge possono contare.

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4. L’industria della malasanità

Le frequenti cause giudiziarie per responsabilità professionale non sono parte della fisiologia di una società ben funzionante, come invece siamo abituati a pensare. Come impresa etica a carattere tecnico, che riguarda beni fondamentali, il lavoro del medico dovrebbe raramente finire in tribunale; in un sistema sano. La medicina dovrebbe essere strutturata in modo tale da prevenire in larga misura la commissione di reati e l’insorgenza di un contenzioso nel suo esercizio. Come ha intuito Illich (epigrafe), gran parte dei danni della medicina derivano da un dolo sistemico, che ora si istituzionalizza. Dolo che provoca sia iatrogenesi; sia la generazione di errori, dati il volume e la complessità delle procedure mediche; e dati i criteri industriali di produttività ai quali la medicina deve attenersi. Lo Stato, lo Stato nazionale [26], non dovrebbe sottrarsi alla responsabilità di definire lui gli standard [1], il bene e il male in medicina, e conseguentemente di impedire il dolo strutturale, per il quale i vari gruppi che traggono profitto dalla medicina storicamente spingono. Ma abbiamo uno Stato campiere. I medici non devono essere esonerati dal rispondere di imperizia, imprudenza, negligenza, ma di rado dovrebbero dare motivo per ricevere tale contestazione; l’errore medico puro dovrebbe essere ridotto al minimo con misure diverse da quelle giudiziarie. La dolosità, che in forme torpide e mascherate è comunemente associata alla medicina che persegue il profitto, dovrebbe essere riconosciuta e efficacemente repressa. Occorrerebbe inoltre evitare che le cause contro i medici vengano mosse strumentalmente, per perseguire profitti.

Invece nella realtà odierna la corruttela medica è consentita e sostenuta. Anziché prevenirla e contrastarla si è scelto di sfruttarla economicamente derivandone un ulteriore mercato, quello delle assicurazioni e delle cause legali. Un ulteriore feedback positivo, dove la “medicina difensiva” chiude il loop, che danneggia la tutela della salute [27]. In USA la “malpratice”, il contenzioso legale sulla responsabilità medica è anch’esso un’industria standardizzata: in alcune specialità l’agenda del medico prevede due appuntamenti fissi mensili col proprio avvocato. E’ parte integrante dell’attività professionale. Ricordo che al primo anno di residency in USA ricevetti da uno studio legale un cartoncino di invito a partecipare gratuitamente a un “mock trial”, un processo simulato, dove ci avrebbero dato istruzioni su come vestirsi, come parlare al magistrato, come rivolgersi all’eventuale giuria, etc. In USA sono gli studi legali che contattano sistematicamente i pazienti; una pratica che comincia ad affacciarsi da noi. In Italia le denunce sono passate da circa 9500 nel 1994 a circa 33600 nel 2010 [28]; le richieste di risarcimento sono più frequenti al Nord. La frequenza di tali cause potrebbe essere presa a indice del livello di industrializzazione della medicina di un Paese o di un’area. In questo modo il servizio giustizia segue la sorte del servizio medicina: anche del servizio giustizia si fa un altro settore economico, che impiega risorse pubbliche a scapito delle richieste fondate di giustizia.

I media, gli stessi che diffondono le false speranza sulla medicina, alimentano anche questa industria fomentando nel pubblico la propensione a fare causa con le storie di “malasanità”. I media sono anche lo specchio che amplifica responsabilità che, andrebbe riconosciuto, sono da attribuire al pubblico: “Indulgere alla moda radicaleggiante di mettere in berlina il medico sarebbe la maniera più sicura per disinnescare qualunque crisi politica alimentata dalla nuova coscienza della salute. Se i medici dovessero diventare vistosi capri espiatori, il buon paziente sarebbe sollevato da ogni colpa per la sua cupidigia terapeutica”. A scriverlo è Illich [14], un autore non sospettabile di partigianeria per la corporazione medica, né di sentimenti elitisti. Il medico è ormai un anello intermedio della catena dello sfruttamento; partecipando alla frode, nel ricevere ingiusti vantaggi deve addossarsi anche colpe non sue.

L’industria della malasanità agisce anche come valvola di sfogo, per evitare di fare crescere troppo l’insoddisfazione del pubblico, che percepisce una connotazione fraudolenta nella medicina commerciale, senza riuscire ad articolare una critica dati gli ostacoli e le barriere tecniche, psicologiche e culturali. La medicina tecnocratica, apparentemente così razionale, con le sue promesse pubblicitarie provoca in realtà una regressione psicologica, che viene sfruttata per il dirottamento. Illich [14] ha osservato che la medicina tecnocratica “favorisce la ricomparsa delle illusioni più primitive riguardo alle cause della morte.” Per le quali tra l’altro “la morte richiede …qualcuno a cui imputarla”. “La tradizionale caccia alle streghe, che si scatenava alla morte del capotribù, si modernizza. Per ogni morte prematura o clinicamente ingiustificata, si può sempre trovare la persona o l’ente responsabile che ha ritardato o impedito l’intervento medico.”

Abbiamo sulle cause giudiziarie mediche la percezione sbagliata che siano una normale routine. Un’altra percezione errata è che riducano la frode strutturale, quella insita nella medicina. L’industria della malasanità in realtà supporta le frodi. Con la sensibilità e acutezza che gli sono proprie, Illich nota che “la facoltà (dove esiste) di ricorrere in giudizio contro la cattiva pratica professionale ha mitigato il senso d’impotenza del profano, ma nella sostanza ha anche rafforzato la determinazione del paziente a insistere nelle cure ritenute idonee dall’opinione medica aggiornata”. E che “Se non disavvezza il cliente dal suo bisogno di chiedere e prendere sempre più assistenza, la difesa dei consumatori non fa che rafforzare la collusione tra chi dà e chi prende”. Le sue previsioni si sono avverate.

Allo stesso tempo, l’ordinamento, la prassi e la propaganda sono strutturati in modo che il dolo strutturale, funzionale al grande business, incorporato nelle LCGc, goda di immunità assoluta; che non sia in hoc mundi sul piano giudiziario. Al contrario, ora abbiamo la frode che si fa, con la necessaria circospezione, legge. Sempre più i reati che derivano dalla frode medica strutturale non solo sono intoccabili, ma vengono favoriti tramite la legge e l’azione giudiziaria. In USA si può essere condannati per non avere prescritto uno screening raccomandato dalle LGCc anche se secondo l’evidenza disponibile al paziente non sarebbe andata meglio se lo si fosse sottoposto allo screening [29]; mentre i medici non devono temere conseguenze giudiziarie se lo stesso screening provoca un cancro da radiazioni, o porta a una catena di eventi clinici e complicanze che termina col decesso, in una persona che era altrimenti sana. Sia in USA che in Italia colpe e comportamenti dolosi personali, anche molto gravi, tante volte restano impuniti mediante i tradizionali meccanismi castali e particolaristici; allo stesso tempo, molte cause sono pretestuose, motivate dalla venalità di avvocati, pazienti e familiari, e dalle spinte culturali e psicologiche citate sopra. Un’industria, quella della malasanità, che è fuori centro come lo è la medicina industriale basata sulle LGCc [1].

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5. Diritto ermetico

Il comma Balduzzi è funzionale a tale quadro; fa la sua comparsa nello stesso tempo in cui viene resa obbligatoria per i medici, dal 2013, l’assicurazione per responsabilità professionale. Le assicurazioni sostengono che in Italia il settore è in forte perdita; si prevedono pertanto aumenti del costo e riduzione dell’estensione delle coperture [28], verso la situazione USA, dove pure in passato le assicurazioni hanno riferito perdite, ma ora i margini di profitto per la vendita delle assicurazioni per responsabilità professionale sono sicuramente generosi, e sono andati aumentando, fino a superare, secondo una statistica, quelli del 99% delle aziende nella lista Fortune delle 500 maggiori imprese USA [30]. Il comma esplica a favore dell’industria della malasanità almeno tre funzioni. Rende possibile la sua crescita evitando che danneggi il business sul quale è sovrapposta, con la funzione di barriera di protezione; protezione della frode strutturale, che è elevata a standard e quindi non viene messa in discussione; non viene giudicata ma viene usata come metro di giudizio. Una botte di ferro che ripara in parte anche il medico, che in più continuerà a godere di ampie franchigie di impunità. Secondo, la funzione di moltiplicatore del contenzioso, poiché causa l’espansione quantitativa di procedure mediche, che sono innervate da fattori iatrogeni.

Una terza funzione è quella di generatore di incertezza e confusione che crei un opulento mercato per assicurazioni, avvocati, periti. etc. “Norma” in latino vuol dire squadra, la squadra dell’artigiano; da un lato, erigendo un muro bene a piombo attorno all’altare sul quale stanno regole che sono espressione di grandi interessi privati amorali, la norma è rigida e netta; ma le contraddizioni interne e rispetto alla realtà materiale la rendono intrinsecamente instabile, facendola agire anche come un generatore di disordine all’esterno del perimetro sacro che delimita. In sede giudiziaria può generare un caleidoscopio di configurazioni, distinguo, sofismi; la norma potrà portare a un traballamento, a un gioco ciclico, simile a quello visto per i farmaci nella EBM [1], tra LGCc, le loro diverse versioni, le critiche soft alle LGCc, che non mancano, e la gradazione della colpa. La colpa è grave o lieve? Quali LGC sono state applicate? In che misura? La loro applicazione è stata valida, ovvero lo specifico paziente parte lesa può correttamente essere rappresentato sul piano clinico dalla classe ideale di pazienti alla quale le LGC applicate o invocate fanno riferimento? Fino a dove si estende l’immunità conferita dall’avere applicato le sacre tavole? Le LGC vanno intese nel loro significato di intervento sulla popolazione, o valutate rispetto al singolo paziente? Come vanno considerate le LCG, soprattutto quelle che alcune fonti indicano come controproducenti, nella ricostruzione della causalità dell’evento? Possono essere considerate causa, concausa o vanno escluse a priori? Il medico ha una sua discrezionalità professionale o è un mero affiliato come chi distribuisce un prodotto con un marchio? Etc.

I medici saranno forse assolti con frequenza maggiore che senza la norma; purché paghino il pizzo al sistema, sotto forma di rata dell’assicurazione o di parcella agli avvocati. Costi che ricadranno sulla spesa sanitaria e quindi sul pubblico e sui pazienti [31]. Per un saggio della discussione in giuridichese delle LGCc nel decreto Balduzzi, piuttosto deprimente, anche se non privo di riferimenti al “cinico e pigro sapore aziendalistico” delle LGC, vedi Capitani [32]. Una norma chiara nella lettera che genera un diritto “ermetico”, ermetico nei due significati della parola: sia per l’isolamento ermetico, rispetto all’accertamento delle responsabilità, che con la norma si vuole assicurare ad elementi impresentabili della realtà materiale; quelli corrispondenti ai voleri e agli interessi del big business medico. Sia perché porterà a discussioni intricate e bolse, in alcuni casi difficili da valutare correttamente, cioè abbracciando la globalità dei fatti, anche per gli inquirenti, i giudicanti e le parti del processo. Con le LGC come standard giuridico il processo sarà spesso disaccoppiato dalla realtà; il suo esito sarà spesso determinato dal peso degli interessi coinvolti, dall’abilità degli avvocati e dalla qualità dei magistrati. Un bel risultato per questa unione tra rigore scientifico e certezza del diritto.

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Note

[1] La corruptio optimi nel liberismo. Le linee guida cliniche e il decreto Balduzzi. https://menici60d15.wordpress.com/2012/10/21/la-corruptio-optimi-nel-liberismo-le-linee-guida-cliniche-e-il-decreto-balduzzi/

[2] Timmermans S. Berg M. The gold standard. The challenge of evidence-based medicine and standardization in health care. Temple University Press,  2003.

[3] Caminiti R. La rilevanza delle linee guida e il loro utilizzo nell’ottica della c.d. “medicina difensiva”. In: Ferrario et al. La medicina difensiva. Questioni giuridiche, assicurative, medico-legali. Maggioli, 2011.

[4] Bloom J. Beta blockers are busted – what happens next? New Scientist, 12 novembre 2012. Expert: time to break the beta blocker habit? Bioscience technology, 12 novembre 2012.

[5] Bleyer A. Welch G. Effect of three decades of screening mammography on breast-cancer incidence. NEJM, 2012. 367: 1998-2005.

[6] Doughty S. Care Pathway condemned by senior doctors as “medical treatment that hastens death”. Mail Online, 23 ottobre 2012. Doughty S. Doctors to act on Care Pathway: after Mail campaign, investigation is launched into controversial guidelines on « hastening death ». Mail Online, 24 ottobre 2012. McCartney M. The assault on the Liverpool care pathway. BMJ, 2012. 345: e7316.

[7] Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico. https://menici60d15.wordpress.com/2009/06/24/il-riduzionismo-giudiziario-nella-frode-medica-strutturale-il-caso-del-testamento-biologico/

Questionario immaginario ai magistrati sul testamento biologico. https://menici60d15.wordpress.com/2009/03/09/questionario-immaginario-ai-magistrati-sul-testamento-biologico/

[8] Pharma industry ‘on cusp of golden era’. World News, 15 nov 2012.

[9] La generosità del governo Monti e del suo elettorato verso le multinazionali farmaceutiche. https://menici60d15.wordpress.com/2011/12/01/la-generosita-del-governo-monti-e-del-suo-elettorato-virtuale-verso-le-multinazionali-farmaceutiche/

[10] Drui P. Il medico, vittima o artefice del sistema giuridico italiano? Giornale della Previdenza, 2010. n. 8.

[11] Ruggiero V. Economie sporche. L’impresa criminale in Europa. Bollati Boringhieri, 1996.

[12] Psaty B M. Evidence-based medicine. Worship of form and treatment of high blood pressure. J Gen Int Med, 2000. 15: 755.

[13] Lech G. The biocrats. Penguin, 1972.

[14] Illich I. Nemesi medica. L’espropriazione della salute. Mondadori, 1977.

[15] Freidson E. Professions of medicine: a study of the sociology of applied knowledge, Dodd, Mead, 1971.

[16] Illich I. La salute è malata. Corriere della Sera, 23 ottobre 1998.

[17] Spagnolo G. Medicina difensiva, pazienti e finanza pubblica. Giornale della Previdenza, 2011. n.12.

[18] La magistratura davanti alle frodi mediche di primo e secondo grado. https://menici60d15.wordpress.com/2009/08/22/la-magistratura-davanti-alle-frodi-mediche-di-primo-e-secondo-grado/

[19] D. Fisichella. L’altro potere. Tecnocrazia e gruppi di pressione. Laterza, 1997.

[20] La fallacia esistenziale nel dibattito bioetico sulle staminali. https://menici60d15.wordpress.com/2011/10/22/la-fallacia-esistenziale-nel-dibattito-bioetico-sulle-staminali/

[21] Staminali: Cicchitto, c’é un giudice a Berlino. AGI, 22 agosto 20121.

[22] Staminali, dal giudice di Catania nuovo sì alle cure per Smeralda. Il Giorno Brescia, 2 ottobre 20122

[23] Nuove P2 e organi interni. https://menici60d15.wordpress.com/2011/12/08/nuove-p2-e-organi-interni/

[24] Sperimentazione animale. Uno spoglio etico. https://menici60d15.wordpress.com/2011/05/16/sperimentazione-animale-uno-spoglio-etico-2/

[25] Reati contro l’economia. https://menici60d15.wordpress.com/2011/01/23/reati-contro-leconomia/ .

I magistrati “business friendly” e la mafia come sineddoche tendenziosa. https://menici60d15.wordpress.com/2010/10/16/1593/

[26] Sovranità sanitaria. http://www.appelloalpopolo.it/?p=5626

[27] Sovradiagnosi II. Parodia e antiomeostasi nella medicina commerciale.

https://menici60d15.wordpress.com/2012/07/07/sovradiagnosi-iii-parodia-e-anti-omeostasi-nella-medicina-commerciale/

[28] Le Pera A. Responsabilità civile. Pillola amara per i medici. Giornale della Previdenza, 2012. n. 6.

[29] Kaplan R. M. Disease, diagnoses, and dollars. Copernicus Books, 2009.

[30] Eviatar D. Medical malpractice insurers’ profits higher than nearly all Fortune 500 companies. Washington Independent, 6 ott 2009.

[31] Gordon L. Financial effects of defensive medicine and medical malpractice insurance. Tesi. Ball State University, Indiana, 2011.

[32] Capitani F. G. il “Decreto Balduzzi” e la responsabilità medica: le linee guida ospedaliere. Lex24 Sole 24 ore, 4 ottobre 2012.

 

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20 ottobre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. De Felice “Big Pharma torna all’attacco sul caso Avastin-Lucentis”

Big Pharma all’attacco lo è sempre. L’analisi di documenti interni ottenuti e resi pubblici da magistrati USA che hanno processato aziende farmaceutiche mostra che essa agisce in base a criteri di marketing anche in campo scientifico (*). Tra le tante manipolazioni rivelate dai documenti c’è quella della segmentazione del mercato. Le case farmaceutiche hanno tipizzato il mercato, e hanno modi di presentare farmaci per i medici che chiamano “High flyers”, propensi all’off-label; e altri modi per i medici “Rule bound”, che vogliono seguire linee guida. In generale, sia propugnare l’off-label, trascurando gli enormi rischi clinici e il forte incremento della spesa, sia favorire l’uso secondo linee guida condizionate comunque dal business, sono modi, solo apparentemente contrapposti, di aiutare la ricerca amorale del profitto in medicina. Qualunque dei due partiti la spunti nel ben congegnato caso Avastin-Lucentis, l’industria e la finanza medica ne avranno in un modo o nell’altro un vantaggio; e avranno motivi di gratitudine per gli attivisti e i poteri dello Stato. Fino a quando Big Pharma sarà il banco, fino a quando politici, opinionisti, magistrati, non metteranno in discussione il diritto che si è presa di essere il banco, vincerà sempre.

* GI Spielmans, PI Parry. From Evidence-based Medicine to Marketing-based Medicine: Evidence from Internal Industry Documents. Bioethical Inquiry, gen 2010. DOI 10.1007/s11673-010-9208-8. Reperibile su internet.

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3 gennaio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Casolari “I contenziosi per via penale tra medici e pazienti ledono tutti: il futuro della medicina è fosco”

Resident in USA, ricevetti un invito a partecipare gratuitamente a un “mock trial”, un processo simulato, dove avvocati ci avrebbero dato istruzioni su cosa dire e non dire al giudice, come rivolgersi alla giuria, etc. Ero giovane, e lo cestinai pensando che non avesse nulla a che fare con la pratica della medicina.

Divenuta comodo strumento di profitto e di potere, la medicina è stata sovrainfettata dal business avvocatesco. In una medicina sana le cause penali e civili sarebbero rare: lo Stato definirebbe la medicina onesta, e, consapevole dei margini fisiologici di incertezza e degli inevitabili tradeoff, controllerebbe che la pratica, non necessariamente pubblica, non deviasse. Ma ogi la medicina non è più in mano ai medici ma a poteri forti, che ne impongono forme aberranti*.

Lo Stato invece di controllare fa da picciotto di sgarro e da esattore. I magistrati hanno accettato la medicina come forma di crimine legale. Nordio e magistrati “di sinistra” sono in consonanza sull’assimilare i medici ai magistrati nell’impunità**. Sanando l’infezione di base si spegnerebbe la sovrainfezione. Invece si istituzionalizza un prestige bias – che piace tanto anche ai magistrati: si difende il “prestigio” della medicina togliendo controlli; favorendo così ulteriori degenerazioni.

* L’irresponsabilità della medicina in franchising. – La medicina difensiva come scusa e come illecito. Sito menici60d15.
**Baruffe di corte: i baroni della destra e i mandarini della magistratura Ib.

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vedi anche:

 

La necessità di laicità contro l’aggiramento dei limiti e l’inversione dei controlli posti dall’art. 41 della Costituzione

Le pubbliche virtù delle ambulanze e il postulato di sacralità delle pratiche mediche stabilite

La corruptio optimi nel liberismo: le linee guida cliniche e il decreto Balduzzi

Sovradiagnosi II. Il business medico mira alla pancia

14 May 2012

Blog Appello al popolo

14 mag 2012

 

Voglio vendere farmaci a tutti. Voglio vendere farmaci ai sani. Voglio che i farmaci si vendano come caramelle
H. Gadsen, uno degli amministratori delegati della Merck, Sharp & Dome, la casa farmaceutica che nel 1958 lanciò il primo antipertensivo di massa con una campagna di marketing
Il paziente perde i diritti costituzionali scritti da Thomas Jefferson: alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità”.
Sir G. Pickering, regius professor di medicina a Oxford, sugli effetti dell’introduzione del trattamento farmacologico di massa dell’ipertensione

 

Nell’introduzione Welch e al. [1] chiariscono che la loro critica non riguarda la diagnosi su chi è davvero ammalato; ma “il nostro entusiasmo per la diagnosi” sui sani, la diagnosi preventiva. Welch fa una lista delle sovradiagnosi alle quali sarebbe esposto come paziente (ad un’età di circa 55 anni):

– Episodi isolati di elevazione della pressione arteriosa (PA). Diagnosi: ipertensione borderline.

– Peso 94 kg, altezza 182 cm. Diagnosi: sovrappeso.

– Ogni tanto bruciore di stomaco dopo i pasti. Diagnosi: malattia da reflusso gastroesofageo.

– Si alza una volta a notte per urinare. Diagnosi: iperplasia prostatica benigna.

– Al risveglio rigidità articolare, che si dissolve dopo un po’. Diagnosi: artrosi.

– Mani fredde, soprattutto se beve caffè. Migliora quando beve alcolici. Diagnosi: malattia di Raynaud.

– Deve scrivere la lista delle cose da fare, dimentica i nomi delle persone, non ricorda PIN e passwords. Diagnosi: early cognitive impairment. (Indicatore di Alzheimer incipiente).

– Ci tiene che tazze e bicchieri stiano su scaffali separati, così che corregge il lavoro della moglie quando questa scarica la lavastoviglie. Vuole in contenitori separati i calzini per il lavoro, quelli per lo sport e quelli invernali. Diagnosi (non probabile): disturbo ossessivo-compulsivo.

Se facesse una radiografia del torace, Welch non sarebbe sorpreso se mostrasse il reperto incidentale di un nodulo polmonare (sospetto cancro del polmone); né sarebbe sorpreso se una TAC addominale trovasse una cisti renale, una colonscopia un polipo, una biopsia prostatica un piccolo cancro. L’analisi genetica mostrerebbe varianti genetiche di tutti i tipi. Tutti reperti che porterebbero a ulteriori esami e con una probabilità consistente a terapie.

Welch considera questi come esempi di cattiva medicina; e commenta che la riduzione dell’aspettativa di vita sana che si sta osservando nei baby-boomers rispetto ai loro predecessori può derivare anche da queste pratiche, che creano malattia e disabilità. La diagnosi è un’arma a doppio taglio, avverte.

Welch e al. passano quindi a considerare la madre di tutti i programmi di estensione della medicina ai sani mediante sovradiagnosi: il trattamento dell’ipertensione arteriosa di grado lieve e moderato. Fino agli anni Cinquanta, solo l’ipertensione grave veniva considerata malattia e veniva trattata. Il trattamento dell’ipertensione grave è un intervento medico che ha un autentico valore curativo e preventivo: l’ipertensione grave provoca con elevata frequenza, e spesso in breve tempo, patologie importanti come lo scompenso cardiaco, l’ictus, l’infarto del miocardio; e altre gravi patologie vascolari.

Welch et al. mostrano come gli effetti preventivi benefici della riduzione della PA siano netti negli studi clinici per l’ipertensione grave, ma sono sfumati [fino a essere evanescenti] per elevazioni medie o lievi; mentre il rischio di effetti avversi da farmaci resta consistente. Il bilancio benefici/danni, favorevole nei casi gravi, diviene quindi sfavorevole in quelli lievi, dove il trattamento coi farmaci è peggio della malattia, o meglio della variazione identificata come patologica. Welch porta ad esempio due suoi pazienti. Il primo, Mr Lemay, si presenta con episodi ricorrenti di dolore toracico. La PA risulta 202/117. Il paziente viene ammesso in terapia intensiva, dove la PA viene abbassata. (Welch nota che il paziente risultò negativo per infarto del miocardio, mentre oggi, coi nuovi esami ematici, gli sarebbe stato diagnosticato un infarto; l’introduzione del dosaggio della troponina ha fatto aumentare del 25% la positività ai criteri di diagnosi di infarto; attualmente, nel 2012, si parla di abbassare la soglia di positività per i valori della troponina; ciò porterebbe a un ulteriore incremento della diagnosi di infarto miocardio del 47%; e delle conseguenti angiografie coronariche del 42%). Il paziente in seguito proseguì la terapia antipertensiva; che probabilmente gli ha salvato la vita.

Un secondo paziente, Mr. Bailey, un agricoltore 82enne, ad una visita risultò avere una PA sistolica di 160, con la diastolica nei limiti. Welch gli prescrisse un diuretico, in osservanza alle linee guida. In un’umida giornata di sole il paziente, disidratato, ebbe un collasso, favorito dal farmaco. Welch, clinico ed epidemiologo, fece questo discorso al paziente: il 19 casi su 20, in base alla letteratura  [quella ufficiale, condizionata da chi vende i farmaci] egli non avrebbe avuto alcun beneficio dalla terapia antipertensiva nei successivi cinque anni. Mentre sarebbe rimasto esposto al rischio di collassi, e alle conseguenze delle cadute, che a quell’età possono avere effetti disastrosi. Il paziente scelse di non curarsi. “Perfettamente razionale” commenta Welsh.

Il paziente da un lato fu fortunato ad essere seguito da un medico competente e onesto. Ma dall’altro, occorre chiedersi se l’onere della decisione debba ricadere sul paziente, qui di 82 anni, e non debba invece essere del medico, nell’ambito dei suoi compiti professionali, valutati anche, ma solo entri i limiti del vero e del razionale, i valori e le preferenze del singolo paziente. Welsh e coautori ritengono che sia il paziente a dover scegliere la strada, posto davanti alle statistiche. Questa posizione, criticabile, perché il medico fornisce consulenza e guida, non solo un campionario di opzioni, è una posizione illuminata rispetto a ciò che accade di solito, dove i rischi vengono taciuti e i benefici esagerati; e le statistiche in forma completa, comprensive degli effetti avversi, non solo non vengono presentate al paziente, ma il medico neppure le conosce, anche perché non vengono fornite di routine ma occorre costruirsele. Lo stesso Welsh, che è in questo campo competente come pochi, non dice a Mr. Bailey, per carenza di dati specifici, qual è il rischio che assumendo il farmaco cada, si fratturi il collo del femore e quindi in pochi mesi muoia. A questa carenza ha supplito il buon senso del vecchio fattore del Vermont.

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Perché non stabilire in anticipo di curare coi farmaci i Mr Lemay e astenersi coi Mr Bailey? Perché per un Mr Lemay, nel New England e anche da noi, ci sono 10 o 20 Mr Bailey. La PA ha una distribuzione di tipo normale, spostata e stirata a destra nelle popolazioni occidentali, fig. 1.

Fig. 1. Distribuzioni della PA sistolica in uomini di mezza età. Linea tratteggiata: nomadi kenioti. Linea continua: impiegati statali londinesi [2].

I farmaci antipertensivi possono ridurre di una certa quota (non azzerare, va notato) il rischio di scompenso cardiaco e accidenti cardiovascolari. Se si tratta coi farmaci solo la classe a rischio maggiore, quella nella quale i vantaggi sono netti, cioè la coda destra della curva, si ha un mercato piccolo. Spostamenti verso sinistra anche piccoli della soglia dalla quale la PA viene trattata provocheranno un  forte incremento del numero dei soggetti ai quali vendere trattamenti, coinvolgendo la “pancia” della curva, quella dove è concentrata la maggior parte dei soggetti, con valori che si discostano poco dalla media – e dalla normalità fisiologica –  e che beneficeranno meno o nulla dal trattamento e anzi ne avranno in media più danno che beneficio. Quando nel 1984 il Joint national committee USA spostò la soglia della PA diastolica da 95 a 90 mmHg per la diagnosi di ipertensione, il numero di statunitensi considerati ipertesi quasi raddoppiò. Spostando la soglia verso la pancia si catturano molti più pazienti; inoltre, così come una ciliegia tira l’altra, aumentano le prescrizioni di altri esami, e di altre terapie; e aumentano gli affetti avversi, cioè il carico iatrogeno sulla popolazione; effetti che sul piano dei profitti dell’Offerta sono tutti positivi.

Fino agli anni Cinquanta si trattavano le ipertensioni gravi, considerando soglie di 160/120, o maligne, 200/130. I clinici della prima metà del Novecento mettevano in guardia dal trattare l’ipertensione allora chiamata “benigna”. Nel 1931 il professor Hay scrisse che “c’è del vero nel detto che il maggior pericolo per un uomo con la pressione elevata risiede nella scoperta di ciò, perché qualche stupido cercherà di abbassarla”. La frase non è più attuale, perché fortunatamente le cure non sono quelle pesantissime di allora e dei decenni successivi; ma come si vedrà siamo arrivati al punto che in molti casi converrebbe riconsiderarla. Le soglie si sono progressivamente abbassate negli anni, fino a livelli così bassi da provocare qualche protesta, poi rientrata. Nel 1999 centinaia di medici di una sessantina di paesi firmarono una lettera aperta indirizzata all’OMS contro le sue nuove linee guida, che prevedevano l’abbassamento della soglia di normalità a 130/85, con 120/80 ottimale; accusando l’agenzia sanitaria dell’ONU di essere in combutta con la casa farmaceutica ASTRA:  l’OMS aveva interpretato lo studio sponsorizzato dalla ASTRA col quale si potevano giustificare le nuove regole al di là dei suoi risultati, che non mostravano benefici per tale abbassamento della soglia. Tra i firmatari il gruppo nazionale più numeroso era quello degli italiani. In Italia i medici di medicina generale, non pagati a prestazione, ricevevano con le nuove linee guida un aumento del carico di lavoro senza corrispettivo economico. Il controllo della PA è la prestazione più frequente negli ambulatori dei medici di famiglia.

Oggi a qualsiasi valore superiore ai 120/80 è attribuita una crescente valenza patologica (“pre-ipertensione” per i casi più lievi) e quindi una serie di accertamenti e trattamenti. I casi di pressione sistolica superiore a 160 mmHg sono il 4% della popolazione USA. Abbassando la soglia di 40 unità, a 120 mmHg, il mercato passa al 40% della popolazione; i valori della PA aumentano con l’età, e oltre il 90% dei soggetti di età superiore ai 65 anni ha valori superiori a 120/90 [3]. Per tagliare la testa al toro, alcuni esperti hanno proposto di trattare il 100% della popolazione di età superiore a 54 anni. Il mercato si va espandendo verso i giovani, gli adolescenti, e i bambini dai 3 anni in su; la terapia è cronica, a vita, e prima la si comincia meglio è, soprattutto per chi la vende. Skrabanek e McCormick argomentano che”l’ipertensione è forse la più diffusa e dannosa delle non-malattie contemporanee” [4].

Negli anni Cinquanta in USA i produttori di case farmaceutiche erano preoccupati che l’efficacia dei farmaci per le malattie acute, come gli antibiotici, avrebbe tarpato le prospettive di crescita della loro industria. Si pensò allora di ampliare il mercato, adattandolo alla mutazione epidemiologica secolare portata dagli effetti benefici della crescita economica: la riduzione delle malattie infettive e l’ascesa di quelle degenerative. L’ipertensione, malattia tendenzialmente asintomatica, offriva la possibilità di iniziare a trattare persone senza sintomi. Un team congiunto di scienziati della Merck, casa farmaceutica forte nella ricerca, e di esperti di marketing della casa farmaceutica Sharp & Dome, che invece aveva sviluppato questo altro settore dell’industria medica, lanciò il Diuril per l’ipertensione, in un’operazione che viene considerata il cippo che segna il cambiamento generale di paradigma, l’introduzione delle cure preventive, cioè la vendita di prodotti medici ai sani. Le due aziende si fusero, in quella che divenne la più grande casa farmaceutica del mondo, in un matrimonio che ha fatto scuola e nel quale ben presto il marketing è divenuto il coniuge dominante. E’ impressionante come già in quell’era lontana vennero usate tecniche propagandistiche sistematiche di coinvolgimento dei media e degli esperti per convincere medici e pubblico [5]. Il successo a sua volta portò a una ridefinizione dell’ipertensione come malattia e a progressivi abbassamenti della soglia di trattamento, che consentirono l’ingresso nel mercato di altri farmaci, in un’espansione esemplare dal punto di vista della crescita industriale.

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La medicalizzazione della PA nella popolazione generale può essere esaminata, secondo una nota tripartizione, a livello concettuale, politico-istituzionale e dell’interazione medico-paziente. Sul piano concettuale, il modello epistemologico razionalista, che studiava le cause delle malattie per trovare misure o terapie che agissero sulle cause, è stato sostituito da quello empirista [6]; nella definizione, nella categorizzazione nosografica e nella dottrina clinica. Conta il fenomeno, i valori di PA, e le outcomes degli interventi, cioè i risultati degli studi clinici di abbassamento della pressione mediante un dato farmaco. Nonostante l’importanza che l’ipertensione essenziale, la forma comune, ha assunto nella medicina attuale, le sue cause, e i meccanismi che la collegano o nei casi lievi-moderati la collegherebbero alla malattia restano in penombra o avvolti nell’ombra.

Si considera una singola variabile, la PA, e la si tratta come una variabile di tipo continuo. Ma andrebbe chiesto se i due assunti sono corretti. Come è stato osservato, le vasculopatie possono essere determinate da covariate dell’ipertensione, indipendenti rispetto ad essa, piuttosto che dall’ipertensione in sé. L’ipertensione può essere quindi solo un indicatore; un marker surrogato [7]. In questo modo non si distingue tra malattia ipertensiva, dove l’ipertensione appare avere un ruolo causale, e ipertensione come fattore di rischio; “fattore di rischio” è un’espressione epidemiologica che vuol dire “indicatore di rischio”, ma è usata come se volesse dire “fattore causale”. Altri possibili fattori vengono considerati solo in senso aggiuntivo. A parte le forme secondarie, non è scontato che sia lecito considerare in un’unica categoria di “ipertensione numerica” sia l’ipertensione grave, che ha i caratteri di una malattia, sia l’ipertensione fattore di rischio, sia l’ipertensione sintomo, che a volte è secondaria a stress, le uniche eventuali differenze essendo quelle quantitative del valore di PA. Appare che si dovrebbe anzi distinguere nell’ambito di queste categorie, su base etiopatogenetica. In molti casi, es. in oncologia, la sottoclassificazione fine aiuta a congiungere artificiosamente benigno e maligno. Qui, al di là di alcune suddivisioni generali, è convenuta la strategia opposta.

Questa monodimensionalità di tipo riduzionista rende possibile e facilita lo scorrimento verso sinistra lungo l’ascissa della curva gaussiana, verso la pancia della popolazione, sulla base dei risultati dei trial clinici. Questi ultimi, nota Welch, mentre sono netti per gli interventi sull’ipertensione grave, anche in studi piccoli, hanno necessitato di studi di grandi dimensioni per estrarre i ridotti effetti che giustificano l’estensione del trattamento all’ipertensione lieve e moderata. Spesso i risultati prodotti da tali giganteschi e costosissimi studi mostrano benefici risicati in maniera sconcertante; per spostarsi verso la pancia della curva, la montagna degli studi partorisce topolini. Una stima della riduzione del rischio di ictus nella fascia d’età 60-69 ha mostrato che secondo i dati ufficiali la terapia fa salire la probabilità di non subire un ictus dal 99.3% al 99.5% [3], un quinto di punto percentuale. Gli studi clinici, anche quando appaiono rigorosi, hanno una lista di limitazioni tecniche e di riserve, es. la validità esterna, cioè l’applicabilità al mondo reale. Gli studi clinici rispondono nei fatti anche agli investitori; che sembra siano stati di frequente singolarmente fortunati, ad avere, tra studi contraddittori e negativi, studi scientifici che mostrassero un minimo appiglio col quale giustificare il trattamento. La “scienza” ufficiale appare protesa a cancellare il più possibile la distinzione tra normale e patologico per i valori di PA; con una serie di espedienti.

I risultati “scientifici” minimi e dubbi vengono poi amplificati in più stadi, da quello scientifico alle informazioni al paziente passando per i media. Sul piano scientifico si presentano i risultati in modo da dare loro risalto. Così invece di dire “miglioramento di 0.2 punti percentuali” per riferire della stima citata, si potrebbe dire, usando come è consuetudine il rischio relativo, “riduzione del rischio del 28.6%”, che è matematicamente corretto ma forviante.

Fig. 2. v. testo.

La fig. 2 mostra un grafico a pag. 2 della traduzione italiana di un importante testo statunitense sull’ipertensione [8]. Un volume di oltre 500 pagine, col titolo mantenuto in inglese; primo capitolo, intitolato “Ipertensione nella popolazione generale”; incipit: “L’ipertensione è fonte di sconforto e al tempo stesso di speranza”. La figura, tratta da un importante articolo pubblicato su Lancet,  riassume la giustificazione teorica dell’abbassamento della PA anche per valori di elevazione ridotti, mostrando come la mortalità per cardiopatia ischemica decresca all’apparenza linearmente col ridursi della PA. Può sfuggire al lettore che la scala delle y non è lineare, ma logaritmica in base 2, mostrando, dice il testo, ma senza spiegarlo, come il rischio raddoppi per ogni decade di età. Questa trasformazione linearizza le crescite, e le decrescite, di tipo esponenziale; è di tipo esponenziale l’incremento generale con l’età dei danni e dei rischi da invecchiamento. La trasformazione è utile soprattutto quando c’è un range di valori ampio, di diversi ordini di grandezza.

Fig. 3. v. testo.

Fig. 4 v. testo.

Il grafico log- normale sulla relazione tra ictus e PA, fig. 3, è simile a quello della fig. 2. La situazione sarebbe stata rappresentata più fedelmente usando la comune scala lineare, come hanno fatto alcuni ricercatori che lo hanno ridisegnato [9], fig. 4. In questo modo il grafico racconta una storia molto diversa, mostrando che la correlazione tra elevazione della PA sistolica e ictus in realtà è inesistente o scarsa per i gruppi d’età meno anziani fino a circa 140 mmHg. E che c’è un netto punto di inflessione attorno ai 150 mmHg, con aumento del rischio, molto più marcato per i più anziani. Ovvero, che per la prevenzione dell’ictus non ci sono vantaggi teorici sostanziali nel trattare innalzamenti moderati della PA sistolica fino a 70 anni, e che anche dopo quell’età resta da vedere se conviene, dati gli effetti avversi dei farmaci, trattare elevazioni moderate.

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Questo tipo di informazione scientifica aiuta a immaginare di quale livello sia l’informazione a riguardo diffusa dai giornalisti che campano facendo da cassa da risonanza ai lanci dei nuovi prodotti medici, e di che livello sia quella propagandistica, basata su tecniche di persuasione da call-center che i medici utilizzano avendola ricevuta, a volte assieme a benefici come gadget, regali o semplicemente denaro, dagli emissari delle case farmaceutiche, gli “informatori scientifici” che li curano uno ad uno. Sul piano politico-istituzionale si mira alla pancia anche nel senso del crasso interesse. La pancia degli inciuci e della corruzione. L’American heart association ha stimato in 76 miliardi di dollari i costi diretti e indiretti per l’ipertensione in USA nel 2010. Nel 2004 gli antipertensivi hanno costituito il 10% della spesa per farmaci in USA. Anche in Italia gli antipertensivi sono in vetta alle classifiche dei farmaci più prescritti, con l’ACE inibitore ramipril al primo posto. Ci sono stati casi che hanno mostrato che gli esperti incaricati di dettare le linee guida sull’ipertensione hanno ricevuto cifre dell’ordine degli 800۠000 dollari dalle case farmaceutiche interessate. Da noi la magistratura è intervenuta con qualche tirata d’orecchie ai medici che a centinaia  ricevevano mazzette in cambio di prescrizioni, e alle ditte produttrici che pagavano i medici per lucrare. Di recente c’è stato il caso della maggiore casa farmaceutica italiana, Recordati, che produce l’antipertensivo lercanidipina.

Ci furono nei primi anni del lancio della terapia di massa per l’ipertensione opposizioni tecniche ed etiche; che poi sono rientrate. I tanti bioeticisti stanno alla larga da temi che sarebbero fondamentali, ma che trattare e pubblicizzare può tradursi in quello che molti considererebbero un suicidio professionale. Posso testimoniare che le voci scomode che sono percepite come una minaccia dal business e non obbediscono agli avvertimenti vengono eliminate dalla scena professionale con metodi sostanzialmente fascisti, mediante le istituzioni dello Stato. Anche la natura sociale dell’ipertensione, discussa negli anni Settanta, è tra gli argomenti proibiti. Mentre girano voci esagerate, o fantasiose, sulla capacità della mente di causare malattie organiche, come il cancro, si tace in genere sui determinanti psicosociali dell’ipertensione [6, 10]. Su come sia associata al modo di vita capitalista, su come aumenti nelle società competitive, e in condizioni di stress (incluso il mobbing); su come sia associata alla disoccupazione, e sia frequente nelle persone spaventate. Non si parla di come condizioni di vita più umane migliorerebbero lo stato di salute dell’intera popolazione anche attraverso l’abbassamento della PA, o di ciò che i valori della PA rappresentano sul piano fisiopatologico. Non si parla dei danni personali e sociali, derivanti dall’imposizione dell’etichetta di malato, e dell’assunzione del “sick role”, con le diagnosi di massa di ipertensione. Così si incanala il disagio psicologico che il sistema sociale crea verso la categoria classificatoria della malattia organica, che permette di sfruttarlo economicamente. Non si butta via niente.

Fin dai suoi esordi il lancio dell’ipertensione si è basato sulla stretta collaborazione tra industria privata e politici. I politici non si chiedono se questo uso delle risorse sia nel miglior interesse dei cittadini, e sono al servizio di questo strano trattamento collettivista imposto da interessi privati. Né l’insana partnership è limitata agli USA, ma riguarda anche la UE [11]. Uno studio norvegese ha mostrato che l’applicazione delle linee guida europee del 2007 sull’ipertensione comporterebbe un carico di lavoro che avrebbe effetti dirompenti sull’intero sistema sanitario del paese [12]. La sollecitudine amorevole con la quale si cerca di aiutare i sani a non ammalarsi comprando per loro (coi loro soldi) le medicine scompare quando nonostante i farmaci – e a volte a causa dei farmaci – una persona subisce ad es. un ictus. Allora per l’assistenza lo Stato si fa arcigno o latitante, e conteranno la capacità personale di fare le scelte giuste, le conoscenze e le disponibilità economiche, i fondi pubblici essendo stati spesi in questo e in tanti altri interventi “preventivi”.

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La pancia prende le forme della visceralità a livello dell’interazione medico-paziente. La PA è una grandezza biologica che si presta sotto vari aspetti a espansioni di mercato; anche e soprattutto perché, come gli studi di marketing verificano in questi casi, il suo controllo incontra il favore psicologico del pubblico. E’ stato detto che gli screening, come quello per l’ipertensione, più che di una “medicina basata sull’evidenza” sono espressione di una “medicina basata sull’invadenza”. Questo è in parte vero, ma non si tratta di una pura forma di “imperialismo del corpo”. Appare essere un’annessione consensuale più che un’invasione: piace al pubblico [11]. Al quale non si rende chiaro che la PA non è da considerare come un valore soglia che non andrebbe mai oltrepassato, come può essere – approssimativamente – per i valori degli esami clinici di laboratorio, ma è fisiologico e entro ampi limiti benefico che la PA, adattandosi di continuo alle richieste dell’organismo, si innalzi temporaneamente quando le richieste di perfusione degli organi aumentano. Richieste che possono aumentare anche per stimoli psichici; da questo punto di vista la PA è il parametro fisiologico adatto a convertire l’ansia, il disagio, in un segno “obiettivo” di malattia, passibile di cure materiali, e quindi motivo di commercio di beni e servizi.

Le cure sembrano concedere giovinezza, riportando i valori numerici della PA a quelli dei 20 anni; ma non è la stessa cosa che riportare l’apparato cardiovascolare, e gli altri, alla primavera della vita. La misurazione della PA è stata definita da un internista come un “gesto sacro” al quale spesso annette più importanza il paziente che il medico. Alcuni soggetti sviluppano forme ossessive che li portano a controllarsi la PA molte volte al giorno; secondo una statistica sarebbero 7 italiani su 100. L’illusione di controllare facilmente salute e malattia controllando, con l’assumere qualche pillola, un valore puntiforme, che si può misurare anche da soli o in farmacia, soddisfa il bisogno di controllo sulla propria sorte. Si ottiene così la medicina cosiddetta “euboxica”, da “eu-“, “bene”, e “-box”, “casella”: dove il paziente ha tutte le caselle degli esami nei limiti di normalità; e si ammala e muore lo stesso ma con gli esami in ordine, si è osservato commentando i risultati di studi che mostravano che all’abbassamento della PA era corrisposto non una riduzione ma un aumento dei decessi; l’equivalente in campo medico del detto sulla chirurgia “l’operazione è riuscita il paziente è morto”.

Così in ambulatorio avviene spesso una commedia degli equivoci. L’ipertensione può essere sovradiagnosticata anche perché la sua misurazione è soggetta a un considerevole errore di misura: la misurazione della PA è tradizionalmente manuale piuttosto che di laboratorio come per gli esami ematici, e si basa tra gli altri fattori su una variabile qualitativa come l’auscultazione dei toni arteriosi. Non è impensabile che capiti di misurare 95 mmHg invece dei 90 reali, la variazione che raddoppiò il mercato potenziale in USA nel 1984. Studi hanno mostrato che errori non sono rari, ma non se ne tiene conto come si dovrebbe. Si sono tolti dal mercato gli sfigmomanometri a colonna di mercurio, per ridurre l’inquinamento da mercurio (ma, nonostante sia stato formalmente bandito dalla UE, non si è ancora eliminato l’amalgama dentale, dove il mercurio va in bocca); a favore di quelli elettronici che non danno le stesse garanzie di oggettività. La PA può elevarsi transitoriamente per stress, per un’emozione o stati ansiosi, inclusa la visita medica e la misurazione stessa della PA; si tende però a trascurare l’aspetto funzionale, e a considerare anche l’ipertensione “da camice bianco” come una variante non innocua, da includere nelle forme da seguire e trattare. Non si avvisa il pubblico che diversi farmaci possono provocare innalzamenti pressori e precipitare eventi cardiovascolari; inclusi farmaci di uso comune come i cortisonici e alcuni antibiotici, farmaci non strettamente necessari come gli estrogeni per la menopausa, farmaci da banco che si mandano giù senza pensarci come gli antidolorifici e gli antinfiammatori. La semplice rilevazione della PA porta in caso di minima elevazione rispetto alle soglie draconiane a una serie di altri esami e accertamenti, che moltiplicheranno sia il rischio iatrogeno sia i fatturati. Welch e al. scrivono che con l’ipertensione lieve si trasforma la gente in pazienti; ma li si trasforma in parte anche in malati autentici.

L’aspetto più scorretto è quello sulla consapevolezza e la comunicazione del bilancio benefici/danni della terapia farmacologica nell’ipertensione lieve e moderata. Le varie classi di antipertensivi possono dare una varietà di effetti collaterali fastidiosi e pesanti. Disturbi dell’umore e del sonno, cefalea, riduzione della memoria, disturbi gastrointestinali, impotenza. Alcuni di questi effetti peggiorano ciò che dovrebbero migliorare; gli antipertensivi possono provocare, con meccanismi diversi, innalzamento dei lipidi nel sangue, squilibri elettrolitici, edemi, disturbi della funzione cardiaca, aritmie, sincopi, angina, infarto, TIA, ictus. Gli antipertensivi migliorano i parametri emodinamici nell’iperteso autentico; ma possono peggiorarli se vengono assunti quando in realtà non ci sono migliorie da ottenere. Gli abbassamenti di pressione eccessivi sono causa di infarti miocardici e cerebrali. Cuore e cervello sono protetti da tali abbassamenti da meccanismi dedicati, che però non sono insormontabili; e nell’anziano la capacità omeostatica si riduce. Negli anziani, la principale classe di consumatori, tali effetti avversi sono particolarmente frequenti e gravi. Gli antipertensivi possono interagire negativamente con altri farmaci, soprattutto nell’anziano, che spesso ne assume diversi. Possono influire negativamente sulle patologie e sui deficit dei quali l’anziano è spesso portatore. Si parla per gli antipertensivi di “curva J”: una curva a barca, come una J coricata, dove non solo la pressione elevata, ma anche il suo eccessivo abbassamento aumenta il rischio di malattia e morte. E sui valori ottimali di riduzione – quando si riesce a ottenerla – la dottrina non è chiara. Diversi studi non sono riusciti a mostrare che l’ipertensione sia un predittore di mortalità nell’anziano, e alcuni studi hanno mostrato che la PA elevata era un predittore di sopravvivenza piuttosto che di mortalità dopo i 75 anni d’età [3]. Parallelamente all’introduzione degli antipertensivi di massa c’è stato nei decenni un forte incremento dell’incidenza standardizzata per età di fratture del collo del femore; incremento che nell’ultima decade sembra stabilizzarsi. Ci si può aspettare un aumento di sincopi e cadute, e quindi di fratture ossee, da farmaci che deprimono i meccanismi fisiologici che normalmente assicurano il mantenimento di una PA sufficiente in caso di esercizio fisico, di emorragia o altre variazioni del volume ematico, di mutamenti meteorologici o del semplice assumere la statura eretta. Della relazione tra il consumo di antipertensivi e di vari altri farmaci assunti in massa dagli anziani e le cadute e le fratture non ci si cura molto; nonostante che la frattura del collo del femore nell’anziano sia una patologia grave, che molto spesso esita in una penosa anticamera del decesso.

L’ipertensione è adatta all’espansione delle cure ai sani anche perché rientra nel ristretto numero di alterazioni patologiche che sono in genere asintomatiche. Asintomatico non vuol dire completamente muto; la medicina ha sempre cercato segni oggettivi per definire una patologia, e per rivelarla se asintomatica. Nel caso di ciò che si considera ipertensione lieve isolata, il medico, esperiti gli esami di rito, non deve fare altro che titolare i farmaci  – venendo indotto a scegliere tra i più costosi, che a volte sono anche quelli che danno maggiori effetti collaterali – contro i valori numerici che risultano dal bracciale e dalla pompetta. Diviene così poco più di un tecnico specializzato dell’industria. Epidemiologi che hanno esaminato il tema del bilancio benefici/danni dei trattamenti osservano che le linee guida basate sui trials coartano a svantaggio del paziente il giudizio clinico sul caso individuale [13]. L’ipertensione, invece di venire inquadrata in un contesto fisiopatologico più ampio, è passata da malattia asintomatica a malattia virtuale; con l’alibi della “scientificità”, testimoniata dal giocare con qualche numero. Come recitava anche il titolo di una serie informativa di qualche anno fa del Ministero della sanità rivolta ai medici, si usa dire che si tratta di “prescrivere in base ai numeri”; che può essere inteso come una critica, ma anche come una lode. Ma questi non sono numeri, nel senso che si possa attribuire loro certezza matematica; sono statistiche, e statistiche parziali e distorte, di tipo promozionale. Le informazioni ai pazienti sono del genere di quelle di una brochure su un complicato titolo finanziario: sono generiche, esagerate e ottimistiche, e non mostrano i termini sui rischi, ben noti ai matematici che hanno creato il titolo. Rischi che invece dovrebbero essere esplicitamente misurati e considerati dalla dottrina medica, e incorporati nelle prescrizioni al paziente (fig. 5).

Fig. 5. Il grafico A mostra l’intersezione tra la possibilità di benefici del trattamento in funzione del rischio di base (linea continua) e il rischio di affetti avversi (linea tratteggiata). Mostra quindi la soglia di rischio dalla quale si può considerare il trattamento. Gli altri grafici tengono conto della diversa risposta individuale ai farmaci e della diversa suscettibilità individuale ai loro effetti avversi [13].

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I modi coi quali si è ottenuta l’espansione dell’ipertensione da malattia grave a una condizione diffusa che trasforma i cittadini in pazienti mi ricordano una frase della Storia della Colonna infame: “fecero come que’ ragni, che attaccano il capo del loro filo a qualcosa di solido, e poi lavoran per aria”. Oggi le delicate ragnatele dottrinali che permettono agli appetiti dell’industria e della finanza di raggiungere la pancia della gaussiana sono protette da birri e giudici. Nel libro la frase è riferita agli effetti del terrore imposto dai giudici su due delle vittime; quelli erano tempi feroci, nei quali si bruciavano pubblicamente le streghe e gli eretici; incluso, ottanta anni prima, Michele Serveto, uno dei primi studiosi della circolazione del sangue, messo al rogo dai calvinisti. Ma la tendenza a imporre e istituzionalizzare, anche con la violenza e la frode, credenze irrazionali e dannose è rimasta con noi, in forme che hanno perso la vistosità e sono divenute spaventosamente potenti. E non è mutata in chi amministra la giustizia la serva complicità nelle prepotenze criminali di poteri esteri, che allora erano gli spagnoli, mentre oggi sono i poteri forti dell’economia coi loro bracci politici, come gli USA, la UE, la NATO.

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Qui altri articoli sulla sovradiagnosi.

 

 

Immagine iniziale. Curva di Gauss della variazione dell’altezza in un campione di 2193 bambine di 8 anni. Da: Valabrega E. Contando e ricontando. Avviamento al calcolo delle probabilità. Loescher, 1980; ripreso da Le scienze, Larousse, 1934.

Parti precedenti:

Sovradiagnosi I. Come la medicina nuoce.  https://menici60d15.wordpress.com/2012/04/12/sovradiagnosi-i-come-la-medicina-nuoce/

Note

[1] Welch H G, Schwartz L M, Woloshin S. Overdiagnosed. Making people sick in the pursuit of health. Beacon Press, 2011.

[2] Rose G. Sick individuals and sick populations. Int J epidemiol, 1985. 14: 32.

[3] Kaplan R M. Disease, diagnoses, and dollars. Facing the ever-expanding market for medical care. Copernicus books, 2009.

[4] Skrabanek P, McCormick J. Follie e inganni della medicina. Marsilio, 1995.

[5] Greene J A. Prescribing by numbers. Drugs and the definition of disease. Johns Hopkins university press, 2007.

[6] Kawachi I, Conrad P. Medicalization and the pharmacological treatment of blood pressure. In: David P, ed. Contested grounds. Public purpose and private interest in the regulation of prescription drugs. Oxford university press, 1986.

[7] Il salasso ieri e oggi. La sinergia tra malattia e terapia. https://menici60d15.wordpress.com/2012/01/15/il-salasso-ieri-e-oggi-la-sinergia-tra-malattia-e-terapia/

[8] Kaplan N M. Kaplan’s clinical hypertension. Ninth edition. Edizione italiana. Lippincott, Williams & Wilkins, 2007.

[9] Kaplan R M, Ong M. Rationale and public health implications of changing CHD risk factors definitions. Annu Rev Public Health, 2007. 28: 321.

[10] Greenberg G. Psychosocial factors and Hypertension. Br Med J, 1988. 296: 591.

[11] Sovranità sanitaria. In : Appello al popolo. http://www.appelloalpopolo.it/?p=5626

[12] Petursson et al. Current european guidelines for management of  hypertension: are they adequate for use in primary care? Modelling study based on the Norvegian HUNT2 population. BMC Fam Pract, 2009. 10:70

[13] Krawitz R L et al. Evidence-based medicine, heterogeneity of treatment effects, and the trouble with averages. Milbank Q, 2004. 82: 661.

Sovradiagnosi I. Come la medicina nuoce

12 April 2012

Non basta dire che, essendo il cancro maligno, occorre chiamare cancro ogni altra formazione maligna: sarebbe questo un circolo vizioso […] Si deve determinare […] l’istologia e la fisiologia dei tumori. […] Purtroppo tutto ciò non è facile

R. Virchow, 1858

Il test [del PSA per il cancro alla prostata] vale poco più che fare testa o croce

R. J. Ablin, co-scopritore del PSA. In: The great prostate mistake. New York times, 10 mar 2010

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Il cancro purtroppo esiste, e fa paura. Ma nella nostra società sulla paura del cancro si innesta indisturbato un fenomeno di sciacallaggio. Così come le famiglie dei rapiti sono esposte a richieste di riscatto da parte di falsi rapitori, che vogliono sfruttare il loro stato di debolezza, chi ha il cancro, o teme di poterlo contrarre, deve fronteggiare non uno ma due pericoli: quello della malattia biologica e quello dei suoi simili disposti a sfruttare il suo stato di paura e di ricerca di aiuto. Uno sciacallaggio che può prendere un’ampia varietà di forme, ed è istituzionalizzato, come mostra il caso delle sovradiagnosi di cancro. Ciò vale anche per altre malattie, che l’attuale medicina tende a sfruttare economicamente prima che a curare.

Questo è il primo di una serie di articoli che riportano e commentano, integrandoli con aggiunte personali, i capitoli del libro “Sovradiagnosticati. Fare ammalare le persone nel perseguire la salute” di Welch, Schwartz e Woloshin [1]. La sovradiagnosi è diagnosticare una condizione morbosa attribuendole una gravità che non ha. La condizione falsamente rappresentata come molto più grave o potenzialmente più grave di quanto non sia realmente è in genere, anche se non sempre, reale: la sovradiagnosi è un’esagerazione interpretativa truffaldina; che come si può immaginare è a scopo di lucro. Si traduce in un danno per il paziente provocando ansie e paure, perdite economiche e cure inutili e spesso dannose, fino a configurare forme di lesioni gravissime e di omicidio. Può riguardare moltissime malattie, anche conclamate, ma assume aspetti epidemici nelle diagnosi precoci su soggetti asintomatici o con sintomi lievi o vaghi, eseguite per iniziativa individuale oppure nei programmi pianificati di screening di massa, in particolare di quelli per i tumori; dove vengono diagnosticate malattie, anche molto gravi, non in seguito alla richiesta della singola  persona già sofferente per una causa organica da definire, ma su soggetti sani.

Al lettore verrà alla mente il caso della casa di cura S. Rita. Ma lì le diagnosi erano falsificate grossolanamente, per una impostura personale di alcuni medici che, se non sono gli unici a praticare questo genere di medicina, non sono però rappresentativi della categoria. Il problema delle sovradiagnosi è legato al loro essere strutturali, cioè incorporate nella dottrina, e applicate legalmente e con tutti gli onori come routine nella prassi quotidiana, tramite sofisticate manipolazioni e una massiccia propaganda. L’operato di Brega Massone, Pansera Marco e gli altri sta alle sovradiagnosi di massa come un pusher che fa la cresta sulla merce tagliandola eccessivamente sta al traffico internazionale di droga [2]. Come dirò, le forze di polizia e la magistratura non combattono ma favoriscono illeciti come le sovradiagnosi strutturali, che non sono gli illeciti di balordi indisciplinati, ma espressione mainstream della medicina delle multinazionali e dei banchieri.

Il tema in Italia finora fa parte del proibito, di ciò di cui non si deve parlare al grande pubblico [3]. I programmi di screening, spesso appoggiati dallo Stato, in Italia e in altri paesi europei nascondono agli utenti quello che è il loro principale effetto avverso, la sovradiagnosi e il conseguente sovratrattamento. In USA, dove del resto il problema è ancora più grave, invece se ne parla. Su media che fanno opinione come il New York times e Newsweek sono comparsi diversi articoli “eye-opener”. Si sta considerando di avvisare anche formalmente gli utenti, introducendo quella liberatoria chiamata “consenso informato” anche per gli screening, scaricando così sull’utente la responsabilità, ma comunque inducendo almeno i più accorti a considerare di non sottoporsi ad alcuni esami. In USA il tema è stato fatto emergere per vari motivi, il principale dei quali è che in corso una manovra di frenata della spesa sanitaria. Lì, dove il sistema è disegnato per fare aumentare i costi, la spesa sanitaria sta divenendo un problema, e un po’ di marketing negativo mediante qualche spiffero di verità sulle sovradiagnosi, che sono un formidabile moltiplicatore, capace di incrementare capitoli di spesa per decine e centinaia di volte, può aiutare a rallentarne la crescita; senza certo fermare un volano che ha l’inerzia dei convincimenti di tipo religioso sulla medicina, e quella di alcuni trillions di dollari di PIL all’anno (un trillion sono mille miliardi). La spesa sanitaria USA ha raggiunto il 17.3% del PIL nel 2009 e si prevede che sarà del 19.3% nel 2019; se l’esuberanza del suo tasso di crescita, che è oggi intorno al 5% annuo, non verrà placata, la spesa secondo alcuni osservatori raggiungerebbe il 25% nel 2025.

Questo può spiegare perché il Chief medical officer dell’American cancer society, la principale fomentatrice della iatrogenesi in oncologia mediante quelle sovradiagnosi che calpestano il “primum non nocere”,  abbia pubblicato un libro gesuiticamente intitolato “How we do harm” “Come nuociamo” [4]. L’autore, Brawley, che mette in epigrafe una poesia di s. Ignazio di Loyola, e nel dilungarsi sulla sua ammirazione per i gesuiti raccontata come a scuola i gesuiti gli abbiano insegnato a chiamare “shit” la shit, fa vedere un pochino dello sterco dell’oncologia, stando attento a non mostrarne troppo; e fa anche, tra tanta retorica, qualche critica tecnica di notevole peso. Appare piuttosto che i gesuiti gli abbiano insegnato a camminare sul filo, per mettersi alla testa della denuncia delle gravi colpe dello stesso sistema che lo annovera tra gli appartenenti all’alto clero. Forse le confessioni involontarie, prima di quelle dei peccati ammessi come a imitazione di sant’Agostino, sono i passi più interessanti del libro. In Italia, che è spesso indietro di 5-15 anni,  il clero e i cattolici sono all’avanguardia nella produzione di quel lucroso materiale imbrattato di sangue sul quale oggi in USA si piangono lacrime di coccodrillo, pie o laiche.

Anche se forse questa, in USA ma per ora non da noi, è proprio la volontà di chi comanda, è utile diffondere il concetto di sovradiagnosi, che è tra i fattori maggiori di degenerazione della medicina. Il concetto è necessario sul piano politico: la vicinanza sul piano tecnico col modello USA di medicina, già stretta, sta aumentando, e vi è da noi chi auspica che si vada verso il modello USA di espansione della spesa sanitaria anche sul piano delle scelte politico-economiche [5]. La sovradiagnosi è uno dei modi principali di ottenere questo obiettivo. Purtroppo, anche se non dovrebbe mai, mai, essere così, perché ci si dovrebbe poter fidare della medicina, è necessario sapere del problema anche a livello personale, per meglio tutelare la salute della propria famiglia dai trabocchetti della medicina.

L’argomento oltre che vasto è intricato, derivando dalla commistione di due complessità tra loro eterogenee: la sovradiagnosi istituzionalizzata è il risultato di un impasto di alta tecnologia e pulsioni psicologhe primitive, opportunamente stimolate. Una mistura infernale di scienza sofisticata, ma distorta e manipolata in modo da combinarsi con alta affinità con un oscurantismo sostenuto dalla propaganda, che eccita gli eterni sentimenti e paure primordiali sulla salute. Il libro di Welch et al. consente un approccio relativamente semplificato al tema. L’autore principale, ricercatore al Dartmouth college, ha competenze sia cliniche che epidemiologiche, e ha fatto “a hell of a job” nel contestualizzare la sovradiagnosi nella realtà clinica e nel definirla in termini quantitativi sul piano epidemiologico. Glissa, e a volte è omissivo, sulle conseguenze iatrogene e sulla manipolazione ad hoc della dottrina fisiopatologica; pur descrivendo il movente economico, tende a scusare per quanto può le responsabilità morali dei medici, attribuendole in parte a fiducia in buona fede in ciò che prescrivono (nonostante studi abbiano mostrato che quando si indebolisce il “profit motive”, come la copertura di Medicare, calano come per incanto anche le prescrizioni inappropriate e nocive, emesse in scienza e coscienza, come quelle per il cancro alla prostata [4]). Del resto, considerate oggettivamente, le responsabilità sarebbero al livello di crimini contro l’umanità, e coinvolgerebbero una quantità di intoccabili del mondo economico e politico. Welch è comunque un autore che resta nell’ortodossia ufficiale, affiliato a un’istituzione il cui presidente di recente è stato messo a capo della Banca mondiale. Forse vuole anche evitare di essere sbranato dai colleghi, e di essere censurato dai poteri medici superiori, mostrando loro che anzi si è limitato. Ma in ogni caso il libro, che si sforza, riuscendoci, di rendere chiaro un soggetto un po’ complicato e soprattutto contrario al senso comune, ci offre la possibilità di comprendere un tema fondamentale, proibito in Italia.

Comincio dal considerare il capitolo su quello che è considerato come il caso più netto e chiaro di sovradiagnosi: lo screening per il cancro alla prostata.

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La bolla del cancro della prostata

– Lo psichiatra: perché agita le braccia?

– Il paziente: per tenere lontano gli elefanti.

– Lo psichiatra: ma non ci sono elefanti qui.

– Il paziente: appunto, funziona.

Incredibilmente, in sei anni, dal 1986 al 1992, in concomitanza con l’introduzione dello screening per il cancro della prostata con il PSA, il tasso di diagnosi di cancro della prostata in USA è quasi raddoppiato. Il picco è stato preceduto da un aumento, cominciato nel 1975, legato all’esame istologico dei frammenti di prostata da resezione endouretrale per ipeplasia prostatica; ad esso è seguito un certo calo, ma con un tasso sempre superiore del 50% a quello pre-1975.

Il problema del presagire un male futuro per poi affermare di averlo evitato con un proprio intervento, dalle misure contro gli elefanti del paziente della barzelletta alle predizioni di cancro e relative cure alle predizioni e i relativi sortilegi delle fattucchiere, è che genera controfattuali: se non avviene niente l’oncologo o la maga possono dire che la loro azione ha salvato il cliente. Questo sul piano individuale; la singola persona diagnosticata come affetta da tumore difficilmente metterà in dubbio una simile diagnosi; e se anche lo facesse non saprà riconoscere, se non dispone di competenze specialistiche – che in alcuni casi non sono comunque sufficienti a dare una risposta certa – se aveva davvero un cancro. La sovradiagnosi si rivela sul piano epidemiologico, dove, scrive Welch, se il tasso di diagnosi positive per un tipo di cancro nella popolazione aumenta, e se si tratta davvero di cancro, aumenterà con una buona correlazione anche il tasso di mortalità per quel cancro (fig. 1). Invece la mortalità per il cancro alla prostata è rimasta sostanzialmente stabile, con qualche riduzione attribuibile al miglioramento delle terapie; o anche, paradossalmente, agli effetti iatrogeni delle terapie, che fanno morire il paziente per altre cause, cardiovascolari, prima di quando il cancro della prostata, ammesso che ci fosse, lo avrebbe ucciso [4]; mentre l’incidenza di diagnosi è passata da meno di 100 per centomila nel 1975 a circa 150 per centomila nel 2005, con un picco di oltre 225 per centomila nei primi anni Novanta (fig. 2).

 

Fig. 1 Evidenza epidemiologica di sovradiagnosi secondo Welch.

Fig. 2. USA 1975-2005. L’area scura è data dai cancri della prostata sovradiagnosticati. Welch, cit.

Un fautore dello screening, o anche per il suo campo Wanna Marchi, potrebbero rispondere che se non si vede nulla è perché il danno sarebbe stato maggiore, se non fosse stato sventato appena in tempo, proprio grazie al loro intervento. Ma questa spiegazione “forza la credibilità” commenta Welch. Invece che un fattore – la sovradiagnosi – ne richiede due: autentico incremento nel cancro e miglioramento nelle cure. Inoltre richiede un’ipotesi “eroica”: che l’autentico aumento del carico di cancro, l’introduzione dello screening e il miglioramento delle cure siano avvenuti tutti e tre in perfetta sincronicità. Questa ipotesi tripla è altamente implausibile, mentre come dirò ci sono altri elementi che non lasciano dubbi  che si sia trattato di sovradiagnosi.

Se lo screening fosse solo una diagnosi precoce di cancro autentico, il numero totale di individui diagnosticati sarebbe costante, limitandosi ad accumularsi nei primi anni dell’introduzione dello screening. Con lo screening c’è stato invece un incremento nel numero totale dei cancri della prostata, o meglio delle etichette con questa diagnosi, che Welch stima in un extra di due milioni di persone in USA tra il 1975 e il 2005. I tassi di incidenza sono rimasti elevati. Hanno ammesso che vi è stato un enorme problema di sovradiagnosi le stesse istituzioni Usa preposte. Nel 2008, sulla base di studi clinici, la US Preventive Services Task Force ha raccomandato contro lo screening sui sani per il cancro della prostata, ammettendo che il test sul quale si basa, il dosaggio del PSA, risulta in una riduzione della mortalità piccola o nulla ed è associato a danni; l’American cancer society ha ammesso a posteriori che “la ricerca non ha ancora provato che i potenziali benefici dello screening superano i danni del test e del trattamento” invitando a limitare lo screening ai soli pazienti sintomatici e con più di 10 anni di aspettativa di vita.

In Italia, già nel 1996 un documento di consenso sugli screening del CNR e della AIRC affermava che allo stato non era “lecito né etico realizzare lo screening” per il cancro della prostata. Ma al 2011, quando la non eticità e la non liceità sono risultate ancora più chiare, il nostro ministero della salute propone un test annuale del PSA dopo i 50 anni. Da noi il test ematico di screening a volte viene inserito di routine nei comuni esami del sangue, senza chiedere il consenso del paziente, e non informandolo preventivamente dei pesanti rischi del test. Sulle “problematiche” etiche, deontologiche, giuridiche e politiche di queste politiche e prassi, i nostri tanti bioeticisti, così facondi sui media, muti come pesci sono. I dati ISTAT riportano un quasi raddoppio dell’incidenza delle diagnosi di cancro della prostata tra il 1998 e il 2002. La situazione italiana [6] è un’importazione di quella USA. Ma noi non ce ne preoccupiamo, concentrati a osservare e commentare le vicissitudini mondane delle ghiandole sessuali di Berlusconi anziché pensare a salvare le nostre  [7].

Una diagnosi di cancro su una persona sana non è uno scherzo. Provoca danni gravi, e lesioni che possono arrivare a essere mortali. L’efficacia delle terapie precoci, che viene data per scontata nella mistica degli screening, dovrebbe invece essere la prima questione scientifica da accertare in questo campo, nota Brawley. Welch concede che alcuni tra i pazienti possano avere beneficiato dello screening per il cancro della prostata, anche se su questo non ci sono dati certi, e le istituzioni accreditate ammettono che i benefici potrebbero essere nulli anche per una fortunata minoranza di pazienti; ma calcola che per ogni paziente che ne ha beneficiato, non si sa in che misura, da trenta a cento sicuramente hanno sofferto le conseguenze di una falsa diagnosi di cancro della prostata: le conseguenze psicologiche e sociali della diagnosi, e le pesanti conseguenze fisiche delle cure. Uno studio di coorte ha mostrato che dopo una diagnosi di cancro della prostata i rischi relativi di suicidio e di attacco cardiaco mortale nel primo anno dopo la diagnosi raddoppiano, con un picco di rispettivamente 8 e 11 volte nella prima settimana dopo la diagnosi. Un giornalista del New York times, scrivendo della sua esperienza personale, ha commentato “ è più difficile scrivere del peso della depressione che del cancro della prostata in sé e delle indegnità fisiche che ne conseguono”.

La biopsia prostatica è dolorosa e comporta un certo rischio di sanguinamento e infezioni gravi. Le terapie in Italia tendono ad essere meno “aggressive” che in USA, ma non troppo. La sovradiagnosi ha portato nella maggior parte dei casi all’asportazione chirurgica della prostata e alla radioterapia. Dalla terapia derivano molto spesso impotenza, incontinenza urinaria, altri penosi disturbi alla defecazione. Se le cose si mettono male, la terapia può causare ulteriori complicanze, come la creazione di fistole tra il retto e la vescica, che porteranno a una colostomia e a una ureterostomia, così che le feci e le urine verranno emesse in sacche mediante tragitti che passano la parete addominale. A ciò si può aggiungere il sovratrattamento: venire curati con terapie più pesanti, pensate per il cancro avanzato [4]; blocco della produzione di ormoni maschili mediante farmaci, se non mediante asportazione chirurgica dei testicoli, con complicanze come fratture ossee, attacchi cardiaci, ictus. I milioni di false diagnosi, in USA e negli altri paesi occidentali, inclusa l’Italia, hanno avuto conseguenze inimmaginabili.

Le sovradiagnosi generano un forte spreco di risorse che poi mancano per interventi più utili ai malati. Distorcono la pratica medica e il mercato; in USA gli screening per il cancro della prostata vengono utilizzati per attrarre pazienti per ammortizzare il costo della chirurgia robotica per il cancro della prostata, che ha macchinari – chiamati “da Vinci” – e spese dell’ordine dei milioni di dollari per singolo centro con vantaggi non più che modesti rispetto alla chirurgia tradizionale. Una conseguenza avversa di questi screening, che viene trascurata, è il loro tendere a soffocare la ricerca di cure migliori. Se il cancro diviene un gigantesco affare diagnosticandolo falsamente con indagini di massa, riuscire a controllarlo nelle sue forme autentiche, che riguardano popolazioni molto più piccole, ridurrebbe i profitti rendendo obsoleti gli screening. Il saggio aforisma  “meglio un’oncia di prevenzione che una libbra di cure” è stato stravolto nella fraudocrazia nella quale viviamo; si è visto che non ottenendo una buona oncia di cure si può guadagnare su diverse libbre di falsa prevenzione.

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La prostata è una ghiandola normalmente delle dimensioni di una testa d’aglio, posta alla base della vescica, dove circonda il primo tratto dell’uretra. Contribuisce alla produzione dello sperma. Non è indispensabile alla sopravvivenza. Il cancro della prostata è la seconda causa di morte per cancro tra i maschi in USA, e la terza in Italia. E’ divenuto la neoplasia più frequentemente diagnosticata negli uomini. Il tasso di frequenza è basso fino all’età di 50 anni, per poi crescere fino a raggiungere livelli molto elevati sopra i 75 anni. Metà delle morti avvengono a un’età superiore agli ottanta anni; l’età mediana di morte per questo cancro è attualmente superire all’aspettativa di vita alla nascita. Quindi, il cancro della prostata è annoverato tra i quattro cancri “big killer”, ma causa la morte principalmente in soggetti con bassa aspettativa di vita. La sottopopolazione più esposta alla malattia, quella degli anziani, è anche quella nella quale misure preventive di massa anche se efficaci porterebbero ai minori vantaggi in termini di aspettativa di vita.

Il cancro autentico della prostata si sviluppa più spesso dalle cellule epiteliali dell’organo. Nelle forme aggressive può infiltrare gli organi vicini, la vescica e il retto, e dare metastasi, anche metastasi localizzate alle ossa, particolarmente dolorose. Si considera in genere, come fa anche Welch, che vi siano forme neoplastiche poco aggressive, molto più frequenti, che crescono così lentamente che restano asintomatiche e la persona muore per altre cause. Le sovradiagnosi deriverebbero dal reperire e trattare questi cancri a bassa aggressività. Questa rappresentazione può essere in parte vera, ma è incompleta e fuorviante.

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L’assist e il bomber. O l’ubriaco e il paranoico

Vediamo ora i meccanismi che hanno permesso le sovradiagnosi di cancro della prostata; sono molto diversi dalle rozze invenzioni dei chirurghi della S. Rita. Le sovradiagnosi istituzionalizzate di cancro della prostata si basano su un meccanismo a due stadi: c’è un assist, il test del PSA, che passa la palla al bomber, la diagnosi bioptica, che va a segnare. Cominciamo dal bomber. Le sovradiagnosi predittive puntano a fare numero: a diagnosticare come malati il maggior numero possibile di soggetti. Lo fanno, per gli screening oncologici, sfruttando alcune variazioni biologiche comuni, molto più comuni del cancro autentico, che si sviluppano con frequenza elevata in alcuni organi e possono essere fatte passare per cancro. La prostata è tra gli organi che offrono questa opportunità commerciale. Con l’età tende a ingrossarsi, dando luogo a ostruzioni dell’uretra e quindi a difficoltà della minzione. Si tratta dell’iperplasia prosaica benigna, una condizione così comune che c’è chi, a ragione, sostiene che vada considerata come una manifestazione normale, anche se indesiderabile, dell’invecchiamento piuttosto che come una malattia. Oltre, e spesso insieme, a questa iperplasia, si verificano con l’età nell’organo una varietà di modificazioni microscopiche, che al microscopio assomigliano a quelle del cancro conclamato; e pertanto, seguendo e portando al parossismo un antico e anacronistico accademismo, che è una forma della comune fallacia dell’affermazione del conseguente, le si chiama cancro; essenzialmente sulla base del loro aspetto.

Da “se A (cancro autentico) allora B (quadro istologico x)”, si inferisce erroneamente “Se B allora A”, che può essere vero ma non è necessariamente vero. Inferire A da B è possibile, soprattutto su lesioni che hanno dato manifestazioni macroscopiche di sé, ed è estremamente utile quando ciò è possibile; ma non sempre ciò è possibile, soprattutto quando si cerca di farlo su modificazioni minime, precocissime e silenti. In soggetti con cancro conclamato della prostata il tessuto neoplastico avrà al microscopio una certa apparenza x; se ne deduce abusivamente, o sulla base di studi di validazione insufficienti, quando non compiacenti, che se si trovano focolai microscopici di aspetto x, o anche solo riconducibile a x, allora il paziente ha il cancro.

Non era questo che voleva fare Virchow, uno dei fondatori della moderna diagnostica istologica dei tumori, che studiava l’anatomia microscopica dei tumori nelle autopsie di pazienti morti per cancro. Virchow, grande scienziato, e politico progressista che diede un notevole impulso alla difesa della salute pubblica, a quanto scrive (v. epigrafe) sembra avesse intuito il pericolo insito nel nuovo paradigma che andava creando. Sembrerebbe che riguardo a questo concetto preliminare forse aveva maggiore sensibilità lui, che esplorava coi mezzi di allora territori ancora vergini, che i suoi successori di 150 anni dopo, che con tutte le conoscenze accumulate e la tecnologia avanzata, e i danni ai pazienti che sono derivati su larga scala dalla fallacia, non mostrano questa consapevolezza; se non in negativo, per impedire che questo nodo, alla base della loro professione, venga esplicitamente affrontato e risolto. Virchow non poteva immaginare che il paralogismo avrebbe attecchito e si sarebbe ingigantito fino a divenire parte dell’ossatura economica del mondo civile.

Queste modificazioni che sembrano cancro non si comportano come cancro, e nella stragrande maggioranza dei soggetti sono irrilevanti, venendo portate fino alla morte, come una tra la moltitudine di parti che compongono il nostro corpo e delle quali non sappiamo l’esistenza. A meno che non le si vada a cercare e le si proclami “cancro”. La loro frequenza è comparabile a quella della iperplasia prostatica; anzi appare essere anche maggiore di quella dell’iperplasia prostatica nelle classi più giovani: studi su autopsie di soggetti morti per altre cause hanno mostrato che la frequenza cresce con  l’età, passando da un 30% tra i 30 e 40 anni fino a superare l’80% tra i 70 e i 79 anni, il gruppo nel quale è relativamente elevata anche l’incidenza di cancro autentico. Il trucco sta nel chiamare cancro e trattare come tali queste modificazioni.

Volendo, in questo modo si potrebbe ottenere un’epidemia di cancro, falsa, tra i ventenni, tra i quali modificazioni che vengono definite come forme neoplastiche iniziali sono state trovate in uno studio nell’8% delle prostate di soggetti morti per incidente. In uno suo studio, Welch ha mostrato che con l’introduzione dello screening col PSA ha moltiplicato per 7 il numero di diagnosi di cancro della prostata nei soggetti sotto 50 anni; il cancro della prostata in questa classe d’età secondo le statistiche è aumentato di sette volte. Dalla dottrina ufficiale e da ciò che viene raccontato al pubblico consegue l’assurdità che esisterebbe una classe di tumori che da un lato insorgono con elevatissima frequenza e per di più in soggetti giovani, ma che dall’altro lato non danno mai segno di sé, fino a che i soggetti non muoiono per altre cause, spesso di vecchiaia. La rappresentazione più semplice e razionale di un tale fenomeno è che questo sottotipo di cancro della prostata non è cancro, per lo meno ai fini pratici, e pertanto non andrebbe chiamato cancro nella clinica.

Queste modificazioni microscopiche e asintomatiche sono multicentriche,  cioè si sviluppano contemporaneamente in più zone della ghiandola, come è tipico delle varianti parafisiologiche e delle forme degenerative; il cancro autentico invece, che ha origine monoclonale, derivando da una singola cellula, si sviluppa in un unico nodulo, che solo in un secondo tempo replica sé stesso, quando dà metastasi. La multicentricità, invece di costituire un’ulteriore ragione per rivedere la denominazione e classificazione di questi reperti, è stata sfruttata per la sovradiagnosi. Mentre per gli altri tumori si fa la biopsia mirata ad un nodulo o una massa per verificare al microscopio la sua natura, per il carcinoma occulto della prostata, non essendoci un nodulo sospetto (in un organo che spesso è già bozzoluto per l’iperplasia benigna) si eseguono biopsie multiple campionando l’organo; riuscendo così a pescare una di quelle aree che si prestano a venire etichettate come cancro. Studi hanno mostrato che più biopsie per paziente si prendono, più diagnosi di cancro si fanno. Portando il numero delle biopsie a 32-38 per paziente si è arrivati a ottenere una diagnosi di cancro ogni sette soggetti.

L’assist è dato dal test per il PSA. Nello screening le biopsie sono prescritte sulla base di una positività al test per il PSA, prostate specific antigen. Il PSA è un enzima che liquefà lo sperma dopo l’eiaculazione, per facilitare la motilità degli spermatozoi. Aumenta nel sangue in presenza di cancro autentico della prostata, e quindi si è pensato, anche qui con una classica fallacia dell’affermazione del conseguente, di dosarlo nel sangue considerandolo come un indicatore di possibile presenza di cancro iniziale della prostata. Come indicatore a questo scopo è pessimo: il suo livello ematico può aumentare per patologie non neoplastiche, inclusa la comune iperplasia benigna, e invece rimanere basso in presenza di cancro della prostata. Non è specifico non solo per il cancro, ma neppure per la prostata. E’ ciò che serviva per convogliare verso la biopsia non mirata, della cui affidabilità si è già detto. Così si è deciso, arbitrariamente, che livelli ematici superiori a 4 miliardesimi di grammo per millilitro sono un campanello di allarme (soglia che a volte viene ulteriormente abbassata); tali livelli sono presenti nel 5% della popolazione sopra i 65 anni: il test crea un vastissimo portafoglio clienti. Ci sono imprese commerciali che vantano il PSA come un test col 70% di falsi positivi, ed eseguito 45 milioni di volte all’anno nel mondo. Usare su milioni di persone un test sofisticato ma ubriaco, che è costante nel prendere fischi per fiaschi, per convogliare verso un esame di diagnosi istologica che ha tassi paranoici di positività per cancro, segue evidentemente una logica che non è quella della buona qualità delle cure, per non parlare della logica della scienza o di quella dell’etica.

Così come uno degli scopritori del PSA ha preso le distanze dal suo uso (v. epigrafe), anche Gleason, il patologo che negli anni Sessanta formulò con uno studio di correlazione anatomo-clinica il più usato sistema di gradazione istologica del carcinoma della prostata, in seguito rimaneggiato, propose poi, dopo il silenzioso disastro delle sovradiagnosi, di rinominare “adenosi”, termine che evita connotazioni allarmanti, le forme da lui precedentemente classificate come cancro a bassa e media aggressività. Ma non fu ascoltato; la parola fatidica, quella che in USA chiamano “the C word”, “cancro”, oppure “neoplasia” o almeno “atipico” magari con qualificazioni che permettono di usarle ambiguamente, inoculando la paura del cancro ma potendo negare di averlo fatto, “in situ”, “intraepiteliale”, deve essere presente per fare girare la macchina. E si vuole e si ottiene che venga usata sempre di più, mai di meno. La nosografia e la sua nomenclatura “scientifiche” obbediscono a esigenze di marketing, anche quanto sono opposte agli interessi e diritti dei cittadini su un bene come la salute.

Questa è una ricostruzione ridotta e semplificata della frode. Ci sarebbe molto altro da dire su argomenti come le manipolazioni dottrinali della diagnosi istologica del cancro, i possibili effetti causali di sostanze con azione ormonale, la propaganda mediatica, il ruolo attivo dei truffati nella truffa [8], le complicità istituzionali, la censura e la disinformazione gestite da forze di polizia e magistratura in obbedienza a poteri forti internazionali [9] per favorire l’introduzione e il mantenimento nella colonia italica di queste frodi mediche sanguinarie, che sono allo stesso tempo settori industriali, economici e finanziari strategici [10]. Ma quanto esposto può bastare per farsi un’idea di come, quanto facilmente, e quanto spesso, avviene che con la sovradiagnosi una persona in buona salute venga ridotta a un impotente col pannolone e con sulla testa la spada di Damocle della ricorrenza di un cancro, in realtà fantomatico. E può portare a interrogarsi, al di là del caso del cancro, sul peso dello sciacallaggio nel sistema socioeconomico in cui viviamo; e a chiedersi se tale costume sia maggiormente tipico del volgo, dell’inclita, o se non sia piuttosto un tratto trasversale, che sotto sembianze diverse accomuna tanti, dai medici che praticano questa medicina e i loro complici di altre corporazioni agli strati moralmente infimi della società; da coloro che godono della nomea di benefattori dell’umanità e di paladini della giustizia, a quelli che sono riconosciuti come brutta gente.

https://menici60d15.wordpress.com/

Qui altri articoli sulla sovradiagnosi.

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Note

  1. Welch H G, Schwartz L M, Woloshin S. Overdiagnosis. Making people sick in the pursuit of health. Beacon press, 2011.
  2. Voler guarire senza essere malati. https://menici60d15.wordpress.com/2011/10/30/voler-guarire-senza-essere-malati/
  3. Giancarlo Caselli i NOTAV: il Negativo e il Proibito. https://menici60d15.wordpress.com/2012/02/23/giancarlo-caselli-e-i-no-tav-il-negativo-e-il-proibito/. L’articolo considera tra l’altro l’affermazione di G. Caselli che la magistratura sarebbe intervenuta chirurgicamente su una sanità sana in un caso di tangenti sui pannoloni. Questo è tipico della nostra magistratura, che attacca quelle che ho chiamato frodi di secondo grado, ma rispetta – e protegge – le frodi strutturali di primo grado sulle quali quelle di secondo grado si basano, chiamando “sano” ciò che è marcio; le frodi che hanno portato Brawley [4] a scrivere che “lo screening del cancro della prostata e il trattamento aggressivo forse salvano vite, ma di sicuro fanno vendere [legalmente] pannoloni” commentando la partecipazione di un’industria di pannoloni al finanziamento di un’associazione che propaganda lo screening con pratiche scorrette e disinformative.
  4. Brawley O W. How we do harm. A doctor breaks ranks about being sick in America. St. Martin’s Press 2011. (L’immagine del caduceo che proietta l’ombra del dollaro è presa dalla copertina).
  5. La medicina come rimedio ai limiti della crescita economica. https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/15/la-medicina-come-rimedio-ai-limiti-della-crescita-economica/
  6. Tombesi M. Il PSA avanza, ma il tumore non recede. Occhio clinico, apr 2007.
  7. Il mediatico e l’extramediatico. Il caso delle ghiandole sessuali maschili. https://menici60d15.wordpress.com/2009/05/13/il-mediatico-e-lextramediatico-il-caso-delle-ghiandole-sessuali-maschili/
  8. Dittatura a stampo e medicina. https://menici60d15.wordpress.com/2012/01/23/dittatura-a-stampo-e-medicina/
  9. La corruzione ghibellina di polizia e magistratura. https://menici60d15.wordpress.com/2012/03/24/la-corruzione-ghibellina-di-magistratura-e-polizia/
  10. D’Andrea S. I settori industriali strategici. Appello al popolo 31 mar 2012

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Blog de Il Fatto

Commento al post di A Bellelli “Tumore alla prostata, sul test PSA il dibattito è aperto” del 30 mag 2012

Non credo sia possibile ignorare il fattore profitto, che spiega come su un tema tanto importante la medicina presenti al pubblico posizioni contrastanti, o “agnostiche” come quella del prof. Bellelli. Il test del PSA è un elemento di un disegno più complesso, quello della prevenzione del carcinoma della prostata mediante diagnosi precoce, che viene severamente criticato anche da fonti ortodosse: lo screening per il carcinoma prostatico è il caso più netto e chiaro per illustrare i meccanismi della sovradiagnosi, e i relativi danni. Vedi:

Sovradiagnosi I. Come la medicina nuoce http://menici60d15.wordpress.c…

Il carcinoma della prostata è un caso ben noto, che consente un’analisi a posteriori. A chi volesse osservare in diretta come nascono e si affermano queste grandi operazioni medico-industriali, suggerirei di seguire il lancio in corso dello screening per il cancro del polmone, con l’annesso sviluppo di biomarkers, che svolgeranno un compito analogo a quello che è stato demandato al PSA nel caso della diagnosi precoce del cancro della prostata.

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26 gennaio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di O. Lupacchini “‘Il concilio d’amore’, tra Dio e il Papa si salva solo il Diavolo”

Ai tempi di Panizza la sifilide faceva paura, e non sorprende che per l’ingenuo iconoclasta rappresenti la vigoria di Satana. Allora erano in tanti a morire pazzi o dementi con la neurosifilide, considerata una manifestazione avanzata della sifilide. Oggi quel genere di flagello appartiene alla storia delle malattie; è scomparso a causa della cattiva medicina, ha scritto Lewis Thomas, perché la delicata spirocheta, che dà la sifilide, è stata immersa in “un aerosol di penicillina” da uso indiscriminato di antibiotici.

O anche perché con l’avvento degli antibiotici si è smesso di trattare la sifilide con mercurio e arsenico, che erano le vere cause della neurosifilide, provocando un avvelenamento cronico con esiti tardivi peggiori della malattia naturale, secondo P. Duesberg. Duesberg vede nell’errore dei medici ottocenteschi un precursore storico delle manipolazioni iatrogene con le quali oggi come allora si condannano a un inferno in terra masse di persone. Non c’è bisogno di calarsi in pozzi bui e viscidi per arrivare al Male. Inutile alzare il pugno e maledire il Cielo, o sbeffeggiare chi millanta di esserne portavoce. Anche il Diavolo è un’ipotesi non necessaria. Ciò che chiamiamo Male è in noi e tra noi, diffuso, in una miscela corrosiva diluita ma permanente composta di stupidità, paura, autoinganno, hubris, avidità e quant’altro. Assume a volte forme concentrate; più spesso in chi comanda, o veste la talare, la divisa, la toga o il camice bianco.

@ Helvetius. Sinceramente, da ciò che scrivi non credo che tu sappia in cosa consista lo studio; e credo che ciò che chiami “studiare” non sia, una volta lasciati i banchi delle elementari, un’attività da raccomandare.

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7 gennaio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di C. Daina “Narcolessia, il morbo autoimmune silenzioso che ha colpito 24mila ignari italiani”

Nei primi anni del 2000 in USA la ditta Cephalon ottenne un’esplosione dei profitti, lodata come sorprendente da Mark Goodman, un analista della banca d’affari Morgan Stanley, essendo riuscita a fare moltiplicare le prescrizioni per il suo farmaco Provigil per la narcolessia – malattia rara – tramite una “campagna di sensibilizzazione”. La “sensibilizzazione” di pubblico e medici fu impostata in modo da congiungere la diagnosi di narcolessia grave con altre più comuni forme di sonnolenza diurna. Si fece leva sui pericoli del colpo di sonno alla guida e al lavoro. Il successo commerciale provocò la diffusione dell’uso di farmaci stimolanti del sistema nervoso, in particolare tra gli studenti (1). Dato il precedente, nello studiare come finanziare tramite il SSN le nuove costose cure per la narcolessia le istituzioni dello Stato non dovrebbero ignorare la possibilità che la lucrosità dei farmaci porti a “campagne di sensibilizzazione” che spingano verso il consueto armamentario  – allarmi di nuova insidia alla salute, “diagnosi precoce”, markers, sintomi aspecifici, off-label – per generare sovradiagnosi e così sovraprescrizioni. C’è anche il rischio, anche questo non inaudito, che anziché controllare e impedire abusi le istituzioni facciano dello Stato un partner dell’operazione, a danno dei cittadini.

1 Critser G. Generation X. How prescription drugs are altering american lives, minds and bodies. Mariner books, 2006.

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30 ottobre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Corlazzoli “Insegnanti a scuola di gestione del disagio giovanile, il test in Liguria e Piemonte con il Rotary”

Ci sono 3 Costituzioni. Quella ufficiale, che, come il cilindro campione di platino-iridio del chilogrammo a Sevres, sta sotto una campana di vetro. Quella di fatto, che è data dagli occupanti dei due palazzi del Quirinale, che sono loro la costituzione, facendo dire a quella sotto vetro ciò che vogliono come un ventriloquo al suo pupazzo. E una terza, una Costituzione ideale, del mondo dei sogni. Questa dovrebbe proibire a privati iniziative mediche, e assicurare che non l’esercizio, ma il controllo di efficacia e utilità, e la definizione delle necessità e delle misure mediche, sia esclusiva dello Stato.

A partire dagli screening a tappeto “filantropici”. Che provocano masse di falsi positivi, cioè di persone falsamente etichettate come malate. Qui di giovani bollati come malati di mente. A vantaggio degli squali della medicina. Andrebbe capito che la diagnosi è un atto non meno pericoloso della terapia, e che non ci si può alzare la mattina e decidere di somministrala a sani “a fin di bene”. Tanto più da parte del Rotary, la paramassoneria organo delle classi agiate, quelle che beneficiano da frodi come gli screening di massa. Rotary che è legato alla Gates Foundation, e che finanzia l’OMS, poteri privati che “immense harm”* hanno già fatto ai minori. Né i presidi dovrebbero vendersi gli alunni. Bisognerebbe segnalarlo ai magistrati, che però sono parecchio affratellati col Rotary.

* Yet more fear mongering over covid in children. Gruppo Hart, 1 ago 2023.

La sinistra radicchiale

26 March 2012

Blog di Aldo Giannuli

Commento al post “Perchè sono comunista” del 26 mar 2012

“C’è sempre un puro più puro…” diceva Nenni. Quello che accomuna i comunisti ai peggiori capitalisti, e ai tanti opportunisti che stanno tra i due, è la bugia e l’omertà sul valore sociale ed etico del lavoro; non del lavoro come impiego e fonte di reddito, naturalmente; ma sul valore etico e sociale di ciò che viene prodotto. Per esempio, come ho osservato in questo sito (*), si auspica che la medicina divenga sempre più “motore della crescita del reddito e dell’occupazione”. Conoscendo questo settore dall’interno, vedo che l’enorme espansione e il successo economico della medicina sono il risultato di frodi strutturali, che tolgono sistematicamente, legalmente, sia salute sia denaro alle persone; ma alimentano così sia la speculazione finanziaria sia, in senso letterale, le famiglie dei portantini. Non ci sono forze politiche che contestino questa via cannibalistica al capitalismo.

La causa della crisi, crisi che prende forme primariamente economiche ma non è solo economica, risiede solo in parte nel fattore che, grazie soprattutto ai comunisti, di solito si indica, il capitale; ha le sue spore nascoste, o meglio taciute, anche nel lavoro; che grazie soprattutto ai comunisti è sacro e immune da critiche sulle sue conseguenze etiche e politiche. Il capitalismo ha così nel comunismo la sua cintura protettiva, consistendo quella che si presenta come un’opposizione radicale nel non chiedere al leone altro che di essere un po’ meno leonino nella spartizione delle prede: l’obiettivo presente, fatte salve le belle chiacchiere sul sole dell’avvenire che dovrà sorgere, è di “rifondare il patto sociale tra capitale e lavoro “ per “un sistema sociale un po’ più equilibrato”.

Io apprezzo la profondità di certe analisi marxiste; non contesto certo a nessuno il diritto di chiamarsi comunista e di professare qualsiasi dottrina; né di sostenere che posizioni come le mie sono utopiche, errate, etc. Solo rilevo questa consuetudine, comune a tante forze politiche, di presentarsi per gli autentici oppositori radicali quando si è un barbacane del sistema, un antemurale che protegge il capitalismo dal cambiamento radicale. Non si tratta di essere più puri dei puri; è valido in questo caso ciò che osservava Pascal sul radicalismo relativo, di come un moderato che non segua una deriva estremista appaia lui estremista: “Quando tutto si muove in modo uguale, in apparenza non si muove niente, come su una nave. Quando tutti vanno verso la dissolutezza, sembra che nessuno ci vada. Colui che si ferma mette in evidenza l’esagerazione degli altri, come se fosse un punto fisso.”

Questo per me è radicalismo, oggi: riconoscere che si sono spostate abnormemente le coordinate dell’etica pubblica e contestare ciò. Chi è portatore di questa soverchia “purezza”- anche se le sue posizioni sarebbero non troppo lontane da quelle di un ipotetico democristiano, o di un repubblicano, onesti – non “epura i meno puri”, come invece diceva Nenni; ma viene epurato lui. E i bravi sedicenti comunisti, forse anche per rinsaldare il patto sociale e riequilibrare la loro busta paga, spesso non si fanno pregare per svolgere quest’altro lavoretto extra per il nemico capitalista.

* https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/15/la-medicina-come-rimedio-ai-limiti-della-crescita-economica/

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21 giugno 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Piazza della Loggia, la Cassazione conferma l’ergastolo per Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte”

@ Valter Martinelli. E’ fin da bambino, nella rossa Siena degli anni ’60, molto prima di internet, che mi trovo male a discutere coi “compagni” che mettono le loro attività di disturbo al servizio di ciò che dicono di combattere. Il tema è la strage di Brescia, non le persecuzioni – accertate – di Stalin verso gli ucraini. Comunque lei nel tema rientra indirettamente, con la sua petulanza scorretta e fastidiosa che mentre agita la bandiera rossa serve chi volle le bombe. Un tipo umano non raro, nel ramo di parabola dai Gramsci e i Pio La Torre ai Napolitano, ai massocomunisti, e infine ai massoni e basta; che viene trascurato nelle ricostruzioni quando invece ha giocato un ruolo importante nelle disgrazie e nei tradimenti dell’Italia repubblicana. Grazie per la sua testimonianza. Continui pure ad esibirsi.

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5 novembre 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Marche, il provveditore che esalta la guerra in una lettera agli studenti. Anpi: “Retorica bellicista che non stimola conoscenza critica” “

“Dalle pagine di Gabriele d’Annunzio, così cariche di sapori, afrori, colori e suoni, esala spesso l’odore della morte, che per il poeta è un profumo, quasi il risvolto o la sublimazione della sua sessualità. Il folklore mussoliniano ne dedusse un armamentario funebre, fiorito di teschi, fiamme e camicie nere con contorno di riti altrettanto mortuari come il famoso appello: «Camerata Tal dei Tali!», al quale il coro degli accompagnatori rispondeva: «Presente», e che diede luogo, nel ventennio nero, al romanesco improperio malaugurante: «Te possano chiamà presente».” (Piero Chiara).

Mentre la gente si lascia ubriacare di paura, e l’Italia viene tradita e strozzata, il logoro siparietto del battibecco sul folklore mussoliniano tra i sedicenti patrioti e quelli che la guerra all’invasore la fanno alla playstation – entrambi bene imboscati – aiuta a nascondere l’avverarsi della previsione “Se i fascisti dovessero mai tornare tra noi, non avranno più la camicia nera o bruna,ma il camice bianco” (Citato in Jean-Claude Michea, Il nostro comune nemico,2017).

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22 agosto 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Ravenna, decine di nostalgici ricordano il gerarca Ettore Muti. A pochi metri antifascisti cantano Bella Ciao”

Ricordo, in vecchio articolo di “Storia illustrata”, che per la sua uccisione si usò l’espressione “un cespuglio sparò”. Mi colpì l’espressione vivida, fuori luogo nella ricostruzione di un omicidio. Poi ho trovato che è una espressione di Montanelli in “XX Battaglione eritreo” (1936). Quell’altro triste personaggio, Badoglio, aveva incaricato i carabinieri. Nella mia esperienza, i prefetti, e le prefettesse, proseguono a tutt’oggi la tradizione di operazioni sporche, sopprimendo certe voci ed esaltandone altre, impunemente, per come richiesto da chi sta in alto. Il prefetto non avrebbe dovuto autorizzare, per di più sotto elezioni, la celebrazione di un simbolo della politica ottusa, violenta e antidemocratica. Ma così, oltre a strizzare l’occhio agli amici nostalgici, si consente ai servitori del fascismo dei banchieri di rabberciare una irrecuperabile verginità antifascista con la solita stanca sceneggiata in costume.

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5 marzo 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post ““La tua rivoluzione è stata la mia”. Polemica su Di Cesare per il post su Balzerani (poi cancellato). Rettrice La Sapienza: “Sconcerto””

Si possono esecrare le tesi di un intellettuale che sostenga la lotta armata, ma comunque rispettarlo. E’ invece disgustoso che – bene imboscata nello Stato con una cattedra universitaria – si elogi il terrorismo pilotato. Tramite il terrorismo affidato ai vari Moretti*, il compagno della Balzerani, si è soggiogato il Paese, si sono eliminati leader che lo volevano libero, si è selezionata una classe dirigente di servi. Disgustoso è il narcisismo del fiancheggiare l’oppressore e presentarsi come fiancheggiatore della ribellione all’oppressione (vale anche per i post-fascisti).

Donatella Di Cesare ha pubblicato “Immunodemocracy. Capitalist asphyxia” una critica addomesticata dell’operazione covid che vorrebbe sostituirsi a quella – per me altamente valida – di Agamben (vergognosamente attaccato, anche su questo sito). Il saggio è stato subito pubblicato dalla Massachussetts Institute of Technology Press. Toni Negri, promotore del terrorismo con legami con figure sinistre del capitalismo, fu pubblicato dalla Harvard University Press. A Cambridge, Massachussets (Boston), trovano porte aperte e così legittimazione e prestigio autori italiani che si appropriano di critiche antisistema, le deformano e le indirizzano in forme che ne permettono un utilizzo strumentale da parte del potere che dicono di combattere.

*S. Flamigni. La sfinge delle Brigate rosse. 2004.

@ MARCOBASTA: Non metto in discussione il diritto di salutare sul piano umano anche il peggior delinquente. Ma si ha anche il diritto di osservare che riconoscendo con l’occasione dignità alle “idee” di un doppio gioco, sanguinoso, preparato a tavolino in qualche think tank di oltre oceano, condotto per stupidità o scelleratezza, che ha portato alla decadenza invece che alla crescita, ci si esibisce nell’arte del servire il padrone fingendosi ribelli.

Come in tutte le storie di ambiguità e doppiezza, “una parola” non basta. Ci sono abbondanti evidenze che ci fosse anche cattiva fede. E protezione. Es. “stella a sei punte” Moretti. Nella migliore delle ipotesi, “ci credevano” come utili idioti. Gli intellettuali servirebbero a questo, a riconoscere i cattivi insegnamenti. Es. Pasolini: “Essi credono di spezzare il cerchio e invece non fanno altro che rinsaldarlo”.

Avremmo bisogno di un’autentica sinistra progressista, e di un’autentica destra conservatrice. Invece appare che siano permesse solo caricature, vuote dietro alle sparate, e accomunate dal servire i poteri che nel 1978 manovravano i terroristi improvvisati, resi “samurai invincibili”, e che oggi non ne hanno neppure bisogno, essendo sufficiente il personale politico ottenuto anche con via Fani, via Caetani, etc.

@ MARCOBASTA: Prima l’ha “salutata” lodandone i deliri e lo sfacelo provocato, poi si è retratta, come il cucù degli orologi svizzeri. Non ha neppure tenuto il punto, ma ha nascosto il braccio. Va bene la lotta armata, ma anche i contributi INPS….

L’espressione sui samurai è di Tobagi: “non sono samurai invincibili”. Tobagi fu ucciso da dei figli di papà, al solito protetti. Non è “fare i samurai” fare i sicari – e le patsy, i prestanome – essendo un terminale di apparati delle maggiori potenze politiche e militari, servendole in quello che voi dovreste riconoscere come “imperialismo”. E’ invece simile alla viltà degli squadristi, che attaccavano in venti contro uno. Si sono spente le voci equilibrate, come Moro e Tobagi, si sono eliminati coraggiosi autentici, da Bellomo a Rossa a Borsellino a Calipari, e si dà spazio a sguaiataggini servili e incoscienti con ritrazione incorporata. In Italia pure terroristi e annessi tengono famiglia, e sono raccomandati.

Soft air

17 February 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Franco ““Il ragazzo cileno colpito alle spalle”. Milano, il vigile accusato di omicidio volontario” del 17 feb 2012

Un agente di polizia che spara alle spalle a un disarmato che fugge è un violento e un vile. E’ il genere di viltà tipico di chi si arruolava nelle squadracce fasciste, che durante la Seconda guerra mondiale i nazisti a volte dovettero togliere dalla prima linea del fronte perché incapaci di combattere contro soldati armati.

Aids: negazionisti vs non-riproducibilisti

26 January 2012

Blog de Il Fatto

Commento al posti di A. Bellelli “Aids, l’epidemia che esiste” del 26 gen 2011

Postato su questo sito il 21 feb 2012 causa boicottaggio Telecom

Ho acquistato online (pur essendo un medico, la frequentazione delle biblioteche biomediche mi è di fatto interdetta da molestie e boicottaggi) l’articolo di Lohse et al (Annals of internal medicine, 2007, 146: 87) che secondo il prof. Bellelli dimostra la validità del principio che l’AIDS è causato dall’HIV. L’articolo non contiene alcun dato che consenta tale inferenza; infatti gli autori si astengono dal trarla. Al contrario, nella discussione dei risultati gli autori ammettono che la minore aspettativa di vita che, nel loro studio, risulta in coloro ai quali è stata attribuita una positività per l’HIV, può derivare da altri fattori, costituendo queste persone un gruppo esposto a maggiori fattori di rischio della popolazione generale. Lohse et al riconoscono esplicitamene che attribuire l’eccesso di mortalità all’HIV può essere una “overestimation” dovuta a tale fattore confondente.

Né gli autori, pur desiderosi di riconoscersi nell’ortodossia, si macchiano dell’affermazione che la riduzione di mortalità provocata dalle nuove terapie è una prova che l’HIV causa l’AIDS; consapevoli che così dicendo considererebbero dei farmaci altamente tossici, quelli delle prime terapie per l’AIDS, come controllo della prova ex adiuvantibus.

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Autori, Titolo, Rivista, Anno, Volume, Pagina.

@ Bellelli. Prof. Bellelli, forse è meglio che sia lei a rileggere quanto ha scritto. Appare che lei affermi e neghi le stesse asserzioni. E che adotti una forma imprecisa e ambigua che favorisce ciò; ad esempio, lei scrive “relazione Hiv-Aids” ma evita di dire, come invece dovrebbe visto che è ciò di cui sta parlando ai lettori, considerandolo un dato indiscutibile, “relazione causale Hiv-Aids”. Questo mi ricorda quel classico studio epidemiologico che trovò una strettissima correlazione positiva tra frequenza di nidi di cicogne e tasso di natalità tra le città di un paese del Nord Europa; mentre non ci sono studi che mostrino che tale fortissima relazione tra presenza di cicogne e nascite sia causale. Il fattore confondente era il benessere economico, che oltre che un incremento delle nascite portava a un maggior utilizzo dei riscaldamenti, e quindi favoriva la nidificazione.

E’ anche curioso che un professore di biochimica medica porti come prova di un’etiologia virale studi epidemiologici (interpretati arbitrariamente) anziché studi di laboratorio. Io non sostengo nulla; le dico solo “show me”: l’onere della prova è su chi afferma. Mi pare che lei sostenga che l’AIDS è causato dall’HIV. Se non è, come ora anche lei mi pare ammetta, la pubblicazione che lei ha citato a provarlo, la cosa più semplice, e anche quella doverosa, è che lei indichi per favore la pubblicazione o le pubblicazioni che riportano la prova di ciò: Autori, Titolo, Rivista, Anno, Volume, Pagina.

Grazie per l’invito nella biblioteca dell’istituto che dirige. Ne approfitterei se fossi a Roma anziché a Brescia, dove hanno metodi più spicci per acquisire meriti presso le multinazionali.

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@ Bellelli. Usare come prova ciò che poi si chiama “conferma” costituisce un petizione di principio. Se si ammette di non avere certezze non bisognerebbe trattare come visioni importune o pericolose le ipotesi alternative avanzate da numerosi scienziati accreditati. E il principio che bisogna provare ciò che si afferma vale anche per l’asserto che l’ipotesi Hiv-Aids sarebbe la più forte sul piano scientifico. Questa è una versione estrema del proclamare a priori un’ipotesi come la più forte e su questa base escludere le altre; i sociologi della scienza chiamano questa forma di profezia che si autoavvera “Effetto San Matteo”.

Neanch’io desidero continuare la discussione, perché mi sembra di ricevere la risposte che in “Totò Peppino e la Malafemmina” i fratelli Capone davano a Mezzacapo dopo averlo invitato a chiedere un risarcimento per il danno subito. E’ interessante che nella scenetta Totò, Peppino e Mezzacapo mentre parlano girano attorno a un tavolo; in un girotondo che ricorda il circulus in probando del prof. Bellelli e di tanti altri.

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18 novembre 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Spinazzola “Nuovi farmaci per l’epatite cronica C in tempo di crisi? del 18 novembre 2012

Per la storia di come è stata definita e lanciata l’epatite C, una ricostruzione che getta pesanti ombre su questo affare in grado di inghiottire una buona fetta della spesa sanitaria, vedi “Virus fantomatici e grossi guadagni” in Duesberg P. H. Il virus inventato. Baldini &Castaldi, 1998. Pag. 97-101.

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@ maldicapo. Negli anni ’70 si parlava di “epatite non-A non-B”, una definizione negativa che si riferiva a uno o più agenti causali non ancora definiti. La storia dell’epatite C di cui si parla nell’articolo comincia negli anni ’80, quando i ricercatori della Chiron, la stessa ditta che vendette il kit diagnostico, annunciarono di avere trovato il virus dell’epatite C. Affermazione che fruttò alla Chiron incassi vertiginosi, e che Duesberg, da virologo, contesta nel merito, evidenziandone le incongruità.

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27 ottobre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Hiv, condannato a 24 anni per lesioni aggravate Talluto: ha contagiato 32 donne. Pm avevano chiesto ergastolo”

Lo Stato, mentre distorce il modello effetto gregge per obbligare a far vaccinare i propri figli, stabilisce tramite sentenza che una persona abbia potuto – deliberatamente – infettarne decine con un virus il cui tasso di trasmissione è stimato nell’ordine di 1 per ogni 500 rapporti sessuali. Perfino le organizzazioni che si occupano di AIDS, come UNAIDS e HIVMA, avvisano delle infondatezze e dei pericoli della criminalizzazione della sindrome, esponendone i danni sanitari, giuridici e culturali*. Anche se nei gradi successivi si nasconderà la mano riformando la sentenza, resterà il danno peggiore: la propaganda, tramite l’azione giudiziaria, al concetto che la malattia non è un fenotipo ma un dato di laboratorio. I magistrati stanno applicando il prestigio della loro funzione a questa concezione perniciosa, e la stanno estendendo alla giustizia penale; anche la prova di colpevolezza diviene un dato di laboratorio. Basta impapocchiare qualche test “scientifico”, a volte da parte della stessa ditta che poi vende le cure, e il foglietto stampato dal macchinario con sopra scritto “positivo” diviene evidenza inoppugnabile per dichiarare una persona affetta da grave malattia. O colpevole di terribili delitti. E quindi drenare miliardi di euro dei contribuenti vendendo farmaci, e fare dell’amministrazione della giustizia un pugnale del potere.

* Criminalisation of HIV Non-Disclosure, Exposure and Transmission: Background and Current Landscape. UNAIDS, feb 2012.

@ evron. Fenotipo è ciò che appare macroscopicamente. I piselli rugosi di Mendel, una setticemia. (Non è, né “i libri” dicono questo, “l’insieme delle caratteristiche scritte nel genoma”). Il termine proviene dalla genetica, ed è un’abbreviazione appropriata per “manifestazioni cliniche direttamente osservabili”. Anche perché molti dei test che si stanno sostituendo alla sua valutazione clinica sono genetici. Es. un caso, con risvolti legali, dove è stata diagnosticata una patologia, definita da un’alterazione dell’elettrocardiogramma, sulla base di un sofisticato test genetico. Mentre sarebbe bastato fare un banale ECG per vedere che l’alterazione non c’era*. A definire la malattia come risultato di laboratorio succede che tanti, spaventati e disinformati, e spinti da disonesti, corrotti e animosi imbecilli seguano il consiglio di un vecchio slogan per la propaganda dell’Epatite C: “Si ti senti bene, fai le analisi del sangue. I sintomi dell’epatite C sono molti diffusi: aspetto sano, appetito normale, assenza di dolore”. Tu che sei persona istruita e dotata di elasticità mentale, si vede da cosa scrivi, converrai sull’opportunità di usare un termine sintetico, appunto “fenotipo”, del resto già usato in questo senso, da contrapporre alle diagnosi di malattia oracolari, basate su test di laboratorio.

*Ackerman JP et al. The Promise and Peril of Precision Medicine: Phenotyping Still Matters Most. Mayo Clin Proc. 2016. 91: 1606.

@ ErPanza78. Lei parla di significato preciso delle parole e intanto altera le mie parole. In ambito tecnico e scientifico le parole sono etichette di concetti. Le etichette devono essere utili e pratiche. Non è peccato modificarne il significato se ciò è utile e pratico. Es. ampliandolo. (Ma non alterandolo, come invece si fa con espressioni “mouthful” come “precision medicine”). Sono i concetti che devono essere aderenti alla realtà. Es. il concetto che secondo le conoscenze ufficiali non è possibile infettare a raffica con l’HIV decine di persone tramite rapporti sessuali. Il concetto, pernicioso, che una condizione morbosa è definita dalla positività a un test. Ignorare i concetti, e i loro gravi vizi, e concentrarsi pedantemente sulle parole, deriva dalla concezione essenzialista di malattia, che “has no place in science” (Scadding JG.Essentialism and nominalism in medicine: logic of diagnosis in disease terminology).

@ Evron. La tua è la versione che critico come corrotta, nell’indebolimento e stravolgimento della logica e dei presupposti epistemologici, nella ricerca, nella pratica clinica e nelle operazioni di censura, disinformazione e marketing tramite i poteri dello Stato. Se il termine non ti piace, come è comprensibile data l’importanza artificiosamente attribuita al genotipo, dalla medicina commerciale, sostituiscilo con “fenomenologico”, “clinico”, “osservabile” etc. Ma credo che sia il concetto che non piace, della differenza tra il materiale e l’astratto, e del relativo abuso.

@ Evron. Probabilità di infettare di 1/500 per rapporto. Elevandola a 1 su 50 per partner, la probabilità di infettarne 30 su 30, che è il messaggio che viene dato, è (1/50)^30, cioè 1 su un numero di 51 cifre che comincia per 9. Una probabilità circa 1.5 milioni di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi più bassa di quella di vincere il primo premio al Superenalotto. Gli ospedali e gli uffici giudiziari non sembrano curarsi neppure della plausibilità – al di fuori del mondo dei fumetti – di un impestatore eccezionalmente virulento e allo stesso tempo asintomatico. Il buon senso che “se ne sta nascosto per paura del senso comune” della peste del Manzoni; e anche l’ipocrisia borghese di “Palla di sego” di Maupassant.

@ Evron. No, sono grottesche le conseguenze quantitative della storia improbabile che presentate al pubblico. Ma è meglio lasciare il freddo mondo dei numeri e guardare all’aspetto umano. Una storia di degrado morale e abbrutimento, di gente senza creanza, senza vergogna, senza rispetto per sé stessi. E non sto parlando dell’imputato e delle sedicenti vittime…

@ Evron. Nella mitologia borghese descritta nei racconti di Maupassant, nella visione ipocrita che divide in “perbene” e “gentaglia”, è presente, in un racconto, anche la figura dell’untrice che contagia volontariamente di sifilide i suoi amanti tedeschi. Se la biologia dell’AIDS fosse quella della medicina ufficiale e dei tribunali come questo, data la – incoraggiata – promiscuità sessuale in tutti gli strati della società mezza Italia sarebbe un lazzaretto. La probabilità cumulativa per un tasso di trasmissione di 1/500 che su 1500 rapporti tra 25 e 35 diano luogo a infezione è di 1 su cinquecentomila miliardi. Ergastolo, o 24 anni, per un reato impossibile. Un messaggio al pubblico sulla malattia come risultato di laboratorio che aiuterà i peggiori furfanti ad arricchirsi depredando l’erario e causerà danni veri di massa alla salute.

Gli autori del capolavoro riceveranno probabilmente riconoscimenti e onorificenze. Non è il caso di prendersela per i miei commenti, che sono come un peto in un mulino. Le ”infette”, riporta l’articolo, alla lettura della sentenza hanno detto piangendo “giustizia è fatta”. Ma tu mi correggi severamente: è sbagliato dire che si ritengono vittime. Mi ricordi il Malato Immaginario con Sordi. Al suo capezzale il vecchio medico porta il giovane figlio neolaureato (Cristian De Sica); che dice sussiegoso: “Il paziente stupisce e il medico…”. “Lo guarisce” – fa Sordi. “No, lo cura”. Sordi, rivolto al padre: “Certo che il figliolo ne dà di soddisfazioni”.

@ Evron. Nei miei esempi oltre a considerare gli elementi della notizia data dai media ho usato i valori da lei citati. Inclusi 1500 rapporti, che non è ragionevole pensare corrispondano a un pari numero di relazioni sentimentali: non dovrebbe attribuirmi premesse che non ho usato. 10 rapporti a relazione, e anche con altre ragazze, lei ora dice. La probabilità di infezione a ragazza sarà: (1/500)*10= 1/50. Consideriamo che, dotato di prodigiose capacità seduttive e di un appetito insaziabile, abbia avuto 300 differenti partner, 10 rapporti a partner. La probabilità cumulativa di infettarne tra 25 e 35 è di circa 3 su un miliardo. Vuole in più decuplicare il tasso di infezione? Anche in questo quadro caricaturale, in questo delirio osceno, la probabilità è meno di 1 su 10000. La storia che lei si affanna a difendere è sballata; anche sotto altri profili tecnici. Per me è in questo e nella sua provenienza, non da un forum di leggende metropolitane ma da un procedimento giudiziario, che risiede il suo carattere sinistro. E’ ulteriormente inquietante che la notizia del processo sia uscita in concomitanza con la giornata dell’AIDS*. E che quest’anno la sentenza di condanna sia stata emessa mentre alla European AIDS Conference a Milano venivano presentate le nuove linee guida per il trattamento. E’ lei che ha cominciato; se vuole smettere di rimestare mi fa un piacere.

*Pennetta E. AIDS: annunci da marketing e la strana storia dell’untore della capitale. Critica scientifica, 19 dic 2015.

@ Togasso. Grazie. In effetti la scienza e la razionalità applicate dai magistrati qui appaiono essere quelle della “Osteria numero venti …”. E pensare che la distribuzione di Poisson comparve per la prima volta in un libro di legge… (Ho usato la binomiale cumulativa). L’occasione fa l’uomo ladro, e in numerosi casi i magistrati appaiono non astenersi dal cogliere, agendo “in nome del popolo”, diverse situazioni alla “Barabba o Cristo” offerte dall’attuale medicina: dove si può essere corrotti senza rischi, assecondando allo stesso tempo gli umori della piazza e i disegni dei dominatori. Al tempo di Barabba e Gesù i dominatori erano i Romani, oggi sono la finanza e il business biomedico.
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13 giugno 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Ancona, sieropositivo da 11 anni ma aveva rapporti non protetti: arrestato. Ai poliziotti: “Questa malattia non esiste””

Sarebbe un grave errore, una tragica leggerezza, pensare che si tratti di un caso isolato. Di gente che si congiunge carnalmente senza le doverose verifiche sierologiche preventive, di gente folle che fa sesso senza prima passare dal dottore, ce n’è tanta. Occorre rafforzare la lotta al contagio; è imperativo istituire sezioni specializzate in diritto postribolare nelle Procure, e di polizia genitale nei vari corpi delle forze dell’ordine. Non si dovrà partire da zero, date le competenze diffuse e le punte di eccellenza già presenti tra i tutori della legalità.
ccc
 
@ Segnalatore anonimo. Perché venne dato un farmaco, l’AZT, già scartato per tossicità, che causava gli stessi sintomi ed effetti della sindrome immunodepressiva che avrebbe dovuto curare? Ho una cartella, intitolata “Omeopatia pesante”, con oltre 200 articoli; più un’altra ottantina in una sezione “Omeopatia pesante cancro”. Alcuni degli articoli aggiunti nelle ultime settimane:
– Aumento delle emorragie intracerebrali da trattamento dell’ictus con trombolitici (The Case Against Thrombolytic Therapy in Stroke. Medscape 13 aprile 2018).
– Fratture da bifosfonati nei prescritti periodi di sospensione della terapia con bifosfonati per la prevenzione delle fratture da osteoporosi. (Endocrine Pract. 2018; 24:163).
– Emorragie intracraniche in pazienti con fibrillazione atriale da anticoagulanti per la prevenzione dell’ictus. (Stroke.2012;43:1511).
– Aumento di malattie respiratorie, allergiche, infettive dopo rimozione di adenoidi e tonsille nei bambini. (JAMA Otolaryngol Head Neck Surg. 7 giu 2018).
– Articoli vari sulla iperprogressione di tumori solidi, e conseguente riduzione della sopravvivenza, causate da immunoterapia.
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Non è un quadro con figure a bordi spessi, colori vividi, e personaggi nettamente caratterizzati che parlano per nuvolette; come invece questa storia, a paragone rassicurante, della cattura del delinquente impestatore.
ccc
 
@ Segnalatore anonimo. L’acqua di Hahnemann, farmacologicamente innocua, andrebbe contrastata per la pericolosità insita nelle teorie mediche a carattere magico. Andrebbe evitata, per principio, anche la “omeopatia pesante”, il curare o prevenire malattie con cattive applicazioni di risultati scientifici, efficaci nel causare effetti identici o simili a ciò che si afferma di voler curare: prevenzioni oncologiche cancerogene, antiaritmici aritmogeni, antibiotici che provocano gravi infezioni, etc. Una “omeopatia” che è largamente presente nella medicina “allopatica”, ed è un fattore non secondario del suo straordinario successo commerciale.

Dittatura a stampo e medicina

23 January 2012

Blog Appello al popolo

Pubblicato col titolo “Sovranità sanitaria”

Postato su questo sito il 16 feb 2012 causa boicottaggio Telecom

I tempi mostrano come la democrazia possa degenerare in una “dittatura a stampo”: una forma di governo dove da un lato la democrazia politica è di facciata, e gli interessi reali del popolo sono violati, ma d’altro canto il potere conserva un consenso popolare imponendosi il vincolo di adattarsi allo “stampo” degli istinti profondi e degli umori del popolo; conformando ad esso la propria signoria invece di forzarla, e cercando semmai di farlo divenire per quanto possibile complementare al proprio volere tramite la manipolazione ideologica e mediatica. La medicina, alla quale ci si affida come un tempo alla religione, è uno dei campi dove la dittatura a stampo, efficace in sé oltre che adatta al governo dei mercanti, ha potuto maggiormente calzare, plasmare e quindi sfruttare la volontà popolare. In aderenza alle pulsioni e credenze del pubblico in tema di salute, opportunamente stimolate e pilotate, la medicina è stata trasformata in uno dei maggiori settori dell’imprenditoria liberista; un settore parassitario dove la Domanda è facilmente regolata da un’Offerta senza scrupoli, e sul quale si è sovrapposta l’economia fittizia della speculazione finanziaria.

Noti economisti auspicano che la quota sanità del PIL salga al 20%; ciò è ottenibile, ma sarebbe una disgrazia, perché già oggi per far diventare la medicina un motore di crescita economica la si è gravemente inquinata con deviazioni e con pratiche fraudolente; così che non fornisce ciò che potrebbe dare mentre storna risorse e crea danni iatrogeni. Ad esempio, la “prevenzione” oggi non consiste nell’assicurare un ambiente salubre, condizioni di vita equilibrate e cibi genuini, alla luce delle conoscenze biomediche; ma in trattamenti medici di massa ai sani mediante costosi programmi di screening, l’inutilità e la dannosità dei quali sta venendo riconosciuta in diversi casi anche in sedi ufficiali. Si favorisce la cronicizzazione delle malattie, per trasformarle in rendite assicurando il maggior consumo di costose scatolette di farmaci proclamati efficaci, e si lascia alle famiglie la gran parte di carichi sanitari essenziali come le cure odontoiatriche e l’assistenza ai non autosufficienti. E’ anche possibile che, ridotta la democrazia reale al lumicino, i futuri sviluppi, che potrebbero includere una maggiore privatizzazione della sanità, si avvalgano di forme più tradizionali di autoritarismo, per giungere allo “Stato terapeutico” preconizzato da alcuni commentatori. I meccanismi coi quali il potere ottiene ciò sono oscurati da fattori psicologici e tecnici, potenziati dalla propaganda e dalla censura; ma gli effetti negativi sono percepiti da una quota crescente di cittadinanza.

Le forze liberiste nel perseguire lo sfruttamento della medicina si sono poste il problema di geometria istituzionale: “volendo impossessarci del governo della medicina, come massimizzare la sua distanza dai due centri naturali di controllo democratico, lo Stato e il territorio ?”. Lo hanno risolto ottenendo dai politici la sovraordinazione della UE allo Stato e la devoluzione della sanità alle Regioni. La UE considera apertamente la medicina come un settore economico strategico, la cui tutela consente deroghe ai diritti fondamentali; spodesta un governo centrale occupato da politici “cùpidi di servilismo”. Le Regioni, ricettacolo di corrotti, traducono in interventi legislativi e amministrativi gli interessi dei poteri forti della sanità a livello locale. Anche se da solo non è sufficiente, e il servizio pubblico non sempre è superiore all’iniziativa privata, è necessario che sia lo Stato nazionale, al servizio razionale delle necessità e richieste delle realtà locali, a controllare la medicina. Ciò renderà possibile l’intervento più urgente, quello di emancipare i cittadini dalla loro condizione di stampo del potere mediante una corretta informazione; sollecitando in loro il meglio, anziché il peggio come fa la dittatura a stampo; in modo che sappiano ciò che devono pretendere dalla sanità e ciò che non possono chiederle.

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L’inquinamento come capro espiatorio

Grazie Tonguessy. Il post è la copia conforme di una proposta che ho mandato, da esterno, a Stefano D’Andrea per l’atto costitutivo dell’associazione “Sovranità”. E’ quindi succinto, e mette diversa carne al fuoco. In particolare spero che verrà approfondito il concetto della degenerazione della democrazia in “dittatura a stampo”.

La medicina può dare indicazioni fondamentali alla prevenzione: lo studio del mesotelioma e di altre patologie polmonari ha mostrato che occorre evitare di inalare fibre d’amianto. Il tema delle malattie causate dal capitalismo è un tema classico della sinistra, che ha raggiunto il suo apice intorno agli anni Settanta, quando si ascoltavano medici e scienziati di valore come Maccacaro, Tomatis, Lewontin. Poi però il capitalismo è andato avanti: la malattia da epifenomeno del sistema economico è divenuta una sua risorsa, da sfruttare; e da proteggere
https://menici60d15.wordpress.com/2011/01/23/reati-contro-leconomia/

La sinistra invece è andata indietro: non solo non si è sviluppata e diffusa nei militanti l’analisi del nuovo fenomeno, ma i temi classici di sinistra sono stati prostituiti alla propaganda capitalista. Certo che lo smog fa male a bambini e adulti. Ma all’inquinamento vengono addossate anche le responsabilità dolose della medicina, impresentabili, come le sovradiagnosi; e con questi allarmi si innescano meccanismi che possono portare a un peggioramento della situazione, e a un incremento del business:
https://menici60d15.wordpress.com/2008/12/17/sos-cancro-nei-bambini-e-sovradiagnosi/

Secondo l’OMS Italia è il paese con maggiore incidenza al mondo di diagnosi di tumore nei bambini. Credo che tale record non sia dovuto tanto a un effetto cancerogeno straordinariamente rapido e potente delle nostre polveri sottili, quanto al ruolo di fattori umani, inclusa la misera abilità nazionale nel cambiare le carte in tavola con un po’ di retorica.

Su sovradiagnosi, sovratrattamenti, iatrogenesi, i pediatri stanno zitti, pur essendo questo un tema che li riguarda direttamente, preferendo puntare l’indice sui tubi di scappamento e le ciminiere. In USA la prevalenza di asma pediatrico è più che raddoppiata in 15 anni, dal 1980 al 1996. Si è poi assestata, sembra, in concomitanza di una variazione nei criteri di definizione nei questionari; ma le visite ambulatoriali – e con esse fatturati, redditi e rendite – hanno continuato a crescere; le visite si sono triplicate nel periodo dal 1989 al 2005. Il trend è comune ai paesi industrializzati.

E’ difficile pensare che lo smog non vi abbia alcun ruolo. Ci sono però altri fattori plausibili – e più facili da controllare che non lo smog – che vengono lasciati in ombra: es. gli allergeni nei prodotti di consumo. E i farmaci: alcuni studi indicano che gli antibiotici nel primo anno di vita, e il paracetamolo, la familiare tachipirina, aumentano nei bambini il rischio di sviluppare l’asma in seguito. Il mercato globale dei farmaci per l’asma ha superato i 15 miliardi di dollari all’anno, e continua a crescere. Gli antiasmatici sono essenzialmente dei sintomatici, i cui effetti iatrogeni impongono spesso altre cure. L’asma è un grosso mercato in crescita; che viene favorito indicando il pericolo di asma ai genitori apprensivi; non c’è invece troppo interesse a fermarlo con strozzature alla fonte, agendo sulle cause evitabili.

Mentre serve da capro espiatorio e da argomento di propaganda per gli aspetti meno presentabili della medicina e del liberismo, l’inquinamento viene a sua volta coperto nelle sue reali responsabilità enfatizzando il ruolo dei “lifestyles”, cioè alla fine dando la colpa alla vittima:
https://menici60d15.wordpress.com/2011/01/30/il-pornografico-e-l’osceno/

Riguardo all’acuta osservazione di Marx Groucho sui posteri, l’occuparsi di chi verrà dopo mi pare un principio morale prezioso, che contribuisce a dare senso alla vita, e che, volendo sviluppare una religiosità laica, può prendere il posto della Speranza cattolica e della promessa di vita eterna.

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Blog de Il Fatto

Commento al post di V. Giannella “Bambini malati per lo smog: cercasi volontari ” de 25 gen 2011

Complimenti alla Facoltà di medicina dell’Università di Milano, ai suoi clinici, biostatistici, bioeticisti che insegnano agli studenti a fare ricerca in questo modo. Per una critica dell’assunto che sia nel miglior interesse dei bambini e dei genitori focalizzare l’attenzione sull’inquinamento tra i fattori causali dell’asma, v.:

http://www.appelloalpopolo.it/…

(Blog “Appello al popolo”. Post “Sovranità sanitaria”. Commento n. 2.)

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Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Mazzella “L’Europa perde raccolto e salute. Grazie America ” del 16 feb 2012

“Non so più er ghepardo de na vorta”. “Sarà sto buco de l’azoto” (Supercafone, Er piotta, battuta finale).

Su Il Fatto Gian Luca Mazzella si chiede se il record di incidenza di diagnosi di tumori infantili in Italia non sia da attribuire all’inquinamento da eccesso di ozono. E’ prassi attribuire l’aumento di diagnosi di tumori infantili all’inquinamento. Ma ci sono altri fattori antropici, ancor meno confessabili, che non dovrebbero essere nascosti dietro agli allarmi sull’inquinamento:

Sos cancro nei bambini e sovradiagnosi
http://menici60d15.wordpress.c…

L’inquinamento come capro espiatorio. In: Dittatura a stampo e medicina
http://menici60d15.wordpress.c…

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@produttore. Il fatto che l’OMS (la cui credibilità ha ricevuto di recente un duro colpo a seguito della notizia che il suo allarme di pandemia mondiale da virus H1N1 è stato determinato dal pagamento di tangenti da parte delle ditte produttrici di vaccini agli scienziati dell’OMS) includa l’inquinamento tra le varie possibili cause di incremento di diagnosi di tumori infantili non consente di tacere sulle sovradiagnosi di tumore, un’entità ben nota agli addetti – e a chi vuole lucrare sulla medicina – ma tenuta nascosta al pubblico.

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@produttore. “Ripeto, i tumori infantili sono attribuiti proprio all’inquinamento”. L’incremento di diagnosi di tumori infantili è stato giustificato al pubblico attribuendolo all’inquinamento. Si tende a fare passare questa ipotesi per certezza ripetendola, come fa lei; trascurando fattori ancora meno presentabili come le sovradiagnosi.

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Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Mingazzini ” Tumori in saldo ” dell’8 mar 2012

Questa dell’inquinamento dell’aria come Grande causa dell’incremento dei tumori nei bambini e del tasso di morbosità generale è la tesi politically correct, inculcata dai media. Una versione semplicistica che protegge fattori iatrogeni e interessi economici impresentabili:

Sos cancro nei bambini e sovradiagnosi
http://menici60d15.wordpress.c…

L’inquinamento come capro espiatorio. In: Dittatura a stampo e medicina
http://menici60d15.wordpress.c…

Il salasso ieri e oggi. La sinergia tra malattia e terapia

15 January 2012

Blog Appello al popolo

Postato su questo sito il 20 feb 2012 causa boicottaggio Telecom

In un precedente intervento su Appello al popolo, Tonguessy illustra come Richelieu morì vittima della fiducia nelle pratiche mediche “scientifiche”, e come Paganini corse il rischio di fare la stessa fine [1]. E’ interessante apprendere che morirono in seguito a salasso e affetti da tisi sia Richelieu che Luigi XIII. Quest’ultimo era il successore dei re di Francia taumaturghi, ai quali nel Medioevo il popolo attribuiva il potere di guarire i loro sudditi, mediante l’imposizione delle mani, dalla scrofola, una forma tubercolotica che colpisce i linfonodi del collo. Di personaggi storici morti per salasso devono essercene stati diversi. Un altro fu Raffaello Sanzio, morto nel 1520 a 37 anni dopo essere stato trattato con ripetuti salassi per una febbre insorta, secondo il Vasari, a causa di “eccessi amorosi”. I bambini statunitensi imparano a scuola che George Washington non disse mai una bugia in vita sua; pur essendo quindi una figura diversa da Richelieu, anche Washington morì in seguito ai salassi effettuati dal suo medico personale (che in più gli somministrò calomelano, un purgativo costituito da un composto del mercurio), nel 1799. Del resto, anche il leggendario Robin Hood sarebbe morto per essersi fidato di una perfida badessa, che nel salassarlo lo dissanguò deliberatamente.

La pratica è antichissima. La cita Ippocrate, e Galeno ne sviluppò la dottrina. A fine Settecento, mentre in Francia stava per sorgere quella medicina scientifica che molto tempo dopo ne avrebbe decretato la fine, Rasori [1] rivestì il salasso di una teoria fisiopatologica ad hoc: le malattie essendo causate da uno stimolo, occorre un controstimolo. Rasori applicò il salasso ai malati di tifo petecchiale delle truppe franco-cisalpine del generale Massena; e i salassi sono considerati con approvazione nei capolavori della letteratura romantica che narrano di eroi gravitanti attorno a quel periodo. Una ferita del protagonista de “La certosa di Parma” si ascessualizza nonostante i salassi. Ne “Le confessioni di un italiano” – un “must” per chi condivida le idee di questa e-zine risorgimentale – Carlino Altoviti, spirito laico, intelligente, colto, ardimentoso e d’animo nobile come il suo autore, militando nei cisalpini ritrova la Pisana, unico e grande amore della sua vita, durante uno scontro sanguinoso coi borbonici; e per farla rinvenire le fa aprire una vena da un barbiere.

A parte rare situazioni particolari, il salasso è una terapia irrazionale e deleteria. Segue però una sua logica, che l’ha fatto arrivare ai giorni nostri. In USA ci sono case di cura che nel 2012 offrono al pubblico il salasso terapeutico. Molti di noi hanno conosciuto anziani ai quali da giovani la polmonite era stata trattata con l’applicazione di “sanguette”, la Hirudo medicinalis. Ai primi anni Ottanta, studente, raccolsi la storia clinica di un paziente che mi riferì di essere stato curato dal medico di famiglia mediante autotrasfusioni, con iniezioni intramuscolo del suo stesso sangue prelevato da una vena. L’assistente mi disse di avere già sentito altri casi del genere. Una pratica che probabilmente era una forma di compromesso per proseguire una terapia ormai scientificamente inaccettabile ma che, commenta G. Cosmacini ”incontrava favore o non suscitava rigetto nel popolo, cui la sottrazione di sangue a scopo terapeutico appariva tutt’altra cosa dal “vampirismo sanguemaniaco” stigmatizzato dai detrattori del metodo” [2]. Senza il consenso e l’entusiasmo del popolo tante follie della medicina non esisterebbero.

D’altra parte il consenso popolare non doveva essere assoluto se il medico-poeta Rajberti nel 1840 ammoniva che “Fra i mille e uno errori del volgo relativamente alla medicina … il più grave …dico essere questo l’odio ai salassi, o meglio all’uso di molti salassi”. Rajberti era un oppositore dell’omeopatia, una teoria che non ha basi razionali, basata sul principio “similia similibus curentur”; ma anche curare chi è malato cavandogli il sangue è fare come i pompieri di Viggiù che spegnevano il fuoco con la benzina. C’è una forma di “omeopatia pesante”, che cura il simile col simile e non usa dosi infinitesimali ma dosi efficaci e a volte da cavallo; è una costante della medicina; oggi è praticata in forme sofisticate da tanti medici che si dicono “allopatici”.

Ci furono nei secoli medici che criticarono e combatterono il salasso, sulla base del buon senso accoppiato all’esperienza, e poi sulla consapevolezza derivata dalle acquisizioni scientifiche. A coloro che ai nostri giorni verrebbero chiamati “negazionisti”, o fautori del “nichilismo terapeutico”, si opposero i difensori della tradizione, che col crescere della medicina scientifica si avvalsero, secondo uno schema molto usato anche oggi, oltre che dei consueti meccanismi di difesa corporativi anche di giustificazioni ex post in stile scientifico; come quella per la quale evidenze sperimentali mostravano che gli animali salassati aumentavano di peso.

La logica alla quale il salasso deve il suo successo appare essere la logica delle possenti radici magiche della medicina, e in particolare quella della “effectiveness”. Se il paziente, e anche il medico, credono nelle virtù curative di una terapia, non è necessario che essa sia davvero efficace. Basta che abbia “effectiveness”, che produca degli effetti biologici interpretabili come miglioramenti, per essere accettata. Il controllo su una variabile biologica mimerà il recupero del perduto controllo sul corpo.

Con i salassi ripetuti si possono ottenere stati clinici interpretabili positivamente; non perché il malato stia meglio, ma perché si otterrà un effetto calmante e di remissione apparente della malattia. L’insufficienza di circolo e il deficit di ossigenazione indeboliranno il paziente e lo obbligheranno a risparmiare le forze al punto che sembrerà che i salassi abbiano attenuato o spento la malattia di base. In alcuni casi l’agitazione potrà aumentare nelle fasi iniziali, ma col proseguire dei prelievi calerà comunque, sostituita da gradi crescenti di ottundimento e astenia. Anche se interiormente l’angoscia dovesse salire, le sue manifestazioni avranno energia minore. Il paziente sembrerà più “tranquillo” e meno sofferente, almeno temporaneamente. Si insisteva sulla necessità di ripetere i salassi probabilmente perché così si poteva oltrepassare la fase delle manifestazioni reattive dello shock e dell’anemia, quando avevano luogo, e giungere ad uno stato di segni interpretabili come ottenimento di una “pace”, una “atarassia”, anche se in realtà espressioni di un livello più grave di deterioramento: sembrava quindi che l’intervento avesse ripristinato un qualche equilibrio.

Inoltre, il salasso, spesso usato per curare malattie infettive febbrili, mentre peggiora l’infezione, provocando vasocostrizione periferica può abbassare la temperatura cutanea, dando così l’impressione di stare contrastando efficacemente la patologia, che veniva (e viene) identificata con la febbre. Manifestazioni patologiche causate o aggravate dall’emorragia, come la fame d’aria, il polso debole e rapido, delirio, convulsioni, verranno comunque imputate esclusivamente alla malattia di base. Il suo stato di salute oggettivo è peggiorato, ma quando, salasso dopo salasso, i parametri ematici e emodinamici scendono a livelli molto bassi il paziente raggiunge una condizione di letargia – e poi a volte il coma – che fa sembrare il malato come addormentato, e il decesso un passare dal sonno alla morte.

Col salasso si otteneva una effettività di tipo pubblico: agli occhi degli astanti i suoi effetti potevano essere scambiati per segni di miglioramento, o di efficacia parziale, curativa o palliativa, della terapia. Anche oggi tanti sforzi terapeutici per malati gravi sono più in funzione delle persone vicine al malato e del pubblico che nell’interesse del malato stesso. Sarebbe interessante studiare nel dettaglio sotto questo punto di vista l’evoluzione degli effetti fisiopatologici e clinici derivanti dalla sovrapposizione su una patologia infettiva, o di altro genere, di salassi ripetuti, praticati secondo il calendario e le quantità usate storicamente.

Il paziente diviene anche più remissivo e disposto ad obbedire al medico; toltogli abbastanza sangue se imprecherà non potrà farlo che con un filo di voce, e nonché discutere o protestare farà fatica a muoversi; ma è più probabile che speri disperatamente in un aiuto. Un effetto di aumentata compliance, o meglio di sottomissione, sul quale occorrerebbe riflettere anche in merito a pesanti terapie odierne. Se poi il paziente è così gagliardo da riuscire a superare non solo la malattia ma anche le cure si avrà un successone. Tutto ciò potrebbe spiegare come una pratica tanto assurda sia stata per secoli una terapia universale di base; e una delle principali fonti di reddito dei chirurghi, in concorrenza coi flebotomi e barbieri.

L’ipotesi è suffragata da elementi storici che portano a supporre che il salasso periodico, limitato, che sfianca, sia stato usato anche come strumento di controllo sociale. La scuola di Salerno lo consigliava ai sani come misura preventiva. Risulta essere stato praticato in forme codificate in “istituzioni totali”. Il salasso era usato come provvedimento disciplinare nell’esercito romano. Nei conventi medievali il sottoporsi a salassi ripetuti era previsto dalle regole degli ordini, e le scadenze venivano riportate in calendari che fondevano l’aspetto religioso con quello astrologico e igienistico. Lombroso riporta come nell’Ottocento i detenuti calabresi fossero regolarmene salassati [3]. E’ noto che ai nostri tempi in istituzioni totali come carceri, caserme o strutture psichiatriche per mantenere l’ordine si faccia largo uso di sedativi, a volte prescritti, a volte somministrati a insaputa dei soggetti. Oggi assistiamo alla tendenza a mettere sotto psicofarmaci buona parte della popolazione, medicalizzando le comuni difficoltà personali e sociali. Nel 2010 in USA un adulto su 5 ha assunto almeno una volta un farmaco psichiatrico; nelle donne la proporzione è risultata di 1 su 4.

L’espediente di fare passare l’effectiveness per efficacy è più vivo che mai. Nell’attuale medicina “evidence based” ha preso la forma dei “surrogate endpoints”, una metodologia non risolutiva, da maneggiare con le molle e avendo le mani pulite, se proprio non si può evitarla; forte generatrice di fallacie ed errori [4-6] ovvero in pratica eccellente opportunità per aggirare i controlli e frodare. Oggi è divenuta prassi comune. I surrogate endpoints valutano i vantaggi di una terapia non sui “patient important endpoints”, cioè su ciò che conta, ma su effetti positivi surrogati, che la propaganda ci ha abituato a considerare come clinical endpoints; es. “su una misura di laboratorio come la pressione arteriosa, invece che su un’evidenza clinica più diretta come la prevenzione degli ictus” [7,8]. O, nel caso del salasso, sulla capacità di abbassare la temperatura cutanea e smorzare le manifestazioni di sofferenza in una malattia infettiva. Un altro esempio è il dichiarare efficace un antitumorale perché si è documentata in studi clinici una sua capacità di ridurre il volume o di arrestare la crescita della massa neoplastica rilevabile agli esami di imaging; nonostante che la progressione tumorale a livello cellulare continui, più aggressiva di prima dati effetti selettivi, e su un organismo indebolito dalla terapia, sfociando quindi in manifestazioni come le metastasi a organi vitali, così che la sopravvivenza e la qualità di vita non migliorano, o peggiorano.

I surrogate endpoints non guardano agli effetti di un farmaco o di altra terapia su una patologia, ma solamente, tra i molteplici effetti del farmaco e tra i vari meccanismi della malattia, agli effetti del farmaco su una singola variabile patologica (che può essere insufficiente a definire il corso della malattia, o in alcuni casi non rilevante). Lasciano così fuori dalla valutazione gli effetti collaterali del farmaco e gli altri determinanti della malattia. Prima di essere usati come markers di efficacia dovrebbero almeno essere validati da altri studi, ma questo molto spesso non avviene, oppure viene fatto in maniera tale che non fa che aggiungere un altro strato di complessità e incertezza al processo di verifica dell’efficacia. Sono molto usati per l’approvazione accelerata di farmaci “innovativi” [9], con la riserva che l’efficacia sarà confermata in seguito, mediante studi di postmarketing che poi vengono condotti in maniera debole e pro forma e a volte restano sospesi; o che se anche mostrano inefficacia non danno luogo alle misure di ritiro previste. La celebrata serietà anglosassone qui prende forme burocratiche all’italiana, diciamo.

A contrastare il gioco dei surrogate endpoints, che ha permesso l’approvazione di farmaci, costosissimi, che in alcuni casi i pur compiacenti organi di controllo sono stati costretti a ritirare come inefficaci e dannosi [10], ci ha provato nel 2009 C. Grassley, un senatore repubblicano del GAO, “Government accountability office”, la commissione del Congresso USA che si occupa del controllo della spesa pubblica [7]. Il politico non si è certo messo di punta contro al sistema, però ha chiesto il rispetto dei controlli postmaketing, sulla base di un’analisi dettagliata dell’operato della FDA in merito a farmaci approvati grazie ai surrogate endpoints. Deve essersi preoccupato per la pericolosità di alcuni dei farmaci da lui presi ad esempio, come l’antidiabetico rosiglitazone, somministrato a circa 60 milioni di persone nel mondo prima che studi evidenziassero che incrementa nettamente nei pazienti la patologia e la mortalità cardiovascolari. Grassley avrà evidentemente tenuto conto anche dei soldi che in questo modo vengono salassati ai contribuenti, e a coloro che pagano i balzelli al sistema direttamente con le assicurazioni mediche private.

Il senatore se l’è cavata con un “vicious attack” sul Wall Street journal, a firma di Thornton, un ex funzionario della FDA che lo ha accusato di cospirare per impedire che i malati di cancro ricevano cure migliori; come quelle che vende Thornton stesso, passato a dirigere una ditta di biotecnologie che sviluppa farmaci oncologici (informazione che ha omesso nella intemerata). Secondo l’organo di Wall Street le moderate obiezioni avanzate dal senatore repubblicano e la sua richiesta di porre un freno agli aspetti più indecenti del sistema dei surrogate endpoints pongono lo sviluppo dei farmaci oncologici “sull’orlo del baratro di un ritorno ai Secoli bui”.

In Italia, dove i politici si azzuffano tra loro per chi deve essere il primo a fare da scendiletto alle case farmaceutiche e nessuno vuole giocare la parte del guastafeste, i surrogate endpoints sono un esempio tipico di argomento sul quale vige l’omertà politica. Per un semplice medico lo sviluppare critiche radicali ai surrogate endpoints, e al sistema del quale sono strumento, espone a i rischi cui si espone chi ostacoli dei delinquenti nei loro crimini. I guai che ne derivano sono mediati dalla solita compagnia. Monsignori che si credono dei Richelieu e sono sul livello di Marcinkus; “compagni” mantenuti del FMI e BCE; apparati che prima della caduta del Muro servivano gli interessi “atlantici” di selezione della classe dirigente pilotando omicidi politici, e ora non vogliono stare con le mani in mano; e la massa dei fiancheggiatori istituzionali e popolari, il branco ottuso e famelico dei furbi che si vendono ai poteri che vincono sempre; ottenendone, come mostra anche il destino imboccato dalla nazione, il guadagno di Pottino.

Un’ulteriore evoluzione dei surrogate endpoints e dello sfruttamento della effectiveness è costituita dai biomarkers, complessi marcatori molecolari che aumentano la scivolosità diagnostica invece di ridurla, con conseguente aumento di “clienti” e quindi del fatturato. Si occupa di applicare biomarkers a campi dove l’accuratezza diagnostica è già carente ad es. il San Raffaele di Milano [11], un centro dove la disinvoltura morale nel fare soldi con la medicina (appoggiandosi magari ai lavori sporchi dei servizi [12]) non è limitata agli aspetti amministrativi così come si vuole fare credere e come la gente vuole credere.

I tempi bui del salasso non sono alle nostre spalle. Del resto oggi la deplezione ematica è praticata su larga scala, mediante i chemioterapici antitumorali che come effetto collaterale deprimono il midollo osseo, l’organo che produce le cellule del sangue. L’effetto è indiretto, ma non sgradito agli interessi economici: ha permesso la creazione di un mercato di stimolatori dell’emopoiesi, inclusa l’EPO, l’eritropoietina resa famosa dal caso Pantani, farmaco i cui alti e bassi borsistici vengono attentamente seguiti dagli speculatori finanziari. In USA pagando gli oncologi la casa produttrice ha ottenuto che l’EPO fosse somministrata ai malati di tumore oltre le indicazioni e i dosaggi previsti, uccidendo pazienti. C’è chi campa, e si arricchisce, anche in maniera criminale, sulle anemie iatrogene da salasso chimico. Ciò mostra come la iatrogenicità abbia un effetto economico di moltiplicatore, dove un danno iatrogeno consente di vendere oltre al prodotto che l’ha causato anche il rimedio al danno; in una spirale che la medicina attuale non si astiene dall’instaurare e sfruttare, tutt’altro. Le terapie attuali sono informate da quella che B. Martin, studioso della soppressione dell’innovazione in campo scientifico, chiama “Interested technological vulnerability”.

Più ancora che la produzione dei globuli rossi, i chemioterapici deprimono la produzione della serie bianca, privando l’organismo delle naturali difese che impediscono ai microrganismi patogeni di mangiarci vivi; così che anche gli agenti che normalmente il nostro sistema immunitario tiene a bada senza che compaiano manifestazioni cliniche divengono temibili e agguerriti. D’altra parte, anche chi commercia o investe in antibiotici o in fattori di crescita granulocitari deve sopravvivere. Ho seguito da vicino e descritto in una relazione un caso di una giovane paziente che ha subito indebitamente questa triste sorte. E ho visto come il disastro prodotto dai farmaci, e dalle cure all’incontrario, sia stato occultato e messo a tacere da autorità mediche e giudiziarie che, nel loro piccolo, hanno poco da invidiare a Richelieu quanto a scrupoli morali; e quanto a metodi per “fare apparire le vittime come colpevoli”, secondo il principio caro al suo degno successore e correligionario Mazzarino.

Non siamo più ai tempi nei quali si curavano col salasso anche le emorragie o la grave disidratazione del colera; ma si può stilare una lunga lista di esempi attuali di “omeopatia pesante”: sofisticate terapie che causano o aggravano ciò che dovrebbero curare. Sul piano tecnico, resta presente in medicina una forte sinergia tra malattia e terapia, che assicura la crescita del business biomedico. Non si teorizza più apertamente come il Fioravanti nel Cinquecento che “il medico dee fare con gli ammalati come fa il cuoco quando la pignatta bolle et fa strepito et va per sopra, che ne cava fuori una picciola quantità et così manca il strepito e non va più fuori”. Si presentano invece mediante pacati scienziati tabelle e grafici che mostrano epidemie incombenti, creando un clima di paura; e allo stesso tempo un clima di intolleranza che in qualcuno porta alla voglia di assestare una badilata “in testa, di taglio” [13] a chi diffonda le tesi di quei ricercatori che denunciano tali tabelle e grafici come falsi; e che denunciano le terapie che tali frodi promuovono come atte a provocare lo stesso quadro clinico devastante della malattia [14].

Sul piano morale i “progressi” sono consistiti nel mantenere, affinare e calibrare la sinergia malattia-terapia per sfruttarla al meglio, senza farla trasparire troppo; coprendola spesso con forme di effectiveness, più evolute di quella rozza del salasso. Facendo così della medicina un pilastro del sistema economico liberista; usando tra i vari mezzi anche la iatrogenesi e la technological vulnerability come moltiplicatori che generano crescita economica. L’antica anima irrazionale della medicina sopravvive vigorosa; ma oggi l’oscurantismo è un prodotto delle ditte di public relations al servizio del marketing, costruito consapevolmente e scientificamente. Il potere ha proiettori che invece che luce proiettano coni d’ombra.

Come risultato, si creano situazioni anomale, inimmaginabili, che dovrebbero sgomentare l’uomo della strada che le esaminasse; es. le affermazioni di Duesberg, accomunato a scopo denigratorio a personaggi come Simoncini ma tra i maggiori virologi al mondo, che parla di “AIDS da ricetta medica”; o quelle di Sonnabend, infettivologo dissidente apprezzato dai leader dell’ortodossia come Fauci per le sue posizioni concilianti rispetto al dogma HIV, che dice che “sono abbastanza cinici da immettere farmaci sapendo che hanno effetti tossici e che produrranno una certa mortalità, e sapendo che dopo due o tre anni, quando la mortalità diverrà ovvia, dovranno ridurre i dosaggi”.

Pubblicato anche in https://menici60d15.wordpress.com/

Note

1.Tonguessy. Strutture di potere – Richelieu e la scienza. Appello al popolo, 12 gen 2012. http://www.appelloalpopolo.it /?p=5451

2.Cosmacini G. L’arte lunga. Laterza, 1997

3.Zanobio B. Armocida G. Storia della medicina. Masson, 1997

4.Fleming TR et al. Surrogate end points in clinical trials: are we being misled? Ann Int Med, 1996. 125: 605:613.

5.Sobel BE at al. Surrogates, semantics, and sensible public policy. Circulation, 1997. 95:1661:63.

6.D’Agostino, RB. Debate: The slippery slope of surrogate outcomes. Current Controlled Trials in Cardiovascular Medicine, 2000. 1:76-78

7.New drug approval. FDA needs to enhance its oversight of drugs approved on the basis of surrogate endpoints. GAO report to the ranking member, Committee on finance, U.S. Senate, 2009.

8.Psaty BM et al. Evidence-based Medicine. Worship of form and treatment of high blood pressure. J Gen Intern Med, 2000. 15: 755–756.

9.menici60d15. La generosità del governo Monti e del suo elettorato virtuale verso le multinazionali farmaceutiche. Appello al popolo, 16 dic 2011. http://www.appelloalpopolo.it/?p=5262

10.menici6ad15. Sulle regole per la Roche. https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/30/sulle-regole-per-la-roche/

11.Scoperto il “codice a barre” della sclerosi multipla. La Stampa, 28 dic 2011

12.menici60d15. https://menici60d15.wordpress.com/2007/06/11/commento-al-topic-lui-e-cristo/

13.Commento di un blogger al post di A. Delfanti “Nessuna correlazione tra HIV e AIDS”. Scontro scientifico sulle teorie “negazioniste”. Il Fatto quotidiano, 9 gen 2012. http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/09/nessuna-correlazione-aids-articolo-apre-scontro-nella-comunita-scientifica/182546/

14.Duesberg P et al. AIDS since 1984: no evidence for a new, viral epidemic – not even in Africa. Italian journal of anatomy and embryology, 2011. 116: 73:92. http://www.fupress.net/index.php/ijae/article/view/10336/9525

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15 feb 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Marfella “Si scopre che la camorra assicura un welfare avanzato. E lo stato?”

Veramente che il farmaco sia una “risorsa” lo si vede a occhi chiusi, oggi 15 feb 2022, quando a chi non se ne fa iniettare uno di dubbia utilità e sicurezza viene tolto il lavoro. Alla mafiosa. Ma Marfella si riferisce non ai trilioni di dollari del business farmaceutico, ma umilmente alla piccola lasagna per gli impiegati di concetto della ricerca. Che con sincerità partenopea accosta alle vedette dello spaccio. Non solo il farmaco è pilastro centrale dell’economia; ma ciò è un punto sul quale camorristi, politici, magistrati, preti, etc. sono d’accordo. Così che occupano o sostengono livelli diversi della stessa variabile: lo sfruttamento tramite i farmaci. L’altro giorno hanno arrestato Guttadauro, noto esponente storico di quella mafia che ricorda gli antri siciliani dei ciclopi, i mostri che si cibavano di carne umana. Nulla a che vedere con le frodi della medicina ufficiale; che pure pasteggiano con la carne umana, ma in maniera sofisticata. Lo spauracchio mafioso invece di essere incenerito viene agitato da figure come Saviano: aiuta lo sfruttamento tenendo bassa la media e quindi lo standard dell’integrità. Così che i perbene possono arricchirsi illecitamente usando il farmaco come “risorsa”, e sembrare onesti e meritevoli. E’ una delle funzioni della mafia. La statistica insegna che bisognerebbe usare anche la mediana del tasso di criminalità, oltre che la media aritmetica, raffrontando mafia e legalità. E soprattutto raffrontando mafia e medicina.

@ CarloJr. Nel 2021 i ricavi attesi erano un rispettabile 50 miliardi di dollari per quell’anno per i soli vaccini mRNA. Lo riporta Nature*. Non male per prodotti che vengono fatti assumere tramite i governi, con disinformazione e ricatti. E che pertanto la cui “vendita”, termine improprio trattandosi di inganno tramite paura ed estorsione tramite violenza, quindi, meglio, il cui prelievo fiscale a beneficio di privati, è rinnovabile ed espandibile a piacimento. E la cui base scientifica era stata giudicata, testuale, “s***”, cioè m****, da un premio Nobel, il cui nome viene tenuto coperto, riporta lo stesso articolo di Nature.

Il suo strepito è intonato alla pia glorificazione dei suddetti prodotti contenuta nell’ordinanza 583 del 4 feb 2022 con la quale il Consiglio di Stato ha confermato l’obbligo vaccinale per i sanitari; e così l’epurazione dei medici che non reggono con diagnosi e terapie il gioco mortifero sul covid che continua a produrre e aggrava, dopo due anni di epidemia e di misure draconiane, le pessime statistiche usate per giustificare norme che si servono del degrado morale e materiale come arma per obbligare ai farmaci. Mantenendo così lo stesso circolo vizioso di quando la maggioranza dei medici reiteravano il salasso in risposta al peggioramento delle condizioni del paziente dopo il salasso**.

*The tangled history of mRNA vaccines. Nature, 16 set 2021.
**Il salasso ieri e oggi. La sinergia tra malattia e terapia. Sito menici60d15.

Giochi su Galileo Galilei

29 December 2011

Blog Appello al popolo

Commenti al post di Tonguessy “Strutture di potere – Galileo e la Chiesa” del 29 dic 2011

Postato su questo sito il 19 feb 2012 causa boicottaggio Telecom

Grazie a Tonguessy per l’ottimo articolo. E’ particolarmente interessante l’osservazione del progresso scientifico come ideologia che allontana il popolo dalla concezione medievale della vita frugale. La promessa di salvezza intramondana che allontana da quella concezione del limite che abbiamo perso, e che farebbe risaltare la Scienza nella sua vera grandezza.

Io sono tra quelli che quando sono in spiaggia sul Tirreno restano a guardare il tramonto sul mare. Uno spettacolo bello in sé, e che induce a riflessioni delle quali “Il silenzio” fuori ordinanza è l’equivalente musicale. La contemplazione del sublime che la nostra stella ci offre quotidianamente è temperata dal pensiero che non è il Sole che cala dietro l’orizzonte, spandendo colori regali attorno a sé; ma siamo invece noi che insieme alle sdraio e a tutto il resto ci stiamo lentamente ribaltando all’indietro.

Anche l’antagonismo Chiesa/Scienza si è evoluto, e credo occorra fare attenzione a non identificarlo con quello dei tempi di Galilei; come invece può essere interesse dei contendenti far credere: https://menici60d15.wordpress.com/2008/01/21/diplomi-di-laurea-bruciati-sul-sagrato-tornano-i-roghi/

Resta l’antagonismo ideologico, con la Scienza e la Fede usate come armi; un esempio è dato da come entrambe le parti strumentalizzano la discussione sul darwinismo. Confronto che a volte sbotta in toni che tradiscono l’antica vocazione: https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/16/i-preambula-fidei-di-san-tommaso-e-quelli-di-de-mattei-e-carancini/

Ma il clero attualmente ha anche interesse a favorire la scienza. Interessi “pastorali”, perché, preso atto che la nuova religione secolare è oggi quella che fa più presa sulla credulità delle masse, preferisce cooptarla e sfruttarla anziché attaccarla frontalmente. (E sa, vecchia volpe, che conviene dargli corda anche perché le magagne della degenerazione affaristica della scienza ne minano la credibilità dall’interno). Diventato lo scientismo un’ideologia parareligiosa, il clero col suo know-how può insegnare ai seguaci di Prometeo come ricavarne consenso e zecchini.

Interessi politici, perché il Vaticano deve trovare un punto di convivenza e alleanza con altri poteri che non può certo contrastare, e che fanno dell’ideologia scientista il loro credo. Appoggiando la scienza, evitando di attaccarla, se non per ridicole questioni teologiche, tacendo sulle strumentalizzazioni e storture dei modi nei quali è praticata, e fornendo servizi di supporto, il clero può acquisire meriti presso poteri che non lo amano.

Interessi economici, perché la “scienza” è in pratica la tecnologia commerciale, e il clero è tra le forze che investono molto denaro e ricavano molto denaro da essa; v. il caso San Raffaele, scoperchiato, nei suoi aspetti finanziari ma non in quelli “scientifici”, nell’anno del passaggio di governo da Berlusconi a Monti.

Così le occasionali rumorose baruffe e le frequenti gomitate non devono fare perdere di vista che tra le due chiese, che se potessero adotterebbero gli argomenti degli inquisitori da un lato e dei lanzi dall’altro, i rapporti sono articolati; come quelli dei famosi imprenditori di Pisa, che litigavano di giorno ma cooperavano di notte: https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/12/i-futures-di-santa-lucia/

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@Lorenzo. Tra il primitivo che adora la luna e lo scienziato capace di mandarci un razzo (magari forte della pregressa esperienza pionieristica con le V2 naziste) c’è una grande differenza; ma non sarei così sicuro che ci sia un abisso. Il 23 dicembre scorso c’è stato il quarantennale della “Guerra al cancro” dichiarata da Nixon sull’onda dell’esaltazione per le missioni Apollo. La luna è sempre là, non più meta di visite a parte quelle innocue dei poeti, ma la guerra al cancro non è stata vinta. Invece, si è trasformata la lotta al cancro in una economia di guerra. La soluzione è stata brillante sul piano economico; inqualificabile su quello etico e politico.

La “comunità scientifica”, superiore alle diatribe ideologiche, lo sguardo fisso in alto verso il perseguimento della Conoscenza dell’ignoto, ma anche con un fine intuito per buste paga e pensioni, continua a pestare alacremente l’acqua nel mortaio così come si vuole che faccia. Il cancer burden continua ad aumentare. Dal 1998 al 2007 in Europa la spesa pro capite per i farmaci oncologici è cresciuta di sei volte, e attualmente si parla di aumento dei prezzi insostenibile per i nuovi farmaci “innovativi”; prodotti frutto di un metodo così galileiano che si discute apertamente nelle sedi ufficiali di come valutarne l’efficacia sui pazienti dopo che sono stati commercializzati, in carenza di dati sperimentali sufficienti; cioè di come chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati; e così efficaci che diversi medici scelgono di non assumere le terapie destinate ai pazienti se affetti da cancro. Gli analisti finanziari prevedono ulteriori enormi guadagni, e la gente continua a credere, anche se con qualche tentennamento, ai proclami di vittoria della “comunità scientifica”.

Lo scienziato non deve essere necessariamente “engagé”; ma deve essere onesto, e non può pretendere di essere considerato tale per dogma. Tra il primitivo e lo scienziato ideale in mezzo c’è l’acquitrino della scienza corrotta, e di quell’atteggiamento irrazionale, diffuso tra il pubblico e anche tra i ricercatori, prossimo alle credenze dei primitivi che il fisico Feynman (Il Nobel che scoprì la causa del banale errore tecnico che causò il disastro della navetta Challenger) ha chiamato “Cargo cult science”. Cioè l’adorazione di stampo tribale di ritrovati tecnologici e della scienza, che vengono visti come divinità benevole e onnipotenti.

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@Lorenzo. Grazie per questo esempio di teologia scientista.

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@Mincuo. Leggo che Bellarmino ebbe parte nel primo processo a Galilei, quello del 1616. Circa venti anni prima aveva partecipato al procedimento che aveva mandato sul rogo Giordano Bruno; alla figura del cardinale, e futuro santo e dottore della Chiesa, era quindi associata una notevole carica intimidatoria; se non altro da vivo. Assieme a teorie che oggi suonano esoteriche, veniva contestata a Bruno l’affermazione che “vediamo il sole nascere e tramontare perché la terra se gira circa il proprio centro”. Pare che a Bruno fosse stata offerta la possibilità di evitare la morte accettando qualche compromesso dottrinale; ma Bruno non volle. Questa fermezza, più ancora che le sue teorie, deve essere suonata inaccettabile alle orecchie dei preti.

Una posizione ancora oggi da giudicare negativamente per l’ethos nazionale: ricordo come Montanelli sul Corriere abbia scritto che in pratica Bruno, che comunque secondo lui era un pensatore che valeva poco, se l’era cercata con la sua cocciutaggine. La sua scelta credo fosse il frutto di un misto di consapevolezza intellettuale e carattere; e anche di stanchezza esistenziale, se non disgusto, per la sua vita travagliata e per la meschinità e viltà che vedeva nei suoi persecutori. Bruno divenne poi un simbolo di laicità; cioè in pratica di anticlericalismo massonico, che invece nei compromessi si trova a suo agio.

Come Campanella, se i suoi concetti mostrano un modo nuovo di pensare che muove i primi passi, fu un bravo poeta. Mi colpì su “the Crimson”, la rivista di Harvard (interdisciplinare), un detto a lui attribuito: “Lux umbra dei”, la luce è l’ombra di Dio. Un altro pianeta rispetto ai minuziosi sofismi di coloro che dicono di parlare in Suo nome; e rispetto alla loro nascosta ma non sopita propensione a scempiare quelli che non possono piegare; con qualsiasi mezzo, dalle dotte falsità dell’erudito alle pratiche di compiaciuta violenza degli sbirri e lacchè.

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@Mincuo. “L’ambasciatore della Corte medicea, Piero Guicciardini, ottimo conoscitore dell’ambiente romano, era ben consapevole dei pericoli incombenti sullo scienziato: «so bene che alcuni frati di San Domenico, che hanno gran parte nel Santo Offizio, et altri, gli hanno male animo addosso; e questo non è paese da venire a disputare sulla luna, né da volere, nel secolo che corre, sostenere né portarci dottrine nuove».[44]

Il 24 febbraio 1616, richiesti dal Sant’Uffizio, i teologi risposero unanimemente che la proposizione «il sole è il centro del mondo e del tutto immobile di moto locale», era «stolta e assurda in filosofia, e formalmente eretica», in quanto contraddiceva molti passi delle Sacre Scritture e le opinioni dei Padri della Chiesa; che la proposizione «la Terra non è il centro del mondo, né immobile, ma da sé si muove anche di moto diurno», era «censurabile in filosofia; riguardo alla verità teologica, almeno erronea nella fede». Di conseguenza, il 25 febbraio il papa ordinò al cardinale Bellarmino di «convocare Galileo e di ammonirlo di abbandonare la suddetta opinione; e se si fosse rifiutato di obbedire, il Padre Commissario, davanti a un notaio e a testimoni, di fargli precetto di abbandonare del tutto quella dottrina e di non insegnarla, non difenderla e non trattarla». Un documento datato 26 febbraio attesterebbe l’avvenuto precetto del Bellarmino e l’obbedienza di Galileo[45] mentre il 5 marzo era reso pubblico il decreto della Congregazione dell’Indice che proibiva e sospendeva «rispettivamente gli scritti di Nicola Copernico De revolutionibus orbium coelestium, di Didaco Stunica su Giobbe e di Paolo Antonio Foscarini, frate carmelitano».” (Wikipedia).

Lei chiama “raccomandazioni amichevoli” una convocazione dopo una procedura formale,  da parte di uno che aveva sistemato Bruno; il quale pare sia stato anche torturato (secondo Wikipedia). Qui bisognerebbe parlare della radice culturale comune a clero e mafia, evidente anche nei modi di esprimersi. Ma non vorrei essere ripreso da lei con accusa di andare fuori tema. Dovreste vergognarvi per quello che avete fatto, in quella e innumerevoli altre occasioni, e invece vi mettete in cattedra a dispensare menzogne e giudizi. Non so chi lei si creda di essere o cosa pensi di avere detto, ma ci vuole un po’ più di un pallone gonfiato per farmi “lasciare stare”.

Non sono di nessun partito, non difendo nessuna fazione, a differenza di lei. Non apprezzo Michele Serra, non leggo Repubblica, che elogia quanto ha prodotto in medicina e in campo culturale il suo degno correligionario Verzè. Vede, lei questo non può capirlo, ma ci sono persone che hanno opinioni forti pur non appartenendo a nessun gruppo. L’argomento del quale tratto non è Galileo, ma gli abusi di potere della Chiesa. Che lei giustifica con la situazione politica del tempo. No; posso testimoniare che avete la vocazione, come mostra anche il suo atteggiamento mistificatorio e arrogante. Lo mostra nella sua parte presentabile; i sudici scagnozzi dei quali allora come oggi vi servite completeranno i suoi auguri di lunga vita e la brillante lezione di filologia fraudolenta.

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Egregio Mincuo, difensore della Fede, cerchi di capire. Il clero si oppone sostanzialmente al progresso che emancipando l’uomo lo sottrae al giogo del potere. E nell’opporsi non si astiene da forme di violenza e di inganno; anzi eleva queste pratiche al rango di scienza, che è l’unica scienza che si può riconoscere alla massa di zeloti e farisei dei quali lei fa parte. Se fosse per Bellarmino o per quelli come lei staremmo ancora al Medioevo; agli aspetti negativi del Medioevo. Queste sono responsabilità molto gravi. Sono il primo a criticare le distorsioni dell’attuale tecnocrazia, alla quale i preti fanno da tirapiedi. Ma il progresso sano è salvezza dell’Uomo. Pensi ad esempio se non avessimo le fogne: quante malattie infettive. Certo, ci sarebbero anche aspetti positivi. Davanti a un vomitatore di insulti come lei, si potrebbe prendere il pitale, metterglielo davanti e dirgli “parla con questo”.

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Caro Stefano, grazie per il tuo intervento. Non ho nessuna voglia di riaprire la questione che hai chiuso, ma vorrei andare oltre evidenziando un aspetto che mi pare interessante. Un poco la storia si ripete. J. Schwartz, in “The creative moment”, 1992, sostiene che la Chiesa era orientata ad ammettere la teoria eliocentrica purché fosse nascosta entro l’oscuro linguaggio matematico, ferma restando la versione delle Scritture. Lo stesso Bellarmino, leader intellettuale dei gesuiti, istruiva i preti a stare lontano dalle dispute coi matematici sulla questione. Per questo autore, un fisico, lo scandalo è consistito non tanto nella soppressione della verità da parte dell’autorità, ma nell’avere imposto che la “chiarezza sovversiva” della fisica venisse avvolta in un linguaggio matematico inaccessibile ai più.

Oggi più di allora il rigore, la specializzazione, possono essere distorti in uno strumento per occultare e censurare il vero. O per propagare il falso. E’ nota la critica ai modelli matematici in economia; si parla meno di come alcune metodologie matematiche di base dell’epidemiologia clinica, di difficile valutazione per i non iniziati, a detta di statistici professionisti servano più ad ingannare che a trovare il vero. Qui sul blog è stato possibile screditare con toni sprezzanti chi proponeva tesi non gradite, col pretesto che non si può parlare che di un solo processo a Galilei, non contando nulla la raccomandazione di censura dei teologi nel 1616, e la conseguente disposizione del papa a Bellarmino di ordinare a Galileo di cessare di insegnare, discutere, difendere le sue tesi se non voleva essere arrestato. (Che a me sembra anche peggio di un regolare processo). Tizio spara a Caio con una calibro 9, e Caio, sopravvissuto, lo accusa di avergli tirato una revolverata. L’avvocato di Tizio, rispondendo che per il perito balistico è una sciocchezza chiamare “revolver” la calibro 9, che invece è un arma semiautomatica, non sta servendo il rigore e la precisione; se adotta questi argomenti si vede che non può che buttarla in chiasso.

Ci sono molti modi per reprimere voci non gradite. Dall’omicidio fisico a quello morale all’attacco verbale all’appello al metodo; da usarsi diversamente a seconda delle circostanze. Nell’affresco del quale il caso Galilei è parte appaiono le varie tipologie. Mentre qui tutto lo spazio è stato invaso e occupato da ciò che potrebbe costituire l’oggetto di una nota a piè pagina, se correttamente riportato. Spaccando la pagliuzza in quattro si può ignorare il quadro generale; dalle pugnalate, si ritiene per mano di sicari della Chiesa, all’amico di Galilei Paolo Sarpi, difensore dell’indipendenza della Repubblica di Venezia; alle migliaia di donne che in quegli anni in Europa venivano bruciate per stregoneria.

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24 settembre 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post “Terremoto, Clini attacca la sentenza: “Unico precedente è quello di Galileo” del 24 settembre 2012

E’ un cupo esempio di come la mediocrità al potere uccide. Ma se proprio si vogliono scomodare i massimi sistemi e si vogliono cercare precedenti storici, trattandosi di un caso di incosciente servilismo degli scienziati che ha avuto conseguenze tragiche si potrebbero citare i 10 scienziati che inventarono per Mussolini le basi teoriche delle leggi razziali.

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@grab. Contrariamente a quanto ritenuto dalle ingenue credenze popolari, si può essere ciarlatani anche maneggiando provette in laboratorio o risolvendo equazioni differenziali.

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7 novembre 2012

Blog de Il Fatto

Commento al posto “Nature: l’Italia non capisce la scienza” del 7 novembre 2012

Secondo Nature la “scienza” conferisce a chi la pratica una posizione di superiorità simile a quella che secondo il clero Dio conferirebbe alla Chiesa; superiorità che, in entrambi i casi, si pretende che gli altri poteri e il popolo riconoscano, sottomettendosi. I magistrati italiani mi sembrano fin troppo arrendevoli e compiacenti con la “scienza”, o meglio coi poteri forti sopranazionali che la usano come ideologia. Forse il catechismo di Nature non trova ancora in Italia tutto lo spazio che vorrebbe perché il posto è già ingombrato da quello cattolico. Andrà a finire che dovremo sorbirci entrambi. Però in Italia qualcuno che, pur comprendendone l’importanza, ha mantenuto della scienza una visione laica l’abbiamo avuto:

“Ma si può immaginare una “competenza” così asettica da sfuggire sempre e comunque a ogni condizionamento dell’interesse? “Si può peccare per ignoranza” – osserva Vilfredo Pareto – “ma si può peccare per interesse. La competenza tecnica può fare evitare il primo male, ma non può nulla contro il secondo”. … l’esperienza dice che il mondo è pieno di scienziati e di intellettuali che si prostituiscono al potere e ne avallano tutte le abiezioni. Forse che costoro non sono corrotti perché sono competenti ?” (D. Fisichella. L’altro potere. Tecnocrazia e gruppi di pressione. Laterza, 1997).

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@ Flavio Masi. A me invece la tecnocrazia sembra un dato di fatto rimosso. L’attuale governo di “tecnici” che sono criticati sul piano tecnico da affermati specialisti, mi sembra in realtà una formazione, un po’ casereccia, di tecnocrati. Il saggio di Fisichella comincia parlando di “bancocrazia”; anche questo non mi pare un concetto iperuranio, anche se il termine non è di uso comune.

L’onestà degli scienziati dovrebbe essere un loro elementare dovere, e non motivo di “ammirazione” da parte del pubblico. La “comunità scientifica” è uno di quei gruppi che al loro interno sono molto diversi da come si presentano al pubblico. Chi non si accontentasse del panegirico sulla ricerca guidata dal metodo scientifico che come la colomba dello Spirito santo illumina e guida gli scienziati, potrebbe leggere ad es. “Visto dall’interno” di L. Tomatis.

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@ Flavio Masi. “Per il resto dissento. Il metodo scientifico si può discutere, come ogni cosa umana, e come ogni cosa umana è tutt’altro che infallibile, manegarne l’utilità mi sembra arduo.”

Non ho negato l’utilità del metodo scientifico. E’ curioso come il citarlo autorizzi alcuni a cambiare le carte in tavola.

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@ Flavio Masi. “La sua citazione parodistica del metodo scientifico, unita al suo post precedente, mi ha indotto a pensare che dietro ci fosse una critica radicale. Tutto qui.”.

E’ lo stesso slittamento di chi difende i condannati dell’ Aquila: se si criticano le mistificazioni commesse in nome della scienza si è contro la scienza.

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13 novembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Tipaldo “Commissione Grandi Rischi, quando la scienza trema /2”

Per Tipaldo l’accertamento del nesso causale è stato scientificamente carente: mancano tra l’altro studi statistici sulla popolazione per poter dire che le vittime siano state influenzate dalla rassicurazione. E’ un’applicazione della “sottodeterminazione delle ipotesi” (Duhem), con la quale si possono sempre negare perfino proposizioni scientifiche. L’usò anche il vescovo di Padova, rifiutando di guardare nel cannocchiale di Galilei sostenendo che le macchie lunari dovevano essere un artefatto da strumento difettoso. E qui non si tratta di scienza. Ma di una comunicazione tecnico-istituzionale al pubblico. Alla quale va applicato il livello di determinazione proprio di tali comunicazioni. Altrimenti si può sostenere che mancano le audiometrie che mostrino che le vittime non avessero problemi di udito, e così via; e nessuna comunicazione sarebbe mai colpevole (specie se le vittime non possono più parlare). Mi pare un riaffermare il diritto di alcuni al libero uso del latinorum scientifico. La “scienza” – la scienza cortigiana – trema, ma di rabbia, perché è stata messa in dubbio la sua superiorità, che ora subito riafferma sfondando il buon senso e prendendo per il collo il diritto. Tribunali a parte, è chiaro che sono state fatte cose da galera. Per interessi particolari, pensando che ciò che era possibile non si sarebbe verificato, si è scelto di non dire la verità: “dire la verità non consiste nel dire cose vere, ma nel dare impressioni fedeli del vero” (Stevenson).

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21 novembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post “Terremoto L’Aquila, Cassazione: assolti scienziati Commissione grandi rischi. Condannato solo De Bernardinis”

Lo scientismo, l’appello magico-religioso alla scienza, è ai nostri tempi la potente ideologia dei grandi interessi economici e politici. Siamo al tempo della “unholy alliance between bad science and big business” (Ho). La “scienza” è divenuta un simulacro al quale fare dire ciò che conviene al potere. Una fonte di verità suprema, che non ha niente sopra di sé; e quindi un potere normativo incontrollato. Riportando i sacerdoti di questa “scienza” alle loro reali dimensioni e responsabilità terrene, i magistrati, forse inconsapevoli degli interessi che andavano a toccare, rischiavano di rendere visibile che la “scienza” non è il sole attorno al quale le altre attività umane ruotano. Fatti oggetto di una campagna internazionale, hanno abiurato. Al di là degli aspetti giudiziari, il non riuscire a distinguere, o il non volere distinguere, tra rassicurazione positiva ingiustificata di non terremoto, mentre è in corso un’attività sismica, e mancata previsione di terremoto (e anche tra affermazioni accademiche a dispetto e consulenza tecnica sul campo mentre sono in gioco vite umane; tra manomissione della scienza per meschini giochi di interesse e corretta applicazione della scienza a importanti quesiti pratici) offre un test, un pons asinorum, per capire se si ha a che fare con chi, per interesse o per stupidità, sostiene lo scientismo, e come tanti preti e bigotti disprezza e calpesta in realtà i principi che dice di proclamare e difendere.

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29 dicembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Sylos Labini “Xylella, Stamina e L’Aquila: quando la giustizia ‘processa’ la scienza”

@ Andrea Bellelli. In medicina, il “probabilistic framework” che in effetti occorre per maneggiare alcune classi di fenomeni è stato dilatato a dismisura. Ciò non solo produce false acquisizioni (v. es. Penston J. Stats.con, 2010); consente anche doppie verità, per le quali si può sia affermare un risultato, in nome di un “rigoroso” metodo statistico in realtà traballante o non valido, sia negare di averlo fatto lamentando una non comprensione di quella tormentata e fumosa entità che è la causalità statistica; a seconda della convenienza. Forse occorre valutare le responsabilità delle conseguenze deterministiche delle informazioni “probabilistiche”. Se si induce a mozzare olivi, fare restare la gente in casa mentre è in corso un fenomeno sismico, o si iniettano costosi preparati dalle asserite proprietà miracolose, poi non si può pretendere un tribunale domestico presieduto dalla fortuna cieca anziché dalla giustizia bendata.

 

I brutti affari della Sigma Tau

22 December 2011

Blog di Bruno Tinti su Il Fatto

Commento al post “Sigma Tau, che brutto affare” del 22 dic 2011

Postato su questo sito il 18 feb 2012 causa boicottaggio Telecom

Secondo quanto si vociferava in ambiente medico negli anni Ottanta, la Sigma Tau non è nuova a soluzioni creative per la tutela del diritto al lavoro. Allora – prima che emergesse lo scandalo delle tangenti al piduista Poggiolini – si diceva che, data la liason tra Sigma Tau e il Ministero della sanità, chi lavorava in ST aveva il coniuge assunto al Ministero, e viceversa chi lavorava al ministero aveva il coniuge assunto in ST. Maldicenze, forse, ma che la ST si appoggiasse più sulle tangenti e gli appoggi politici che sull’etica e la scienza per prodotti che hanno fatto la sua fortuna come la carnitina, è comprovato dalle indagini dei magistrati; e dal parere di autorevoli esperti.

La voce non è da trascurare come un pettegolezzo perché riguarda un punto importante: le frodi mediche strutturali vengono protette con la distribuzione di posti di lavoro. Così che davanti all’idea della perdita del lavoro passa in secondo piano cosa l’azienda realmente produce, dandosi per scontato che produce cose buone, non essendo i lavoratori dei pescecani come i padroni, ma onesti faticatori. Rendere noto al pubblico e ai pazienti, oltre ai problemi di occupazione della ST, che ad es. il principio attivo del farmaco Prostide della ST risulta provocare un incremento delle diagnosi di cancro ad alta aggressività della prostata, sarebbe becero e irresponsabile.

Sostenere di affidare le aziende a chi ci lavora mi pare un’ottima proposta, che non merita certo l’insulto di “schifoso fascista”. Solo, la convinzione per la quale il lavoro è necessariamente etico, e che chi lavora nell’industria farmaceutica è automaticamente un benemerito, è un poco perbenista; espressione di quella concezione piccolo borghese che è il terreno di cultura di comportamenti fascisti, e delle relative connivenze e complicità istituzionali; come i metodi di censura, incluso il licenziamento, a protezione dei prodotti che danno il pane ai lavoratori dell’industria farmaceutica, e spesso anche il companatico.

La richiesta di giustizia

15 November 2011

Blog de Il Fatto

Commento  al post di M. Viroli “Gli italiani? Realisti miserabili” del 15 nov 2011

Ritorno ai principii? Finalmente:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/05/la-fallacia-delle-regole/

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/08/obbedienza-alle-regole-e-obbedienza-delle-regole/

Anche se in tempi un po’ sospetti:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/10/27/la-riesumazione-dell’etica/

La forma nostrana di potere, pontificia, predica magistralmente la virtù mentre pratica la perversione. Viroli e Magris per i miei gusti sono tra i suoi migliori “domenicani”; le loro parole sono spesso un balsamo e una guida. I due vengono attaccati su questo blog come teorici privilegiati, ma sarebbe ora di non tacere più sul popolo come istituzione corrotta. Aveva ragione De Filippo:“La gente fa paura”.

Credo ci sia un punto che possa testare la buona fede delle due parti, e portare ad una convergenza: la instancabile e continua richiesta di giustizia, dati i principii, nei casi concreti. Che non è rivolgersi al magistrato, e può consistere nel rinunciare a farlo:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/03/31/“se-la-canaglia-impera-la-patria-degli-onesti-e-la-galera”/

Chi parla di principii da una cattedra ben incistata nell’establishment sarà credibile se sfrutterà le sue notevoli capacità intellettuali per chiedere giustizia riguardo a casi concreti: le tante forme dell’istituzionalizzazione della predazione da parte del potere sulle persone comuni.

Chi tira ogni giorno la carretta non dovrebbe scordare che chiedere giustizia per ciò che subisce non è solo un dovere civico, ma è l’unica arma pratica per non essere completamente sopraffatto da chi comanda; che fare proprio il cinismo dei potenti e cercare solo di integrarsi nello status quo, perdere la capacità di riconoscere l’ingiustizia che si subisce o si vede (e anche quella che si pratica) e rinunciare a reagire, non è da furbi. Lo dimostra la situazione nella quale, nonostante i loro pregi, gli italiani sono riusciti a farsi incastrare come imbecilli.

Lo screening del glaucoma coi paraocchi

2 November 2011

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. De Felice “Dove ci guida la vista?” del 2 nov 2011

Lo screening per il glaucoma, nonostante gli interessi coinvolti, non è stato ancora proclamato efficace su basi scientifiche; per ora non è santo ma solo venerabile. Fo l’advocatus diaboli. A leggere le lunghe e complesse discussioni sui pro e contro dello screening per il glaucoma, la proposta di obbligarvi per legge tutti i guidatori non appare affatto “un modo semplice” né pacifico per prevenire i temibili effetti di questa neuropatia. Il glaucoma cronico, la forma più comune, ha uno sviluppo insidioso, ma non è detto che la misura della pressione intraoculare lo diagnostichi in fase precoce: il rapporto tra aumento della pressione e il danno al nervo ottico non è consistente. Tale incertezza sul nesso causale probabilmente spiega perché lo screening ha specificità molto bassa e bassa sensibilità; cioè dà luogo a tanti falsi positivi (in un’analisi bayesiana, su 4 positivi 3 sarebbero falsi) e anche a falsi negativi; con in più il rischio di provocare una forma acuta di glaucoma; solleva inoltre dubbi sui dati circa l’efficacia, peraltro anche ufficialmente non elevata, delle terapie preventive volte ad abbassare la pressione intraoculare. Terapie che possono avere effetti nocivi anche pesanti, e sistemici, e dare luogo ad una serie di interazioni pericolose con altre patologie e farmaci.

Il glaucoma conclamato può essere causa di incidenti da riduzione del visus e del campo visivo. Ma porta al non rinnovo della patente, per una piccola quota di automobilisti; a differenza della terapia preventiva di massa, che pure incrementa il rischio di incidenti automobilistici, es. causando ridotta visione con poca luce da miotici. Le visite oftalmologiche per il rinnovo della patente di guida con screening obbligatorio potrebbero così non ridurre ma aumentare gli incidenti d’auto. Il paradosso mostra come questi appelli sulle premalattie che suonano di buon senso lascino fuori dal campo visivo bilanci vantaggi/danni che sono intricati e poco entusiasmanti.

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Nella Baltimore eye survey oltre il 50% dei glacomatosi non avevano una pressione intraoculare elevata. Di converso, nello studio di Gordon et al, Archives of Ophthalmology 2002; 120:714-20 risulta che il 90% dei soggetti con la diagnosi di ipertensione oculare non trattati non ha sviluppato glaucoma nei successivi 5 anni. La pressione intraoculare è considerata un fattore di rischio per il glaucoma. Ma non una causa; per sostenere che ciò è falso occorrerebbe portare prove. La ricerca sta sondando numerose ipotesi etiologiche completamente diverse.

I due concetti, fattore di rischio, concetto statistico, e causa, concetto fisiopatologico, sembrano vicini; ma non andrebbero confusi, ma tenuti molto bene separati mentalmente. E la distinzione andrebbe rispettata e spiegata soprattutto nel lanciare allarmi al pubblico. Uno scambio che invece è ormai automatico, essendo uno dei dogmi, delle pietre angolari, della disinformazione medica al pubblico.

Riguardo alla sua posizione che lo screening di massa, magari obbligatorio, sia una scelta che distinguerebbe uno statista da un politico, sono d’accordo nel senso che temo che potrebbe interessare più i nostri politicanti in cerca di commesse che padri della patria immuni dal lobbying:

“Tools for screening for glaucoma are imperfect and there is no currently accepted screening program. It would not be cost-effective to screen the entire population, and many people who are suspected of having glaucoma initially are found not to have the disease on review by an ophthalmologist.” (Australian doctor, july 2011).

A proposito di confusione tra pressione arteriosa e intraoculare, i beta bloccanti preventivi per via locale, molto usati, possono abbassare entrambe, provocando una riduzione della funzione cardiaca; slatentizzando o aggravando un’insufficienza cardiaca (o respiratoria); non l’ideale per una guida sicura.

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Il problema degli effetti collaterali sistemici, e locali, delle terapie farmacologiche per il glaucoma non appare essere stato superato. Le opinioni personali dei medici in tema di nuove forme di medicina possono avere un loro peso, e io le ascolto con attenzione, soprattutto quando non confliggono con gli interessi professionali; ma nel formularle, in campi così difficili, dove spesso sono in gioco decine di variabili, penso venga spontaneo trovare aiuto nelle opinioni esterne. Oggi la Glaxo ha accettato una transazione di 3 miliardi di dollari col governo Usa per avere forzato l’espansione delle indicazioni di suoi farmaci, con effetti catastrofici per i pazienti. Il singolo medico che, convinto che i progressi della medicina lo consentano, voglia proporre sulla base di convinzioni personali una cosuccia come un nuovo screening di massa praticamente obbligatorio, potrebbe esaminare con attenzione le ragioni per le quali, nonostante se ne parli dagli anni ’60, nonostante questo furore per trovare sempre nuovi mercati medici che ha portato la Glaxo a incorrere in costi con cifre da manovra finanziaria, gli screening per il glaucoma non sono stati ancora introdotti, neppure su base volontaria; e controllare quali sono le molteplici condizioni comunemente ritenute indispensabili per proporre uno screening, e se questo insieme di condizioni sarebbe davvero soddisfatto oggi. Il rischio altrimenti è quello di una visione coi paraocchi, che nel caso del glaucoma sarebbe il colmo.

La riesumazione dell’etica

27 October 2011

Blog de Il Fatto

Comento al post di N. Dalla Chiesa “La vendetta dell’etica” del 27 ott 2011

 

Mi capita spesso di trovarmi d’accordo con gli enunciati di principio di Nando Dalla Chiesa, e di ammirare il modo in cui li formula; è con la loro estensione che spesso dissento. Sì, c’è una nemesi per aver trascurato l’etica, in particolare quella pubblica; che colpisce chi la calpesta rozzamente, a cominciare dai cittadini semplici che, ormai infettati dal corso storico, credono di poter scimmiottare il Principe, così come pochi anni fa pensavano di poter diventare milionari con la Borsa; senza sapere che senza etica sono un parco buoi anche in tema di diritti fondamentali.

Per andare a chi la trascura in nome di analisi politiche o economiche “oggettive”, pensando che dicendo “scevro da giudizi di valore” ci si qualifichi automaticamente come un serio studioso; che si bea di conoscere e applicare il termine “avalutativo”, ma non conosce o trascura la differenza tra “avalutativo” e “unprincipled”.

Per finire a quelli che la predicano per meglio razzolare, e sono i peggiori come si vede dai risultati; clero, sinistra, intellettuali, agenzie etiche come la medicina, il potere giudiziario, le forze di polizia. La loro ipocrisia è profonda e strutturata come il pozzo di S. Patrizio del Sangallo. Dalla Chiesa vede l’etica calpestata solo da B. e soci, ovviamente. Osservando gli effetti di quella che Illich chiamò la “Nemesi” medica, vedo che riguardo alla salute la parte che Dalla Chiesa difende non è seconda all’Amorale per antonomasia.

Ora che le cose si mettono male, probabilmente ci si ricorderà dell’etica pubblica; retoriche consolatorie si incontreranno con piagnistei di comodo. Ma l’etica non è un emolliente; sferza e brucia. Vorrei riportare un passo di Maccacaro, esempio raro di medico, scienziato, intellettuale e comunista che l’etica la sentiva in interiore homine, a differenza di tanti suoi compagni di partito e colleghi:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/10/27/la-lotta-ai-contronimi-ideologici-prevenzione/

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Blog de Il Fatto

Comento al post di M. Viroli “Letteratura della nuova Italia” del 4 dic 2011

Prevedibile…

https://menici60d15.wordpress.com/2011/10/27/la-riesumazione-dell’etica/

La fallacia esistenziale nel dibattito bioetico sulle staminali

22 October 2011

Blog de “Il Fatto”

Commento al post di A. Pisanò “Corte di Giustizia europea, no ai brevetti sugli embrioni umani” del 22 ott 2011

Sono almeno 40 anni che si annuncia la venuta dell’era della produzione di organi e tessuti mediate staminali. Un’idea affascinante; ma il gap tra sogno e risultati pratici resta oceanico, mentre al business occorrono risultati commerciabili. Non importa però che siano reali; trattandosi di medicina, basta dare l’impressione che ci siano. La bioetica, giovane disciplina ancillare al business, serve anche a fornire tale falsa impressione. Il litigio accanito su una carta inscenato tra il mazziere del gioco delle tre carte e il suo compare che si finge uno del pubblico dà agli astanti l’impressione che il gioco sia equo e ci sia per loro una possibilità di vincere. La bioetica assolve spesso lo stesso ruolo: allestendo una diatriba etica, fa sembrare vero l’entimeme dell’esistenza delle cure oggetto di discussione, o della possibilità di ottenerle in tempi brevi. Qui il gioco è quello delle staminali, e mazziere e compare sono i laici e i cattolici. Già 20 anni fa un famoso bioeticista, Kaplan, affrontò il caso, che ancora oggi è prematuro tanto quanto è contorto, di una donna che voleva farsi inseminare artificialmente dal padre, affetto da Alzheimer, per ottenere cellule embrionali con le quali curarlo. Il moralista non si chiese se tale questione non assomigliasse a quelle prove ontologiche che vorrebbero provare l’esistenza di qualcosa, in genere onnipotente, considerandone gli attributi; e se la questione, stante l’impossibilità materiale allo stato di curare l’Alzheimer con le staminali, non appartenesse alla categoria dei sofismi che rispondono in primis a esigenze ideologiche di interesse e di potere.

https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/12/i-futures-di-santa-lucia/

https://menici60d15.wordpress.com/2008/01/21/diplomi-di-laurea-bruciati-sul-sagrato-tornano-i-roghi/

I magistrati favoriscono il business delle staminali dando una mano a entrambi gli attori in questa recita, e tenendo a bada i guastafeste.

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@Precisa. Grazie. Andrebbe riconosciuto che la bioetica può avere un fine propagandistico, che segue le leggi del marketing, o delle pubbliche relazioni. Può creare aspettative, e può contribuire a creare un prodotto che è una merce virtuale, fatto solo di aspettative, speranze e false impressioni. Cioè una truffa. Qui siamo a distanze astronomiche dagli impressionanti effetti terapeutici della penicillina sulla polmonite lobare.

Penso che, se davvero si fosse in grado di rigenerare strutture anatomiche con le staminali embrionali, i cattolici, che sono animati da un attaccamento sano, e talora fin troppo viscerale, a questa valle di lacrime, e che hanno avuto un papa che si fece iniettare cellule fetali di agnello nel tentativo di ritardare il redde rationem con Colui del quale era vicario, troverebbero in un lampo buonissime giustificazioni teologiche per usarle.

Dall’altro versante, la sentenza dei giudici della Corte europea toglierà molti “laici” dall’imbarazzo, permettendo di sostenere che se non ci sono stati i risultati promessi è perché, cedendo alle ingerenze clericali, si è penalizzata la ricerca sugli embrioni; dando così nuovo impulso alle interminabili recriminazioni tra “laici” e “cattolici”, la macchina del fumo; fumo che viene poi venduto a peso d’oro.

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Blog “Appello al popolo”

Commento al post “15 ottobre: un punto di vista diverso” del 23 ott 2011 

@Stefano. Segnalo un altro caso di falso dilemma impostato e imposto dal potere (con la complicità dei magistrati) partecipando al quale come “sinistra” si ottiene il doppio vantaggio di fare bella figura apparendo come progressisti e di intascare benefici per la manovalanza fornita alle frodi e alla violenza del potere:
https://menici60d15.wordpress.com/2011/10/22/la-fallacia-esistenziale-nel-dibattito-bioetico-sulle-staminali/

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22 agosto 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. De Felice “E’ tempo di staminali ?” del 21 agosto 2012

L’atrofia muscolare spinale colpisce anche i cani e i gatti. Si sono individuati modelli animali della patologia (Zanotelli et al. Fund Neurol, 2010. 25:73). Al di là della decisione specifica sul caso della piccola Celeste, caso che data la risonanza sta diffondendo presso il pubblico notizie che appaiono infondate e dannose, la magistratura potrebbe disporre di fare eseguire  verifiche sperimentali su animali delle affermazioni miracolistiche della Stamina foundation. Tali prove sarebbero anche nell’interesse dei pionieri, che si dicono osteggiati da “Big pharma” e sono attualmente accusati di truffa e associazione a delinquere. Si potrebbe anche testare la terapia su cani da laboratorio ai quali sia stata praticata una sezione del midollo spinale.

Purtroppo, conoscendo di persona i metodi criminali e miserabili coi quali a Brescia si protegge il business delle staminali, un mega business che nonché essere avversato gode di appoggi impensabili, in quartieri insospettabili, credo che si voglia andare nel verso opposto a quello della chiarezza, e anzi fare caciara per ottenere degli spot mediatici sulle staminali, dove quel che più conta è il clamore. Queste notizie scandalistiche creano in ogni caso speranze e aspettative; che saranno soddisfatte da susseguenti studi “seri” che presenteranno risultati, e relativi prodotti commerciali, meno eclatanti ma comunque ragguardevoli… Le staminali in carenza di risultati reali hanno bisogno di dosi particolarmente elevate di manovre mistificatorie e di propaganda; queste si scientifiche.

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@Marco Biti.

Anche l’opposizione alla sperimentazione animale può essere funzionale agli interessi dell’industria farmaceutica, permettendo di presentare prodotti “scientifici” saltando i controlli; come mostra questo caso della Stamina Foundation, che si sta sviluppando a Brescia parallelamente alla vicenda di Green Hill:

Sperimentazione animale: uno spoglio etico
http://menici60d15.wordpress.c…

Riguardo all’illusione di Vita eterna, c’è chi pensa di ottenerla tramite farmaci; ma sembra che a loro volta alcuni attivisti facciano dell’animalismo un culto, a giudicare dall’irrazionalità, dalla veemenza, e dal sovvertimento della scala tradizionale dei valori.

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27 gennaio 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. De Carolis “Rivoluzione civile, Ingroia e la grana dell’impresentabile” del 27 gen 2013

Pochi sanno della disinformazione, dello stravolgimento della realtà, dei giochi delle parti in corso per propagandare le terapie con staminali, che sono molto lontane dal poter dare i risultati promessi, come la rigenerazione del tessuto nervoso; sia nelle loro sgangherate versioni “dissidenti”, alle quali anche Ingroia sta conferendo visibilità e credibilità, sia in quelle ufficiali, che trarranno beneficio dalla caciara apparendo oneste e plausibili al confronto.

Non ci si rende conto della gravità della candidatura di Andolina nella lista Ingroia. E’ una notizia sinistra e rivoltante, ma molto interessante per la comprensione dei rapporti tra magistratura e poteri occulti, delle complicità della magistratura nella frode medica strutturale, e della reale funzione della lotta alla mafia nel sistema di potere che domina l’Italia. E anche, absit iniuria, dei meccanismi della credulità popolare in tema di medicina. Invece di sognare di essere salvati da Ingroia o Grillo o da chi altro, da Andolina o Guariniello, gli elettori dovrebbero preoccuparsi delle pericolose frodi di Stato sulle quali si sprecano i soldi per la sanità.

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29 gennaio 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post “Ilda Boccassini contro Antonio Ingroia: “Lui come Falcone? Come si permette” del 29 gennaio 2013

Ingroia, che ha avuto un incarico dall’ONU, la stessa organizzazione che ne diede uno al figlio di Licio Gelli, e Boccassini, considerata tra i 100 maggiori “global thinker” mondiali dalla rivista “Foreign policy”, sono allo stesso, altissimo, livello. Ingroia mentre fa ancora parte della magistratura candida Andolina, meritatamente indagato per truffa e associazione a delinquere. Andolina fa da compare nella frode delle terapie ufficiali con le staminali, generando aspettative nel pubblico e conferendo credibilità alle terapie “scientifiche” per contrasto. Gli imbrogli delle terapie ufficiali vengono invece protetti, oltre che manu militari dalla polizia, dai magistrati sobri e rigorosi dei quali Boccassini è un simbolo, che non vedono le frodi e le violenze sulle quali tali terapie si basano, avendo ben altro da perseguire, come la ndrangheta e casi di prostituzione minorile. Una costellazione di astri di prima grandezza.

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30 gennaio 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Maggiani Chelli “Boccassini vs Ingroia, sarà colpa della politica?” del 30 gennaio 2013

censurato

Non è strano questo sgradevole contrasto tra Ingroia e Boccassini? La stranezza è un portato del “tolemaicismo”, ovvero l’interpretare i fatti italiani in chiave esclusivamente locale, escludendo fattori esteri. Che converrebbe invece considerare, anche in questo scontro tra Aiace e Ulisse per le armi di Falcone. Ingroia ha svergognato i politici nazionali, che i poteri forti vogliono ridimensionare, con lo “io so”, ma poi a metà lavoro ha fatto le valige per la terra dei Maya, troncando così un tema, le stragi, che porterebbe a livelli che vanno oltre quello dei politici locali, verso i poteri sovranazionali. L’ONU, che gli ha fornito un intermezzo prima del suo ingresso in politica, dove sta modificando gli equilibri, è la stessa organizzazione che diede un seggio al figlio di Gelli.

Certo Ingroia non l’ha imparato da Borsellino a candidare, essendo ancora magistrato, un inquisito come Andolina. Che non è solo l’artefice ma anche il compare di una truffa per il lancio delle terapie con staminali: gioca il ruolo del ciarlatano a favore delle terapie ufficiali, che sono altrettanto inefficaci, e otterranno così domanda e credibilità. Le frodi mediche strutturali sono protette dalla magistratura, che lascia fare sui reati dei poteri sopranazionali, come quelli di Big Pharma, con la scusa che c’è da badare alla ndrangheta, o alle malefatte di B.; ciò può spiegare perché alla Boccassini la rivista “Foreign Policy” ha conferito il titolo di “top global thinker”.

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@mondoallarovescia. E’ difficile seguire un discorso su ciò di cui non si parla. In generale, sì, di fatto le Procure e altri uffici giudiziari conformano la loro azione a interessi illeciti delle multinazionali farmaceutiche, modulando interventi e omissioni. Vedi ad es:

Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico.

https://menici60d15.wordpress.com/2013/01/29/per-cosa-e-morto-pantani-lo-sport-e-il-marketing-farmaceutico/

Nel caso delle staminali, ho intenzione di scrivere estesamente su come stia avvenendo qualcosa di simile a Brescia, col caso Stamina.

Occorre distinguere tra “negativo” e “proibito”. La magistratura combatte il negativo, che viene altamente pubblicizzato, come la ndrangheta, ma non il proibito, che non deve esistere nel discorso pubblico. Il titolo di grande pensatore globale a quello che attualmente è il più celebre magistrato lombardo appare essere un incentivo non alla libertà intellettuale, ma all’opposto al conformismo giudiziario e culturale di una magistratura e una polizia asservite ai poteri maggiori, che di fatto fiancheggiano forme di crimine istituzionalizzato ancora più forti della mafia, e non meno nocive per il cittadino.

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Alcuni economisti ultraliberisti sostengono che molte attività considerate ignobili – usuraio, ricattatore, spacciatore, poliziotto corrotto, chi sfrutta il lavoro minorile etc. – sono in realtà eroiche, perché forniscono servizi economici richiesti. Tra queste, un autore (Block W. Defending the undefendable. Ludwig von Mises Institute, Alabama, 2008) cita anche il “medical quack” il ciarlatano (accanto al “pimp”, il lenone). Per motivi che ho tentato di segnalare agli elettori su questo blog (ma il mio commento è stato rimosso), candidando Andolina Ingroia, e Rifondazione comunista, si mostrano più vicini a queste teorie dei seguaci di Milton Friedman che alle sane idee di Borsellino sui requisiti dei candidati. Del resto Ingroia non è l’unico magistrato a considerare l’illegalità non come una soglia, ma come una finestra; dove solo alcuni reati, quelli messi bene in vista, vanno perseguiti; mentre altri ancora più gravi ma non visibili vanno tenuti nascosti, tollerati, e anche attivamente favoriti; come la frode medica strutturale ed i reati che l’accompagnano.

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@peppefer.  “C’è un giudice a Berlino” (Cicchitto, piduista e berlusconiano, su una sentenza a favore di Andolina). Spero che questo serva a chiarire a cosa accomuno quelli sulle sue posizioni. Grazie per riconoscere che apparteniamo a categorie diverse.

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1 febbraio 2013

Blog de il Fatto

Commento al post “Cellule staminali, giudici autorizzano cura compassionevole per bimba di 5 anni” del 31 gennaio 2013

I giudici, in questo caso quelli di Crotone, sono troppo modesti. Il merito di avere coraggiosamente lanciato, contro ogni apparente ragionevolezza, la terapia con staminali per una patologia come il morbo di Niemann Pick, naturalmente a scopo compassionevole e non certo per fare soldi, va a loro non meno che ai “centri d’eccellenza internazionale” che renderebbero secondo il ricorrente “pleonastico” illustrarne la giustificazione razionale. E’ una nuova brillante forma di validazione delle cure che potrebbe essere chiamata “a simmetria centrale”, essendo costituita da una legittimazione reciproca tra due argomenti ad auctoritatem. La disposizione delle due autorità, medica e giudiziaria, tra di loro ricorda infatti quelle figure a simmetria centrale come il simbolo buddista dello yin-yang. Più qualche aiutino del genere di quelli per i quali vanno rinomati posti come Cutro; mentre viene ingiustamente trascurato come è a Brescia che li si usa efficacemente contro chi disturba questo genere di progressi scientifici ed etici.

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Di parassiti che prosperano vendendo fumo e speculando sulle disgrazie altrui – come in questo caso – non ci sono solo i preti. I popoli possono essere narcotizzati con le religioni tradizionali, ma anche con forme magico-religiose travestite da “scienza”. Gruppi cattolici hanno manifestato davanti ai tribunali perché queste cure fossero applicate. Quando c’è da mangiare abusando della credulità popolare nessuno della brigata manca all’appello. I preti sulle staminali sono come i comunisti di Berlusconi, che secondo lui mangerebbero i bambini quando invece pranzano e cenano assieme.

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@ Stefano Mori.  Nel lavoro citato (“Neural stem cell implantation extends life in Niemann–Pick C1 mice”. Journal of applied genetics 48 (3): 269–72.) si ammette che il danno neurologico e il decadimento fisico non sono stati migliorati dall’intervento. Ciò dovrebbe impedire di parlare di effetto terapeutico. Produrre princisbecco, unendo nelle corrette proporzioni rame, zinco e stagno, è un onesto esercizio di metallurgia. Sostenere che si è fatto un passo avanti verso la generazione di oro, o che si ha la formula per generare oro, invece è cosa diversa.

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@ Stefano Mori. Segnalo a lei e ad altri interessati la raccolta di commenti “La fallacia esistenziale nel dibattito bioetica sulle staminali”:
http://menici60d15.wordpress.c…

e anche un editoriale sul Lancet, uscito oggi, intitolato “What is the purpose of medical research? “ 2 feb 2013 381: pag. 347, dove si dice che lo scopo della ricerca biomedica non è più quello di avanzare la conoscenza per il bene della società, trovando modi di prevenire e trattare le malattie, ma quello di fare soldi, anzi di essere un “motore economico” per le nazioni. E si invita a fermarsi, riflettere, e invertire la degenerazione.

4.2.3

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2 febbraio 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Borsellino “Cosa penso davvero di Ingroia e del suo progetto politico” del 1 febbraio 2013

censurato

La prospettiva di un politico pulito attrae chi vorrebbe un’Italia pulita. Ma non credo che Ingroia rappresenti una vera svolta rispetto a quei mediatori del parassitismo che sono le altre liste. Mi permetto di consigliare cautela; perché Ingroia non si è ancora tolto la toga, e non è ancora entrato in Parlamento, che ha già candidato un soggetto come Andolina, che non solo è inquisito per truffa e associazione a delinquere a danno di malati, ma è implicato in una operazione inqualificabile, a favore di grandi interessi industriali e finanziari, che si avvale, tra gli altri appoggi, di quel genere di strutture “deviate”, o meglio devianti, che nei decenni precedenti si sono occupate in maniera criminale e funesta di magistrati come Paolo Borsellino.

Lo si associa a figure che furono un’eccezione rispetto alla media dei colleghi; ma di fatto nella scelta dei candidati mostra di esercitare il peggiore vizio della corporazione che l’ha espresso, favorendo intrighi e manipolazioni che esiteranno in forme particolarmente gravi di parassitismo del potere a danno dei cittadini. L’entusiasmo acritico non è un buon antidoto al cinismo gretto. Il sogno non interrompe l’inganno, ma può prolungarlo. Anche senza puntare il dito verso Ingroia quando lo elogiano persone da ascoltare come Salvatore Borsellino, non  bisognerebbe dimenticare che sono all’opera menti un po’ più raffinate delle nostre; e, ho l’impressione, di quella dello stesso Ingroia.

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7 febbraio 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di  F. Marcelli “Crozza chiedi scusa ad Andolina, ma pubblicamente!” del 7 febbraio 2013

Con Andreotti, appoggiato dal PCI, gli Italiani hanno perso le libertà democratiche. Con Berlusconi, appoggiato dai post-PCI, la decenza e il decoro. Monti, aiutato dai DS, gli ha tolto i soldi. Ora, con “politici” come questi che vogliono imporre l’introduzione di terapie strampalate e lucrosissime tramite le candidature elettorali e a colpi di querela, agli italiani verrà tolta la salute (sempre con i comunisti a fare da spalla).

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@ Giuseppe Marcantonio. Misuratela tu (ma non esagerare). Conosco le frodi mediche. Si comincia col misurare la temperatura e si finisce con terapie da 80000 euro a ciclo….

Del resto, come si guadagnano il lauto stipendio quelli che ottengono il posto di parlamentare se non come in questo caso, inscenando una manfrina sulle staminali, un’operazione demagogica che si volgerà a favore di Big Pharma, e che per il cittadino avrà effetti non meno dannosi del pizzo e delle violenze della mafia. A proposito, su 160 commenti 0 di grillini.

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17 aprile 2013

Blog de Il Fatto 

Commento al post “Staminali, Nature: “No a malati come cavie. Italia ascolti monito” ” del 16 aprile 2013

Al convegno vaticano criticato dalla rivista inglese ha aderito Sir JB Gurdon, Nobel 2012 per le sue ricerche sulle staminali. Contemporaneamente al convegno, in USA esce un libro dal titolo “The healing cell: how the greatest revolution in medical history is changing your life” che esalta le promesse scientifiche sulle staminali. E’ scritto da un prete, una dottoressa-businesswoman e un giornalista medico, con forti legami con l’establishment biomedico USA; prefazione di Benedetto 16°. In questo imbroglio, i preti e gli scientisti anglosassoni sono molto più vicini e solidali di quanto Nature, coi suoi toni indignati, non voglia far credere. E’ piuttosto una manfrina tra compari per fare passare il business delle staminali creando aspettative con tecniche di propaganda mediatica. I preti la buttano sull’etica astratta e sul sentimentale; gli scientisti sul metodo scientifico e i regolamenti, che garantirebbero la verità essendo a prova di frode (ma non lo sono, tutt’altro). Gli spettatori ruspanti scelgono la ciarlataneria strappalacrime della Stamina; quelli che si sentono intellettuali e laici, le boriose frodi dell’attuale ricerca biomedica commerciale. L’apparente scontro tra i discepoli di san Francesco e gli adoratori di Newton, i toni roboanti dei due “contendenti”, coprono l’avida ricerca del profitto e la carenza di progressi rilevanti, di prospettive terapeutiche reali, di scienza e di onestà che accomunano entrambi.

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6 maggio 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Bellelli “Sperimentazione e modelli computerizzati: se il biologo si chiama computer” del 5 maggio 2013

Anche  i modelli matematici applicati alla medicina vengono deformati dalle pressioni commerciali. La biomatematica può spiegare che “La norma della crescita biologica è quella esponenziale. Una casa cresce per accrezione: i mattoni che rappresentano le unità di incremento non crescono essi stessi. Ma la caratteristica centrale della crescita biologica è che ciò che è formato dalla crescita è esso stesso a sua volta capace di crescere” (P. Medawar). Ciò aiuta a comprendere come il trapianto di midollo osseo, dove cellule staminali producono – come avviene fisiologicamente – centinaia di milioni di cellule isolate al giorno, non autorizza alla metafora del muratore, nella quale cellule staminali sarebbero capaci di rimpiazzare i “mattoni” perduti nei parenchimi e nei tessuti strutturati a popolazione cellulare stabile o perenne.

Su questo principio basilare si tace, per non guastare la piazza al business delle staminali. Altre volte invece si vorrebbe soppiantare la sperimentazione, oggi scomoda per il business, col computer. Pretesa che ricorda un errore del grande biomatematico D’Arcy Thompson. Dimostrò matematicamente che nella gallina la peristalsi foggia l’uovo in modo che il polo ottuso stia davanti rispetto al moto. L’uovo esce in effetti così; solo, studi radiografici hanno poi mostrato che in realtà l’uovo procede nell’ovidotto col polo acuto avanti, e si capovolge poco prima della deposizione.

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v. anche:

Cerca “staminali” nel sito.

Lo sport per propagandare l’hi-tech biomedico. in: Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico

https://menici60d15.wordpress.com/2013/01/29/per-cosa-e-morto-pantani-lo-sport-e-il-marketing-farmaceutico/

Linee guida mertoniane e linee guida commerciali. In: La corruptio optimi nel liberismo: le linee guida cliniche e il decreto Balduzzi

https://menici60d15.wordpress.com/2012/10/21/la-corruptio-optimi-nel-liberismo-le-linee-guida-cliniche-e-il-decreto-balduzzi/

La decrescita degli altri

15 October 2011

Blog de il Fatto

Commento al post di Fabio Balocco “La responsabilità personale” del 14 ott 2011 

Non vorrei che, nel paese dei preti e dei sacrestani, questo appello alla responsabilità personale, in sé sacrosanto, e che penso di applicare, divenisse un “victim blaming”:

“La decrescita degli altri

 Bisogna stare attenti affinché l’augurabile programma di decrescita economica non sia confuso con quello di “decrescita”, cioè di impoverimento, dei ceti medi e bassi da aumentato sfruttamento in un sistema altrimenti immutato. Se viene cooptato dai nostri politici, questo appello alla decrescita corre il concreto rischio di trasformarsi nello “accettate con letizia di stringere la cinghia mentre noi e i poteri che rappresentiamo continuiamo ad abbuffarci a vostre spese e a fare danno al pianeta meglio di prima”. A una declamazione astratta sulla virtù dell’austerità e i mali del consumismo, che riproponga quella di Enrico Berlinguer del 1977 che Lanza cita, si può associare un appoggio pronto, cieco e assoluto alle vie più turpi per proseguire la crescita economica “legale”:

 https://menici60d15.wordpress.com/2011/09/15/la-medicina-come-rimedio-ai-limiti-della-crescita-economica/

Da un lato dobbiamo ammettere che la colpa è anche nostra; fino a che le cose andavano bene il modello consumistico ha calzato a pennello i valori della maggioranza delle persone. “Il popolo”, la “Ggente”, dovrebbe sedere accanto a Berlusconi e ai suoi soci di sinistra nel gabbione degli imputati. Dall’altro esiste anche una dimensione irriducibilmente politica di questo sistema basato sullo sfruttamento: chi ci governa, a destra e a sinistra, ha speso le sue notevoli doti a favore di un modello che è intrinsecamente sociopatico. Anche lì, davanti a politici che rappresentano non lui ma gli interessi che ci hanno condotto in questa situazione, l’individuo oltre che battersi il petto e risparmiare sull’acqua del water può fare attivamente la sua parte:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/29/le-ragioni-per-non-votare/

Le tasse come obbligo binario

22 September 2011

Blog de Il Fatto

Commento al post “L’arcivescovo di Bologna Caffarra: “E’ un obbligo morale pagare le tasse”” del 21 set 2011

Sono d’accordo col cardinale: pagare le tasse è un obbligo morale; in uno Stato sano dovrebbe quasi essere un piacere, una benedizione, dati i servizi che assicura. Dove dissento è nel considerare quest’obbligo spaiato. Credo che alcuni obblighi morali siano binari, essendo costituiti – come le forze in natura – da coppie; ci hanno abituati a considerarlo naturale, ma è in realtà artificioso e scorretto considerare solo un elemento della coppia di obblighi. Anche l’obbligo di pagare le tasse; che fa coppia con l’obbligo di bene amministrare le tasse: quello di amministratori e governanti di usare quel denaro nel miglior interesse dei cittadini; e di non intascarlo o farlo intascare agli amici o a poteri maggiori. Il prelievo tramite la forza e l’autorità morale dello Stato sta invece divenendo, con questi governi corrotti, un astuto metodo per sifonare denaro al popolo a favore dei grandi poteri parassiti (e qui l’esortazione del clero suona decisamente interessata).

Condannare l’evasione è giustissimo. Ma è ingiusto quando si omette, cosa che avviene regolarmente, che le tasse vanno tanto pagate dai contribuenti quanto onestamente amministrate da coloro che ne dispongono. Oppure quando la simmetria viene sostituita, come fa il cardinale cambiando abilmente il soggetto dalle tasse alle persone, con un richiamo generico agli amministratori a non lasciare che si perda nel loro foro interiore la coscienza di essere “servitori” del “bene comune”. Questo considerare sempre un solo piatto della bilancia – quello estremamente concreto del “pagate” – e di ignorare l’altro o metterci vuota retorica anziché pari sostanza, sa di ricatto morale a sostegno di una truffa. Qui la Chiesa, abituata alle decime, e a “bilanciare” l’oro con qualche elemosina, pratica l’opzione per i potenti e per le cose terrene, che è quella che le è più congeniale.

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/08/obbedienza-alle-regole-e-obbedienza-delle-regole/

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Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Corrias “Se per la Chiesa l’Ici val bene anche un Silvio” del 22 set 2011

Può darsi che il clero stia solo temporeggiando per attendere il momento giusto per mollare B. Ma il problema delle tasse è più ampio, e non andrà via con Silvio; forse verrà aggravato dai nuovi reggenti, e il clero si prepara anche a questo. Segnalo il post “Le tasse come obbligo binario” a proposito della recente esortazione del cardinale Caffarra a pagare le tasse:

Le tasse come obbligo binario

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Blog de Il Fatto

Commento al post di V. Bellavite “Beni della Chiesa: un’altra gestione è possibile” del 7 ott 2011

“Monaci, preti e polli non furono mai satolli”:

Le tasse come obbligo binario

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4 novembre 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di Cittadinanzattiva “Crisi, qualche proposta: una ‘legge Bergoglio’ anticorruzione e una ‘patrimoniale zero’ ” del 4 novembre 2013

Lo Stato non impedisce l’evasione fiscale, e il rappresentante di “Cittadinanzattiva” propone di combatterla tassando ulteriormente i cittadini, con una patrimoniale da applicare secondo un criterio regressivo rispetto al reddito. Chi è a basso reddito ma ha qualche casa, magari ereditata, viene classificato insieme ai grandi evasori da stanare. Lo Stato è strutturato in modo da favorire la corruzione e il privilegio, e il rappresentante di “Cittadinanzattiva” propone di combattere ciò affidandosi ai disegni del capo dei preti, coloro che di tale sistema parassitario sono tra i principali beneficiari. Accettare queste visioni sembra piuttosto un assumere posizioni di “cittadinanza passiva”.

Andrebbe invece riconosciuto che all’evasione fiscale è stata affiancata la “diversione fiscale”: le tasse in quota crescente non vanno in servizi pubblici ma tornano ad essere usate, come avveniva in antico, per arricchire i potenti depredando il popolo per via legale. E andrebbe riconosciuto che bisogna smettere di tutelare e incrementare l’immenso patrimonio dei preti a spese dei cittadini comuni.

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18 novembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post “Ue, dopo polemiche Juncker scrive a Renzi: “Tra priorità lotta a evasione” “

L’evasione fiscale è un crimine; colpisce che a chiedere di combatterla sia chi pratica la diversione fiscale, che è un altro crimine che consiste nel rubare tramite le tasse. Legalmente e su larga scala, fino a mettere in ginocchio interi popoli (v. Ferrero P. La truffa del debito pubblico).

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9 dicembre 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Mattarella: “Chi evade le tasse sfrutta chi le paga. È una cosa davvero indecente. Problema anche di norme, interventi e controlli”

Chi evade ruba agli altri; è un ladro, ma è suo collega, moralmente e nel parassitare il patto sociale, chi nelle istituzioni si assicura la poltrona regalando denaro pubblico a privati e usando quindi il potere di prelievo dello Stato per taglieggiamenti legalizzati. La stortura dell’evasione si raccorda con quella della diversione, per la quale i soldi delle tasse vengono dirottati nelle tasche di privati invece che in servizi pubblici; es. costosissimi farmaci inutili o dannosi spacciati per miracolosi*. Le tasse comportano due obblighi, quello di versarle e quello di amministrarle onestamente, che sono funzionalmente congiunti e vanno considerati insieme. “Le istituzioni” si limitano ad additare indignate l’indecenza di quelli ai quali permettono di sbafare senza pagare, essendo mute sull’altra, collegata, che tonnellate di oro consegnato dai cittadini allo Stato vengono ripagate con manciate di perline e specchietti. Un ulteriore motivo per interrompere l’evasione fiscale è che chi ruba con l’evasione probabilmente è meno disposto a farsi derubare con la diversione fiscale; togliendo il parassitismo in entrata aumenterebbe la pressione contro il parassitismo in uscita.

*Wise PH. Cancer drugs, survival and ethics. BMJ, 9 nov 2016. Wieseler B et al. New drugs: where did we go wrong and what can we do better? BMJ, 10 lug 2019.

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19 marzo 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post di F.A. Grana “Coronavirus, Papa: “Non sprechiamo questi giorni difficili, ritroviamo piccoli gesti concreti. Ringrazio chi si spende per gli altri”

Mio padre mi raccontò di quando, procuratore alle Imposte, rappresentando lo Stato in Commissione tributaria contro un monastero, prima della seduta disse al magistrato presidente della commissione che, trattandosi di pii monaci, si poteva cercare nei limiti della legge di aiutarli. L’abate però accolse la proposta di accomodamento sdegnato, con espressioni insultanti: non voleva pagare una lira. Il presidente guardava mio padre sogghignando e annuendo, come per dire “hai visto”. I preti culturalmente le tasse non le vogliono pagare; vogliono incassarle, come ai bei tempi. La medicina finanziata dai contribuenti è un modo ideale per arricchirsi, speculando sulla paura e spacciando per “salvavita” prodotti raffazzonati e pericolosi*. Che non pagare le tasse sia un delitto “è evidente”. E’ meno evidente, e questo il papa lo sottace, che il prelievo fiscale a favore di una medicina fraudolenta è pure un delitto – ed è peccato – a danno anch’esso della salute, e legalizzato.

Mio padre mi diceva anche che il potere politico voleva usare gli accertamenti per favorire amici e colpire avversari; posso testimoniare che chi si oppone alle frodi mediche istituzionalizzate che succhiano i soldi del contribuente a favore di privati, laici e preti, riceve un trattamento persecutorio che gli fa pagare ancora più tasse di quelle previste, già strozzinesche rispetto ai servizi forniti.

*Joseph A. With faster drug approvals, taxpayers could be left to foot the bill. Stat, 13 gennaio 2017.

Guai ai vinti

22 June 2011

Blog della Redazione de il Fatto quotidiano

Replica al commento di Federico Derchi al post “Sclerosi multipla, in Italia la cura c’è, ma non per tutti” del 21 giu 2011

Per chi si trova nello stato di “chronic sorrow” la speranza è un’ancora che evita il naufragio del sé; ma ci sono potenti interessi che speculano su questo bisogno, e guastano alla radice la ricerca sulla SM. Leggendo i commenti, vedo che tra alcuni dei malati di SM sta sorgendo una certa consapevolezza di ciò.

La teoria della patogenesi immunologica della SM è da tanti anni alla base delle lucrose “cure”, “innovative” e spesso dannose come quelle che Il Fatto pubblicizza. Mentre veniva lanciato l’interferone per la SM, pubblicai un articolo teorico che espone indizi che contrastano con tale teoria, e che puntano verso un agente causale chimico (Pansera F. Form and cause in multiple sclerosis. Perspectives in biology and medicine 36: 306. 1993). E’ stato come avere rigato con una chiave la fiancata dell’auto del capo dei capi: nella mia esperienza, la debole teoria autoimmune viene difesa con sistemi mafiosi, grazie anche ai ruffiani delle istituzioni italiane. La terapia basata sull’ipotesi della CCSVI, una grottesca trasposizione all’encefalo della stasi venosa delle caviglie delle nonne, mi sembra sia stata messa sul “fast track” perché gioca il ruolo di oppositore di comodo. Non migliore dei dogmi del Golia farmaceutico che sembra fronteggiare, aiuta a far sì che tutto resti come prima; e accresce i profitti.

Non so per certo quale sia la causa della sclerosi multipla, né tanto meno quali possano essere le terapie. Ma ho visto come i trattamenti attuali si basino su una “slothful induction” finalizzata al profitto che viene protetta con mezzi criminali. Mi pare quindi che la scelta di astensione dalle terapie farmacologiche (una scelta che diversi medici praticano per sé stessi e i loro cari anche per altre “cure”, es. gli antitumorali), e di attenzione agli ausili meccanici che “regalano autonomia” sia saggia, cioè razionale e dignitosa; date le circostanze, che sono squallide e vergognose.

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Blog de il Fatto quotidiano

Commento del 28 lug 2011 al post ” Ferrara, nuova cura per la sclerosi multipla. Ma il ministero non concede i fondi” di Marco Zavagli

L’articolo conferma che gli standard deontologici de il Fatto sulle notizie mediche non sono migliori degli standard etici del governo Berlusconi, al quale il giornalista dà la colpa della crudele omissione di cure della sclerosi multipla. Ma il ministro Fazio ha dichiarato interesse e apprezzamento, a mio parere infondati, per l’ipotesi CCSVI. Sembra un gioco tra compari.

La CCSVI è un’idea balzana osteggiata per finta. Vive di propaganda e aiuti istituzionali. Anche il nome “Brave dream” suggerisce un marketing ploy. Il giornalista adduce come prova di efficacia la circostanza che la CCSVI è accettata a scatola chiusa all’estero; dove secondo Il Fatto sarebbero più scientifici, onesti e caritatevoli di noi. In realtà, molte frodi mediche sono di provenienza estera, in particolare anglosassone; e da noi godono dell’aiuto della parte “sana”: centrosinistra, media “progressisti” come il Fatto, e istituzioni insospettabili; che stanno vendendo i malati al grande business internazionale più ancora della parte palesemente corrotta, Berlusconi e c.

La CCSVI appare come una alternativa di comodo alle terapie immunologiche, che secondo il Fatto sarebbero pure colpevolmente trascurate pur essendo “innovative”:

Si tratta di innovazione “schumpeteriana”, cioè volta al profitto: variazioni commerciali sullo stesso presupposto errato. Credo che la nuova terapia-marketing, onirica – ma non esattamente coraggiosa, visto ciò su cui specula – non scalzerà le terapie farmacologiche, non essendo efficace; il suo ruolo è di affiancare le terapie “ortodosse” rappresentando un’aggiunta, anch’essa falsa, che dia sfogo ai sentimenti di malati e familiari per l’inefficacia e la dannosità dei farmaci. Fa pensare all’anatocismo, gli interessi sugli interessi applicati dagli strozzini e dai banchieri. Ostacolerà inoltre l’innovazione scientifica autentica, occupandone il posto.

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Risposta 8 ago 2011

@Marco Nazaro. Lei ha fatto male a perdere tempo a leggermi. Chi ha esperienza annusa subito un ciarlatano.

Al di sotto del cuore occorre un lavoro per vincere la forza di gravità e assicurare il ritorno venoso; mentre al di sopra il ritorno venoso ha la forza di gravità a favore. Il semplice mettersi in piedi dal letto provoca un aumento della pressione venosa alle caviglie di 100 mm Hg, e allo stesso tempo un aumentato deflusso dal circolo cerebrale, dove si può avere ipoperfusione. Ci sono meccanismi specifici per il ritorno venoso dalle gambe. Se falliscono si ha insufficienza venosa. E’ grottesco capovolgere l’emodinamica del “venous pooling” applicandola al distretto sovracardiaco ipotizzando una “insufficienza” in grado di causare danni analoghi a quelli cutanei da vene varicose (Zamboni JRSM, 2006), es. necrosi. L’anatomia delle vene presenta spesso anomalie prive di significato clinico. Il letto venoso è piuttosto elastico quanto a compenso di una stenosi mediante circoli collaterali. Ma se si verifica un’ostruzione significativa del deflusso venoso del cervello le conseguenze sono catastrofiche: è contraddittorio che l’ipotizzata stasi venosa non provochi emorragie e necrosi nel delicato e suscettibile parenchima cerebrale. Soprattutto in clinostatismo. Sarebbe così miracolosamente selettiva da palesarsi invece solo contribuendo, inspiegabilmente, alla patologia della SM.

Potrei continuare, ma neanch’io amo perdere tempo: divido le letture in “bianche e “nere” a seconda che edifichino o avviliscano, e per me è la CCSVI a costituire una lettura nera. Nonostante il mancato reperimento di dati fisiopatologici solidi a conferma di un’idea tanto peregrina, sono già partite, per le ragioni già dette, non solo le sperimentazione cliniche, ma anche la pratica chirurgica; della quale dovrebbero occuparsi forze di polizia e magistratura; il cui potere repressivo scorre però anch’esso capovolto, al servizio delle frodi strutturali del business medico.

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4 marzo 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Patitucci “Sclerosi multipla, progressi da trapianto staminali: “Risultati miracolosi” “

Lo studio si basa sull’ipotesi autoimmune, una strada imposta a oltranza dall’ortodossia come l’unica, nonostante la mole degli studi l’abbia già rivelata come tutt’altro che giusta, e nociva (Behan P O. Futility of autoimmune orthodoxy in multiple sclerosis research. Expert Rev Neurol 2010. 10: 1023). E’, dicono alla fine gli autori, uno studio preliminare non controllato; più adatto quindi a generare falsi positivi che a dichiarare vittorie su una malattia come la SM, che ha un andamento alternante. Quello che riporta è che dopo avere ricevuto una (costosissima) “mazzata” mortale per poi essere recuperati, nei malati l’andamento della malattia appare avere avuto variazioni interpretabili come positive; come è già successo tante altre volte, senza risultati risolutivi. Anche il salasso, che ha retto per millenni, sembrava portare miglioramenti: dissanguandoli, ai pazienti la febbre diminuiva, i segni di infiammazione recedevano, il sonno diventava profondo. Anni fa in USA fu lanciata con altrettanti squilli di tromba una strategia terapeutica simile per il cancro. I malati fecero causa, vincendo, pur di ottenerla. Miliardi di dollari dopo, la terapia fu ritirata in quanto catastrofica. E’ lo sviluppo del caso Stamina: avendo creato aspettative irrazionali nel pubblico (anche se le staminali rigenerative del tessuto nervoso non c’entrano nulla) ora è la scienza con la maiuscola che può annunciare, abusivamente, “miracoli” senza portare prove adeguate.

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13 luglio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Patitucci “Sclerosi multipla, “da nuova proteina possibile farmaco per rallentare malattia” “

@ Giovanna Maggiani Chelli.

Gentile Signora Maggiani Chelli

Il lavoro che lei elogia si basa sul modello concettuale in vigore, giudicato da diversi specialisti errato e catastrofico per i malati (es. 1), tanto che anni fa neurologi israeliani proposero, inascoltati, una sua moratoria, evidenziando altre gravi manipolazioni della ricerca e cura della sclerosi multipla commesse sistematicamente a favore dello sfruttamento economico della malattia (2). Il lavoro scientifico riportato da Patitucci, che non contiene nulla che in un sistema onesto possa e debba essere comunicato al pubblico, mostra come si prosegua a oltranza negli anni e nei decenni su una sola ipotesi, quella che si è rivelata infruttuosa, avendo interesse a non risolvere il problema. Un aspetto, questo sì, che la ricerca e la clinica sulla sclerosi multipla hanno in comune con lo stragismo; come l’arte del depistaggio e del falso, il disprezzo per la vita umana e per la sofferenza altrui dietro ai proclami ipocriti, il servire gli interessi dei poteri forti, la complicità vile di chi occupa le istituzioni, l’eliminazione delle voci critiche e costruttive; e anche le posizioni degli interessati prossimi eccessivamente sottomesse al potere e aderenti alle sue versioni.

Deferenti saluti

Francesco Pansera

1 O Behan P. Futility of the autoimmune orthodoxy in multiple sclerosis research. Expert Rev Neurother, 2010. 10: 1023.
2 Steiner I Wirguin I. Multiple sclerosis – in need of a critical reappraisal. Med Hypotheses, 2000. 54: 99.

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14 gennaio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara “Sclerosi multipla, “studiamo una terapia grazie alle cellule staminali del cervello” “

@ Cristiano Pedrini. Fare di questa propaganda a futuri ipotetici risultati di ricerca non è meno sconcio né meno grave dello squallido sgomitare dei portaborse per agguantare il Rolex offerto dagli emiri. I nostri rappresentanti devono essere apparsi agli anfitrioni sauditi come piccioni ai quali sia stata lanciata una manciata di becchime. Qui pure c’è un lancio di chicchi. E’ censurabile sia comportarsi come piccioni, sia trattare i malati e il pubblico come piccioni.

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13 ottobre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Sclerosi multipla, scoperto un potenziale biomarcatore dai ricercatori italiani”

“Cleofe e York: Non ho capito: il marcatore è stato scoperto o no? Tutti i vari marcatori che anticipano malattie… mah .”

@ Cleofe e York. Giusto: sul piano logico, e quindi su quello scientifico, una proprietà, e in particolare la proprietà di predire validamente lo sviluppo di una malattia, o è scoperta o non è scoperta. Ma sul piano commerciale, che è quello che conta, un marcatore “forse sì forse no”, prono a dare falsi positivi, è promettente, perché può essere sviluppato in uno pseudomarker che causa sovradiagnosi, e che quindi espande il mercato della malattia e permette di spacciare i trattati non affetti come “curati”. I “potential markers”, in genere entità della biologia molecolare alle quali viene attribuita una “potenziale” rilevanza diagnostica, stanno spuntando come funghi. Ad una recente conferenza internazionale sulla sovradiagnosi una delle sessioni è stata intitolata “Genomics – unlimited potential for overdiagnosis?”. La sclerosi multipla è già soggetta a procedure diagnostiche che, sotto la veste hi-tech, causano sovradiagnosi; sul piano etico non si dovrebbe neppure nominare l’espressione “marcatore potenziale” ma si dovrebbe pensare a ridurre l’incertezza diagnostica, favorevole al profitto e non rispettosa del diritto alla tutela della salute, che è già stata introdotta.

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5 dicembre 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara “Sclerosi multipla, dopo la rivelazione di Fedez domande e risposte su malattia e diagnosi”

Ne “I nuovi mostri” (1977) un impresario (Tognazzi) fa in modo che la moglie, cantante senza più voce (Orietta Berti), si rompa una gamba, per presentarla come caso umano. Oggi gli artisti esibiscono cartelle cliniche su mali finti, veri, metà e metà, ottenendo insieme alla simpatia un ritorno per lo spot a favore di frodi mediche: gli istrionismi sulla malattia attirano sani nelle tagliole mediche, ora predisposte anche per i giovani fragili, che prendono sul serio “Amici”. Nel 2019 ho contato su Il Fatto e altri media un centinaio di notizie di star malate che lanciavano messaggi pro affarismo medico.

La promo con Fedez che si commuove per un’entità malferma e infida come la “radiologically isolated syndrome” – uno dei nodi del “burning debate”* sulle sovradiagnosi e misdiagnosis di sclerosi multipla col variare dei criteri diagnostici – non è meno mostruosa di ciò che Tognazzi fa nel film. Questa recente aggiunta nosologica poggia su pilastri come l’uso di esami, qui la MRI, che tendono a moltiplicare i falsi positivi; la medicalizzazione di asintomatici tramite predizione; gli “incidentalomi”; l’espansione della definizione di malattia, da parte di esperti pagati dall’industria; la propaganda mascherata, dove avatar del marketing scaldano il pubblico per figure di pacati scienziati anch’esse proiezioni degli stessi grandi interessi fuori controllo.

*Neporent L. Medscape, 12 Oct 2018. Hughes S. One in five MS patients misdignosed. ib. 18 Apr 2019.

@ My.  Ho pensato anch’io alla questione della sfera personale di chi si dice malato. Ma è una forma sofisticata di animalità fare dei problemi di salute veri o presunti di un singolo che sceglie di sciorinarli alla nazione dai divani RAI, Mediaset – e purtroppo anche dal programma di Gomez – un sigillo di intoccabilità che permette di diffondere falsità e paure, a danno della salute di molti e a vantaggio di quelli che cercano un forte lucro dalla medicina; ottendolo con straordinario successo. Anche ammettendo che Fedez, che non è e non va tenuto al “centerstage” del problema, rinunci a qualsiasi tornaconto e abbia davvero una forma iniziale di sclerosi multipla. Il suo messaggio genererà falsi malati e sovratrattamenti. Su questi affari sono a volte pagliacceschi quelli col camice e la cattedra; è follia informare sulle malattie tramite artisti specialisti del fare spettacolo sul poco o sul niente. Qui il bilancio per me pende dalla parte del non accettare che il livello superiore che ci sovrasta tutti, occupato dai due presidi a difesa dei fatti seri della vita, valori etici fondamentali e razionalità, sia occupato abusivamente, degradato e messo a reddito da operazioni di marketing a danno della salute e degli averi dei cittadini. Cerchiamo di tenere gli occhi asciutti davanti alle lacrime in tv, se vogliamo evitare le lacrime evitabili nella valle di lacrime del mondo reale. Chiediamo anzi una scena pubblica meno affollata di parac. col Rolex.

@ My. “Non hanno invitato a fare prevenzione” “neanche lontanamente”. Inizio dell’articolo che commentiamo: “Continuano a squillare i telefoni del centralino dell’AISM dopo l’inaspettata rivelazione di Fedez”. Mai sentito parlare di campagne di sensibilizzazione per disease-mongering, e di sovradiagnosi da reperto incidentale o da workup diagnostici per sintomi aspecifici? Questo, non il soporifero Fedez, dovrebbe provocare sussulti. Una volta, all’Oriocenter di Bergamo, casualmente c’era una sua esibizione gratuita. Dopo due minuti la “reazione” è stata la sensazione di assistere a uno spettacolino di filastrocche finto-trasgressive per preadolescenti, per cui me ne sono andato.

Preferirei evitare di considerare Fedez e simili, e non dover ricevere i numeri di animatori come lei che premono per mantenere nel cono di luce questi beniamini della meglio gioventù. Ma mi pare proprio il caso di superare lo sconforto e individuare il fenomeno di tanti personaggi dello spettacolo, spesso privi di luce propria, usati sistematicamente per operazioni di disinformazione contrarie ai doveri sulla tutela della salute.

@ My. Meno male che le basta, altrimenti pur di infilarci Fedez mi accusava di “anti-Fedezismo”. Ma i testimonial che girano questi caroselli non sono innocenti. Andrebbe riconosciuto che le comunicazioni mediatiche sulle malattie hanno una forte valenza medica, e hanno effetti di larga scala che possono essere dannosi sulla salute del pubblico; e che sono influenzabili da interessi sulla medicina che investono miliardi in marketing, dando luogo, secondo diversi osservatori e studiosi, a una medicina basata sul marketing. Quindi i messaggi mediatici su argomenti medici non dovrebbero essere privi di regole.

“Ci mancherebbe altro che impedire di parlare a un malato, o ritenerlo responsabile di quel che dice sui media”. Mentre fa apparire credibili, l’essere colpiti da malattia non rende necessariamente fonti valide sulle malattie degli altri, né sul piano tecnico né su quello etico (tanto meno se non si è davvero malati). Associazioni di malati in USA sono implicate in sottrazione di fondi; e nella diffusione di informazioni false e in pressioni sul governo, a libro paga del business e a danno di sani e di altri malati.

C’è un titolo, “Because cowards get cancer too”, libro del giornalista J. Diamond. Un tema che potrebbe interessare qualche rapper non da centro commerciale. E anche ipotetici parlamentari che non essendo gli omologhi di Fedez fossero capaci di porre barriere alla marea di disinformazione medica sui media.

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25 maggio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Sclerosi multipla, trapianto di staminali cerebrali umani in 15 pazienti. In valutazione effetti terapeutici”

“Scevra da qualunque problematica etica o morale” ? L’elenco di tali problematiche è in realtà lungo. Es.:

1 Conflicts of interests: “Potential profits from stem cell interventions are massive, and may incentivize investigators to overstate successes or underreport adverse events”.
2 Informed consent: Once stem cells are implanted, patients cannot be guaranteed the right to leave a trial, due to possible migration and growth of cells.
3 Risk-benefit Ratio: Benefits unclear from current animal model studies, risks include both those of surgery and of the stem cells themselves.
4 Patients are also vulnerable to sensational claims made in the media by proponents of stem cell interventions.*

5 Uno dei temi tipicamente evitati dai bioeticisti: l’etica della plausibilità biologica. E’ improbabile che una patologia progressiva, a localizzazione multifocale e imprevedibile, nel più denso, intricato e irrecuperabile dei parenchimi possa curarsi con un trapianto. E’ invece plausibile che le definizioni di comodo e le fluttuazioni della sclerosi multipla facciano figurare successi spuri.

6 La pratica letteralmente criminale di eliminare le voci di dissenso tecnico. La “purezza” vantata richiama le frequentazioni del suo certificatore, il rappresentate del Vaticano Paglia, con il rappresentante dei magistrati Palamara; e ambienti connessi.

* Ethical clinical translation of stem cell interventions for neurologic disease. Neurology, 2017.

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12 maggio 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Milano, “colpevole ritardo” nel diagnosticare la sclerosi multipla: medico condannato a risarcire 830mila euro ad una paziente”

Se a Milano in cima all’edificio più alto della città invece della legittima Occupante stesse un diavoletto, questi potrebbe indurre a sfruttare a fini di lucro la sclerosi multipla (SM): è accertato che la SM si presta ad essere sovradignosticata. Ciò viene favorito dall’imaging, e dal cambio dei criteri diagnostici, cui ha partecipato un ospedale milanese fondato da un prete arrembante. Perfino gli artefici delle variazioni ammettono questa evenienza:

“If MRI findings are over-interpreted and the clinical picture is not properly interpreted, there is a clear risk of overdiagnosis (false positives), [… ] . This may result in inappropriate exposure of patients to drugs with associated risks.”

Il diagnosticare la SM anche su chi non ce l’ha porta a fare sembrare le terapie più efficaci di quello che sono. Il diavoletto potrebbe dare impulso a tale spirale a coda di diavolo, sovradiagnosi-falsi successi-sovradiagnosi, inducendo i magistrati locali a creare un deterrente dal considerare il “countervailing risk”. Tanto più che le sovradiagnosi di SM spesso sono su base funzionale*, cioè su soggetti vulnerabili alle suggestioni, come questa condanna. I magistrati verranno inoltre indotti a precipitare nella Geenna sociale i medici che si oppongano.

Il diavoletto avrà così ottenuto una medicina che genera malattia e una giustizia complice del crimine. Ma queste sono fantasie morbose alla Buzzati.

*Functional neurological disorders and multiple sclerosis. J Neurol, 2022.

 

 

Sperimentazione animale: uno spoglio etico

16 May 2011

Appello al popolo

18 mag 2011

Due colpi quasi simultanei posero termine alla silenziosa attesa; Arguto depose ai piedi del Principe una bestiola agonizzante. Era un coniglio selvatico: la dimessa casacca color creta non era bastata a salvarlo. … Don Fabrizio si vide fissato da due grandi occhi neri che, invasi rapidamente da un velo glauco, lo guardavano senza rimprovero ma che erano carichi di un dolore attonito contro tutto l’ordinamento delle cose… L’animale moriva torturato da un’ansiosa speranza di salvezza, immaginando di poter ancora cavarsela quando già era ghermito, proprio come tanti uomini … Don Fabrizio … aveva provato, in aggiunta al piacere di uccidere, anche quello rassicurante di compatire” (Lampedusa)

Il 50% dei soggetti non ha mostrato alcuna reazione dopo l’inoculazione. L’altro topo è scappato.” (Medawar).

ccc

C’è tanto di sbagliato e tanto di giusto nella sperimentazione animale. Non ho sensi di colpa per le dozzine di rattini neonati ai quali estrassi il cervello, dopo averli decapitati, nel laboratorio universitario di ricerca di base sul funzionamento del cervello dove, studente di medicina, ero interno, intorno al 1980. E’ un tema etico complesso e strumentalizzabile. In esso giocano fattori eterogenei; limiti tecnici, profondi moventi antropologici, grandi interessi economici e ideologici. Questo calderone produce situazioni intricate e a volte paradossali. Vorrei illustrare come la sperimentazione animale può essere una truffa, oltre che una crudeltà; ma che lo stesso può essere detto a ragione anche della sua abolizione. In particolare, vorrei mostrare che la lotta attuale alla sperimentazione animale è una di quelle battaglie progressiste dove si crede di opporsi al potere, e che in realtà sono favorite dal potere per fini nascosti.

In questi problemi di bioetica, dove all’etica si sovrappongono ragioni non dichiarate, non basta cercare se è “giusto” o “sbagliato”. Alla variabile a due valori “a favore”/”contro” è opportuno affiancarne un’altra, che rappresenti gli altri fattori, e le strumentalizzazioni che portano con sé: la variabile a due valori “per buone ragioni”/ “per cattive ragioni”. Ciò è ottenibile con una tabella 2×2, dove le righe indicano “a favore” e “contro”, e le colonne “per buone ragioni” e “per cattive ragioni”. Si otterranno così 4 caselle, ognuna denominata dal nome della riga più il nome della colonna che incrociandosi formano la casella. Mentre le righe sono oggettive, le colonne derivano da un giudizio.

 

Le coppie di caselle contrapposte lungo le diagonali: 1 e 4; 2 e 3; contengono in buona parte argomenti complementari, che possono essere discussi indifferentemente nel primo o nel secondo degli elementi della coppia: es. alcuni degli argomenti “contro per cattive ragioni” sono il negativo fotografico di argomenti “a favore per buone ragioni”, e li si può trattare nella prima o nella quarta casella. Vediamo come si può effettuare tale spoglio etico: come si possono riempire le quattro caselle nel caso della sperimentazione animale.

1. A favore per buone ragioni

La sperimentazione animale consente di applicare il metodo scientifico nella sua forma più rigorosa, l’esperimento controllato. Ha portato a grandi conoscenze, soprattutto nel campo della fisiologia. Ha anche permesso di individuare cancerogeni e altri agenti nocivi. La sperimentazione animale è entrata a far parte di protocolli standard di ricerca scientifica e di controllo amministrativo. Va annoverata tra le forme di sfruttamento del regno animale, come la zootecnia, l’industria delle pelli, l’uso di bestie da fatica per ottenere energia meccanica, etc., che hanno emancipato l’uomo dallo stato di natura. Da sola non è sufficiente al progresso della scienza, ma eliminarla sarebbe un regresso. Già oggi i farmaci vengono immessi sul mercato con controlli limitati sulla sicurezza e sugli effetti collaterali, fidando nella “farmacovigilanza”; anche detta “postmarketing surveillance”. Riducendo la sperimentazione animale si aggrava uno stato di fatto di sperimentazione disordinata e incontrollata sull’uomo. E si riducono ulteriormente i controlli sull’esposizione ad agenti tossici e cancerogeni.

2. A favore per cattive ragioni

I modelli animali si basano sull’analogia, forma di inferenza induttiva debole che già sul piano teorico può far cadere in trabocchetti; trabocchetti che la Natura non si è astenuta dal disseminare nel mondo materiale: ci sono sostanze che per l’uomo sono innocue mentre sono tossiche per alcuni animali, e viceversa. Alcuni “modelli animali” di malattia non sono fedeli; sono solo rappresentazioni, a volte caricaturali, che mimano superficialmente la malattia, ma sono causate da meccanismi diversi, che danno luogo a fenomeni diversi, da quelli della patogenesi della malattia umana che si vorrebbe studiare. I limiti metodologici della sperimentazione animale si fondono con manipolazioni intenzionali. Quando viene usata, come spesso è il caso, per estrapolare risultati terapeutici sull’uomo può produrre risultati errati o che confondono. E anche risultati di comodo, volutamente fraudolenti. Ogni settimana sui media appaiono mirabolanti progressi medici … ottenuti su animali. Si annuncia un altro passo avanti della medicina, ma quasi sempre non è vero niente. Basta scegliere la specie animale, o il modello animale di malattia, adatti, e voilà.

Mediante la sperimentazione sugli animali si possono ottenere, o selezionare, facilmente le pezze d’appoggio desiderate. Basta poco, qualche flebile e vago risultato su animali, per giustificare l’inizio della trafila sperimentale sull’uomo che lancerà un farmaco “prescelto dagli dei”. In questi giorni parte in Italia la sperimentazione clinica sull’efficacia dell’EPO, eritropoietina, nella sclerosi laterale amiotrofica (1);  sarebbe interessante cercare di comparare il peso dei risultati ottenuti su animali – per i quali l’EPO, una delle tante citochine pleiotropiche presenti anche nel sistema nervoso, avrebbe una generica attività positiva, “neuroprotettiva”, che si opporrebbe in qualche misura al danno mentre il tessuto nervoso viene distrutto –  con il peso della “fedina penale” dell’EPO; come i milioni di dollari pagati (legalmente, in USA) dalle case produttrici agli oncologi per fargli prescrivere il farmaco, che può causare gravi effetti avversi; col risultato che il farmaco è stato somministrato oltre le sue indicazioni e oltre i dosaggi corretti, a danno della salute dei pazienti, e anche della spesa pubblica per la sanità (2).

Il pur accomodante ente USA di controllo dei farmaci, la FDA, ha imposto per l’EPO un’etichetta di avvertimento che informi i pazienti sui rischi di “aumento della mortalità, eventi cardiovascolari gravi, tromboembolie e accelerazione della progressione dei tumori quando usata fuori dalle prescrizione e dai dosaggi”. Lasciando da parte altri episodi poco edificanti, questo dell’incremento dei consumi e del fatturato ottenuti corrompendo di fatto i medici, che si sono lasciati corrompere e hanno imbottito del prodotto i pazienti talora fino a farli schiattare, è un precedente poco rassicurante sulla serietà di questa estensione del farmaco, su basi teoriche robuste quanto il filo di una ragnatela, a una patologia neurologica completamente diversa da quelle, ematologiche, oncologiche e renali, per le quali è stato sviluppato e approvato e per le quali ha almeno una ratio teorica – dovuta a studi di fisiologia che hanno utilizzato ratti e conigli – solida e lineare.

La comparazione sarebbe interessante e utile, per valutare qual è la variabile indipendente: se gli interessi di chi è malato o quelli di chi cura; se, data la malattia SLA, sperimentare sulla terapia con EPO è davvero la scelta più razionale tra le vie possibili per arrivare a un trattamento; oppure se, dati gli interessi economici, sono i malati di questa malattia feroce, e la conseguente disperata ricerca di una speranza cui aggrapparsi, ad offrire un’opportunità agli spiriti animali di industriali e speculatori per espandere il mercato dell’EPO; opportunità inconsistente sul piano biologico, e al quale la sperimentazione animale ha contribuito a fornire un alibi o una foglia di fico. Opportunità che può aggiungere danno a danno nei malati.

Ma tale confronto critico sarebbe poco salutare per l’ipotetico autore, perché oltre che sui modelli animali i farmaci come l’EPO, “blockbuster” nei profitti, possono contare su altri ausili; incluse istituzioni dello Stato, che quando non si occupano di difendere la democrazia dalla mafia e da altri birboni pensano a mettere a tacere, con sistemi animaleschi, chi intralci il progresso scientifico; facendosi custodi volontari del sacro fuoco di Prometeo;  e anche del relativo sistema di distribuzione di plusvalenze, cedole, dividendi e mazzette.

Oltre agli aspetti tecnici e economici ce ne sono di psicologici e culturali. L’uccisione di animali è un rito che sollecita i nostri istinti di crudeltà e insensibilità; ciò in campi, la medicina e l’igiene pubblica, che se non sono guidati da sentimenti umani scivolano verso la banalità del male. Quando ero resident in neuropatologia a Boston una volta fui mandato nello stabulario con l’occorrente per le autopsie. Trovai degli studenti di medicina del primo anno (retta 27000 dollari all’anno, in genere prestati da una banca; era il 1992) che aspettavano lievemente eccitati in una delle salette chirurgiche, attorno a un cane lupo, già sedato e immobilizzato, testa compresa. Lì mi venne detto che avrei dovuto rimuovergli la calotta cranica, da vivo, e poi l’encefalo, e indicare le principali parti anatomiche agli studenti. Il valore didattico della dimostrazione sarebbe stato modesto; meglio farli assistere alle autopsie di routine, o a un intervento, oppure a un esperimento, di neurochirurgia stereotassica.

Più che altro, i patimenti dell’animale e gli schizzi di sangue di cane avrebbero fatto acquisire agli studenti un po’ di quella “callousness”, così la chiamerebbe qualche critico anglosassone, che viene scambiata per “essere tosti”; mentre è la durezza del callo: ci si è fatto il callo, si diviene incalliti; callosità d’animo che in certi eserciti viene ottenuta nelle reclute facendogli scannare maiali; e che i futuri dottori avrebbero proficuamente applicato nella professione, sotto la maschera grave del medico preoccupato per il bene del paziente, mentre si sbrigavano a pagare il prestito alla banca per cominciare a far fruttare l’investimento. Io avrei compiuto un gesto senza senso e degradante. Così tornai su a mani pulite, dai miei capi coi quali già ero ai ferri corti.

Il dipartimento ospitava Imanishi-Kari, la ricercatrice allora al centro di uno scandalo internazionale per una frode scientifica che riguardava lei e un Nobel, Baltimore (detto “il papa”), e del quale aveva fatto le spese la ricercatrice che li aveva denunciati, O’Toole, ostracizzata dalla professione; i due erano difesi con tutti i mezzi dall’establishment scientifico; ci volle un senatore USA per sputtanarli e dargli una tirata d’orecchie. Sulla porta della sua stanza Imanishi-Kari aveva messo la foto della faccia ghignante di una gargoyle: un mostro in pietra ottenuto antropomorfizzando un animale.

3. Contro per buone ragioni.

La coltivazione del senso di umanità comporta che si rispetti la vita in tutte le sue forme. Quindi anche quelle animali. E’ prudente porre quante più barriere all’esercizio della violenza fisica, che fa presto a trovare giustificazioni e scorciatoie.

La sperimentazione animale oltre che un modello biologico per le malattie può essere un modello esistenziale del problema del male nel mondo: l’animale non ha scampo, sotto la mano dell’uomo; così come non l’abbiamo noi in mano al Fato, che con cura scientifica somministra dolore, col contagocce, o a volte strazia con i suoi ferri; o per chi ci crede in mano a Dio, che fa la stessa cosa, ma per il nostro bene a sentire alcuni dei vertici della ricerca scientifica italiana (3). Rinunciare a questo potere è un resistere come si può contro l’ordinamento maligno delle cose; è un gettare a terra l’offerta di rivalersi sugli animali del nostro destino per esorcizzarlo, per consolarsi; e chiedere invece conto al cielo, vuoto o abitato che sia, di tutto questo.

La sperimentazione animale è inoltre parte di quei parafernalia che danno un senso teatrale di scientifico, ma in sé non dà garanzie di scientificità, e può servire a propagandare il falso. Opponendosi alla sperimentazione animale ci si oppone anche a truffe pseudoscientifiche.

4. Contro per cattive ragioni.

E’ in corso da decenni un indebolimento della metodologia scientifica in medicina. La “scienza” oggi è il settore “ricerca e sviluppo” dell’industria medica, che è finalizzato al profitto, molto prima che alla conoscenza e al bene dei pazienti. L’industria farmaceutica è in realtà ben lieta di abolire i  controlli obbligatori di tossicità su animali; es. la Astra Zeneca, già accusata di avere soppresso dati preclinici sugli effetti collaterali di un farmaco oncologico, ha fatto propugnare tale abolizione a un suo ricercatore (4).

Beltz, l’inventore del primo farmaco che fu adottato per l’AIDS, l’AZT, si è detto pentito di averlo creato, avendo visto come è stato impiegato. L’AZT fu introdotto nella clinica sulla base di semplici esperimenti in vitro. Gli scienziati “eretici” che hanno evidenziato come l’AZT fosse un fattore causale della sindrome, piuttosto che una terapia efficace, hanno osservato che saltare la fase di sperimentazione animale sulla farmacodinamica ha contribuito all’equivoco: il risultato fu una somministrazione a livelli “prohibitively toxic” (5). In generale, la sperimentazione animale può dare elementi importanti – ma poco graditi a chi vende farmaci – sugli effetti paradossali, cioè iatrogeni, dei prodotti farmaceutici.

Non è stato quindi per le pressioni degli animalisti o per innata gentilezza d’animo che la UE nel 2007 ha messo al bando i test di cosmetici su animali, e nel 2008 gli USA hanno messo al bando i test tossicologici di inquinanti su animali. Si è pronunciata contro la sperimentazione animale in oncologia l’AIRC, che sulla patogenesi del cancro negli umani propaganda come verità scientifiche assodate affermazioni tendenziose (6) che sono il frutto di stime interessate; e, per stessa ammissione di chi li ha prodotti, non di dati stabiliti; e che vanno nello stesso verso di nascondere, assolvere e deregolamentare a favore dei grandi interessi.

C’è una convenienza a eliminare una metodologia, la sperimentazione su animali, che, con tutti i suoi limiti, può a volte dire “no”, “è falso”, a scoperte “scientifiche” finalizzate a fare alzare un titolo in Borsa; e può a volte dire “questo prodotto fa male”, “questo è mutageno e probabilmente cancerogeno”. La sperimentazione animale conviene al business quando appoggia le sue operazioni; è comoda per lanciare sui media la svolta epocale della settimana; ma dove porta a risultati sgraditi la si soppianta con la sperimentazione in vitro o i modelli matematici, che permettono ancora meglio di impapocchiare i risultati desiderati.

Non tutti, ma alcuni amanti degli animali sembrano frapporre psicologicamente gli animali tra sé e gli altri primati della loro stessa specie. Ci sono anche ragioni ideologiche, antiumaniste, contro la vivisezione, e in genere per la protezione degli animali: riconoscere pari dignità, o una maggiore dignità, agli animali favorisce una concezione più bassa della dignità dell’Uomo. Personalmente vedo il rispetto per gli animali non come un valore primario, ma come una conseguenza del rispetto per l’umanità. Se si mettono animali e persone sullo stesso piano, come alcuni apertamente predicano, può succedere che siano gli umani a essere trattati come animali. Appannando la distinzione tra uomo e animale, antropomorfizzando gli animali, si possono generare mostri; rischiamo di avvicinarci alla nostra natura zoologica, che incombe sotto di noi non meno del cielo stellato sopra di noi.

Gli animalisti fanno spesso parlare le immagini. Anch’io sono rimasto influenzato da ciò che ho visto; ma che non viene reso pubblico. Si freme davanti all’immagine neotenica di un piccolo di scimmia mentre viene “sacrificato”, secondo il termine usato negli articoli scientifici; non è difficile imbattersi in tali immagini. Ma le immagini dalla sala autoptica della “real thing”, di come vengono martoriati certi corpi dalla medicina commerciale; le immagini dei cadaveri dei bambini immolati sull’ara del business, degli esiti di forme cadenzate, sofisticate e controllate di macellazione, capaci di sviluppare un giro d’affari di diverse centinaia di migliaia di euro a persona trattata, non verranno mostrate.

Se si vogliono curare davvero le malattie c’è bisogno non tanto di immagini commoventi quanto di informazioni. La lotta alla sperimentazione animale va nel verso della tendenza a sopprimere le informazioni; quelle esistenti e le fonti che potrebbero produrle. Pochi giorni fa l’ombudsman dell’EU ha dato ragione, ma solo nel loro caso specifico, a due affermati ricercatori danesi che protestavano perché l’agenzia europea del farmaco, l’EMA, rifiutava da tre anni di consegnare dati relativi agli effetti avversi, anche mortali, di due farmaci antiobesità. L’EMA ha fornito comunque dati censurati, dopo avere addotto come spiegazione del rifiuto a qualsiasi rilascio l’argomento che l’informazione avrebbe danneggiato interessi commerciali; una deroga prevista al diritto fondamentale di accesso dei cittadini ai documenti dell’UE.

I due ricercatori commentano che l’EMA trattenendo i dati protegge interessi commerciali prima che la vita e il benessere dei pazienti; è la questione che ho posto prima a proposito della inversione della funzione “malattia ==> prodotto di cura” nel caso SLA-EPO. Concludono che il comportamento dell’EMA mostra come ci sia qualcosa fundamentally wrong nella scala di priorità della medicina (7). Da noi le autorità ce la mettono tutta per mostrare ai loro attuali padroni zelo implacabile nel proteggere i recessi sacri della ricerca medica. Così per alcuni tipi di medico anche ottenere articoli da una biblioteca medica universitaria diventa una penosa corrida, dati i boicottaggi, nel silenzio complice di tutti, compreso il Procuratore della Repubblica; e per il ficcanaso perfino l’accesso a biblioteche pubbliche generali deve avvenire con il monito di CC o di vigili urbani che arrivano regolarmente sulla soglia insieme all’utente, come se si trattasse di sventare una rapina alle Poste.

E’ difficile restare indifferenti alle immagini dei candidi piccoli di foca imbrattati del loro sangue mentre i cacciatori di pelli li massacrano a picconate sul pack; o al pathos del cane il cui sguardo continua a esprimere fedeltà all’uomo mentre muore legato al tavolo sotto l’attenzione perversa dei ricercatori. Intanto la FDA, e anche l’EMA, stanno mostrando interesse, dietro pressioni delle case farmaceutiche, che considerano “partners”, o “clienti”, per forme di approvazione parziale tipo “live license”, in analogia con quanto avviene col software: si consentirà l’entrata in commercio dei farmaci basandosi su ricerche “beta”, senza neppure completare i controlli, già fragili e aggirabili,  del trial clinico; come per i software, ci sarà un continuo “aggiornamento” a mano a mano che i dati sugli effetti arrivano dalla popolazione che assume il farmaco. Solo che qui i bugs non impallano un PC, ma possono consistere ad esempio nel caso dell’EPO nel blocco dell’afflusso di sangue ad aree del cervello o di altri distretti.  Ma gli anziani, i padri, le madri, i giovani, i bambini che fanno da cavie (cavie paganti) non commuovono quanto i cuccioli di beagle o di macaco.

Gli animalisti pensano di opporsi all’affarismo medico; sono spesso fautori delle medicine alternative. Non lo sanno, ma combattendo la sperimentazione animale accettano da quell’industria che credono di contestare una varietà dello stesso prodotto al quale deve gran parte del suo successo: il senso, una narrazione che soddisfi sul piano morale ed esistenziale. Mentre la medicina razionale in prima battuta suona meno umana delle storie suadenti confezionate per le masse; siano storie di farmaci miracolosi o di poveri animaletti.

I movimenti animalisti e antivivisezionisti costituiscono spesso una forma di dissenso romantico gradita al potere: fanno sfogare la sensazione diffusa ma indistinta che la medicina attuale comporti abusi e crudeltà; distraggono dagli orrori delle frodi della medicina sugli umani; facilitano l’eliminazione di strumenti di controllo ormai ingombranti, ottenendo in cambio consenso. Ci sono stati anche atti di violenza e attentati in nome dei diritti degli animali; queste forme terroristiche, non si sa quanto pilotate (8), facilitano la repressione del dissenso tecnico e democratico agli abusi commessi in nome della “scienza”; un gioco quest’ultimo che non dovrebbe suonare nuovo a chi abbia presente il “destabilizzare per stabilizzare” degli anni del terrorismo armato.

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Personalmente concludo che la sperimentazione su animali è etica e raccomandabile in linea di principio, purché abbia finalità esclusivamente scientifiche e obiettivi positivi per l’umanità; purché sia condotta e interpretata con onestà e rigore, ed eviti quanto più possibile sofferenze agli animali. Condizioni che molto spesso nella pratica non sono rispettate.

Gli oppositori della sperimentazione animale dovrebbero considerare la tabella, e in particolare la casella n.4: il rischio che le loro sincere posizioni progressiste vengano strumentalizzate dal potere. Questo accade più di frequente di quanto si pensi; c’è una hidden agenda anche per la bioetica.

Anche per il testamento biologico e l’eutanasia è possibile costruire una tabella etica 2×2, e la casella “a favore per cattive ragioni” è tutt’altro che vuota, data la presenza di interessi materiali che il dibattito mediatico trascura (9). Anche lì lo spoglio porta a un quadro più complesso di quello dell’attuale dibattito, schematico e manicheo; e porta a considerare se sostenendo il testamento biologico, o opponendosi, nei ristretti termini imposti dal dibattito ufficiale, non si sta inconsapevolmente accettando un falso dilemma, che andrà a nostro discapito qualunque sia la scelta (10,11).

https://menici60d15.wordpress.com 1. Arcovio V. Sla, per rallentare la malattia ora si prova con l’Epo. Il Fatto quotidiano, 12 mag 2011. http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/12/sla-per-rallentare-la-malattia-ora-si-prova-con-lepo/110565/ 2. Berenson A, Pollack A. Doctors reap millions for anemia drugs. New York Times, 9 mag 2007. 3. I “preambula fidei” di San Tommaso e quelli di De mattei e Carancini. https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/16/i-preambula-fidei-di-san-tommaso-e-quelli-di-de-mattei-e-carancini/ 4. Robinson S. et al. A European pharmaceutical company initiative challenging the regulatory requirement for acute toxicity studies in pharmaceutical drug development, Regul. Toxicol. Pharmacol. (2008), doi:10.1016/j.yrtph.2007.11.009. 5. A Critical Analysis of the Pharmacology of AZT and its Use in AIDS.Eleni Papadopulos-Eleopulos et al. Curr Med res Opin 1999. 15: S1-45. 6. Il pornografico e l’osceno. https://menici60d15.wordpress.com/2011/01/30/il-pornografico-e-l’osceno/ 7. Gotzsche P.C, Jorgensen, A W. Opening up data at the European Medicines Agency. British medical journal, 10 mag 2011. 8. Leopardi, Unabomber e altri eversori. https://menici60d15.wordpress.com/leopardi-unabomber-e-altri-eversori/ 9. Questionario immaginario ai magistrati sul testamento biologico. https://menici60d15.wordpress.com/2009/03/09/questionario-immaginario-ai-magistrati-sul-testamento-biologico/ 10. Contro il relativismo etico ed epistemico. https://menici60d15.wordpress.com/2009/06/03/contro-il-relativismo-etico-ed-epistemico/ 11. Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico. https://menici60d15.wordpress.com/2009/06/24/il-riduzionismo-giudiziario-nella-frode-medica-strutturale-il-caso-del-testamento-biologico/

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18 luglio 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post “Montichiari, sequestrato dalla Forestale l’allevamento “lager” di Green Hill” del 18 luglio 2012

La sperimentazione animale è un argomento complesso. Può accadere che il potere usi la lotta gli orrori e alle frodi della vivisezione per coprire, e per favorire, gli orrori e le frodi della medicina su esseri umani; apparendo allo stesso tempo aperto e compassionevole. Ricordo ad es. che è in corso una deregulation che riduce i controlli di sicurezza e di efficacia prima immettere sul mercato nuovi farmaci. Ciò sta portando a una condizione di continua sperimentazione di massa su umani, della quale non si parla e per la quale nessuno si commuove; grazie anche a operazioni di distrazione come questa di Green Hill. La visceralità di molti “antivivisezionisti” preclude il dibattito con loro. A chi è aperto al dubbio segnalo questo:

Sperimentazione animale: uno spoglio etico http://menici60d15.wordpress.c…

insieme alla riflessione che in questa “battaglia” “di civiltà” si ritrovano al fianco di alcuni tra i più strenui difensori della medicina commerciale, come Formigoni, la berlusconiana Brambilla, le forze di polizia e gli uffici giudiziari di Brescia.

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No, parlo di sperimentazione di fatto legalizzata, sulla popolazione inconsapevole, derivante dal ridurre i controlli sui farmaci, riducendo i tempi per l’approvazione, gli standard, es. mediante l’uso dei “surrogate end points”, e spostando parte dei controlli a tempi successivi alla immissione sul mercato, con controlli a posteriori come il “risk sharing” e la sorveglianza post marketing. Queste pratiche, e la connessa corruzione degli organi di controllo e dei media, espongono a situazioni come il caso Avandia, un antidiabetico che ha provocato decine di migliaia di morti prima di essere ritirato.

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E di che Foggianello. Semmai dovrei essere io a scusarmi per aver citato temi e posizioni “extramediatici”, che non troverai riportati nè su Mediaset nè sulla Rai.

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22 agosto 2012

Blog de Il Fatto Commento al post di D. De Felice “E’ tempo di staminali ?” del 21 agosto 2012

L’atrofia muscolare spinale colpisce anche i cani e i gatti. Si sono individuati modelli animali della patologia (Zanotelli et al. Fund Neurol, 2010. 25:73). Al di là della decisione specifica sul caso della piccola Celeste, caso che data la risonanza sta diffondendo presso il pubblico notizie che appaiono infondate e dannose, la magistratura potrebbe disporre di fare eseguire  verifiche sperimentali su animali delle affermazioni miracolistiche della Stamina foundation. Tali prove sarebbero anche nell’interesse dei pionieri, che si dicono osteggiati da “Big pharma” e sono attualmente accusati di truffa e associazione a delinquere. Si potrebbe anche testare la terapia su cani da laboratorio ai quali sia stata praticata una sezione del midollo spinale.

Purtroppo, conoscendo di persona i metodi criminali e miserabili coi quali a Brescia si protegge il business delle staminali, un mega business che nonché essere avversato gode di appoggi impensabili, in quartieri insospettabili, credo che si voglia andare nel verso opposto a quello della chiarezza, e anzi fare caciara per ottenere degli spot mediatici sulle staminali, dove quel che più conta è il clamore. Queste notizie scandalistiche creano in ogni caso speranze e aspettative; che saranno soddisfatte da susseguenti studi “seri” che presenteranno risultati, e relativi prodotti commerciali, meno eclatanti ma comunque ragguardevoli… Le staminali in carenza di risultati reali hanno bisogno di dosi particolarmente elevate di manovre mistificatorie e di propaganda; queste si scientifiche.

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@Marco Biti. Anche l’opposizione alla sperimentazione animale può essere funzionale agli interessi dell’industria farmaceutica, permettendo di presentare prodotti “scientifici” saltando i controlli; come mostra questo caso della Stamina Foundation, che si sta sviluppando a Brescia parallelamente alla vicenda di Green Hill:

Sperimentazione animale: uno spoglio etico http://menici60d15.wordpress.c…

Riguardo all’illusione di Vita eterna, c’è chi pensa di ottenerla tramite farmaci; ma sembra che a loro volta alcuni attivisti facciano dell’animalismo un culto, a giudicare dall’irrazionalità, dalla veemenza, e dal sovvertimento della scala tradizionale dei valori.

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11 novembre 2012

Blog “Come Don Chisciotte”

Commento al post di T. Mastroiaco “A.L.F. ANIMAL LIBERATION FRONT” del 9 novembre 2012

Una réclame perché ci si occupi del dolore degli animali invece che delle politiche che provocano dolore e sofferenza nelle persone; e un appello agli imbecilli per un nuovo terrorismo di Stato.

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6 maggio 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Bellelli “Sperimentazione e modelli computerizzati: se il biologo si chiama computer” del 5 maggio 2013

Anche  i modelli matematici applicati alla medicina vengono deformati dalle pressioni commerciali. La biomatematica può spiegare che “La norma della crescita biologica è quella esponenziale. Una casa cresce per accrezione: i mattoni che rappresentano le unità di incremento non crescono essi stessi. Ma la caratteristica centrale della crescita biologica è che ciò che è formato dalla crescita è esso stesso a sua volta capace di crescere” (P. Medawar). Ciò aiuta a comprendere come il trapianto di midollo osseo, dove cellule staminali producono – come avviene fisiologicamente – centinaia di milioni di cellule isolate al giorno, non autorizza alla metafora del muratore, nella quale cellule staminali sarebbero capaci di rimpiazzare i “mattoni” perduti nei parenchimi e nei tessuti strutturati a popolazione cellulare stabile o perenne.

Su questo principio basilare si tace, per non guastare la piazza al business delle staminali. Altre volte invece si vorrebbe soppiantare la sperimentazione, oggi scomoda per il business, col computer. Pretesa che ricorda un errore del grande biomatematico D’Arcy Thompson. Dimostrò matematicamente che nella gallina la peristalsi foggia l’uovo in modo che il polo ottuso stia davanti rispetto al moto. L’uovo esce in effetti così; solo, studi radiografici hanno poi mostrato che in realtà l’uovo procede nell’ovidotto col polo acuto avanti, e si capovolge poco prima della deposizione.

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24 settembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Patitucci “Sperimentazione animale, corso su metodi alternativi all’Università di Genova”

“Si va verso un futuro – conclude la studiosa [Anna Maria Bassi] – in cui il modello sperimentale sarà l’uomo stesso”. Anche a me sembra che si stia andando – non per eccesso di scrupolo etico, ma per facilitare il business – in questa direzione, es. con i farmaci immessi in commercio col triangolo nero. La studiosa vuole l’obiezione di coscienza sull’eventualità di lavorare su modelli animali. Ho già raccontato di quando in un centro universitario USA mi rifiutai di asportare l’encefalo a un cane lupo vivo (“Sperimentazione animale: uno spoglio etico”). Vorrei sapere se sarà prevista l’obiezione di coscienza anche per la sperimentazione su H. sapiens, oltre che quella sulle altre specie.

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16 febbraio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Di Sano “Topi soppressi per mancanza di fondi, chiesto processo per ricercatore”

“Uomini e topi”. Io lo vedo qui a Brescia; difendendo assiduamente i diritti degli animali da laboratorio la magistratura ha trovato un abile modo per omettere di occuparsi degli illeciti commessi a danno delle persone dai grandi interessi che controllano la ricerca biomedica. (Interessi criminali che a volte aiuta fattivamente). Una priorità invertita che suona progressista, ma che con questi ricorrenti interventi così puntuali – o pedanti – va a favore dei poteri forti, stimolando due movimenti di opinione estremisti: quello della difesa acritica della sperimentazione animale, che è utile ma ha dei limiti; e può essere usata per frodare, soprattutto a livello di ricerca di base; e quello che vede solo il lato animale, e opponendosi per ragioni etiche, o sentimentali, ai modelli animali favorisce l’indebolimento della metodologia scientifica, e cioè in pratica favorisce la deregolamentazione dell’immissione di nuovi farmaci a spese degli umani; sui quali sta venendo trasferita una parte sempre maggiore dei rischi della sperimentazione.

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19 e 20 marzo 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Simulazioni al pc e nuovi farmaci: dalle molecole ai sistemi biologici (podcast)”

Questa intervista aiuta a capire come mai gli uffici giudiziari di Brescia, mentre dicono di avere gravi carenze di personale, e appaiono non carenti ma inesistenti davanti ad abusi che favoriscono il futuro orwelliano decantato da Cingolani (che tra tre giorni terrà una conferenza a Brescia, invitato dal Comune), si spendano generosamente in “battaglie di civiltà” (PM Cassiani) per casi come i cagnolini di Green Hill.

Ottime notizie per gli investitori e altri “shareholders”. Per i malati, il colore del futuro non è rosa: ciò che descrive Cingolani è una cosuccia come la liquidazione del metodo scientifico, ormai ingombrante per il business; per sfornare farmaci “innovativi” a getto continuo, con garanzie di sicurezza ed efficacia azzerate.

“ ‘With clinical evidence becoming an industry advertisement tool and with much ‘‘basic’’ science becoming an annex to Las Vegas casinos” … “Claims are even made that with new big data, the scientific method is obsolete: petabyte data will replace the scientific method (28) . I apologize for being so old fashioned, but I believe the scientific method is alive and well and will remain so, regardless of amounts of data.
28 The data deluge makes the scientific method obsolete. Available at http://www.wired.com/2008/06/p…. Accessed January 7, 2016.”

Ioannidis JPA. Evidence-based medicine has been hijacked: a report to David Sackett. Journal of Clinical epidemiology, 2016. http://dx.doi.org/10.1016/j.jc…

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12 marzo 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Amendola “Green Hill, la Cassazione chiude la vergognosa vicenda dei beagle. Ma non basta”

In un paese civile non si infliggono sofferenze non necessarie agli animali; e prima ancora non si usano gli umani come cavie, immettendo nella pratica clinica farmaci non sufficientemente testati. In un paese incivile uomini e bestie sono trattati in maniera simile. In un paese fintamente civile si allentano i controlli sui farmaci facendo mostra di affannarsi a evitare sofferenze agli animali mentre si lascia che i farmaci vengano testati sulla popolazione (es. Carome M. Worst pills. Ott 2017. US Senate passes “False hope” Act. Pease AM et al. Postapproval studies of drugs initially approved by the FDA on the basis of limited evidence: systematic review. BMJ, 3 mag 2017). I magistrati, in particolare quelli bresciani, mostrano grande sensibilità per “gli esseri viventi e senzienti come noi” (Amendola); associata a una posizione “business friendly” sugli esperimenti condotti a beneficio del business biomedico su intere popolazioni di primati della specie H. sapiens.

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26 settembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Amendola “Veterinario infrange il codice della strada per salvare un cane in fin di vita, merita una multa?”

Due professori di medicina d’urgenza, veterani delle Emergency Room, hanno incluso la velocità tra i miti tossici della medicina*. La medicina concitata, che dà priorità alla velocità a scapito del verificare e pensare, causa danni, spiegano. Mio padre, avvocato, mi raccontava che a volte l’urgenza viene usata per commettere imbrogli e abusi. Ciò avviene anche in medicina. Giuristi, e manuali di primo soccorso, prescrivono di non mettere a rischio l’incolumità di altri per soccorrere una persona. Tanto meno uno stato terminale giustifica il fast and furious al PS, o altre misure eroiche. Se poi il soggetto è un cane, ci si accorge che ci si è molto sollevati da terra, tra cirri, angioletti con la cetra e paradisi dei cani. Ieri Mattarella diceva che i magistrati non devono farsi influenzare dai media. Ma, almeno in campo biomedico, sono a volte loro stessi influencer, es. qui il dr. Amendola col mito dei blitz medici, con l’accanimento terapeutico sui morenti come rito, con l’antropomorfizzazione degli animali, che porta alla animalizzazione degli umani. Bisognerebbe tornare sulla crosta terrestre, e alla parola “osteosarcoma” pensare semmai all’associazione tra il rischio di sovradiagnosi di questa neoplasia e i crescenti appetiti del business biomedico sui tumori dell’età giovanile; a come la paglia stia incustodita accanto al fuoco.

*Emergency docs highlight toxic health care myths. Health News Review, 13 ago 2018

piero nardi. Sono le INTENZIONI a condurci dall’Essere Uomini all’Essere Superuomini. (Commento rimosso).

@ piero nardi. C’è anche il superomismo medico, ma la maggior parte dei medici veste concezioni nicciane più che per porsi sopra la massa per porsi fuori tiro dal rischio, derivante da Costituzione e codici di risarcimenti, svergognamenti e galera. Già 60 anni fa il famoso chirurgo Dogliotti sosteneva che “il chirurgo … deve mantenere un’ampia indipendenza scientifica e morale, al di sopra della stessa magistratura comune … » la quale, davanti all’errore di un chirurgo, dovrebbe affidarsi a una sorta di « Corte di scienziati » « prima di esprimere giudizi sulla liceità o correttezza della nostra opera … »”. (G. Ferrieri. Il medico. 1963). Ci sono diversi esempi di come i magistrati, e ora anche le leggi, accordino franchigie e immunità ai medici. Una necessità per l’attuale business medico, che ha fatto degli effetti avversi un moltiplicatore di profitto. Tutte le scuse sono buone*, giocando sulla presunta sacralità della cura; solo lo Ubermensch veterinario, che si pone al di là del Bene, del Male e del Codice della Strada in nome dello stato di eccezione canino, per ora non è passato.

*La medicina difensiva come scusa e come illecito. Sito menici60d15.

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7 marzo 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara ” “Telethon tortura, no vivisezione”, scritta spray sulla sede della Fondazione: “Un attacco diretto alla ricerca scientifica” “

Le manipolazioni della medicina stanno venendo usate come formidabili casus belli. Un allarme medico opportunamente ordito può fare chiudere una grande acciaieria; o deviare nel senso voluto l’economia mondiale e i suoi equilibri. La medicina è sempre più marketing. Si prospetta un pericolo tremendo e si dà la soluzione, presentandosi come salvatori.

Gli agitatori dell’animalismo – una dottrina antiumanista, e di supporto al generale indebolimento degli standard di ricerca – che somigliano ai terroristi pilotati dei decenni precedenti, offrono il destro, mentre impazza la paura, agli spin doctor di presentare Telethon come la fiaccola della ragione contro le tenebre. Non si parla della sperimentazione sulla popolazione costituita dall’immissione in commercio di farmaci tanto propagandati quanto non adeguatamente testati; a partire da quelli per le malattie rare*, in Italia promossi da Telethon. E’ un non sequitur sostenere che essendo oggetto di attacchi ideologici e vandalismi allora si è scienziati corretti, e filantropi. Posso testimoniare che Telethon, la beniamina del grande capitale, gode di attività di soppressione del dissenso da parte di istituzioni e grandi aziende, di livello criminale, impunite e libere di agire dietro all’indignazione per i tempistici show degli animalari.

*Herder M. The FDA and Sarepta: a window into the real world of drug regulation. Stat 3 set 2019.

@ Paolo-A. A proposito di animali, Montanelli raccontava di quell’incidente dove nel tentativo non riuscito di evitare un cane un’autobotte si rovesciò, prese fuoco e incendiò un villaggio. Chi titolasse “Tragica fine di un cane” sarebbe negato per il lavoro di giornalista, commentava. Anche nel mio commento il tema della sperimentazione animale è secondario. Lei poi attribuisce posizioni estreme e semplicistiche proprio a me, che ho cercato di descrivere* come ci siano 4 possibilità sull’etica della sperimentazione animale: pro per buone ragioni; pro per cattive ragioni; contro per buone ragioni; contro per cattive ragioni.

*Sperimentazione animale. Uno spoglio etico. Sito menici60d15.

@ Paolo-A. Lei scambia la sua ignoranza per la mia. Se non si conosce una parola non si deve desumerne che quindi non ha significato, come fa lei. Ho scritto “antiumanista”, ed è quello che voglio dire. La parola “antihumanism” su Google dà 160000 risultati. Wikipedia: “E’ una teoria critica dell’umanesimo tradizionale …”. Si informi e corregga lei le sue lacune prima di scrivere che io intendo dire “antiumano”, e partire in quarta a dire che non mi devo permettere. Io rispetto animalisti anche estremi, ma sinceri, come Ruesch. Sono libero di non apprezzare e criticare il bioterrorismo pilotato, gli ideologi dell’antiumanesimo come Singer, lo “specismo”, le gattare, gli sciocchi. Quelli che pontificano pomposi di topi, ratti e criceti e non si curano della sperimentazione di massa su H. sapiens tramite l’immissione nella pratica di farmaci non adeguatamente testati o testati in maniera fraudolenta. Quelli che usano l’animalismo per sviare il discorso e lasciare nell’ombra le manipolazioni della med

@ Paolo-A. Secondo lei è illogico e scorretto chiedere a chi contesta l’uso degli animali come cavia di non trascurare l’uso dei primati della specie umana, in massa, come cavia. Mi pare un po’ come dire che è illogico criticare chi picchia la moglie e fa il galante fuori. Anni fa un animalista mi rispose che sì, bisogna sperimentare sugli umani e non sugli animali. Come ho scritto, alcune delle critiche alla sperimentazione animale hanno del merito; diversi animalisti però hanno posizioni tortuose e innaturali, che sembrano pescare in strati profondi; che appaiono essere stimolati e fatti affiorare per lasciare indisturbate storture che dovrebbero avere maggiore priorità. Gli animalisti contesteranno immagino l’uso di animali ammaestrati; sarà illogico e scorretto, ma penso dovrebbero considerare anche la pratica di ammaestrare il pubblico degli umani perché risponda con l’indignazione o la paura a stimoli preordinati, mentre ignora motivi di indignazione e preoccupazione autentici.

@ Paolo-A. Io invece penso che occorra avere la capacità di pensare i vari problemi reali, e i principi, contemporaneamente, non uno a uno, perché sono interconnessi. Dopo le malattie cardiovascolari e il cancro, gli effetti iatrogeni dei farmaci da medicina “scientifica” sono la terza causa di morte nei Paesi occidentali. E’ poco noto, e se ne parla molto meno che dell’etica della sperimentazione animale. Per lei, che si pone come insegnante del corretto modo di pensare, il silenzio sulle morti iatrogene derivate dall’attuale forma della scienza biomedica è “benaltrismo” rispetto allo scottante problema dell’uso di animali di laboratorio nella ricerca biomedica; una posizione non tanto distante da quello che mi diceva che bisogna sperimentare solo su umani. Mi tornano in mente gli encefali che tanti anni fa, in un laboratorio universitario di neurochimica, estraevo da ratti neonati. Avevano dimensioni paragonabili a quelle della falange distale del pollice, e gli emisferi erano lisci, senza solchi.

@ Paolo-A. Ci sono serie ragioni per mettere limiti alla corsa alla sperimentazione biomedica; tra di esse, la necessità di imporre studi davvero scientifici (incluso il vietare l’uso arbitrario di modelli animali non validi), e l’abbandono della ricerca per produrre pezze d’appoggio cartacee a speculazioni commerciali sulla malattia. Ma rinunciare alla conoscenza e al progresso per non sacrificare animali di laboratorio è un capriccio; gradito al business, perché offre la scusa per un ulteriore indebolimento delle metodologie.

Si vede che lei odia le polemiche e le schermaglie sofistiche. Si ricorda dello antiumanismo, col quale ha cominciato, redarguendomi perché secondo lei non esisteva dato che non lo conosceva? Anche la relazione tra battage sulla sperimentazione animale e gli aspetti più gravi e sinistri, taciuti, della ricerca biomedica non è che la si possa escludere dato che lei non la vede. Credo che lei dovrebbe concentrarsi sul compito che si è scelto, di difendere il fronte altrimenti sguarnito dei diritti dei porcellini d’India.

@ Paolo-A. ”Il compito che mi sono scelto, in questo e in altri miei interventi, è combattere l’uso disinvolto di pseudologiche fuorvianti, in qualunque contesto, che sono una delle piaghe di questa nostra civiltà, con conseguenze pesantissime.”. Questo può dirlo di sé un Tommaso Campanella: “Io nacqui a debellar tre mali estremi / Tirannide, sofismi, ipocrisia.” Nel suo caso il compito coincide con lo hand-waving del troll che la butta in caciara e insulta senza l’ultimo brandello di pudore a difesa del pensiero unico. Qui a difesa del falso dissenso, consentito e incoraggiato perché occupi il posto di quello proibito. E’ comprensibile che certe attività ricorrano a eufemismi per definirsi. Es. escort per prostituta, o informatore scientifico per piazzista di farmaci e sensale di comparaggi. Le manipolazioni linguistiche sono comuni nei tanti lavori offerti dal leviatano medico; sono usate da chi cerca un piatto di minestra senza andare per il sottile, rappresentanti farmaceutici e troll; ma anche negli ambienti più austeri*. Tra tanti medici “supereroi” (ministro Speranza) e “grandi scienziati che lavorano ogni giorno per farci uscire dal buio della malattia e dell’emarginazione” (Telethon, qui), in questa galleria di vergini autocertificate, occorrono quelli come lei nati per accorrere a imbrattare verità nascoste che affiorino.

*Vinker CH et al. Use of positive and negative words in scientific PubMed abstracts between 1974 and 2014. BMJ, 2015. 351: h6467.

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8 gennaio 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Trinchella “Sperimentazione sui macachi, Franco Frattini e i tweet contro il progetto che ha “congelato” da presidente di sezione del Consiglio di Stato”

a) Si può essere a favore della sperimentazione animale per buone ragioni, perché fornisce modelli utili al progresso consentendo quella che è la via irrinunciabile della scienza autentica, la sperimentazione. b) Si può essere a favore per cattive ragioni: spesso i modelli animali sono inadeguati e vengono usati come pezze d’appoggio per frodi biomediche. c) Si può essere contro la sperimentazione animale per buone ragioni: per creare un margine di rispetto per la vita umana opponendosi alla violenza sugli animali quando inutile, fraudolenta o addirittura sadica. d) Si può essere contro per cattive ragioni: per svilire l’Uomo accomunandolo alle altre specie biologiche; per compensare psicologicamente con l’amore per gli animali carenze verso i propri simili; e a fini di deregulation, che sempre più permette di vendere e fare assumere farmaci non adeguatamente testati – con i cittadini usati come criceti, e a volte come bestiame sacrificabile; ma senza LAV che li difendano (1).

Frattini, “fattorino della Nato” (2) e esponente di un organo giudiziario strumento di inconfessabili ingerenze dei poteri forti, appare essere mosso dalla quarta che ho detto. Mostra nel campo giudiziario la diffusa “etica a tre”, dove si trae piacere doppio, appoggiando istanze che fanno apparire di animo nobile e che procurano meriti presso grandi, ma miserabili, interessi.

1 Sperimentazione animale: uno spoglio etico. Sito menici60d15.
2 Riecco Frattini, “fattorino” Nato. Il Fatto, 6 ott 2012.

@ strprogetti. L’immensa eterogeneità biologica viene in effetti spesso volutamente sottovalutata, a fini truffaldini. Es. per attribuire gratuitamente validità esterna infondata a trial clinici; o valore diagnostico a test genomici, l’informazione genetica essendo non un “progetto” fisso ma il fluido regno del combinatorio; o per vendere farmaci off-label, per analogia; o per vendere vaccini contro virus ad alto tasso di mutazione che si finge essere stabili (e allo stesso tempo trascurando la cross-reattività dell’immunità naturale e già acquisita, per sostenere la tesi delirante che saremmo senza altre difese che quelle vendute dal business biomedico).

D’altra parte gli esseri viventi hanno meccanismi di base comuni, universali; ciò ha permesso, soprattutto in campo fisiologico, di ottenere preziose inferenze sul nostro corpo da specie diverse. Come spiega il libro divulgativo “How life works: the inside word from a biochemist”.

Questo sul piano biologico. Su quello morale, gli animalisti, che additano, esagerandola, la diversità biologica tra l’uomo e le altre specie, hanno una tendenza a minimizzare la diversità morale tra umano e non umano. Ciò può essere sostenuto sulla base di altissime (un po’ troppo vertiginose forse) convinzioni filosofiche; ma nella pratica va a servire interessi della peggiore specie, che trattano l’uomo come una bestia; e che in campo medico lo fanno anche ignorando l’eterogeneità biologica di cui sopra.

@ My. A me pare che i “diritti animali” siano inventati da chi stabilisce cosa è politically correct e manovra gli appassionati di animali per andare in senso antiumanista, e per introdurre un diritto alla bestialità. In linea con l’ideologia liberista del darwinismo sociale, del “la società non esiste” (Thatcher), del “o sei leone o sei gazzella”; e in linea con l’ecologismo elitista, che vede troppi primati H. sapiens infestare la Terra, che considera suo possesso.

D’altra parte, avete dalla vostra un presidente di sezione del Consiglio di Stato; notoriamente sensibile ai desiderata dei poteri che detengono l’egemonia militare e culturale. In fondo questa vostra “zoologizzazione” può essere vista come un inverarsi dell’apologo di Orwell, che il mondo è una fattoria di animali; dove quelli che gridano “uguaglianza” poi finiscono col tiranneggiare, specificando che alcuni animali (cioè loro) sono più uguali degli altri.

@ My. Il bias lo ha lei, che non vede come il suo zoologicismo sia una tessera di un mosaico più ampio: di ciò che è stato chiamato “il radicalismo sovversivo del liberismo” (Michea). Come il sessantottismo; e come oggi la wokeness e la cancel culture, altre caricature alla George Grosz di posizioni rispettabili.

L’estensione cervellotica dei diritti li diluisce fino ad annullarli. In etica e diritto l’art. 1, il rispetto per la persona umana, viene diluito dall’errore categoriale dell’uomo come specie animale fra le altre (mentre in medicina si negano i vincoli biologici dati dalla nostra condizione di mammiferi raccontando favole grandiose). Per contrastare gli abusi su animali non c’è bisogno della tesi che li equipara agli umani. Una pensata da esaminare non come “idea”, perché come tale è irricevibile, essendo troppo stramba; ma come ideologia. Cioè come un sistema descrittivo e valoriale costruito a tavolino; che fa presa su buoni appigli psicologici naturalmente presenti nella psiche di molti.

Una ideologia che a me pare una aberrazione di principi validi, studiata per fare crescere frutti velenosi. “Serve eccome ad affrancare l’uomo dallo stato di bestia” certifica lei; intanto accade che case farmaceutiche (Glaxo) conducano studi segreti su animali – che mostrano effetti cancerogeni – non prima ma in tandem con trial clinici su umani (“Human guinea pig” asks for animal studies. In: Survival in an overmedicated world. Gotzsche, 2019).

@ My. Non vada all’aceto e non insulti. Capisco che il suo amore sconfinato per tutto il vivente si estende anche ai procarioti, in questo caso Acetobacter aceti. Ma lei sta confermando quel che si dice sulla scarsa simpatia verso i sapiens da parte di quelli che i loro totem se li fanno ancora con gli animali della foresta, come ai tempi di quando alcune tribù si dipingevano la faccia di blu.

@ My. Persone del suo elevato livello, che condivide con il suo beniamino di palazzo Spada, non dovrebbero confondersi con quelli come me. Quelli del vostro livello possono consolarsi dell’amarezza derivante dal confronto con gente “meccanica e vile” considerando che le case farmaceutiche sono di una munificenza regale nel compensare chi lavora per le manipolazioni ideologiche e l’epurazione di soggetti scomodi necessarie ai loro affari.

La famiglia Ikea

24 April 2011

Blog di Bruno Ballardini su Il Fatto

Commento al post “Buona Pasqua, collega Giovanardi” del 24 apr 2011

C’è chi si scandalizza per la pubblicità Ikea perché centrata sulle coppie gay; e c’è chi la esalta, ritenendola segno di illuminato progressismo. L’Ikea vende mobili in scatola di montaggio. Prezzi abbordabili e buon design; qualità dei materiali non più che discreta e a volte, sopratutto nelle componenti tecniche, nettamente mediocre. L’Ikea offre una possibilità di arredo davvero utile, anche se si dovrebbe sperare in qualcosa di meglio.

Ma oltre ai pannelli in MDF da montare, l’Ikea propaganda uno stile di vita. “Siamo aperti a tutte le famiglie” è lo slogan sopra i due gay mano nella mano. Ovviamente l’Ikea vende a tutti, adeguandosi al mercato; ma anche cercando di plasmarlo; così che ha alcune idee sulla tipologia del cliente ideale, mentre spalanca generosamente a tutti le porte delle sue boutique del truciolato.

L’Ikea, una delle maggiori multinazionali, è stata accusa di imperialismo; e pratica un imperialismo almeno culturale, propagandando come moderno e “hot” un modello di famiglia gradito al suo business, e a quello delle sue sorelle: una famiglia non ricca, ma con un elevato reddito per familiare e una propensione ai consumi voluttuari; cioè con meno figli possibile, e invece con qualche soldo da spendere in ciancianelle e una spinta psicologica a farlo. Non stupisce che le piacciano particolarmente single, yuppies e “dinks” (double income no kids); questi ultimi includono le coppie gay.

All’Ikea è possibile vedere stand che proclamano come è bello vivere in 40 metri quadri, magari con scatole di cartone stilé al posto di mobili veri. Un conto è includere i gay, i single, gli anziani soli, nel novero delle famiglie; un altro è sostenere il modello economico imperante e spingere per sostituire i modelli familiari tradizionali con quelli più graditi al business.

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Blog di Benedetto Zacchiroli su Il Fatto

Commento del 25 apr 2011 al post “Ikea: uno squarcio di civiltà” del 25 apr 2011

Sia la posizione di Giovanardi, sia quella per cui la filosofia della pubblicità coi gay di una multinazionale gigante deve divenire “punto qualificante di un programma elettorale serio e concreto” mi sembrano posizioni estremiste; che, come ideologie di potere, vanno mano nella mano:

La famiglia Ikea

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@jeffcaird. Non ho scritto che la pubblicità Ikea è estremista; ma che è motivata non dall’etica ma dal profitto, e che è estremista attingere a tale fonte per i punti qualificanti di un programma elettorale. La parità di diritti umani non l’ha scoperta l’Ikea; e le corporations per loro natura tendono a fregarsene dei diritti umani.

Non ho scritto “una famiglia con elevato reddito”, ma “non ricca ma con un elevato reddito per familiare”; cioè non monoreddito e senza figli. Se uno guadagna 3000 ma ha una famiglia di 4, sono 750 a testa. Se due senza figli guadagnano ciascuno 1000, sono 1000 a testa, con un 33%  [in meno di reddito familare ma un 33% ] in più di potere d’acquisto pro capite.

Non approvi un articolo che si dissocia dall’apologia dell’Ikea come maestra di civiltà; invece di criticarlo, non sai dire altro che è “decisamente un’idiozia”: bell’esempio apertura mentale e di tolleranza verso le posizioni altrui. E’ l’atteggiamento di base di un Giovanardi; e, dietro la maschera, di multinazionali come l’Ikea, che sono tutt’altro che associazioni filantropiche. Secondo Le Monde diplomatique il fondatore dell’Ikea era filonazista.

Se non ti pare interessante discutere gli stili di vita propagandati dalla grande distribuzione, non li discutere; ma non c’è bisogno di comunicare che non li discuti perché trovi “troppo stupido” discuterli. Molti ne discutono, considerandolo un argomento importante per la comprensione della nostra società, che è la società dei consumi; si scrivono libri sull’argomento; con conclusioni diverse, ma non è affatto considerata un’attività stupida. Questa tua dichiarazione di possedere un’intelligenza troppo elevata per confonderti con simili argomenti potrebbe essere controproducente.

Però il tema che hai introdotto, quello della cretinaggine, forse purtroppo ha una sua rilevanza. Che vuoi che ti dica, vai all’Ikea e vota Ikea. Sei il cliente ideale, sia dei mobiletti di cartone pressato Ikea sia dei programmi elettorali ricalcati sulla pubblicità Ikea.

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Ho capito, l’Ikea è espressione della superiorità scandinava rispetto all’Italia. Mi sa allora che le idee del fondatore non sono del tutto irrilevanti. Apprezzo i paesi scandinavi; hanno dato al mondo qualcosa di più di scatole di montaggio di mobili in multifibra. Non confondiamo “Casa di bambola” di Ibsen con la casa delle bambole dell’Ikea.

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La pubblicità Ikea non è anticostituzionale come dice Giovanardi. Ma non è neppure questo uscire dagli stereotipi; è un imporne di nuovi. Dal 2000 al 2009 in Italia il tasso di natalità, già molto basso, è sceso di un altro 10%. Il crollo della natalità, la sterilità indotta socialmente, questo è un tabù vero. Il cartellone dell’Ikea non va messo sul rogo; ma neppure bisognerebbe farne un idolo. La promozione ideologica di tipologie di famiglie ottimizzate per l’economia liberista e i consumi è quanto di più mainstream rispetto al corso storico.

“Squarcio di civiltà”? “Antidoto all’oscurantismo culturale”? “Promozione della democrazia”? L’Ikea? Ma non vi pare di esagerare, o di fare della pubblicità redazionale ?

L’Ikea ha questa abilità, di vendere mobili cheap che però sono gradevoli a vedersi. E riesce anche a vendere idee che con poca spesa permettono di sentirsi portatori di nobili ideali.

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8 ottobre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post ”  Pinotti all’Ikea, la scorta si oppone al controllo. Ma il ministro: “Faccia pure” “

Ma voi credete davvero che un ministro, che fa comprare gli F-35, si mette in casa i mobili in fibra dell’IKEA? E che una grande multinazionale come IKEA non sia in buoni rapporti col governo? E che i vigilantes, che certe prefetture usano per i lavori sporchi, siano degli integerrimi che non guardano in faccia a nessuno? Uno spot promozionale reciproco tra categorie che tra loro vanno fin troppo d’accordo.

I giornalisti e il mal di schiena

21 April 2011

Blog di Claudio Messora “Byoblu” su Il Fatto

Commento al post Il paziente italiano” del 21 apr 2011

Il giornalista Messora si lamenta su il Fatto col direttore sanitario dell’Ospedale Sacco di Milano perché sta aspettando troppo per una MRI alla colonna lombare. Pubblica la lettera sui giornali per “aumentare la consapevolezza dei pazienti”, dice.

I pazienti persone comuni queste cose già le sanno. Ed è anche grazie ai giornalisti che c’è un perenne intasamento degli ospedali. I giornalisti sono parte integrante di un sistema truffaldino basato sulle sovradiagnosi. Es. non informano sul fatto che molti mal di schiena non necessiterebbero di intervento chirurgico, ma vengono operati per fare soldi. Il concetto basilare di “esame medico dannoso” è ignorato dai giornalisti italiani; eppure è altamente rilevante per le risonanze magnetiche e altri esami radiologici, che sono una delle fonti principali di sovradiagnosi in ortopedia:

Clinical efficacy of imaging modalities in the diagnosis of low-back pain disorders. European spine journal, 1996.5:2.

Diagnostic imaging for low back pain: advice for high-value health care from the American college of physicians. Annals of internal medicine, 2011.154:174.

Sovradiagnosi che poi ostacolano l’utilizzo dei servizi di diagnosi e cura per chi ne avrebbe veramente bisogno. Anche quando c’è stato in Puglia il caso pro-for-pro, prostitute per protesi, i giornalisti si sono lanciati sull’aspetto mignotte, ma si sono guardati dal cogliere l’occasione per parlare degli eccessi, riconosciuti anche in sede di ortodossia medica, delle cure per il mal di schiena:

https://menici60d15.wordpress.com/2009/08/22/la-magistratura-davanti-alle-frodi-mediche-di-primo-e-secondo-grado/

In tale contesto, l’articolo del giornalista ammalato non appare mosso primariamente da scopi civici. Sembra piuttosto l’esternazione della sua personale sofferenza, trasformata in minaccia di sputtanare i medici se trattano i giornalisti come trattano, con l’appoggio dei giornalisti, i comuni cittadini.

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Bene, se queste sono le sue motivazioni spero che tornato in forma, cosa che le auguro avvenga al più presto, affronti da giornalista in maniera non superficiale e non retorica il tema dei disturbi della colonna lombare, e del business e delle frodi istituzionalizzate ad esso collegate. Gli articoli citati e quelli citati nel link possono essere una buona fonte di partenza.

Non può esserci un autentico rapporto medico-paziente se alla base vi sono situazioni intrinsecamente viziate. Nella mia esperienza, in generale in medicina quando si viene maltrattati si viene anche truffati.

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Credo che queste declamazioni di “rapporto paritario di relazioni terapeutiche tra curanti e curati” siano contrarie non solo a come gli ospedali sono, a ciò che avviene nella realtà, aspetto che Messora afferma non interessargli; ma anche a come dovrebbero essere, l’aspetto al quale si limita. Non solo non c’è parità, ma asimmetria, nella relazione di cura; è anche rischioso per il paziente accettare la bella favola che sia desiderabile la parità. La parità deve esserci sul piano civile – dove invece spesso manca – ma non può esserci né va finta su quello terapeutico.

La cosiddetta “alleanza terapeutica”, alla quale secondo la vulgata si deve ispirare la relazione medico-paziente nella medicina clinica è un concetto introdotto in psicoanalisi da Zetzel nel 1956 (Current concepts of transference. International journal of psychoanalysis, 37; 369-76). Nonostante il nome, che allude a una parità, riguarda in pratica la relazione di transfert tra il terapeuta e il paziente. Il transfert è quella relazione psicologica che può servire a curare le nevrosi, ma che quando è affettuosa permette di sfruttare in modi anche gravi il forte ascendente che lo psicoanalista esercita così sul paziente.

Penso che la relazione medico-paziente, per ciò che riguarda le malattie organiche, dovrebbe invece essere una relazione non ispirata a relazioni di vicinanza di tipo psicologico: quella, asimmetrica sia sul piano tecnico che degli interessi, tra “agente e principale”, descritta in economia; la relazione tra cliente e professionista. (Che include il tenere informato il paziente).

“L’alleanza terapeutica” è oltremodo rischiosa nella medicina commerciale odierna. E’ vero che si ha il bisogno di sentirsi uniti ad un guaritore, bisogno che è alla base della medicina; ma si rischia così di porsi in realtà in rapporto di transfert, e di accettare da una figura genitoriale terapie che sono nell’interesse dell’”agente” anziché nell’interesse del “principale”.

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@Ellegi. Sarebbe bene capire che “Fare il dottore è soltanto un mestiere” (Lee Masters/De André). Questa, se non la scandalizza troppo, è la versione semplificata del discorso “difficile”.

Suo cognato fa bene a non farsi pagare direttamente dai pazienti. Viene pagato col denaro dei contribuenti. I cittadini, gli elettori, non dovrebbero accettare che chi lavora in una struttura pubblica possa svolgere attività privata, fuori o dentro di essa; ma lo accettano, salvo lamentarsene; nell’ambiente si dice che quelli che più si lamentano poi sono quelli più pronti a pagare. La loro acquiescenza è per me l’emblema della platea dei pazienti, che ha la classe medica che si merita.

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@Dyad Moon. Da un lato, è vero che le tecniche comunicative, che dovrebbero far parte del bagaglio del medico, sono trascurate; es. le tecniche di comunicazione di una prognosi infausta. Ho visto persone estrarre dalla busta il referto con la diagnosi di cancro che li condannava e leggerlo mentre scendevano le scale dell’istituto dove l’avevano appena ritirato. Nei paesi anglosassoni questi importanti aspetti sono considerati, ma più nella letteratura per le infermiere che in quella medica.

Dall’altro lato, “communication skills” può essere un eufemismo per tecniche manipolative; che vengono apprese come in altre professioni dove si piazzano prodotti, es. il promotore finanziario. Si discute ad esempio su come chiedere scusa al paziente per gli errori, ma al fine di ammansirlo ed evitare una causa. In 28 stati USA esistono leggi che favoriscono ciò, non permettendo di usare in tribunale le scuse del medico come evidenza di colpevolezza.

Sia la carenza di comunicazione che una comunicazione melliflua e ingannevole possono essere strumento di abusi e frodi. La prima via è quella autoritaria tradizionale in Italia. La seconda è il nuovo che avanza, grazie anche alle campagne giornalistiche che enfatizzano questo aspetto. Qualche giorno fa ho letto del Provenge, un nuovo farmaco per il cancro alla prostata che costa 93000 dollari a ciclo (3 trattamenti). Con le cure mediche che diverranno sempre più costose, e sempre meno rimborsate dallo Stato, le tecniche di persuasione acquisteranno importanza. L’insistenza sulla comunicazione, una necessità reale e un’impellenza per il paziente, non dovrebbe distrarre dalla centralità della efficacia, utilità e qualità delle cure.

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17 gennaio 2013

Blog de Il Fatto Commento al post “Roche e Novartis, danni a sistema sanitario per 400 milioni. Istruttoria Antitrust” del 15 febbraio 2013

censurato

@ Giorgio Muccio. Avvocato non alzi la voce, non cambi le mie parole e chiami le cose col loro nome. L’off-label, la deregolamentazione delle prescrizioni, è un male per il cittadino, e patrocinandolo lei, come avvocato o come parlamentare, di fatto lavora per le multinazionali.

Lei dice che “il principio cui fare riferimento è quello dell’alleanza terapeutica sancito dalla sentenza dello Corte costituzionale 151/09”. Non ho trovato nella sentenza da lei citata l’espressione “alleanza terapeutica”; che comunque non c’entra nulla con l’off-label e coi cartelli delle multinazionali; se non per favorire illeciti.

La “alleanza terapeutica” è un concetto della psicoanalisi; mutuato in medicina per ragioni ideologiche: per evitare le responsabilità del rapporto principale-agente tra medico e paziente; e per dare una copertura rispettabile alla forte dipendenza psicologica del paziente nei confronti del medico; dipendenza che favorisce abusi di potere, e andrebbe ridotta anziché stimolata. E’ vero che magistrati e avvocati fanno spesso riferimento a questa “alleanza”, ma fanno male. I giuristi non dovrebbero fare assurgere uno slogan commerciale a principio giuridico, e sarebbe una mostruosità inserirlo nell’ordinamento:

I giornalisti e il mal di schiena

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censurato

Avv. Muccio, lei e il Fatto censurate le obiezioni di merito e rispondete alle proteste per averle censurate; “ridicolo” è come ve la cantate e ve la suonate. Non l’ho insultata, e se davvero l’avessi fatto non dovrebbe avere difficoltà come avvocato a rispondermi. Lei appoggia la sua azione professionale e politica al blog de Il Fatto, ma censura le critiche che non le fanno fare bella figura; e così facendo protegge la manfrina su Avastin-Lucentis, che potrà avere sulla sanità pubblica effetti negativi peggiori di quello che lei si vanta di avere contrastato. Non so di quale copia incolla stia parlando: il suo comportamento è scorretto anche nel ricostruire i fatti.

Sullo off-label e la “alleanza terapeutica” media e commentatori in Italia diffondono concezioni gravemente distorte. Censurando il minimo intervento che denuncia ciò, si favorisce l’equivoco e l’inganno. Cercherò di fare conoscere per altre vie al pubblico e a chi ha responsabilità giudiziarie, amministrative e politiche quanto lei e Il Fatto ritenete di nascondere ai lettori. Per ora rilevo che come M5S non cominciate affatto bene; mostrando di praticare l’arte dello spacciare come cosa buona ciò che va a danno dei cittadini; e di estendere la mancanza di democraticità e di discussione che sono interne al “movimento” alla discussione politica pubblica e alla tanto celebrata “rete”.

I “Preambula fidei” di San Tommaso e quelli di De Mattei e Carancini

16 April 2011

Blog di Andrea Carancini
Commento del 16 apr 2011 al post “Sbagliata la petizione contro Roberto De Mattei” del 16 apr 2011 . Cancellato senza avviso al 25 apr 2011

La tesi di De Mattei non è illogica: è infatti esente da vizi logici evidenti. Come quella di quel pastore anglicano che cercò di contestare l’evoluzione dicendo che i reperti fossili ce li aveva messi Dio stesso, che li aveva creati fossili fin dall’inizio: i ragionamenti religiosi hanno spesso logicità, cioè coerenza interna, e a volte sono ingegnosi.

Ma quanto afferma De Mattei non è razionale; le affermazioni sulle cause dei fenomeni naturali si richiede siano di carattere scientifico per essere considerate razionali; e per essere di carattere scientifico devono essere almeno “falsificabili”, secondo la nota espressione di Popper. La tesi che Dio faccia provocare terremoti, osserva Carancini, non è “dimostrabilmente falsa”; nel senso che non è possibile dimostrarne la falsità; ma questo è esattamente il criterio generalmente stabilito per considerare un assunto non assurdo, o privo di valore o di significato, ma estraneo al discorso scientifico.

E siccome si sta parlando di terremoti è impressionante che un alto funzionario dell’istituto pubblico che dirige anche la ricerca sul tema indulga in spiegazioni causali non falsificabili. Le spiegazioni non falsificabili di disgrazie sono tipiche di maghi, fattucchiere e profittatori vari; il clero stesso è prudente nel dosare questo strumento di persuasione. Attribuire una natura divina alle calamità naturali non lascia sperare che si farà tutto il possibile per prevenire gli strazi e i danni che provocano, e per porvi rimedio. Non si vorrebbe percepire una morbosa approvazione per le sciagure in chi avrebbe l’incarico di contrastarle.

Oltre a ciò va rilevata una carica di fanatismo che allontana ancor più le affermazioni di De Mattei dalla razionalità (e anche dalla carità): per es. per De Mattei il terremoto sarebbe anche segno della misericordia divina, perché, pur meritando noi di venire uccisi, essendo peccatori, Dio ci risparmia. Questo più che razionale suona come indice di una mentalità sadica e prevaricatrice. E’ da notare che sul sito “Pontifex”, dove si sono minacciate azioni legali a difesa di De Mattei (citando anche miei passi), nel post “Riflessioni su catastrofi e castighi” si afferma, a proposito dello Tsunami del 2004 nel Sud Est asiatico, che:

“purtroppo, anche molti uomini di Chiesa hanno detto che non era certamente da considerarsi come un castigo. Ora è innegabile che il “turismo sessuale”, che si commetteva in molti di quei luoghi, è proibito dalla legge di Dio; basta leggere la Bibbia (sia il Vecchio che il Nuovo Testamento) per rendersi conto che Dio non transige su certi comportamenti.”

Cioè Dio avrebbe punito il turismo sessuale spazzando via con un’ondata le vittime del turismo sessuale e le loro povere abitazioni. Se questa è razionalità, è una razionalità che darebbe tanto lavoro a uno psicanalista.

Sono comunque d’accordo che una petizione contro De Mattei sia errata; in sé, perché per principio non si può votare l’ostracismo verso il singolo che esprime opinioni; sia perché avvantaggerebbe l’altra chiesa, quella scientista; che poi col clero è in buoni rapporti d’affari; affari seri che spesso beneficiano di queste baruffe per i gonzi:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/03/21/i-preti-sciamani-furbi/

https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/12/i-futures-di-santa-lucia/

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Blog di Andrea Carancini
Commento non pubblicato con la motivazione di essere inerente a un commento ritirato

Ho ricevuto il seguente interessante commento email (del quale posso esibire copia):

“Non tutto ciò che è razionale è scientifico, almeno rispetto alla percezione comune di ciò che è scientifico. Di sicuro, quanto detto da De Mattei non solo non è irrazionale ma è coerente con il concetto cattolico di razionalità, che ha sempre postulato la CONOSCIBILITA’ di Dio tramite la conoscenza della natura. La logica dei ciarlatani non può certo essere paragonata a quella di un S. Tommaso.
Nessuno si può permettere di tacciare di ciarlatanismo i preambula fidei di S. Tommaso. Per me la discussione finisce qui.”

Ritengo utile rispondere:

I Preambula fidei del tredicesimo secolo dell’Aquinate non sono “ciarlatanismo”; ma non sono neppure i criteri sui quali si basa la ricerca scientifica nel mondo. Alcuni, come la prova “ex fine” dell’esistenza di Dio sono tipi di ragionamento esplicitamente negati dalla metodologia scientifica ufficiale. Secondo il criterio di falsificabilità cui si attiene universalmente la ricerca scientifica per essere riconosciuta tale, quanto dice il vicedirettore del CNR De Mattei dei terremoti non è razionale; è libero di dirlo ovviamente, ma si tratta di affermazioni non compatibili con una posizione di dirigente di ricerca.

Francesco Pansera

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v. anche:

Il primo Stato

I preti sciamani furbi

Il negativo e il proibito

4 April 2011

29 gennaio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di O. Lupacchini “Emilio Alessandrini, il giudice dalla ‘faccia mite’, giustiziato dagli eversori che combatteva”

“«Il capitalismo si è sviluppato consumando in modo irreversibile l’eredità storica [che comprende] l’onestà, l’integrità, la responsabilità, la cura del lavoro, le attenzioni dovute agli altri, ecc. Ora, in un regime che proclama continuamente, con le parole e con i fatti, che il denaro è il suo unico valore, e in cui la sola sanzione è quella della legge penale, per quali ragioni i giudici non dovrebbero mettere all’asta le sentenze che devono emettere? Certo, la legge lo proibisce, ma perché coloro che sono incaricati di applicarla dovrebbero essere incorruttibili? Quis custodes custodiat? […] Si dirà: ci sarà sempre qualche matto inoffensivo che preferisce [valori morali al denaro]. Io dico invece che proprio secondo le norme del sistema persone simili non devono esistere: la loro sopravvivenza è un’anomalia sistemica, come quella di operai coscienziosi, di giudici integerrimi, di burocrati weberiani, ecc.» (Castoriadis).

E’ in declino il tipo antropologico rappresentato da Emilio Alessandrini, che diceva che il magistrato è un mestiere che per farlo bisognerebbe pagare. In campi nei quali ci si può muovere senza che il pubblico capisca ciò che avviene, come i grandi affari della biomedicina, dove si mescolano potere, soldi e immaginario, il comportamento dei magistrati a volte è indiscernibile da quello del magistrato che voglia non pagare, ma al contrario essere pagato.” (Da un mio scritto sull’eliminazione dei tipi antropologici proibiti, 2006).

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Blog di Alessio Liberati su “il Fatto”

Commento al post “Odio il clandestino” del 4 apr 2011

Sull’immigrazione la penso diversamente:

https://menici60d15.wordpress.com/2009/05/24/immigrati-la-pieta-coi-numeri-e-altre-forme-minori-di-pieta/

Ma sono d’accordo col dr Liberati sul criticare il termine “clandestino”. Si dovrebbe distinguere tra il “negativo” e il “proibito”. L’immigrato irregolare è una figura negativa, ma permessa: serve come forza lavoro e come consumatore, e la negatività che gli viene attaccata (oltre a quella della quale è involontario portatore come elemento perturbante sul piano antropologico e sociale) permette di meglio sfruttarlo. Gli si rinfaccia di essere un clandestino dopo aver finto di non accorgersi che saliva a bordo. Si potrebbe chiamarlo “meteco” lo straniero che nell’antica Grecia si aveva interesse ad ammettere, ma con diritti ridotti e sotto un “prosseno”, protettore. Mi pare che siano figure altamente negative ma non proibite di fatto anche lo spacciatore e il mafioso, che assolvono a compiti sporchi; sono perseguite, ma non eradicate.

All’opposto stanno i positivi ma proibiti: fanno cose giuste, ma non tollerabili dal potere, che li fa marcare dai suoi servi come modelli proibiti, che respingono invece che attrarre. Li si potrebbe paragonare a celebri ostracizzati di Atene. Alcuni omicidi di magistrati e poliziotti forse sono stati anche modi per marcare come proibite certe forme di lotta alla mafia o al commercio internazionale di droga. In genere però si usa più lo stigma sociale che la pistola. Forse di ostracizzati ce ne sono più di quanto si pensi, anche in campi formalmente legali dove ci sono interessi illeciti da tutelare. Ma non si vedono, anche perché i “liberi” hanno interiorizzato la proibizione, e accettano di considerare gli ostracizzati come figure negative, il cui marchio legittima l’esclusione e l’abuso. Così sul piano esistenziale il sans papier e l’ostracizzato sul piano esistenziale si incrociano alla porta della città, mentre percorrono in direzione opposta lo stesso cammino.

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3 novembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Fabbretti “Omicidio Bruno Caccia, perché dopo 33 anni manca ancora la verità”

Forse alcuni omicidi eccellenti hanno avuto, al di là dei moventi contingenti, al di là della criminalità che ha fornito gli esecutori, una funzione politica di “pulizia antropologica”: sono serviti a marcare come proibiti alcuni tipi umani. Nel capitalismo alcuni tipi umani, tra i quali il magistrato integerrimo, sono un’anomalia sistemica e non devono esistere, ha scritto Castoriadis. Il fatto che dopo 33 anni “manchi ancora la verità” da parte di quelli che dovrebbero essere i colleghi di Caccia sembra confermare che uccidendolo sia stata soffocata una varietà rara, una autentica diversità antropologica, impedendo che si riproducesse con l’esempio e l’insegnamento.

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17 febbraio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Bauducco “Omicidio Caccia, Caselli: “Responsabilità disciplinare magistratura? Problema aperto. Il Csm fu disattento””

La nostra concezione di causalità risente troppo di quella semplicistica e intuitiva del positivismo. Bruno Caccia è stato vittima di delinquenti; così come chi muore per tbc è ucciso dal micobatterio. Come ha osservato il genetista Lewontin, in biomedicina occorre distinguere tra “agente” e “causa”. Batteri e virus patogeni erano gli agenti dell’elevata mortalità per malattie infettive nell’’Ottocento; che è crollata per il venire meno delle cause, ambientali, col migliorare delle condizioni di vita. La correzione non è limitata alla patologia e alla genetica. Ndranghetisti, massoni e servizi, magistrati collusi, sono stati, in posizioni diverse, agenti dell’epurazione di una figura troppo vicina a ciò che un magistrato dovrebbe essere. Ma nella descrizione della causa dell’omicidio rientra a pieno titolo l’assenza di un ambiente giudiziario sano e forte, che impedisca le scorrerie di poteri criminali. Infatti il caso è ancora aperto dopo 35 anni; e Caccia viene ricordato come una mosca bianca. Per le persone oneste che si espongono, la massa di magistrati mediocri e ignavi costituisce una forza ostile non meno pericolosa dei delinquenti e della minoranza di magistrati francamente corrotti. I “malamente” di tante eliminazioni sono agenti; strumenti contingenti di una causa a monte, le forze che selezionano i tipi umani da diffondere o ridurre, come in un ecosistema controllato, nella classe dirigente italiana.

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19 maggio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Simonelli “Enzo Tortora: una carriera televisiva di successo, ma non certo lineare”

Credo che nella storia della Repubblica siano state perseguitate, a volte uccise, persone diverse tra loro per posizioni e per pregi, ma accomunate dall’avere lo spessore proprio delle persone che, non perfette né sante, né dalle posizioni sempre condivisibili, sono di valore, e formano pertanto naturalmente, in condizioni di libertà, la variegata classe dirigente di una nazione. Questa caratteristica comune le ha poste, in una nazione non libera, fuori dai limiti stabiliti per la selezione di una classe dirigente di mediocri, impoverita di figure di peso e pullulante di gauleiter, ruffiani, tirapiedi, servi, babbei, tromboni, guitti. Il loro essere devianti rispetto ai tipi umani consentiti e desiderati è stato un fattore, insieme ad altri contingenti, che ha determinato la loro eliminazione. Condita spesso dai giudizi severi dei prescelti, come questo di Simonelli.

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21 luglio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Musolino “‘Ndrangheta, scoperti a Vibo Valentia i “giardini segreti” della cosca Mancuso: sequestrate 26mila piante di marijuana”

La droga e la mafia sono casi della differenza tra il negativo e il proibito. Come la mafia, la droga è nella cultura dominante il negativo, stigmatizzato e formalmente avversato; ma non è davvero proibita, cioè espulsa dal sistema, nonostante la repressione dia lavoro a tanti. Ora viene in parte sdoganata dalla posizione negativa. E’ in corso una liberalizzazione della cannabis nel mondo occidentale. A parte la dannosità degli effetti farmacologici per sé stessi e per gli altri, le conseguenze sul piano sociale e politico saranno di degrado, con sudditi fumati invece che cittadini ben svegli e partecipi. Nei casi di negativo non proibito, strumenti di controllo e oppressione, lo Stato favorisce con una mano ciò che con l’altra combatte. Una doppiezza palpabile in Calabria, ma ugualmente presente in forme diverse in regioni che godono di migliore fama, che permette tante giocolerie. Anche a danno di ciò che al contrario è nominalmente positivo ma di fatto proibito, come la denuncia del crimine nelle sue forme istituzionalizzate.

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24 gennaio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di O. Lupacchini “Guido Rossa, quarant’anni fa quell’omicidio segnò una svolta. Anche per le Brigate Rosse”

Dalla mia lettera a Sabina Rossa, Giovanni Fasanella, Anna Canepa, “L’omicidio politico nell’Italia repubblicana come marcatura di tipi antropologi proibiti. Il caso Rossa.” 16 ott 2006: Mi ha sempre sorpreso questa costante della qualità degli uccisi nell’eterogeneità delle situazioni, dei caratteri, delle scelte: mi ha sorpreso come molte biografie della lista degli uccisi andassero a formare un catalogo. Catalogo in senso tecnico: una tassonomia di tipi antropologici, analogamente alla tecnica di marketing detta dei “profili psicografici”. E’ come se un’entità invisibile avesse voluto descrivere i tipi antropologici sgraditi presenti nella società italiana, spiccando un campione, o più campioni, da ogni classe.

Credo che omicidi come quello di suo padre siano serviti non ad eliminare direttamente gli epurandi, ma a marcare determinate classi antropologiche come proibite affinché divenissero, sotto l’effetto di strumenti di persuasione incruenti, classi spopolate e semivuote.

La figura umana positiva di suo padre simboleggiava il tipo antropologico dell’uomo forte e responsabile, “autonomo ma relato”, orientato ad una “sovranità relativa”. Questo tipo antropologico è il nerbo di istituzioni antropologiche come quella dell’opposizione forte e non plebea al potere; e quindi di corrispondenti istituzioni politiche: partiti di sinistra realmente degni di chiamarsi “Sinistra”. Tipi e istituzioni non desiderati dai grandi interessi; e neppure dai politicanti.

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14 febbraio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Bauducco “Processo Caccia, confermato l’ergastolo per Schirripa. La figlia Paola: “Ma il percorso per la verità non è concluso”

E’ stato osservato come i magistrati nelle sentenze per  le stragi del 1992-1993 che pilotarono la sostituzione della prima repubblica con la seconda repubblica siano arrivati a considerare, contro il buon senso, che la Falange armata fosse un depistaggio della mafia. E’ un conforto sentire le dichiarazioni dell’avvocato Repici, diverse dalle solite versioni di comodo che lasciano indisturbati i mandanti eccellenti spiegando tutto con la manovalanza mafiosa. Repici si mostra all’altezza del compito, nobile nello sciocco e pavido contesto odierno, della ricerca e esposizione della verità su quella che fu una delle epurazioni che ci hanno dato questa disgraziata classe dirigente.

Tra i vari ordini di moventi dell’omicidio del Procuratore chi oggi è testimone del malaffare di Stato non può non pensare al movente generale, sovraordinato rispetto ad altri contingenti, della selezione avversa voluta da chi controlla l’Italia: facendo uccidere un duro incorruttibile come Bruno Caccia si è spinto per la selezione di un genere di magistrati malleabili, non di ostacolo ma utili alle attività indicibili che le istituzioni servono dietro ai loro cartonati di Falcone e Borsellino.

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11 agosto 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Manenti “Il paradosso del ‘criminale onesto’: uno sguardo ai contesti sociopolitici complessi”

Includere nella definizione di onestà anche l’aderenza a codici e norme criminali, volti alla sopraffazione e allo sfruttamento, non mi sembra serio. Mi ricorda la scena di “Lo chiamavano Trinità” dove il capo della setta pacifista si scusa col bandito Mescal, steso da Bud Spencer con due schiaffoni in riposta ad uno schiaffo e uno schiaffetto, sostenendo che Bud Spencer, non meno malvivente di Mescal, apparteneva a una differente comunità che osservava la legge biblica “occhio per occhio”.

Per di più i mafiosi non sono affatto estranei ad una legge generale, non scritta ma suprema; che li protegge e dà loro quella forza che li rende di una forza non spiegabile “se non se arte e fattura diabolica” (Manzoni): la legge del potere. Oltre che perniciosa in sé, la mitologia di più giustizie locali raffrontabili alimenta un falso esso stesso mafioso: presentando come dotata di una strapotenza immanente quella che è delinquenza “weaponized” dal potere.

Occorre distinguere tra proibito e negativo*. I mafiosi sono il negativo estremo – e sono per molti il comodo standard negativo rispetto al quale si sembra onesti – ma non sono proibiti: la mafia non viene eradicata, come si dovrebbe. Mentre forme di pura onestà sono proibite, espulse dalla società. Tramite la criminalità che veste i panni delle istituzioni e usa i poteri legali a fini criminali, che si potrebbe chiamare “delinquenza legale”.

*Il negativo e il proibito. Sito menici60d15.

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vedi anche:

Il coraggio dei Carabinieri e la loro attività di repressione dell’onestà

Antropologicamente diversi ?

Giancarlo Caselli e i NO-TAV: il Negativo e il Proibito

“Se la canaglia impera, la patria degli onesti è la galera”

 

Il celibato dei magistrati

1 April 2011

Blog di Alessio Liberati su Il Fatto

Commento al post “Io giudice  irresponsabile” dell’1 apr 2011

Credo sia giusto che l’attività dei magistrati abbia un margine di non punibilità giudiziaria delle responsabilità colpose maggiore di quello di altre professioni. Questa immunità però dovrebbe essere bilanciata, oltre che da un efficace sistema interno di punizioni e ricompense, dal divieto di legge di appartenere a gruppi di interesse, e da sanzioni severe ed effettive per chi viola la regola. Non è interesse dei più deboli avere un magistrato timoroso o ricattabile rispetto ai potenti; ma lo è ancor meno una magistratura che da un lato ha poco da temere per le conseguenze dei suoi atti, dall’altro “collabora” con la massoneria:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/03/11/massoni-e-legalita/

Massoneria, partiti, gruppi religiosi, organizzazioni sindacali, cliques informali, cordate etc. dovrebbero essere per i magistrati come le mogli per i preti. Lo status di magistrato non può contemplare solo le diversità vantaggiose, ma deve ammettere anche quelle pesanti. Oggi in certe città del Nord, dove si freme di sdegno al solo sentire nominare la mafia, può accadere che consorterie locali facciano precedere alla commissione di alcuni reati l’avvertenza che tanto possono contare su magistrati “allineati”; e magari facciano apparire come per caso qualche magistrato in carne e ossa a sostegno dell’avvertimento.

La proibizione “enforced” all’appartenenza a gruppi, per quanto poco naturale, soprattutto in un paese di clan, o di bande, come il nostro, accrescerebbe inoltre la credibilità e il prestigio della magistratura. E in certi casi eviterebbe che sia l’imputato o il danneggiato a dovere fornire, portandosele da casa, la dignità e la decenza necessarie all’amministrazione della giustizia delle quali a volte le corti sono sprovviste:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/03/31/“se-la-canaglia-impera-la-patria-degli-onesti-e-la-galera”/

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@AndreaC. Non è che possa spingere la metafora alla castrazione dei magistrati… Quello che vorrei dire è che nel caso dei magistrati, date le caratteristiche di “terzietà”, e la gravità delle conseguenze del loro lavoro, anziché un controllo mediante sanzioni a posteriori il grosso del controllo dovrebbe avvenire a monte, essere cioè di natura essenzialmente preventiva. Si porta in genere l’esempio delle professioni liberali: ma anche lì, non è che convenga molto, es. per la chirurgia, “prendere l’uomo per quello che è, lasciargli la massima libertà” e poi una volta sventrati chiedergli di essere risarciti per come nuovi. Meglio un’oncia di prevenzione che il giudizio sui giudici, che porta alle conseguenze logiche della “regressio ad infinitum”; e che per chi non ha a disposizione una muta di legulei può portare alle conseguenze pratiche del “vediamo questo stupido dove vuole arrivare”.

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Blog de Il Fatto

Commento al post di Daria Lucca “Nitto Palma vuole che i giudici paghino” del 12 ott 2011. Censurato. Pubblicato il 14 ott 2011.

In una democrazia dove nessuno è al di sopra della legge, coloro che esercitano il controllo di legalità, i magistrati, è bene che entro certi limiti non paghino per gli errori, se commessi in autentica buona fede; però in una democrazia laica dove nessuno è al di sopra dell’etica, e nessun potere va sottratto al sistema di controlli, di pesi e contrappesi, bisognerebbe anche impedire ai magistrati  di mettere a reddito tale impunità:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/01/il-celibato-dei-magistrati/

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Blog de Il Fatto

Commento al post di Daria Lucca “Nitto Palma vuole che i giudici paghino” del 12 ott 2011. Censurato.

https://menici60d15.wordpress.com/2011/04/01/il-celibato-dei-magistrati/

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10 giugno 2014

Blog di Aldo Giannuli

Commento al post ” Per un dibattito sulla riforma della giustizia” 

Uno dei segni dell’inconsistenza e della sventatezza degli italiani come cittadini è l’aver lasciato la critica della magistratura ai delinquenti e ai corrotti. I cittadini dovrebbero vigilare, e prendere posizione, in modo da poter contare su una magistratura che sia organizzata e funzioni in maniera tale da dover essere giudicata il meno possibile:

Il celibato dei magistrati

Il celibato dei magistrati

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7 marzo 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Padellaro “Enzo Tortora, chi ne usa e ne abusa”

Tortora non è stato ancora pienamente riabilitato: filibustieri in processione possono oscenamente accostare il loro nome al suo. Marcello Fiori ha buon gioco nel far notare che il PM che lo accusa è lo stesso che accusò ingiustamente Tortora perché dice una cosa vera, anche se non è vero che lui e il suo caso siano comparabili a quelli di Tortora. Sono contrario a leggi, come quella recente sulla responsabilità civile dei magistrati, che consentano di esercitare pressioni sulla magistratura, e in funzione della propria potenza. Dovrebbero però esserci altre forme di controllo. Il non prendere provvedimenti interni contro i magistrati che si rendono responsabili di gravi danni ai cittadini ha una valenza discriminatoria a favore dei potenti. Il coordinatore dei club Forza Italia può lanciare questa stoccata, quando forse avrebbe di che stare zitto. Per un semplice cittadino, la magistratura che si lecca i baffi dopo essersi mangiata Tortora è una magistratura che fa paura. I potenti vorrebbero una magistratura al guinzaglio. Ma la magistratura, mentre negozia coi poteri forti, è più interessata ad apparire come un Moloch che come la moglie di Cesare agli occhi del popolo, dal quale dovrebbe trarre legittimità.


La retorica quantitativa

23 March 2011

Blog di Dario Bressanini su “il Fatto”

Commento al blog “Vento, sole o aria fritta? Le energie rinnovabili fuori dal mito” del 22 mar 2011

“Certo quantificare non significa fare scienza”
P. Medawar

I numeri sono indispensabili in un discorso come la politica energetica. O meglio le misure numeriche, alle quali è errato attribuire la sicurezza matematica dei numeri puri (sull’onda dell’ideologia tecnocratica, si tende a confondere tra matematica pura e modellizzazione matematica) Le misure hanno es. il merito si sfatare alcune comode illusioni “verdi”. Ma la pretesa di togliere gli aggettivi, cioè di eliminare la discussione, e di fare parlare solo “i numeri”, oggetti che devono la loro efficacia alla carenza di significato intrinseco, è una forma di retorica. La retorica quantitativa dello scientismo, che nel proteggere interessi di parte – quantificabili in euro e dollari – pratica forme di antiscientificità come questa di dare la voce maggiore a certi numeri, tentando di zittire la critica col potere intimidatorio della matematica.

Sono necessarie entrambe le cose, le misure e il discorso politico. Come ho scritto (*), i primi numeri dovrebbero riguardare la scelta dei limiti dei kWh/d pro capite di una popolazione (mi fa piacere di avere pensato alla stessa grandezza dell’autore esaltato da Bressanini). Una scelta eminentemente politica. Senza numeri non si sa di cosa si sta parlando. Ma con il “Numeri, non aggettivi” in pratica si permette un modello incompleto, anzi acefalo, che finge che siano assenti gli interessi economici privati e i numeri della speculazione (e gli interessi corporativi degli esperti di numeri a cui il nucleare e la tecnologia danno lavoro); che la politica non sia che un consesso di cialtroni che friggono l’aria, e vanno guidati dagli scienziati. Un modello che può fare passare per oggettivo e scontato l’assioma della crescita illimitata, sul quale gli aggettivi e gli avverbi da usare sono davvero molti.

(*)https://menici60d15.wordpress.com/2011/03/20/l’obesita-energetica/

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@Giumangi. I politici sono un consesso di venduti, che non si esimono dal ricorrere alla censura di voci tecniche critiche per spianare la strada a progetti “scientifici” che servono a fare soldi a scapito della popolazione. La politica è un’altra cosa, ma se chi legge non capisce cosa voglio dire allora è inutile spiegarlo.

Penso che possiamo convenire che nel dibattito pubblico, nella discussione tra persone comuni, es. nei blog, non si possano tralasciare gli aspetti tecnici. E’ per questo che sto segnalando il libro di Melis; faccio appello ai tecnici perché la critica delle politiche energetiche possa avere una bibliografia divulgativa sugli aspetti tecnici e quantitativi -a partire dal tema della limitazione della produzione di energia, del risparmio e dell’ottimizzazione dell’efficienza- non inferiore a quella del versante favorevole al nucleare e alle altre grandi strutture for profit del grande capitale.

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Blog de Il Fatto

Commento del 12 apr 2012 al post “Homo Sapiens 2.0. La mia esistenza in cifre” di Matteo Bittanti del 12 apr 2011

Pare che tra gli antichi ebrei fosse proibito contare le persone. Ma, anche per gli esseri umani, c’è la quantificazione buona e quella cattiva:

La retorica quantitativa

L’obesità energetica

20 March 2011

Blog di Bruno Tinti su “il Fatto”

Commento al post “Cortocircuito nucleare” del 18 mar 2011

Il dr Tinti indica un importante fenomeno: la discriminazione estetica della morte. Es. la gente, e i magistrati, discriminano eccessivamente tra l’omicidio per revolverata e quello per dolo eventuale incorporato in un trattamento medico fraudolento.

Il nucleare fu inibito in Italia, come volevano le 7 sorelle, anche grazie alla persecuzione giudiziaria di Ippolito nel 1964. Oggi, mutato il vento dei desiderata dei poteri sovranazionali, un portavoce del “partito” dei magistrati corre in soccorso al nucleare. (Quando, ancora oggi, a mio parere, i magistrati italiani non hanno perso il costume di concorrere, vendendosi alle multinazionali, alla distruzione di qualche ricercatore che dà fastidio).

La produzione di energia aumenta il progresso sociale fino a una certa soglia; dopo porta ad ingiustizia, secondo Illich (Energia e equità, 1973). Un magistrato che si avventuri su questo terreno non dovrebbe omettere di discutere proprio il tema del rapporto tra energia e giustizia. “Mr Kilowatt” di M. Melis, ed. Sole 24ore, è illuminante sulla miniera non sfruttata del risparmio energetico.

La crescita illimitata della produzione di energia non può funzionare sul piano fisico, e non ci sta portando bene su quello sociale ed etico. Per produrre energia che poi sprechiamo moriamo di inquinamento, e ieri sera abbiamo cominciato a bombardare anche i libici. Se si ha il coraggio intellettuale di accettare il rischio di morte per radioattività, non dovrebbe mancare quello per chiedere quanta energia pro capite è giusto che abbia una società. Già oggi ognuno di noi nel Primo mondo può disporre di una quantità di kWh/giorno equivalente a quella di diverse centinaia di schiavi. La ricerca politica di limiti quantitativi secondo me dovrebbe essere il primo passo del ragionamento; anche se porta alla conseguenza proibita e seccante di chiedersi se l’attuale sistema è giusto, e quale sistema è quello giusto.

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Anche se non condivido le sue conclusioni, e neppure le premesse, a me l’argomento del dr Tinti sulla comparazione tra incidenti automobilisti e incidente nucleare pare in sé valido. Secondo Gianni sardegna, dati un orso e una tigre che infestano l’area attorno a un villaggio nella giungla, con l’orso che uccide più abitanti di quanti ne uccida la tigre, se gli attaccati dalla tigre muoiono tutti mentre una quota degli attaccati dall’orso si salva, allora non è illogico temere più la tigre che l’orso. Naturalmente, se si è attaccati, allora è meglio che sia da parte di un orso piuttosto che una tigre; ma è illogico uscendo dalla capanna avere più paura di essere uccisi da una tigre che da un orso: la minore letalità dell’attacco dell’orso è più che compensata dalla maggiore frequenza dei suoi attacchi. Forse è umano, ma non logico, soprattutto per ciò di cui si parla qui, temere più la maggiore probabilità condizionale di morte che il maggior rischio assoluto di morte. (Considerare che ci si può sottrarre al rischio di incidente automobilistico non usando automezzi invece è logico ma poco umano). Vale la pena di soffermarsi su questa illusione cognitiva perché echeggia l’equivoco tra mortalità e sopravvivenza in oncologia, uno dei grandi imbrogli del nostro tempo:

https://menici60d15.wordpress.com/2008/12/17/sos-cancro-nei-bambini-e-sovradiagnosi/

La misandria dei Simpson

12 March 2011

Blog “Blogghete!” di G. Freda

Commento al post “Pasionarie e pure paracule” del 7 mar 2011

Le donne hanno i loro dolori e i loro stratagemmi, e noi i nostri. Sembra che in effetti ci sia un’intenzione ideologica di svalutare, dopo la figura del padre, quella dell’uomo in generale. Avendo letto l’eccellente articolo di G. Freda sulla democrazia di Topolino, mi piacerebbe leggerne uno sulla “misandria” dei Simpson: un cartoon ben fatto, ma dove i personaggi maschili valgono poco o nulla rispetto alle donne, le uniche con un po’ di buon senso, acume e determinazione. E’ uno stereotipo frequente nel cinema d’oltreoceano recente. Donne mostruosamente toste, es. la protagonista di Kill Bill, e uomini completamente scemi. Un’esagerazione.

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24 novembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post  di S. Bauducco ““Violenza delle donne sugli uomini? Fenomeno che non esiste, il 92% degli imputati maschi”: le parole del presidente del Tribunale di Milano”

Considerando una percentuale di stranieri dell’8.6% (dati Min. lavoro), che “il 60% degli autori di questo tipo di reati” sia commesso da cittadini italiani implica che nel gruppo degli stranieri la commissione di questi reati è sette volte più frequente. Il magistrato non “elimina uno stereotipo” ma nasconde e capovolge una situazione che smentirebbe la tortuosa narrazione ufficiale, che santifica gli immigrati imposti a forza e demonizza “il patriarcato”.

La violenza sulle donne è un problema reale e grave. Sfruttando la sua forte carica emotiva (personalmente ho difficoltà a seguire le storie tristissime e insensate di “Amori criminali” e dei tanti altri programmi di intrattenimento sul tema) viene gonfiato a dismisura fino a fargli occupare la gran parte della scena, per usarlo come scarico, come distrazione, alibi, per le omissioni e le complicità a favore dell’agenda dei poteri forti. Che include il seme della diffidenza estrema tra i sessi, e una misandria che isola le donne.

I magistrati come sempre seguono l’agenda; ben lieti di questo comodo alibi. Quando gli ordini furono di lasciare impuniti i fascisti, assolsero pure quelli che avevano stuprato in gruppo, anche con sodomizzazione, una staffetta partigiana, giudicando l’atto “non particolarmente efferato” (Franzinelli M. L’Amnistia Togliatti. 1946. Colpo di spugna sui crimini fascisti. 2016).

‘O guerriero

3 March 2011

Blog di Beppe Grillo

Commento al post “La via del guerriero –  Piercamillo Davigo” del 2 mar 2011

“Dovere di un guerriero.. è combattere … Non te ne deve importare niente … se sei dalla parte giusta o dalla parte sbagliata, meno che mai ti deve importare di quali saranno le conseguenze ultime delle tue azioni…”. P. Davigo, citando il Mahabharata.

Anche il prefetto di Brescia, Brassesco Pace, ha raccontato in tv che un politico le ha detto “Lei è un guerriero”. Io invece nel mio idioletto, quando vengo molestato da auto della polizia o sfiorato da auto in borghese, cosa che mi capita ogni giorno, la chiamo “Mezzastriscia”:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/04/la-mezzastriscia/

Dalle sale biliardo si è esteso ai manager e ora a chi esercita il potere dello Stato il paragonarsi a un guerriero. I guerrieri si giocano la vita. Haldane, uno scienziato che aveva combattuto nei commando, ha scritto, citando come Davigo la tradizione indù, che il gioco d’azzardo si addice al guerriero perché simboleggia quanto facilmente egli possa giocarsi la vita e perdere. Chi è garantito dallo Stato a volte gioca con la vita degli altri e fa carriera pugnalando alle spalle per conto del Principe; arrivando sano e salvo alla pensione. Atteggiarsi a guerriero, ridicolo a parte, può costituire una razionalizzazione narcisistica di atti e reati che meriterebbero una punizione per codardia, non una medaglia al valore.

Non è degno di chi amministra la giustizia predicare che non importa se si sta dalla parte del torto o della ragione, né quali sono le conseguenze ultime del proprio operato, purché si combatta. Ce ne sono già troppi che appiccicano questa filosofia alle loro gesta. Sono i mercenari che si trovano sempre miracolosamente dalla parte del più forte, a lottare per i fatti propri. I magistrati, anzichè degradarsi a guardiani nella repubblica platonica, e sentirsi “corruschi d’armi ferree”, dovrebbero smettere di fingere di non vedere quali disegni spesso e volentieri servono, e di quali conseguenze deleterie si fanno così responsabili.

Francesco Pansera (menici60d15) 03.03.11 08:55|

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6 marzo 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Tornago “Brescia, ‘prefetto consigliò a imprenditore di dire il falso per riavere la patente’ “

Questo consiglio del prefetto Narcisa Brassesco Pace a un amico su come evitare una multa dicendo il falso sta ad altre responsabilità della prefettura di Brescia come il problema del traffico stava al problema della mafia a Palermo ai tempi di Johnny Stecchino.

Estremisti e renitenti

1 March 2011

Blog “L’aria che tira”

Commento al post “Ribelli e ribellione” del 28 feb 2011

“Ed era contro di essi che in realtà erano accesi i fuochi delle montagne, attizzati del resto da uomini assai simili a quelli che nei conventi vivevano, fanatici come  essi, chiusi come essi, come essi avidi di potere, cioè, com’è l’uso, di ozio.”Tomasi di Lampedusa .

“Quando tutto si muove in modo uguale, in apparenza non si muove niente, come su una nave. Quando tutti vanno verso la dissolutezza, sembra che nessuno ci vada. Colui che si ferma mette in evidenza l’esagerazione degli altri, come se fosse un punto fisso.” Pascal.

“Chi non ha l’automobile l’avrà, e poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa, daremo anche un televisore a ciascuno, due televisori, due frigoriferi, due lavatrici automatiche, tre apparecchi radio, il rasoio elettrico, la bilancina da bagno, l’asciugacapelli, il bidet e l’acqua calda. A tutti. Purché tutti lavorino, purché siano pronti a scarpinare, a fare polvere, a pestarsi i piedi, a tafanarsi l’un con l’altro dalla mattina alla sera. Io mi oppongo.” Luciano Bianciardi.

Alle tre specie della tassonomia di De Benoist – rivoltoso, rivoluzionario, ribelle – se ne possono aggiungere almeno altre due. Una è quella dell’estremista: chi abbraccia i programmi più drastici, e a volte la violenza. L’estremista è combattuto dal potere, ma non è sempre malvisto dal potere, che può aiutarlo sottobanco. Lo status quo imposto dal potere è spesso esso stesso estremista, e c’è quindi un’affinità; e l’estremismo di chi si oppone legittima l’estremismo del potere.

Vi è poi, volendogli assegnare un‘etichetta , che non gli piacerebbe, il renitente; costui adotta semplicemente la morale comune, le dottrine ufficiali; ma resiste alla manipolazione e al degrado dei principi che ufficialmente regolano la vita sociale. Senza compromessi (al contrario del “riformista”). Non costruisce ideologie, non sogna “Marsigliese e mitragliatrici”. Si limita ad applicare le direttive prime. A volte viene dal mondo dei libri o dei teoremi, come Lampedusa, Bianciardi, e Pascal.

La sua opposizione è solo relativa: sono gli altri che si spostano; lui si limita a stare fermo, non condividendo la direzione del movimento della folla. Questa posizione è inaccettabile per il potere, perché sbugiarda  il sistema dall’interno. Ed è antipatica alla folla, votata a seguire i capobranco, nei quali si proietta. Né piace agli oppositori di altro tipo, portati al movimento. Il renitente è oppositore suo malgrado, ma “in interiore homine”; è spesso un isolato, ed è facile isolarlo ulteriormente.

Oggi di ribelli, rivoltosi o rivoluzionari veri se ne vedono pochi. Sono visibili quelli ufficiali, bene incasellati nel sistema. La ribellione sta divenendo ormai anch’essa una merce. Le posizioni estreme, che riflettono il potere essendo speculari a quelle del potere, non sono necessariamente radicali. Né sono sempre le più difficili da abbracciare e da mantenere. Forse, all’opposto di quello che ci hanno fanno credere, la radicalità sta nel mezzo. E’ nella medietà, nel quieto recuperare la ragione classica e i vecchi principi etici, e tenerli stretti, che si nasconde a volte l’opposizione più netta all’ingiustizia. Come è confermato dall’impegno vile e criminale col quale le istituzioni, prontamente aiutate da cialtroni di ogni ordine e grado, possono distruggere l’opera e la persona di chi segue l’ideale pre-ideologico di una società giusta e pacifica.

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La pasionaria

18 February 2011

Commenti ai post “Il contrario del PD che vorrei”, blog Metilparaben e “Il film horror della sinistra: la bellissima e intelligentissima Bindi premier”, blog Il fazioso,  17 feb 2011

Osservando il suo comportamento come ministro della sanità, es. la protezione arcigna e cieca della chemio per i tumori, una terapia che oggi comincia ad essere criticata perfino nelle sedi ufficiali, ho avuto l’impressione che la Bindi fosse il tipico esempio di “cattolico di sinistra”; quelli che sono di una bravura pretesca nel servire grandi poteri, inclusi gli interessi più neri e trame inconfessabili, mentre recitano il ruolo di “puliti”; in questo caso, di pasionarie integerrime. Ci sono elementi che avvalorano questa opinione. Es:

Bindi,  come Vendola che la propone, sembra una cosa ed è tutt’altro. Non rassicura questa affermazione: “Capace … di finti moralismi… alla Rosy Bindi, la quale finge di non sapere che i soldi per le sue campagne elettorali furono Andreotti… e Citaristi a darglieli. Lo sa perché la Bindi fu candidata la prima volte alle europee? Per battere Tina Anselmi, che … Andreotti voleva punire per come aveva gestito la commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2. … fecero avere alla cara Rosy tutti i voti necessari per fare giustizia della giustiziera Anselmi …” (Cossiga, Fotti il potere, 2010). La fonte è dubbia, ma sembra che la Bindi favorisca lo status quo simulando la figura dell’Anselmi, donna tutta di un pezzo, e prendendone il posto; così come Vendola “narra” un appassionato leader “rosso” per ottenere il favore degli ingenui. Il cerone non è solo quello di Silvio.

Ai poteri forti la Bindi, come gli altri “comunisti”, non dispiace, e il teatrino di Berlusconi che fa l’ignorante, o impersona sé stesso, e insulta la Bindi, mi pare un fare da spalla a chi potrebbe dare il cambio al rozzo bauscia con la sceneggiata del ritorno alla civiltà dopo l’era berlusconiana.

@ Sergione1941. Grazie. Istintivamente, trovavo accattivante la figura della Bindi. Ma alcune volte le apparenze ingannano. In una prefazione del 1998 la Bindi sottoscrive la visione statunitense per la quale la bioetica sarebbe “un ponte verso il futuro”. Cioè una retorica di supporto alla crescita della medicina commerciale, che giustifichi abusi e distorsioni là dove non si può censurare. Il futuro del cancro è stato e sarà quello di una crescita di tipo esponenziale della spesa, e dei profitti: (https://menici60d15.wordpress.com/2011/01/23/reati-contro-leconomia/ ). Tale futuro è stato favorito e viene favorito da diversi rispettabili “pontieri”. Tra i quali nella mia esperienza spicca la Bindi. In questi giorni sono usciti un articolo che mostra l’inutilità di una chemio prolungata in alcune diagnosi di tumore della mammella, e un altro che conferma l’esistenza della “chemofog”, il declino cognitivo da chemioterapia. Io non trascurerei il merito. Trascurerei invece le distrazioni dal merito: https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/09/manco-con-gli-occhiali/ . Oltre al sesso e ai rapporti tra i sessi, ci sono altri organi anatomici e altri problemi.

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Blog di Beppe Giulietti su Il Fatto

Commento del 15 apr 2011 al post “Cicchitto si vergogna della P2?” del 15 apr 2011 

La pseudoAnselmi

No, io credo che Tina Anselmi sia una figura positiva, e che, come ha detto Cossiga, si voglia accostare alla sua figura quella solo superficialmente simile della Bindi; che è un altra cosa, rispetto alla P2, l’organizzazione segreta che difende quegli interessi che in campo medico hanno trovato ampio ascolto in cattolici di sinistra come la Bindi:

La pasionaria

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12 maggio 2011

Blog de Il Fatto

Commento al post “Fotomontaggio e offese (irripetibili) a Rosy Bindi da un candidato leghista “

Uomini e donne

a) Questo modo di fare politica della Lega non è “franco” o “maschio”: è cialtronesco e vile.

b) Rosy Bindi non è una figura di politico nobile come questi “attacchi” portano per contrasto a credere:
https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/18/la-pasionaria/

c) Il pubblico che non riconosce questi squallidi siparietti che i media trasmettono in continuazione come espedienti per simulare uno scontro tra governo e opposizione, quando in realtà i due gruppi litigano per chi debba essere il fiduciario dei poteri che dettano il programma politico unico; il pubblico che quindi ghigna o si indigna, invece di incacchiarsi perché di pagliacciata in pagliacciata non si parla mai di argomenti seri, più che un elettorato è la platea strepitante di “Uomini e donne”: comparse che valgono ancora meno dei tronisti e delle corteggiatrici.

@ EmaG. I leghisti lanciano il sasso e nascondono la mano. Non li si deve favorire in questa tattica, scusandoli come “privi di un minimo di QI”, o indicando le rare eccezioni. Non sono totalmente deficienti.Tra queste persone così facili all’insulto e al disprezzo gratuiti alligna il tipo umano del furbastro gonfio d’odio e di vigliaccheria. Condannato a non avere pace dal divario tra quello che vale e quello che vorrebbe essere, è costantemente vigile, sia per mordere che per ritrarsi. Il prototipo dell’italiano fascista, capace delle peggiori bassezze se è in una squadra e si sente le spalle coperte, pauroso e lecchino quando è da solo o vede che rischia qualcosa.

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12 settembre 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Costamagna “Pd: cara Bindi, ma il problema del governo è solo la bellezza delle ministre?”

Marcello Marchesi, grande umorista, amava raccontare di un raduno di jazzisti. Si esibisce prima un gruppo di anglosassoni, alti, biondi. Eleganti e impeccabili: con la paglietta, le giacche di rigatino, i pantaloni bianchi. Strumenti scintillanti della migliore marca. Ma suonano malissimo, una schifezza. Poi è la volta di un gruppo di neri, piccoli, stortignaccoli, la barba ispida, trasandati, gli strumenti opachi e ammaccati. Attaccano … e suonano che è una schifezza pure loro.

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17 febbraio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Zaccariello “Reggio Emilia, commissione Antimafia: “Qui ‘ndrangheta pronta a usare armi” “

La scorsa estate, a un convegno in Sila, l’ho sentita spiegare che “i mafiosi sono vispi” (furbi, nella parlata toscana). Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, ora fa osservare che i gangster hanno i mitra. Senza questa differenza gli ndranghetisti in oggetto non si distinguono sostanzialmente dagli altri gruppi affaristici che gravitano attorno alle istituzioni. Se l’antimafia può affermare che ci sono mafiosi con arsenali e pronti a sparare, a questi mafiosi si potrebbe anche togliere le armi, avendo centinaia di migliaia di persone stipendiate per fare il poliziotto: questa affermazione ricorda quella per la quale a Palermo le forze di polizia sapevano che era arrivato il tritolo per Borsellino; mentre non si sapeva, evidentemente, come fare a evitare la strage. Ma occorre dipingere la ndrangheta come un esercito straniero; come l’armata di Serse capace di oscurare il sole con le sue frecce, se ci si vuole presentare come i 300 di Leonida. Per continuare, forti di questa patente eroica, ad appoggiare affari di livello non diverso di quelli intessuti dalla ndrangheta in Emilia. E anche operazioni “altro dito, stessa mano”: non molto lontane da quelle della mafia che spara a bersagli politici su mandato, posso dire, ricordando quando la Bindi è stata ministro della sanità-

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6 agosto 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Pipitone “Mafia e informazione, ecco la relazione: “Non solo minacce, così i giornali sono contigui alla criminalità organizzata” “

@ Giachetto Lamiens. Lei esorta a complimentarsi con Rosy Bindi. Se un politico fa ciò che il ruolo che ha assunto e lo stipendio prevedono, perché bisogna fargli i complimenti? Per una relazione che raccoglie informazioni che non sono particolarmente originali, ma sono godibili per chi ama rivedere sempre lo stesso film, quello sulla mafia onnipotente causa di tutte le ruberie?

Quando si è trattato di eliminare qualcuno inviso alle multinazionali farmaceutiche per le informazioni che produceva, allora la sig.ra Rosy Bindi “è stata nelle loro disponibilità”. Oltre a mafia e corruzione vi è l’asservimento ai poteri forti, e la lotta con la bocca alle prime due spesso copre l’affiliazione alla terza grande forma di criminalità.

@ Giachetto Lamiens. Io credevo che “le regole” le stabilisse la Costituzione, non il Capitale. E che neppure “il Capitale” avesse la facoltà di fare, per proteggere affari sporchi, quello che fanno i mafiosi per proteggere i loro, di affari sporchi. Mafiosi i quali peraltro ormai sono capitalisti. Il suo è un discorso di giustificazione dei crimini di stampo mafioso, se commessi a favore del “Capitale”; descrive una ineluttabilità del “convivere” con i crimini mafiosi che vadano a favore di grandi interessi; che è ciò che accade. Da parte di un claquer di Rosy Bindi, è una conferma dei rapporti di congruenza tra l’antimafia di un politico come la Bindi e la grande criminalità “capitalista”, dietro alle rivelazioni dei segreti di Pulcinella presentati come grandi retroscena.

Del resto, Falcone fu accusato da un superiore di attentare all’economia della Sicilia. Io vorrei sentire dai vari grandi nomi dell’antimafia per quale motivo bisogna combattere la mafia. La risposta non è scontata, come quella istintiva dell’uomo della strada per il quale i motivi sono primariamente etici, la mafia essendo una cosa orribile e iniqua. Come mostra la sua risposta, appare che le finalità della lotta istituzionale alla mafia siano altre, piuttosto sofisticate; e che non siano lontane dai motivi che spingono le istituzioni a favorire il permanere della mafia.

@ Giachetto Lamiens. Il sistema che lei descrive lo chiamo “metamafia”: la mafia sulla mafia. Dove bisogna ringraziare chi ci vende al “Capitale” perché ci dà protezione dai “Cicciotto ‘e mezzanotte” e dagli “Scarpuzzedda”. La mafia come mostro terrorizzante che fa accettare la criminalità in doppio petto dei poteri forti, es. quella delle multinazionali, e l’antimafia come diversivo e come ricatto per ottenere consenso e spingere alla sottomissione verso forme di criminalità superiore che sarebbe non esagerato, ma riduttivo, definire mafia. La mafia come i caimani nella palude attorno a una società-prigione: caimani che servono a indurre i cittadini onesti a ringraziare per l’accoglienza concessa coloro che li tengono ingiustamente in carcere. Mi scuserà se non mi associo alle sue lodi alla Bindi; delle due, ho conosciuto la faccia che obbedisce ai voleri criminali della mamma “Capitale”, non la faccia dell’intrepida cacciatrice di picciotti. A volte penso che piuttosto che con le pluridecorate istituzioni sarebbe meglio trattare con mafiosi conclamati; che certo non sono migliori, ma almeno si sa con chi si ha a che fare.

@ Giachetto Lamiens. Se si critica la Bindi, si deve essere per i suoi avversari, dice lei. Ma la colpa è del berlusconismo, dice lei, incurante dell’alleanza di fatto tra piddini e berlusconiani. Io neppure bado alle colorazioni dei politici: credo che siate nello stesso paniere. (Non mi dica che allora sono per Grillo…) E non cerco “credibilità e considerazione” da chi come lei è incapace di usare un metro di paragone fisso, come es. i principi costituzionali, o i 10 comandamenti, o la legge morale dentro di noi, etc., ma per darsi credibilità deve ricorrere alla pratica deleteria, e questa sì da cani, di paragonarsi a standard negativi, come la mafia o Berlusconi. Contro i quali si ringhia a parole, ma li si tiene gelosamente protetti come il chilo campione di Sevres.

@ Giachetto Lamiens. Io parlo per esperienza personale. Parla di mancanza di freni inibitori lei, che disinvoltamente cita la sua di costituzione, nella quale, spiega con naturalezza, le leggi le fa il capitale, e obbedire ai suoi interessi è inevitabile; mentre è la mafia l’entità sulla quale valutare i meriti dei politici. Sì, in effetti alla mafia è stato fatto assumere un ruolo di tipo costituzionale, di termine di paragone negativo in sostituzione dei principi nobili, mentre è considerato fuori discussione che si debba obbedire ai potentati economici. Il suo tono è pacato, ma i contenuti, che riflettono le giustificazioni della nostra brillante classe politica, sono orgiastici. Io non avrei questa sua sicumera nel professare credenze che suonano come una confessione. Non so quali siano le sue “posizioni ideologiche e politiche”, né mi interessano, ma il suo spirito è democristiano come quello della Bindi, e dei tanti che hanno portato all’istituzionalizzazione della mafia in funzione dell’asservimento della politica ai poteri forti.

@ Giachetto Lamiens. Mi fa piacere che l’abbia presa bene. Si può essere democristiani senza saperlo. Sciascia osservò, citando un altro autore, che il mafioso non sa di esserlo. Lei lo è, democristiano, anche nell’attribuirmi cose che non ho detto, e nel rimangiarsi ciò che ha scritto: ”le regole le stabilisce il capitale”, “le confermo che nel nostro paese le regole e le leggi le fa il capitale (e regna sovrano)”. Anch’io trovo elementi positivi nello scambio: le sue affermazioni confermano l’idea che mi sono fatto sulla attuale lotta alla mafia, e sugli appoggi istituzionali alla criminalità dei poteri forti; anche se questo non mi mette di buonumore.

@ Giachetto Lamiens. Il suo modello, nel quale comanda il capitale, e la democrazia è quindi una fictio, che incastona un’antimafia perenne che i cittadini devono riverire non appena raggiunga i livelli rappresentati dalla Bindi, spiega davvero tanto. La mia proposta, visto che ricorre al vecchio “le critiche devono essere costruttive” è che lei scriva un libro sulla distopia che descrive. Rivaleggerebbe con “1984” di Orwell, aprirebbe gli occhi a tanti, e forse qualche candidato decente e autentico si presenterebbe, sempre che il Grande Fratello capitalista non si avvalga di una Bindi o analogo per fermarlo.

@ Giachetto Lamiens. Forse ad essere stravagante è il suo “bipensiero”. Io comunque la ringrazio, perché nel suo patchwork di spiegazioni ad hoc, pezze e toppe, di furie francesi e ritirate spagnole, si può identificare una descrizione realistica e interessante del ruolo dei politici e delle istituzioni sotto il liberismo.

@ Giachetto Lamiens. L’informazione è azione concreta. Cambia le opinioni delle persone, le fa agire in maniera diversa; per questo è temuta da chi organizza sistemi criminali; è il tema dell’articolo, limitatamente alla mafia. Quanto uno sia concreto nella suo opposizione, lo si può valutare dal trattamento che gli riserva il malaffare che attacca. Leggendo cosa scrive, penso che in chissà quanti summit di capobastoni il suo nome sarà stato pronunciato digrignando i denti, come quello di un tremendo bindiano che rende la mafia un business decotto …

@ Giachetto Lamiens. E quanti speculatori di borsa, padroni delle ferriere, junker prussiani, saranno di colpo incanutiti leggendo i suoi scritti. Mentre odontotecnici e parrucchieri la considerano un amico delle loro categorie.

@ Giachetto Lamiens. Veramente sono le mie denunce e proposte in campo medico che hanno determinato comportamenti discriminatori e afflittivi nei miei confronti tramite le istituzioni dello Stato. Ma, per le ragioni che lei ha spiegato con voce tonante, non vi è l’equivalente della commissione antimafia quando gli stessi atti anziché a favore dei mafiosi sono a favore di quello che lei chiama “il Capitale”. Anzi … E le mie tribolazioni includono anche il dover fronteggiare su internet i SECO (quelli che associano il Servo Encomio verso il potere al Codardo Oltraggio verso chi è inviso al potere). In questo caso, un SECO aggregato alla Commissione Antimafia.

@ Giachetto Lamiens. “Fare il gioco della mafia” è un classico. Infatti è anche una delle voci del Dizionario del perfetto mafioso di Dalla Chiesa jr. Una laidezza che mi è già stata rivolta. Come si esce da questo rimpallo di accuse? Secondo me, guardando oltre che alla mafia anche agli altri poteri che attaccano la Nazione; e valutando da che parte uno sta non in base alla poltrona, o a dichiarazioni, proclami e applausi ma in base a ciò che fa, e a quanto fa rispetto ai mezzi che ha. Tra quanto ho scritto vi è anche questo concetto, che in parte ho ripetuto qui, che nei suoi termini attuali l’antimafia, e la sacralità che ad essa è riconosciuta, sono funzionali all’asservimento ai grandi poteri economici. Clara Booth Luce scrisse che i democristiani ci marciavano sull’anticomunismo, agitando il comunismo ma evitando di eliminarlo. Mi pare che il doppiogiochismo democristiano non sia morto, e che stia avvenendo qualcosa di analogo con la mafia, che riveste il ruolo dell’unico “malamente” sul palcoscenico mediatico (di recente gli si è aggiunta “la corruzione”), mentre i paladini che agli occhi del pubblico la combattono dietro le quinte aiutano poteri non meno nefasti. Sui reati es. delle multinazionali farmaceutiche, che ricercatori e editori accreditati hanno paragonato, per centinaia di pagine, sensu strictu ad una mafia, ci sono un’omertà e un appoggio istituzionale che distinguere da quelli di cui godeva la mafia nei suoi anni “d’oro” è più una questione semantica che di sostanza.

@ Giachetto Lamiens. Lei come molti vede la lotta al crimine come una grandezza scalare: chi più ne mette, e si oppone a politici che lo favoriscono, è comunque da lodare. Non può che “andare nella direzione giusta”, conclude. Invece è una grandezza vettoriale: essendo una strategia, bisogna vedere se la distribuzione, la posizione, l’orientamento e l’intensità delle forze disponibili sono quelle giuste. Lei dice, i barbari da Nord hanno occupato Roma, siamo già vinti, però passiamo il tempo a combattere le feroci tribù autoctone che attaccano da Sud e i loro alleati nel senato. E qualsiasi cosetta facciamo è da lodare. Questo ripiegamento in forma di attacco favorisce i potenti barbari del Nord, che passano indisturbati le Alpi. L’assenza della mafia porterebbe a scomodi imbarazzi. La mafia e i suoi fiancheggiatori andrebbero non combattuti ma eradicati, stroncati, perché costituiscono una manovra diversiva, una spina nel fianco, una quinta colonna che ci indebolisce rispetto alle altre forze che coartano la nostra libertà. Forze “occupanti” con le quali invece si collabora; anche eseguendo i mandati delle liste di proscrizione, o omettendo di impedirli. Una scelta forse giustificabile in nome del più cinico e molle realismo; ma lei vuole le lodi. Lei precisa di non essere cattolico, ma ripete gli schemi cattolici che hanno da secoli reso l’Italia terra di conquista perché venduta dai suoi governanti.

@ Giachetto Lamiens. Lei dice che per eliminare la mafia occorre eliminare il capitalismo. Cioè abbattere l’economia mondiale e rifondarla su basi radicalmente diverse. A questo punto avrebbe potuto dire che bisognerà aspettare la prossima glaciazione. La mafia non come “fenomeno umano che ha avuto un inizio e avrà una fine” ma come datum ontologico, quanto il sistema economico. Ricorda alcuni autori che mentre appaiono criticare un fenomeno lo dipingono come strapotente e quindi da accettare. Facendone così un’apologia. Toni Negri sull’Impero della globalizzazione, E. Severino sulla Tecnica.

Mi scusi se rispondendole “impedisco di porre fine al discorso”, come è pure mio desiderio. Stabiliamo che l’ultima parola è la sua in ogni caso. Non me la prenderò, anzi le sarò grato. Oppure dica qualcosa di neutro, di blando, che mi consenta di non risponderle.

 

@ Giachetto Lamiens. Ecco, basta che l’Italia si sostituisca a Cuba. Oltre che non auspicabile, non sarebbe “mica semplice, comunque”: le consiglio “The shock doctrine” di N. Klein, una rassegna dei massacri coi quali è stata imposta nei vari paesi la dottrina liberista di M. Friedman. Include il golpe in Cile, durante il quale i medici che davano noia alle multinazionali farmaceutiche furono prontamente assassinati. Fa apparire al confronto come dei balordi di strada i mafiosi nostrani. Mafiosi che sono da annoverarsi tra la manovalanza locale per l’esecuzione di questi piani; insieme a tante persone perbene che si occupano di ottenere con metodi incruenti (v. il libro citato) le epurazioni che furono eseguite in Cile.

@ Giachetto Lamiens. Secondo Giuseppe Flavio la bilancia sarebbe stata inventata per primo da Caino; la sua di sicuro non è di quelle con la migliore genealogia. Le cose che dico stanno tutte su un piatto solo. Non vedo dove sia la “pochezza” del prendere Cuba come esempio di paese non capitalista (che si sta avvicinando all’Occidente). Cosa avrei detto di così meschino su Cuba, e cosa ciò spiegherebbe, poi dovrebbe dirlo. Che fa, “parla siciliano” (Camilleri) mentre esalta l’antimafia? Devono essere stati il mio riferimento alla Bindi, alla convergenza verso lo “italian desk” della mafia e dei carrieristi dell’antimafia, e il trovarsi incrodato sugli specchi, a spingerla all’insulto scomposto e alla provocazione.

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19 settembre 2015

Blog de il Fatto

Commento al post di A67 “Camorra a Napoli: le #mafie sono ‘elemento costitutivo’ dell’Italia tutta”

La lotta alla mafia, per come la intende la Bindi, serve anche a questo: a scaricare le responsabilità diffuse, e le responsabilità dei vincenti, addossandole a una parte. Le sue affermazioni, dette da chi di professione dovrebbe eliminare la mafia, sono inoltre un’autoassoluzione: se un territorio soffre per forme truculente di criminalità la colpa è dei suoi stessi abitanti, che le generano; non dello Stato che coltiva la cancrena. I napoletani non sono affatto innocenti; a loro volta autoindulgenti, hanno gravi colpe nello sfascio delle loro città. Ma non sono costituzionalmente più camorristi degli intrallazzoni massoni del lindo senese, da dove viene la Bindi, o degli imbroglioni cattolici della Lombardia produttiva. O dei politici che attaccano il ciuccio dove vuole il padrone, e invece di agire pronunciano considerazioni sociologiche grossolane che sono in realtà una conferma dello stato di vessazione; una ripetizione della maledizione sotto la quale giace il Sud.

@ Gianni Travaglia. Lei non ha un grande spirito garibaldino … Con questo mettersi paura da soli nessuno si opporrebbe mai all’oppressione e alla prepotenza.

@ Calibro9mm. La mafia e l’antimafia fanno comodo a tanti; distolgono dai crimini dei colletti bianchi, giustificano impunità e facilitano ruberie e soprusi nella parte dell’Italia dipinta come onesta. I napoletani si prestano bene come spiegazione per mantenere sine die questo focolaio diversivo rappresentandolo come inestinguibile.

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17 giugno 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. Salvato “Mantova, “la ‘ndrangheta controlla territorio”. Fra pizzo, incendi e zona grigia”

Nella Lombardia orientale la mafia controlla il territorio, secondo Rosy Bindi; e, notizia di questi giorni, il CSM ha permesso che il numero dei PM di Brescia, sede della DDA, si dimezzi, passando da 20 a 11. Da un lato si lascia agire la mafia “territoriale” quel che basta per riempire con essa il palcoscenico mediatico; e dall’altro si ritirano i funzionari dello Stato che dovrebbero assicurare l’amministrazione della giustizia. Il combinato favorisce forme stanziali di crimine dei colletti bianchi. Forse ha ragione la Bindi; e anche Nando Dalla Chiesa sulla facilità con la quale si possono commettere atti intimidatori; ma in un senso più articolato di quello fumettistico col quale vincono l’attenzione del pubblico.

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18 gennaio 2017

Censurato dal blog de Il Fatto

Commento al post “Massoneria, Bisi (Goi): “Non darò elenco all’Antimafia. Non ci sono parlamentari iscritti”

La libera consultazione degli elenchi completi ed esaustivi degli iscritti alle varie massonerie – incluse le forme affini come l’Opus Dei e CL – sarebbe un passo semplice e praticabile per rendere il cittadino comune meno indifeso, e il suolo italiano meno propizio alla crescita e persistenza di malerbe. Peccato che gli antimafia e i grillini su modeste misure del genere stiano zitti, votati come sono a spendere le loro virtù guerriere in ben altre battaglie.

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9 novembre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. Ciccarello “Mafia, si studia di più nelle Università del Nord. “Al Centro c’è minore percezione” “

La gigantografia di Falcone e Borsellino è un ottimo paravento per attività criminali del mondo legale. Es. in ambito universitario le frodi a danno dei pazienti e del contribuente derivanti dalla fusione tra industria e ricerca accademica in campo biomedico. Non stupisce che l’allestimento dei paraventi antimafia sia più praticato al Nord, dove è più diffuso il white collar crime. Così si vedono università settentrionali, che in passato hanno dato una cattedra a un soggetto definito da Giuseppe Di Lello “una sorta di consigliere della famiglia dei corleonesi”, sbandierare la lotta alla mafia mentre praticano il malaffare e lo proteggono con metodi sostanzialmente mafiosi; godendo della complicità di altre istituzioni, anch’esse munite di una bella gigantografia della famosa immagine dei due magistrati ai quali invece l’impegno antimafia non portò vantaggi ma costò la vita.

@ Luca. I nostri politici non sono così terribili e onnipotenti; prendono ordini da poteri sovranazionali; quando non vengono ignorati e scavalcati come figuranti di poco conto. Credo che la mafia sia una componente strutturale dell’assetto di dominio dell’Italia. E che lo sia anche la lotta alla mafia. Forse i fini dell’uccisione dei due eccezionali magistrati hanno incluso anche l’insorgere dell’antimafia come attività stabile e come potere di tipo sacrale, che conferisce intoccabilità. Dove è scritto che dobbiamo essere in guerra perenne con la mafia? I mafiosi sono “samurai invincibili”? La mafia, questa spina velenosa, questo cappio al collo della nazione, andrebbe stroncata, anche a costo di misure estreme, e archiviata. Cronicizzando la mafia si favoriscono i crimini dell’economia legale che si nascondono dietro ai “crest” della lotta alla mafia, oltre a consentire la permanenza di una manovalanza criminale che è stata usata a fini eversivi. Lo studio scientifico della mafia che non fosse l’aggiunta di un altro cesto di pagnottelle accademiche – e lo studio anch’esso serio della corruzione istituzionale, quella che legifera e governa a favore dei poteri forti – dovrebbero considerare la gravità di dichiarazioni come questa della Bindi, che la “mafiologia” divenga “un elemento strutturale nella formazione di base e specialistica delle università italiane”.

Vedi: Il monopolio corrompe i lavoratori. 10 novembre 2017. In: Milizie bresciane

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24 gennaio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Mafia, Bindi a La7: “Non esisterebbe senza la copertura degli apparati dello Stato. Nordio? Non mi convince la sua idea sulla criminalità” “

Ieri sera Report ha mostrato che da molti anni erano stati segnalati i legami di Tumbarello, il medico massone che copriva Messina Denaro, con ambienti compromessi con la mafia. Eppure Tumbarello è stato consulente dei magistrati, a spese del contribuente*. “Apparati dello Stato” sta per servizi. “Borghesia mafiosa” sta per il versante piduista della massoneria; quest’ultima espressione però non è solo un eufemismo, ma un coprire spostando i picchetti di confine. Il cartello “hic sunt” andrebbe posto alle pendici dell’altro versante, il versante “Rotary”, quello delle varie consorterie laiche e cattoliche dei perbene.

*Le “protezioni” di massoneria e imprenditori nella latitanza di Messina Denaro. Avvenire, 18 gennaio 2023.

 

 

“Manco con gli occhiali”

9 February 2011

Blog di Aldo Giannuli

Commento al post “Umori nazionali. Non è solo indifferenza” dell’8 feb 2010

L’abulia politica ed etica della gente non è peggiore di quella della classe dirigente che dice di difenderne gli interessi. Formigoni può dire ciò che vuole sull’inquinamento, ma nessun tecnico o politico gli dice nulla (*). Poi si pretende sensibilità e indignazione dalle masse.

“Per di più le connessioni tra i ministeri della Sanità e del Welfare sono sgradevolmente strette: per esempio, la moglie del ministro Sacconi è direttore generale di Federfarma … Infatti il governo Berlusconi ha già manifestato l’inquietante tendenza di permettere a interessi industriali di estendere la loro influenza su agenzie dello Stato” (“Clean hands, please”, Nature 7 ago 09. Nel commentare la partecipazione del Ministero della salute nella truffa ai danni dello Stato del vaccino per il virus A/H1N1).

Federfarma è “la lobby delle 200 aziende farmaceutiche italiane”. “Il suo compito più importante è di negoziare con l’AIFA [che opera sotto la direzione del Ministero della salute] la presenza dei medicinali nel prontuario, l’iter organizzativo, prezzo e rimborso pubblico”. (F. Astone. Il partito dei padroni. Come Confindustria e la casta economica comandano in Italia. Longanesi, 2010).

La notizia non è un segreto, ma, su cento persone, quante sanno e si indignano di questa promiscuità istituzionale, e delle sue conseguenze, e quante sanno di Ruby e le altre? Quali forze, quali voci, li informano e sensibilizzano ? B. è pronubo tra lobby industriali ed ente controllore. I suoi oppositori no ?

Così, dando il buon esempio, da un lato B. e la sua corte stanno insegnando al popolo la meritocrazia sessuale. Più in generale stanno insegnando che, sesso a parte, mettere la propria persona sul mercato è giusto e necessario. E quando ci si è venduti non ci si indigna più sul serio.

Mentre, dall’altro lato, i suoi severi censori al popolo insegnano col loro esempio il dovere civico di vigilare sulla vita privata dei governanti; e a farlo nei limiti della correttezza e del buon gusto, rispettando la sfera più intima e i luoghi più sacri; evitando pettegolezzi su argomenti da Novella 2000 come il controllo sulla spesa pubblica per la sanità, o l’influenza di Confindustria sulle loro vite; sulla salute loro e dei loro figli.

Così la gente certi andirivieni “non li vede più manco con gli occhiali”. Però conserva un fremito, un’eco della perduta innocenza, davanti alle storie di cronaca tristi da piangere che gli presentano i media.

* Ratio formigoniana
https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/08/ratio-formigoniana/

 

 

 

Obbedienza alle regole e obbedienza delle regole

8 February 2011

Blog di Bruno Tinti

Commento al post “Metti una sera al buffet” – “Mondo delle regole” del 4 feb 2011

A proposito delle cose che succedono nel meraviglioso mondo delle regole:

Ratio formigoniana

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/08/ratio-formigoniana/

Un principio come “L’omicidio è vietato” è stato parecchio addolcito da regole giuridiche, religiose e politiche:

La lama e il manico: la violenza indiretta

https://menici60d15.wordpress.com/2008/04/11/la-lama-e-il-manico-la-violenza-indiretta/

Credo che sia appropriato, soprattutto dato lo sfascio, anche quello al quale fanno riferimento il dr Tinti e altri magistrati, un approccio “assiomatico”, che distingua nettamente le regole dai principi; che vanno dichiarati esplicitamente, e ai quali le regole devono obbedire.

La fallacia delle regole

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/05/la-fallacia-delle-regole/

I cittadini obbediscano alle regole. Ma le regole devono obbedire a giusti principi. Che devono formare un giusto insieme.

https://menici60d15.wordpress.com/

Ratio formigoniana

8 February 2011

Blog di Beppe Grillo

Non accettato 7 feb 2011

Chi sta vicino al fuoco si scalda”

proverbio contadino

Davanti all’allarme inquinamento in Lombardia, e alle incombenti multe UE, Formigoni ha ripetuto al Tg regionale, 5 feb 11, la sua tesi che bisogna considerare “l’inquinamento pro capite” (Clima. Formigoni:”La UE consideri l’inquinamento pro capite. Sito Regione Lombardia. 2009). Dicendo “inquinamento procapite” non si spiega se si sta parlando dei tassi di inquinamento, cioè delle concentrazioni, come si può credere dato che è questo a cui comunemente, e giustamente, ci si riferisce; oppure delle emissioni pro capite, come sembra si tratti; queste sono appropriate non come la misura del livello del rischio locale di malattie dovute all’inquinamento in una data area, ma principalmente per comparare le emissioni di CO2 tra nazioni o aree, ed evidenziare il contributo, molto diverso, di differenti popolazioni – es. statunitensi, cinesi, europei, africani, bolognesi – all’aumento di CO2 nell’atmosfera e agli effetti sul pianeta, in particolare sul clima.

Sia che si tratti delle concentrazioni che dei valori assoluti, come misura del danno da inquinamento l’indice pro capite dà luogo a risultati demenziali. Per rendere l’idea, anche per una camera a gas, dove si muore per intossicazione acuta, si può sostenere che va considerato l’indice di inquinamento pro capite, dato dal rapporto tra quantità di gas immesso, oppure concentrazione di gas nell’aria della camera, e numero di persone che contiene. Più persone si stipano nella camera a gas, meglio stanno, secondo questo indice. Considerando l’inquinamento pro capite, un terrorista che irrorasse con una tonnellata di sostanze tossiche una metropoli farebbe molto meno danno di uno che eseguisse la medesima operazione con la stessa quantità di sostanze tossiche su un’area di pari estensione, ma occupata solo da un paesino con le sue frazioni. Esempi estremi e truculenti; ma non fuori luogo, perché, con modalità diverse, anche di inquinamento si può morire; esempi ai quali portano i ragionamenti di Formigoni, che hanno implicazioni grottesche e macabre.

Come ogni inverno, in Lombardia non piove, non c’è vento e i riscaldamenti vanno. I depositi di polveri sono visibili a occhio nudo: basta guardare le carrozzerie e i vetri delle auto. Mentre la Lombardia gronda polveri, il suo governatore si vanta che in Lombardia la produzione di polveri pro capite è la più bassa d’Europa. Siccome i livelli di inquinamento sono molto elevati, in realtà questo vuol dire, come per l’esempio della camera a gas, che in Lombardia un maggior numero di persone è esposto a livelli dannosi.Il rapporto tra inquinanti e numero di abitanti è inversamente proporzionale alla densità abitativa: più abitanti si affollano in Lombardia, migliore, secondo tale indice, sarà la situazione; ovviamente in realtà la situazione sarà peggiore, perché un numero maggiore di persone saranno esposte agli stessi livelli di inquinanti. Ovvero, all’aumento del denominatore del rapporto emissioni/abitanti, cioè all’aumento del numero di abitanti, corrisponderà sia un peggioramento della realtà, sia un miglioramento, falso, dell’indice che dovrebbe descriverla.

Alla riduzione del numeratore, considerato come dato dalle emissioni totali di inquinanti (misure che sono più facili da manipolare di quelle delle concentrazioni nell’aria), si avrà una riduzione dell’indice; riduzione che però può avere una significatività spuria. Se in una camera a gas si immette meno gas, ma i livelli di gas all’interno restano comunque al di sopra della soglia di letalità, l’indice di inquinamento pro capite della camera si ridurrà; ma non è migliorata la sorte delle persone nella camera; è aumentata l’efficienza della camera a gas. Se, come avviene, a parità di popolazione si riducono le emissioni ma non tanto da fare calare sotto livelli accettabili le concentrazioni, che restano alle stelle, le vanterie di Formigoni sono come i cannoli di Cuffaro.

Invece che dover dipanare le malsane contorsioni della Regione Lombardia sugli indici di inquinamento, sarebbe meglio discutere di risparmio energetico, che può fare abbassare drasticamente le emissioni e quindi le concentrazioni. E quindi migliorare la salute della popolazione. Può decurtare di una bella fetta la bolletta delle imprese, e qui Formigoni sarà d’accordo; e anche la bolletta e le spese di carburante del cittadino, effetto questo che dalla prospettiva dei politici e degli interessi che rappresentano non va molto bene. E può rendere la nazione meno dipendente dall’approvvigionamento esterno di energia. Ma anche questo è un obiettivo che la nostra classe dirigente, compradora, cioè abituata a prosperare vendendo la nazione a interessi stranieri, non vuole. Il risparmio energetico potrebbe essere la risposta al partito delle centrali nucleari.

Il libro “Mr Kilowatt. Alla ricerca dell’energia perduta” di Maurizio Melis, ben scritto, chiaro e approfondito, è illuminante sulle grandi possibilità di risparmio energetico che attenderebbero solo di essere sfruttate. E’ edito da “Anarchia oggi”. No, mi sbaglio: da il Sole 24 ore. Credo che in questo caso la Confindustria offra il buono che si può e si deve prendere dal “sistema”. Poi sta a noi saperlo usare, e chiedere che venga usato, per il nostro progetto e non il loro.

Tornando a Formigoni, sparare una formula non basta per essere scientifici; anzi può essere un ottimo espediente per impapocchiare la gente. La variabile “emissioni di inquinanti” non va confusa con la variabile “concentrazione di inquinanti”. L’efficienza nella riduzione delle emissioni, che l’indice adottato da Formigoni può rappresentare, non va confusa con la riduzione dei livelli di esposizione. Ciò che conta per la salute non sono le emissioni, né tanto meno le emissioni pro capite, ma le esposizioni. Queste ultime dipendono oltre che dalle emissioni da diversi altri fattori, es. dall’orografia e dalla meteorologia, nella Pianura padana particolarmente infelici sotto il profilo del ristagno degli inquinanti nell’aria.

Contano le concentrazioni nell’aria. Si può morire di asfissia anche con la testa dentro un sacchetto di plastica. Come indice del pericolo cui sono esposti i cittadini le emissioni pro capite sono un indice non valido, di comodo e capzioso, adatto a coprire la situazione anziché rivelarla: tanto che in alcune situazioni questo contatore legge al contrario, consentendo di dichiarare miglioramenti dove la situazione peggiora.

Per “inquinamento pro capite” Formigoni dunque non intende il carico di inquinamento che ogni singolo abitante della Lombardia subisce; ma l’inquinamento che ogni singolo abitante immette nell’atmosfera; è come se le emissioni totali derivassero dalla somma di una stessa quota che è prodotta da ogni abitante, e della quale ogni abitante è quindi ugualmente responsabile. E’ vero che le emissioni pro capite hanno in questa fase del capitalismo una correlazione positiva col reddito pro capite, cioè il reddito medio. Pare che con la crisi le emissioni pro capite si stiano riducendo; insieme al reddito pro capite e all’occupazione. Così funziona il modello socioeconomico nel quale viviamo. Ci dicono che non ce n’è uno migliore.

Il rapporto tra l’inquinamento e il numero di abitanti è anche una possibile misura del compromesso tra etica e denaro: è correlato con il rapporto tra immoralità istituzionalizzata e numero di persone che su quella immoralità istituzionalizzata ci mangiano. Sembra che quando ad azioni altamente immorali, come diffondere cancerogeni e altre sostanze nocive, corrispondono vantaggi per un numero sufficientemente elevato di soggetti, allora quei crimini divengano leciti, e vadano protetti, anche con frodi, abusi e violenze; anche da parte dello Stato. E anche i comuni cittadini beneficiari sono d’accordo.

E’ l’ideologia dell’utilitarismo. Che nella sua versione italiana, e padana, può degenerare ulteriormente in “mafia fordista”: una mafia vincente, accettata dal sistema legale, che redistribuisce una quota rilevante dei proventi alla popolazione; a differenza dei mafiosi col bollino di mafioso che egoistacci se li tengono quasi tutti per sé. Una mafia che non ha bisogno di sparare, ma che pratica forme di violenza occulta, nei suoi affari commerciali e nelle misure di repressione contro chi è troppo di ostacolo a tali affari, con l’appoggio dello Stato. Una mafia che a volte si mette in affari con la mafia meridionale, con la quale c’è dietro alla differenze una sostanziale affinità. La ndrangheta in Lombardia è più un gemellaggio che un’invasione di barbari.

L’indice scelto da Formigoni, di provenienza anglosassone, è un indice utilitarista, che si rivolge scaltramente alla cittadinanza: da un lato offrendole di salvare le apparenze e magari di vantarsi pure, chiamando fior di panna la morchia; e dall’altro ricordandole sottilmente che essa è complice nel sistema che gli toglie l’aria pulita. Con questa voglia di controllare l’inquinamento, il futuro economico di oncologia, pneumologia, cardiologia, chirurgia, servizi diagnostici etc. , già tanto beneficato per altre vie da Formigoni, sta in un ventre di vacca.

Formigoni vuole anche considerare come indice di inquinamento il rapporto inquinamento/PIL; un indice della stessa parrocchia dell’inquinamento pro capite. Secondo l’attuale critica al PIL come indice valido della ricchezza, l’inquinamento dovrebbe essere un fattore di riduzione nel calcolo del PIL. Invece nell’indice richiesto da Formigoni è il PIL che è un fattore di riduzione nel calcolo dell’inquinamento. Vespasiano disse “non olet” sollevando una manciata di soldi, e Formigoni dice “non avvelena” facendo lo stesso gesto.

Dagli indici di inquinamento che propugna si vede come Formigoni, piuttosto che come un amministratore che ha a cuore la salute della popolazione che lo ha eletto, si comporta come un capo di una potenza industriale che non deve essere intralciata più di tanto nella ricerca dei dané. Ai lombardi va bene. Nelle parole di Formigoni rintocca la nota funesta di un cinico realismo non si sa quanto cattolico, al quale deve il suo successo politico.

Comunque, magia dei numeri, Formigoni può manomettere indisturbato una misura elementare e fondamentale, che attiene alla salute, e chiedere che ciò divenga legge. Quando gli ostacoli sono troppo grossi per schiacciarli alla ciellina, Formigoni sostiene impettito degli elaborati sofismi. Della reazione della “opposizione” nelle sedi politiche non vale la pena parlare. La Lombardia, incapace di reagire a tanta sfrontatezza, o convinta che sia giustificata perché solo i soldi contano, non sta attraversando uno dei suoi momenti migliori.

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Blog “Blogghete!”

Commento del 9 feb 2011  al post “Mirate alla pancia (Non alla testa)” dell’8 feb 2011

“Mirare alla pancia” può avere anche un altro significato:

“La sua tesi può essere anche giusta, ma è sufficiente alludere al fatto che essa è in contrasto con l’interesse comune […] , che tutti gli uditori troveranno gli argomenti dell’avversario deboli e miserabili anche se sono ottimi, e i nostri giusti e centrati anche se fossero campati in aria; il coro si proclamerà a gran voce in nostro favore e l’avversario dovrà sgombrare il campo umiliato. Anzi, gli uditori per lo più crederanno di avere dato la loro approvazione per puro convincimento. Infatti, ciò che va a nostro danno, appare per lo più assurdo all’intelletto. ‘L’intelletto non è una luce che arde senza olio, ma viene alimentato dalla volontà e dalle passioni’ (Francis Bacon). Questo stratagemma […] di solito viene chiamato ‘argumentum ab utili’.”.
Schopenhauer, L’arte di ottenere ragione, stratagemma n. 35.

Si mira alla pancia sia nel senso di mirare alle emozioni, sia in quello di fare appello alla funzione digestiva. Sembra che in genere oggi, nell’era dell’utilitarismo trionfante, i persuasori mirino alla pancia sia con le potenti sollecitazioni irrazionali mediatiche, sia mediante l’appello alla pappa, in un mix che può spiegare certi successi politici altrimenti poco comprensibili. Come il cane di Pavlov alla fine secerneva succhi gastrici al solo suono della campanella, senza che vi fosse più associato del cibo, ormai si accorda il consenso a certi argomenti “ab utili” anche quando bisognerebbe chiedersi se è davvero nel nostro interesse:

Ratio formigoniana

Ratio formigoniana

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Blog di Simone Perotti

Commento del 19 feb 2011 al post “Non basta sganasciare la dirigenza politica” dell’11 feb 2011

Segnalo il commento “Ratio formigoniana” : https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/08/ratio-formigoniana

Mentre lo scrivevo mi venivano in mente le predizioni de “La vita agra”: “E’ aumentata la produzione lorda e netta, il reddito nazionale cumulativo e procapite, l’occupazione assoluta e relativa, il numero delle auto in circolazione e degli elettrodomestici in funzione, la tariffa delle ragazze squillo, la paga oraria, il biglietto del tram …l’età media, la valetudinarietà media, la produttività media …”.

Bianciardi non dovrebbe essere citato alla leggera come antesignano dei sessantottardi, o dell’attuale docile opposizione di massa. Quell’etilista che ha lasciato pensieri autentici, lucidi e accorati come pochi è un esempio raro, alto e toccante, di ribellione endogena e individuale, “in interiore homine” appunto. Fu un’ecccezione e un isolato, molto lontano dalle folle dei tanti eterodiretti o furboni che in fondo lavorano per Capitan Uncino.

 

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Blog Il Corrosivo

Commento al post “La giostra impazzita” del 15 feb 2011

Sono d’accordo:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/09/manco-con-gli-occhiali/

https://menici60d15.wordpress.com/2011/01/30/il-pornografico-e-l’osceno/

Lei scrive “mancanza di prospettive per noi e per i nostri figli, destinati a vivere in un ambiente devastato, senza aria da respirare e con le corsie dei reparti oncologici infantili sempre più piene”.

L’inquinamento, importante causa di insorgenza dei tumori, viene tollerato per ragioni utilitaristiche:

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/08/ratio-formigoniana/

Ma oltre all’inquinamento altre cause, peggiori, contribuiscono all’incremento dell’incidenza dei tumori, a cominciare da quelli infantili:

https://menici60d15.wordpress.com/2008/12/17/sos-cancro-nei-bambini-e-sovradiagnosi/

https://menici60d15.wordpress.com/

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Blog di Mario Agostinelli – Il Fatto
Commento al post “Una centrale al giorno leva il medico di torno” dell’1 mar 2011

Non sarebbe il caso di cominciare a pensare seriamente al risparmio energetico serio?

https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/08/ratio-formigoniana/

 

La fallacia delle regole

5 February 2011

Blog di Bruno Tinti

Commento al post “Metti una sera al buffet” – “Il mondo delle regole” del 4 feb 2011

Il rispetto delle regole diviene una fallacia, e a volte una truffa, se si assume che da solo garantisca la giustizia. Anche una banda di ladri, dice Platone, necessita del rispetto delle regole interne. Dittatori e mafiosi sono rigidi sulle regole. Le regole, cioè leggi, norme, regolamenti, usi etc., possono essere la codificazione dell’ingiustizia. A volte regole chiave mancano o sono atrofiche, come guarda caso proprio quelle contro l’abuso delle regole, l’abuso d’ufficio; bisognerebbe sollevare l‘incostituzionalità dell’omissione di tali regole fondamentali; ma manca la regola che lo permetta. La cosa più nauseabonda è quando le istituzioni chiamano al rispetto delle regole mentre le mescolano al sopruso.

Le regole non sono un bene in sé, né un assoluto: sono “l’implementazione” di principi generali. Non sono migliori dei principi che le determinano, e possono essere figlie degeneri o di madre ignota. Infatti c’é una voragine tra gli ideali costituzionali e le mascalzonate ottenibili applicando le leggi. Si insiste sulle regole, e si bestemmiano i principi. Chi parla sempre di regole spesso non ama parlare dei principi; chiama ciò “moralismo”, equivocando tra principi politici ed etici, che possono avere lo stesso enunciato: “L’omicidio è vietato”. [Un principio per il quale le regole prevedono troppe comode eccezioni v. La lama e il manico: la violenza indiretta].

Si considerano regole e principi più o meno una cosa sola, come il Padre e il Figlio al Concilio di Nicea e seguenti. Invece bisogna essere eretici: si assomigliano, ma le regole sono una cosa, i principi tutta un’altra cosa. Bisogna studiare, criticare, difendere i principi quanto le regole. E ancora di più la mappatura dei principi in regole.

Sarebbe già più corretto, e anche più concreto, dire “rispetto della Costituzione”. Bisogna rispettare le regole in quanto espressione dei principi. Affinché il rispetto delle regole non sia un eufemismo per “state buoni e obbedite” occorre che tutti e solo i giusti principi siano accoppiati a giuste regole che li attuano.

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9 febbraio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Trinchella “Eluana Englaro, “così in Cassazione stabilimmo che la dignità è il diritto dei diritti. Poi la fase oscura della politica””

Nell’attuale medicina commerciale la longevità ha sostituito la salute, così che si imbottiscono i pazienti di cure futili, aggressive e dolorose vendendo la speranza falsa di prolungare a oltranza la vita. La maggior parte delle spese mediche è in media consumata nell’ultimo anno di vita. Ciò ha prodotto la necessità economica contrastante di troncare a piacimento le cure. N. Wade, l’autore di ‘Betrayers of truth – fraud and deceit in science’, commentò una delle tante promesse commerciali di immortalità, quella della Geron sulla telomerasi, citando le Parche. Agli affari occorre anche Atropo. Qui i magistrati si svegliano, ricordandosi della dignità “diritto dei diritti”, e generalizzando da un caso particolare e mediatico. In medicina e nel diritto il rigore astratto, il rigore “scientifico” è mancanza di rigore: in queste discipline applicate occorre ciò che è stato definito ‘rigore pratico’, che tiene conto di tutti i fattori, inclusi quelli umani, storici, economici. Volendo davvero preservare la dignità bisognerebbe intervenire per ridurre sovradiagnosi, sovratrattamenti e medicalizzazione della morte; invece di limitarsi a fornire un meccanismo di smaltimento dei corpi sui quali ci si è accaniti per fare soldi. Ma in Italia a tanti, dai terroristi agli alti magistrati, piace la “doppia medaglia”; che si ottiene contribuendo a quelle parti dell’architettura ideologica voluta dal potere che fanno apparire come idealisti disinteressati che combattono per dei principi.

Antropologicamente diversi ?

3 February 2011

Il Fatto quotidiano

Commento all’articolo “La provocazione di Pasquale Profiti, magistrato ‘eversore e disturbato’ “ del 29 gen 2011

Gli insulti iperbolici di Berlusconi consentono orazioni encomiastiche anch’esse immeritate. Quando indagano il capo del governo avendo avuto notizia di reati, o si oppongono alla sottomissione della magistratura ai politici, i magistrati non sono eversori; né eroi: fanno il loro dovere o difendono insieme ai loro interessi principi democratici. Ma è pure vero che stanno facilitando un avvicendamento che rafforzerà il liberismo, del quale proteggono aspetti torbidi (*);  similmente a quando nel ‘92 si svegliarono e perseguirono i tangentisti. Il ruolo di catalizzatori dei cambiamenti politici voluti da poteri forti sopranazionali, e di protettori degli interessi di tali poteri, non è agli antipodi dell’eversione.

Secondo Castoriadis, per il capitalismo “tipi antropologici” antichi come “il giudice incorruttibile, il burocrate weberiano” non sono “matti inoffensivi” ma anomalie scampate all’omologazione. I magistrati ovviamente non sono matti; ma salvo eccezioni non sono neppure portatori di quelle diversità antropologiche che il capitalismo ha quasi estinto e chiama pazzia nei pochi superstititi. In media i magistrati sono fin troppo normali, per un lavoro al quale andrebbero destinati “oi aristoi”. Rispetto al potere vero sono allineati e coperti; tanto che se richiesti si fanno complici nell’eliminare come possibile eversore o disturbato chi sia portatore di valori, argomenti e denunce non graditi. Porre nel ruolo di pericoloso malato di mente o eversore un tipo antropologico proibito dal sistema economico o politico è uno dei crimini più gravi e più bassi, e chi se ne macchia non vale più di Berlusconi.

* Il pornografico e l’osceno https://menici60d15.wordpress.com/2011/01/30/il-pornografico-e-l’osceno/ .

Il come e il cosa https://menici60d15.wordpress.com/2011/02/02/il-come-e-il-cosa/ .

Reati contro l’economia https://menici60d15.wordpress.com/2011/01/23/reati-contro-leconomia/ .

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5 luglio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. De Fazio “Assessore a 19 anni ‘nel nome del padre’. Che dice: “Bella e brava, come la Boschi

Io ho una teoria personale, che l’eliminazione di uomini come Emilio Alessandrini avesse tra i suoi scopi quello di marchiare come proibiti alcuni tipi antropologici pregiati; e quindi continuare a fare andare le cose come sta avvenendo nella giunta del figlio, Marco Alessandrini.

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3 novembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Fabbretti “Omicidio Bruno Caccia, perché dopo 33 anni manca ancora la verità”

Forse alcuni omicidi eccellenti hanno avuto, al di là dei moventi contingenti, al di là della criminalità che ha fornito gli esecutori, una funzione politica di “pulizia antropologica”: sono serviti a marcare come proibiti alcuni tipi umani. Nel capitalismo alcuni tipi umani, tra i quali il magistrato integerrimo, sono un’anomalia sistemica e non devono esistere, ha scritto Castoriadis. Il fatto che dopo 33 anni “manchi ancora la verità” da parte di quelli che dovrebbero essere i colleghi di Caccia sembra confermare che uccidendolo sia stata soffocata una varietà rara, una autentica diversità antropologica, impedendo che si riproducesse con l’esempio e l’insegnamento.

Commento al post “Roma, Guariniello possibile capo gabinetto di Raggi: “Sto decidendo””

Guariniello e i 5S hanno in comune due tratti congiunti. Da un lato non sono compromessi col generale mangia-mangia casareccio, e hanno qualche merito nel contrastarlo. Dall’altro tendono a perorare cause che sembrano progressiste e invece finiscono puntualmente per favorire i poteri forti più potenti. I 5S hanno appoggiato Stamina, Guariniello, molto lentamente, l’ha contrastata. Il duetto tra i due cori, durato anni, ha costituito una mega-propaganda a beneficio delle staminali ufficiali (v. “Stamina come esca per le frodi della medicina ufficiale”).

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17 febbraio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Bauducco “Omicidio Caccia, Caselli: “Responsabilità disciplinare magistratura? Problema aperto. Il Csm fu disattento””

La nostra concezione di causalità risente troppo di quella semplicistica e intuitiva del positivismo. Bruno Caccia è stato vittima di delinquenti; così come chi muore per tbc è ucciso dal micobatterio. Come ha osservato il genetista Lewontin, in biomedicina occorre distinguere tra “agente” e “causa”. Batteri e virus patogeni erano gli agenti dell’elevata mortalità per malattie infettive nell’’Ottocento; che è crollata per il venire meno delle cause, ambientali, col migliorare delle condizioni di vita. La correzione non è limitata alla patologia e alla genetica. Ndranghetisti, massoni e servizi, magistrati collusi, sono stati, in posizioni diverse, agenti dell’epurazione di una figura troppo vicina a ciò che un magistrato dovrebbe essere. Ma nella descrizione della causa dell’omicidio rientra a pieno titolo l’assenza di un ambiente giudiziario sano e forte, che impedisca le scorrerie di poteri criminali. Infatti il caso è ancora aperto dopo 35 anni; e Caccia viene ricordato come una mosca bianca. Per le persone oneste che si espongono, la massa di magistrati mediocri e ignavi costituisce una forza ostile non meno pericolosa dei delinquenti e della minoranza di magistrati francamente corrotti. I “malamente” di tante eliminazioni sono agenti; strumenti contingenti di una causa a monte, le forze che selezionano i tipi umani da diffondere o ridurre, come in un ecosistema controllato, nella classe dirigente italiana.

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4 luglio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post di G.C. Caselli “Silvio Berlusconi e lo ‘strano caso’ dell’audio del magistrato Franco, riesumato solo dopo la morte”

Nei trial clinici, gli studi per verificare l’efficacia e la sicurezza dei farmaci, il campione deve essere rappresentativo della popolazione alla quale andranno somministrati i farmaci. Altrimenti non si avrà “validità esterna”. Invece si prendono soggetti forti, per occultare gli effetti avversi; è stato commentato che per venire ammessi a un trial su un farmaco oncologico bisogna essere atleti olimpionici col cancro. Per Caselli è da accettare che i magistrati siano un “campione di società”; che abbiano “validità esterna”. Mentre qui bisognerebbe che fossero atleti selezionati quanto a doti morali e capacità. Sono inoltre pagati, onorati e depositari di privilegi, proprio per non essere, o almeno per non comportarsi, come dei quisque de populo. E a sentire loro sono ciò che dovrebbero essere, “oi aristoi”. Purtroppo, rispetto a un popolo che si mette nelle mani di un Berlusconi (e dei suoi rivali, con i magistrati che appoggiano le rispettive bande) non vi vuole molto a recitare questo ruolo. Il magistrato Franco sembra un caso estremo dei dilaganti sdoppiamenti grotteschi, degli “a sua insaputa” che si potrebbero chiamare del “Quel generale romano”, dal racconto omonimo di Achille Campanile. Ma sembra anche un caso estremo della licenza che non uno ma tanti magistrati si prendono di muoversi secondo la loro convenienza personale. Licenza che rende vulnerabile la loro funzione anche ad attacchi dubbi come questo delle strane voci dall’oltretomba.

 

Il come e il cosa

2 February 2011

Blog di Piergiorgio Odifreddi su Repubblica

Commento al post “Grazie Minetti ora sappiamo” del 28 gen 2010

Non accettato 2 feb 2011 ore 9:25

Il prof Odifreddi nota che “le abitudini sessuali del premier hanno purtroppo trasformato gli italiani in un popolo di ossimorici guardoni-puritani”. Sono d’accordo, ma “l’ossimoro” è anche negli scandali, che sono allo stesso tempo roba secondaria e sviante, da guardoni o poco più, oppure gravissimi: a seconda da che li si guardi sotto il profilo, rispettivamente, del “come” politico o del “cosa” politico.

Se vogliamo ordinare una lista, ciò è il “cosa”. I diversi algoritmi di ordinamento possibili sono il “come”. Qui il “come” è come condurre il liberismo: se sobriamente oppure alla maialesca. Limitandosi a combattere le forme più pittoresche e svaccate del liberismo senza metterlo in discussione si fa una bella figura, ma in realtà si perfeziona e si tempra il liberismo, che prevede forme legalizzate di mercificazione della persona. Ed è questa la posizione degli ambigui censori di Berlu, già suoi alleati, e tuttora suoi sodali in altri campi. Il “cosa” è prendere il Rubygate come esempio della mignottificazione generale, fase adolescenziale del liberismo; e contrastare la tendenza storica prendendo lo scandalo a luci rosse come caso particolare delle conseguenze perniciose di un modello sbagliato.

A proposito segnalo il post:

Il pornografico e l’osceno

Il pornografico e l’osceno

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Il pornografico e l’osceno

30 January 2011

Blog “Uguale per tutti”

Commento al post “L’inevitabile punizione della storia” di Felice Lima del 22 gen 2011

1. Distinguere tra il pornografico, cioè lo sconcio esibito, e l’osceno, cioè lo sconcio tenuto nascosto fuori scena (Scarpinato), permetterebbe di comprendere meglio cosa sta accadendo e cosa seguirà; es. la scarsa reazione del pubblico contro la guerra di Berlusconi per soggiogare i magistrati. Il Rubygate è il pornografico. Per me che mi occupo di medicina l’osceno invece è l’affermazione dell’AIRC, in occasione della giornata delle “arance per la salute”, che “E’ stato ampiamente dimostrato che il 30% dei tumori nasce a tavola” “a causa di cattive abitudini alimentari” (AGI, 27 gen 2011). (Su queste raccolte fondi v. “La questua delle multinazionali”). Tanto il Rubygate è esibito, da Berlusconi per primo, dai magistrati, dal centrosinistra, dai media, altrettanto questi stessi attori proteggono e tengono nascosta la falsità e la gravità dell’affermazione dell’AIRC.

2. Come spesso avviene, l’annuncio della “scoperta” (espressa in termini sufficientemente generici da apparire come un dato pacifico e allo stesso tempo da consentire retromarce al bisogno) ha preceduto la prova: già nel marzo 2010 il presidente della LILT, Schittulli, spiegò a Palazzo Chigi che la prima causa del cancro (35%) è la cattiva alimentazione. I meccanismi di tale legame sarebbero stati svelati ora, in occasione della giornata “arance per la salute” 2011: “L’oncologia si decide a tavola“, (In: Cibo e tumori, scoperto il meccanismo che li collega. GSK informa, 28 gen 2011. Fonti: Corriere della sera, La Repubblica, Sole 24 ore).

3. Se fosse vera, si tratterebbe di una scoperta epocale. Ma più che una scoperta è una forma di revisionismo; anche l’oncologia la scrivono i vincitori. Nel 1964 l’OMS attribuì all’inquinamento l’80% dei casi di cancro nelle società industrializzate. C’è stato chi ha criticato la stima come troppo bassa, mentre le industrie che venivano ad essere accusate hanno spinto con le loro potenti leve perché fosse ridotta. Decenni di ricerca hanno pienamente dimostrato che il cancro è causato principalmente da agenti ambientali: prima di tutto l’esposizione a sostanze chimiche prodotte dall’uomo, nell’aria, nell’acqua, e – da non sottovalutare – nell’agricoltura e nel cibo. Una causa trascurata sono le radiazioni ionizzanti, incluse quelle degli esami diagnostici. Un altro importante gruppo di cause della recente esplosione dei casi di cancro, il più osceno, quello che non si deve far sapere al volgo, e neppure all’inclita, sono le sovradiagnosi per fini commerciali (v. es. SOS cancro nei bambini e sovradiagnosi). Il peso di queste cause viene così ridotto; e nell’informazione al pubblico viene annullato, perché si minimizza o si tace sul ruolo schiacciante dei prodotti chimici industriali nella cancerogenesi, sui tumori da cibi industriali, da esami radiologici, e sulle diagnosi come cancro di formazioni che biologicamente o clinicamente non sono cancro.

4. I costumi alimentari sono da aggiungere alla lista delle cause di cancro false, o descritte come enormemente più potenti di quanto siano in realtà; peraltro ben supportate dalla magistratura: es. le onde radio, con l’inchiesta su Radio Vaticana, del progressista Procuratore Amendola; o il telefonino, dichiarato in grado di provocare tumori dalla Corte d’appello di Brescia del “P2+1” Marra. Come ad Alì Agca e alla sua banda è stata accollata anche la scomparsa di Emanuela Orlandi, così l’obesità, importante fattore di rischio per diverse malattie, es. il diabete, e fattore di rischio minore per alcuni tumori (peraltro discutibile), viene elevata a causa principale del cancro.

5. Questo da un lato depista dai veri colpevoli; non si agirà contro fattori cancerogeni veri né contro eventuali relative responsabilità politiche, morali e giudiziarie; dall’altro scarica la responsabilità sulla vittima, il paziente, inducendolo a provare quel timore e senso di colpa che spinge a fare controlli “preventivi”, favorendo le sovradiagnosi; e comunque a varcare la soglia del sistema cancro col capo chino, nell’atteggiamento impaurito e sottomesso che si conviene. E’ un aspetto particolare del fenomeno della trasformazione della medicina in religione, dove la malattia non ha cause esogene, che non possiamo controllare, come il mare di veleni nel quale viviamo; ma ha cause endogene, cause in ultima istanza morali; non accusiamo la pagliuzza altrui per assolverci dalla nostra trave: il cancro viene per “stili di vita” sbagliati; è il castigo per il peccato; per non aver seguito gli amorosi precetti dei medici-prete. Si esalta e si stira la parte fisicamente fondata dell’ideologia colpevolizzante, es. i danni da fumo di sigaretta, per coprire le enormi responsabilità sulle cause industriali e commerciali.

6. L’affermazione outrageous dell’AIRC passa senza che nessuno fiati. Sul cancro le fonti ufficiali possono sostenere qualsiasi cosa, sparare qualsiasi enormità, senza alcun controllo. Aveva ragione mio nonno, calabrese, che diceva che “il peggior delinquente è quello che si fa i fatti suoi”, cioè che agisce in silenzio e indisturbato. Contro una notizia falsa e tendenziosa che danneggerà gravemente la salute del pubblico si dovrebbe agire sul piano politico e tecnico; forse anche su quello giudiziario. Ma tale dinformazione, che sarebbe di primaria importanza contrastare per il benessere dei cittadini, non solo non è esaminata, e se del caso perseguita; è attivamente sostenuta dallo Stato, e da forze locali; che oltre a favorirne le diffusione la proteggono mediante un sistema di stampo mafioso.

7. Berlusconi e i magistrati lottano all’ultimo sangue, o almeno così sembra; ma sulle cose più importanti, come la definizione del cancro, abbassano i coltelli, e anzi li puntano assieme contro lo stesso nemico. So per esperienza che il solo chiedere all’AIRC e all’AGI le referenze scientifiche che comprovino l’affermazione avrebbe come unica risposta un immediato incremento dello stalking nei miei confronti da parte delle forze di polizia; per dirne solo alcuni, CC e PS; e la temibile polizia municipale di Brescia, la città che lavora; gente che i gurkha gli fanno il solletico. Passano e spassano ovunque vada, come al Sud fanno i picciotti quando vogliono esercitare l’azione intimidatoria; o come devono avere già fatto negli Anni di piombo quando bisognava esasperare gli animi, per eccitare l’antagonismo contro lo Stato in modo da “destabilizzare per stabilizzare” (es. il Viminale sotto Cossiga); forti della posizione di scomunicato senza credito e senza diritti assegnatami in precedenza dalla magistratura; e della connivenza o partecipazione della magistratura rispetto a misure supplementari di censura. La “lotta” al cancro nello Stato di diritto funziona così; pestando l’acqua nel mortaio quanto a cure vere, cercando invece di accrescere ulteriormente il business tramite il falso, e recludendo chi guasterebbe questa fantastica macchina stampasoldi.

8. Le telefonate dall’alto – delle quali è intessuta la storia dell’Italia repubblicana – in questi casi passano senza problemi: a differenza del caso di Ruby in Questura. Ho sperimentato la disponibilità dei magistrati ad esaudire i desideri dei poteri forti quando vogliono che sia colpito qualcuno; adottano un formalismo e un immobilismo da mandarini confuciani; capisco perciò come vi siano analisti che per spiegare la scattante e vigorosa azione giudiziaria sulle mignotte del premier ipotizzano, analogamente a Tangentopoli, qualche “telefonata” da un alto più in alto che ha detto di cacciare il satrapo. Ma forse tra i magistrati o poliziotti e chi detiene il potere sommo c’è un’intesa naturale che non necessita di telefonate.

9. Quindi, a proposito delle responsabilità storiche di cui parla il dr Lima, se un giorno si dovessero stabilire quelle sul disastro cancro in Italia, i magistrati andranno accomunati a Berlusconi (ed entrambi a Prodi & c., che hanno fatto lo stesso). La sanità lombarda ha i suoi angeli custodi internazionali, che sono in sintonia con le toghe “rosse” sul tema di quali tra le tante forme di corruzione vanno combattute: la corruzione degli amministratori pubblici a favore di sé stessi o dei partiti. E’ una sanità che ha un bisogno vitale di disinformazione e mistificazione, es. questa sul cancro che si prende abbuffandosi; in una scala di priorità etiche e politiche, e anche giudiziarie, la vergognosa – e rivelatrice – presenza nei banchi di Nicole Minetti è in realtà tra gli ultimi aspetti dei quali ci si dovrebbe occupare guardando alla Regione Lombardia. Una sanità che deve il suo successo non solo alla giunta berlusconiana di Formigoni ma anche agli uffici giudiziari che hanno fornito impunità, repressione e propaganda. Per non parlare dell’appoggio dei “Glaxocomunisti” (v. Da quali minacce va protetta la Glaxo).

10. A meno che non sia palesemente infondata, e questo non è certo il caso, non si ha il diritto di attaccare i magistrati perché esercitano l’azione penale. Ma è lecito comparare ciò che fanno legittimamente con ciò che omettono, o che non potrebbero fare e invece fanno. Se la lotta al pornografico straripa dalle prime pagine e quella all’osceno non occupa neppure un trafiletto viene meno l’autenticità. La gente non capisce cosa avviene nel campo dell’oncologia; né, lo vedo su di me, in chissà quanti altri campi dell’economia; ma spesso vive direttamente sulla propria pelle una parte dell’osceno, e percepisce a naso che questi scandali pornografici sui media sono integrati in una situazione distorta e falsa, dove i problemi principali non si toccano, dove non ci si spinge oltre il secondario, il collaterale; ciò provoca disincanto per l’impegno sulla sfera pubblica, in una popolazione che ha già una scarsa tensione civile.

11. Il tema sessuale, sfruttato anche all’estero, es. con Clinton (v. Noemi e la nascita della sanità integrativa), colpisce nuclei psicologici profondi, dando così l’impressione di una incisività dell’azione del sistema di controllo del potere; di un profondità etica e politica che invece è latitante. L’etica non risiede nelle mutande; tanto meno l’etica pubblica. Con tutti i suoi grandissimi meriti in altri contesti, meriti per i quali le lodi non saranno mai troppe, la vulva non può occupare il posto centrale nel discorso politico. L’enfasi sui reati a sfondo sessuale nell’opposizione a Berlusconi appare come un modo, che può far comodo anche all’astuto brianzolo, di ritagliare tra lui e quelli che attualmente vogliono mandarlo via una differenza che ad un esame globale è più modesta di quanto venga cantata, date aree nere di collaborazione, come questa sugli affari sporchi della medicina.

12. Il danno che il berlusconismo – che ha avuto l’appoggio del clero – ha fatto alla costruzione di una società sana, giusta e civile è incalcolabile; il sexgate perlomeno porta alcuni a chiedersi fino a dove si spingerà l’aver messo il mercimonio alla base dei rapporti sociali. Le “pornae” nude, le prostitute di basso livello, oscurano forme moralmente più basse di prostituzione in giacca e cravatta. Si sta inoltre affermando un tipo di prostituzione più evoluto. Tomatis ha scritto di come l’industria chimica pagasse gli scienziati per nascondere gli effetti cancerogeni di sostanze chimiche. Ora forse c’è meno bisogno di corrompere tramite denaro. Con la videocrazia, con la mutazione culturale, cambiate le teste delle persone sta prendendo piede il costume, a rigor di termini impossibile, per il quale vi è chi si prostituisce gratuitamente; chi batte senza farsi neppure pagare.

13. La critica è quindi complicata dal fatto che focalizzando l’attenzione sui festini, forse più vantati che reali, dell’anziano premier, se da un lato si svia, e si alimenta ciò che andrebbe soffocato, dall’altro sotto un certo aspetto si mette il dito nella piaga: il berlusconismo, che va ben oltre Silvio, ha inoculato nella nazione l’ethos dell’harem. Il sesso che condisce qualsiasi interesse e lubrifica le relazioni sociali. Il bene e il male sostituiti dal piacere e dalla punizione, decisi da chi comanda. Un messaggio che attecchisce tra i giovani, e nelle moltitudini di adulti stupidi. Mediaset, e alla sua ruota la RAI, sicuramente hanno corrotto e corrompono en masse minorenni normali col loro messaggio. E’ OK usare il sesso perfino per la propaganda istituzionale di trattamenti medici, che invece andrebbero criticati (v. L’amore come forza antiegualitaria).

14. Il berlusconismo è l’adolescenza del liberismo. La vendita del corpo come oggetto sessuale anticipa una più ampia liberalizzazione. Nel liberismo maturo mettere legalmente sul mercato corpo e anima è ammesso, e incoraggiato come unica salvezza. Lo American journal of kidney disease (2009. 54:1145) ha pubblicato un articolo che propugna forme legalizzate di vendita di un proprio rene da parte dei poveri; per mettere fine al traffico d’organi, dicono. Si pone rimedio al male istituzionalizzandolo, al disordine con un ordine patologico; credo che questa sequenza, dalla fase selvaggia a quella regolata, avverrà anche col berlusconismo, che è propedeutico come sono propedeutici i suoi scandali: il resto del lavoro lo faranno i compassati successori di Silvio. Forse dopo il bauscia, con le sue storie di letti trafficati come negli stanchi sogni di qualche pensionato, arriveranno usurai dai modi sobri, che considereremo dei liberatori.

Copia della presente viene inviata con racc online a Piero Sierra, presidente dell’AIRC, Maria Ines Colnaghi, direttore scientifico dell’AIRC, e Roberto Iadicicco, direttore dell’AGI.

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Blog di Bruno Tinti

Commento al post “La parte lesa” del 29 gen 2011

Commovente. Come la Piccola fiammiferaia. Mi permetto di suggerirle di segnalare alla polizia o alla magistratura un possibile caso di prostituzione minorile. Però siamo seri, i bambini rendono. Ricordo una bambina di 11 anni che scappava letteralmente dai CC, che la cercavano per obbligarla alla chemio; su ordine dei giudici, ai quali l’avevano chiesto i medici. La bambina non conosceva la medicina né il diritto, ma aveva tutte le ragioni, mediche e morali, per scappare. Portava al collo una di quelle collanine ottenute da una molla fatta di un filo di plastica bruno, che aderiscono alla cute tanto da dare l’impressione di un tatuaggio. La moda di quelle collanine durò poco. Quanto la bambina. Quando morì in diversi avrebbero dovuto rispondere di omicidio; allora gli zeli si spensero, o si capovolsero, e si mise a tacere tutto. I bambini rendono:

Sos cancro nei bambini e sovradiagnosi
https://menici60d15.wordpress.com/2008/12/17/sos-cancro-nei-bambini-e-sovradiagnosi/

E gli sconci non hanno tutti la stessa fortuna. Ci sono quelli esibiti e quelli occultati:

Il pornografico e l’osceno

Il pornografico e l’osceno

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Reati contro l’economia

23 January 2011

Blog di Bruno Tinti

Commento all’articolo “Il padrone dello Stato” del 22 gen 2011

La lotta antiberlusconista centrata sulla vulva finirà come è finita per gli operai FIAT che anni fa guardando “Drive in” in tv si sentivano degli arrivati. I culetti di Ruby e di Nicole, oggi in primo piano nella riflessione politica, scompariranno come “le nevi dell’altro anno”; resterà invece ciò da cui hanno distolto. Il dr Tinti va oltre il livello porchereccio, osservando che Berlusconi prima che un mignottaro e un corruttore di minorenni è “un uomo pericoloso, come tutti quelli che commettono reati contro l’economia”.

Il tema dei reati contro l’economia, di ciò che costituisce colpa verso l’economia, è fondamentale; ma è ampiamente trascurato dati alcuni suoi aspetti irriducibilmente equivoci. Es. pochi giorni fa uno studio su un’importante rivista scientifica USA (JNCI) ha previsto che tra 10 anni la spesa per la cura del cancro, già esorbitante, sarà cresciuta di due terzi (83 miliardi di dollari all’anno in più nei soli USA). Una crescita rigogliosa che è una benedizione per l’economia; mentre se il problema cancro sparisse o si riducesse sarebbe un brutto colpo. Nella vittoriosa economia liberista, il cancro è da decenni una materia prima preziosa. Le “riserve di cancro” (RM Kaplan. Disease, diagnoses and dollars, 2009) vanno coltivate e tutelate. Non si contesta formalmente l’art. 499 del C.P. a chi vi attenti. In questi casi “delicati” si esercita l’azione penale seguendo un altro codice; come si è fatto con Falcone, che anche secondo il suo superiore Pizzillo andava fermato per il bene dell’economia.

Berlusconi non danneggia ma protegge gli aspetti criminali del business medico. I suoi pacati “oppositori”, ancor più pronti di lui nel riconoscere ai poteri forti della finanza e dell’economia una signoria sullo Stato, preso il suo posto proseguiranno, accentuandola, l’opera di protezione dei crimini dell’economia legale. Il dio dell’economia verrà saziato sempre più attraverso la malattia e le cure.

https://menici60d15.wordpress.com

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Blog di Domenico Finiguerra – Il Fatto

Commento al post “Un altro agnello ?” del 3 mar 2011

[La sostituzione dell’art. 41 della Costituzione] E’ l’adeguamento della Costituzione formale a quella reale:

Reati contro l’economia

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27 ottobre 2013

Blog de Il Fatto

Commento al post “Anm, Vietti: “Magistrati evitino invasioni”. Carbone: “Incandidabilità è questione etica” del 26 ottobre 2013

Il dr. Maurizio Carbone, segretario dell’ANM, sostiene che la magistratura svolge un ruolo di supplenza della politica anche in campo bioetico. Seguendo da anni i rapporti tra magistratura e questioni mediche, posso dire che tramite omissioni, parzialità, connivenze e interventi attivi la magistratura sta di fatto svolgendo, al fianco della politica, un articolato ruolo di complice in grandi operazioni che dovrebbero essere dette “biocriminalità”.

Poco prima di essere eletto dal Parlmento al CSM, Vietti ha dichiarato: “La sanità oggi deve essere concepita non come una spesa infruttifera per fornire ai cittadini un semplice servizio solidaristico, ma come motore di sviluppo, capace di alimentare sia la ricerca che una occupazione qualificata”. Con un’impostazione politica così radicale, non c’è da meravigliarsi che il servizio giustizia su questioni mediche divenga un servizio all’imprenditoria medica. Ricercare la crescita economica e il profitto tramite le cure mediche è roba da cannibali. Attali, banchiere, anni fa scrisse un libro che si intitola “Vita e morte della medicina. L’ordine cannibale”.

 

La questua delle multinazionali

17 December 2010

 

Blog “Sono io”

Commento al post “Supposte Glaxo” del 16 dic 2010

Con un utile netto di 5.66 miliardi di sterline nel 2009, per Glaxo i 10 milioni di euro che investe nella donazione a Telethon sono poco più della metà dei guadagni che accumula in un giorno, per 365 giorni all’anno. E’ una delle normali assurdità del pensiero unico che la gente debba finanziare la ricerca di aziende for profit che hanno bilanci grandi quanto quelli di Stati nazionali. Ma la raccolta fondi, e l’ottenere finanziamenti dai contribuenti tramite coloro che occupano le nostre istituzioni, sempre pronti a sifonare denaro dal popolo per darlo ai potenti, non serve solo a fare cassa. Il fundraising, del quale questi giganti sono gli ultimi ad avere bisogno, è anche uno strumento di marketing, che ha somiglianze con la questua durante la messa: se il singolo sostiene un’idea finanziandola, anche con un solo euro, diverrà sostenitore fedele dell’idea; l’idea entrerà a far parte del suo paradigma cognitivo e morale, per meccanismi psicologici come la dissonanza cognitiva. In questo caso l’idea è che la salute proviene dalle cure mediche centrate sull’hi-tech, costosissime, che Telethon rappresenta; e quindi anche dai sempre nuovi prodotti della Glaxo. Mentre si proibiscono e si cancellano forme di medicina meno lucrose ma più razionali e più utili al paziente. Il più corrotto settore dell’industria e del commercio si pone così su  un  elevato piedistallo etico; e le vittime col loro obolo si sottomettono all’idolo.

Riguardo a ciò segnalo il post:

“Da quali minacce va protetta la Glaxo”

nel mio sito

https://menici60d15.wordpress.com/

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Segnalazione su “Aurora” in “L’irresistible ascesa di Padoa Schioppa” e su “La voce del ribelle” in “Padoa Schioppa, uno di loro”

Padoa Schioppa dichiarò che dovremmo riconoscere che “le tasse sono una cosa bellissima”. Sono una cosa bellissima quando servono a fornire servizi pubblici, in maniera equa, efficace ed efficiente; non se divengono un sistema per sifonare risorse dal popolo per trasferirle a privati che navigano nell’oro, come ho commentato di recente a proposito dei 24 milioni di euro elargiti dal governo italiano alla Glaxo:

“La questua delle multinazionali”

La questua delle multinazionali

nel sito web

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11 dicembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post “Telethon 2015, #nonmiarrendo. Riparte la raccolta fondi in tv contro le malattie rare”

@ Paolorzo. Sono link a pagine generiche, che affermano ma non mostrano. Potrebbe per cortesia indicare gli estremi delle pubblicazioni scientifiche che riportano i 10 più importanti risultati di ricerca ottenuti da Telethon?

@ Paolorzo. I 2000 studi sono il throughput, la mole di lavoro svolto. Io, come altri, chiedevo invece quale output, cioè il conseguimento di risultati concreti, Telethon può presentare nel chiedere, da 25 anni, finanziamenti ai cittadini come impresa scientifica volta alla cura delle malattie. Gli esempi che riporti come i risultati più rappresentativi sono, al netto dello hype mediatico, quelli di terapie ancora sperimentali, cioè la cui efficacia non è stata ancora dimostrata, per due delle tante malattie rare. Una delle quali, la sindrome di Wiskott-Aldrich, se la sua incidenza in Italia è paragonabile a quella in USA, colpisce circa 1 nuovo nato all’anno.

@ Broono. Basta poco, un pizzico di verità, a fare scattare l’insulto… Bisognerebbe avvisare Luigi Naldini e gli altri ricercatori, Francesca Pasinelli, Luca Cordero di Montezemolo e gli altri mecenati, i responsabili del marketing e comunicazione di Telethon, che vi è un tale, tu, che propaganda Telethon con insulti e con argomenti a livello di Stamina. Pretendere di definire efficace una terapia con criteri stabiliti a piacimento, e dando del cialtrone a chi osserva che non lo è né di fatto né finora neppure formalmente, configura un orientamento truffaldino.

Come è stato osservato, la strategia delle case farmaceutiche di puntare sulle malattie rare favorisce truffe del genere, prevedendo, a partire dall’Orphan Drug Act del 1983, un allentamento dei criteri per l’approvazione*. E’ interessante che si rivolgano alle malattie rare le stesse imprese scientifiche che hanno supporter come te, molto più vicini ai compari che attirano i polli al banchetto coi tre bussolotti e allontanano gli astanti indesiderati insultandoli, che agli appassionati animati dal sacro fuoco della scienza.

*Rose H, Rose S. Genes, cells and brains. The Promethean promises of the new biology. Verso, 2013.

@ Broono. L’onere della prova è su chi afferma; e prima di questo c’è l’obbligo morale – e anche legale – di non riportare risultati non veritieri, es. far credere al pubblico al quale si chiedono soldi che si è riusciti a stabilire nuove cure di malattie quando in sede scientifica si sono presentati risultati che non si sono potuti definire che col solito, logoro “promising”. Ci sono specialisti, come K. Applbaum, che sostengono che oggi la ricerca biomedica sia marketing-driven, funzionale al marketing. Telethon con le sue scelte strategiche singolari e aderenti agli indirizzi del business biomedico, col suo rapporto sproporzionato tra risultati concreti e amplificazione mediatica, tra l’enfasi sugli aspetti emotivi e la reticenza su quelli tecnici, appare essere un caso da studiare sotto questo aspetto. E non solo sotto questo aspetto; il tuo modo di intervenire e ragionare è inquietante. Non ci si aspetterebbe di sentire questi discorsi di bassa lega in chi perora una causa come quella che Telethon dice di avere sposato. La diagnosi di truffa non è una mera “probabilità di esclusione” per chi presenta risultati in maniera falsa e ingannevole con la grancassa mediatica, dà del cialtrone apicale, dell’incapace, del probabile ciarlatano, a chi si azzardi a chiedere a chi propaganda una campagna fondi di citare gli articoli sui quali gli asseriti successi sono riportati, e maneggia cavilli e caciara come il più consumato sensale.

@ Broono. Le pubblicazioni “fiori all’occhiello” di Telethon del 2013 le ho lette nel 2013. Insieme al cospicuo materiale propagandistico che le ha accompagnate. Avrei voluto sincerarmi che non ce ne fossero altre, ma la mia sacrilega curiosità è stata fermata. Che vi siano bufale e frodi nella ricerca medica lo dicono ormai tantissimi addetti ai lavori; per dirne uno Gotszche, della Cochrane, nel libro Deadly Crimes, dove mostra come la ricerca biomedica abbia una dimensione genuinamente criminale. In Italia ciò viene tenuto nascosto al grande pubblico tramite la censura, anche con addetti come te. Né sono certo il solo a criticare Telethon, v. es. Testart. Mi auguro che i ricercatori Telethon non applichino la tua logica, come il tuo dilemma falso per il quale o farnetico oppure sono l’unico ad avere capito in un mondo di stupidi. Forse una disgiunzione esclusiva migliore è se sono pazzo io, come dici, o se è disonesto qualcun altro. Il fatto che un delitto non sia perseguito – in Italia – non significa che non esista. Alla magistratura penale su questo caso andrebbero esposte diverse cose, incluse le tue interessanti vanterie di avere il loro placet.

@ Broono. Le scie chimiche sono il livello al quale la scienza marketing-driven è costretta a paragonarsi per sembrare scienza. Se uno ha il poker che dice di avere non ha bisogno di rispondere a chi chiede di vederlo con la diffamazione, la diagnosi di disturbi mentali e l’invito ad andare dal magistrato: lo mostra. E’ quando si chiama un bluff che la reazione è scomposta. I coniugi Rose sono affermati professori ordinari a Cambridge e alla London School of Economics. Il libro di Gotszche ha le prefazioni elogiative di un direttore del British Medical Journal e di un editor del JAMA. Testart, l’autore che ha descritto Telethon come un raggiro e una propaganda ideologica fuorviante, è un direttore di ricerca di riconosciuta capacità. Autori che non sono come coloro che per raccogliere soldi e consenso nel sacro nome della causa accampano successi inesistenti e fanno gridare “complottista” da qualche scagnozzo a chi li smentisca. E’ stato detto che è il codice penale ad essere complottista là dove prevede l’associazione a delinquere. Stai tranquillo che, con o senza la magistratura che hai citato come testimone, raccontare a quali sistemi ricorre Telethon per poter sfoggiare asseriti intenti umanitari e successi scientifici è tra i compiti che mi pongo. Già questa tua esibizione mostra quali “argomenti” la filantropia di Telethon oppone a chi non si beve i suoi sciropposi programmi tv e la sua ingannevole promozione di interessi speculativi sulla salute.

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22 dicembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento  al post “Telethon 2015, record per la ricerca sulle malattie genetiche: raccolti 31,5 milioni”

Non è chiaro su quali basi Telethon si attribuisca il merito di un asserito raddoppio negli ultimi 10 anni dell’aspettativa di vita delle persone affette da distrofia muscolare. Una recente review* (che riporta 12 diverse case farmaceutiche nella sezione “competing interests”) mostra che i lenti miglioramenti della sopravvivenza, avvenuti nei decenni, degli affetti dalla più comune forma di distrofia muscolare sono associati a una serie di misure terapeutiche convenzionali che rendono comunque pesante la vita dei pazienti. Uno studio francese pubblicato nel 2013 attribuisce l’aumento della sopravvivenza principalmente alla ventilazione meccanica attraverso tracheostomia. La review conclude che le case farmaceutiche stanno investendo molto nella terapia genica, dalla quale sperano di trarre profitti; e che dato il loro elevato costo, simili terapie dovrebbero mostrare un chiaro benefico complessivo per essere adottate; ma ”sfortunatamente per ora c’è evidenza insufficiente che alcuno dei nuovi farmaci sviluppati possa ottenere questo desiderabile risultato”.

*Strehle EM, Straub V. Recent advances in the management of Duchenne muscular dystrophy. Arch Dis Child, 2015. 100:1173.

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28 dicembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Ferri “Disabilità, l’irresistibile entusiasmo della ricerca”

L’entusiasmo nella ricerca è utile quando è, applicando un concetto dell’informatica, incapsulato. Quando cioè spinge a fare ricerca nella giusta direzione, avendo passato il vaglio dell’etica e della ragione, ma non interferisce, non è presente nella ricerca stessa, nella quale bisogna essere freddi e distaccati. Lasciarlo a contatto con la ricerca, cioè fare ricerca sotto il pungolo della gratificazione personale o di altri impulsi emotivi, fa danni. Es. porta non a ricercare ciò che utile al paziente, ma a definire utile ciò che si sa ricercare. Spinge a lavorare per la speculazione, nel caso della irrazionale ricerca delle terapie geniche, volta più al profitto che ai malati. Aiuta il cavallo di Troia della compassione per gli affetti da malattie rare, che porterà a una deregulation della ricerca, anche di quella sulle malattie comuni*. Per fare buona ricerca biomedica bisogna prima di tutto commuoversi per la sorte dei malati; e quindi operare a occhi asciutti e senza speranza, dimentichi sia di loro che di sé stessi. Al contrario nell’attuale ricerca marketing-driven prima si fanno calcoli egoistici e cinici e poi si supplisce alla carenza di risultati con piagnucolamenti, canti e trombettieri che suonano la carica.

* Drugs for rare diseases: mixed assessment in Europe. Prescrire International, 2007. 16: 36. “Adaptive licensing” or “adaptive pathways”: Deregulation under the guise of earlier access. Brussels, 16 October 2015, Joint briefing paper.

@ Massimo Ferri. Evidentemente per chi si occupa di matematica pura, un campo di ricerca stratosferico che non conosco, ma che prevede ferrei sistemi di controllo dei risultati, è possibile e vantaggioso lasciare operare emozioni “unbounded”. Ma in medicina occorre tenere molto bene separati sentimenti e ricerca. Il distacco emotivo e l’assorbimento per la ricerca sono due entità diverse. “Lo scienziato impegnato a fondo in un problema non dedica una parte del proprio tempo alla sua soluzione, ma la meditazione di quell’argomento è lo stato di equilibrio o il punto zero del quadrante a cui la sua mente tende a fare ritorno automaticamente ogni qualvolta non è occupata da altri pensieri.” (Medawar). Ciò è diverso dalla tanto decantata unione tra istanze umanitarie e scienza in medicina; sulla cui dannosità v. Annas GJ. Questing for Grails: Duplicity, Betrayal and Self-Deception in Postmodern Medical Research. J Contemporary Health Law Policy, 1996. 12: 297.

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30 gennaio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Patitucci “Cancro, “in futuro possibili diagnosi con analisi del sangue”. Tornano le arance della salute dell’Airc con 15 mila volontari”

Su come questo incipiente nuovo business delle diagnosi di cancro con “biopsia liquida” mentre sembra un altro regalo della scienza all’umanità sia avventato, irrazionale e pericoloso per la salute, vedi R. Hoffman, “Grail’s search for a universal cancer screen: noble quest or fool’s errand?” e il capitolo “Assumption #4 – It never hurts to get more information” in Welch H. G. “Less medicine, more health” Beacon Press, 2015.

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Vedi: Telethon. La manipolazione dello sperabile e la squadra pro-truffa. In: Milizie bresciane, 13 febbraio 2016

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18 maggio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Tumori, De Luca: “Dalla Campania un vaccino contro il cancro entro 2 anni”

Dal clientelismo democristiano alla ciarlataneria liberista. Il sangue di San Gennaro si liquefà, per via soprannaturale secondo chi ci crede, tre volte all’anno. Invece nei paesi progrediti gli annunci che seri scienziati avrebbero finalmente scoperto cure risolutive per il cancro sono continui, in pratica giornalieri (1,2). Le promesse di De Luca e Telethon di medicine portentose sono un altro elemento che fa presagire che quello che gli elettori riceveranno in futuro sarà l’industria del cancro, nella quale loro saranno materia prima.

1 West J. Your daily ‘Miracle Cure’ for cancer. Medscape. 2 maggio 2016.
2 Abola MV, Prasad V. The use of superlatives in cancer research. JAMA Oncol, 2016. 2: 139.

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1 luglio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Patitucci “Terapia genica con staminali “efficace contro l’Ada-Scid, la sindrome dei bambini bolla”

Un’alternanza di troppo e troppo poco. Prodotti molto elaborati, ma standard scientifici bassi: scarsi i controlli, che sono il cuore del metodo sperimentale. Lo studio, fase I-II, non è disegnato per valutare l’efficacia, e il gruppo di controllo è assente. Né si è voluto mostrare un controllo riportando la gravità, che può essere molto variabile, della malattia per ciascuno dei 18 casi, dando solo alcuni dati sommari. Tanto marketing, con RVM commoventi e edificanti alla Barbara D’Urso; e informazioni tecniche approssimative e ingannevoli; tripudio e celebrazioni per il “miracolo” (Corsera). Silenzio sul carattere marginale dell’asserito successo: le dita di una mano bastano e avanzano per contare i casi all’anno interessati in Italia (scelti perché è la malattia offre le maggiori possibilità di ottenere risultati alle grandiose promesse della terapia genica). Sulle ulteriori limitazioni della terapia, che comporta un chemioterapico su neonati, che resta una seconda scelta e riguarda solo un aspetto di una sindrome metabolica che ha altri deficit, anche mentali. Sui costi esorbitanti (la Glaxo nel rifiutare di dire il prezzo ha promesso che sarà “significantly less” del Glybera; che costa 1 milione di euro a trattamento). E soprattutto sulla costruzione della scappatoia delle malattie rare, con le quali si giustificano bassi standard scientifici e li si estende all’immissione di farmaci di dubbia efficacia e sicurezza nel mercato di massa.

@ Paolorzo. La malattia, quando c’è davvero (deficit di ADA e SCID si intersecano solo parzialmente; e andrebbe detto) è congenita e richiede un intervento precoce; si tratti di neonati o bambini, su organismi in crescita la chemio non fa bene, ma può causare danni che si manifestano anche nel lungo periodo. Per il resto, che vuoi che dica a uno che sostiene che uno studio che non solo non è randomizzato e con un braccio di controllo ma trascura anche i controlli che sarebbero stati possibili, e doverosi, quelli rispetto alla baseline (come si faceva un tempo anche per gli studi sulle cure per l’ADA-SCID) sia addirittura una “sorta di fase III”. Inutile chiederti per quali motivi allora si richiede un gruppo di controllo vero per verificare l’efficacia di una terapia, o come uno studio senza controllo possa mostrare efficacia spuria; anche del 100%. Il controllo non c’è ma è come se ci fosse, dici. Certo che a voi supporters Claude Bernard e Enrico Fermi vi fanno un baffo. Sii orgoglioso di questa tua impostazione scientifica; fini epistemologi la chiamerebbero “baconiana”, da Francesco Bacone, in quanto ricalca il suo metodo, riportando la scienza a prima di Galilei; oppure la si potrebbe chiamare “a controllo virtuale”, che suona hi-tech; a me, nella mia “fumosa prosopopea basata sul nulla”, ricorda i pataccari di strada che vogliono convincere il passante che il loro falso orologio di marca è più bello e va meglio di quello autentico.

@ Paolorzo. Non mi risulta che il trapianto autologo di staminali emopoietiche sia stato finora l’unico trattamento curativo e risolutivo, come scrivi. Il contributo maggiore del gruppo San Raffaele Telethon appare essere stato quello di impiegare un conditioning con busulfano più leggero prima della terapia genica. Il trapianto di midollo osseo HLA-identical da familiare donatore, quando possibile, resta la prima linea di terapia. Sulle limitazioni della verifica sperimentale della terapia genica, chi si mette in condizione di dover sostituire la propria automobile con un monopattino non può dire che quel monopattino è un’automobile. Resta un monopattino. E non si dovrebbe poter prendere una seconda linea terapeutica per una patologia rarissima, che secondo alcuni autori ha una frequenza di 1 su un milione di nascite, che obbligherebbe, secondo la tua linea, alla sostituzione dell’auto col monopattino, cioè all’abbattimento dei criteri, farne un caso, fare passare il principio che tutti i “monopattini” vanno considerati come automobili, e impostare un vendita sistematica di “monopattini” a prezzi da automobili.

@ Paolorzo. “Hematopoietic stem cell transplantation (SCT) from an allogeneic human leukocyte antigen (HLA)-compatible sibling donor is the preferred treatment.” Questo scrivono all’aprile 2016 i ricercatori che secondo te avrebbero surclassato il “vecchio” trapianto. I farmaci “innovativi” possono contare su sostenitori più monarchici del re, che sistematicamente gonfiano i già esagerati annunci dei ricercatori.

@ Paolorzo. “Se”. Sì, se davvero si dimostrasse migliore sarebbe migliore. Una verità a priori. Ecco un caso dove la differenza tra l’indicativo “ è migliore” e il congiuntivo, “se si dimostrasse migliore”, non è una pedanteria.

Che una terapia sperimentale venga approvata da dei burocrati per l’immissione nella pratica clinica per me non è una buona notizia, per i motivi che ho riassunto sopra a Brisk. Si sta spingendo per queste approvazioni “half-baked” anche in USA, soprattutto per quel gruppo di “wonder drugs” accomunate da interessi speculativi, grandi promesse, battage propagandistico e zelantissimi appoggi istituzionali, come la terapia genica e le staminali; e non solo ricercatori e pazienti, ma perfino industrie avvisano contro le “grave consequences” che possono derivarne*. Che poi a dare il via libera sia la UE, che ha sostenuto che il controllo sull’efficacia e la sicurezza dei farmaci sia una questione di politica industriale prima che una questione medica, non è rassicurante.

*Joseph A. Drive to get more patients experimental stem cell treatments stirs concern. STATnews, 30 giugno 2016.

@ Ugo Lopez. Sto dicendo che il rapporto prove/propaganda; il rapporto tra i risultati limitati e incerti riportati sulle pubblicazioni scientifiche e gli splendidi risultati diffusi al pubblico tramite i media; il rapporto tra tutele etiche e interessi pecuniari; il rapporto tra impegno e effetti, quello tra promesse e progressi; e il rapporto tra i possibili benefici clinici alla popolazione e le conseguenze di politica sanitaria negative per la salute della popolazione, sono tutti molto lontani dall’essere brillanti; e dovrebbero spingere allo scetticismo e alla diffidenza piuttosto che al giubilo e alla venerazione. Quelli che hanno intascato riconoscenti gli 80 euro della stessa presidenza del Consiglio che oggi celebra il “primato italiano” sulla ADA-SCID dovrebbero avere imparato che se si considera il quadro più ampio del quale certi regali, certe apparenti elargizioni benefiche, sono parte integrante, se si fa il bilancio del dare e dell’avere, non si dovrebbe essere esultanti. Più che capire il mio post, è difficile superare la fede di tipo religioso nella potenza dell’attuale tecnologia medica.

@ Brisk. Lei solleva un aspetto centrale: la confusione imperante tra scienza e clinica. La scienza procede per errori, per tentativi e correzioni, e ha le sue regole, che contrastano a volte coi nostri sentimenti; ma la clinica non può essere tentativi o cure non adeguatamente testate su pazienti. Invece oggi la ricerca viene trasformata dal marketing (Telethon primeggia in questo) in una relazione di cura; così si nega il dovuto rigore scientifico nello sviluppo delle cure, con obiezioni di sapore etico, come le pelose presentazioni di casi commoventi, le “cure compassionevoli” e la necessità che sarebbe prioritaria di “fast approval”. E la clinica viene trasformata in ricerca anarchica, in innovazione economica shumpeteriana senza pace; negando le dovute tutele ai pazienti, immettendo cure non sufficientemente testate (e a volte immettendole contro l’evidenza) in nome di una entità suprema chiamata “scienza”. Ma così sia la scienza vera, sia la vera medicina, che aiutano l’Uomo nella sua condizione terrena, vengono stravolte in magia. Le segnalo, sulla necessità di non accettare ma di contrastare la conflazione di scienza e clinica, la necessità di considerare le due come entità distinte:

Annas, GJ. Questing for Grails: Duplicity, Betrayal and Self Deception in Postmodern Medical Research. Journal of Contemporary Health Law Policy, 1996. 12: 297.

@ Brisk. Sul piano tecnico, c’è un forte movimento, denunciato da più parti, volto a indebolire i criteri scientifici di approvazione dei farmaci; anche facendo leva su casi del genere. In questi giorni senatori USA, per fare approvare a una recalcitrante FDA un farmaco per la distrofia muscolare che non ha le carte in regola (nel cui sviluppo è pure coinvolto Telethon) da un lato fanno pressioni col loro potere, dall’altro esibiscono i casi pietosi dei bambini affetti. Sul piano generale, quello del “fare comunque qualcosa” è un paralogismo che riguarda le radici antropologiche della convivenza sociale. In una concezione individualista ciascuno prende quello che può, senza attendere, e al diavolo gli altri. Anche se quello che si prende sono un pugno di mosche, a beneficio di venditori che hanno interesse a offrire rimedi “quick and dirty”. Se invece si ha una concezione comunitaria, se ci si sente non isole ma parte di un continente di umanità, si fanno le cose per bene, ovvero in maniera scientifica, e non fintamente scientifica, da maghi; così che, se non noi, chi verrà dopo potrà contare sulle migliori cure ottenibili. E nel frattempo si ottimizzano le cure e l’assistenza possibili ai malati, senza negarle dirottando le risorse verso chi promette cure prodigiose. E’ singolare che sotto al sentimentalismo sdolcinato vi siano feroci interessi economici, mentre la razionalità arcigna e senza cuore potrebbe essere strumento autentico di servizio agli altri.

@ Brisk. Non aderisco ad alcuna particolare filosofia, salvo forse l’utopia borghese di un mondo equilibrato. Non è che un singolo debba contare meno di un milione di persone; è che l’illusione rifilata al singolo mentre non lo salva condanna anche gli altri. Qui stiamo parlando non di grandi sistemi filosofici, ma di sistemi fraudolenti, che tolgono la borsa senza dare la vita che promettono; e che si basano proprio sulla disinformazione.

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6 agosto 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di PRESSapoco “Screening neonatale, votata la legge ma nessuno deve saperlo”

Le malattie rare consentono di vendere farmaci costosissimi aggirando i già corrivi controlli standard *. Es. è stata appena approvata una terapia per l’ADA Scid, presentata come un successo italiano. Non è stato detto che costerà 665000$ a paziente. Né che avere dubbi sull’efficacia è lecito**, e quindi doveroso (ma poco salutare, dato il sistema di protezione mafiosa istituzionale per questi affari). Gli screening neonatali sono funzionali al business nascente delle malattie rare. Molte malattie genetiche e metaboliche non hanno meccanismi patogenetici semplici e netti, come invece viene fatto credere al pubblico: al dato di laboratorio considerato marker positivo può non corrispondere un futuro sviluppo di malattia, o la malattia può essere espressa in forma lieve. Gli screening possono sia allargare la quota di bambini etichettati come malati e quindi il volume di affari, sia simulare una parziale efficacia dei farmaci, data in realtà dai casi che comunque sarebbero rimasti asintomatici o avrebbero sviluppato forme lievi. E’ uno schema già rodato con gli screening per il cancro. Toglierebbe denaro al SSN per la routine regalandolo alle case farmaceutiche. L’aspetto peggiore è che creerebbe piccoli malati.

* “Adaptive licensing” or “adaptive pathways”: deregulation under the guise of earlier access. 16 ott 2015, Joint briefing paper. Prescrire.org
** Garde D. There’s a possible cure for ‘bubble boy’ disease. It will cost $665,000. Statnews, 3 ago 2016.

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10 settembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Scuola, Fondazione Telethon lancia campagna sull’inclusione dei bambini affetti da malattie rare – VIDEO”

Censurato. (Copia inviata p.c. alla presidente del Tribunale dei minori di Venezia)

La presidente del Tribunale dei minori di Venezia ha spiegato come “Abbiamo salvato un bambino non ci siamo riusciti con Eleonora [Bottaro]”*; facendogli d’autorità asportare un occhio, data una diagnosi di tumore. A parte i casi specifici, che necessitano della conoscenza dei dettagli per essere valutati, appare che i magistrati siano solerti nel contrastare le cure ciarlatanesche (a volte dopo averle virulentate, v. Stamina); ciò sarebbe meritorio, se i magistrati non considerassero, con una comparazione errata – e ricercata – la medicina ufficiale, in realtà infestata da deviazioni speculative, come un supremum indiscutibile. La campagna Telethon nelle scuole sulla “inclusione”, singolarmente limitata ad un settore nosologico ristretto – che sta divenendo “invasivo” – può, dietro la facciata pedagogica, favorire l’agenda delle malattie rare, che è descrivibile come una gigantesca operazione per legalizzare frodi mediche**. Le “malattie rare” oggi non coincidono più come si fa credere con le malattie trascurate, tutt’altro. Su questo empito filantropico verso la popolazione scolastica della medicina “scientifica” d’assalto supportata dalle banche i magistrati non pensano di dover vigilare a tutela dei minori.

* Il Mattino, 7 set 2016.
** “Adaptive licensing” or “adaptive pathways”: Deregulation under the guise of earlier access. Brussels, 16 October 2015, Prescrire.org. House orphan drug proposal: a Windfall for Pharma, False ‘Cure’ for Patients. Public citizen, dic 2015.

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27 settembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Gianni “Disabilità, perché lo spot di Zalone non mi fa ridere”

Con la retorica dell’antiretorica, Zalone aiuta un messaggio culturale pernicioso: che il finanziare “la ricerca“ permetta di prevedere a breve future cure. E’ la versione attuale della dottrina di Vannevar Bush sulla messa a reddito della ricerca di base. Strumentalizzando il sano impulso di aiutare bambini malati, si favorisce lo sviluppo di farmaci lucrosi, approvati sull’onda dell’emotività calpestando l’evidenza scientifica. In USA il Sarepta, “an elegant placebo” da 300000$/anno per la m. di Duchenne è stato appena approvato contro il parere degli esperti; presentando bambini in carrozzella e uno studio scadente del quale ora si chiede il ritiro come viziato. I bambini resteranno malati, e potranno subire danni dalle nuove terapie; le risorse per l’assistenza possibile per loro e per chi è affetto da altre malattie rare o comuni verranno distolte a favore di prodotti fraudolenti. Le possibilità della scoperta autentica di cure per le future generazioni tramite ricerca seria verranno bloccate da questa ricerca affrettata basata sul marketing e orientata al profitto.

Il marketing biomedico fa un ampio uso di appelli alla solidarietà umana. Es. si lanciano nuove “malattie” sostenendo di voler “togliere lo stigma”. Una satira di questo genere di retorica è in “Cado dalle nubi”: la canzone dove Zalone difende e compatisce gli omosessuali per la loro “malattia”. E’ un peccato che un artista di talento si metta al servizio di ciò che come pochi saprebbe smascherare.

@ Stefano B. Certo che ci pagano. A carriolate. Come hai fatto a capirlo? Vorrei cederti parte di quello che ricevo, o anche tutto, da dividere coi tuoi colleghi, ma so che gente della tua intelligenza e sensibilità non si lascia nè sviare nè corrompere. Per favore, non dire nulla all’ordine dei medici o ai NAS, o ad altri difensori dei benefattori medici dell’umanità, altrimenti passo un guaio.

@ Fabio62. Il mio è un discorso generale. Al quale la SMA non appare fare eccezione. Mi informi lei per favore sulla “storia” dei futuri successi. Perché una casa farmaceutica che ha grandi mezzi, e prospettive di guadagno stratosferiche a sentire ciò che promette, che firma accordi milionari sul futuro sfruttamento del farmaco, dovrebbe chiedere denaro al pubblico con degli spot per finanziare le sue ricerche sui suoi imminenti successi? Proprio su un fronte dove si starebbero ottenendo vittorie? E’ un controsenso sul piano economico ed etico. In genere ciò si fa per creare consenso, col quale supplire al merito. Io non vedo studi adeguati che convalidino i miracoli promessi. Può indicarmeli? (Gli studi, non la pagina dell’associazione che, come nel caso USA citato, spinge a favore del business). Vedo invece la solita tecnica di introduzione di nuovi prodotti, per asseverazione tramite propaganda anziché tramite presentazione di validi dati scientifici. I successi scientifici non sono prevedibili su basi storiche di avanzamento della ricerca. I business speculativi invece si.

29 settembre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Bizzarri “Checco Zalone, bene l’ironia ma i disabili non sono dei privilegiati”

L’ironia è stata riconosciuta come uno dei 4 tropi retorici fondamentali nel ‘700 da GB Vico. In quegli stessi anni Swift mostrò come usare il cinismo satirico a fini moralistici con la “Modesta proposta”. Ma per molti la trovata che Zalone gli scodella è una novità; e si esaltano, come quei verginoni che scoperto il sesso a 40 anni si mettono a spiegarne le delizie agli altri. Lo spot adula, facendolo sentire intelligente e sensibile, lo spettatore medio; che in cambio accetta l’effetto Carosello, cioè di confondere il valore estetico ed etico del siparietto con il valore di ciò che si vuole vendere. La finalità dello spot è di educare il pubblico ad appoggiare nuovi costosissimi farmaci; oggi uno per la SMA per il quale gli analisti prevedono un fatturato di 0.47 miliardi di $ nel 2023. Nell’ambito dell’operazione più ampia sui farmaci per le malattie rare, che si prevede avranno una crescita di fatturato del 12% composto annuo. In USA si sta discutendo preoccupati di tale operazione, che si basa da un lato sull’abbassamento dei criteri di approvazione e dall’altro sul coinvolgimento emotivo di malati e pubblico; una ricetta che ha già cominciato a far immettere prodotti inefficaci e che prosciugano risorse. I due ingredienti principali sono la corruzione delle classi dirigenti e l’ignoranza presuntuosa del pubblico; l’Italia, un popolo di fini intellettuali governato da integerrimi politici, è quindi al sicuro.

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12 ottobre 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara “Famiglie SMA: “Grazie a Checco Zalone raccolti 250mila euro per campagna contro l’atrofia muscolare spinale”

Censurato

I poveretti che non comprendono la grandezza morale dello spot, gli infelici ai quali è precluso lo stato di godimento estetico continuato dato dall’immane capolavoro zaloniano, si crogiolino in basse considerazioni degne della loro condizione. La campagna, ora camuffata da raccolta fondi per l’assistenza medica e sociale, è a sostegno dell’introduzione di un farmaco:

“La tradizionale campagna di raccolta fondi nazionale, che si svolgerà dal 24 settembre all’8 ottobre, acquista oggi un significato tutto particolare: sarà infatti tutta concentrata sul raggiungimento di questo obiettivo di supporto alla distribuzione del farmaco.” (F. Lozito. Avvenire, 7 set 2016).

Farmaco che fatturerà, prevedono gli analisti, 470 milioni di $/anno. Perché – direbbe Franti – farmaci “ultra-scientifici” invece di imporsi da soli sono spinti con argomenti emotivi? Gli inferiori non smossi da questo spot rivolto a persone colte e civili maligneranno che i farmaci che invece che con il solo processo scientifico onesto e adeguato vengono introdotti con l’appoggio della propaganda non funzionano. In USA c’è un’altra lucrosa terapia genica, per la distrofia muscolare, la cui approvazione è stata forzata con gli spot; e che una mutua privata si sta rifiutando di rimborsare come “not medically necessary”. A fare le spese di questo genere di “scienza” – secondo i perbenisti piccolo borghesi – saranno i bambini affetti, le famiglie e tutti gli altri malati, ai quali verranno così sottratte risorse.

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10 gennaio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara “Terapia genica, Luigi Naldini: “Così l’esistenza di molti bambini è cambiata in meglio”

Il “gerrymandering” che enfatizza le malattie rare – citate da Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno – permette dietro all’immagine sacra del bambino malato manovre speculative dello stesso livello di quelle dei salvataggi bancari a spese dei cittadini (e della stessa radice; non sorprende che sia sostenuto dalle banche); ma più gravi, dato il loro impatto negativo sulla salute. Permette infatti approvazioni con controlli ridotti, e di vendere quindi farmaci dall’efficacia terapeutica nulla o dubbia (ma non privi di effetti avversi) applicando il “premium pricing”. Coartando il concetto di malattia rara tende ad estendersi alle malattie comuni, con sotterfugi come il “salami slicing”, aggirando così i controlli e i limiti anche per la massa dei pazienti. Elementi fondamentali dello schema sono la definizione di malattia e di nuovi sottogruppi tramite biomarker e la “diagnosi precoce”, che inevitabilmente porteranno a sovradiagnosi (che permettono di presentare “risultati” terapeutici). La politica e l’informazione invece di fermarsi ai buoni sentimenti da talk show dovrebbero considerare che il combinato di attenzione sproporzionata, propaganda, manipolazione della nosologia e deregolamentazione non porti a un “cambiamento dell’esistenza di molti bambini” – e anche di molti adulti – in peggio, con un bilancio complessivo negativo per la collettività.

Herder M. What is the purpose of the Orphan Drug Act? PLoS Med, 2017. 14; e1002191. E citazioni.

@ Beta. Quanto dico dell’attuale distorsione della ricerca sulle malattie “rare” è il trasferimento sul piano politico di critiche e allarmi lanciati da esperti, anche da Brussels, su una nuova direzione impostata dalle multinazionali farmaceutiche globalmente. Partita dagli USA (anche tramite l’ODA), riguarda anche la UE, es reg. 141/2000*. Telethon, dopo avere spinto per la promessa sostanzialmente mancata – come era prevedibile – della terapia genica, ora ha aggiunto esplicitamente il tema delle malattie rare. Sempre con la formula della propaganda mediatica che strumentalizzando il dolore supporta una ricerca tanto sofisticata quanto basata su presupposti e catene di assunti errati o fragili. E’ stato detto che “un giorno tutti i tumori saranno malattie rare”. L’Italia non appare estranea alla nuova strategia. Es. la scelta da piano industriale dei politici (5S in testa) di allargare gli screening neonatali obbligatori per le malattie rare, portandoli a 40, senza indicare le malattie; non partendo quindi dalla singola patologia e dal bilancio della validità e utilità dei test. E’ già avvenuto che premure preventive portino a fatturati astronomici per chi vende e ad un forte aumento delle persone, qui bambini, falsamente etichettate come malate, senza che i benefici promessi si avverino.

*Gibson S et al. Why the Shift? Taking a Closer Look at the Growing Interest in Niche Markets and Personalized Medicine. World Medical and Health Policy, 2015. 7:1.

@ Beta. L’europeo ““Adaptive licensing” or “adaptive pathways”: Deregulation under the guise of earlier access” Prescrire, ott 2015 ? Questa è un’operazione anche economica e politica, nell’ambito di un mercato dove i miliardi di euro corrono come noccioline, e non si dovrebbe storcere il naso se la trattano, come avviene, anche riviste internazionali di legge e di economia. Come in altri casi, alcuni giuristi ed economisti, in possesso di strumenti adatti, per la conoscenza degli ambienti del business, e perché meno coinvolti direttamente, muovono critiche puntuali e istruttive, meglio di tanti ricercatori biomedici. (C’è anche una monografia italiana del 2007, che non ho letto, da un convegno su “Malattie rare: la ricerca tra etica e diritto”).

Lei non solo vede la figura dello scienziato come l’unico tra gli esperti che possa giudicare. Ma gli attribuisce una onniscienza, estesa al futuro, che fa parte dell’attuale diseducazione sulla scienza, una volgarizzazione della dottrina di V. Bush: la credenza che si possano predire i successi scientifici, e ottenerli purché si dedichino loro sufficienti risorse. Si ignora la plausibilità iniziale, e per una “slothful induction”, decenni di fallimenti; si sostituisce al necessario ragionamento bayesiano un bayesanesimo fraudolento che crea priors fittizi con la propaganda come quella di Telethon; le citerei articoli a riguardo ma temo che lei li esamini attraverso la sua ottica, che non si limita a ingrandire.

@ Beta. E’ verissimo che spesso chi fa parte della classe dirigente o del ceto intellettuale non sa, non essendo addentro. E che a volte abbracci lo stesso modello di malattia presentato sulle riviste femminili prima delle pagine dei lavori a uncinetto. L’agenda della ricerca scientifica biomedica viene distorta in radice e per i rami dagli interessi economici. Così che chi conosce e analizza il mondo degli affari a volte diviene adatto a spiegare dove si vuole andare a parare nella “Scienza”. Avviene es. regolarmente sul Wall Street Journal. O a volte partecipa attivamente; es. permettendo che l’autorevolezza del potere giudiziario su temi scientifici (Jasanoff) sia usata per propagandare un dato tema. Sui danni del persistere sulla terapia genica e altre agende imposte dal business v. esempio Joyner et al.What happens when underperforming big ideas become entrenched. JAMA, 28 jul 2017. Su il “time will tell”: Kaptchuck TJ. Effect of interpretive bias on research evidence. BMJ, 2003. 326: 1453. Paolo VI disse che l’Osservatore Romano non considera il mondo com’è ma come dovrebbe essere; anche lei ha una visione curiale di come vanno le cose nella ricerca biomedica.

@ Beta. I politici e gli scienziati muovono entrambi i passi voluti dall’industria; ma, dice lei, è solo un’apparenza che ballino assieme; sono in realtà indipendenti, nonostante disegnino un’unica danza; come le monadi di Leibniz. Anzi, agli scienziati dispiacciono i passi dei politici (che i politici dicono di fare su parere degli scienziati). Converrà che ci sono spiegazioni più parsimoniose: es. che stiano ballando assieme. Stamina, lanciata nel policlinico della facoltà di medicina presieduta dall’allora presidente dell’AIFA, mostra ciò che dico: propaganda per fare assorbire al pubblico un modello di credenze irrazionali, che renda credibili i proclami e le promesse della scienza “seria”.

@ Beta. Lei non vede i gravi pericoli della operazione malattie rare; e neppure la corruzione diffusa nella ricerca, ammessa pure da molti ricercatori. Sapesse quante cose avvengono a sua insaputa. Credo che prima di accusare di “complottismo” bisognerebbe considerare il concetto di “crimine dall’alto”, una generalizzazione della “eversione dall’alto” di Gramsci e dei “ricchi che rubano” di Travaglio. Sull’innocenza dell’establishment biomedico su Stamina, in questi giorni si addebita alla “psicosi” del pubblico la corsa indiscriminata al vaccino antimeningococco dopo che si è sollevata la paura per una pseudoepidemia costruita ad arte. Questo mostrare indignazione o sconcerto per ciò che si è suscitato lo chiamo “i rimproveri della maitresse”. Sono d’accordo con lei che molte persone si approfittino di gente disperata per lucrare.

@ Beta. Se la scienza funzionasse come dovrebbe, non ci sarebbe bisogno di doversi ridurre alla logora parafrasi dell’autodifesa del clero, con la missione salvifica dei ricercatori al netto delle solite mele marce. Nè di caricaturizzare la denuncia di degenerazioni sistematiche che vanno a costituire un nucleo di autentica criminalità, sia pure dal bavero bianco; parallela alla criminalità in giacca e cravatta che vende junk bond (e a volte direttamente legata ad essa, vedi M. Milken). Criminalità non solo impunita, ma che fa la morale e impartisce direttive.

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18 maggio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. Patitucci “Corea di Huntington, speranze dalla terapia genica. La senatrice a vita Cattaneo: “Mai più discriminazione”

In generale, etica della ricerca e cultura cristiana dovrebbero convergere nel tenere l’aspetto etico e quello tecnico separati e distinti. Oggi invece ricercatori e clero cercano la promiscuità. Le malattie gravi inducono a compassione e impongono obblighi di solidarietà. E’ divenuta prassi stimolare ad arte la compassione per rendere credibili le promesse di cura, sostituendo la plausibilità biologica con spot lacrimevoli (bayesanesimo fraudolento). La gravità di una malattia, la sua crudeltà e lo stigma, l’impulso a combatterla, non hanno nulla a che vedere con la possibilità materiale di curarla; ma spesso sono usati, invece che per spingere alla migliore assistenza possibile, per legittimare prodotti hi-tech, basati su teorie di comodo architettate dal business, piuttosto che dalla scienza al servizio della compassione come si vuole fare credere. Presentare casi commoventi, o creare un caso morale*, sono tecniche usate dalle ditte di marketing per aiutare i loro clienti a vendere farmaci costosissimi che non funzionano. E’ divenuta comune l’affermazione di voler “destigmatizzare” per propagandare un prodotto medico carente; es. è stata usata per la colonscopia virtuale**.

*Eichacker PQ et al. Surviving sepsis – Practice guidelines, marketing campaigns, and Eli Lilly. NEJM, 2006. 335:16.
**As radiologists push for “virtual” colonoscopy coverage, risk of misleading readers is real. Health News Review, 12 set 2016.

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7 giugno 2017

Blog de il Fatto

Commento al post di E. Murgese ““Dalla morte di mia sorella per fibrosi cistica, la speranza di un farmaco salvavita” “

Fornire a chi è affetto da malattie gravi la migliore assistenza possibile è un dovere. Consolarlo è un comportamento lodevole. Lo sfruttare la sofferenza per fare soldi, usandola come leva emotiva per l’introduzione di farmaci di non provata efficacia e dal prezzo “unconscionable”* (iniquo, vessatorio), illudendo i pazienti, comprando i dirigenti della associazioni di malati e ingannando il pubblico, è stato chiamato, nella varietà statunitense, “venture philantropy”, proprio considerando il caso della fibrosi cistica*.

*The invention of venture philantropy. In: American sickness. How healthcare became big business and how you can take it back. Rosenthal E. Penguin Press 2017.

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23 giugno 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Bella “Vaccini: Alice Pignatti, i consiglieri M5S e la borsa di studio della discordia”

 

Sul JAMA, 22 giu 17, si spiegano le tecniche per convincere i genitori. La propaganda è oggi estensione della “scienza”. Le mamme, in buona fede o meno, sono arruolate come strumento di marketing per fare vendere cure (Schneiderman LJ, Jecker NS. Wrong medicine. Doctors, patients and futile treatments. J Hopkins Univ Press, 1995). Anche a spese del contribuente, mostra questo caso. Le mamme battezzate “mamme rare” di Telethon per il business enorme e truffaldino delle malattie rare; le “madri coraggio” della Terra dei Fuochi per la messa a reddito dei bambini campani (v. “La post-camorra”). Davanti al “cuore di mamma” che promuove compresse o fiale “scientifiche” (e quotate in borsa) occorre un atteggiamento disincantato: “Medical consumer groups are viewed by the public and by the government as claiming the moral high ground and being solely devoted to the general good. Society grants [their] recommendations a special status as being true and honest. [They] are no more than advocates for their own particular diseases and interests, willing to divert medical resources … from other, more worthy areas of health care. They are, in essence, lobbyists, much the same as any other lobbying group or political action committee and, like the others, they are corruptible.” (Gottfried D. Too much medicine. A Doctor’s Prescription for Better and More Affordable Health Care. Paragon House, 2009).

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13 settembre 1017

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara “Atrofia muscolare spinale, le famiglie: “Il nuovo farmaco apre nuova era. Non è più malattia mortale se presa in tempo” “

Censurato

“Biogen Safe Harbor
This press release contains forward-looking statements, including statements relating to the potential benefits, safety and efficacy of SPINRAZA […]. These statements may be identified by words such as “believe,” “except,” “may,” “plan,” “potential,” “will” and similar expressions, and are based on our current beliefs and expectations. You should not place undue reliance on these statements. These statements involve risks and uncertainties that could cause actual results to differ materially from those reflected in such statements, including uncertainty of […] the effectiveness of sales and marketing efforts, […] occurrence of adverse safety events, failure to obtain regulatory approvals in other jurisdictions, […] product liability claims, […] and the other risks and uncertainties that are described in the Risk Factors section of Biogen’s most recent annual or quarterly report and in other reports Biogen has filed with the U.S. Securities and Exchange Commission (SEC). Any forward-looking statements speak only as of the date of this press release and we assume no obligation to update any forward-looking statement.” (Dal comunicato della casa produttrice, 14 gennaio 2017, su quelli che sono i dati di ricerca a qualità teorica relativamente più alta sugli asseriti benefici clinici del farmaco venduto a 1 milione di dollari per 8 fiale).

14 settembre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Gennaro “Whistleblower in gabbia davanti al Pantheon: “Serve una legge per tutelare chi denuncia corruzione e malaffare””

pubblicato

L’ordoliberismo vuole che si passi dal ladro “libero professionista” al ladro stipendiato: dai politici che rubano al personale politico al servizio dei poteri forti. Dalle mazzette per sé stessi al rendere legge il furto a favore di banche e multinazionali. In USA ci sono politici, come Sanders e Grassley, che si stanno opponendo alle malversazioni che si nascondono dietro alle “malattie rare” e alla relativa legislazione. In Italia tutti zitti: solo sviolinate sui bambini malati e i genitori straziati. Il Fatto, mentre pubblica questo articolo, col titolo sulla SMA “Le famiglie: Il nuovo farmaco apre nuova era. Non è più mortale se presa in tempo” aiuta l’approvazione di un farmaco criticato in USA per il costo, di 125000 $ a fiala. Il messaggio del titolo non è solo falso, perché i dati non dimostrano questo risultato miracoloso. E’ pericoloso per la salute, perché favorisce la fase successiva, la diagnosi e cura “precoce”, che espanderà il business ma porterà sovradiagnosi e furto di risorse. Ci si può aspettare, dal nuovo genere di politici richiesto dal grande business tramite Transparency e 5S, uno screening obbligatorio alla nascita, con una quota di neonati immessi senza reale necessità sul nastro trasportatore dell’industria medica. Mentre difende chi denuncia le mascalzonate dei signorotti nostrani, Il Fatto aiuta la calata degli “imperiali” del farmaco; anche censurando i commenti dei whistleblower invisi a Big Pharma.

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23 settembre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Checco Zalone nel nuovo spot solidale per le Famiglie Sma: “#FacciamoloTutti””

L’approvazione di questo farmaco in Usa è stata definita da un neurologo sulla Harvard Business Review “un segnale di minaccia al sistema sanitario”: neppure il sistema sanitario USA sarà in grado di finanziare questo genere di terapie tanto costose. Il prezzo del farmaco in USA è stato posto dalla casa produttrice a 125000$ a fiala. I primi 2 anni di cura su 6 bambini fatturano una somma che oltrepassa abbondantemente i 5 milioni e rotti di euro che nello spot il bambino chiede a Checco (le sole fiale, escludendo gli altri costi). L’efficacia del farmaco è sostenuta da studi che non sono a prova di errore o di manipolazione e dovrebbero indurre cautela nell’amministrazione pubblica; ma basta la parola dell’oste, e il patrocinio di Zalone. Anche il tema della non predittività dell’analisi genetica, data la penetranza variabile dei geni che provocano la SMA, e quindi il pericolo dei trattamenti non necessari e dell’efficacia spuria, è troppo noioso per gli spiriti eletti che assaporano la raffinata ironia del comico pugliese. Per una campagna che chiede ai comuni cittadini di dare soldi a un’operazione del genere, avrei preferito il compianto Villaggio, nel ragionier Fantozzi che si cava il sangue per donarlo a Dracula, o che svuota il proprio conto per aiutare Berlusconi, pronunciando il “com’è umano lei”.

@ Brisk. Ha ragione: neanche Banderas controlla il grano dei biscotti del Mulino Bianco ai quali fa da testimonial. Ma i farmaci da prescrizione non sono biscotti, e infatti la loro propaganda ai consumatori è vietata (meno che in USA e Nuova Zelanda). Lei, che non fa differenza tra medicinali hi-tech e merendine, dovrebbe provare a chiedersi il perché. A maggior ragione dovrebbe essere vietata la propaganda in appoggio all’approvazione di un farmaco. Questo rivestire di sacralità un lucroso prodotto commerciale mettendo avanti i bambini malati e le famiglie non depone a favore della validità e correttezza di un’operazione che in USA viene descritta come speculativa. Non ho difficoltà a dire ai genitori che se un farmaco non efficace viene immesso a prezzo esorbitante, facendo leva sulla vulnerabilità delle famiglie e sulla dabbenaggine degli spettatori, ad essere danneggiati saranno tutti i malati, per il furto di risorse, saranno gli stessi bambini affetti, che vedranno allontanarsi le già improbabili cure efficaci, e saranno diversi bambini non malati o non gravi, che verranno trattati da asintomatici in nome del “funziona se presa a tempo”. E’ già pesante avere a che fare con le consorterie senza scrupoli che si occupano di questi affari. Non voglio interferire con le credenze e le gratificazioni mediatiche di persone come lei; mi rivolgo sommessamente ad una minoranza di persone, se la vostra tremenda sensibilità lo permette.

@ Brisk. Ricambio i cordiali saluti e la riverenza; ma i modi urbani non dovrebbe praticarli solo come chiusa, se non vuole essere ripagato con la stessa moneta. Non le avrei risposto se non pensassi che sia utile evidenziare la sua baldanza nel dare giudizi, di merito, etici e personali su una nuova terapia genica. E la facilità con la quale interviene su obiezioni tecniche ed etiche con l’insulto. Sì, lei è di quelli che dicono: “Non sono un esperto. Però…” e tranciano giudizi. Sono facilitati in questo dall’ortodossia, che propugna, insieme all’intangibilità della “scienza” ufficiale, la “participatory medicine”, la partecipazione del pubblico nella clinica, nella ricerca, nella approvazione dei farmaci. Anche mediante questi spot, camuffati da richiesta fondi. Ritengo sia utile mostrare a quale serbatoio di volontari (a volte pagati) il business attinge per legittimare scelte di politica sanitaria che hanno incidenza sostanziale negativa sulla salute, sul benessere e sulla dignità dell’intera popolazione.

@ antonella genova. Smith GA. The cost of drugs for rare disease is threatening the US Health Care System. Harvard Business review. 7 apr 17. Ollendorf DA et al. Assessing the effectiveness and value of drugs for rare conditions. ICER, may 2017. La crudeltà di una malattia è irrilevante sull’efficacia di nuove cure. La pubblicità, e la questua da parte di investitori miliardari, sono tecniche che creano consenso, che prende il posto dei prior tecnici, delle probabilità a priori di successo, giustificando filoni di ricerca lucrosi ma destinati all’insuccesso clinico. L’obiezione, che in USA è un coro (v. gli studi di Prasad), è che i farmaci “innovativi”, a partire dagli antitumorali, sono costosi in maniera ingiustificata a fronte di scarse prove di validità e a una sostanziale inefficacia. Ritenere un farmaco efficace in quanto costoso è il meccanismo del “premium pricing”. Ho avuto contatti con giovani malati. Da bambino, su invito del parroco, mia madre mi portò a visitare un adolescente, che viveva attaccato a un respiratore. Ricordo la dignità, la pacatezza. Ma gli occhi non smettevano di chiedere risposte e aiuto. Morì qualche anno dopo. Non mi piacque essere stato tolto dai miei giochi, ma rimasi colpito, e l’esperienza ebbe un peso nello scegliere di fare il medico. Le emozioni, nelle valutazioni prima e dopo l’azione medica, sono lecite e utili. Le emozioni nella fase tecnica sono scorrette, e possono essere un ignobile mezzo di frode.

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21 dicembre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post “Papa Paolo VI sarà santo: “Individuato un miracolo compiuto dal Pontefice”

Papa Pochino (“il papa ha fatto pochino”, A. Moro, prima dell’esecuzione) era legato a massoneria e servizi; e ai loro affari sporchi. Da Paolo VI a Telethon, la santità, l’eroismo, gli altissimi valori sono un camuffamento dei predatori. In biologia viene chiamato “mimetismo aggressivo”. La differenza tra l’aureola pubblica e la verità picea ricorda quegli ordigni innescati che vengono nascosti in pucciosi peluche per farli esplodere nelle mani di bambini.

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31 dicembre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara “Stamina, morta la piccola Sofia. Storia della bambina “farfalla” che i genitori hanno voluto curare con metodo Vannoni”

L’industria farmaceutica, vista la crisi delle scoperte reali e il calo dei profitti, si sta in parte convertendo da volume based a value based. Dal venderne tanti al venderne pochi ma costosissimi. Le malattie rare sono la miniera del value based: consentono “facilitazioni”, cioè abbassamento delle prove di efficacia e aumento dei prezzi. Plausibilità, razionalità ed etica sono sostituite, col marketing, v. Telethon, dall’emotività. Stamina, ciarlataneria pura, è servita da standard negativo per far sembrare valida la scienza ufficiale, sofisticata ma gracile e obbediente al business. E per introdurre l’idea delirante che le improbabili cure di patologie complesse siano prodotti da attendersi. Osservando che la cura Telethon per una malattia genetica, come è quella di Sofia, Strimvelis, costa 665000$, in USA ci si chiede se queste cure non manderanno in bancarotta il sistema sanitario. Considerando l’esiguità delle prove scientifiche presentate e i prezzi astronomici, esperti hanno proposto per lo Strimvelis e simili un rimborso se non funzionassero. Ma è un altro trabocchetto. Si stanno lanciando gli screening neonatali, che chiuderanno il cerchio della frode creando, con la scusa della diagnosi precoce, falsi pazienti e quindi falsi successi; e maggior volume. Stamina è stata una truffa piccola in appoggio, complice lo Stato, alla truffa grande; come un compare del Grande Mago che inscena il mago “rivale” scarso per fare sembrare credibile e potente la pozione del Grande Mago.

@ Valter Fiore. Se “è ovvio” che non si sono mezzi di verifica scientifica solida, dovrebbe essere ovvio non salutare i prodotti come scientifici e non accettare lo “extortion pricing”. G. M. Weinberg* spiega come vi siano sistemi troppo complessi per i metodi analitici e troppo organizzati e poco numerosi per quelli statistici. Verso i campi che più corrispondono a quest’area cieca, dove le verifiche sull’efficacia sono difficili, il business orienta la ricerca. Sia con le malattie rare, che presentano altre caratteristiche che facilitano successi fittizi, es. penetranza e espressività variabili. Sia come lei dice con l’oncologia “personalizzata”. Con i biomarkers e i farmaci “tissue-agnostic” si sta spezzettando il cancro e precludendo la verifica statistica, l’unica disponibile, già criticabile. I due campi di elusione della scientificità tramite “la scienza” confluiscono: è stato detto che “un giorno tutti i tumori saranno malattie rare”; l’AIFA, ente controllore che lavora per i controllati, sta inserendo terapie per sottotipi di tumori comuni nel fondo farmaci orfani.

Si vuole che a decidere gli acquisti dei farmaci sia “la scienza”. E’ sconsiderato, o eversivo, che lo Stato obbedisca ad articoli di riviste scientifiche, controllati dal business; ma prima ancora, le prove di efficacia presentate sono scarse e dubbie. C’è invece tanta propaganda, con bambini in sedia a rotelle o morenti soccorsi da angeli in camice bianco, che copre trucchi da usurai anaffettivi.

*An introduction to general systems thinking. Weinberg & Weinberg, 2011.

@ Valter Fiore. Lei precisa di non avere detto zuppa ma pan bagnato: senza trial in doppio cieco di adeguata potenza e privi di bias non si può neppure supporre di avere ottenuto risultati positivi per le malattie genetiche. A meno di risultati eclatanti, definitivi, impliciti nel battage propagandistico, ma poco probabili, dove i ciechi riacquistano la vista e i paraplegici l’uso delle gambe; che non si vedono. Un tempo si diceva che se c’è bisogno di analisi statistica per evidenziare i risultati l’esperimento non è riuscito; oggi si stanno sforbiciando gli standard statistici di prova fino a ridurli a simulacri.

Il Kymriah che lei sceglie a esempio non ha solo un costo di 475000$. La stessa Novartis propone di non farlo pagare se la leucemia non risponde entro un mese. Ma, ha osservato un medico esperto in drug pricing, nel trial chiave per il Kymriah il 25% dei responders a 1 mese ha avuto una progressione a 6 mesi. Prasad – che ha pubblicato diverse analisi sull’inefficacia di tanti costosissimi antitumorali “innovativi” – ha osservato che la finestra di rimborso a 1 mese permette di incassare senza dare in cambio benefici, e dovrebbe essere estesa a 3 anni. Inoltre il farmaco come gli altri della sua classe causa con elevata frequenza, prossima al 50% in uno studio riportato dalla ditta produttrice, gravi effetti avversi immunologici e neurologici, che possono arrivare ad essere mortali. Una cura dagli effetti così aleatori e volatili somiglia più a un contratto di vendita di speranza a prezzi e condizioni usuraie a chi è disperato che a un risultato valido. Io, che non condivido il suo ottimismo alla Pangloss, li chiamo “contratti gotici”, per la nota di cupa disumanità delle scelte alle quali costringono.

@ Valter Fiore. Purtroppo in molti casi la descrizione del prodotto farmaceutico in termini commerciali è più semplice, lineare e coerente di quella in termini del vantaggio al paziente. Le ricordo che siamo nell’era dei pacchetti malattia-cure: la malattia viene definita e la diagnostica stabilita nell’ambito dello sviluppo dei servizi e trattamenti da vendere. Es. epatite C, o tutto il settore delle sovradiagnosi, dal PSA all’angiografia TAC per l’embolia polmonare. O le “malattie” nuove (Appleby J. Ads, Not Research, Create Some Pharma Best-Sellers. Medscape, 16 maggio 2017). C’è un sondaggio che chiede ai medici “Which comes first: drug or disease? Marketing and medicine” (Medpage, 5 dic 2016).

Andrebbe affermata la capziosità della pratica dell’attribuirsi valore in base a standard negativi. In questi giorni una “sinistra” che serve l’assolutismo globalista tenta di “rifarsi una verginità” tuonando contro il fascismo dei fez e gagliardetti. Già Pasolini nel ‘75 diceva che era per questo che i fascisti non venivano liquidati. L’antimafia, limitata alla cancrena dei mafiosi da film, è un paravento per la malattia sistemica di base, la diffusa cultura mafioide. Stamina è stata introdotta nel SSN dall’ospedale dove era rettore il presidente dell’AIFA. La validità scientifica per prodotti clinici corre su una scala logaritmica: si può essere allo stesso tempo 100 volte più scientifici di Stamina e 10 volte meno scientifici del minimo dovuto.

@ Valter Fiore. Non aderisco a “teorie politiche unificanti”. Mi limito ad osservare che sofismi di poteri diversi prendono la stessa forma, cosa che non dovrebbe sconvolgere troppo. Sono colpito dalla sua onesta ammissione, mentre parla di scienza, di non riuscire a vedere isomorfismi tra fenomeni diversi, neppure quando le vengono indicati. Un po’ meno dai suoi criteri per l’introduzione di nuove pratiche mediche e per la loro valutazione a posteriori. Per lei “il PSA si è rivelato meno specifico di quanto sembrava essere, tutto lì” A parte che si è rivelato anche meno sensibile, per il suo scopritore Ablin il suo impiego nello screening è stato “una gigantesca truffa che ha provocato un disastro di salute pubblica” (Ablin R, Piana R. The Great Prostate Hoax: How Big Medicine Hijacked the PSA Test and Caused a Public Health Disaster. St. Martin’s Press, 2014). E’ sicuro di usare gli stessi pesi quando valuta i pro e i contro delle pratiche mediche vecchie e nuove?

@ Valter Fiore. Il risultato di discorsi come i suoi, contraddetti da esperti e istituzioni, è stato ed è la creazione illecita di innumerevoli invalidi, uomini resi incontinenti e impotenti senza reale giustificazione con un test che si sa essere non valido, quindi dolosamente. Non c’è bisogno di evocare “grandi disegni” dove la perenne e ubiquitaria pulsione ad approfittare di una posizione di potere, e di uno stato di debolezza altrui, inquina il rapporto medico paziente, in maniera inqualificabile. Sotto la maschera sacra e grottesca dello “scientifico” unito al giudizio soggettivo del medico allignano comportamenti di rilevanza criminologica. La medicina non può essere una collezione di scuse per fare soldi sbolognando impunemente cure ingiustificate anche a danno del paziente. Mi dispiace, ma non è piacevole leggere le sue contorsioni.

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28 febbraio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Giornata malattie rare 2018, la battaglia dei ricercatori per trovare la cura per 6mila malattie. Telethon in prima linea”

Le malattie rare, scelta strategica del business biomedico (1), permettono di sostituire alla presentazione di prove di efficacia solide quella delle immagini dei bambini malati e genitori affranti per ottenere di vendere a centinaia di migliaia di euro farmaci inefficaci o dannosi. E di vendere farmaci inefficaci e dannosi, che spesso costano più dell’immobile dove vive il paziente, anche per le malattie comuni, come il cancro (2), sminuzzando la nosografia e spacciando ciò per “precision medicine”. Stanno venendo propagandate al pubblico con un battage massiccio – da noi con direct- to-consumer disease awareness come questa ennesima “giornata” e i consigli alle mamme della Balivo (RAI) – che andrebbe riconosciuto come “medical intervention” “with unproven public health benefit, dubious plausibility, and suggestive evidence of harm” (3). L’intervento medico della charmant esperta in frivolezze che invita – con messaggi ingannevoli – agli screening neonatali estesi favorisce frodi tacendo la riconosciuta possibilità, e le enormi pressioni speculative, per sovradiagnosi; che causeranno false malattie e – al netto del danno iatrogeno – false guarigioni.

1 Meekings KN. Orphan drug development: an economically viable strategy for biopharma R&D. 2012.

2 One in Five Cancers in the United States Is Considered Rare. Medscape 2017.

3 Pharmaceutical Marketing for Rare Diseases: Regulating Drug Company Promotion in an Era of Unprecedented Advertisement. JAMA, 18 mag 2017.

@ bobovitz. No, sono uno che ha spiegato come mai l’ospedale universitario dove era rettore il presidente dell’AIFA abbia aperto le porte del SSN alla truffa di basso livello di Vannoni; e come mai una truffa ridicola come quella di Vannoni abbia avuto tanto appoggio istituzionale (v. Stamina come esca per le frodi della medicina ufficiale). E’ sconsigliabile l’esame olfattivo su alcuni temi, che sono peggio di certe particolari autopsie che ricordo in USA i medical examiner con migliaia di autopsie alle spalle eseguivano fumando, per attenuare l’odore.

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3 giugno 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara “Papa incontra l’Unione italiana per la lotta alla distrofia muscolare: “Siete una ‘palestra’ di vita attraverso la lezione della sofferenza””

Ricordo con gratitudine una professoressa di italiano delle medie, persona all’antica, un po’ rigida ma coscienziosa e preparatissima. Diceva che i partiti politici “si scoprono gli altarini a vicenda”. Si riferiva con un’espressione compita al noto fenomeno dello sput.tanamento incrociato, al reciproco svergognarsi rivelando le rispettive malefatte. Non avviene solo in politica. All’EMA hanno espresso parere negativo sull’eteplirsen ($300000/anno) per la distrofia muscolare. In USA il farmaco, definito da un critico “an elegant placebo” è stato approvato, nonostante pareri negativi e tra grida allo scandalo, dalla FDA. L’EMA ha anche raccomandato l’estensione delle indicazioni di un altro farmaco per la distrofia muscolare, in origine bocciato, poi ammesso con riserva, l’ataluren (£220000/anno). Che la FDA invece ha respinto come di non provata efficacia*.

La ricerca su terapie geniche per la distrofia muscolare ne ha fatta di strada dagli anni ’90, quando lo scopritore del gene difettoso, Hoffman, parlò indignato di “snake oil” e di arruolamento di famiglie disperate a proposito dei primi tentativi. Oggi c’è un solido complesso marketing-ricerca, così che alla carenza di efficacia di questi prodotti costosissimi si supplisce con una lubrificazione emotiva, belle parole e buoni sentimenti; affidandosi ai migliori specialisti di queste cose.

*Jeffrey S. CHMP Advises Against Approval for Eteplirsen in DMD. Medscape, 1 giu 2018.

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3 febbraio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara “Beta Talassemia, il primo paziente: “La terapia genica mi ha cambiato la vita. La fiaba che ti raccontano da bambino”

Un esempio di come la ricerca del profitto produca una medicina deviante rispetto agli interessi del pubblico. Uno dei reali successi della ricerca biomedica è l’avere identificato le cause genetiche delle talassemie, e avere prodotto informazione che rende possibile la prevenzione: è possibile indentificare gli eterozigoti, avvertirli che se concepiscono tra loro avranno un 25% di probabilità di figlio malato a gravidanza; si può fare diagnosi in utero sul concepito, e abortire. Ma mentre si fa passare come salvavita la “prevenzione” del cancro con screening, inefficiente e iatrogena; mentre chi non porge senza fiatare i suoi figli a qualunque prevenzione vaccinale viene classificato come terrapiattista, oltre a subire forme di coercizione; mentre si stanno lanciando screening neonatali a tappeto, contro i criteri previsti, che produrranno falsi malati e così falsi successi per il business lucrosissimo delle malattie rare, non ci si concentra su questa prevenzione, efficace, relativamente semplice e cost-effective, che ha dimostrato di abbattere l’incidenza della malattia. Un testo USA di genetica, l’Hartwell, porta Ferrara come caso esemplare di prevenzione della talassemia. Qui si dà invece spazio al curare più che al prevenire, con hype di marketing per una tecnica sofisticata di dubbia efficacia, e pesante; e che, costosissima, compromette l’impiego razionale delle risorse disponibili per le cure mediche a favore dei guadagni facili e miliardari delle biotecnologie.

Valter Fiore: la talassemia si trasmette per modalità autosomica recessiva, quindi, secondo la sua “etica” visione della medicina, bisognerebbe dire a due ragazzi, innamorati e ahimè per loro, portatori sani, che non devono fare figli pena il condannarli a trasfusioni a vita per non darla vinta al “profitto di una medicina deviante rispetto agli interessi del pubblico”. Un certo Josef M. applaudirebbe.

@ Valter Fiore. Diverse opzioni vengono prospettate alle coppie di portatori eterozigoti: astenersi dall’avere figli, correre il rischio del 25% a gravidanza di avere un figlio malato grave e del 50% di procreare un portatore, l’adozione, il test prenatale con eventuale aborto, il ricorso alle donazione di sperma o di ovuli e altre tecniche di riproduzione assistita. La ricerca può aggirare i pericoli che sa indentificare nel concepimento fisiologico; al quale molte coppie affette accettano di rinunciare senza sentirsi spinte a ciò da nazisti in camice. Andrebbe aggiunto l’avviso di guardarsi dai propagandisti del business biomedico, che parlano di “etica di Mengele” per spingere a produrre figli gravemente malati che facciano da carne da cannone per un business che dà garanzie di qualità e serietà delle “cure” non superiori a quelle delle tecniche di propaganda ingannevoli e dei trolls incontinenti che gli sono indispensabili.

Valter Fiore: lei vorrebbe subordinare il progresso medico-scientifico alla paranoide pseudo etica della lotta “al profitto”, di cui lei sarebbe sommo sacerdote e giudice: se non è questa un’idelogia nazistoide e cialtrona …davvero non saprei come qualificarla.

@ Valter Fiore. Comincio ad avere l’impressione che quelli come lei che estraggono la reductio ad hitlerum con la stessa prontezza con la quale Goering cercava la pistola appena sentiva la parola cultura siano della stessa partita. La ricerca del profitto in medicina è dannosa per i malati. Lo ha sostenuto ad esempio Arrow, in un’analisi economica delle cure mediche. Era un Nobel in economia, con cattedra a Stanford, non esattamente un luogo ostile alla ricerca del profitto e alla subordinazione della ricerca scientifica al profitto. Non un “paranoide sacerdote della pseudoetica” predicante “un’ideologia nazistoide e cialtrona”. Era però anche una persona e uno studioso intelligente e col rispetto di sé stesso, non uno dei tanti magliari venditori di fumo. Il primato del “progresso medico-scientifico” – cioè delle frodi che lei serve – sull’etica, quello è semmai “pseudoetica paranoide”. Ma non vorrei che si scambiassero le parti; ci siamo altre volte scambiate le valutazioni personali, che devono essere un punto fermo. Ognuno al suo posto. Per lei io sono un malato di mente, e per me lei è un volgare troll in appoggio a furfanterie di potenti. Questo sillogismo disgiuntivo, o sono pazzo io o è un miserabile lei, e i tanti come lei, per me va bene.

@ Valter Fiore. Il capitalismo è un’invenzione relativamente recente (Polanyi, La grande trasformazione). Il liberismo sfrenato è recentissimo. Non è vero che senza profitto le attività umane non si muoverebbero, e che indicando i mali della ricerca del profitto si boccerebbe l’intera storia dell’umanità; che non è riducibile a una massa di puttane. Il profitto è un booster; può elevare e può portare a sbattere. Gli ascensori sono una cosa buona. E avere nel palazzo dove si abita due ascensori, tre ascensori quando ne basta uno? Con la medicina è possibile farne acquistare cinque di ascensori, e anche guasti o che precipitano. Che in medicina la ricerca del profitto provochi gravi distorsioni, date le particolarità del rapporto offerta-domanda, è generalmente riconosciuto, anche da economisti conservatori (da noi Ricossa, che saggiamente scrisse che il medico andrebbe pagato e ringraziato proprio per il fatto di non prescriverci nulla). Non equilibrata è questa visione spasmodica per la quale un sistema economico di successo non può divenire dannoso quando supera i suoi limiti; per la quale non c’è salvezza al di fuori della ricerca del profitto, e per la quale qualsiasi campo deve essere messo a reddito. E’ fuori di testa pensare alla medicina come a un servizio, che va adeguatamente remunerato ma deve essere strettamente controllato e tenuto fuori dalla corsa alla crescita economica e all’arricchimento? O è fuori di testa il vendersi pure la salute per stare al passo col “progresso”?

@ Valter Fiore. No, i progetti di ricerca li facciamo dettare come avviene dall’industria; es la Purdue, la casa farmaceutica attualmente sotto inchiesta in Massachussetts per il suo marketing ingannevole sull’Oxycontin col quale ha guadagnato miliardi e ha fatto – letteralmente – una strage; e che ora vuole espandersi nel trattamento della dipendenza da oppiacei che lei stessa ha causato. A proposito di marketing ingannevole, capisco che lei, animato dalla mistica del profitto, pensi subito ai verdi pascoli delle commissioni burocratiche; ma invece di fare sforzare Toninelli, e i suoi omologhi col camice da scienziato e altrettanto entusiasti, applichiamo l’efficienza capitalistica ponendo criteri standard valutabili semplicemente sbarrando caselle: a) lo studio di questo articolo non va presentato come viene fatto come prova di efficacia, essendo uno studio di fase I-II. Classe di studi nota per essere distorta e usata indebitamente a fini di propaganda. b) il presentare come evidenza un caso personale, e in termini emotivi, ciò che agli altri viene addebitato con una smorfia di disprezzo come aneddotica, è pure scorretto e alimenta l’analfabetismo scientifico del quale sareste acerrimi nemici; c) ciò soprattutto in una patologia come la talassemia che può avere vari gradi di severità; non si devono mandare messaggi ingannevoli ai pazienti per vendere la pelle dell’orso. Bocciato, e senza gettoni di commissione, mi spiace.

Andrea Bellelli: Ma una volta che uno la talassemia ce l’ha curarlo è molto importante, non le pare?

@ Andrea Bellelli. Sicuro. Ma non è logico né onesto fare coincidere, come si fa qui, il rilevante problema di salute pubblica talassemia – uno dei pochi per i quali esiste davvero la via della prevenzione – col problema, che si può e si deve porre come un caso marginale in subordine, di trattare chi finisca comunque malato di talassemia. La ricerca è l’arte del solubile, diceva Medawar. Del raggiungibile. Il detto proviene dalla politica, e infatti la politica sanitaria è ancora di più arte del possibile, nell’allocazione degli sforzi della ricerca e nell’impiego di risorse secondo il vantaggio alla salute dei cittadini, invece che l’investire e il trascurare stati patologici in funzione del profitto.

donatella savasta fiore: “si può fare diagnosi in utero sul concepito, e abortire”. questa sì che è una bella conquista della medicina… stile Mengele. 

@ donatella savasta fiore. Non ritengo l’aborto “una conquista di civiltà”, alla Emma Bonino (difensore sorosiano dei diritti umani, che il papa attuale ha lodato come una “grande d’Italia”; i due pulpiti, il laico e il cattolico, hanno posizioni convergenti anche sul fare soldi con la medicina). E’ vero che l’abortire un feto che si sa affetto da grave malattia e il concepire mettendo in conto tale eventualità sono forme di eugenetica; che come tali non dovrebbero andare esenti da un esame etico. Ma chi non solo vuole obbligare gli altri a subire il dolore annunciato del dare al mondo un figlio destinato alla sofferenza, ma alimenta di quella sofferenza il business di cure mediche che dietro allo hype mediatico sono così spesso evitabili, dubbie, falsamente efficaci, generatrici di altre condizioni morbose e così di altre rendite, non pratica anche lui una forma di selezione su umani? Causa di fatto la prevalenza del più ipocrita e spietato, del più ladro e cinico. E tra le due, quella che sottrae dolore e disordine e quella che li genera per cibarsene, la più vicina alla figura del medico sadico nazista al quale pensate così spesso è la vostra.

@ donatella savasta fiore. Il nazismo, anzi Mengele, il peggio del nazismo, l’ha sollevato lei, paragonandolo all’opzione aborto in caso di grave malattia congenita. Ho risposto che tra l’evitare la nascita di un bambino gravemente malato tramite un aborto e lo sfruttare bambini malati e fare in modo da incrementare questa fonte di reddito, la posizione più vicina al nazismo è la seconda. Ma lei insiste col riportare nel dettaglio i massacri nazisti. a) Ricorrere al nazismo, tentando così di intimidire, è indice di mancanza di argomentazioni pertinenti e valide, e di slealtà. b) La fascinazione morbosa per i crimini efferati del nazismo, questo pensarci sempre e proiettarli su chi è di ostacolo a loschi affari, dice qualcosa sulle pulsioni profonde che vi animano. c) Il clero sta partecipando allo sfruttamento dei bambini tramite la medicina, e questo mostrarsi “rigorosi” è un modo per nascondere dietro a simboli sacri programmi criminali che implicano un profondo disprezzo per l’umanità. Volete impressionare e zittire dando del nazista, ma in chi sa cosa praticate suscitate altre forme di repulsione: “Fra tutte le specie di ingiustizia la più detestabile e odiosa è quella di coloro che, quanto più ingannano, più cercano di apparire galantuomini” (Cicerone).

indel: Nessuno mette in secondo piano la prevenzione. Smettila con questi ridicoli complottismi.

@ indel: Smettete voi di dare assurde priorità ai prodotti medici da ingrasso anziché alla medicina utile.

Non censurato. indel: Ma quali prodotti medici di ingrasso? Quali? Non sai manco di cosa si tratta. Ma chi sei tu per dire cos’è utile o no? Ma fai un favore al mondo e smetti di parlare di cose che non capisci

Mia risposta censurata @ indel. E’ appena uscito un articolo del Lown Institute, ‘The moral price we pay for “innovation” ‘ che permette di capire a chi non lo sapesse cosa intendo per medicina da ingrasso. Un paragrafo:

“The pharma sector … is a bubble fed by astronomical, obscene profits. It’s not the innovative ideas, though there are many of those, nor the ‘best and the brightest’ young scientists, though they can be dazzling in their smarts, that are making the biotech sector boom. It’s the recent access to cheap capital and even cheaper hype. And predatory pricing.”.

Dopo avere riportato esempi di ‘overpricing’ e ‘hype posing as innovation’, (promesse sfrontate di cura del cancro, farmaci anticancro approvati che non funzionano, continue richieste di abbassamento di standard già corrivi, oltre il 50% delle start-ups altamente lodate che non presentano evidenza valida per supportare le loro “innovazioni”) conclude che

“our willingness to turn a blind eye to the profiteering of local biotech is a moral failing, for which “history will not judge us kindly.”

La teppaglia come te, che conosco bene, della quale si avvale la Telethon nostrana con le sue grandi imprese finanziatrici, rappresenta bene la versione italiana di un’attività malata, di un crimine di rilevanza storica che sarebbe fare un favore al mondo fermare.

Risposta eliminata con la mia. Cleofe e York. Stai affermando che è la gentaglia nostrana a sostenere la fondazione Telethon? Sei da segnalare.

Mia risposta censurata. I tuoi tentativi di intimidazione, dato il trattamento che ricevo, e conoscendo il livello umano di chi si occupa di me, mi fanno ridere. Sono già segnalato, alla gentaglia che truffa lo stipendio dello Stato appoggiando Telethon sopprimendo il dissenso; e appoggiando le grandi aziende che si fanno belle finanziandola, finanziando così una versione usuraia e fraudolenta della medicina; in linea evidentemente col loro core business. Mentre in un Paese sano la magistratura dovrebbe indagare i mobbers, stalkers e trolls che liberamente si affollano a protezione di un’operazione di marketing ideologico che fa più danni di forme riconosciute di crimine organizzato.

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11 aprile 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Terapia genica, otto bimbi con sindrome di Wiskott-Aldrich curati dai ricercatori del san Raffaele: “In buone condizioni” “

Nella biomedicina onesta le applicazioni cliniche poggiano su una base scientifica solida e stabile; questo è un esempio di biomedicina top-heavy, a piramide che poggia sulla punta. E’ un’analisi interim, cioè provvisoria, dalla quale è scorretto e ingannevole trarre, come viene fatto, conclusioni cliniche e diffonderle al pubblico (Woloshin et al). Analisi che esce nell’aprile 2019 sulla situazione provvisoria all’aprile 2016, per di più su uno studio preliminare (fase I/II), non-randomizzato e open label, piccolo, che considera endpoint surrogati o intermedi per una patologia a quadro clinico variabile. Risultati moderati, friabili e sospetti, con la non esclusa possibilità di indurre leucemie in una patologia che rende suscettibili all’insorgenza di tumori, e che è molto rara, con meno di 1 nuovi casi/anno attesi in Italia, sono sovraccaricati come importanti traguardi. Nell’editoriale di accompagnamento sul Lancet si parla di estendere questa terapia non adeguatamente testata alle “forme più lievi”, saltando indebitamente al vero obiettivo, i pacchetti sovradiagnosi-pseudocure, che rendano le malattie rare più “comuni”, e falsamente curabili. Per poter spacciare per farmaci miracolosi le fiale dai prezzi milionari sulle quali puntano i banchieri che finanziano questa medicina presentata come filantropica; le cui gigantesche speculazioni non reggerebbero sui loro piedi d‘argilla senza la complicità dei media e degli apparati dello Stato.

28 aprile 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara “Sindrome di Wiskott-Aldrich, così Jacob dagli Usa e Arseniy dalla Russia hanno trovato cura in Italia”

La foto dell’articolo mostra 26 persone di Milano, per lo più in camice, che si occupano di una malattia che colpisce in media meno di un bambino all’anno in Italia. Con risultati limitati e dubbi a leggere le pur compiacenti riviste scientifiche, ma celebrati, inventando nella comunicazione mediatica risultanze scientifiche che invece sono assenti, come trionfi. Questa inversione delle proporzioni, dove sono più i dottori che i malati, e dove risultati incerti e ritagliati vengono portati al pubblico cucinati come scienza solida, fa pensare, anche dati i prezzi stratosferici che queste dubbie cure pretendono, a un successo dell’arte del fare passare il cammello per la cruna dell’ago. Ed è solo l’inizio, perché questo battage sugli asseriti successi dell’ospedale di don Verzè, e della improbabile strategia genetica contro le malattie supportata tramite Telethon da banche e grandi imprese non estranee agli ambienti della speculazione finanziaria e della relativa diffusione di notizie ingannevoli, porterà a una moltiplicazione dei pani e dei pesci per chi, dal portantino al luminare al broker, campa o prospera sul vendere medicina: giustificando un aumento di persone etichettate come malato, tramite la sovradiagnosi, sotto l’etichetta di “diagnosi precoce”, che già fa balenare, indebitamente, sul Lancet l’editoriale di accompagnamento all’articolo qui presentato come un abbraccio mondiale ai bambini che soffrono.

Alla pubblicazione del commento è seguito un incontro ravvicinato in strada con un operaio della ditta Valtellina (TIM) che mi si è parato davanti impugnando un paio di forbici chiuse. Riportato in: I rituali zozzonici della banda Mattarella sez. 2 maggio 2019. Il commento è scomparso da internet, avendo cominciato Il Fatto negli stessi giorni a cancellare tutti i commenti dei lettori dopo avere chiuso i post.

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16 dicembre 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Terapia genica, due bambini ipovedenti dalla nascita recuperano la vista”

Da “Luxturna: FDA documents reveal the value of a costly gene therapy”* su quello che Telethon riporta come uno dei suoi maggiori successi (il secondo di due farmaci registrati in 30 anni; per il 2% dei bambini affetti dalle già rare distrofie retiniche ereditarie): “Widely described by the media as a curative treatment that ‘restores vision’, it was priced at US$850 000. Although voretigene neparvovec-rzyl represents a substantial therapeutic advance, most reports have failed to adequately describe study outcomes as documented by FDA reviewers. These documents reveal that the drug is not expected to restore normal vision, that only about half of treated patients met the FDA’s threshold for minimally meaningful improvement, that improvements might not persist long-term, that the most common measure of visual function was rejected as a primary endpoint after yielding mixed results, and that two patients experienced permanent vision loss.”*. L’articolo mostra come “trionfi” del genere mentre costituiscono i risultati relativamente più presentabili (o le poche, dubbie, eccezioni al prevedibile underperforming di strategie tecnicamente improbabili) abbiano un valore reale molto più scarso di quanto fatto credere al pubblico. E spiega come soddisfacendo le richieste di avidi investitori distolgano risorse – denaro del contribuente, in Italia – dall’assistenza medica più fondata, utile ed equa.

*Darrow J. Drug Discovery Today, 2019.

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19 dicembre 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Fibrosi cistica, creata una terapia su misura per una bambina di 4 anni da un team di ricercatori italiani”

I farmaci considerati nella ricerca alla base di questo salto dalla provetta e dallo stabulario al paziente sono portati a esempio delle incongruenze e promesse mancate della “medicina personalizzata” imposta dal business: “The new, genetically driven drugs for cystic fibrosis parallel the situation in cancer, in that they have modest effects but huge costs (18)”*. Un comitato di esperti in Canada si è espresso contro l’uso di questi farmaci criticandone sia efficacia che costi. Parere negativo anche in Scozia.

L’unione ricerca al banco-cure è una forma estrema di ‘therapeutic misconception’, la credenza che le cure sperimentali siano le migliori. E’ la versione tecno del bisognoso che si rivolge al sapiente con la zimarra per la pozione che verrà preparata per lui. Sono riportate frodi di istituzioni rinomate a danno dei malati con questo “marketing della speranza”. Il pubblico andrebbe piuttosto informato sui pericoli della reincarnazione dell’archetipo del mago nella ricerca commerciale odierna **.

*Joyner MJ et al. Promises, promises, and precision medicine. J Clin Investig 2019. 129: 946.
** Churchill LR et al. Genetic Research as Therapy. J Law Med Ethics 1998. 26: 38. Annas GJ. Questing for grails: duplicity, betrayal and self-deception in post modern medical research. J Contemporary Health Law Policy, 1996. 12: 297.

Errata corrige: nella prima frase togliere “e dallo stabulario”. In questi giorni della settimana Telethon il mobbing, lo stalking, i boicottaggi dei suoi padrini e gabellotti, istituzionali e privati, sono particolarmente pesanti e mi stanno dando parecchi pensieri e parecchio da fare per tamponare i danni. Ciò può avere evocato le immagini dei consueti animali di laboratorio, che nella ricerca in oggetto, di tipizzazione genetica di pazienti, ovviamente non c’entrano. L’articolo de Il Fatto non dà indicazioni bibliografiche. La pubblicazione che ho trovato* comunque scorrettamente omette i materiali e metodi e la descrizione del campione.

*Amato A. et al. Two CFTR mutations within codon 970 differently impact on the chloride channel functionality. Human Mutation, 2019. 40: 742.

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29 febbraio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Coronavirus, Mattarella: “Stop alle paure irrazionali, possono portare a comportamenti autolesionistici. Avere fiducia nella scienza””

Respinto. Pubblicato al secondo tentativo 5 ore dopo.

La scienza è un antidoto ai danni autoinflitti da irrazionalità. Quando onesta; la divinizzazione di una scienza corrotta unisce i mostri del sonno della ragione alle tagliole delle frodi tecniche. L’operazione Coronavirus appare avere tra le sue ramificazioni quella di usare lo stato di eccezione per porre “la scienza”, cioè il business farmaceutico, con la sua etica da monatti, al vertice della gerarchia delle autorità morali e materiali. Innumerevoli casi documentati mostrano che è appropriata una sfiducia in un establishment biomedico che tradisce bassamente i cittadini a favore del business. Inoltre nel caso della medicina più che di scienza si tratta di tecnologia commerciale; la cui bontà può e deve essere valutata. Tecnologie dalle dimensioni sociali, economiche, politiche, colossali vogliono essere esentate dal controllo democratico e di legalità in nome di una scienza che stravolgono nei principi e prostituiscono nelle applicazioni. Es., la “scienza” delle malattie rare, che Mattarella qui incensa celebrando Telethon, diluisce, con la scusa della rarità, a livelli omeopatici i già compiacenti requisiti di approvazione dei farmaci; per poi vendere prodotti non scientificamente validati a prezzi gonfiati fino al milione di euro (del contribuente) a ciclo. Uno schema fraudolento per formidabili profitti legali. Sul quale non andrebbe posto il sigillo presidenziale.

v. anche 3 marzo 2020. Il sigillo presidenziale. In I rituali zozzonici della banda Mattarella

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7 marzo 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara ” “Telethon tortura, no vivisezione”, scritta spray sulla sede della Fondazione: “Un attacco diretto alla ricerca scientifica” “

Le manipolazioni della medicina stanno venendo usate come formidabili casus belli. Un allarme medico opportunamente ordito può fare chiudere una grande acciaieria; o deviare nel senso voluto l’economia mondiale e i suoi equilibri. La medicina è sempre più marketing. Si prospetta un pericolo tremendo e si dà la soluzione, presentandosi come salvatori.

Gli agitatori dell’animalismo – una dottrina antiumanista, e di supporto al generale indebolimento degli standard di ricerca – che somigliano ai terroristi pilotati dei decenni precedenti, offrono il destro, mentre impazza la paura, agli spin doctor di presentare Telethon come la fiaccola della ragione contro le tenebre. Non si parla della sperimentazione sulla popolazione costituita dall’immissione in commercio di farmaci tanto propagandati quanto non adeguatamente testati; a partire da quelli per le malattie rare*, in Italia promossi da Telethon. E’ un non sequitur sostenere che essendo oggetto di attacchi ideologici e vandalismi allora si è scienziati corretti, e filantropi. Posso testimoniare che Telethon, la beniamina del grande capitale, gode di attività di soppressione del dissenso da parte di istituzioni e grandi aziende, di livello criminale, impunite e libere di agire dietro all’indignazione per i tempistici show degli animalari.

*Herder M. The FDA and Sarepta: a window into the real world of drug regulation. Stat 3 set 2019.

@ Paolo-A. ”Il compito che mi sono scelto, in questo e in altri miei interventi, è combattere l’uso disinvolto di pseudologiche fuorvianti, in qualunque contesto, che sono una delle piaghe di questa nostra civiltà, con conseguenze pesantissime.”. Questo può dirlo di sé un Tommaso Campanella: “Io nacqui a debellar tre mali estremi / Tirannide, sofismi, ipocrisia.” Nel suo caso il compito coincide con lo hand-waving del troll che la butta in caciara e insulta senza l’ultimo brandello di pudore a difesa del pensiero unico. Qui a difesa del falso dissenso, consentito e incoraggiato perché occupi il posto di quello proibito. E’ comprensibile che certe attività ricorrano a eufemismi per definirsi. Es. escort per prostituta, o informatore scientifico per piazzista di farmaci e sensale di comparaggi. Le manipolazioni linguistiche sono comuni nei tanti lavori offerti dal leviatano medico; sono usate da chi cerca un piatto di minestra senza andare per il sottile, rappresentanti farmaceutici e troll; ma anche negli ambienti più austeri*. Tra tanti medici “supereroi” (ministro Speranza) e “grandi scienziati che lavorano ogni giorno per farci uscire dal buio della malattia e dell’emarginazione” (Telethon, qui), in questa galleria di vergini autocertificate, occorrono quelli come lei nati per accorrere a imbrattare verità nascoste che affiorino.

*Vinker CH et al. Use of positive and negative words in scientific PubMed abstracts between 1974 and 2014. BMJ, 2015. 351: h6467.

Il gap potenza-conoscenza

10 luglio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara “Atrofia muscolare spinale, lo screening neonatale in Lazio e Toscana: “Cambiamo la storia della patologia””

Perché non affidare la giustizia direttamente a degli energici sceriffi, lesti con la pistola e pronti con la corda, facendo a meno dei magistrati? Perché si incorrerebbe in errori e distorsioni inaccettabili. Perché ai neopatentati sono imposti limiti di potenza dei mezzi e di velocità? L’uomo crea spesso situazioni di divario tra potenza, elevata, e conoscenza, insufficiente. La scienza e la medicina ne sono forti produttori. Tanto che si paragonano entrambe (Collins e Pinch) al Golem, il servitore bruto della mitologia ebraica.

Qui resta il divario tra l’insufficiente conoscenza sugli effettivi meriti dello screening per SMA, che ha portato organi di controllo a scartarlo*, e la potenza di uno strumento di massa che può dilapidare risorse per creare falsi successi per farmaci come lo “Onasemnogene abeparvovec” (Zolgensma) che sul lato della potenza ha un costo di oltre 1 milione di dollari a trattamento, e su quello della conoscenza una storia di manipolazione degli studi.

Il gap potenza-conoscenza andrebbe considerato quando si parla di “prevenzione”, “prudenza” “cautela”. Es. le misure draconiane e a oltranza sul covid, che trascurano gli effetti sul resto della salute e sull’economia, sono prudenti come il fuggire da un pericolo non ben conosciuto su una Ferrari senza freni; con per unico input la paura e per unico output il piede sull’acceleratore.

*UK national Screening committee Screening for SMA. 31 Ott 2018.

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2 novembre 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara “Malattie rare, il Senato ha approvato il testo unico: è legge. Dal fondo per il sostegno ai caregiver alla ricerca: cosa prevede”

In medicina pochi campi come quello delle malattie rare offrono una ampiezza e varietà di modi diversi di frodare a danno dei pazienti e del contribuente e a vantaggio del business. Dalla trasmutazione della malattia da fenotipo clinico a positività di incerti test di laboratorio, agli studi per l’approvazione approssimativi e manipolati su campioni esigui, supportati con l’esibizione di bambini in sedia a rotelle; agli screening neonatali che su malattie a bassa incidenza sono garanzia di moltiplicazione delle diagnosi, di false diagnosi e false guarigioni; alle cure preventive controfattuali, che misurano il “successo” sui non-eventi; alle iniezioni messe a 1 milione di dollari l’una; alle esenzioni fiscali alle multinazionali come premio alle frodi; alla moltiplicazione surrettizia delle malattie rare col “salami slicing”, alle associazioni di pazienti astroturf, cioè pagate per premere per il prodotto miracoloso di turno, etc.

Da noi i “mastini” del giornalismo da guardia non annusano la notizia e non abbaiano, presentandola come senz’altro positiva, a differenza che altrove: House Orphan Drug Proposal: A Windfall for Pharma, False ‘Cure’ for Patients – Provision in Proposed 21st Century Cures Act Could Cost the Public $12 Billion. Public Citizen, 2015. Nessuno chiede una legislazione seria che preveda procedure e controlli volti specificamente a impedire che il settore si espanda come paradiso degli imbrogli in campo biomedico.

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31 ottobre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Banfi, Cucinotta, Verdone, Boccoli: l’invito a donare per la prevenzione del tumore del seno – Fondazione il Fatto Quotidiano per Komen Italia”

CENSURATO

“Io, nutrita dagli slogan: ma con me la pubblicità non funziona mai” Articolo di Benedetta Boccoli, Il Fatto, 1 agosto 2022.

Purtroppo la propaganda ingannevole della quale l’attrice si fa, come tanti personaggi dello spettacolo, testimonial, è straordinariamente efficace, oltre che perversa: Kristen Pickles, Alexandra Barratt et al. Effects of awareness of breast cancer overdiagnosis among women with screen-detected or incidentally found breast cancer. BMJ open, 2022.

 

 

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Vedi anche:

Quando è Pietro che si associa a Simon Mago

Un certificato di decenza per le attività antimafia

Anche il CSM interviene su Alfie

Preghiere esaudite. Le cure compassionevoli nella medicina usuraia

Diritto dell’atmosfera

4 December 2010

Il Fatto quotidiano. Blog di Bruno Tinti

Commento al post “PM operatore ecologico” del 26 nov 2010

Il dr Tinti propone che i magistrati ordinino la distruzione dei rifiuti. Conoscendo A2A, non scarto la tesi per la quale i rifiuti per le strade a Napoli sarebbero voluti per spingere verso gli inceneritori, che il dr Tinti chiama termovalorizzatori, e che forse andrebbero chiamati “gassificatori” in quanto trasformano parte dei rifiuti in gas.

Purtroppo si tende a confondere, come è avvenuto per secoli, anche a menti eccelse, “il vuoto” con “l’atmosfera“. I rifiuti, se opportunamente bruciati, non offendono più la vista e l’olfatto. Immessi nell’atmosfera, una miscela di gas che ci sembra “il vuoto”, e che ha immense capacità di accoglimento, sembrano divenuti “nulla”; invece sono trasformati; e possono avvelenare. L’atmosfera è la discarica ideale, ubiquitaria, invisibile e gratuita; ma che può essere perfino peggio, per la salute, delle vistose montagne di rifiuti tal quali sulle strade.

Un equivoco che viene sfruttato dai pescecani dei gassificatori, ai quali i magistrati non dovrebbero dare manforte. Il vuoto, non assoluto, è a un’ora di macchina dalla superficie terrestre, in verticale. L’atmosfera è un oggetto fisico, che pesa circa quanto 5 cubi d’acqua di 100 km di lato; il fluido nel quale viviamo, che entra in contatto con il nostro sangue negli alveoli polmonari.

Neanche il dr Tinti si sottrae a questo equivoco, e anzi vorrebbe dargli dignità e forza giudiziaria. La fisica non si fa con le sentenze, e neppure un ordine dei potenti magistrati può davvero “distruggere” i rifiuti. (Mi chiedo se potrebbe ridurne la produzione). Si dovrebbe chiarire agli addetti e all’opinione pubblica la differenza immane ma inapparente tra vuoto e atmosfera, es. leggendo JD Barrow “Da zero a infinito. La storia del nulla”, cap. 3 “Costruire il nulla”. Gli ex PM potrebbero applicare la loro scienza, esperienza e vocazione al problema giuridico, etico e politico dell’impiego dell’atmosfera, che è ciò che respiriamo, come discarica.

L’amore come forza antiegualitaria

7 November 2010

 

Commento al Post “L’amore e la legge” di Felice Lima del 31 ott 2010

Mi piace lì…”.

(Slogan della campagna dell’autunno 2010 per lo screening del tumore al seno, mentre tiene banco lo scandalo sulle prostitute minorenni di Berlusconi)

Sosterrò che l’ideologia dell’amore confligge con l’art. 3 della Costituzione, che dà il nome al blog. Per rendersene conto basterebbe leggere gli aspri insulti apparsi nei commenti all’indirizzo di quelli che non la pensano come Felice Lima sull’amore e la legge. E’ impressionante la prontezza con la quale molti dei sostenitori del primato dell’amore stabiliscono gerarchie e recinti, definendo come esseri inferiori e disperati coloro che mettono in dubbio la liceità e l’utilità di tale primato. Non è la prima volta che vedo chi si dice mosso dall’amore rimuovere dalla discussione come prive di identità, e quindi non esistenti, le persone che non sono d’accordo con lui. “Amore”, come “libertà” è un termine eterologo: quante ghigliottine si erigono in suo nome.

Con tutto il rispetto e la stima per Felice Lima, non sono affatto d’accordo con quanto egli, trasportato da convinzioni cattoliche accoppiate a un’evidente buona fede, afferma. Tutti, anche i migliori, se sono vicini al potere, se abitano nelle stanze ben riscaldate del Palazzo, come i giudici, mentre acquistano alcune sensibilità ne perdono altre, e se per alcuni aspetti vedono ciò che la gente comune non vede, non sempre vedono quanto lontane dalla realtà siano alcune loro concezioni. Ricordo che quando un questore di Brescia se ne andò, a dirigere la sicurezza che lo Stato italiano fornisce al Vaticano, nel conferirgli la massima onorificenza cittadina il sindaco – uno specialista della retorica buonista a favore dei potenti e dei loro crimini – disse che il questore aveva un “supplemento d’anima”. Io invece tra me consideravo che avesse una “picana elettronica”, per il suo costume di farmi puntualmente incrociare pantere della polizia ogni volta che mi muovevo, cioè che uscivo di casa; con un supplemento di volanti quando scrivevo qualcosa che volevano non scrivessi.

A onor del vero, il primo e miglior vaccino contro la retorica dell’amore, cavallo di battaglia dei preti e di tanti malfattori, l’ho ricevuto da una suora, che era stata amica d’infanzia di mio padre, e che venne a trovarci dopo tanti anni. Nata in una famiglia poverissima – poverissima per gli standard di un paese della Calabria del dopoguerra – si era laureata in medicina, e in farmacia. Psicoanalista junghiana, dirigeva un ospedale psichiatrico della provincia di Roma. Chiacchierando in salotto, saputo che volevo iscrivermi a medicina mi chiese perché volevo fare il medico. “ E’ una missione”dissi. “No, fare il medico non è una missione. Ricorda, è un lavoro” rispose lei. La suora continuò a parlare, sulla necessità di rimanere casti fino al matrimonio, ma io non l’ascoltavo molto, sia perché su quest’altro argomento avevo convinzioni tassative; sia perché avevo sentito il cozzo inatteso della sua risposta, e la stavo elaborando. Non so se la suora mi abbia presentato quell’affermazione avendo intravisto nell’adolescente che aveva di fronte una tendenza all’idealismo che andava smorzata, o perché nel suo lavoro aveva sentito tante volte, e analizzato, la filastrocca del medico mosso da nobile amore verso l’umanità e volesse mettermi sull’avviso, sapendo cosa copre nei fatti il più delle volte, oppure semplicemente perché la pensava così; ma la ricordo con la gratitudine che si deve a chi ci dà quelle “dritte” che ci fanno modificare il nostro modo di vedere la vita.

A me il ruolo dell’amore nella società ricorda quelle forze attrattive descritte dalla fisica, come le forze di Van der Waals o la forza nucleare forte, che sono efficaci, o fortissime, a distanza ravvicinata ma decrescono molto rapidamente con la distanza, e pertanto il loro raggio d’azione è molto breve; così che sono un fattore di coesione e stabilità, insieme ad altre forze, ma porterebbero al caos se si pretendesse di farne l’unica forza organizzatrice. L’amore è come la forza – la più forte delle forze fondamentali della natura – che riesce a tenere insieme i protoni nel nucleo nonostante abbiano carica elettrica dello stesso segno e tendano quindi a respingersi; ma non muove il sole e le altre stelle: quella è la forza gravitazionale, immensamente più debole. Quando il nucleo è troppo grosso la forza nucleare forte non riesce più ad impedire che perda pezzi, e si ha il decadimento radioattivo.

Oltre a decrescere rapidamente, la forza dell’amore al crescere della distanza può cambiare segno, perché l’amore per chi si ha caro può implicare l’odio per gli estranei; l’amore, sentimento etereo che origina dalla cruda necessità animale della riproduzione e della protezione della prole, è il primo dei contronimi, delle parole con opposto significato. Può volere dire amore senile per le lolite anziché servire il popolo, come osserva Felice Lima a proposito dell’ultimo squallido siparietto di Berlusconi e dei suoi comprimari della sinistra; non solo, ma più in generale può voler dire egoismo, possesso, dominio, sottomissione, calpestare i diritti altrui in nome delle proprie voglie, del legame di sangue, del gruppo, vs. l’amore oblativo, che si cancella per il bene altrui.

L’amore materno, il primo degli amori, cieco, indulgente e lupesco, è considerato da alcuni il fattore caratteristico della psicologia mafiosa (S. Di Lorenzo, La grande madre mafia. Psicoanalisi del potere mafioso); è stato detto, e andrebbe ripetuto con regolarità, che Filumena Marturano, “E figl so piezz ‘e core”, è anche la madre della corruzione in Italia. Gli studi sul familismo amorale italiano, e quelli di Fornari sul principio materno del clan in Italia, mostrano come quando a dettare legge è l’amore allora l’estraneo al gruppo può divenire un nemico da odiare; e come anche lo Stato possa divenire un nemico (se non fosse che lo Stato è occupato da tanti figli di Filumena, che con “l’eccesso di codice materno” ci vanno a nozze). Oppure si può avere un unico clan, una società che diviene ecclesia, con i reprobi e gli ammessi, come ha scritto Alvaro.

Appare invece rilevante per la sfera politica, e fondato su basi biologiche se si pensa che il comportamento materno viene suscitato dall’ormone prolattina, il proverbio meridionale “Chi ti vo’ bene cchiù da’ mamma o ti trade o ti ‘nganne”. Da grandi non c’è la mamma. E non bisognerebbe cercare surrogati. Né si può essere padre o madre, o figlio, o innamorati di tutti. L’amore quindi può indicare cose diversissime, e andrebbe sempre qualificato: amore adulto, che può essere benefico per la società indirettamente o direttamente, amore viscerale per sé stessi e la propria cerchia che può essere un veleno sociale, amore di tipo paterno, materno, filiale, fraterno, amore erotico, etc. Amore che dà senza chiedere e amore che vuole solo esigere e dominare.

Nel privato, forse è vero che “All you need is love”. Ma nel pubblico l’appello all’amore suona come l’ammissione che non può esservi giustizia, e che l’ultima spiaggia è sperare nella personale benevolenza e compassione di chi comanda. Credo invece che si debba cercare un mondo giusto, tenendo presente che la giustizia è una cosa, l’amore un’altra. E tenendole sempre il più possibile distinte. Appare molto pericoloso voler fare dipendere la giustizia dall’amore come diceva il Vangelo 2000 anni fa e come dicono i preti; un tema caro ai politici verbosi, es. Berlusconi o il suo possibile successore Vendola. Ambedue amici e soci di don Verzè, “business, amore e sanità”, sponsor di quelli tanto fanatici dell’amore che sugli amori altrui raccolgono dossier, per mestiere. “Pane, amore e sanità”, slogan commissionato dal Ministero della salute,  è invece la versione statalista (ma non troppo).

In questi giorni la campagna nazionale di screening per il tumore al seno è impostata su ammiccamenti erotici, come lo slogan in epigrafe. Non una parola sulle gravi riserve scientifiche circa l’efficacia e la dannosità dello screening (es. R. Volpi, L’amara medicina. Perché il “sistema” della prevenzione non funziona. Mondadori 2008). Alle donne piace lì, va bene, ma per il resto sono delle minorenni, delle sciocchine non in grado di prendere decisioni sulla propria salute, e pertanto è meglio che non vengano esposte ad informazioni stonate, agli arzigogoli puerili di certi che tentano così di uscire dal Nulla al quale li condanna la loro assenza d’amore. Cosa c’entrano le zone erogene col cancro? Il sesso fa vendere, e questo non è l’unico caso dove viene usato come strumento di marketing per il business della medicina, anche se è uno dei più cialtroneschi e squallidi. Il maggior esperto italiano di tumore alla mammella, il senatore del PD Veronesi, ha appena annunciato al pubblico che con la “prevenzione” ci si sta avvicinando alla risoluzione finale del problema. Ciò è contraddetto da un rapporto della “Decision resources”, uscito pochi giorni prima, rivolto agli investitori, che prevede che le vendite di sette farmaci emergenti per il tumore della mammella in un mercato costituito da sette paesi ricchi tra cui l’Italia raggiungeranno i cinque miliardi di euro nel 2019. Nell’epoca del consumismo la civiltà dell’amore a volte prende la forma della civiltà dell’harem, dove il Bene, e l’amore, sono sostituiti dal piacere. Una tendenza che si sta insinuando anche nel campo del business medico. “Cicciolina”, la fondatrice del “partito dell’amore”, è un’educanda paragonata a certi, per i quali la medicina sarebbe una forma di amore, e addirittura sarebbe un sacerdozio. A dire che i magistrati sono “sacerdoti civili” è stato invece Andreotti.

L’amore varia più che proporzionalmente con la distanza, come quelle forze della fisica; l’amore che agisce uniformemente erga omnes è un gatto che abbaia: è logicamente possibile, ma, salvo forse qualche strano fenomeno, non si dà nella realtà, è un’altra entità che dovrebbe chiamarsi con un altro nome. L’amore non è, non può essere, se non per un’invenzione retorica, uguale verso tutti; al contrario, tende per natura e per definizione a concentrarsi e a escludere; è una forza antiegualitaria. Il mondo dove tutti si amano è verosimile come il mondo dove tutti sono miliardari. La giustizia serve ad assicurare a tutti il poter coltivare l’amore privato lecito, che tiene insieme la società agendo a breve distanza. Non è un’estensione dell’amore, ma una protesi e un correttivo: supplisce là dove l’amore non può arrivare o è negativo. L’amore può essere simboleggiato da un nido, che vuole essere accogliente per una famiglia, un piccolo gruppo; la giustizia dalle cellette di un alveare, tutte uguali e monotone, un po’ inquietanti, ma dalla forma ottimizzata per una collettività. Entro quel perimetro esagonale, dato dai diritti degli altri, che ognuno si costruisca il suo nido e il suo mondo, e lo esprima e lo comunichi agli altri come crede. In fondo tutto questo citare l’amore è anche l’ennesima intrusione del potere nella sfera privata. Un voler mettere sullo stesso piano gli affetti del focolare con le relazioni della piazza.

Mi pare che la legge, la giustizia, l’impegno civile, siano un tentativo razionale di trascendere forze come l’amore e il suo doppio l’odio, creando forze che regolano positivamente i rapporti sociali basandosi sulla ragione; forze non così intense a breve distanza, forze molto più deboli sul piano psicologico, ma efficaci su un maggior ambito sociale. L’equilibrio sociale dovrebbe derivare dalla coesistenza di forze diverse. Non si amano i propri cari e le comunità di cui si è parte per decreto del giudice; e non ci si deve astenere dal fregare il prossimo perché invece si deve irradiare amore, ma perché così si viola il patto sociale, e perché se si insiste si va in galera. Le regole se le danno i gruppi di animali, se le danno le bande di criminali osservava Platone, quindi non c’è da stupirsi che se le diano senza altro fondamento che una necessità pratica di sopravvivenza anche le comunità. Può darsi che il senso di responsabilità verso gli altri sia sul piano psicologico un’evoluzione dei sentimenti infantili di amore scambiato coi genitori; ma nella vita adulta deve assumere una forma autonoma, indipendente dal sentimento, e cristallizzarsi nella ragione. Un conto è l’ontogenesi psicologica e culturale, un altro l’assiologia. Nell’organizzazione sociale, l’amore dovrebbe venire dopo la giustizia, non prima. Dovrebbe intervenire dopo che sono stati messi i picchetti, e non decidere, emotivo, volubile e mezzo cecato com’è, la posizione dei picchetti; che può infiocchettare, se vuole, ma non deve oltrepassare.

Senza dubbio si vive meglio là dove non la paura della sanzione, ma una convinzione interiore detta l’aderenza alle giuste regole; ma non si può affidare la società alla “kindness of strangers”, né si dovrebbe elargire correttezza e solidarietà, o giustizia, a piacimento come un elemosina. Intendo rispettare gli altri ed essere rispettato non in nome dell’amore, ma in nome della civile convivenza. Può e deve esserci rispetto anche senza amore, e viceversa non si possono ledere i diritti altrui con l’esimente dell’amore. E’ curioso, e un po’ sospetto, che i giuristi, mentre in genere tendono a negare o minimizzare i legami del diritto con l’etica, a volte esaltino i legami del diritto con la religione. Ho sentito diversi magistrati citare l’amore evangelico a proposito del loro lavoro; a volte letteralmente da pulpiti di chiesa, nel corso di funzioni religiose. Qualcuno l’ho anche sentito dire che la moralità alta può derivare solo dalla fede religiosa, e che la moralità senza fede è comunque di una qualità inferiore. Nella mia esperienza di vita, è più difficile trovare magistrati che emettono decisioni rapide, oneste e imparziali, che non magistrati che predicano l’amore cristiano.

Ci sono persone che in buona fede vogliono estendere l’amore al sociale; un progetto rischioso, che può portare a divenire dei benefattori dell’umanità, oppure a fare pasticci. Non siamo chiamati alla santità – un’altra pelosa esagerazione – ma abbiamo l’obbligo della decenza, se vogliamo essere uomini e non bestie ripulite. Sul piano dell’esperienza, quelli che insistono a parlare di amore come forza sociale, e ad assegnargli un primato, mi fanno paura, a cominciare dai preti, che sembrano avere distillato una mistura di enunciati dal sapore zuccherino e di sentimenti reali di perenne aggressività, di desiderio di sopraffazione, di subdola violenza distruttrice verso chi non si sottomette loro. Gli esperimenti politici che hanno creduto di poter fare completamente a meno dell’amore in nome di qualche geometria teorica della società sono falliti; ma l’annunciare l’era della civiltà dell’amore spinge la politica verso il nucleo primigenio dell’amore, cioè verso la regressione infantile. L’appello all’amore nella vita pubblica andrebbe letto come una codeword per un appello alla via soft all’assolutismo, all’arbitrio dei potenti e dei santoni, dove capi-genitori danno “amore” e vogliono essere obbediti per amore. Dove istituzioni patrigne e matrigne tolgono “l’amore” cioè i diritti, a coloro che non fanno i bravi, che fanno i capricci anziché fare i compiti, mangiare la pappa stabilita e guardare i cartoni in tv.

L’amore preme prepotente sul sociale, e una modica quantità di tale amore, bene orientata, è, come legante e catalizzatore, tra gli ingredienti indispensabili in una società; e dobbiamo sollecitarci a provare un qualche sentimento d’affetto anche per il prossimo sconosciuto, per i lontani, per l’ultimo essere dalla Terra, dopo aver riconosciuto che oggettivamente ha dei diritti indipendenti dalla nostra disposizione nei suoi confronti; ma se si esagera con l’amore la giustizia finisce a puttane.

Opere e omissioni

25 October 2010

Blog Uguale per tutti

Commento al post “Il diritto costituzionale alla verità” del 24 ott 2010

 

E’ noto che la verità viene denegata con le omissioni più ancora che con gli atti positivi come una legge che conferisca immunità formale. I politici possono essere favoriti di fatto dai magistrati: ad esempio venendo tenuti fuori da un processo per strage che si trascina da decenni, e che riduce la giustizia a rincorrere i pesci piccoli.

La tv non dice tutto nella full immersion sulla povera Sarah Scazzi. Inventa e straparla su fatti e motivazioni, educando il pubblico a sragionare e a diffondere la calunnia; e tace sulle sue stesse responsabilità, sul suo seminare spazzatura, sull’influenza che possono avere sulle ragazzine di un paesino trasmissioni come Uomini e donne, X factor, Grande Fratello etc, che dipingono la vita come una lotta, frivola e senza quartiere, per il successo mondano.

Non è del tutto vero che nessuno si sogna di fare approvare una legge che dica che i chirurghi non possono essere processati perché non hanno tempo. C’è una tendenza ad assicurare una immunità ai medici in nome di interessi superiori. Il ministro Fazio ha detto che intende fare depenalizzare, per il bene dei cittadini, la colpa medica. In USA, Bush ha voluto ridurre le responsabilità giuridiche delle multinazionali farmaceutiche; lì, dove l’industria della malpractice parassita, in una catena alimentare, quella della medicina fraudolenta, attualmente si chiedono “Health courts” separate per i medici. In Italia, posso testimoniare, si va per vie informali, favorendo chi va protetto e ostacolando chi denuncia. E facendo anche di peggio. Si salvano così la forma e le apparenze, e si ottiene gratitudine: “Dieci anni fa i magistrati erano ferocemente critici nei nostri confronti; mentre oggi li troviamo profondamente consci del fatto che siamo una classe “perseguitata”, spesso per soli motivi economici. E riconosciamo che anche la stessa classe politica, al di là della facile demagogia, cerca oggi di cambiare le leggi per permetterci di lavorare meglio” Rocco Bellantone, segretario della Società italiana di chirurgia, esperto di chirurgia mini-invasiva della tiroide, 2009.

Anche l’immagine dei chirurghi che quando non sono dal giudice salvano vite trascura alcuni elementi. Per esempio, in Italia ogni anno si eseguono circa 40000 interventi alla tiroide. L’indicazione all’intervento, principalmente oncologica, appare gonfiata ad arte rispetto alla reale biologia degli ingrossamenti non neoplastici, delle neoformazioni benigne e delle forme aggressive di cancro della tiroide. La sovradiagnosi a fini di lucro può spiegare come è avvenuto che l’incidenza di diagnosi di cancro della tiroide in USA sia aumentata di 2.4 volte dal 1973 al 2002. Il cancro alla tiroide è tra quelli che autorevoli epidemiologi come Bailar ritengono siano sovratrattati. Un recente lavoro mostra che nei soggetti ai quali è stato diagnosticato un carcinoma papillare, la variante morfologica diagnosticata nell’80% dei casi, confinato alla tiroide, non ci sono differenze di sopravvivenza a lungo termine sia che venga asportata la tiroide sia che i soggetti non siano trattati (Arch Otolaryngol Head Neck 2010;136, 440-44). La differenza è che l’intervento può dare complicanze, e senza tiroide si vive peggio, ma intervenendo aumentano nelle tasche dei chirurghi i motivi per i quali alcuni li invidiano, e per i quali si dicono perseguitati.

Segnalo il mio commento “Lotta alla mafia nell’anno domini 2010: Saviano e Lea Garofalo“ sull’omessa protezione a Lea Garofalo. Ieri sera a “Caternoster” ho visto un cabarettista che, avendo denunciato che c’è la “mafia al Nord”, ha la scorta. Se servisse, rinuncerei alla sorveglianza di polizia, “assegnata”, vedo, per la profonda consapevolezza delle persecuzioni alle quali sono soggette certe classi. Temo che la “mafia al Nord” permetterà alle Istituzioni di nascondere e aiutare ancora di più la “mafia del Nord”; speriamo che il suo lancio non contempli altri omicidi.

Se voi foste lo scienziato

16 June 2010

Segnalato il 16 giu 2010 sul blog “Uguale per tutti” come commento al post “Riformare (ma seriamente) la Costituzione” del 10 giu 2010

Arriva l’estate, tempo di giochi e buonumore sotto l’ombrellone. Achille presenta sul blog la nuova Costituzione, composta da un solo articolo: “Il Presidente del Consiglio fa quello che cazzo gli pare”. Una blogger ha commentato che andrà a finire proprio così. Personalmente, ritengo che tra i primi responsabili vi siano gli elettori, che hanno permesso la “resistibile ascesa” di un modesto prepotente, votandolo, o votando la sinistra “gellista” (nel senso di Gelli Licio, non di Giustizia e Libertà). Siccome si scherza, avanzo un’altra proposta per la modifica della Costituzione: guardare alla Costituzione della effimera Repubblica romana del 1849, e adottarne l’art. 20, che prevede che il popolo elegga i suoi rappresentanti con voto pubblico. Non so valutare la portata degli effetti negativi della non segretezza del voto, che certamente vi sono, e saranno anche gravi. Ma il voto pubblico potrebbe servire da correttivo al degrado dell’elettorato, che oggi appare allo sbando, essendo deresponsabilizzato, rincitrullito, gasato dalla propaganda e incapace di tutelare i suoi interessi. Aristotele sosteneva che il popolo è anche lui una magistratura. Anche il famoso discorso di Pericle sulla democrazia ad Atene considera il popolo come una magistratura che ha delle responsabilità nella cura dello Stato; un discorso che a leggerlo viene da piangere, per il divario tra il fresco profumo di ciò che descrive e la nostra puzzolente condizione attuale. Col voto pubblico finirebbero molti piagnistei di furbi e sciocchi, e tanta gente non potrà che protestare con sé stessa davanti allo specchio, se non comincia a fare un uso meno dissennato del voto. Si potrebbe forse rendere facoltativa la pubblicità certificata del voto. Dichiarare quali forze si sono votate potrebbe divenire una prassi volontaria per coloro che comunicano al pubblico opinioni e critiche politiche (personalmente dal 2000 a tutte le elezioni restituisco il documento elettorale, con racc. a/r ; prima, alle politiche votavo, horresco referens, DC; poi PRI; poi scheda nulla; alle locali votavo candidati di centrosinistra, e me ne sono pentito). In USA, quando si cita un parlamentare si aggiunge al nome una “D” o una “R” per indicare se è democratico o repubblicano; si potrebbe almeno dire di quale partito sono i parlamentari non di primo piano quando li si cita, cosa che invece molti giornali evitano accuratamente; quale partito nominalmente, perché nella grande maggioranza dei casi si sa già che l’iscrizione vera è al Partito dei c. propri.

Sempre pour parler, per ingannare il tempo, propongo un quesito simile al “Se voi foste il giudice” della Settimana enigmistica. Però, in campo scientifico: “Se voi foste lo scienziato”. Poniamo che siate il direttore di un centro di ricerca e veniate incaricati di trovare una spiegazione per un altro di quei cluster di leucemia infantile che periodicamente vengono rilevati. Niente paura, potete farlo anche voi, visto che si incoraggia la gente affinché ogni “quisque de populo” dica la sua (meno alcuni, come vedremo): il quotidiano Il Giorno ha raccolto e pubblicato le ponderate opinioni del titolare di una cartoleria in merito alla patogenesi di un caso identico a quello che consideriamo qui (Leucemia a scuola il quartiere vuole la verità. Preoccupazione, ma senza psicosi. 11 giu 2010). E comunque, fare il direttore è più facile che fare il ricercatore … Immaginiamo allora che in una scuola si sia verificato un cluster di leucemia: quattro bambini, tre scolari e la sorellina di un altro scolaro, hanno avuto una diagnosi di leucemia linfoblastica acuta (LLA) a cavallo delle ferie natalizie, tra il 14 dic e il 22 gen. Nello stesso periodo ci sono stati altri tre casi di leucemia infantile nella metropoli dove è la scuola, Milano (ma, data la possibilità che tali cluster a volte siano degli artefatti statistici, per non sapere né leggere né scrivere scegliamo una forma semplificata del problema, circoscrivendolo ai quattro casi della scuola, che più facilmente e più nettamente possono mostrare o smentire l’individuazione di un fattore causale comune). Troppi casi nella popolazione composta dai bambini che frequentano la scuola e dai loro fratelli rispetto all’incidenza della malattia nella popolazione generale. Un vostro giovane collaboratore, Gianni, formula, dopo mesi di studio, un’ipotesi: i bambini che si sono ammalati avevano in comune una predisposizione genetica alla leucemia, che l’influenza H1N1 ha slatentizzato. Considerando solamente l’aspetto logico, vi sembra una buona ipotesi?  Cosa rispondereste al collaboratore ?

Altri quiz per i più interessati. C’è un vostro secondo ricercatore, Lorenzo, che commenta che l’ipotesi di Gianni così formulata dei due fattori, genetico e infettivo, assomiglia all’illusione cognitiva descritta da Tversky e Kahneman per la quale si tende erroneamente a credere che la probabilità di eventi congiunti che confermino nostri pregiudizi sia maggiore di quella degli eventi considerati isolatamente. Lorenzo aggiunge che l’ipotesi di Gianni appare come il classico caso nel quale per salvare le premesse si falsifica la conclusione; che è del tutto azzardato ipotizzare che un’infezione slatentizzi una neoplasia; che il campo delle relazioni causali tra virus e tumori umani è stato fortemente criticato quanto a solidità scientifica, e per la presenza di conflitti d’interesse e di condizionamenti politici; che sono astronomici i numeri per calcolare la probabilità che i casi dei bambini predisposti nei quali avrebbe avuto luogo la slatentizzazione, tra i tanti esposti alla pandemia, si siano casualmente concentrati nella scuola; e che se l’ipotesi – che intanto è apparsa sui giornali come l’unica al momento considerata – venisse corroborata dall’improbabile reperimento di una condizione di anomalie genetiche oncogene preesistenti comune ai quattro bambini si configurerebbe, caso non raro nell’odierna biomedicina commerciale, un “paradosso di Gettier” piuttosto sospetto. Cosa rispondereste all’irriverente ricercatore ?

Poniamo che si presenti un terzo ricercatore, un indipendente di passaggio, un “cultore della materia”, Mario, che vi facesse osservare che il cluster di leucemia infantile nella scuola non è stato solo un cluster, ma anche un cluster anomalo: con una distribuzione temporale e una distribuzione spaziale entrambe estremamente ristrette, e che riguarda un numero di soggetti basso relativamente alla popolazione potenzialmente esposta alle stesse cause. Un attacco repentino e simultaneo, che è apparso e si è spento velocemente tra quattro mura o poco più. Un fenomeno anomalo in quanto il cancro è una patologia a sviluppo biologico lento, della durata di anni, e qui si hanno soggetti in giovane età; quando il cancro è causato, come in genere avviene nei clusters, da una esposizione a cancerogeni ambientali, in genere gli incrementi di incidenza si distribuiscono con una dispersione non trascurabile nel tempo e nello spazio. Per la simultaneità e la ridotta estensione temporale, il cluster assomiglia a quelli dovuti a una causa infettiva, mentre sembra difficilissimo che possano averlo generato agenti cancerogeni; ma assomiglia a un cluster di tipo tumorale più di quanto non assomigli a un cluster infettivo per il basso numero di soggetti colpiti. La forte circoscrizione spaziale è possibile, ma atipica, rispetto a entrambi i generi di cluster. Appare quindi come un cluster particolare, che si potrebbe definire “cluster puntiforme”: netto e marcato, molto piccolo, di durata molto breve.

Mario aggiunge che esistono degli elementi semplici, noti ma gravemente trascurati e travisati, che consentono di costruire una spiegazione teorica coerente di questo genere di cluster di leucemia infantile, senza introdurre fattori ipotetici non ancora individuati, e inoltre dando conto delle sue peculiari caratteristiche di cluster puntiforme: a) la capacità di un contagio virale di provocare reazioni linfoblastomatose non neoplastiche, che mimano biologicamente il quadro diagnostico della LLA; capacità che forse si incontra con la predisposizione di alcuni soggetti, diffusa nella popolazione, a tali reazioni non neoplastiche; b) la tendenza storica, sempre crescente, della medicina a espandere le diagnosi di cancro, classificando o riclassificando il maggior numero possibile di varietà di proliferazione come più maligne di quanto non siano biologicamente; tendenza che nel caso della LLA ha assunto la forma della non volontà e dell’incapacità di discriminare, non sulla base di convenzioni o evidenze indirette, ma rigorosamente, su basi scientifiche indiscutibili, tra leucemia linfoblastica e reazioni linfoblastomatose non neoplastiche (un tema che, in un’agenda di ricerca seria e onesta sulla LLA infantile, avrebbe dovuto essere al primo posto nei trascorsi decenni di ricerca, anziché venire proscritto); c) fenomeni di suggestione e contagio psicologico innescati e propagati su genitori, bambini, e medici, dagli allarmi mediatici che vengono lanciati sui tumori infantili da alcuni anni (es. i recenti “SOS”, supportati da interventi della magistratura, sul rischio di contrarre la leucemia infantile per cause ambientali, come “l’elettrosmog” dei trasmettitori di Radio vaticana di S. Maria in Galeria; e sul rischio di contrarla a scuola, come il caso delle antenne di Monte Mario). Questi sono tre fattori che potrebbero interagire fino a dare luogo alla rilevazione di cluster puntiformi di diagnosi di leucemia linfoblastica, rilevazione dovuta in realtà a un insieme combinato di bias. Le cure chemioterapiche, coi  loro effetti di obliterazione del quadro biologico e di mimesi del quadro clinico fisserebbero poi l’errore (Pansera F. Relazione tecnica sull’omicidio doloso di Ketha Berardi, 2001. p. 15. consegnata al PM Mastelloni della Procura di Venezia in seguito a convocazione dei CC di Brescia, mediante il luogotenente Carrozza, il 26 set 2007).

Che ne fareste dell’ipotesi di Mario, tenendo conto che Mario ha un problema, ed è egli stesso un problema. Già in precedenza su altre malattie ha avuto ripetutamente uscite simili; per esempio, tanti anni fa scrisse un articolo dove mostrava che alcune caratteristiche morfologiche depongono contro una causa immunologica per la sclerosi multipla; senza volerlo, lo pubblicò proprio mentre veniva approvato, avendo superato “severissimi” requisiti, un nuovo farmaco, l’interferone,  che invece si basa sulla teoria immunologica (la pubblicazione dell’articolo fu ritardata, così che comparve negli indici bibliografici appena dopo il trial clinico sul quale si basò l’approvazione dell’interferone per la sclerosi multipla). In questi giorni, 3 giu 2010, il British medical journal pubblica un articolo, “Multiple sclerosis risk sharing scheme: a costly failure”, sul danno derivato dai salti mortali amministrativi che sono stati fatti in Inghilterra per pagare le multinazionali acquistando l’interferone, e un altro farmaco pure basato sulla teoria immunologia della sclerosi multipla, nonostante un’analisi dell’ente di valutazione dei farmaci britannico, il NICE, avesse mostrato nel 2001 che il loro rapporto costo/efficacia non ne giustificava l’uso.

(Nel “risk sharing” lo Stato riduce i pagamenti se il farmaco si dimostra inefficace; da un lato ci si chiede su quali basi scientifiche è stato allora introdotto un farmaco se si ammette che può darsi che non funzioni; ma ai pazienti e il pubblico queste domande non piacciono, e, facendo leva sulle loro umane ansie e paure, si può presentare il contratto come un pragmatico sistema di controllo. L’introduzione dell’interferone fu supportata anche da comitati di pazienti, così come ora alcuni comitati di genitori stanno involontariamente contribuendo al business dei tumori infantili contro l’interesse dei bambini. Quello che è accaduto in UK è che i pazienti andavano male, ma la commissione esaminatrice giudicava che era prematuro ridurre i pagamenti. E’ un escamotage per sbolognare farmaci che sono lucrosi ma che è particolarmente oltraggioso fare approvare come validi; assomiglia un po’ al “contratto con gli Italiani“ di Berlusconi. In Italia finora non c’è stato bisogno di simili moine per dare alle multinazionali farmaceutiche quello che è delle multinazionali farmaceutiche, ma di recente il risk sharing, che ha conseguito questi brillanti risultati altrove, è stato introdotto anche da noi, dall’AIFA, per il lapatinib, un farmaco di ultima generazione contro il cancro avanzato della mammella; il prezzo, ora è calato, 1800 euro a scatola; il NICE ha bocciato il lapatanib, e ha bocciato anche il risk sharing sul farmaco).

Se le multinazionali vengono favorite a tutti i costi, chi è loro d’intralcio riceve un trattamento opposto. Mario autofinanziava le sue ricerche col lavoro di assistente ospedaliero, non chiedeva né soldi né riconoscimenti né altro; riteneva che la discussione sulle tesi che avanzava andasse limitata – come per tutte le ipotesi mediche non dimostrate, incluse quelle più titolate – all’ambito degli addetti ai lavori nelle sedi deputate. Per questo, sempre secondo quanto dice lui, è stato segnato come un inetto, un disturbato, e cacciato dal lavoro, facendolo controllare da istituzioni dello Stato prostituite, che lo hanno trattato come un soggetto da tenere sotto stretta sorveglianza, ostacolandolo e screditandolo nelle maniere più basse, punendolo come un topo di Skinner ogni volta che apre bocca e dice qualcosa di sgradito agli interessi criminali del business medico. Un sistema che funziona: ora, se non fosse pestato a dovere  e screditato chiederebbe di avere più dati sul cluster di LLA, e cercherebbe di meglio definire la sua ipotesi, e di pubblicarla. Considerereste l’ipotesi di Mario insieme alle altre, verificandola, approfondendola e testandola? Oppure fareste finta di nulla, ignorando l’outsider, o giudicandolo inattendibile una volta informati della sua pessima reputazione ? Oppure vi sembra appropriato, a voi del gregge di Pericle, dare un giro di vite alle misure di contenimento di Mario ?

Vi sembra la cosa giusta da fare, dopo che il caso del cluster nella scuola è stato reso noto dai media, dichiarare che non ci sono risposte certe, imporre la censura sulle risultanze degli studi su ciò che è avvenuto nella scuola, in modo da impedire analisi come quella che potrebbe condurre Mario, e contemporaneamente dare fiato alle trombe e diffondere sui media l’ipotesi di Gianni, nonostante le critiche di Lorenzo, e nonostante che secondo l’ipotesi di Mario ciò potrebbe essere causa attiva, oltre che causa per omissione, della diffusione di quello che si dice di voler impedire, e quindi causa di danni alla salute di altri bambini ? E vi sembra corretto, mentre affermate che non si sa cosa sia accaduto nella scuola, sfruttare il caso della scuola per diffondere l’allarme mediante ipotesi tanto apocalittiche quanto lontane dall’essere sufficientemente provate su un effetto mutageno dell’inquinamento sulle cellule germinali dei genitori come causa di un ineluttabile aumento dei tumori infantili ? (Questo è ciò che è accaduto nella realtà).

“Sì, è tutto sotto controllo; non sappiamo bene cosa sia successo; certo, sembra proprio che a causa di questo maledetto inquinamento una quota di bambini sia predestinata a sviluppare il cancro, ma non alimentiamo psicosi collettive”: si sta allarmando o tranquillizzando? Si può anche allarmare fingendo di voler smorzare i toni e tranquillizzare: è una figura di pensiero che viene attualmente annoverata, col nome di “amblisia” (che originariamente si riferiva al preparare a una cattiva notizia nel dramma greco), tra quelle che si impiegano per ottenere un effetto comico.

Questi indovinelli sono interessanti anche per i giuristi, ai quali del resto a volte piace scambiare i ruoli con la corporazione cugina dei medici; si possono elencare diversi motivi di interesse. Del caso del cluster di leucemie nella scuola Cuoco Sassi si occupa la Procura di Milano, che ha formulato un’ipotesi di lesioni colpose. I giuristi citano Giolitti: le leggi si applicano coi nemici e si interpretano con gli amici. E’ bene che sappiano che anche in ambito scientifico valgono i due pesi: Tomatis ha osservato che gli standard di prova richiesti per il nesso causale tra agenti cancerogeni ambientali o occupazionali e cancro umano (nesso che quando stabilito ostacolerebbe i profitti dei grandi interessi) sono molto più severi di quelli coi quali si attribuisce il cancro allo stile di vita personale (che discolpano l’industria, e favoriscono il business del cancro spingendo le persone a fare accertamenti). In certi casi, si arriva alla divinizzazione di ipotesi di comodo gracili e deformi, mentre ipotesi alternative non gradite non solo non vengono verificate, ma divengono desaparecidos. E’ stato detto che il metodo di prova scientifico discende storicamente dal metodo di prova giuridico; e, contrariamente a quel che si può credere, i giuristi applicano nel lavoro giornaliero la logica più dei ricercatori biomedici (che infatti trarrebbero vantaggio dallo studio dei princìpi della prova giuridica). Le fallacie (e le frodi) cognitive sono pure d’interesse per i giuristi (Bona C. Sentenze imperfette. Gli errori cognitivi nei giudizi civili. Il Mulino, 2010). La medicina è un settore di primaria importanza dell’economia, della politica, della vita civile, dell’etica. Mi pare che l’influenza da H1N1 una parentela con il rigoglioso sbocciare del business della leucemia infantile di sicuro ce l’abbia; una parentela da manette: di recente è stato rivelato che la dichiarazione della pandemia, che ha fruttato fatturati di miliardi di dollari alle case farmaceutiche, è stata favorita da “kickbacks” (tangenti) agli esperti della OMS. La Costituzione, fino a quando non verrà ridotta alla versione di Achille, a favore di Berlusconi, sancisce anche la libertà della ricerca scientifica. Ma il comma è già di fatto cassato, e sostituito da un altro che stabilisce a riguardo l’applicazione del citato art. 1 di Achille, a favore non del brianzolo liftato e con la bandana, ma del potere senza volto dei grandi interessi consumistici che Pasolini preveggente indicava come il nuovo vero fascismo. Del resto, il magistrato Renzo Lombardi l’aveva già scritto con una perifrasi, e parlando seriamente: il potere, incluso in alcuni casi quello incarnato dai magistrati, “fa quello che gli pare, se gli pare e quando gli pare”.

Sempre per rilassarsi, un anno fa (4 giu 2009) su questo blog un commentatore proponeva come “passatempo per l’estate” di occuparsi della mia identità “così enigmatica e sfuggente”. Presentava a riguardo anche degli anagrammi. C’è un modo interessante di svolgere questo gioco: procurarsi il libro “La fiera della sanità” di Daniela Minerva, BUR, 2009; leggerlo, in modo da avere una buona panoramica sugli scandali noti della sanità italiana. Scorrere quindi l’indice analitico, cercando di individuare i cognomi identici di due medici che non sono parenti, ma sono accomunati dall’essere stati messi entrambi in carcere per bruttissimi reati. Il mio cognome è lo stesso, e anche la professione. E anch’io, come i due soggetti citati nel libro, rappresento una visione “estrema” della sanità non desiderata dal potere. Per esempio, una visione rigidamente contraria a provocare, per fare soldi o acquisire prestigio e potere, lesioni che possono essere mortali a bambini, trattandoli senza necessità con pesanti terapie oncologiche giocando sulla circostanza che la medicina è stata sciatta e sbadata, volutamente, nel definire sul piano dottrinale la leucemia linfoblastica del bambino (e in certi casi essendo i singoli clinici molto sciatti e peggio che negligenti nella diagnosi). Una visione della sanità che oltre ad essere contraria alla corruzione descritta nel libro è contraria anche ad un genere di corruzione strutturale della medicina che nel libro è solo accennata (v. La magistratura davanti alle frodi mediche di primo e secondo grado). Fatto curioso, anche io sostengo di essere stato privato dallo Stato della libertà personale, come i due omonimi.

Curiosamente, lo Stato ha in pratica tolto dalla circolazione tre medici omonimi tutti e tre rappresentanti di forme di medicina devianti rispetto al business della medicina; un business che vuole essere una forma di sfruttamento istituzionalizzata, né onesta, dietro la maschera, né identificabile in forme tradizionali di crimine –  alle quali peraltro può all’occorrenza appoggiarsi – come la crassa violenza mafiosa o le truffe grossolane. Dei tre medici, due sono stati eliminati dalla vita pubblica ufficialmente, perché si sono macchiati di gravi reati, e il terzo è stato epurato e messo agli arresti senza dichiararlo, perché può essere controproducente, oltre che essere illegale, la censura aperta delle sue posizioni. Posizioni come la tesi che oggi è antiscientifico e disonesto negare o trascurare la pesante influenza dell’Offerta di medicina – che è guidata da un interesse amorale a ottimizzare il profitto – sulle definizioni e sui criteri di diagnosi delle malattie, prima ancora che sulle terapie; o la tesi che è in corso una campagna di marketing per lanciare le malattie pediatriche e in particolare le neoplasie pediatriche; campagna che favorisce le sovradiagnosi di tumore su bambini (v. Sos cancro nei bambini e sovradiagnosi; Mistero leucemia), con i banali orrori che ne conseguono. Una campagna che fa diffondere presso il grande pubblico da rinomati esperti spiegazioni ad hoc sulle cause dell’asserito incremento, presente e futuro, dei tumori in età pediatrica; che assicura a queste pezze d’appoggio teoriche, non importa quanto speculative, contorte, contraddittorie e pericolose, un monopolio, col sistema del racket: con la persecuzione subdola e implacabile di chi potrebbe contestarle sul piano tecnico avanzando temi, ipotesi, argomenti e critiche.

Le spiegazioni alternative e critiche devono essere represse sul piano scientifico, e non devono esistere nel dibattito politico  e nello spettacolo che si propina al pubblico. “C’è la possibilità … che le nostre conoscenze nel campo sono ancora troppo limitate per sapere in che direzione guardare” ha dichiarato l’epidemiologo che ha condotto l’indagine sul cluster della Cuoco Sassi. Quando ci si trova in questa condizione, di non sapere in che direzione guardare, propria dell’inizio di qualsiasi campo di ricerca (e non si dovrebbe essere ancora al “caro babbo” sulla LLA infantile, dopo tanti anni e così tanti soldi spesi in ricerca oncologica), si dovrebbe indagare “ a 360° ” prima di imboccare una o più direzioni. Ma in realtà si vuole che l’angolo visuale delle indagini resti sempre il più ristretto possibile, un sottile spicchio orientato in modo che si ottengano i risultati e i non-risultati che sono più vantaggiosi per l’Offerta, anziché per il pubblico e i pazienti. Il “bavaglio” non è solo quello delle intercettazioni, e non è applicato solo da Berlusconi.

Negli Anni di piombo ci sono stati alcuni magistrati e poliziotti che non abboccavano ai depistaggi, né facevano finta di abboccare per quieto vivere o perché collusi, e indagavano fuori dall’angolazione consentita; ed è accaduto che a questi inquirenti i pupi del terrorismo o della mafia gli abbiano sparato, o i superiori li abbiano messi sotto procedimento disciplinare. (E c’è stato qualche magistrato che ha ritenuto opportuno scriverle sotto pseudonimo, certe osservazioni sull’eversione). La campagna di marketing sui tumori pediatrici, che potrebbe essere chiamata “Operazione Erode”, è un esempio delle forme che l’eversione dall’alto assume al tempo della globalizzazione; un’eversione dall’alto che gode – non è la prima volta – della cooperazione della magistratura e delle forze di polizia, che hanno aiutato la campagna spendendo il loro prestigio a favore della diffusione del falso, dando credibilità coi loro interventi alle notizie e agli “scandali” adatti alla propaganda, e chiudendo nei cassetti le notizie e gli scandali che occorre tenere celati. E fermando un medico scomodo con lo stesso zelo, ma in silenzio, col quale hanno messo fragorosamente in galera l’omonimo medico mafioso e l’omonimo chirurgo della S. Rita; come se la legalità non fosse demarcata da una soglia ma da una finestra, una forchetta, con un limite superiore oltre che un limite inferiore, e il compito di  magistrati e poliziotti fosse quello di mantenere l’andamento delle cose entro questi due limiti, sia reprimendo l’illegalità che può danneggiare l’ordine desiderato dai grandi interessi, sia stroncando forme di impegno e di onestà che possono danneggiare gli stessi interessi.

Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico

24 June 2009

Lettera ai magistrati del 24 giu 2009

Segnalata sul blog “Uguale per tutti” come commento al post “Contro il relativismo etico ed epistemico” del 4 giu 2009

 

in appendice:

L’azione giudiziaria non euclidea

Lettera racc online al PM Del Grosso del 9 set 2009

 

Il clero sembrerebbe aver trascurato l’insegnamento di Gesù ai suoi discepoli di essere “prudenti come serpenti”, se a contrastare i propugnatori del testamento biologico manda “Militia Christi”, un gruppo cattolico inquietante fin dal nome, che ha decorato il suo sito internet con immagini di santi armati da capo a piedi; come se non fosse storicamente provato che quando le religioni cingono la spada gli esiti sono sciagurati. Per alcune sue affermazioni sul caso Welby, pochi giorni fa questo gruppo è stato condannato in sede civile dal Tribunale di Roma a pagare 20.000 euro all’Associazione per la Liberta’ della ricerca scientifica Luca Coscioni dell’associazione la Rosa nel pugno, e altrettanti al dottor Mario Riccio, per diffamazione. Per altre affermazioni sul caso Welby il Tribunale di Monza, sez. di Desio, ha condannato in sede penale i giornalisti Belpietro e Lorenzetto per diffamazione a danno del dr. Riccio. Il loro quotidiano, “il Giornale”, berlusconiano, sta alla borghesia conservatrice illuminata  – ammesso che tale favolosa entità esista – come la “milizia di Cristo” sta al messaggio evangelico. I parlamentari Binetti e Volontè, dai quali la vedova Welby riferisce di avere ricevuto accuse velenose, si sono sottratti alle loro responsabilità ammantandosi dell’immunità parlamentare. La sinistra progressista ha esultato per questa condanna; si è plaudito la vittoria contro “una portentosa opera di disinformazione e manipolazione della verita’ a danno, anzitutto, dei cittadini che vengono ritenuti ‘popolo bue’ al quale dare a credere qualsiasi ciarpame pur di evitare che si formi una coscienza collettiva, basata sulla conoscenza, su temi quali il fine vita. E cosi’ l’opera volta a ristabilire la verità…” (Marco Cappato e on. Maurizio Turco, PD).

Presumo che la sentenza sia in sé equilibrata, corretta e ineccepibile; ma non si può dire altrettanto degli effetti politici e sociali della sentenza, anche come parte delle posizioni generali della magistratura in tema di testamento biologico. Credo, per  ragioni già esposte, che il clero non è così contrario al testamento biologico come fa mostra di essere; e che questa vittoria giudiziaria sia un altro episodio del teatrino laici-cattolici su questioni bioetiche; con la partecipazione, non neutrale sul piano politico, della magistratura. La sentenza, rimbalzando sui media, non diminuirà ma aumenterà, come intendo dimostrare qui, la disinformazione e l’oscurantismo a danno del pubblico; proprio come detto da Cappato e Turco; anzi peggio, perché si formerà nel popolo una coscienza collettiva, ma distorta e contraria ai propri interessi.

Se da un lato c’è “Militia Christi” dall’altro sta la “morte opportuna”, espressione usata dal dr. Riccio per dare il titolo al suo libro su Welby: le posizioni del dr. Riccio, destinate a prevalere, alle quali questa condanna fornisce ulteriore credibilità e autorevolezza, non sono meno estremiste, e a mio parere non sono meno dannose, di quelle dei suoi bellicosi diffamatori cattolici. Ho avuto modo di constatarlo l’11 giu 09, ascoltando una conferenza sul testamento biologico tenuta dal dr. Riccio nella città dove abito, mentre il Presidente del locale Ordine dei notai autenticava gratuitamente le firme del testamento biologico. Nel suo intervento – che ho registrato – il dr. Riccio, accanto ad alcune osservazioni condivisibili, e ad altre interessanti, ha fatto diverse affermazioni a carattere medico per me sorprendenti. Ne riporto solo alcune.

“I casi Welby ed Englaro non sono eccezionali o unici, come vengono presentati; provocatoriamente sosterrò che di casi come Welby e Englaro ce ne sono 16.000 all’anno, circa una quarantina al giorno. Sono casi ordinari”. Infatti, spiega il dr. Riccio, “un quinto dei 150.000 ricoverati all’anno nelle terapie intensive muoino; di questi 30.000, 16.000 cioè il 62% [52%] muoiono per una decisione clinica: muoino perché la terapia viene limitata, ridotta, sospesa o non iniziata. Esattamente i casi Welby ed Englaro”.

E’ vero che Welby ed Englaro non sono casi eccezionali, né unici; ma non sono neppure casi ordinari. Si tratta di casi particolari, che riguardano poche migliaia di persone all’anno. La loro caratteristica specifica principale è lo stato di cronicità stabile in quella che ho definito come una “agonia statica”: che si può protrarre per molti anni. E’ capzioso paragonarli alle situazioni che si creano nelle terapie intensive, alle quali il dr. Riccio fa riferimento, dove giunge la massa dei casi che non sono né cronici né stabili, ma al contrario sono casi di persone che sono entrate da poche ore in una fase acuta grave che spesso porta inevitabilmente al decesso: es. un infarto miocardico esteso, politraumatizzati gravi da incidenti automobilistici, il precipitare di una malattia cronica come un’insufficienza respiratoria (per questo vengono chiamate anche “Critical care units”; l’opposto delle lungodegenze, che riguardano casi come quelli di Welby ed Englaro). Sono situazioni nelle quali, quando non c’è più nulla da fare, i rianimatori non insistono con interventi futili, che non andrebbero né nell’interesse del singolo paziente né, dati gli effetti sull’allocazione delle risorse, nell’interesse della comunità. Tali decisioni vengono prese insieme ai parenti. Ma anche qui esistono casi dubbi e problematici, sui quali non si dovrebbe essere tranchant in sede dottrinale.

Il dr. Riccio ha il merito di ricordare un altro contesto dei decessi medicalizzati, che non è il più comune, ma certo è importante, quello delle unità di terapia intensiva; ma è una forzatura ideologica equiparare Welby ed Englaro ai comuni casi di interruzione delle cure in terapia intensiva. Al contrario, sarebbe basilare riconoscere che le diverse condizioni cliniche portano a traiettorie di fine vita diverse (Chen J, et al. Terminal trajectories of functional decline in the long-term care setting. J Gerontology, 2007. 62A: 531-536. Al-Qurainy R, Collis E, Feuer D. Dying in an acute hospital setting: the challenges and solutions. Int J Clin Pract, 2009. 63: 508-515.); e che i problemi tecnici ed etici relativi a ciascun tipo di traiettoria non possono essere accorpati fingendo che le sottostanti condizioni e prospettive biologiche siano tra loro equivalenti. Traspare una volontà di usare i casi clinici di Welby ed Englaro come paradigmi per il problema di fine vita, per unificare le varie situazioni entro un’unica supercategoria; in modo da giustificare, come ho già detto in altri post e come esporrò qui, interventi analoghi su situazioni croniche superficialmente simili, sostanzialmente diverse, centinaia di volte più comuni e quindi molto più rilevanti economicamente.

“L’eutanasia è considerata unicamente un atto volontario, diretto, col quale viene iniettata una sostanza atta a interrompere rapidamente l’attività cardiaca o respiratoria. Non esiste un’eutanasia indiretta o passiva come qualcuno sostiene”.

E’ come dire che non ci sono colpe o responsabilità per gli atti omissivi, se chi li subisce esprime o avrebbe espresso la volontà di subirli. Una riclassificazione arbitraria, che porta a ricordare che il testamento biologico (“living will”) è stato introdotto negli anni ’60 da un’associazione che si chiamava “Euthanasia society of America”, e che in seguito reputò opportuno ribattezzarsi “Society for the right to die”. Questo mostra sia le radici ideologiche del movimento pro testamento biologico, sia l’attenzione che pone nell’evitare denominazioni allarmanti.

Un linguista ha distinto tra parole “purr” e parole “snarl” (parole “fusa” e parole “ringhio”). Qui i “laici” stanno attenti ad adottare termini “fusa”, mentre i cattolici, con tutta la loro ricca tavolozza di sfumature sembra lo facciano apposta a usare parole, e posizioni, “ringhio”. La causa per diffamazione appare rientrare in questa singolare traslazione, dove i cattolici, mentre non presentano le buone ragioni contro il testamento biologico, risultano cattivissimi, e i “laici” moderati; una traslazione che fa apparire agli occhi dell’opinione pubblica come “civile” e auspicabile il testamento biologico, in particolare la richiesta di interrompere acqua e cibo; e come fanatica e codina qualsiasi critica a questi atti.

“La morte naturale è un concetto privo di significato”. “La morte naturale non esiste. La morte naturale è un concetto del medico di fine Ottocento, che vedeva morire il suo paziente, non sapeva perché moriva, e quindi trovava un modo per nascondere la sua incolpevole ignoranza”. “Noi oggi tutti moriamo con una diagnosi e una terapia; la morte naturale è rimasta nel gergo giudiziario, nelle indagini sulle persone trovate morte”. “Welby non è morto di morte naturale, e neanche la signora che ha rifiutato l’amputazione del piede in cancrena diabetica”.

I magistrati vogliono sapere se un individuo è morto per cause naturali, e la domanda è pienamente sensata sul piano biologico. La patologia, con o senza diagnosi, è un’entità naturale. La morte è un fatto naturale: la longevità è un parametro fisiologico di specie, che obbedisce a stretti vincoli allometrici, es. quelli con la frequenza cardiaca. Gli esseri della nostra specie, nonostante ciò che si sente dire in tv, non possono arrivare a vivere 120 anni col miglioramento dello stato di salute della popolazione, come non possono arrivare ad essere alti due metri e mezzo col crescere dell’altezza media col benessere. Il dr. Riccio potrebbe chiamare a sostegno delle sue tesi il premio Nobel Montagnier, che portando il ragionamento alle sue logiche conclusioni ha sostenuto che “l’immortalità [tramite l’intervento medico] è un’ipotesi da prendere in considerazione” (F. Pierantozzi. L’immortalità. Colloquio con Luc Montagnier. Allegato al n. 48 di Liberal, 1999).

Il dr. Riccio confonde la “causa della morte”, ciò che causa i meccanismi fisiopatologici che portano alla morte, che può essere un fenomeno naturale, come un cancro, o può essere “antropica”, come una ferita da arma da fuoco, con la “manner of death”, ciò che ha provocato la causa della morte, che può essere naturale come una malattia, oppure dovuta all’uomo, come un omicidio, es. sparare a una persona o somministrarle senza valido motivo terapie cancerogene, o un suicidio. Per Welby ed Englaro la manner of death corrisponde sì ad una scelta umana, ponderata e permessa dai magistrati, di ritiro delle cure; ma che ha lasciato libera di agire una manner of death naturale, dovuta alla sottostante condizione patologica; che nelle sue forme specifiche è stata la causa di morte, pure di tipo naturale.

“Io ho una familiarità per malattie cardiache; se non controllo i fattori di rischio (soprappeso, vita sedentaria, alcool, colesterolo) e dovesse arrivarmi prematuramente una morte per danno cardiaco quella non sarebbe una morte naturale; naturale fino a un certo punto, sarebbe la conseguenza di un comportamento mio e sapevo benissimo a cosa andavo incontro”.

Il dr. Riccio confonde anche, seguendo un equivoco che è stato impressso nell’opinione pubblica, i fattori di rischio, che sono entità epidemiologiche a carattere meramente associativo, con i “lifestyle factors”, a carattere causale, che a volte coincidono coi fattori di rischio, che a volte non sono sufficientemente provati, e che spesso hanno la funzione, in quella religione gnostica che è la medicina attuale, di “peccati”. Il principale fattore di rischio per il cancro è l’età; ma non è che se un anziano sviluppa un cancro è colpa sua. Fattori come il fumo, il sovrappeso e la vita sedentaria sono effettivamente fattori di rischio e lifestyle factors per la cardiopatia ischemica; conviene ridurli, ma ci sono stati casi clamorosi di maratoneti magri morti d’infarto. Un livello ematico elevato di colesterolo è un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari (sopravvalutato; è un fattore di rischio forte solo per un piccolo sottogruppo), ma l’efficacia preventiva delle misure farmacologiche di massa per abbassarne il livello è a dir poco dubbia; solo, questa idea che con una pillolina si può continuare ad abbuffarsi e campare cento anni piace, e su di essa si è creato un business delle dimensioni di uno Stato, un Eldorado, per l’industria farmaceutica. In USA nel 2008, anno di vacche magre per l’industria farmaceutica, col tasso di crescita più basso mai registrato dal 1961, le statine, citate dal dr. Riccio tra i fattori che consentono di giudicare sorpassato il concetto di morte naturale, sono scese al secondo posto nella scala dei prodotti più venduti per fatturato annuo (al primo posto sono passati gli antipsicotici): dai 16.4 miliardi di dollari del 2007 a 14.5 miliardi di dollari. Il fatturato per le statine è così sceso dal 94° al 111° posto rispetto alla lista del 2008 dei PIL annui nazionali; continuando comunque a precedere Senegal, Albania, e un’altra sessantina di paesi.

Il dr. Riccio si presenta come laico, e condanna la vecchia medicina “ippocratica”. Ma propugna una medicina ancora peggiore, la medicina delle multinazionali dove la salute e la longevità te le dà la medicina, e se ti ammali o muori è colpa tua che non le obbedisci: una medicina non “paternalistica” ma “padreternalistica”. “Militia Christi” vuole, si legge nel suo sito, il “riconoscimento della Regalità Sociale di Cristo”; il dr. Riccio va verso una forma moderna, ma anch’essa totalizzante e teocratica, di medicina; una medicina che, come Dio, ti lascia la libertà di cadere nel peccato; ma solo seguendo la sua volontà ti salverai. E’ singolare sentir dire dagli stessi che propugnano la libertà di cura che l’osservanza dei precetti del medico dà la salvezza, addirittura emancipando dallo stato di natura, mentre la morte è causata dall’inosservanza dei precetti medici. Alla faccia della laicità.

Con la sentenza si dipingono come campioni della “difesa della libertà di ricerca” i sostenitori del neoliberismo USA come i radicali, e la magistratura, che in materia di violazione del primo comma dell’articolo 33 della Costituzione ha acquisito meriti presso le multinazionali, ma ha così scritto pagine di vergogna. E’ un autoritratto ribaldo, che capovolge la realtà. L’attuale business medico non può funzionare senza censura, e ha l’abilità di invocare per sé la libertà di ricerca mentre la fa togliere a chi gli è d’ostacolo, mediante i poteri dello Stato; anche con metodi violenti, che stravolgono la figura di chi deve essere messo a tacere fino a farlo apparire come un deviante o un delinquente. Questo scambio di ruoli tra persecutore e perseguitato, oggi di moda tra i potenti, mi ricorda un poco la fine di Fantozzi quando bussa alla porta del Paradiso. Ma le affermazioni come quelle del dr. Riccio su morte, natura e medicina suonano vicine a quelle di un’altra chiusura di film satirico; quella del “dr. Tersilli”, che citando un “prof. Stroganoff” sostiene che “La vecchiaia e la bruttezza sono malattie dalle quali si può e si deve guarire”.

“Al medico non spetta valutare qual è una vita dignitosa per il paziente; o comunque non si può fare valere tale giudizio per il paziente”. “Abbiamo rianimato un killer mafioso, che poi ha ucciso ancora”. “Il rapporto fiduciario medico-paziente è una favola, salvo casi di amicizia personale”.

Al medico non spetta certo giudicare se una persona deve vivere o morire in base alle sue qualità morali, ed è sinistro sentire considerare tale ipotesi, sia pure per poi scartarla. Ma al medico curante dovrebbe spettare di formulare una valutazione su quali sono e saranno le condizioni biologiche del paziente rispetto alle aspirazioni a una vita dignitosa; nell’esclusivo interesse del paziente, rispetto al quale egli è non è né semplice prestatore d’opera né figura genitoriale o divina né amico, ma agente, che come tale ha degli obblighi. La professione medica esiste in quanto le persone ritengono di non poter fare da sole sui problemi di salute; il paziente (termine deprecato, ma che ritengo preferibile a “cliente”) non va lasciato solo, sotto il peso talora schiacciante della sua condizione, a decidere della sua sopravvivenza, proprio nei casi nei quali avrebbe maggior bisogno di un sostegno tecnico e morale; un sostegno impermeabile all’influenza di quelli che sono gli interessi dell’agente. E d’altra parte il paziente non può essere accontentato, in nome di una astratta posizione avalutativa, se chiede di essere ucciso in base a una sua personale e soggettiva opinione, indotto dalla disperazione o dalla propaganda; o costretto dai trattamenti che ha ricevuto.

“L’accanimento terapeutico è un concetto inutile e pericoloso. E’ un termine che vi posso assicurare non troverete in nessun testo internazionale; è un ossimoro italiano non ben definito e indefinibile: il limite è personale”.

Concordo con quanto osserva il dr. Riccio a sostegno di questa sua tesi, che nel caso Welby era inappropriato parlare di accanimento terapeutico a proposito del respiratore che lo teneva in vita, come invece ha fatto la ministra Turco. Ma l’accanimento terapeutico non solo esiste, come si può verificare nei quotidiani problemi che pone; non solo è un concetto indispensabile per discutere i problemi di fine vita: ma si riferisce a un problema imprescindibile per l’analisi dell’intera medicina odierna: quello del sovratrattamento. Nella letteratura internazionale non si usa la nostra espressiva locuzione letteraria, ma si parla semplicemente di “overtreatment” o, soprattutto per i problemi di fine vita, di “overzealous treatment”. Ciò che non si trova comunemente nella letteratura medica internazionale è l’affermazione che il limite tra cure e sovratrattamento sia solo un problema personale. Il dr. Riccio considera come unico termine lecito la “futilità” cioè l’inutilità del trattamento; che è un caso particolare di sovratrattamento, che anche l’Offerta medica trova conveniente evitare, ma limitatamente al fine vita. Si tratta infatti di un’eccezione alla regola; per l’Offerta medica la regola è sovratrattare. Ci sono sovratrattamenti che non sono semplicemente futili o “overzealous”: sono sovratrattamenti fraudolenti, ingiustificati e dannosi, ma applicati in quanto economicamente redditizi. Per esempio, il lucroso sovratrattamento di massa di lesioni sovradiagnosticate come cancro, responsabile di crescite esplosive nelle statistiche d’incidenza dei tumori.

Il giorno stesso della conferenza del dr. Riccio avevo ricevuto per posta il libro “Overtreated” di Brownlee. Prima mi erano arrivati “”Overdosed America” di Abramson, e “Worried sick. A prescription for health in overtreated America” di Hadler. Sono libri “mainstream” e di buon successo, scritti da seri professionisti (che descrivono anche parte delle manipolazioni che hanno permesso di costruire un Eldorado con le statine). Mentre il dr. Riccio diceva che l’accanimento terapeutico non lo si deve neppure nominare, e lo scelto uditorio annuiva, pensavo che il sovratrattamento, attualmente molto discusso in Usa, almeno tra la parte più avvertita della popolazione, per i progressisti della provincia italiana invece non esiste, è uno dei nostri soliti svolazzi retorici. In realtà, c’è un mostruoso problema di sovratrattamento nella medicina attuale, dovuto al perseguimento del profitto; ma non si può dire; a sinistra, dove partiti sindacati e intellettuali organici sono al servizio di detto business, non meno che a destra.

Non si devono accostare le parole “accanimento” e “terapia” perché, dovendo spaventare il pubblico sulla possibilità di essere sovratrattati a fine vita, bisogna però stornare il sospetto che questo avvenga anche prima, che avvenga di continuo. Non bisogna cioè fare capire che il paziente, mentre gli viene fatto credere che è lui che decide, viene sovratrattato finché ciò è redditizio; e che quando diviene un peso, quando non è più un supporto valido per l’applicazione delle tante costose terapie, occorre toglierselo dai piedi, anche sottotrattandolo. Così abbiamo un medico che combatte il sovratrattamento negando che esso esista. Altro che “ossimoro”.

Stefano Rodotà, nella prefazione del libro di Riccio “Una morte opportuna” scrive “Riccio ci dà una lezione di moralità professionale”. L’impressione che ho tratto ascoltandolo è che il dr. Riccio non sia un maestro, né di moralità né tanto meno un maestro intellettuale, ma una persona pratica e grintosa, una specie di “rugbista” della discussione, inserito nel gruppo pro testamento accanto a teorici come Flores D’Arcais e Rodotà per la sua capacità di travolgere apoditticamente i concetti che sono d’impaccio.

La sentenza pro Riccio è un altro passettino verso l’orientamento desiderato. Aggrava lo stato di manipolazione culturale sul fine vita, e aggrava così il conseguente danno al pubblico, sia diretto per ciò che avverrà nei reparti di degenza, sia per il conseguente imbarbarimento della mentalità, e anche per l’imbarbarimento del diritto. La magistratura può sostenere, fondatamente ci mancherebbe altro, che lei ha solo giudicato sulla diffamazione, e che certo non può e non deve prendere parte alla contesa. Queste posizioni ricordano ciò che avviene nella ricerca biomedica, dove sostenendo il “riduzionismo” cioè la necessità metodologica (che in realtà è solo una strategia euristica) di occuparsi soltanto di aspetti parziali e ben definiti, poi, col mosaico dei dati così “rigorosamente” ottenuti, e quindi non contestabili, si costruisce un quadro complessivo preordinato, con vantaggi di carriera o finanziari “olistici” per gli scienziati “riduzionisti”. Un esempio è dato dai “trial” clinici, che hanno fortissime limitazioni di validità esterna, cioè di applicabilità al mondo reale, oltre ad una lunghissima lista di concreti pericoli di vizi e fattori confondenti: una volta che la loro “sentenza” (“trial” in  inglese vuol dire anche processo giudiziario) giunge sui media diviene indiscutibile; e acquista valore generale, ben al di là di quei limiti che lo studio si era posto in nome del rigore (e che gli hanno permesso di ottenere il risultato che la retrostante industria farmaceutica desiderava).

Come altre categorie, anche i magistrati di fatto fanno politica quando la loro azione riguarda temi politicamente rilevanti. E questo non è un male, anzi; è un bene che i magistrati mettano il più possibile le loro conoscenze e competenze al servizio del Paese; non solo nell’azione giudiziaria, ma anche come autorevole opinione, fra le altre, fuori dalle aule. Fare politica non significa sostituirsi al Parlamento o all’esecutivo. Può significare interessarsi, nell’ambito delle proprie competenze, o come cittadini, del bene pubblico; la parola “politica” però è un contronimo, perché può significare anche difendere gli interessi di una parte, legittimamente o illegittimamente, a scapito del bene pubblico.

Se, come nel caso del testamento biologico, i magistrati, emettendo sentenze (o omettendo sentenze o altre azioni giudiziarie) sono determinanti per il formarsi di quella opinione pubblica e per la costruzione culturale di quella realtà sociale che condizioneranno le leggi e le prassi, e fanno così politica; allora avrebbero il dovere non istituzionale, ma deontologico, di spiegare con commenti, con dichiarazioni informali, la differenza – o la concordanza – tra il loro ristretto operato giurisdizionale e le conseguenze pratiche e le implicazioni ideologiche, molto più ampie, del loro operato.

In questo come in altri casi i magistrati stanno operando in un modo, “riduzionista”, che guarda caso cristallizza il dibattito esattamente nei termini desiderati dalle parti forti; ma non intervengono per chiarire sui media, con visibilità pari a quella delle sentenze, il senso del loro operato istituzionale rispetto al contesto sociale e politico, come invece fanno spesso, giustamente, su altri temi che pure riguardano le leggi e la vita civile, tramite pronunciamenti del CSM, del loro sindacato di categoria l’ANM o di gruppi di studio di magistrati o di singoli magistrati.

Dovrebbero invece farlo, tanto più quando, come in questo caso, la loro azione si avvicina effettivamente a quella di supplenza degli altri poteri dello Stato: c’è stato un conflitto formale di competenze, e Flores d’Arcais loda la magistratura che ci salva dai politici sul testamento biologico. Ai magistrati e ai progressisti questo ruolo para-legislativo non dispiace. A me pare che, almeno in campo biomedico, si cada dalla padella alla brace. Vedo che su questi grandi temi i magistrati più che contrastare i maneggi dei politici gareggiano con loro nel fare ciò che è gradito ai poteri forti (poteri forti veri, come le multinazionali farmaceutiche); facendo così politica nel senso di curare gli interessi del proprio gruppo.

Ciò appare vero ancor più quando, sempre in base a rigorosi criteri “riduzionistici”, ma in realtà abusando del loro potere, i magistrati accoppiano all’amplificazione delle campane che i grandi interessi vogliono siano sentite l’eliminazione delle campane scomode; in questo caso quelle che potrebbero disturbare l’opera dei pupi tra le medievali milizie di Cristo e i kantiani come il dr. Riccio.

Col riduzionismo giudiziario la magistratura di fatto sta fornendo, da anni, un servizio completo, propaganda e censura, a manovre di poteri forti volte a fini illeciti in campo biomedico. E nessuno può dirle niente; anzi fa pure bella figura. Questa è una forma di alto bordo di quel “professionismo delle carte a posto” che è già stato imputato alla magistratura in altre tristi occasioni. In questa e in altre tematiche biomediche i poteri forti sono debitori alla magistratura di un pacchetto completo: propaganda e soffocamento del dissenso.

Così, mentre si celebra la vittoria della luce della ragione contro le tenebre clericali, le questioni sostanziali restano nell’ombra. Non si dice che la maggior parte di queste scelte riguarderà i pazienti anziani affetti da demenza senile, la cui traiettoria di fine vita è particolarmente lenta (ed è quindi mimata da quelle, mediaticamente più presentabili, di Welby ed Eluana). Non si parla della concreta possibilità, offerta dall’interruzione di idratazione e alimentazione, di forme di decesso pilotate. Questi pazienti col progredire della demenza possono arrivare a ridurre o perdere la capacità di nutrirsi da soli, per riduzione delle capacità cognitive, depressione, isolamento, povertà, problemi di dentatura, cibo inadatto, o, solo nei casi più gravi, per un danno organico reale, es. la paralisi pseudobulbare, che provochi autentica disfagia. Tale deficit viene comunque enfatizzato, per esempio ignorando che nell’anziano le richieste metaboliche si riducono, cioè mangia fisiologicamente di meno, tanto da mimare la denutrizione, potendo raggiungere fisiologicamente indici di massa corporea molto bassi (Hoffer L J. Tube feeding in advanced dementia: the metabolic perspective. BMJ, 2006. 333: 1214-1215).

La saldatura di queste manipolazioni tecniche con quella culturale rivolta al pubblico e alla classe dirigente, per la quale l’interruzione di cibo e acqua è una civile misura che va nell’interesse del paziente, consente di confondere facilmente causa ed effetto tra le condizioni dovute alla demenza e la riduzione dell’assistenza o l’abbandono clinico. Si ha interesse a trascurare le cause di denutrizione trattabili e a sovradiagnosticare le difficoltà di alimentazione come manifestazione di danno irreversibile, aprendo così la strada a soluzioni economicamente razionali: l’idratazione e alimentazione artificiale (che può essere sia indegna, sia più dannosa che utile) o meglio ancora l’interruzione prematura dell’alimentazione e dell’idratazione (che può essere un barbaro omicidio). Imboccarli è “labor intensive and therefore expensive” (Chernoff R. Tube feeding patients with dementia. Nutrition in clinical practice, 2006. 21: 142-146); un sondino è una soluzione più economica e più comoda (così come lo è il ben noto catetere vescicale); l’interruzione definitiva di cibo e acqua resta la soluzione migliore, sul piano commerciale.

Il Froedtert Hospital, un ospedale del Wisconsin, ha pubblicato su internet le direttive ai medici del suo comitato etico (Non-oral hydration and feeding in advanced dementia or at the end of life – Guidelines for physician staff), per le quali (pag. 4) l’alternativa all’alimentazione artificiale è o imboccare l’anziano o interrompere definitivamente l’alimentazione e l’idratazione, cioè lasciarlo morire di fame e di sete. Dunque, secondo questo documento è possibile che l’alimentazione artificiale venga iniziata prima che ce ne sia effettiva necessità, e che l’interruzione definitiva di cibo e acqua sia un’alternativa all’imboccare il paziente. Sembra un assurdo, ma è buon senso manageriale; i bioeticisti di Milwaukee, la città di “Happy days”, hanno il merito di dimostrare, avendolo messo per iscritto come linea guida bioetiche, ciò che avviene o può avvenire, e avverrà, nella realtà: l’alimentazione artificiale viene considerata non come l’ultimo – discutibile – stadio di una sequenza fissa di cure, ma come una tra le possibili alternative, che comprendono un’assistenza infermieristica costosa oppure il lasciarli morire di fame e sete. Studi statunitensi mostrano che i pazienti economicamente svantaggiati sono quelli che ricevono più frequentemente sia l’alimentazione tramite il sondino nasogastrico, sia la sospensione dell’assistenza conformemente a volontà sottoscritte in precedenza; a volte sottoscritte in quanto condizione per ricevere le cure.

Queste realtà, più terra terra rispetto agli strabilianti riordinamenti teorici del Dr. Riccio, in un dibattito civile e democratico dovrebbero essere in primo piano; invece non sono “in hoc mundo”, non essendo né negli acta giudiziari seguiti tramite i media da milioni di spettatori, né nei pronunciamenti delle varie forze che stanno introducendo il testamento biologico. Sono protette da un’omertà trasversale, che sposta l’attenzione dal cuore del problema alla sua periferia. Mentre si bisticcia su Sagunto, è Roma che viene espugnata. Credo quindi che le parti che festeggiano la vittoria della causa per diffamazione; le controparti; e anche la magistratura, tutti quanti, abbiano responsabilità collettive non distributive moralmente più gravi, anche se diverse, di quelle delle accuse lanciate dai querelati per le quali i magistrati di Roma e Monza hanno giudicato esservi stata diffamazione.

Dubito però che, se anche si trovassero elementi per querelarmi, verrò querelato. Un conto è intentare una causa che rafforza il falso che il potere vuole propagandare, un altro è farla dovendo considerare posizioni, e responsabilità, che è vantaggioso per entrambi i contendenti ufficiali, e per la “parte terza“, la magistratura, continuare a ignorare ufficialmente come inesistenti o marginali. Né tanto meno verrò lasciato stare, senza ricevere sanzioni per quanto scrivo. Per le voci come la mia i poteri dello Stato – tutori della legalità in prima linea – ricorrono a sistemi diversi: quelli mafioso-massonici di intimidazione, boicottaggio materiale, calunnia, discredito, guerra psicologica, etc.; potendo contare sulla Milizia della Pagnotta, che è la compagnia più antica, numerosa, fervente e pugnace tra quelle che si aggirano per l’Italia.

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Copia della presente viene inviata, firmata, con racc a/r online ai magistrati che hanno condotto questi procedimenti, c/o i Presidenti dei Tribunali di Roma e Monza. E anche, idealmente, agli equipaggi delle auto di CC, PS e affini, che non mancano mai di accompagnarmi vistosamente nei miei spostamenti. Pochi giorni fa l’equipaggio di una gazzella dei CC  mi ha spiegato che come cittadino dovrei essere contento di questo controllo del territorio così assiduo. Io veramente preferirei potere qualche volta andare a fare la spesa senza “la scorta”, e che i crimini di alto bordo in campo medico non godessero di appoggi e coperture istituzionali. Si vede che i Carabinieri hanno anche loro un’idea “riduzionista” della sicurezza; organica all’idea “riduzionista” della giustizia dei loro partner i magistrati, insieme ai quali stanno assicurando giustizia e sicurezza agli Eldorado della medicina meglio dei migliori contractors.

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L’azione giudiziaria non euclidea

Ho appreso dai media che la Procura di Lecco, avendo impiegato sufficienti risorse in estese indagini su un gran numero di siti web, ha potuto rinviare a giudizio ben 30 persone per diffamazione nei confronti del padre di Eluana Englaro (per avere usato espressioni come “omicida”). A mio parere questa è una scelta di allocazione delle risorse che va a vantaggio dei magistrati anziché dei cittadini. A questo proposito segnalo il commento “Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale; il caso del testamento biologico” https://menici60d15.wordpress.com/ che ho inviato per lettera a giudici di Roma e Monza che hanno già emesso condanne su casi analoghi.  Sul sito sono presenti altri commenti su magistrati e testamento biologico, e magistrati e biomedicina.

Vorrei ribadire un aspetto di quanto indico nel commento: nella pratica clinica, su pazienti che sono diventati “un peso”, le due procedure, il ritiro di cibo e acqua e l’alimentazione e idratazione artificiali, non sono così lontane e così contrapposte come si dice. Quanto già avviene in paesi più “avanzati” mostra che sono anzi pratiche piuttosto vicine e associate, che spesso vengono considerate sullo stesso piano, e adottate in sequenza, soprattutto su pazienti socialmente deboli.

Entrambe le procedure possono facilmente andare contro l’interesse del paziente ad avere buone cure; e contro il suo diritto alla vita e alla dignità. Appare probabile che in futuro anche in Italia in tanti casi non verrà applicata o l’una o l’altra, ma entrambe, ed entrambe prematuramente; a volte anche sullo stesso paziente: prima un po’ di alimentazione artificiale e poi, col peggiorare del quadro clinico, il ritiro di cibo e acqua. Il taglio di acqua e cibo resta la soluzione più semplice sul piano meramente manageriale, ma il sondino nasogastrico, che tra l’altro permette di fatturare ulteriore tecnologia medica, potrà avere una funzione preliminare: servirà a incanalare, sul piano etico e biologico, il paziente verso la misura risolutiva della morte per inedia. Oppure si può fare in modo di lasciar morire prematuramente il paziente, ritirando l’assistenza adeguata, col sondino nasogastrico inserito che serve da alibi. Pratiche del genere riguarderanno specialmente la massa crescente di persone che moriranno per demenza senile. Ciò avverrà anche grazie al movimento di opinione creato col caso giudiziario Englaro e simili; movimento ben più solido e duraturo delle posizioni dichiarate dell’attuale governo PDL.

Come mostro nel commento, anche sul piano degli interessi le due procedure,  che alleggeriscono costi e fatica nella gestione dei pazienti, stanno dalla stessa parte; la contrapposizione principale è fra il loro “lancio” congiunto da un lato e i reali interessi e diritti dei cittadini – che nessuna forza sta tutelando adeguatamente – dall’altro. Non è detto che la vita debba essere prolungata a tutti i costi; tanto meno in base a norme o ordini dello Stato; ma la dignità umana, questa non può essere mai interrotta: mentre con l’attuale farsa intorno alla povera Eluana non viene tutelato da nessuno degli attori il diritto del cittadino a non divenire un preparato biologico trattato secondo convenienze economico-politiche; il diritto a non subire gravi patimenti fisici perchè fa comodo ad altri.

E’ un po’ come quando i piazzisti spostano l’attenzione dall’opportunità dell’acquisto a quali prodotti scegliere. Alle due procedure corrisponde, con i berci tra laici e cattolici, una furibonda “lite” tra compari, inscenata con comparse inconsapevoli, volta a fare passare quello che in realtà è un pacchetto di interventi che, contenendo entrambe le procedure, permetterà di pilotare il fine vita secondo interessi industriali ed economici in conflitto con quelli dei pazienti.

Qui però non si è davanti alla commedia di due poveracci, come Gassman e Carotenuto davanti al giudice in “I soliti ignoti”; è una recita di alto affare, e la magistratura vi partecipa. La magistratura non si sta risparmiando in questa rappresentazione, ed è pertanto moralmente coinvolta; coinvolta in un’operazione di portata storica per la quale parlare semplicemente di omicidio è riduttivo. La magistratura sta avendo un ruolo determinante nel fare apparire al pubblico come poli opposti quelle che sono due entità complementari sottese dagli stessi interessi.

La disputa tra “crociati” e “volterriani” occupa l’intero spazio visivo. La magistratura non vede altro, e così neanche il pubblico vede altro; così si abitua a valutare la questione nei ristretti termini voluti dal potere. Come in tanti altri casi di interventi giudiziari su questioni biomediche. Una emianopsia culturale non in buona fede: che si regge non solo sull’ignoranza, ma sulla mistificazione, e anche sull’azione repressiva di diverse istituzioni, inclusa la stessa magistratura; inclusi corpi armati dello Stato, che costringono in una gabbia di minacciose molestie chi potrebbe attentare ad essa.

Sulle questioni biomediche, azioni della magistratura “non euclidee” come questa sono comuni. Mostrano come si può essere formalmente impeccabili e al tempo stesso manipolativi. Ricordano la geometria proiettiva e le altre geometrie primitive, che comprendono la geometria euclidea come caso particolare, ma consentono di distorcere fino a stravolgerla la rappresentazione della realtà fisica, rilassando la conservazione delle invarianze per alcune proprietà e relazioni, es. tra gli angoli o tra le lunghezze. Osservando l’operato della magistratura in campo biomedico, capisco bene chi ha parlato di “anamorfosi dello Stato di diritto” (S. Palidda) a proposito di altri abusi delle istituzioni. L’anamorfosi fa parte della geometria proiettiva.

Posto che, tralasciando le scoperte della fisica moderna, ai fini pratici si può dire che sul piano umano viviamo in un mondo euclideo, in una società “euclidea”, credo che vi sia un obbligo della magistratura, deontologico e forse costituzionale, ad essere “euclidea” nei suoi atti: ad agire cercando di mappare, e quindi rappresentare, la realtà il più fedelmente possibile, ovvero conservando tutte le relazioni illecite che la compongono. Ciò specialmente quando viene chiamata ad intervenire su alcune nuove realtà sociali che vengono costruite con l’atto di rappresentarle.

Invece in casi come questo la magistratura limita l’invarianza a quelle relazioni che il potere ha interesse vengano perseguite; contribuendo allo stesso tempo nella rappresentazione pubblica all’alterazione delle relazioni illecite che il potere vuole restino nascoste.

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27 novembre 2013

Blog de il Fatto

Commento al post “Eutanasia, estensione ai minori: coro di no. Unica eccezione i Radicali”

Non è che se una cosa la dicono i preti, dei quali in effetti non c’è da fidarsi, e che tradizionalmente preferiscono vedere la gente impantanata nella sofferenza, essa è sicuramente sbagliata. Liberismo e invecchiamento della popolazione spingono verso l’eutanasia e il suicidio assistito, e per la loro promozione culturale. A volte, quando la vita diventa un’agonia cronica, si può pensare a forme di riduzione della sofferenza che comportano come effetto collaterale un accorciamento della vita. Ma l’eutanasia e il suicidio possono essere promossi per togliersi dai piedi corpi – martoriati dalle lucrose terapie hi-tech – che non sono più redditizi. Il rispetto della vita non andrebbe lasciato ai cattolici (che se ne ricordano quando devono torcere il coltello nella piaga). Laicamente, senza farsi suggestionare al contrario dai cattolici, bisogna stare attenti a questo zelo per accorciarci la vita mentre si tagliano le pensioni e l’assistenza ai disabili.

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Rispetto e stimo Monicelli, per come ha voluto concludere la sua vita. Ci sono alcuni casi dove mantenere in vita una persona può essere una forma di violenza nei suoi confronti. Ma non capisco l’ansia di voler affidare la propria morte alla volontà di altri, o alle loro informazioni, o a come dispongono la situazione. O di affidarla ai loro interessi. E chiamare “esercizio del libero arbitrio” questo tirarsi la veste sul viso e rimettersi alla pietà di estranei.

Nel caso del Liverpool Care Pathway, un protocollo di cure palliative per i morenti usato in UK, che porta a morte in media in 29 ore, si è visto che è stato usato come sistema per liberare posti letto, ridurre la spesa sanitaria e ottenere gli incentivi economici previsti, applicandolo in massa anche a pazienti che non stavano morendo; e a chi non aveva neppure dato il consenso. Il suo livello di convinzione è profondo, ma ciò di cui è convinta è superficiale. Lei non pensa che una società dovrebbe impedire questi modi di morire?

Sareste padroni di ottenere tale forma di welfare, che il liberismo vuole darvi, mentre toglie l’assistenza che serve per campare, se nel chiedere stoicamente di farsi ammazzare a discrezione di altri non trascinaste le vite degli altri con le vostre. Io non voglio ulteriori regole che di fatto consentono a terzi di pilotare verso il peggio la qualità e la durata della vita delle persone.

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L’eutanasia sarà il “diritto” di fare decidere ad altri se e come morire. La sua morte, e quella degli altri che trascinerà con sé, non servirà a ridurre le spese sanitarie, ma a spostarle in settori medici più redditizi, a danno di altri pazienti che non sono ancora morti.

Su come i soldi risparmiati anticipando il decesso verranno spesi non a favore ma a danno di altri pazienti, le segnalo l’articolo “The quagmire” di Callahan e Nuland. Su come sono gli altri che in pratica decidono, v. il sopra citato caso UK, o digiti “testamento biologico” nella casella di ricerca del mio sito menici60d15. Sì, l’eutanasia sarebbe semmai un diritto, non un dovere. Ma è stato osservato da altri che il diritto di morire può trasformarsi in un dovere di morire. E ci sono segni di volontà e di pratiche che confermano che questo è un pericolo reale. Purtroppo in questo campo le convinzioni personali e i presupposti filosofici, pure importanti, non bastano; si devono fare i conti con la realtà socioeconomica.

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29 luglio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. A. Grana “Il volto caritatevole del Bambin Gesù di Roma è quello del piccolo Charlie”

Nel 2012 in Inghilterra alcuni medici denunciarono che il Liverpool Care Pathway, un protocollo per il trattamento di fine vita accreditato come “best practice”, che porta a morte in media in 29 ore, veniva applicato anche a malati anziani curabili, come mezzo di eutanasia di massa per liberare posti letto e ridurre la spesa sanitaria. Gli ospedali ricevevano incentivi economici per raggiungere elevati livelli di applicazione del protocollo; alcuni hanno incassato mezzo milione di sterline. Su questo il clero, che a chiacchiere difende la vita, è stato omertoso. Ma non c’è contraddizione col caso Charlie Gard (i cui genitori sono stati assistiti da un avvocato pro-eutanasia) se si considera che ciò che il clero vuole è esercitare un controllo sul vivere e sul morire. Pretesa che combacia con un criterio liberista essenzialmente zootecnico: si abbattono i capi che non rendono; o al contrario li si ingozza di medicine, come le oche con le zampe inchiodate per il foie gras, quando è questa la convenienza. Charlie Gard è servito per una spietata propaganda pro cure “compassionevoli” e quindi a controlli ridotti, cioè costosissime e inefficaci, per le malattie rare. Un’operazione fraudolenta colossale, che vede l’Italia, come per i vaccini, in prima fila.

Del resto, la chiesa ha combattuto la scienza quando questa contribuiva all’emancipazione materiale e morale dell’umanità. Se ne fa alfiere oggi, quando viene prostituita a strumento fraudolento di profitto.

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16 novembre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Pasciuti “Fine vita, Francesco è la vera ‘classe dirigente’: indica la strada senza curarsi della convenienza”

Quello che è buono non è nuovo e quello che è nuovo non è buono. Il buono è l’identificazione dell’accanimento medico a fine vita o in condizioni di malattia estreme e crudeli. Il nuovo è l’appoggio alla liberatoria culturale e giuridica per un maggiore arbitrio medico su vita e morte. Es. il Liverpool Care Pathway in UK, dove la soppressione di anziani, volta ridurre la spesa, ottenuta applicando buoni protocolli di fine vita anche a chi non stava morendo, è stata ricompensata in denaro. Non c’è contraddizione con la pretesa assurda e macabra di “curare” Charlie Gard: il medesimo fine, il profitto, impone a seconda delle circostanze che si curino i morti e si uccida chi non vuole morire. E’ ovvio che il clero abbia saperi e capacità politiche di gran lunga superiori a quelli dei figuranti messi a gestire lo Stato. Ma è patetico credere che i preti non predichino secondo la loro convenienza. Sono puntuali nel posizionarsi secondo il loro interesse, e la campagna sul libero morire ha – come decenni fa quella sul libero amore – finalità economiche, più che di emancipazione. Oggi accorre sbarazzarsi di cittadini non redditizi. Si lecca la mano che porta al macello, mentre si tacciono i tetri calcoli sul controllo della popolazione. E’ stata meno ipocrita Lady Warnock, filosofo moralista consulente del governo UK: per lei chi soffre di demenza “ha il dovere di morire” perché costa troppo.

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17 gennaio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “DJ Fabo, Pm: “Assolvete Cappato, nessun ruolo esecutivo. Dignità è poter essere uomo e autodeterminarsi”

Le affermazioni della PM Siciliano sul caso particolare di DJ Fabo sono moralmente rispettabili. Il problema è quanto non considera nella sua perorazione generale, sui media, del diritto al suicidio assistito. Il magistrato presta l’autorevolezza del suo ruolo ai cantori della morte a richiesta nel farne soltanto una questione di diritti umani. Dove la malattia, a volte di concerto con le cure, si accanisce, e crea “l’uomo incrodato”, crea una situazione di agonia cronica, l’interruzione attiva delle residue funzioni vitali può costituire l’unico rimedio, l’unica difesa della dignità umana, e della stessa salute intesa in senso lato. Ma l’eutanasia risponde anche all’interesse di sopprimere persone e pazienti in base a criteri economici. E addirittura in base a incentivi finanziari. Come mostra il caso del Liverpool Care Pathway in UK. “Sparatevi Breda” scrisse M. Marchesi. Un magistrato, a contatto professionale con la miseria umana, e quindi anche con l’arte di spacciare per aiuto il sopruso, non dovrebbe nell’appoggiarlo pubblicamente ignorare l’ambivalenza e il possibile uso perverso di un nuovo principio etico. I magistrati seguono il flusso culturale imposto dal business e gradito al popolo, che al pretesco celebrare il digrignare di denti per il dolore sostituisce l’occultamento della condizione umana, fornendo sia lo schermo delle false promesse di immortalità da cure miracolose, spesso fonte di sofferenze non necessarie, sia quello dell’abbattimento zootecnico.

@ Pot. Non so molto della genealogia culturale del suicidio e della soppressione dei malati, ma mi pare che, mentre storicamente è antica, precristiana, la concezione della liceità – non il “diritto”, termine ormai degradato – del suicidarsi, dell’uccidersi da sé, sia piuttosto nuova l’idea del comprendere tra le cure mediche il farsi dare la morte, come evenienza di routine, e alla fine come servizio fatturabile. “Cantori della morte a richiesta”, perché chi si profonde in questa battaglia “di civiltà” a mio parere usa toni trionfalistici ed esibisce una sicumera giustificabili da una causa migliore di quella del legalizzare ed espandere ciò che finora è stata una estrema, mesta, ratio. Forse lo scarso entusiasmo del quale mi accusa deriva dalla consapevolezza delle pressioni economiche, antiumanistiche, di cui ho detto, verso questo bel progresso, e dal vedere ogni giorno come la medicina calpesti la dignità dei malati nello stesso taciuto perseguimento del profitto con cure non necessarie*; nell’indifferenza o nella complicità di quelli che si accalorano per portare l’efficienza del suicidio agli stessi alti livelli generali di civiltà della nostra società. E nella foga, sbadatamente, aprendo la strada all’omicidio mascherato.

*Mandrola J. In defense of less-is-more. Medscape, 9 gen 2018.

@ pappacci. Sono temi pesanti; mi pare che lei abbia un’acuta reazione di difesa. Il libero arbitrio? Basta un buchino nella dentina, o una pietruzza in un uretere, per spazzare via questo elaborato capitolo dei trattati di filosofia. Per non parlare di quando le metastasi rosicchiano incessantemente le ossa o una malattia neurologica trasforma il corpo in un manichino. La responsabilità dell’assistenza, che può includere il convenire di usare come terapia l’interruzione delle funzioni vitali, non può essere scaricata sull’assistito immaginandolo come una sorta di superuomo padrone di sé stesso. Il mondo reale, con le terapie truffa vendute col ricatto della speranza, c’entra eccome. Lo sa quanti casi ci sono di “nessuna possibilità di miglioramento”? La campana non suona solo per i casi rari, come DJ Fabo, selezionati, ritagliati per sostenere la tesi che è bene rilasciare una liberatoria per farsi sopprimere, ma per quelli quotidiani. Per un Welby, un DJ Fabo, ci sono es. tanti malati terminali che vengono curati con la chemio, inutilmente e a loro danno*. Si potrà dare loro comodamente il colpo di grazia, togliendoseli dai piedi dopo averli usati come supporti per cure aberranti, facendolo passare per una scelta del paziente, alla quale si è acconsentito per alti motivi. Proseguendo con l’applicare le espressioni in malafede* della medicina commerciale.

*Mulcahy N. Palliative Chemotherapy Is ‘Disingenuous Term,’ Says Critic. Medscape, 5 marzo 2018.

@ RiccardoAlasia. E’ questo il bello del sessantottismo, cioè del supportare tesi che sembrano progressiste e invece sono al servizio delle forze di sfruttamento: permette di sembrare eroici mentre si serve. Permette ai mosci di atteggiarsi a forti. Ai fifoni di fare gli spadarotta. E di sfogarsi assestando il calcio dell’asino. Vada a sgambare in attesa del nuovo input dei radicali. O dei magistrati come la Siciliano, che ha eccitato animi come il suo sollevando il pathos della corazzata Potemkin: quello dello strumento di dominazione che passa invece a difendere i deboli. Ma a ben vedere, invece che all’immagine dei cannoni della corazzata dello zar che i marinai puntano sui cosacchi dello zar che stanno massacrando donne e bambini sulla scalinata di Odessa, la situazione è più simile a quella del voltafaccia al processo di Otello Celletti ne “Il vigile”. Non perda tempo con me, e galoppi a soccorrere qualche altro vincitore.

@ RiccardoAlasia. Ciò su cui lei salta a piè pari, con l’aiuto di qualche battito d’ala, è un cumulo di monnezza. Quando ha finito di fare chicchirichì dal suo pulpito, cerchi, invece di occuparsi della mia ventilazione, di abbassare di qualche torr la pressione dei gas dei quali è gonfio.

@ RiccardoAlasia. Alla buon ora. Un addetto di una partecipata presieduta da un cattedratico con esperienze oxoniensi ha già provveduto al consueto spernacchiamento. Certo che in Lombardia i magistrati possono contare sull’appoggio della parte più vibrante della società civile.

@ Pot. Ci sono due medicine. La medicina-servizio fa il miglior interesse del paziente. Non crea situazioni trappola che inducono a chiedere la morte. Quando queste si presentino spontaneamente si trova in effetti davanti al dilemma di quando si possono recidere i brandelli che tenendo attaccata la persona alla sopravvivenza biologica le causano sofferenze atroci. La medicina-business massimizza il profitto, facendo danni pur di vendere prodotti e servizi, e può essere lei la causa delle situazioni che spingono a chiedere la morte. Nelle sue mani, l’omicidio consensuale è un’arma in più; può sia favorire trattamenti inutili che provocano gravi sofferenze sia essere applicato con criteri zootecnici.

Oggi regna la medicina orientata al profitto. Il suo quadretto è uno spot di questa medicina: morire facendosi uccidere è una cosa naturale e accettata da tutti, per fortuna fornita dai medici, che sono umani e sensibili, ma ostacolata da norme inspiegabili e strane sul non uccidere, e dagli affetti da una patologia fobica, che, non curati, agitano i fantasmi di abusi, causando danni terribili ai normali.

La medicina commerciale trae il suo potere dalla nostra tendenza a considerare e immaginare, come meccanismo di difesa, solo gli aspetti positivi e nobili dell’intervento medico. La reale emancipazione proverrà dal divenire capaci di guardare anche i lingotti d’oro sanguinosi che oggi sono sull’altro piatto della bilancia.

@ RiccardoAlasia. Meno di 24 ore, e il gas si è già riformato. Mi spiace, non posso fare più nulla per lei.

@ RiccardoAlasia. In effetti a intrattenermi con lei comincio a sentire il disagio che si prova stando al bordo del vacuo più del necessario. La vertigine sonnolenta data dal piatto, da ciò che non ha profondità.

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15 febbraio 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Marco Cappato, la Consulta depenalizzi l’aiuto al suicidio per motivi umanitari

Abele. Il suicidio tramite terzi allontana lo spettro del fare la fine della vittima del racconto di Poe “Il barile di Amontillado”. Magistrati e politici illuminati e coraggiosi stanno conducendo una battaglia di civiltà.

Caino. E’ arrivato l’ordine: legalizzare l’eliminazione di persone in base a criteri economici. Media, radicali e magistrati, sensibili ai voleri atlantisti, si sono messi all’opera. Si mostrano casi particolari come questo di dj Fabo dove la soppressione delle restanti funzioni vitali è eticamente difendibile e una deroga, rigidamente circoscritta, ridurrebbe lo sconcio di sofferenze prolungate. Si tace sul vero obiettivo, la massa di vecchietti e malati gravi di ogni età – inclusi sani resi malati dalla medicina – da sfruttare per vendere cure fraudolente inefficaci o nocive e poi buttare come limoni spremuti. In USA ora si criticano le speculazioni commerciali ($3000) sul PAD, physician assisted dying. Da noi si ignorano rozzamente gli interessi e le condizioni che costituiscono l’imbuto che conduce a “scegliere liberamente” il suicidio sostituendolo con un fantoccio, lo “Homo juridicus” padrone delle sue scelte. L’immagine implicita di questi festeggiamenti per la morte facile è quella di Casper del viandante solitario che osserva dall’alto della cima il mare di nebbia. Per molti l’immagine appropriata sarà quella di un insetto che finito nella corolla a imbuto di una pianta carnivora si dissolve al suo fondo, poco importa come.

@ Dada Cinnok. Sì, siamo figli di Caino. Riconoscerlo può aiutarci a limitare e superare la nostra natura; e a non abboccare a tante predicazioni di amore, bontà, santità, incluse quelle in salsa “laica”, come questo brillante diritto-dovere di aiutare gli altri ad andare a morire ammazzati. In modo da raggiungere e mantenere una convivenza civile, dove non vigano sotto cosmesi etiche, ideologiche e giuridiche le leggi di Caino. Una società basata sulla decenza, che è il minimo accettabile, e salvo casi fortunati anche il massimo cui si può ragionevolmente puntare.

@ Angle. Ah, lei intende in senso letterale. Dio, il Dio il cui nome ricorre spesso nei discorsi dei suoi portavoce, e Satana, se posso usare i vostri termini, hanno in comune questa narrazione della lotta tra bene e male, tra good guy/bad guy, angeli e demoni, santi e scellerati. Quanti fascismi ho visto dietro all’antifascismo, quanto piduismo, la mafia di Stato, dietro all’antimafia, quanta “eversione dall’alto” (cit.) dietro all’antiterrorismo, empietà contro l’Uomo dietro a parole di fede in Dio. Quanta propaganda pro frodi mediche dietro all’antidoping, barbarie di ritorno dietro a battaglie di civiltà come questa del suicidio a domanda, frodi tecniche dietro alla lotta alle ciarlatanerie delle cure alternative. Così, sarà Dio, sarà Satana, quando sento proclamare applicazioni del binarismo bene/male mi chiedo se provengono da quella minoranza di brave persone o dal solito lupo che s’è mangiato la nonna, ne indossa la cuffia e aspetta Cappuccetto Rosso.

@ Angle. Non si dovrebbe citare Dio, usandolo come un “jolly”, per ciò che è spiegabile in termini terreni. Cappato lavora per il liberismo. E quelli che calano “Dio” in continuazione? Lei dice che loro sono doppiamente contrari. A me pare siano contrari a metà. La regolazione delle morti è imposta dall’economia liberista, e il clero sa che chi si mette dalla parte del più forte campa 2000 anni. Serve al business biomedico, alla medicina dei guadagni di Borsa stratosferici, che ha resuscitato sotto il manto dello scienziato forme di magia naturale e promesse di salvezza ancora più arcaiche della novella cristiana. Un business stregonesco tinto di sangue col quale anche il clero si arricchisce. Per di più, la gente, mentre crede che pozioni e gizmo tecnologici la manterranno sempre in forma, si affretta ad accettare che si tiri la spina alla prima prospettiva di soffrire. Così i preti si limitano a un “lip service”. Peccato, perché c’è un clericalismo che specula sul dolore, ma c’è anche una filosofia cristiana che potrebbe dare un contributo positivo, educando a una visione di vita più sobria e forte; a non credere né alle promesse di immortalità terrena, né alle paure e minacce di tormenti degli imbonitori. Potrebbe indirizzare molti sulla strada per affrontare, senza sfuggire – né pretendere di risolverla – la condizione umana.

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9 febbraio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Trinchella “Eluana Englaro, “così in Cassazione stabilimmo che la dignità è il diritto dei diritti. Poi la fase oscura della politica””

Nell’attuale medicina commerciale la longevità ha sostituito la salute, così che si imbottiscono i pazienti di cure futili, aggressive e dolorose vendendo la speranza falsa di prolungare a oltranza la vita. La maggior parte delle spese mediche è in media consumata nell’ultimo anno di vita. Ciò ha prodotto la necessità economica contrastante di troncare a piacimento le cure. N. Wade, l’autore di ‘Betrayers of truth – fraud and deceit in science’, commentò una delle tante promesse commerciali di immortalità, quella della Geron sulla telomerasi, citando le Parche. Agli affari occorre anche Atropo. Qui i magistrati si svegliano, ricordandosi della dignità “diritto dei diritti”, e generalizzando da un caso particolare e mediatico. In medicina e nel diritto il rigore astratto, il rigore “scientifico” è mancanza di rigore: in queste discipline applicate occorre ciò che è stato definito ‘rigore pratico’, che tiene conto di tutti i fattori, inclusi quelli umani, storici, economici. Volendo davvero preservare la dignità bisognerebbe intervenire per ridurre sovradiagnosi, sovratrattamenti e medicalizzazione della morte; invece di limitarsi a fornire un meccanismo di smaltimento dei corpi sui quali ci si è accaniti per fare soldi. Ma in Italia a tanti, dai terroristi agli alti magistrati, piace la “doppia medaglia”; che si ottiene contribuendo a quelle parti dell’architettura ideologica voluta dal potere che fanno apparire come idealisti disinteressati che combattono per dei principi.

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28 settembre 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Farinella “Caso Cappato, la vita è sacra finché è umana. E la decenza imporrebbe il silenzio di fronte alla sofferenza”

“Libertà”? E’ questione di libertà quando si è in trappola come un minatore in una galleria crollata e chi ce lo ha fatto finire gli offre di immettere gas cianuro? “Sacralità della vita” ? Quando la sopravvivenza biologica si separa dalla vita arrivando a divenirle nemica, terminare le funzioni biologiche può essere il modo di preservare la vita; è facendo leva su questi casi estremi, come Dj Fabo, che i grandi interessi vogliono legalizzare l’omicidio medico per le malattie comuni; di routine, vedi il caso del Liverpool Care Pathway.

Il convitato di pietra, che entrambi i contendenti nascondono, è che le cure mediche seguono la funzione profitto, che diverge da quella etica. Es. le terapie intensive neonatali, lucrose, che in USA proliferano oltre la necessità trattando anche chi non ne ha bisogno creandogli danni; mentre ai bambini che ne escono viene negata l’assistenza per i loro deficit, che non rende*. Le varie forme di eutanasia ottimizzano l’allocazione della spesa medica, e quindi i profitti, alle cure più redditizie, anche inutili e dannose, eliminando gli “esausti”; che sono anche cattiva pubblicità.

I preti sfruttano la sofferenza; ma sono dentro al business medico, e anche a loro serve la selezione dei pazienti. Dietro ai rispettivi filosofemi altisonanti e ai diversi stili i due usurai, “laico” e “cattolico”, non sono così contrapposti.

* Cruel Calculus: Why Saving Premature Babies Is Better Business Than Helping Them Thrive. Health Affairs Nov 2010.

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1 ottobre 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di D. De Felice “Eutanasia, cambierà realmente qualcosa? Io confido in un ‘grande cerchio’ “

Tommaso Moro. E gli Stoici; o il suicidio dell’eroe omerico, visto che oggi si intorta il paziente con la “warrior trap”. O Socrate, ma è troppo calzante, controproducente. Nel Padrino II un boss viene spinto a suicidarsi anche citandogli casi storici illustri. La medicina sta seguendo il decorso di quella saga. Se l’interesse fosse quello di limitare le sofferenze si comincerebbe dal togliere l’accanimento terapeutico; e solo dopo si affronterebbe il problema di quando la sopravvivenza biologica si distacca gravemente dalla vita. Come con l’auto elettrica, dove mentre si predica la riduzione dei consumi si mostrano gare di ‘formula E’, il fine è di scartare i malati che rendono meno e di smaltire gli impresentabili residui umani creati ingannando i pazienti e imbottendoli di interventi lucrosi, inutili e dannosi, al posto di assistenza valida.

Es. il progetto di prevenire la demenza senile con screening (in Italia se ne occupa la cattolicissima Univ. Cattolica). Un’idea, messa in campo da grandi forze, senza capo né coda, essendo assai dubbia – a dir poco – la descrizione biologica, e non essendoci cure efficaci. I soldi verranno stornati dall’assistenza alla non autosufficienza a esami e farmaci inutili e dannosi. Sovradiagnosticando l’Alzheimer, di quelli che non l’avrebbero sviluppato si dirà di averli salvati. Gli affetti o con danni iatrogeni converrà toglierli di mezzo per quanto possibile; con l’aiuto del “grande cerchio di medici, religiosi, magistrati e politici”.

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12 ottobre 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Eutanasia, Beppe Grillo: “No alla bacchettoneria, ognuno sia libero di scegliere quello che ritiene il meglio per sé””

Pubblicato al secondo tentativo il giorno successivo

Aiutare gli altri a farsi ammazzare è civiltà. Mentre è ”ficcare il naso nelle cose altrui” obiettare; es. facendo presente che la giusta istanza della riduzione di sofferenze non necessarie viene strumentalizzata, tramite i vari cantori del superficiale, dei quali Grillo è il re, per illecite finalità di profitto. Chi dice “fatti i fatti tuoi” tace di quelli che credendo alle promesse di immortalità e salute perenne della medicina commerciale si fanno martoriare e sono quindi contenti di essere abbattuti per fare posto a altri disgraziati. Es. il colpo di grazia ai malati di cancro sui quali si pratica accanimento di fine vita per vendere lucrosi farmaci che a volte sono peggio che niente. O quelli da eliminare perché non redditizi: es. gli affetti da demenza senile, perché i soldi pubblici invece che all’assistenza per la non autosufficienza devono andare ai privati della truffa della “prevenzione dell’Alzheimer”. Guai poi a uscire dallo schemino clero/laici, osservando che una tesi che suona bene può essere una fregatura anche se è attaccata (ipocritamente) dai preti e di provenienza “progressista”.

Quel che è più grave, il poter uccidere pazienti mettendoli nella condizione che siano loro a chiederlo, o, come già avviene in altre nazioni, abusando impunemente della licenza di uccidere, propizia standard medici falsi e violenti; e ciò non riguarda solo quelli che si fermano a Grillo, Cappato, etc. ma anche chi deve subire le conseguenze del loro entusiasmo.

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24 dicembre 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post “Dj Fabo, la requisitoria della pm Siciliano: “Fabiano ha scelto di morire autonomamente, l’imputato Cappato venga assolto”

Il problema etico reale, con le sue aporie, è sovrastato dalla pressione del business per avere una via legale allo smaltimento dei pazienti; i magistrati conformano il diritto a ciò che fingono di ignorare ma di cui echeggiano gli argomenti raffazzonati dalle agenzie di marketing. DJ Fabo, nota la PM Siciliano, era una persona forte, un “combattente”, capace di autodeterminarsi. Ma a) DJ Fabo non è tipico della popolazione per la quale si chiede di cambiare la legislazione. Un caso tipico è l’anziano depresso e spossato, per la malattia e spesso anche per gli effetti avversi delle cure. E’ il trucco del far tornare i conti e generalizzare scegliendo soggetti adatti: è stato detto che per essere ammessi a certi trial clinici di oncologia si deve essere atleti olimpionici col cancro*. b) La retorica del malato combattente è stata chiamata “warrior trap”**: sei un guerriero quindi “combatti”, ovvero accetti di subire trattamenti devastanti e inutili ma lucrosi. E ti fai abbattere se diventi ingombrante. c) Quale libera scelta quando si è in una relazione di dipendenza, incatenati da sofferenza e terrore? Sembra piuttosto esserci una carenza di autodeterminazione, rispetto a grandi interessi, nei magistrati che dipingono l’omicidio di chi viene portato a acconsentirvi come la morte del superuomo.
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*’Buying a Ford but Paying for a Ferrari’: Value in Cancer Care. Medscape, 2017.
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**Pharma banks on cancer patients who are ‘determined to keep fighting’. Health News Review, 2018.

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17 maggio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post di C. Troilo “Eutanasia, la battaglia non si ferma: Mattarella ha trasmesso una lettera al ministro D’Incà”

Invece di credere alle lusinghe su quanto saremmo disciplinati e coraggiosi, sul nostro condurre “battaglie” come questa per l’eutanasia, dovremmo riconoscere che siamo guidati nei nostri pensieri dalla paura inconsulta. Meglio, tramite la paura inconsulta. Mediante la quale veniamo spinti ad affidare la nostra sorte ad autorità alle cui decisioni ci abbandoniamo come da bambini ai nostri genitori quando eravamo spaventati. Ci stiamo suicidando economicamente, e anche fisicamente, obbedendo alle regole orwelliane che dovrebbero salvarci la vita dalla peste; rinunciando inoltre a quella dignità di vita che crediamo di rivendicare essendo indotti a chiedere – contemporaneamente – di essere abbattuti per paura di soffrire.

La paura è in certa misura naturale e sana. Ci porta a proporzionate misure di prevenzione contro le infezioni. Ci porta a rifiutare l’accanimento terapeutico a fine vita o in condizioni di vita meramente zoologica. Ma la paura blu, il terrore, ci spinge ad atti controintuitivi che ci danneggiano. Acclamiamo il raddoppio dei posti di terapia intensiva vantato da Speranza per il Covid, che causerà quell’accanimento che temiamo*; e che crediamo ci verrà evitato con l’eutanasia, che invece aumenta ancora la discrezionalità di vita e di morte, a seconda dell’interesse del business medico*, su di noi.

* The Urge to Build More Intensive Care Unit Beds and Ventilators: Intuitive but Errant. Ann Int Med, 7 maggio 2020. E sua bibliografia.

@ rolfo56. Neppure io ti capisco quando scrivi che il dolore può essere trasformato, sempre, anche quando intollerabile, in occasione di crescita spirituale. E non si tratta di idioma. Mi ricordi il prete che in Ricomicio da tre dice che anche perdere una mano non va visto come un castigo ma come un dono; Troisi gli risponde che i preti esagerano sempre. Quello che voglio dire è che bisognerebbe affidarsi meno alle opposte retoriche, la clericale e la “laica”, entrambe altisonanti e superomistiche. E guardare di più a fattori reali come gli interessi economici e di potere, la paura, l’uso della paura da parte dei grandi interessi, e il merito tecnico delle scelte sull’inserire e lo staccare la spina.

@ rolfo56. Anche questo basare valutazioni etiche e legislative generali su vividi casi singoli riportati dai media, che porta alla distorsione detta ‘identifiable victim effect’ (molto sfruttata, anche nell’emergenza Covid), andrebbe superato. Dei “numeri” tanto citati, cioè delle statistiche, dei dati di popolazione aggregati, si sottovalutata, soprattutto in campo biomedico, e anche bioetico, sia la capacità di ingannare, sia la capacità di correggere false impressioni e inganni a favore della pietà, compassione e solidarietà usandoli correttamente.

 @ rolfo56. A me sembra di avere colto dove vuoi andare a parare; anche perché l’argomento del dolore come “occasione di crescita”, per quanto astruso è in libera circolazione, dato lo spazio di cui il clero dispone sui media. E’ anche usato dal marketing biomedico: es. la sezione Salute del Corriere della Sera ha una rubrica fissa che si intitola “La malattia come opportunità”. Un argomento ripreso anche dalla Società Italiana di Pediatria, che a mio parere nel farlo ha debordato dai suoi compiti a spese dei suoi doveri. L’estetizzazione dello stato di malattia è uno dei figli malati dell’attuale matrimonio d’interesse tra business medico e Chiesa. Una nota saggista, con diagnosi di cancro della mammella, ha scritto contro queste tecniche di vendita avvilenti e disoneste: Ehrenreich B. Smile or die. How positive thinking fooled America & the world. Granta, 2010. Da noi c’è la versione pretesca; che ha affinità con l’esaltazione tramite mortificazione del corpo del misticismo medievale, e con la lugubre retorica fascista. Gli intendimenti di questa glorificazione interessata del dolore degli altri, l’aberrante spacciato per elevato, penso di averli compresi.

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18 giugno 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post “Referendum sull’eutanasia, Peter Gomez: “Ecco perché Ilfattoquotidiano.it sostiene la battaglia per la liberta di decidere””

La parte giusta di questa “battaglia” (voluta dal potere, tanto più oggi, in vista degli sfoltimenti di popolazione) è di non lasciare morire le persone come un cane che agonizza sull’asfalto dopo essere stato investito. Fa da vettore etico alla parte perversa: si ignora come tante situazioni dolorose, o anche atroci, siano prodotte dallo stesso business medico, che pratica l’accanimento terapeutico; accanimento che verrà favorito dal suicidio medico. Non si dice come l’eccesso di medicina crei situazioni terribili, mentre si esalta la “civiltà” del finire i morenti; anzi si promuove in continuazione il consumo medico dannoso con false speranze (Cancer drugs, survival, and ethics. BMJ, 2019, 9 nov 2021), false rappresentazioni (Misconceptions about CPR distress patients at the end of life and bereaved people. BMJ, 28 apr 2021) sfruttando il “pull of desperation”, e perfino contro la reale volontà del paziente (Do you want everyting done? Lown Institute, 8 nov 2019).

La “buona morte” dovrebbe essere data dal “fare il più possibile per il paziente e il meno possibile al paziente” (Bernard Lown). Non il promettere eterna salute e miracoli, pasticciare sul corpo, intascare e alla fine abbattere; ma, fatto l’efficace, accompagnare nel modo più dignitoso e indolore. Questo dovrebbe essere chiesto. Invece così il paziente, dopo essere stato illuso e ridotto a un ecce homo per spremerne profitto, verrà comodamente smaltito come un oggetto di consumo che ha terminato il suo ciclo.

@ bladerunner. No, non ho fatto il testamento biologico. Tra i medici ce ne sono alcuni che dicono di portare in tasca un biglietto dove è scritto che se cadessero in stato di incoscienza non vogliono essere ricoverati nel reparto del collega Tizio o Caio…

E’ impressionante come voi guerrieri antisistema abbracciate gli ideologismi coi quali il sistema rende pecore. Come questo della “libertà di scelta”; dell’homus economicus omnisciente. Non c’è libertà senza informazione corretta. Di fatto basta la “lurida prosa” del medico “la ciste alla TAC potrebbe essere cancro”, “una delle coronarie principali presenta un’ostruzione del 50%” per convincere le persone a farsi massacrare senza necessità (B. Lown A Maverick’s Lonely Path in Cardiology, 2012).

Allo Stato non va chiesta libertà di scelta sulle cure. Ovvero la libertà di essere ingannati dal marketing biomedico – e dallo Stato stesso. Ma garanzie che la medicina non indirizzerà che verso il miglior interesse del paziente. Che a volte, è vero e ciò va tutelato, non è l’aggiungere giorni e minuti ai tormenti; ma neppure il farsi condurre in situazioni che portano a chiedere di essere uccisi. Quelli come te, che si atteggiano spavaldi a maestri di libertà e non hanno neppure la forza morale per non prendere per oro colato la propaganda biomedica, sono i primi a rinunciare alla libertà, sia saltando pronti nelle tagliole, sia offrendosi al colpo di grazia quando divengono un ingombro.

@ bladerunner. Questa idea del considerarsi costituzionalmente fragili e bisognosi di guida e assistenza (Furedi F. Therapeutic culture. Cultivating vulnerability in an uncertain age. 2004) è tra le basi della medicalizzazione, che porta ad abboccare all’esca di chiedere di mettere il proprio fine vita nelle mani dell’industria medica dopo averle consegnato docili il proprio corpo per le cure “scientifiche”. Sì, credo che terrorizzato dal non essere in linea col politically correct, lo chiederesti di esser aiutato … Io invece ti suggerisco di impugnare la vanga e dedicare qualche ora al giorno alla cura dell’orto.

@ bladerunner. Figurati, anzi grazie per mostrare il livello del trollaggio di supporto.

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17 luglio 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post “Caso Trentini, le motivazioni dell’assoluzione di Cappato e Welby: “Il suicidio assistito è lecito. Esiste il diritto a una vita dignitosa””

“’Groundbreaking’ Law Erases Some Barriers to Medical Aid to Dying”. Medscape, 16 lug 21: il New Mexico apre alla morte pilotata. Quando le forze che dettano il politically correct vogliono una cosa, qui la morte indotta, si instaura sui media e nei centri intermedi di potere “l’ombelico del mondo”: “Dove le regole non esistono, esistono solo le eccezioni”. Welby è di quella minoranza di casi che giustificano una deroga. Ma il caso comune è quello dell’accanimento terapeutico finalizzato al profitto (v. es. il procedimento in corso in UK a J Stebbing, o *). Dove a un certo punto il colpo di grazia, fatto chiedere al torturato “liberamente”, toglie d’imbarazzo e velocizza la catena di montaggio aumentando i profitti. Il fare dell’eccezione la norma, ottenere l’istituzionalizzazione del colpo di grazia spacciandolo per “morte buona”, ignorando i giganteschi interessi e fattori iatrogeni che aggiungendosi alla Natura matrigna creano situazioni disumane, favorirà la routine medica aggressiva e invasiva, e accentuerà quindi quelle sofferenze inutili e quel controllo e abuso sui corpi che i bene intenzionati, semplici cittadini, intellettuali, togati, credono di combattere accettando argomenti stilizzati preconfezionati che non aderiscono alla realtà storica attuale ma la travisano.

* Association between progression-free survival and patients’ quality of life in cancer clinical trials. Int. J Cancer. 2018.

@ francy68, Lei non è laico, ma diversamente bigotto. Segue un diverso pifferaio; che oggi fa cartello col pifferaio concorrente con la tonaca. La sua “laicità” conferirà anche al clero, insieme a una maggiore libertà di manovra nel business medico nel quale ha pesanti interessi, un potere ancora maggiore sul corpo e sul dolore. Anche su quelli degli altri oltre che sui suoi, potenziando i sovratrattamenti standard avendoli dotati di uno scarico. Lei ha una visione stereotipata dei rapporti laici/cattolici. Non siamo nell’800. Consegnare le forbici di Atropo nelle mani di curanti che già vendono e applicano di routine trattamenti inutilmente cruenti è una misura squilibrata che aggrava il problema che dice di volere risolvere. Fa il paio con la riforma Cartabia, che la giustizia che viene negata allungando i processi a dismisura, come sul letto di Procuste, sostiene di volerla recuperare tagliando le gambe e le braccia ai processi alla maniera di Procuste. Ha ragione nel definire i giudici dei quali sbandierate i commenti come affini a voi. Ho già visto diverse volte questa insufficiente distanza tra il “midwit” superficiale, supponente e servile che fa da truppa di manovra al radicalismo sovversivo liberista e i pronunciamenti di magistrati anche importanti a favore di gravi manipolazioni, contrarie ai diritti elementari prima ancora che alla Costituzione, volute dal potere in campo medico.

@ francy68. “Where all think alike, no one thinks very much”. Di sicuro non pratico il groupthinking. Lei deve esserne un vizioso, perché chiama anormale chi non si iscrive in nessun club. Torni nel mucchio e si dedichi a ciò che sa fare.

@ Nitro150. Tolga la testa dalla sabbia, invece di compiacersi di fare lo struzzo. Il vostro chiedere di farsi abbattere una volta esaurito il ruolo di capi di bestiame da sfruttare non riguarda solo voi. Conformarsi anche su questo all’agenda liberista lede la mia libertà, con quella degli altri; lede proprio il diritto di tutti a trattamenti medici nel miglior interesse del paziente e ad una parte finale della vita dignitosa e senza inutili sofferenze: voi così favorite l’impostazione sempre più aggressiva di una medicina volta al profitto; come norma, come standard al quale non è possibile sottrarsi. Il referendum non dovrebbe neppure essere consentito, vista questa conseguenza imprevista, o meglio occultata, che attende nel mondo reale mentre declamate i vostri temini da terza media. Al suo posto andrebbero leggi efficaci contro l’accanimento terapeutico e i sovratrattamenti, rampanti, che accettate come pecore, e che “le istituzioni” vigliaccamente appoggiano; e norme rigorose e dettagliate sui casi nei quali l’eliminazione della sofferenza può prevalere sul mantenimento delle mere funzioni vitali. Ma con giureconsulti come la ciellina e formigoniana Cartabia questa voce dell’agenda Cappato, il colpo di grazia legalizzato che permette di massimizzare i sovratrattamenti e quindi i profitti, non è davvero osteggiata. Padre Pio, “Il santo impostore” (M. Guarino) è vicino al suo bigottismo “laico” e oscurantista.

@ albspazio. Il tema è più complesso della forma scheletrica, astratta e distorta nella quale lo presentate voi. Tu es. neppure consideri gli interessi di Big Pharma. Abbi la bontà di leggere, e comprendere, es. l’articolo dell’Int J Cancer che riporto. O anche Prasad V. Malignant: how bad policy and bad evidence harm people with cancer. Hopkins Univ Press, 2020. La liberatoria per staccare la spina al paziente facilita l’impiego di farmaci costosissimi, inefficaci e dannosi. E permette quindi l’impostazione generale della medicina su questo modello aberrante, che va a colpire tutti.

@ Lu Mode. E’ vero, non ci sono solo i malati di cancro. Voi mettete in lista per l’eliminazione in base a interessi economici, e tramite incentivi finanziari, anche altre categorie, es. gli anziani affetti da demenza, come mostra il caso degli omicidi di massa via eutanasia del Liverpool Care Pathway. Le questioni non mediche ma esistenziali personali si possono risolvere col suicidio per propria mano; senza mescolare le due cose, trascinando con sé gli altri, prospettando a tutti che per loro potrà essere preferibile scegliere di essere uccisi da terzi dopo quello che verrà loro fatto. E senza approfittare del pull of desperation di chi è gravemente malato. La tua propaganda della legalizzazione dell’omicidio di routine incorporato in una medicina che crea la gran parte delle situazioni che tali omicidi dovrebbero risolvere è altamente torbida.

@ Nitro150.

La sua impressione che io “rimescoli le carte in tavola”, con “fantasie e complotti” è dovuta ad una scarsa dimestichezza coi problemi multidimensionali. Che invece sono tipici della medicina. Ciò che chiede lei, di essere aiutato a morire se dovesse trovarsi nelle condizioni la cui vista su un’altra persona l’ha ferita, è solo una parte della questione. Bisogna vedere ciò che realmente vogliono gli altri interessati, gli “stakeholder”, come si usa dire*. A partire dai contraenti forti. Es. il clero non è così avverso ai laici come lei ripete; fanno affari – sporchi – insieme. Bisogna vedere anche come materialmente, biologicamente, clinicamente, si raggiungono le condizioni inaccettabili. Altro è una cattiveria della Natura, altro sono le tante situazioni create a fini di profitto dalla medicina, dove l’eutanasia sarà il perfezionamento di lesioni aggravate e omicidio a fini abietti. E ne favorirà l’estensione.

Non è del tutto colpa sua: il pubblico viene diseducato a riconoscere la complessità dei problemi, e incoraggiato al pensiero “2+2” (e anche a sfogare la frustrazione insultando chi tenta approcci più elaborati). E’ un grave vulnus alla democrazia. I magistrati, dei quali Cappato si sta vantando, hanno gravi responsabilità, sia nella soppressione delle voci critiche; sia nello spingere il pubblico al pensiero semplificato, quando loro “should know better”.

*Di Maio e la lobby dei malati di cancro. Il paziente come stakeholder. Sito menici60d15.

@ Alberto Usai. Anche lo spettacolo della mezzapialla che adottati i temi pseudolibertari precotti che gli vengono messi davanti si atteggia ad essere superiore, apostolo delle libertà civili, caustico davanti ad obiezioni che neppure capisce, mentre sta mettendo la testa nel collare, o nel cappio, avrebbe un posto apprezzabile nella commedia umana, se non fosse per i danni immani che causate.

@ Lu Mode. Il colon non è attorcigliato, ma ha delle flessure e poi diventa sigmoidale, assumendo il nome di sigma. Ad essere attorcigliati, e intrecciati a pose ed espressioni sprezzanti, sono i vostri slogan. Non sono io che ti impedisco di spararti. Sei tu che vuoi precludermi una buona medicina, volendo imporne una che si fa i suoi comodi a danno del paziente fino a trasformarlo in un “disposable”.

@ Alberto Usai. arlate di ottenere la “vita dignitosa” mediante la legalizzazione dell’omicidio previa firma di una liberatoria da parte della vittima. Ma non praticate vie basilari alla vita dignitosa; es. l’astenersi dal partecipare ad operazioni losche fornendo gli schiamazzi di disturbo verso chi si oppone presentando argomenti.

@ baronz023. Le due cose non si escludono ma sono complementari: aumento dei profitti da cronicizzazione, aumento dei profitti da accanimento reso possibile dalla “soluzione finale”.Diritti autentici dei pazienti e profitto dell’industria medica non vanno d’accordo, e volendo morire in pace e senza soffrire è meglio tenerli separati e lontani tra loro.

@ Lu Mode. La realtà è molto più complessa dei vostri schemetti puerili, e molto più pericolosa degli omicidi legalizzati “per giusta causa” che giulivi auspicate.

@ Lu Mode. A parte”, “a parte”. E se invece di fare i saputi esaminaste ciò che date per scontato? Es. come il suicidio assistito tanto propagandato possa essere funzionale all’accanimento e al profitto che invece sono tenuti in ombra. Mai sentito parlare di effetti inattesi, o di promesse politiche che ottenuto il consenso lo usano per fare l’opposto? Qui le premesse ci sono tutte. O come il “welfare” pratichi una medicina tecnicamente simile a quella dei sistemi con assicurazione privata, a beneficio di grandi interessi privati, facendola finanziare, accanimenti e frodi comprese, tramite le tasse. O come sarebbe meglio una medicina che invece di curarti con farmaci che abbassano la qualità di vita senza salvarti, fino a farti preferire di essere soppresso, badasse di più ad assicurare una buona qualità di vita e meno a toglierti di mezzo quando non ce la fai più.

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25 luglio 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Gaita ““Mio padre se n’è andato in 46 giorni e io ho fatto di tutto perché fosse in modo dignitoso. Ora da avvocata raccolgo le firme per il referendum sull’eutanasia””

matteodini: Condivido questo referendum,libertà di scelta sempre,pero’ libertà di scelta anche per il vaccino,senza discriminazione,non capisco perché i radicali non facciano la battaglia anche contro green pass 

@ matteodini.

Ottima osservazione. In realtà i radicali sono coerenti. Coerenti con la necropolitica, il controllo politico tramite la morte (Mbembe). Nell’ambito del finto progressismo pro poteri forti che praticano. Il green pass, l’esproprio della salute*, cioè il trasformare, abusando dei poteri legittimi, la popolazione in una massa di pericolosi malati, costringendola a inocularsi ciò che il potere ordina per riavere in concessione un pezzetto dei propri diritti naturali, è coerente con la “libertà” di perdere la libertà, firmando una specie di procura all’omicidio in base alla quale per i medici sarà più facile massacrare i pazienti di terapie lucrose e inutili – come già fanno, nell’omertà dei radicali e degli altri, preti compresi – potendo poi dare il colpo di grazia**. Così che accanimento, sofferenza e deprivazione di diritti e dignità aumenteranno. La medicina verrà impostata su questo standard perverso: mentre parlano di autodeterminazione danneggiano oltre che sé stessi tutti gli altri, gli entusiasti che si fermano caparbi alla superfice e ai facili slogan, come se non avessero mai visto che a richieste e promesse in sé giuste può corrispondere nei fatti il loro opposto.

*L’esproprio della salute da parte della medicina dei banchieri
**Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico.

@ pot. L’alcool riduce i riflessi anche a basse dosi, e non si dovrebbero assumere neppure due bicchieri di vino prima di guidare. E poi ad alcuni basta un dito per sbroccare. E proclamare cose come “la politica obbliga a vivere vaccinandosi”. A chi non sia sotto l’effetto di alcool o pot si può spiegare come il potere se ne frega che tu viva o muoia, ed è disposto sia a prolungare le tue sofferenze, sia a danneggiarti, sia a toglierti di mezzo a seconda della sua convenienza. Sempre con la scusa di fare il tuo bene, che voi di bocca buona vi bevete avidamente.

@ pot. Veramente mi rivolgo a chi sia disposto a mettere in dubbio le credenze che gli vengono presentate come ovvie e indiscutibili. Comunque grazie, vai, ma per favore prima di chiudere la porta apri le finestre. Il fumo del pot mi dà fastidio. E, lasciatelo dire, farne uso è un’altra delle cattive idee dell’agenda Cappato che diffondete: Strong Support for Causal Role of Cannabis in Schizophrenia. Medscape, 23 lug 21.

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3 agosto 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post “Eutanasia legale, raccolte oltre 320mila firme per il referendum. Aderiscono anche i sindaci di 78 città”

Sullo Hastings Center Report, un’importante rivista di bioetica, Battin e Kious hanno proposto l’idea di un dispositivo da impiantare che rilascia un farmaco letale quando il timer di cui è dotato raggiunge la data e l’ora per le quali il paziente ha programmato la propria morte*. C’è una corsa all’accelerare i decessi, evitando le responsabilità scaricandole sul morituro; sia nell’ambito di piani demografici, sia per favorire gli accanimenti terapeutici della medicina commerciale, che – già ora indisturbati e sotto omertà – saranno facilitati e non frenati dal rendere disposable le persone.

I 78 sindaci da politici si sono avventati su una “battaglia” – in realtà un altro marketing politico-biomedico basato sulla paura – che consente di servire i peggiori disegni dei poteri forti (incluso il clero, che ha grossi interessi in biomedicina) e allo stesso tempo adulare potenziali elettori facendoli sentire spiriti liberi, laici, etc.

Così come altre “battaglie” in sé giuste ma strumentali e pilotate sono esitate rapidamente nel loro opposto (Mani pulite, Grillo), con le nuove regole l’accanimento, la sofferenza, l’inciviltà, il disprezzo per la persona umana aumenteranno; per tutti, perché la medicina verrà calibrata su questo “Black Pass”.

*Ending one’s life in advance. Maggio 2021.

@ Stokasto. In circostanze specifiche può prevalere la cura della sofferenza sul mantenimento delle funzioni vitali. Occupandomi di frodi mediche vedo che queste campagne non sono volte a tale migliore interesse. Altrimenti si occuperebbero dell’accanimento: di come diverse situazioni penose, disumane, siano nella realtà comune – diversa dai casi mediatici particolari che vengono mostrati – provocate da pratiche terapeutiche aggressive, che non sono nell’interesse di chi le riceve ma di chi le vende. Es.: Anticoagulation and the end of life. JAMA Intern Med, 2021.

Si dovrebbe contrastare i sovratrattamenti, che sono routine e passano sotto silenzio, e quindi, così ridotti i casi, definire con cautela e attenzione quelli dove sia accettabile fare prevalere il desiderio di cessazione della sofferenza sulla nuda vita e sul principio del non uccidere. Invece con la liberatoria a forfait si attribuisce il potere del colpo di grazia a interessi che usano il corpo del malato come supporto per prodotti lucrosi e nocivi. La conseguenza sarà che il malato, in posizione di estrema asimmetria, conoscitiva, di potere, psicologica, verrà convinto prima, con false speranze, a prestarsi con la sua carne agli interessi predatori del business; che verranno esasperati, potendo poi convincerlo a togliersi di mezzo, come quei torturati che vengono portati a implorare di essere uccisi. E’ incomprensibile, o è lo schemetto ufficiale ad essere semplicistico e truffaldino?

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15 agosto 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Gaita “Eutanasia, la testimonianza del giudice: ‘Dj Fabo e mio padre non erano eroi, ma malati costretti a una scelta. Legislatore vigliacco rende necessario il referendum’”

Parafrasando la celebre spiegazione di Sasà sui giornalisti in Fortapàsc, ci sono i magistrati-magistrati e i magistrati-impiegati. Alcuni dei primi sono finiti ad essere esposti, in effige, negli uffici giudiziari, come paravento per le attività dei magistrati-impiegati. Questi altri fanno un mestiere diversi ordini di grandezza più facile. Come in questo caso, dove per servire un disegno di potere necropolitico basta prendere il caso scolastico e perorare la sua facile soluzione adolescenziale. Basta prendere casi particolari, aneddoti personali, ed estenderli al caso generale, fornendo così l’autorevolezza del magistrato a tecniche di marketing. Fingendo, mentre da magistrati si ha un panorama sulle brutture del mondo e i loro espedienti e mascheramenti, che non esistano interessi inconfessabili, come quello di conferire il potere del colpo di grazia, e il potere di estorcerne il consenso, a una medicina che situazioni atroci le crea di routine, e ancor più le creerà con la facoltà legalizzata di smaltire i corpi e le vite che non è più conveniente sfruttare e sono testimonianza di fallimento e frode*. La medicina offre la possibilità individuata da Cicerone, che anche i magistrati-impiegati colgono: “Fra tutte le specie di ingiustizia la più detestabile e odiosa è quella di coloro che, quanto più ingannano, più cercano di apparire galantuomini”.

*Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico. Sito menici60d15.

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29 agosto 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Trinchella “Referendum Eutanasia legale – Mario Riccio, il dottore che aiutò Welby: “Io credo nel dovere morale del medico di portare a morte un paziente. Perché è la medicina a creare situazioni che non esistevano in passato””

La medicina crea situazioni di sofferenza, e le crea sotto pressioni degli interessi speculativi. Volendo davvero fare l’interesse del paziente occorre trovare una funzione di cura che ottimizzi, minimizzando il carico di sofferenza, il carico di sofferenza totale, e quello che in termini matematici può essere chiamata la densità di sofferenza, cioè la quantità di sofferenza per unità di tempo. Così invece si massimizza la medicina for profit: prima sofferenza in nome della sopravvivenza, a scapito della qualità della vita, che viene ignorata; fino a quando non è conveniente dare il colpo di grazia. Cosa facile dato lo stato di depressione dei pazienti, portati al punto di voler morire*. Con almeno tre ulteriori conseguenze generali negative: rendendo più facili e più convenienti le cure inutili e causa di sofferenze, le si aumenterà e si aumenterà così la sofferenza; la medicina verrà impostata, per tutti, su questa sequenza cure pesanti-smaltimento; si calpesta a fini di profitto con la foglia di fico della compassione il principio base del non uccidere, e lo si legalizza, ritornando verso la barbarie anche sul piano dottrinale. Chi parla di libertà, e assume pose stoiche, non vuole sentire parlare di considerare il problema nell’insieme dell’iter terapeutico – e diagnostico. Non vuole guardare in faccia come si viene portati con l’inganno ad accettare sofferenze inutili, e poi portati a chiedere la morte.

*The Secret I’ll Take to My Grave: Doc Reveals. JAMA, 25 ago 2021

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8 ottobre 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di Luisiana Gaita “Eutanasia, dalla sfida impossibile al “miracolo laico”: come la mobilitazione di volontari e cittadini ha permesso di raccogliere oltre un milione di firme”

Nella “desperation oncology”* vengono applicati su malati terminali trattamenti che in quelle condizioni fanno più male che bene**. Alcuni oncologi hanno pertanto lanciato un appello perché i colleghi facciano un passo indietro, in nome della compassione e del non nocere***.

Ottenuta la liberalizzazione di forme di omicidio del consenziente, i malati di cancro non saranno protetti da tale accanimento, ma dovranno affidarsi alla coscienza e al buon cuore dei curanti. Ad essere protetti saranno i medici che nel perseguire i premi e nell’evitare le punizioni – soldi, carriera, reputazione – per la vendita dei lucrosissimi farmaci in oggetto potranno accanirsi facendo balenare speranze, per poi togliersi dall’imbarazzo di avere ridotto il paziente a un ecce homo: con un colpo di grazia. Legalizzato in nome di civiltà, umanità, libertà, laicità etc.

La situazione sarà peggiore della precedente. Risultato che non dovrebbe stupire, data l’efficacia di questa tecnica con gli italiani, che abboccano voraci alle esche succulente che coprono ami di acciaio. Es. l’esca Grillo e l’amo Draghi.

*Desperation oncology. Seminars in Oncology, 2018.
** Immune Checkpoint Inhibitor Use Near the End of Life Is Associated With Poor Performance Status, Lower Hospice Enrollment, and Dying in the Hospital. American Journal of Hospice & Palliative Medicine, 2019.
*** Immunotherapy for Cancer Patients With Poor PS Needs a Rethink. Medscape, 16 set 2021.

9 ottobre 2021

Blog de il Fatto

Commento al post “Eutanasia, l’intervento di don Ettore Cannavera al congresso dell’associazione Coscioni: “Ecco perché ho firmato per il referendum” “

A teorizzare la liberalizzazione di forme di omicidio dei malati ci sono anche docenti della Loyola Law School di Los Angeles (Il Fatto, 12 agosto 2021), tenuta dai gesuiti. La difesa della dottrina cattolica viene gesuiticamente lasciata a figure pittoresche come Adinolfi. Questo è in linea con le posizioni di Bergoglio, integrato nella Santa Alleanza che mentre ci massacra col covid si prepara a farlo con “la tutela dell’ambiente”, “del Creato” nella versione vaticana. E non è contrario al viziaccio clericale di sciacallare su dolore e debolezza, anzi. Renderà possibili meglio di prima gli accanimenti terapeutici, e quindi aumenterà il potere tramite il controllo del corpo su chi si trova nella posizione del torturato. Allo stesso tempo favorirà il business medico nel quale il clero investe molto, con la vendita di cure inutili, lucrose e nocive potendo disporre dell’exit strategy del colpo di grazia chiesto dalla vittima. Non si sentono né laici né preti che parlino contro quella diffusa violazione della dignità e libertà e che è l’accanimento medico a fini di lucro e di potere, che produce relitti umani che chiedono la morte come liberazione. Quel che è peggio, si favorirà una impostazione generale della medicina in termini fraudolenti, predatori e necrofili anche a danno di chi non abbocca alla facile esca dei radicali sulla “libertà di decidere”, così invitante per chi vuole sentirsi coraggioso e intellettuale senza esercitare né coraggio né raziocinio.

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12 ottobre 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post “Eutanasia, ecco il nodo gordiano che nemmeno il colpo di spada del referendum può sciogliere”

Si finge che la questione sia tra da un essere perfettamente razionale e padrone di sé stesso e la sua malattia. E’ piuttosto, nella routine, tra una persona col suo male, che la rende debole e impaurita, e il medico, che è il terminale di immani interessi e poteri. Va dunque inquadrata in un rapporto morale e giuridico agente-principale; già sbilanciato. Se si dà all’agente anche il potere di uccidere il principale si aumenterà l’induzione a che approfitti dell’asimmetria e applichi cure lucrose e nocive, come viene fortemente pressato a fare: proprio per avere forzato la mano, creando condizioni intollerabili, potrà ottenere la richiesta di colpo di grazia e togliersi di impaccio. V. es. Immunotherapy for Cancer Patients With Poor PS Needs a Rethink. Medscape 16 set 21.

Dato il potere magico-antropologico della medicina, e la propaganda, non vediamo le decisioni tecniche dei medici sul nostro corpo come quelle di amministratori la cui infedeltà va prevenuta ma come quelle di giudici di sicura imparzialità. GB Shaw: “Nobody supposes that doctors are less virtuous than judges; but a judge whose salary and reputation depended on whether the verdict was for plaintiff or defendant would be as little trusted as a general in pay of the enemy. To offer me a doctor as my judge and then weigh the decision with a bribe and a guarantee that if he makes a mistake it can never be proved against him, is to go wildly beyond the ascertained strain which human nature will bear”.

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23 novembre 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post “Suicidio assistito, il Vaticano sul caso ‘Mario’: “Giusto incoraggiare a togliersi la vita?”. Regione: “Dubbi sul farmaco richiesto””

Si dice che il “senza condizioni” nella lettera di Paolo VI alle BR abbia segnato la fine di Moro. Analogamente è doppiezza, è recitare un gioco delle parti per dare esca ai midwit che ignorano l’opposizione laica all’eutanasia, questo farsi vivi per un caso particolare, dove la sopravvivenza biologica è meccanismo ineludibile di sofferenza, e dove quindi vi è una logica e una giustificazione etica nel togliere la vita togliendo il dolore. Mentre il clero parla poco della routine, es. cancro terminale, demenze, ictus. Tace sul colpo di grazia che si vuole liberalizzare per le patologie comuni, che la sofferenza e la disumanità le aumenterà, e aumenterà il dominio tramite il dolore che tanto piace al clero, dando mano libera ad accanimenti terapeutici che le situazioni di sofferenza insopportabile le creano. Accanimenti lucrosi, della medicina commerciale, nella quale il clero è pienamente coinvolto.

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15 gennaio 2022

Blog de il Fatto

Commento al post di F.A. Grana “Suicidio assistito, i gesuiti prendono posizione e aprono il dibattito dentro la Chiesa: “La legge non sia affossata””

Contrariamente a quanto i midcult, gli acculturati a metà, ripetono sussiegosi, vi è un interesse dell’attuale clero all’instaurazione di forme di omicidio dei malati. Coerente con i grandi interessi dei quali il clero beneficia ed è alleato. In campo medico – dove il maggiore gruppo medico cattolico USA ha appena vinto uno “Shkreli Award” per “profiteering and disfunction in health care” avendo dirottato risorse dalle cure ai poveri a speculazioni finanziarie – si potranno vendere e somministrare ancora più facilmente cure lucrose inefficaci e pesanti: prima facendole balenare come una speranza, poi, dopo avere conciato il paziente peggio di Cristo flagellato, “riconoscendo” il suo diritto a farsi abbattere divenuto ingombrante. Con la legalizzazione del colpo di grazia il dolore, le condizioni insopportabili – e il vizio pretesco del potere tramite il dominio sul corpo – aumenteranno. Invece di questa teoria gesuitica del male minore, un clero fedele ai suoi principi dovrebbe chiedere che i casi autenticamente problematici vengano ridotti al minimo, evitando quell’accanimento di massa ricercato per paura dagli stessi che poi si atteggiano a stoici accettando di venire smaltiti. E’ per ragioni simili che, al contrario di quanto pensano quelli che si credono volterriani che combattono l’Inquisizione, esiste una opposizione laica all’eutanasia: Hartling O. Euthanasia and the ethics of a doctor’s decisions. An argument against assisted death. Bloomsbury Academic, 2021.
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@ Alekine. E’ presunzione infantile negare l’esistenza di ciò che non si capisce. 2 articoli di oggi 17 gen 2022: Unnecessary use of radiotherapy persists in end-of-life patients, Medscape; Which health systems are doing the most to reduce overuse? Lown Institute. I trattamenti inappropriati non sono “delinquenza” rispetto ad una norma generalmente rispettata. Ma una degenerazione istituzionalizzata, routinaria. Es. Prasad: Malignant: how bad policy and bad evidence harm people with cancer. Hopkins Univ Press, 2020. Ciò sulla spinta di enormi interessi economici. Grazie ai tanti come voi: la medicina, data la sua sempre viva anima antropologica, la fanno in gran parte i pazienti, come la religione la fanno in gran parte i fedeli. Ciecamente superstiziosi nell’ingollare cure che non sono nel miglior interesse del paziente, diventate pensatori engagé per inventare un “diritto” a farsi ammazzare, secondo criteri che vi illudete siano in mano vostra mentre vi consegnate passivi a meccanismi di interesse amorali e fuori controllo. Voi dipingete un fantastico uomo di ferro, padrone della sua vita e della sua morte anche nella sofferenza, per poter fare gli struzzi fifoni, continuare a credere alle favole e non guardare la realtà e affrontarla. Il superomismo di Fantozzi. Quel che è peggio, danneggiate gli altri consentendo al business lo spostamento degli standard su livelli più ancora più alti di nocività, reso possibile dalla legalizzazione dell’abbattimento del paziente.
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@ Alekine.Io dico che se le persone chiedono di poter terminare la vita, anzi di essere uccise in deroga al principio che lo proibisce, bisogna esaminare le cause che portano a ciò. Le cause possono essere naturali, cioè uno stato biologico patologico; ma non solo, come viene fatto credere. Vi sono anche importanti cause antropiche, iatrogene, da overuse a fini di profitto.

Riconosciuta questa “summa divisio”, naturale/antropico, dico allora che bisogna 1) combattere le cause iatrogene, legate alla routine. 2) combattere l’interesse a forme di eutanasia che favoriscono tali effetti aberranti da profitto, e che quindi aumenteranno la sofferenza, favorendo la medicalizzazione a oltranza, e faranno tornare alla barbarie della soppressione degli scomodi sotto mentite spoglie. 3) studiare identificazione e soluzioni, come ho detto qui, e in precedenza, per la minoranza di casi realmente problematici, non così comuni, in genere stati cronici e irreversibili, es. una tetraplegia con complicazioni (quelli che vengono mostrati per generalizzare indebitamente).

Se invece si finge che sia tutta colpa della natura e del fato, si finisce col servire interessi che portano a conseguenze nefande, fino ad autentiche forme di omicidio di massa in funzione di calcoli monetari di privati. Da notare che i preti avrebbero da offrire un po’ di buona filosofia cristiana sul non imbrogliare né uccidere da un lato e l’accettazione dei limiti umani dall’altro, se non fossero così presi da ben altri interessi.

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21 gennaio 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Uccise la madre 92enne gravemente malata perché soffriva: dopo tre anni confessa e viene assolto”

Insieme a quella dell’assoluzione per l’eutanasia della madre, è di oggi la notizia di una forma di obbligatorietà di test clinici in Puglia: tutte le donne dai 40 ai 74 anni riceveranno la convocazione per lo screening del cancro al seno, e verranno multate se non daranno disdetta. Si va creando una “giurisprudenza” “ridicola e sinistra” (Pasolini) che associa cure coatte su sani e omicidio dei malati scomodi. La si sta costruendo insinuandosi in interstizi e forzandoli; con magistrati che tali spazi li lasciano aperti o li spalancano. La contraddizione è solo apparente: sia la medicalizzazione -iatrogena – ora arrivata all’esproprio della salute, che viene erogata dallo Stato tramite interventi medici, sia i colpi di grazia agli scomodi sono coerenti col business. I magistrati sono collaborativi su questi obblighi abnormi, che da quello “unethical, immoral, discriminatory, ineffective” e che favorisce la diffusione del virus* sul vaccino covid si estendono ora a pratiche fortemente criticate, ridotte o abolite altrove data la iatrogenicità, qual è lo screening per cancro della mammella. Allo stesso tempo i colleghi di Falcone e Borsellino, ma anche di Palamara, si danno da fare per produrre fattispecie presentabili e quindi fessure giuridiche per i successivi piedi di porco anche sullo smaltimento di chi dopo essere stato ridotto a malato non è più redditizio.

*Open letter to House of Lords on NHS Vaccine Mandate. Hart 3 gen 2022.

@ Pier Francesco Del Signore. La libertà al tempo del covid è capovolta. La libertà è non ricevere cure pesanti e nocive che arricchiscono il business e che poi riducono la persona in uno stato tale da fargli acconsentire ad essere abbattuta. La libertà è non subire medicina push, proibita anche dal giuramento di Ippocrate. E quindi è non dover temere sanzioni pecuniarie e morali se non si risponde a una convocazione a farsi irradiare le mammelle per ottenere dati notoriamente inaccurati e poco utili, coi gravi danni che – occultati – possono derivarne.

Che tu, 19496 commenti a macchinetta pro business medico, corra in soccorso ai magistrati, compreso Emiliano, che in questi giorni a loro volta corrono in soccorso al più forte dando per assodate le inverosimili versioni ufficiali dello Stato che avrebbero il dovere di verificare, mi ricorda un articolo sul non forzare queste decisioni che in epigrafe riporta la procedura giudiziaria dove prima si emette la sentenza e poi si giudica:

“Let the jury consider their verdict,” the King said, for about the twentieth time that day. “No, no!” said the Queen. “Sentence first — verdict afterwards.” “Stuff and nonsense!” said Alice loudly. “The idea of having the sentence first!” “Hold your tongue!” said the Queen, turning purple. “I won’t!” said Alice. “Off with her head!” the Queen shouted at the top of her voice.”(Whither scientific deliberation in health policy recommendations? Alice in the Wonderland of Breast-Cancer Screening. NEJM, 1997).

@ for a wonderful world. Grazie per la solidarietà. Seguendo da anni le frodi mediche strutturali, ho descritto tante volte come i magistrati le servano volontariamente. Non meno dei politici. A differenza di tanti politici, i magistrati tranne eccezioni mai prenderebbero una mazzetta. Ma quanto ad asservimento ai poteri forti non sono meno compromessi dei politici. Sto pensando di scrivere sui magistrati nell’operazione covid, mostrandone il ruolo partecipe. Es. l’alimentare il mantenimento abnorme e surrettizio dell’epidemia consentendo confirmation bias su ricoveri e TI, tramite l’epurazione illegittima dei medici che non si prestano. I magistrati non dovrebbero applicare senza fiatare leggi che sono “anticostituzionali” quanto lo è una coltellata a chi intralci progetti criminosi; e non si limitano ad applicarle ma rilanciano. Longanesi diceva che gli italiani vogliono fare la rivoluzione coi carabinieri: il mistero più tremendo e intoccabile delle varie sventure del Paese è dato dalla tiepidità timorosa dell’italiano medio. Sarebbe ora di considerare, oltre a quelle dei soliti noti, delle teste di turco deputate, anche le responsabilità dei magistrati e delle forze di polizia nelle imposizioni “ab extrinseco” che deformano e storpiano il destino del Paese.

@ oimetra. Strano, perché in Romagna c’era una certa tradizione contro le prepotenze dello Stato. Si vede che l’involuzione politica che ha portato dal socialismo umanitario a Renzi prende in Puglia forme da fascismo agrario, mentre in Emilia maschera la servitù volontaria da solidarietà sociale. Segnalo: Susan Bewley: “Things should never be the same again in the screening world”. British Medical Journal 14 apr 2020. E’ una donna inglese, professore di ostetricia e ginecologia, che sullo screening per il cancro della mammella non ha affatto la presuntuosa dabbenaggine che lei attribuisce a tutte le donne della sua regione.

@ oimetra. Lo screening aumenta la probabilità di finire in sala operatoria e non prolunga la vita:
-Estimates of overdiagnosis of invasive breast cancer associated with screening mammography. Cancer Causes Control, 2010. 21:275.
-Why cancer screening has never been shown to “save lives”—and what we can do about it. BMJ, 2016. 352:h6070.
-The secret harms of cancer screening. Lown Institute, 31 gen 2020.
-Breast screening should be scrapped. The Guardian, 2 ago 2011.Mafia? Due anni fa ho inviato a un’amministrazione comunale del Sud, che pure si è messa a esaltare lo screening mammografico, i libri “Gotzsche P. Mammography screening. Truth, lies and controversy. Radcliffe, 2012. Gotzsche P. Deadly medicines and organized crime. Radcliffe, 2013.” Io ho ricevuto rappresaglie; l’amministrazione è stata poi sciolta per infiltrazioni mafiose. La linea della palma che sale e la linea del mammografo che scende sono legate. Anche nei metodi di difesa dei loro affari; con la disinformazione tutelata dai magistrati. La mafia da cinema fa da paravento a spinte insospettabili che determinano sia le punizioni di Emiliano alle donne che non scattano alla premura pelosa dello Stato perché si sottopongano a una pratica invasiva che in paesi più avanzati si discute come limitare o abolire; sia la comprensione dei suoi colleghi giudici, altrimenti sordi e impassibili su tante mostruosità materiali e giuridiche commesse in nome della medicina, per i cuscini sulla faccia dei malati gravi.@ Synesthedy. Ci sono differenze ma non sono essenziali: entrambi i sistemi prevedono un terzo pagante, e una medicina dettata dall’offerta privata. La nostra medicina non è veramente pubblica: è a terminale pubblico, ma è definita nella dottrina e nella pratica – e nella selezione dei medici – dai grandi interessi privati, ormai fusi con la finanza. Che con una medicina a terminale pubblico possono avvalersi, grazie alla loro forza, dei poteri dello Stato – di uno Stato debole e asservito – inapplicabili direttamente. Ciò che appare evidente col covid. Infatti in USA si preme per andare verso una medicina “pubblica” di questo genere, che in realtà è una forma di medicina privata che si potenzia munendosi dei poteri dello Stato. Da aggiungere che lì, dove tutto nasce, hanno frenato sugli screening, es. quello della prostata, non potendo continuare a negare il bilancio sfavorevole, evidenziato da fonti autorevoli. Appare che il business voglia scaricare questo lucroso prodotto a dir poco mediocre, in realtà peggio che mediocre, sulle altre zone, come quelle meridionali della colonia italica, finora rimaste escluse, non per virtù ma per arretratezza economica.

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9 febbraio 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Eutanasia, dal premio Nobel Parisi a Vito Mancuso e Gherardo Colombo: i primi 101 nomi che chiedono di votare sì al referendum”

“Un uomo non è frutta. Non puoi mangiare l’arancia e buttare via la buccia” (Morte di un commesso viaggiatore). Questa voce dell’agenda Cappato invece servirà allo smaltimento del paziente dopo che è stato spremuto con terapie inutili, nocive e lucrose. Es. *. Non è una legge, che sarebbe doverosa, contro le sofferenze inutili, cioè contro l’accanimento terapeutico. E’ una legge che favorirà l’accanimento terapeutico di routine, tema censurato, e quindi aumenterà le sofferenze inutili, legalizzando il colpo di grazia. Anche a danno di chi non è d’accordo, imponendo standard terapeutici che prevedono l’omicidio terminale.

Gran parte degli illustri firmatari devono la loro fortuna a essere non voci eminenti del popolo, ma portavoce o portaordini del potere. Sono muti, o favorevoli, sul lysenkismo e le sue epurazioni, il lavoro tolto a chi non si fa inoculare, la trasformazione ordoliberista dello Stato, il fallimento pilotato. Aggiungono invece questa ciliegina mortifera sulla necropolitica.

L’intellettuale, lo scienziato, il magistrato è degno se ignora la superficie delle apparenze, la perfora e estrae il vero sottostante. Non se serve il potere come direttore dei cori che ripetono facili slogan, confezionati per portare all’opposto di dove dicono. Anche su questa ulteriore cessione di proprietà del proprio corpo, dopo lo “ius inoculandi”, è illusorio credere che “andrà tutto bene”.

*Immunotherapy for Cancer Patients With Poor PS Needs a Rethink. Medscape 16 set 2021.

@ AI.La. “Necropolitics is the use of social and political power to dictate how some people may live and how some must die”. (Wikipedia). Mbembe A. Necropolitics. Public Culture, 2003. 15: 11. 5.

Siccome non conosci un termine e il concetto che rappresenta, decidi tu il suo significato e lo spieghi a chi lo usa. Tono ghignante, sostanza a “tasso di banana” 100%. Tu mostri un punto cruciale: il peso del midcult, dei midwit, nelle manipolazioni ideologiche odierne. La categoria, identificata da Pascal, e da Pasolini, di quelli che non hanno né la cultura popolare né quella alta. Ma stanno in mezzo, e “cattivi giudici e disgrazia per il mondo” (Pascal) propagandano gli ideologismi precotti atteggiandosi a spiriti liberi. Come la “libertà” di una persona gravemente malata e sofferente; un’invenzione che richiede stolidità, morale prima che intellettuale. I midwit, smaniosi e presuntuosi, che fanno danno agli altri oltre che a sé stessi, vanno identificati tra i mostri del nostro tempo. Grazie per la tua esibizione di buon esemplare.

Il bacio non lo ricambio, ma ti auguro di avere davanti alla morte un po’ dello stesso piglio da uomo di ferro che esibisci contro chi mette sull’avviso. E che invece vi manca del tutto, voi che belate di essere ammazzati, chiedendo di morire per paura, rinunciando alla dignità umana che dite di difendere consegnandovi a chi sulla vita e sulla morte specula.

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18 febbraio 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di Riccardo Cristano “Suicidio assistito: il Vaticano può dire addio a certi valori non negoziabili?”

Inzerillo portò dagli USA la tecnica di sciogliere i cadaveri nell’acido. I boss ordinarono di riesumare i corpi putrefatti dei seppelliti per applicare anche agli omicidi pregressi l’innovazione tecnologica*. La cura e l’impegno sull’occultamento e la distruzione dei cadaveri erano ovviamente coerenti con gli omicidi; non una forma di rispetto per i defunti.

Analogamente, invece di svicolare sull’accanimento terapeutico di fine vita, come fa l’articolista che lo scansa dicendo che sarebbe un concetto insufficiente e vago, si deve valutare in quale genere di relazione si pone rispetto all’accanimento terapeutico questa ansia indotta dalla propaganda di medicalizzare la morte e di farsi uccidere. Se davvero si tratta di ridurre sofferenze inutili; e allora si deve affrontare il tema del contrasto all’accanimento che di routine le genera. Come sarebbe etico e doveroso. Oppure se si tratta di smaltire corpi martoriati per essere stati usati come occasione per terapie lucrose e inutili, come già avviene. Ciò che l’innovazione legislativa aumenterà facilitandole. Il clamore sul farsi ammazzare per non soffrire, associato all’omertà sull’accanimento, si tradurrà in un aumento delle sofferenze e del degrado dei pazienti; dei profitti del business biomedico, incluso quello clericale; e della biopolitica, il potere tramite il controllo sui corpi, ricercato dai preti non meno che ai laici. Complice il vigoroso tafazzismo delle future vittime.

*Profondo nero. Lo Bianco e Rizza.

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6 agosto 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “M5s, Salvatore Borsellino e l’endorsement per Scarpinato: “Non sapevo chi votare. La sua candidatura cambia tutto, scelta coraggiosa””

@ morenik. Dal detto popolare “fermarsi alla prima osteria”. La prima osteria etica. Gli esempi sono troppi. Nel mio campo, la medicina, giustissima la volontà di non prolungare sofferenze inutili. Ma il movimento sulla liberalizzazione dell’omicidio del consenziente è una prima osteria: considerando solo il colpo di grazia finale permetterà – e anzi imporrà a tutti – terapie ancora più pesanti a fini di profitto, e le indegnità e sofferenze aumenteranno. (v. Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico; nel mio sito).

Giustissime le denunce di Grillo che hanno portato i 5s all’exploit elettorale (su richiesta di Casaleggio, diedi un contributo anch’io). Ma questa prima osteria è finita come con Napoleone della Fattoria degli animali.

C’è bisogno di dire che la mafia va combattuta ? Ma quella che si vede è per lo più l’antimafia prima osteria. L’antimafia vera, volta all’eliminazione della mafia, è soppiantata dall’antimafia eccezionalista: sono antimafia e quindi posso tutto (v. il caso Montante, non a caso finito con condanne lievi, dati i carboni bagnati di tanti uffici giudiziari, comandi CC, questure, prefetture, tutti antimafia…). In questo caso sostenere un partito di senza merito che serve i peggiori poteri, quelli che all’occorrenza possono mediante strutture apposite usare anche le stragi per imporre le loro volontà.

Bisogna resistere alla tentazione di placare la sete di giustizia bevendo d’istinto.

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26 novembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Suicidio assistito, Cappato si autodenuncia per la morte dell’82enne Romano: “Ci sono troppe richieste, aiutatemi. È violenza di Stato””

Un conto è la riduzione dell’accanimento terapeutico, i cui orrori sono invece celati e protetti; e i limitati casi particolari autenticamente problematici. Tutt’altra cosa, superficialmente simile ma in realtà opposta, è la legalizzazione dell’omicidio dei malati come routine, che favorendo l’accanimento aumenterà sofferenze, soggezione e barbarie. Es. un oncologo ha notato che i nuovi lucrosi ritrovati oncologici sono somministrati a troppi, troppo a lungo, in dosi eccessive, troppo spesso*. La possibilità di fare chiedere al paziente il colpo di grazia faciliterà tali sovratrattamenti, a spese del malato (e del contribuente). Ma nessuno va dal magistrato per questo. Gli interventi medici con motivazioni pseudoetiche – “chi non si vaccina uccide” – sono divenuti l’ariete per la grande breccia e l’irruzione del male nell’ordine costituito. Forniscono la giustificazione a immondi paradisi giudiziari. Gli operatori del “diritto”, della “giustizia”, ci stanno. Così che, come dimostra l’istrionica autodenuncia di Cappato, pelosi benefattori con la siringa in mano e toghe austere si spalleggiano come il gatto e la volpe.

*Gyawaly B. The Great Irony of Modern Oncology: Immunotherapy’s Imprecision. Medscape, 30 ago 2022.

@ Stokasto. Io invece sono abituato, e non provo nausea. Per quelli che incitano all’omicidio medico legalizzato impassibili, ma il disgusto gli viene, al posto di contro argomenti, per qualsiasi argomentazione contraria. Per quelli che stanno sempre dalla parte del potere e delle sue violenze mascherate da cura, si tratti del costringere a fare firmare per farsi dare il colpo di grazia chi è stato ridotto a sperare nella morte, o di costringere sani a farsi iniettare farmaci tirati fuori dal cilindro. Che sostengono che solo loro soffrono; che decidono di cosa si deve parlare e di cosa no. Un impasto di debolezza intellettuale, arroganza e vigliaccheria, con la magistratura che dati i vostri padrini vi regge il gioco e vi vizia. Certo, rimpiango quando svuotavo del loro contenuto i segmenti di colon provenienti dalle sale operatorie.

@ Stokasto. Denuncio l’inganno dell’omicidio “compassionevole” almeno dal 2009*. Siete voi che pretendete di imporre l’agenda Cappato, con la sua sequenza di imposizioni invariabilmente mortifere. Non sono io fuori tema; il tema della sopraffazione in nome dell’etica, col camice bianco al posto della tonaca, è sempre lo stesso, siete voi abituali e recidivi.

*Questionario immaginario ai magistrati sul testamento biologico. – Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico.

@ fuzzylogic. Illazioni ? Se io rifiuto di consegnarle il portafoglio sto facendo illazioni sulla sua onestà? Piuttosto, andrebbe esaminata l’illazione, cioè l’inferenza deduttiva, per la quale chi tace sull’accanimento e si straccia le vesti per l’omicidio a fin di bene di chi ne è vittima agirebbe disinteressatamente, e con fini umanitari.

@ fuzzylogic. Ricerca Google, 27 nov 22: “overtreatment”: “circa 5.850.000 risultati.”

Non è che se non vedete una montagna che sta franando addosso al popolo, o vi coprite gli occhi, la montagna non esiste, e citarla è “una illazione, una paura senza riscontro”. La risposta alle pressioni per l’omicidio a fin di bene, che includono questo teatrale appoggiarsi alla magistratura, è troppo contenuta.

@ Giorgio Bussa. I miei argomenti ricordano quelli contro il divorzio, una battaglia meritoria dei radicali, nella sua testa. Il rischio non è che il paziente chieda il colpo di grazia; è che sia indotto, e in pratica inconsapevolmente costretto, a chiederlo, imbottendolo a fini di lucro di cure inutili e nocive. Le commissioni per evitare abusi composte da chi ha interesse a commetterli, ed è spinto a commetterli con incentivi e minacce, non funzionano. Con queste singolari credenze, è lei che dovrebbe fare uno sforzo e rendersi conto della differenza tra il porre termine all’accanimento intervenendo contro di esso o lasciandolo libero e dare in aggiunta a chi lo commette la facoltà, non di cattivo gusto, a criminale, vile e scellerata, di abbattere il paziente dopo avergli prospettato la morte provocata come l’unica via d’uscita dall’incubo atroce nel quale lo ha portato.

@ Roberto Altiri.

-Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico. Sito menici60d15.
– Hartling O. Euthanasia and the ethics of a doctor’s decisions: an argument against assisted dying. Bloomsbury, 2021
-Yuill K. Assisted Suicide: The Liberal, Humanist Case against Legalization. Palgrave, 2013.

Grazie a guardiani come Mattarella, Draghi, Speranza, Anelli, i presidenti degli Ordini provinciali, la magistratura, non ultima, e tutto il resto, lei non deve temere per le informazioni che i medici danno ai pazienti. E i risultati si vedono, nel paese dove sul covid si sono ottenuti i risultati peggiori col massimo dei sacrifici: “Dal report emerge che per l’84,8% degli italiani i vaccini contro Covid-19 sono «importanti», percentuale molto più alta della media Ue che è del 78,4%. Complessivamente, considerando i vaccini in generale e non solo quelli contro Covid-19, gli italiani sono diventati più consapevoli, relativamente al resto dell’Europa, della rilevanza di questi farmaci: mentre nel 2018 e nel 2020 il Paese era sesto in Ue per fiducia nei vaccini, nel 2022 è quarto, con il 61,8% che ritiene questi rimedi importanti, sicuri, efficaci e compatibili con le convinzioni religiose. … La Germania è solo al 58,9%, la Francia addirittura al 46,8%”. (Doctor33, 26 nov 2022).

@ Nitro150. Ma quale volontà? Oggi medici, eticisti, magistrati, parlano come i mafiosi sulla libertà di rifiutare richieste. La “libera volontà” di chi da sano non conosce gli aspetti nascosti, come le enormi pressioni per sovratrattamenti , e da malato può essere ridotto a un “Ecce homo” che firmerà qualsiasi cosa?

Che la sanità si metta ad ammazzare gente con la scusa dell’alleviare sofferenze, semplicemente in base a criteri di interesse, è già avvenuto, es. il caso delle “eutanasie” del Liverpool Care Pathway. La visione per la quale la sanità sarebbe buona in sé, e sia quindi esentata da norme che impediscano abusi, è puerile e nefasta. La laicità consiste nel non considerare “superiori” individui e istituzioni a priori, una base alla loro posizione, ma in base al loro valore effettivo, dato da ciò che fanno. Beffardamente, sono i “laici” alla Cappato a stimolare la concezione bigotta e bambinesca sulla medicina.

@ Nitro150. Il paziente ha bisogno di cure fidate. Quale autoderminazione può avere una persona in preda alla paura, al dolore, all’angoscia? L’autodeterminazione che il mafioso riconosce a chi non gli paga il pizzo. L’autodeterminazione del truffato che in stato di necessità crede agli inganni del truffatore in posizione di credibilità, autorevolezza e status istituzionale. Siamo nell’era della fraudocrazia. Apprezzo il tentativo di abbozzare un argomento, sia pure ottenuto col copia e appiccica di un sofisma impudente; e comprendo che lo sforzo e la soddisfazione per tale parto la portino a darmi del vaneggiante intossicato da allucinogeni.

@ Nitro150. I bambini credono che quanto si dice loro non possa che essere vero. Poi sviluppano il concetto di bugia, e quello di inganno. E quello della insincerità che circola nel mondo. E con essi riconoscono gradualmente la necessità di essere cauti, considerando contesti, finalità non dichiarate, effetti inattesi. Capacità che vengono affinate con l’esperienza. I giuggioloni mantengono le credenze dei bambini; ma fanno i danni dei grandi. Danni che possono essere gravissimi, quando i giuggioloni vengono raccolti, inquadrati e fatti marciare assieme. La giuggioloneria del male.

@ Nitro 150. E questo me lo chiama discussione? Lei la discussione non l’ha neanche aperta. Ha solo dato sfoggio del senso di entitlement narcisista, della pochezza di ragionamento e della facilità all’insulto che tipicamente animano i fan dell’omicidio a fin di bene. PS: il fatto che un vaccino x sia vantaggioso non significa che lo sia anche il vaccino y. La nozione che una specie di una entità complessa non sia identificabile col genere al quale appartiene passate le elementari dovrebbe essere acquisita. Il libro di Gotzsche “Vaccines: truth, lies and controversy” 2020, esamina i vaccini uno per uno, e mostra che alcuni sono buoni, altri sono una truffa. I sicofanti sono un cesto di contraddizioni. Dicono spesso “non si può generalizzare”, quando la generalizzazione corretta è un’operazione logica fondamentale. Mentre all’occorrenza, come lei col suo vaccino che le avrebbe salvato la vita, praticano la hasty generalization ovvero il secundum quid.

@ Nitro 150. Come le ho scritto, con la medicina si può essere ingannati anche da sani. Soprattutto se l’informazione è viziata. Chiamare il dissenso politico che mostra ciò che viene celato “fare il processo” mentre si fa la sceneggiata con la magistratura amica è un esempio egregio di informazione coartata nel senso dei voleri del potere. Sulla sofferenza delle persone care, auguriamoci tutti che quella da malattia non venga moltiplicata da carità pelose. Come purtroppo già avviene e ancor più avverrà se si seguono i falsi profeti.

28 novembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Aiuto al suicidio, Cappato ancora indagato. Le ultime parole di Romano: “Non mi arrendo all’idea di non essere libero””

“… la speranza che, se non lo hanno fatto le aule parlamentari, possano le aule di tribunale riconoscere un DIRITTO FONDAMENTALE come questo”. Il diritto fondamentale non è, come dovrebbe essere, quello a non subire accanimento terapeutico; e quello a fare coincidere la possibile cura del dolore con la cessazione della vita soltanto nei casi limitati e da circoscrivere strettamente dove in effetti non vi è altra soluzione ragionevole praticabile. Nessun discernimento tra i casi, e omertà sull’accanimento: il diritto che si vuole imporre è quello di liberarsi dei pazienti dopo averli massacrati di cure inutili e dannose per lucrarci sopra. Il diritto all’inserimento del colpo di grazia, dell’omicidio a fin di bene, nella routine clinica. Con conseguente aumento delle cure inutili, e così della sofferenza, del controllo sui corpi, e dei profitti.

Come dimostra la compliance dei magistrati con le leggi liberticide, degradanti e dannose per salute del lockdown e degli inoculi dietro ricatto, Cappato sa quel che dice, perché sui voleri “medici” del principe i gentiluomini di corte con la toga sono persino più zelanti di quelli col laticlavio. Con i nostri magistrati a venire punito e zittito non è questo ambasciatore di Big Pharma, ma chi denuncia che temi etici sono usati come vettore per fini scellerati.

@ Valter Fiore. Lei deve essere onnisciente e dotato di volontà sovrumana. Tra l’altro ipotizza addirittura l’omicidio medico come opzione terapeutica iniziale, che per fortuna per ora non è sul tavolo (non convenendo neppure a quelli che vogliono legalizzare il colpo di grazia). Quello che accade alle persone comuni nella realtà, non nei fumetti propagandistici, è che viene loro prospettata una speranza, e, deboli e vulnerabili, accettano ciò che viene loro prescritto, anche se è nell’interesse di chi lo vende e a loro danno, come mostrano le cure a oltranza: Nelson R. Many Patients at End of Life Still Receiving Cancer Therapy. Medscape, 1 Nov 2022.

@ Valter Fiore. Sì, facciamo che uno vale uno: le “scelte” degli altri, qui “libertà “ di cure inutili e nocive + “libertà” di colpo di grazia, in realtà indotte dal business, vanno a consentire standard terapeutici a danno di chi vorrebbe invece cure solo se utili, e di morire in pace. Come la moneta, la medicina fraudolenta scaccia la medicina buona a danno di tutti. Le conseguenze collettive di scelte individuali le si considera solo con i discorsi fasulli “se non ti vaccini uccidi gli altri”. Chi accetta le frodi biomediche per sè danneggia anche gli altri.

@ Valter Fiore. L’industria biomedica è da decenni* descritta dagli studiosi del white collar crime come la più corrotta. Non dovrebbe “essere come le altre”, nel senso che dovrebbe avere standard etici all’altezza del carattere etico dei suoi prodotti. Invece, occupandosi di estrarre quanto più profitto e potere dalla medicina, “fa marketing”, cioè mente e imbroglia, peggio delle altre; e ora detta le leggi e la loro applicazione; fino a premere per la legalizzazione dello smaltimento via omicidio nella lavorazione del malato.

“Ma chi lo decide se una cura è utile …”. O se invece è dannosa. Non so, i televirologi, Otelma? Con tutta questa montagna di scienza non ci si capisce più niente … Di sicuro gli azionisti, tramite i burattini col camice bianco e quelli con altri costumi.

Del modus operandi e delle complicità istituzionali precedenti, cioè delle frodi e delle leggi aberranti pregresse mentre si cerca di infilarne di nuove, è meglio che se ne parli e se ne tenga conto. Almeno un minimo, un assaggio, perché la fedina completa è interminabile. I precedenti li dovrebbero considerare anche i magistrati, che però se ne guardano, preferendo giudicare non la questione reale, ma la versione che presentano i media e la claque. Artefatta e ripulita dal sangue che viene versato e dai soldi che vengono sottratti.

*J Braithwaite, Corporate Crime in the Pharmaceutical Industry. 1984.

29 novembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Cappato: “Romano è morto senza soffrire e salutando i cari, per me non è suicidio. Facciamo disobbedienza per l’inerzia della politica””

“Altrimenti sarebbe stato attaccato a una PEG”. Iona Heath, presidente del Royal College of General Practitioners: “two technological wrongs do not make an existential right. I don’t want assisted dying, but I also don’t want a PEG tube”*. I torti sono ridurre a un problema tecnologico un problema esistenziale. Sia la PEG sia la morte come terapia sono risposte tecnologiche. Di fatto associate, non contrapposte: “When doctors fail to recognise and acknowledge existential suffering in the dying and take refuge in excessive technological interventions, patients become frightened and, no longer able to trust their doctors, may request assisted dying”. Le possibilità vere non sono quelle ricattatorie di Cappato, ma tra morte naturale e la morte tecnocratica, dove c’è un controllo della persona tramite la medicina, che prima si accanisce, per vendere, negando la morte naturale – che, spiega la Heath, nella grande maggioranza dei casi preverrebbe la questione – e poi abbatte. Sostanzialmente a sua discrezione. Dietro allo spot girato da Cappato con la morte alla Mulino Bianco si subiranno sia trattamenti “futile and even cruel” sia il colpo di grazia, come spiega Heath, che conosce la realtà medica. La dottoressa aggiunge che inevitabilmente vi saranno pressioni per indurre chi è ormai un peso a firmare per farsi uccidere. E’ vero che ciò che l’agenda Cappato prevede non è suicidio; ma omicidio mascherato.

* What’s wrong with assisted dying. BMJ, 2012.

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8 dicembre 2022

Blog de il Fatto

Commento al post “Suicidio assistito, l’ultimo videomessaggio di Massimiliano: “Perché non posso farlo in Italia? Costretto ad andarmene via, per andarmene via” “

Gli interventi dei troll d’appoggio sono riportati in

Entomologia forense. L’infestazione da troll delle notizie di reato

 

Come per lockdown e coercizione vaccinale le cose stanno in maniera molto diversa da come vengono presentate con spot a effetto come questo. Fatto pronunciare a una persona in condizioni di assoluta dipendenza. Ciò per cui si preme non sono i rari casi limite ma l’omicidio medico di routine, il colpo di grazia che aumenterà il potere medico sul corpo dei malati, e così lucrosi accanimenti terapeutici, dipendenza e sofferenza morale e fisica. Infatti si tace, mafiosamente, del reale male, l’accanimento terapeutico di routine a fini di lucro. Si prosegue con ciò che è già stato fatto “per il nostro bene” col covid. Come per il covid gli emissari con le spalle coperte dai poteri che impongono una medicina degenerata, volta al profitto e al controllo, strumento di morte, fanno uno zimbello delle istituzioni che dovrebbero mantenere la legalità; dal fare proclamare “costituzionali” i ricatti sul pane quotidiano per forzare l’accesso dei giganti farmaceutici e della finanza all’interno dei corpi dei cittadini e immettervi a piacimento sostanze; a queste autodenunce arroganti e prevaricatrici, che dovrebbero ricordare il Mussolini che nel discorso alla Camera del 3 gennaio 1925, dopo l’assassinio di Matteotti, sfida interlocutori che sa essere deboli e pavidi dicendo di assumersi la responsabilità e chiede di essere giudicato e se del caso impiccato.

@ SERVIZIDEVIATIDAME. Conviene guardare prima a ciò che si ha in comune piuttosto che a differenze. Siamo tutti sotto lo stesso cielo; e immersi nella stessa umanità. Una medicina che preveda l’abbattimento finale sarà una medicina con protocolli ancora più aggressivi degli attuali, che verranno applicati anche a chi non abbocca all’offerta della morte dolce (che a volte non è affatto dolce). Indipendentemente da come sto, nella malattia e al decesso vorrei preservare la dignità e minimizzare la sofferenza. Conoscendo l’ambiente e i suoi inganni, questa voce dell’agenda Cappato è tutt’altro che il modo giusto.

@ Ermete Macchioni. Mentre leggo il suo intervento, con la dovuta attenzione, vedo che su “Striscia la notizia” stanno mostrando delle borseggiatrici che, similmente, insultano Staffelli e il suo staff che le svergognano come ladre.

Le piccole malviventi oggetto dello zelo farisaico di Mediaset non si presentano come benefattrici mosse da nobili intenti; non hanno le spalle coperte dal fascismo dei banchieri. Le scippatrici di portafogli che quando scoperte reagiscono lanciando zozzerie, come fa lei, sono limpide figure di nobildonna al confronto di quelli che scippano la vita; di coloro che a favore di disegni di potere e arricchimento spingono senza sosta a lasciarsi uccidere chi già barcolla. Con magistratura e forze di polizia che, amiche, come hanno fatto per lo scempio covid collaborano, e non vi indagano e non vi diffidano per l’istigazione ai suicidi che questo battage incessante sta verosimilmente inducendo.

@ SERVIZIDEVIATIDAME. Siete voi che volete imporre agli altri una mostruosità, quello che è stato chiamato il dovere di morire*. L’omicidio medico non riguarda solo chi lo agogna, ma ha effetti anche su chi non ci crede. Io mi sto difendendo, sia da protocolli clinici futili e dolorosi consentiti dal colpo di grazia, sia dalle pressioni per farsi togliere di mezzo che inevitabilmente subirà chi è divenuto un peso*, sia dal genere di società barbara che si vuole imporre. Inoltre, se potete parlare voi, avendo a disposizione tutti gli altoparlanti, non si vede perché gli altri non possano aprire bocca per esprimere parere diverso su una questione etica. Infine, invece di chiamare istrionici e ammiccanti i magistrati a farvi da spalla dovreste essere fermati in questo vostro istigare al suicidio.

*Hartling O. Euthanasia and the Ethics of a Doctor’s Decisions—An Argument Against Assisted Dying.

@ Pier Francesco Delsignore. E’ arrivata una delle pistole più veloci del blog. La pistola prezzatrice con la quale prima di tutto appiccica addosso un’etichetta a chi non accetta il sistema di credenze pseudoetico, in realtà altamente fraudolento, per il quale lavorate. Etichetta per etichetta, è rivelatore che uno dei più instancabili troll covidisti intervenga anche in appoggio all’omicidio a fin di bene dell’agenda Cappato. Parlate tanto di andare verso la libertà e conducete la gente verso gli stabbi e poi il macello.

@ Pier Francesco Delsignore. Qui di paranoico ci sta l’evil joker logorroico e assillante che spunta puntuale con quelli come te dietro alla maschera filantropica.

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9 dicembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Fine vita, in tre si autodenunciano per il caso di Massimiliano: Cappato, la giornalista Chiara Lalli e una attivista

CENSURATO

Gli italiani creduloni, che si sono fatti iniettare mRNA bevendosi la patacca dell’inoculo come dovere etico che avrebbe troncato l’epidemia, ora sono pronti ad assentire e premere per farsi abbattere dopo venire torturati, ancor più di quanto già avviene, con cure futili e dannose a scopo di lucro, es. *. L’agenda dei poteri forti che ci ha pestato col covid a dio del vulcano, che si placa solo se si buttano nel cratere diritti, vita normale, benessere, salute, può contare sull’instaurato paradiso giudiziario sui diktat biomedici; dalla Consulta che mette la Costituzione sotto le suole di Pfizer ai magistrati che si prestano a fare da spalla a Cappato. I magistrati, temibili con le persone comuni, come docili figuranti quando c’è di mezzo il potere biomedico. Non c’è un’azione della magistratura contro l’accanimento terapeutico a fini di lucro, fonte della maggior parte delle sofferenze e indegnità cui si vorrebbe rimediare con l‘omicidio medico; accanimento che invece così, con la legalizzazione del colpo di grazia mentre resta libero, verrà ulteriormente favorito, a danno dei malati. Cappato e c. possono promuovere e istigare a mezzo dei media il suicidio di chi è di peso senza che nessuno nelle istituzioni li fermi. Invece, vanno loro a fare una visita in caserma, con la serenità del giusto; in realtà con la tracotanza dell’intoccabile.

* When Too Much Treatment Creates More Harm Than Good. Medscape, 8 lug 2022.

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14 dicembre 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Sofia “I 20 anni dell’Associazione Coscioni, Cappato: ‘Tema dell’eutanasia è urgenza sociale. Politica non dà risposte? Le cercheremo nei tribunali’”

Con l’esclusione – spero – di alcune delle voci pro disabilità (a parte induzione e favoreggiamento della prostituzione, pagata dal SSN), è un catalogo di ribalderie e manipolazioni orwelliane. “Eutanasia” (aumento del lucroso accanimento terapeutico legalizzando il colpo di grazia, fatto invocare “liberamente” al paziente martoriato). Procreazione assistita (sterilità sociale e genitorialità per censo; donne come vacche fattrici, anche ad uso di omosessuali ricchi; avvio alle diagnosi predittive riguardanti il nascituro, riconosciuto campo di frodi). Malattie rare (deregulation con pretesti etico-tecnici per vendere farmaci tarocchi a centinaia di migliaia di euro a fiala mostrando bambini in sedia a rotelle). Cannabis terapeutica (stordimento dei sudditi facendo passare per medicina toccasana la cannabis, coi suoi danni alla salute e i suoi pericoli per l’incolumità). Staminali (progetto naif gravemente underperforming pompato come magico con la frode di Stato Stamina). Un magistrato che non provenga dalla montagna del sapone dovrebbe considerare la mano che Cappato gli tende alla stregua della proposta di essere punciuto. Ma le toghe nere, quando ci sono di mezzo i diktat liberticidi paludati in camice bianco dei poteri massimi*, sono molto diverse dalle figure epiche delle quali si dicono prosecutrici.

*Open letter to HoC & HoL scrutiny committees. The WHO’s pandemic PPR treaty is a major threat to national sovereignty and democracy. Gruppo Hart, 9 dic 2022.

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13 gennaio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Cappato “Gli atti di disobbedienza civile non sono tutti uguali: vanno sempre comparati alle alternative. Inerzia inclusa”

Nella società dello spettacolo, e dopo la lezione del terrorismo pilotato, la prima, necessaria distinzione dovrebbe essere tra il dissenso autentico e il sicofantismo, cioè lo stracciarsi le vesti per impressionare gli ingenui e trascinarli a servire, a loro danno, disegni di dominio e sfruttamento.

Quando si dice “disobbedienza civile” penso con rispetto a Davide Lazzaretti, il cui “hearing a different drummer” lo rese inviso a clero e Stato; fatto assassinare tramite i CC (“l’uccisione del Lazzaretti è stata di una crudeltà feroce e freddamente premeditata”; Gramsci). A Danilo Dolci che scrive col pennello sul pilastro del tribunale di Palermo “Chi tace è complice”, fatto condannare da Bernardo Mattarella.

Invece praticano non la disobbedienza civile, che inscenano, abbagliando i male informati e gli spiriti adolescenziali, ma sicofantismi, barbari nei fini prima che prevaricatori nei mezzi, i pifferai dell’omicidio come terapia di routine, che favorisce a vantaggio del business medico i trattamenti futili e pesanti e le sofferenze e indegnità che promette di evitare*; e i balilla cresciutelli dell’ecologismo elitista, che tuona di voler salvare l’umanità ma vuole impoverire e degradare le masse in nome del dio Ambiente. Al contrario di chi per davvero dice no agli abusi del potere, non hanno molto da temere da CC, Digos, magistrati, Quirinale, date le forze che li manovrano.

*Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico

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3 febbraio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Pietrobelli “Trieste, iniezioni letali per nove anziani: ex anestesista condannato a 15 anni. Pena ridotta perché ha agito per motivi di “valore morale””

Invece che “per motivi di particolare valore morale e sociale”, la formula del codice penale, forse è meglio dire “per convinzioni di carattere morale”. Soprattutto, si dovrebbe aggiungere che simili convinzioni morali, giustificabili e valide in una minoranza di casi da circoscrivere e regolamentare attentamente, stanno venendo usate da vettore etico per introdurre l’omicidio come terapia di routine, con finalità altamente immorali e del tutto antisociali. Una routine che comporterebbe un aggravamento del controllo arbitrario sul corpo, delle sofferenze e indegnità: la legalizzazione del colpo di grazia favorirà ulteriormente la somministrazione di trattamenti lucrosi, futili, dolorosi e degradanti che già è praticata oggi nell’omertà generale. A partire dall’omertà dei samaritani dell’iniezione letale facile e dei magistrati che hanno orecchie solo per loro.

@ Valter Fiore. Sto parlando dei lucrosi trattamenti terapeutici per la malattia di base, es.*. Strano che lei fraintenda, perché è già intervenuto in precedenza su questa mia stessa osservazione, contestandola in nome di una “libertà” di farsi prima ingannare con false promesse e massacrare da accanimenti futili e poi di farsi abbattere.

A parte il fatto che anche l’omicidio medico può essere business, ulteriore, es. **. E che è ridicolo fingere che la fame di oro si fermi davanti alla morte. “Sparatevi Breda” scrisse in proposito Marcello Marchesi, che conosceva il divario tra gli interessi reali e i messaggi suadenti e premurosi della propaganda commerciale, essendone egli stesso autore.

*Inpatient palliative chemotherapy is associated with high mortality and aggressive end-of-life care in patients with advanced solid tumors and poor performance status. BMC palliative care. 2019.
**Lucrative New Medical Specialty Emerging: Purposely Killing Patients. Briggs, 7 dic 2022.

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14 febbraio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Suicidio assistito, la Procura di Bologna ha chiesto l’archiviazione per le due attiviste che hanno accompagnato una donna in Svizzera”

L’entità “trattamenti di tipo farmacologico, interrotti i quali si verificherebbe la morte del malato anche se in maniera non rapida” è vaga e ambigua. Così da permettere nella routine, al di là dal caso in esame, studiato per ottenere la giurisprudenza voluta, sia il causare sofferenze e indegnità non necessarie sia la corrispondente induzione, interessata, al lasciarsi uccidere. Cioè un omicidio volontario mascherato da libero suicidio. In ambito clinico faciliterà e aggraverà il consueto accanimento terapeutico, ottenuto col consenso di una persona sofferente, dipendente e spaventata che è tutto fuorché libera, es. *: sarà più facile praticarlo potendo assestare il colpo di grazia. Accanimento lucroso, incentivato in termini monetari e di carriera dallo strapotente business biomedico per i medici; e compensato in termini di spartizioni di potere per i magistrati che lasciando indisturbati gli orrori dell’accanimento terapeutico e sostituendo il loro arbitrio e le loro fumosità a confini di legge chiari e netti per l’omicidio legalizzato mettono in atto i voleri dei poteri forti di esproprio dei corpi, in società con questi samaritani con la Luger.

*Physician Influence on Variation in Receipt of Aggressive End-of-Life Care Among Women Dying of Ovarian Cancer. JCO Precis Oncol 2022.

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5 maggio 2023

Blog de il Fatto

Commento al post “Giuseppe Conte colpito al volto da un no vax, l’aggressore portato in Questura. La solidarietà del governo e della politica”

La scusa della compassione consente l’omicidio arbitrario, come si è fatto in modo avvenisse nel covid: “… the neuroleptics haloperidol and levomepromazine are recommended if midazolam alone does not work. There is no mention of the .. interactions between the antibiotics that could be used for bacterial pneumonia … and opioids or neuroleptics. …; it could lead to opioid toxicity…. The combination of opioid, benzodiazepine and/or neuroleptic is used in specialist palliative care settings for symptom control and for ‘palliative sedation’ to reduce agitation at the end of life. It takes great skill and experience to use palliative sedation proportionately so that extreme physical and existential distress are palliated, but death is not primarily accelerated. NG163 states: “Sedation and opioid use should not be withheld because of a fear of causing respiratory depression.” If COVID-19 infection were uniformly fatal, this would be an acceptable statement. But for people not previously known to be at the end of life, there is potential risk of unintended serious harm … the recommended doses for morphine and midazolam are sometimes higher than current guidelines state for non-specialist use; and moreover there are inconsistencies between the maximum doses recommended by the oral or subcutaneous routes (Critica delle linee guida ufficiali. BMJ, 2020:369:m1461).

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26 luglio 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Trinchella ““Le terapie oncologiche come forma di sostegno vitale”, così per Gloria è stato possibile morire. Con lei il dottor Riccio: “Mi ha ringraziato””

Il processo Rinascita-Scott riguarda anche la fine di Roberto Soriano, che “prima di essere ucciso fu torturato usando una tenaglia di quelle per tagliare le unghie alle vacche”; “mentre lo torturavano li pregava di ucciderlo”. Ma, come ho modo di constatare trovandomi in Calabria, l’attività antindrangheta copre e protegge affari di alto bordo, che vestono i panni più nobili; come quello oncologico, dove pure i pazienti sono indotti a chiedere di essere uccisi quando subiscono terapie che non sono “sostegno vitale”, ma accanimento, es.*, finalizzato al profitto, es.**, a loro danno.

Con questa licenza di colpo di grazia le sofferenze dei malati aumenteranno, sotto le enormi pressioni economiche. Una vera legge anti-sofferenza dovrebbe combattere l’accanimento terapeutico. Che così sarà invece ulteriormente favorito. L’accanimento terapeutico è il nocciolo della questione, ma passa sotto omertà, mentre le campagne per l’uccisione medica ricorrono a immagini sensazionaliste e terrificanti per indurre il pubblico ad accettarla***.

*When Too Much Treatment Creates More Harm Than Good. Medscape, 8 lug 2023.
** Cancer Immunotherapy Drugs Driving End-of-Life Cost Increases. Medscape, 2 mar 2023.
*** Assisted dying campaign video accused of ‘scaremongering’. BBC, 11 set 2019.

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28 agosto 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Eutanasia, anche un prete a favore della proposta Liberi Subito: “Doveroso. La religione non è in contrasto, i cattolici lo sanno””

Questa voce dell’agenda Cappato non è sull’evitare sofferenze inutili; se fosse così dovrebbe riguardare – come sarebbe doveroso – l’accanimento terapeutico e il mancato controllo del dolore 1, sui quali invece si tace perché rendono. E’ sul dare ai medici una licenza di uccidere, potendo pilotare il “consenso”, o anche facendone a meno, come è accaduto col covid per creare il picco iniziale a giustificazione del resto 2. E estendendo la “carità” 3. Le sofferenze potranno anzi aumentare: si potrà più di prima usare il paziente per vendere trattamenti futili e lucrosi, potendo poi dargli il colpo di grazia avendolo ridotto nelle condizioni di implorarlo.

L’inganno è denunciato da laici, es. 4; mentre il clero è favorevole a una misura che suona caritatevole e invece aumenta il potere sui corpi e il loro sfruttamento a fini di arricchimento. I preti sono in affari col globalismo, che sta usando, complice lo Stato, la medicina per danneggiare e sottomettere la persona mentre fa credere che si stia operando per il suo bene.

1Iatrogenic suffering at the end of life: An ethnographic study. Palliative medicine, 2023.
2Covid deaths in early 2020 and the use of midazolam. Bartram, 2023. – Lo knock-on dell’operazione covid in Lombardia orientale.
3 Assisted Suicide for the Poor Recommended by Canadian Ethicists. Chudov, 2023.
4The liberal humanist case against assisted dying. Spiked, 2022. – Euthanasia and assisted dying: the illusion of autonomy. BMJ, 2021.

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29 agosto 2023

Blog de il Fatto

Commento al post “Cappato: “Mi dicono che sono intercettato dai servizi”. Mantovano: “Escludo nel modo più assoluto”, la replica: “Fonte attendibile””

Potrebbe darsi. Furono tenuti sotto controllo dai servizi anche piduisti, che con i servizi erano in società. Se anche fosse, non vorrebbe dire che Cappato sia inviso al potere, come ridicolmente vorrebbe far credere. Con la sua agenda – omicidio medico*, stordimento delle masse con la cannabis, impoverimento e decadenza con la scusa di dover raffreddare il globo, inoculi forzosi, OGM, etc. – Cappato lavora puntualmente per il “radicalismo sovversivo del liberismo” (Michea), ed è così a fianco ai servizi nell’eseguire ordini di poteri sovranazionali a danno degli italiani. Un addebito che non dovrebbe stupire, conoscendo la “puntuale convergenza”** dei radicali pannelliani con i piani di Gelli. E che spiega come Cappato abbia porte aperte dai magistrati*, oltre che dai politici e i media. Mentre chi naturaliter si oppone alla sua agenda di morte e di degrado riceve un ben diverso trattamento, dal Viminale e annessi; e da quelli che si spacciano per colleghi dei magistrati che furono epurati esemplarmente mediante omicidio, a volte via P2. Uccisi su mandato degli stessi poteri sovranazionali che oggi possono guardare con soddisfazione al docile e variegato parco addetti che hanno ottenuto in Italia.

*Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico. Sito menici60d15.
**Giannuli A. Da Gelli a Renzi (passando per Berlusconi). Il piano massonico sulla “rinascita democratica” e la vera storia della sua realizzazione. 2016.

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18 settembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Archiviazione o Consulta, i pm di Milano su Cappato: “Non aiutò il suicidio ma ’autodeterminazione dei malati” “

Calamandrei scrisse che il conformismo è la peggiore sciagura per i magistrati. Forse la peggiore sciagura è la cortigianeria; della quale il conformismo è espressione. Il diritto che viene riconosciuto è un diritto dei magistrati alla cortigianeria Il diritto a fingere di credere ai legerdemain ideologici coi quali i poteri forti danno una veste etica, legale, e “coraggiosa”, “progressista”, a volontà criminali. E il diritto a renderli legge. Quando il lavoro dei magistrati sarebbe quello di separare il grano dal loglio, di discernere tra etica tarocca e reale.

Se si volesse davvero evitare ai malati sofferenze inutili, e ciò sarebbe doveroso, si dovrebbe agire a monte di ciò che crea tante situazioni insostenibili: contro l’accanimento terapeutico e i sovratrattamenti. Sui quali si è omertosi, perché corrispondono a vendite lucrative di prodotti medici. Se si volesse davvero riconoscere l’autodeterminazione, si dovrebbero definire e circoscrivere i casi realmente problematici, di “incrodati”, nei quali l’accettare la richiesta può essere il male minore. Ma quale autodeterminazione può avere chi è stato reso gravemente sofferente nella routine? Così si legittimerà il colpo di grazia. Che permetterà un ancor maggior accanimento e quindi maggiori espropri sui corpi e maggiori sofferenze. E si legittimerà l’omicidio medico, che altrove si parla già di estendere a malati di mente, marginali, poveri.

v. Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico.

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22 settembre 2023

Blog de il Fatto

Commento al post “Uccise e fece a pezzi Carol Matesi, Davide Fontana ammesso alla giustizia riparativa. Il padre della vittima: “Schifato” “

“Il sonno della ragione genera mostri”. Questi sono i mostri, ma il sonno è il nostro, che permettiamo di tenere i posti di guida del Paese occupati da soggetti che non sono nostri rappresentanti, nostri fiduciari, ma alieni. L’alieno è “colui che appartiene ad altri”. Come la Cartabia, o come i tanti che vanno a fare l’inchino al meeting di CL, a partire dal presidente del CSM, il PdR Mattarella.

@ Brisk: Il sonno della ragione genera mostri. Non bisogna confondere lo strumento con l’effetto. E’ vero che Goya lo disse descrivendo gli orrori dell’invasione di una rozza soldataglia; ma nel caso della penna del giudice – o della siringa del medico – con le “trovate mirabolanti”, con gli argomenti in sé ridicoli, si generano mostri con poco sforzo. Es. nell’applicare la sciagurata amnistia Togliatti i giudici ci aggiunsero del loro. Come nel caso dei fascisti assolti in quanto i giudici giudicarono non sufficientemente efferato lo stupro di gruppo – con modalità particolamente violente e umilianti – di una staffetta partigiana (Franzinelli M. L’amnistia Togliatti. 1946. Colpo di Spugna su crimini fascisti. Feltrinelli, 2016).

Pensando alle conseguenze, delle mancate epurazioni di allora, e oggi della giustizia resa una variabile aleatoria, una concessione soggetta al capriccio di chi ha in mano la penna, un bene scarso da pietire, si può dire che il sonno della ragione, il dormire e lasciare fare dei cittadini, genera stirpi di mostri: mostri che si riproducono e diventano così una presenza perenne.

@ Brisk: Usiamo categorie diverse. I magistrati aiutarono i fascisti non in quanto affini (anche se alcuni avevano indossato la camicia nera sotto la toga, e scritto su “Diritto della razza”), ma in obbedienza al nuovo potere. Che non voleva le epurazioni, volendo i fascisti come strumento per il controllo del Paese. I magistrati in quegli anni favorirono anche la mafia per lo stesso motivo. Togliatti con l’amnistia si adeguò ad ordini spartitori sovranazionali, Yalta, etc. Oggi col medesimo spirito cortigiano i magistrati “progressisti” servono i disegni del moderno fascismo tecnocratico in medicina, es. sul suicidio assistito, la legalizzazione del colpo di grazia che aumenterà sovratrattamenti e sofferenze. Dietro alla tenue vernice ideologica opera la perenne potente forza che spinge a mettersi dalla parte del più forte. Non è che Napolitano fosse un fascista convinto quando era nel GUF, un fanatico stalinista quando approvava l’URSS che schiacciava l’Ungheria, un sincero lockiano quando frequentava le ambasciate USA e UK e si metteva al servizio della NATO mentre gli stessi ambienti evitavano che avessimo degli Aldo Moro come PdR facendolo uccidere. Napolitano serviva il potere. Si trascura l’elementare, possente spinta a “correre in soccorso al vincitore”, e la si copre sotto storielle di duelli ideologici. La magistratura non è meno compromessa dei politici in questa forma di corruzione.

v. Baruffe di corte: i baroni della destra e i mandarini della magistratura

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18 ottobre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Anche a Firenze chiesta l’archiviazione per Cappato, indagato per aiuto al suicidio”

Noi abbiamo Cappato. In UK non stanno molto meglio, ma almeno hanno un parlamentare, Bridgen, che ha fatto un’interrogazione sulle uccisioni di pazienti non consenzienti con midazolam (1). L’uso omicidiario di midazolam e altri farmaci letali (2) è un aspetto sia delle morti iatrogene attribuite al coronavirus (3), sia del tema, tutt’altro che teorico, della degenerazione in gravi abusi dell’eutanasia in mano ai medici, e dei suoi effetti controproducenti, di aggravamento invece che di riduzione di sofferenze e perdita di autonomia e dignità (4). Due argomenti – e due tipologie e casi reali di gravi reati – non graditi alle stesse forze che stanno imponendo l’omicidio medico; tagliati fuori dal “dibattito” e sui quali i magistrati fanno compatti orecchie da mercante; così come sono compatti nel fare da spalla sia alla funesta opera di disinformazione, propaganda e esautorazione del potere legislativo affidata a Cappato, sia alle nefande aberrazioni istituite in nome del covid.

1 Member of Parliament asks the UK Government about the use of midazolam during the pandemic. Expose news 2 mar 2023.
2 High levels of Midazolam prescriptions. Urgent investigation required. Gruppo Hart, 10 giu 2023.
3 Lo knock-on dell’operazione covid in Lombardia orientale
4 Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico. Ib.

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29 novembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Suicidio assistito, Cappato si autodenuncia per Margherita Botto: “Aumentano le richieste, ora ne abbiamo oltre 5 al giorno””

A Chieti un GIP ha assolto due persone denunciate dai carabinieri per avere chiesto, in un hub vaccinale, informazioni sulle reazioni avverse degli inoculi covid. Il magistrato ha anzi chiesto alla Procura, che aveva chiesto 4 mesi di reclusione o 9000 euro di multa per interruzione di pubblico servizio, di valutare il comportamento della dottoressa che ha risposto alla legittima richiesta di informazioni chiamando i carabinieri.

Seguo le manipolazioni della medicina, con la relativa subordinazione delle istituzioni a grandi interessi privati, con gli scambi tra bene e male, tra merito e colpa, tra dovere autentico e retorica fraudolenta. La scena della stretta di mano mostrata nel video tra Cappato che si atteggia a martire e il carabiniere che fa gli onori di casa non mi sorprende. Entrambi lavorano per l’agenda biomedica dei poteri forti. In questo caso si sta soppiantando il processo democratico imponendo, grazie anche ai magistrati, una grave truffa etica e giuridica che spaccia come un valore una legalizzazione del crimine. Viene presentata come la giusta minimizzazione della sofferenza, che dovrebbe essere ottenuta contrastando in toto i sovratrattamenti a fini di lucro, quella che è invece una liberalizzazione dell’omicidio che, omertosa sui sovratrattamenti, li aggraverà data la legalizzazione del colpo di grazia, e aumenterà così degrado e sofferenze (v. Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale; il caso del testamento biologico).

Teschio:

Certo che siete proprio ossessionati dai vaccini, tanto da tirarli fuori in ogni singolo commento, eh? Siete rimasti gli unici a pensarci ogni giorno, spesso per più ore al giorno, e neppure vi rendete conto di quanto sia indice di gravi problemi psicologici.

E ovviamente il diritto di scelta su quando e come morire diventa complotto dei Poteri Forti a danno degli ignari cittadini, perché cosa sareste voi complottari senza una causa da combattere, non importa quanto inventata?

@ Teschio:

In passato quando bussavano alla porta e si chiedeva “Chi è ?” i carabinieri rispondevano “la legge”. Non so se lo facciano ancora. Oggi comunque non è più una metonimia. La compagine alla quale i carabinieri forniscono il braccio armato si pone come “la legge”. Ordina, e ci si deve fare inoculare sostanze non testate, inefficaci e pericolose (es. *; fai pure il tuo noto numero). Si chiede se sono sicure? Arrivano i CC e un procuratore a farti passare l’insolenza. Poi arriva Teschio, con l’insulto per argomento, a stabilire di cosa si deve parlare e di cosa si deve tacere. (Dato lo stato pietoso dei poteri dello Stato, potrebbero introdurre un “diritto al silenzio” oltre a quello già vigente sull’impunità; c’è già una cosa simile col “diritto all’oblio”, che nasconde i cancri secondari e gli altri danni dei tanto celebrati “successi” sui tumori pediatrici**).Bisogna dare ai medici, ridotti a docili esecutori, la possibilità di abbattere i pazienti ormai da buttare dopo lucrose terapie inutili e pesanti ? Arriva Cappato e dimostra, autodenunciandosi, che il verbo del quale è messaggero è sopra la legge; si mette a decidere lui chi deve vivere e chi può essere abbattuto, mentre gli si stende un tappeto rosso. Un esempio di quel che diceva Montanelli, che gli italiani vogliono la rivoluzione coi carabinieri.

*Another measure of the vaccines’ evident failure is being flagrantly ignored. Hart, 23 nov 2023.
**The long shadow of childhood cancer. BMC 2021.

Teschio:

So per certo di aver già replicato innumerevoli volte alle sue insensate affermazioni, spesso riportando i dati che la smentiscono (tipo i dati di efficacia differenziale dei vaccini contro la forma grave, che pure sono pubblici e che MAI ho sentito un no-vax commentare, in quanto demoliscono la vostra narrazione). Potrei farlo ancora una volta, ma sarebbe un perfetto spreco di tempo: una volta replicavo per evitare la diffusione delle vostre balle, ma ormai mi sono reso conto che siete rimasti gli unici ad essere ancora ossessionati dai vaccini, e a pensare costantemente ad essi. Farvi cambiare idea è impossibile anche di fronte all’evidenza dei dati, il pericolo che “infettiate” altri con le vostre convinzioni è scongiurato perché siete rimasti gli unici a pensare all’argomento, trovo quindi inutile perdere altro tempo. Faccio quindi opera di carità, e provo a farle capire quanto sia insano continuare a rimuginare sulla sua ossessione. Penso che un professionista potrebbe aiutarla a capire cosa non va nella sua vita, tanto da averla costretta ad abbracciare queste credenze per dare un senso ad essa: se risolve i suoi problemi, magari scompare anche la sua insana ossessione.

Ah, Cappato non ha la presunzione di decidere chi deve vivere e chi deve morire, così come invece fanno quelli che vogliono arrogarsi il diritto di decidere per gli altri. Ha semplicemente aiutato una persona che VOLEVA morire a farlo. La decisione era di quella persona, mica di Cappato.

lolraf08: Teschio
Standing ovation!
Non capisco perchè molti pensano che se passa la legge poi sono costretti a morire pure loro! Non capisco dove o chi gli ha detto una fregnaccia simile.

@ lolraf08:

1 le leggi riguardano tutti, e ci se ne può interessare anche oltre l’aspetto egoistico. Non ci sono solo Cappato e c. ad occuparsi degli altri, con questa loro possente vocazione filantropica ad ammazzare.

2 le leggi danno il tono generale alla società, al modo col quale vengono trattate le persone, e qui si parla di una liberalizzazione dell’omicidio.

3 l’omicidio medico presenta il pericolo di deriva della morte come dovere e come soluzione a problematiche sociali. Ci sono già numerosi casi di abuso, es Liverpool Care Pathway, di richieste di eutanasia per disabili e chi è di peso, e di intrusioni dello Stato – voi che parlate di liberà di scelta – magistrati compresi*, su un obbligo a morire.

4 Il colpo di grazia permetterà di riposizionare gli standard terapeutici su livelli ancora più pesanti, a fini di lucro, con incremento di sofferenze e indegnità. Che porteranno a implorare di essere finiti. Questo riguarda tutti, anche chi non è ansioso di farsi ammazzare.

Ho conosciuto persone che ricevuto l’inoculo covid hanno detto di “camminare due metri sopra terra”; ora non lo dicono più e non fanno i richiami. Forse ora hanno paura di finire due metri sotto terra. Dovreste riflettere un poco di più prima di scattare in standing ovation per la prospettiva di poter accedere alla soluzione finale.

* State overreach in medical decisions. Hart, 4 ott 2023.

Teschio:

1) nessuno ammazza chi non vuole essere ammazzato. Il concetto di libertà personale, a quanto pare, non le entra in testa.

2) esatto, danno il tono della società: e una società in cui si riconosce il diritto delle persone all’autodeterminazione, che comprende anche il diritto a morire qualora lo vogliano, è certamente più civile di una società in cui alcuni si arrogano il diritto di costringere a vivere chi non vuole più farlo.

3) la storia della china scivolosa è una sciocchezza. Nessuno ti ammazza per liberare un posto letto o risparmiare sulle cure. Ci deve essere la esplicita e diretta richiesta dell’interessato, il fatto che lei faccia finta di ignorare questo punto permette di cestinare tutte le sue paranoie complottare.

4) e, a proposito di paranoie complottare, eccone qui un’altra… ti fanno soffrire apposta così poi ti ammazzi. I deliri di certa gente davvero non hanno limite, ma in fondo è comprensibile: è l’unico modo in cui insoddisfatti cronici come lei possono illudersi di sentirsi speciali.

E, ovviamente, non poteva non partire la tirata sul vaccino, autentico chiodo fisso di ogni complottaro da qualche anno a questa parte, in una dimostrazione di ossessione e disagio mentale che non dovrebbe venire sottovalutata, e che sarà certo molto studiata da psicologi e sociologi in futuro.

@ Teschio:

1 Siete voi che non riconoscete la libertà di criticare l’inserimento forzato, col concorso delle istituzioni giudiziarie, dell’omicidio tra le pratiche del business biomedico e della biopolitica. Il Liverpool C. P. ha consentito omicidi di massa senza consenso.

2 Giustificare l’omicidio attribuendone la responsabilità a una libera scelta di chi è riverso e attanagliato dal dolore e dal terrore – avendovi contribuito – è un’altra applicazione, dopo il ricatto pro Pfizer “chi non si fa bucare non mangia”, dell’argomento mafioso “sei libero di scegliere”.

3 E’ tipico dei midwit – la piaga sfruttata da questa e altre campagne top-down – identificare una tipologia di argomento con la fallacia corrispondente: la china scivolosa qui è reale. Ampliare la platea di precari esistenziali ai quali offrire l’ultima spinta non è neutrale. Es. Canada’s euthanasia programme is flirting with eugenics. The plan to expand medically assisted dying to drug addicts [e ai malati mentali] is utterly barbaric. Spiked 25 ott 2023.

4 Non è sadismo, anche se aiuta. Ti usano come supporto per lucrare su prodotti medici; l’epifenomeno delle sofferenze così provocate viene usato per dominarti e ora anche per smaltirti. Non è inaudito, una paranoia da irrisolti dici, che si degradi per meglio sfruttare.

Le manipolazioni psicologiche del pubblico a fini di frode medica stanno già venendo studiate. Es. The Covid Inquiry: Further insights into the murky world of Behavioural Science. Hart, 23 nov 2023.

lorfa08:

menici60d15

Lei coi suoi punto uno e punto due, mi fa venire la pecola! Sa cos’è? Non augurerei mai a nessuno, nemmeno al mio peggior nemico, di passare o veder passare quello che hanno passato le persone a me più care, A NESSUNO! Spero per lei, di non passarci mai, ma se dovesse accadere, le auguro di essere lucido a sufficienza, per capire, ma non poter chiedere che qualcuno possa aiutarla a chiudere una vita che non è più vita, tra dolori,💩 che nessuno ti viene a pulire! Vogliamo poi parlare dell’ipocrisia dei medici? Avanti, parliamone!!! Sono pronti a tagliuzzarti, a toglierti pezzo per pezzo, ma poi ti sbattono fuori, non c’è più posto per te, servono i letti, tu sei diventato un peso! Le persone come lei, non sanno nemmeno che cosa vuol dire! Vuole vedere un suo caro ridotto come una larva, trattato come una m@@@a da qualche medico perchè non più autosufficiente? Liberissimo/ma, ma non rompete più le scatole tirando in ballo leggi, fede e altre azzate! Non parlo per me, quando deciderò, ho già tutto pronto, parlo per chi, a causa di queste leggi ita—gliane, non ne ha la possibilità. Tutti questi bla bla bla mi annoiano a morte! Si ricordi che tutti dobbiamo morire, questo è assodato, ma come, non lo sappiamo, neppure lei con la sua saccenza da quattro soldi! Saluti

@lolrfa08:

E’ peggio di come lei dice. Se la gente vedesse i riscontri autoptici si darebbe una calmata su questo continuo credere ai miracoli medici e chiederne ancora. I criteri dovrebbero essere mantenimento della dignità, minimizzazione della sofferenza e minimizzazione di intervento umano sulla vita. Ci sono casi dove minimizzare la sofferenza coincide con l’accorciare o terminare la vita, e ciò va accettato. Ma non va preso a pretesto per andare oltre. Quella di Cappato è una falsa soluzione, una ricetta che fa comodo a chi dirige la biomedicina e ne trae denaro e potere. Sofferenza e indegnità potranno aumentare. Si vuole fare ammazzare perché non le ritirano la pala? Perché le fanno venire le piaghe da decubito? Non è meglio chiedere assistenza infermieristica efficiente? Crede agli spot, che se firma di voler essere ammazzato la tratteranno meglio ? Da clinica svizzera ? Ne ho visti tanti, di quelli che deprecano la medicina e poi sono i primi ad abboccare alle frodi che purtroppo l’infestano.

Siamo tutti sotto lo stesso cielo, la sofferenza e la morte riguardano tutti. Non solo: la nostra condizione ci condanna inoltre, per minimizzare la sofferenza, ad affrontare le circostanze che la causano e avere un po’ di coraggio. Restare passivi, voltarle le spalle, come illude Cappato e c., è peggio. Tutti dobbiamo morire, ma come dice una frase di Shakespeare (abbia pazienza) resa famosa da un magistrato coraggioso, chi muore di paura muore molte volte prima di morire.

Teschio:

1) non c’è alcun omicidio, c’è aiuto al suicidio. L’omicidio è verso chi non vuole morire, qui il caso è letteralmente opposto.

2) come ampiamente prevedibile, non passa giorno senza che gente come lei tiri fuori il vaccino, autentica ossessione di ogni complottaro moderno. D’altra parte, senza una causa a cui dedicare la vostra esistenza, cos’altro vi resterebbe?

3) ah beh, sono certo che Spiked Magazine sia una fonte serissima… non c’è alcuna china scivolosa, chi vuole morire deve poter morire, fine.

4) certo certo, ci vogliono tutti malati e sofferenti per lucrarci sopra. Ma lei, col solo potere della sua intelligenza e di una connessione internet, ha capito la Verità. Come faremmo senza il suo prezioso contributo, che di certo non è dettato dal disperato bisogno di sentirsi speciale nonostante ogni evidenza del contrario?

@ Teschio: 1 Mai sentito parlare di omicidio del consenziente, di induzione al suicidio ? Per non dire di persone che torturate implorano di essere finite; e di omicidio camuffato da terapia.
2 Fuffa con insulti.
3 Fuffa con codice di cosca: “Dio mi è testimone, è lui che si è voluto fare uccidere”.
4 Fuffa con insulti.

Dei privati, Cappato e c., stanno forzando una liberalizzazione dell’omicidio, col sostanziale appoggio delle istituzioni preposte alla legalità; istituzioni reduci dall’avere fatto i gendarmi per il covid. La morte di Kissinger mi ha fatto ricordare come alcune presenze siano significative. Gugliemi e Moscardi in via Fani. Il suo emissario Pieczenik nel Viminale a gestire l’eliminazione di Moro* (replicata con l’MI5-Imperial-Crisanti-Procura Bergamo**); che incluse diagnosi psichiatriche su quanto scriveva. Qui la presenza significativa tra magistrati e CC è (con un fattore di scala di 10^-9 rispetto al caso Moro) un troll, che mi diagnostica un disturbo mentale per avere espresso critiche. Prima delle tue diagnosi ho letto un articolo, tutto fuorché “anti” (JAMA, da autore finanziato da case farmaceutiche)*** su quanto sia difficile e ingrato spiegare ai pazienti che sarebbe a loro vantaggio interrompere alcune terapie. Tra i compiti della magistratura dovrebbe esserci anche quello di proteggere il popolo da truffe concettuali come questa del colpo di grazia al posto dell’evitare i sovratrattamenti. Invece a mio parere vi collaborano. Capisco come non sia messo bene sulla vostra scala di valutazione delle vite umane.

* Flamigni G. Rapporto sul caso Moro. Il sequestro, Steve Pieczenik e il golpe atlantico. 2019.
** Lo knock-on dell’operazione covid in Lombardia orientale.
*** Deciding When It’s Better to Deprescribe Medicines Than to Continue Them. 29 nov 2023.

Teschio:

Non c’è alcuna “liberalizzazione dell’omicidio”: non è che chi vuole vivere viene ammazzato. Si tratta solo di lasciare libertà ad una persona di decidere della propria vita, che comprende anche quando porvi termine.

Ma il complottaro ha sempre bisogno di vedere trame occulte contro la brava gente, di cui ovviamente solo lui si è accorto, per avere un qualche scopo nella propria altrimenti piatta esistenza.

@ Teschio: Anche il mafioso e l’imbroglione hanno bisogno di dire “è una tua scelta”. (E il troll non può fare a meno di insultare). Le battaglie etiche pilotate context-free, le leggi servili context-free, le sentenze servili context-free sono forme sofisticate di inganno e di violenza.

Teschio: Niente, quel pensiero fisso del complottaro secondo cui l’intero mondo trama contro di lui non è scalfibile neanche a cannonate. Se non le entra in testa che l’eutanasia è sempre una libera scelta, è perché non vuole capirlo: le piace troppo fare la vittima del Sistema, è l’unica cosa che dà sapore alla sua esistenza, evidentemente. Per quanto mi riguarda, vorrei essere libero di decidere io se e quando morire, non che tale scelta sia demandata a gente come lei, grazie.

@ Teschio:

l vostro terrapiattismo* è peggio di un pensiero fisso. E’ incapacità di percepire una terza dimensione, quella alto-basso, potere-gente comune; l’asse z. Come in Flatland di Abbott.

Sul tuo decesso, se ti ho dato l’impressione di volervi interferire me ne scuso. Il più tardi possibile, spero. Scusa, voglio dire, quando vuoi tu.

* Il vero terrapiattismo. Sito menici60d15.

Teschio:

“Sito menici60d15”

Oddio, ho visto adesso il suo blog! Davvero l’apice del disagio mentale, si mette a riportare ogni post scritto sul FQ che a suo avviso gli è stato censurato… qui andiamo ben oltre le semplici ossessioni complottare, siamo proprio nel regno delle manie di persecuzione, di “il Sistema ce l’ha con me e con gli altri uomini liberi come come!”, un livello di paranoia delirante che solo una persona che avrebbe bisogno di aiuto serio e qualificato può esprimere…

@ Teschio:

Trascrivo nel mio sito tutti i miei commenti, oltre 4300 in 16 anni. In varie raccolte tematiche. Una è “Commenti censurati da Il Fatto”, 108 commenti (il 2.4%). Credo possa essere di qualche interesse riguardo questo blog, l’unica arena importante di discussione che dà voce a semplici cittadini. Un’altra è “Entomologia forense. L’infestazione da troll delle notizie di reato”. Ne “I due sillogismi di Gomez e la giustizia “dai cinesi”“ riporto la prassi di non lasciarmi rispondere, censurando il mio commento, a scariche di violenta diffamazione a base di diagnosi psichiatriche (I sillogismo). Evidenzio come i troll usino l’infangare come proposizione logica dirimente (II sillogismo). E come ciò avvenga quando presento argomenti volti a mostrare quanto siano errati, deleteri e orientati a favore di grandi interessi, interventi di magistrati su argomenti medici. Nella lista dei commenti censurati segno quelli di questo tipo come “Merlo bianco”: il commentatore che il Gatto fece sparire, mangiandolo, perché metteva in guardia Pinocchio dalla truffa.

Primo sillogismo: Dando del malato di mente a chi denuncia come fraudolenti argomenti tecnici, disegni politici o versioni ufficiali su gravi fatti, si istituisce un sillogismo disgiuntivo irreversibile: o chi dissente è davvero malato di mente o chi lo etichetta così è un autentico farabutto.

Secondo sillogismo: A o B. Chi sostiene B è un cretino, ignorante, pazzo, pericoloso. Ergo A.

Teschio:

“Trascrivo nel mio sito tutti i miei commenti, oltre 4300 in 16 anni”

E questa non sarebbe una ossessione?

“Una è “Commenti censurati da Il Fatto”, 108 commenti”

Il che vuol dire che lei controlla ogni suo commento passato per vedere se viene pubblicato o, a suo dire, “censurato”. Qui siamo anche oltre l’ossesssione….

“riporto la prassi di non lasciarmi rispondere, censurando il mio commento”

E qui c’è paranoia: a tutti gli utenti alcuni commenti non vengono passati, solo che a differenza sua non se ne accorgono perché non controllano in modo maniacale le loro attività passate. Solo lei ci vede una persecuzione nei suoi confronti.

Lei davvero non sta bene. E questo non è un modo per attaccare le sue idee: ho spesso replicato ad esse nel merito in passato, e non ci vuole un granché a smontarle in quanto lei fa spesso affermazioni non verificate che spaccia per dati di fatto. Ma dopo aver “scoperto” il suo blog, mi rendo conto che c’è una grave sofferenza psicologica dietro le sue ossessioni.

Mi spiace molto per lei, cercherò di evitare di disturbarla oltre, perché mi sembra di farle un torto ad alimentare certi sui atteggiamenti. Ma, se posso avanzare un consiglio, provi a parlare con qualcuno di qualificato: potrebbe cambiarle la vita in meglio.

@ Teschio:

Raccogliere i propri scritti postati su internet in un proprio sito, senza peraltro promuoverlo (un sito shadow banned; che aprii su consiglio di un magistrato) sarebbe ossessione paranoica di chi è affetto da gravi disturbi mentali. Questa diagnosi proviene dal fronte che si ritiene ad un tale livello etico e tecnico da potere serenamente mettersi al di sopra della legge, su un tema come le sofferenze dei pazienti e l’offerta di omicidio. Dal fronte che occulta i dati negativi sul vaccino covid al punto che anche l’ufficialità, in altre nazioni, deve ammetterlo* (lo so, nominare i vaccini altro che per lodarli è segno infallibile di frustrazione narcisista, etc.). Non sono impressionato positivamente da chi, d’altro canto, vi dà credito e si presta a sceneggiate come questa di Cappato che fa l’Amatore Sciesa condotto all’esecuzione.

Mi fa piacere il tuo proposito di smettere di tampinarmi (con un’insistenza che si direbbe patologica, se non rientrasse in un gioco di interessi che la rendono remunerativa). D’altra parte, se non avverrà, le accanite bassezze alle quali dovete ridurvi per controbattere dicono del carattere pilotato, della disonestà, della violenza e assenza di freni – queste sì di livello dark triad – di operazioni come questa della deregulation dell’omicidio; mostrarlo è ciò che più mi interessa.

* FDA urged to publish follow-up studies on covid-19 vaccine safety signals. BMJ, 25 ott 23.

Ermete Macchioni: Caro menicius, ci vuole un enorme sprezzo del ridicolo per continuare a blaterare di “sostanze non testate e pericolose”, riferendosi a quello che è, molto probabilmente, il vaccino più sicuro della storia. È qualcosa che va oltre la schiavitù dei propri bias di conferma: è qualcosa di simile ad un metodo Goebbels autoinflitto. Mi affascina, dal punto di vista psichiatrico, notare come i più si limitino a ripetere a pappagallo tale filastrocca, mentre i più ossessionati credono che linkare articoli tratti da riviste predatorie dia loro aura di competenza. È uno spaccato di miseria umana atteggiarsi a preparati quando in realtà si è solo dei polli da spennare: le riviste suddette non campano solo grazie a chi paga per vedere pubblicate le proprie panzane, ma anche grazie a visualizzazioni e condivisioni. Mai che si chieda, chi si abbevera a tali fonti, perché certi “luminari” non sottopongano i propri studi ad una peer review. Va da sè, venendo al tema dell’articolo, che chi è ancora succube da paranoia vaccinale sicuramente vedrà in una chiave completamente sballata ed avulsa dalla realtà la questione eutanasia. Insomma, chi ha scelto di vivere nel terrore non può fare a meno di autoalimentarlo. Saluti

@ Ermete Macchioni: V. quanto ho già risposto a Teschio. Aggiungo che magistrati e CC si trovano assieme a soggetti che come te arrivano a commettere reati per sostenere la tesi preordinata. A parte quanto scrivi su di me – ridicolo, miseria umana, paranoico, incompetente, disonesto – chiami predatorie e pagate le pubblicazioni di Hart, un gruppo di accademici inglesi di riconosciuto valore, volontari; del BMC Health Services Research, stimata rivista peer reviewed; e dell’autrice, della Facoltà di medicina dell’Università di Lucerna. Diffamazione e calunnia per fare largo all’imposizione, scavalcando la legge o coartandola a piacimento, di una forma di deregolamentazione dell’omicidio mascherata con motivazioni filantropiche. Chissà se almeno i magistrati si fanno domande: su ciò cui stanno partecipando, dati i supporters come te e gli argomenti cui ricorrono; sulla vostra disinvoltura nell’infrangere la legge e nello spargere il falso e il discredito; e su un punto sul quale al netto di ciò che mi lanci addosso convengo con te, la coerenza tra le rispettive posizioni sul covid e sull’omicidio concordato.

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27 dicembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Associazione Coscioni: nel 2023 quasi 14mila richieste di informazioni sul fine vita. 12 le Regioni pronte a discutere una legge”

Da una linda clinica, un video di commiato sereno e drammatico insieme; un mite dominio sulla morte mentre le si va incontro. Non viene detto che togliere la barriera che circoscrive la minoranza dei casi nei quali la morte coincide con la cura, e occultare gli interessi, smisurati, spietati e potentissimi, sui sovratrattamenti – come fanno Cappato e c. – esiterà in situazioni meglio rappresentabili con la scena di un povero corpo inutilmente martoriato che viene finito nelle sue feci in una banale routine. Rese abbattibili, le persone verranno sfruttate ancora di più a fini di lucro e potere. Frode, sofferenza, dipendenza e indegnità aumenteranno*.

Gli stessi poteri massimi che impongono la guerra impongono la liberalizzazione dell’omicidio; tramite propaganda, e un analogo di ciò che in fisica si chiama “processo quasistatico” nel quale il cambiamento, anche radicale, passa per stati che sono in equilibrio. Cioè singolarmente all’apparenza accettabili; essendoci magistrati e media compiacenti. I processi quasistatici sono paragonati all’aggiungere un granello di sabbia alla volta; il che richiama l’etimologia del sorite, mucchio (di sabbia), la fallacia logica corrispondente. Qui di granello in granello si arriva alla legalizzazione della macelleria medica. I processi giudiziari e legislativi quasistatici andrebbero riconosciuti come ingannevoli e illeciti.

*Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico.

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16 gennaio 2024

Blog de Il Fatto

Comemnto al post “Fine Vita, Zaia in consiglio regionale: “Immorale gestire un tema così importante con una sentenza della Corte Costituzionale””

E’ immorale fare credere ai cittadini che questa premura nel liberalizzare forme di omicidio sia fatta nel loro interesse, e non sia invece una voce della stessa agenda che sta sistematicamente degradando il vivere, sotto la solita pelle di pecora di motivi etici. Agenda che politici, magistrati e giornalisti servono.

Es.: Canada has revealed the horror of assisted dying. Spiked, 15 gen 2024.

La possibilità del colpo di grazia faciliterà i sovratrattamenti, sui quali i generosi dispensatori “laici” di morte, e anche i preti, che hanno le mani in pasta nel business biomedico, sono omertosi, così che dipendenza, indegnità e sofferenze dei malati gravi potranno aumentare, invece di diminuire come promesso*.

*Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale.

@ Luciosol. L’esperienza di dover seguire un parente stretto malato terminale l’abbiamo avuta tutti. Ti sei mai chiesto quanto di quelle sofferenze siano dovute alla malattia e quante alle cure ? Ti sei mai chiesto se non ci sia un conflitto tra gli interessi di usare il malato per vendere prodotti e quelli di chi soffre? In letteratura escono in continuazione articoli sull’accanimento a fine vita. Es. End-of-Life Treatment With Immunotherapy Increasing for Patients With Cancer. Medscape Oncology, 12 gen 2024. Ti sei mai chiesto se non sia più corretto prevenire per prima cosa le sofferenze non necessarie da cure commerciali che vanno contro i diritti e l’interesse del paziente. E solo dopo occuparsi, come è giusto, di non prolungare sofferenze inutili da malattia. Invece di essere pecora nel farsi prima massacrare di terapie, ed essere pecora nel facilitare il proprio massacro nel limitarsi a chiedere, a gran voce, di farsi finire quando si è da buttare.

@ molival. “Astrattismo etico”. L’eliminazione di soggetti indesiderati, in corso in Canada, il ritorno dell’eugenetica, non è un’astrazione. Se vedeste sul tavolo settorio come sono concretamente conciati certi pazienti da cure non necessarie. L’Italia pullula di midwit, ieri preda delle ideologie, oggi del marketing, che fa loro credere di essere intellettuali engagé se abbracciano – a danno loro e degli altri – tesi semplificate e superficiali, che sono l’equivalente degli album da colorare.

@ molival. Non lo so. Non vado molto oltre Travaglio, fervente anarchico, che una volta fece notare che anche i ricchi rubano.

@ Tirullo Dicartoni. Nessuna fonte seria nega che la medicina possa essere essa causa di danno alla salute e di sofferenza. Uno studio recente (da Harvard sul NEJM): Bates DW et al . The Safety of Inpatient Health Care. 2023.

Il tuo intervento mostra:
– Il target ingenuo cui la propaganda è rivolta. Il concetto puerile che le cure non possano essere che l’opposto della malattia. Rifiuto o incapacità di considerare cause multiple, effetti controintuitivi, il peso degli interessi economici Per chi non volesse crogiolarsi in queste illusioni infantili: Welch HG et al. Sovradiagnosi. Come gli sforzi per migliorare la salute possono renderci malati. Il Pensiero scientifico, 2013.
– La disonestà della campagna. Alteri quanto ho detto, cioè che vanno considerati sia la malattia sia gli effetti iatrogeni. Mi dai del disturbato mentale, un infelice da compatire che deve farsi curare, L’ultima carta dell’imbroglione senza argomenti. Che fa presa su chi è geloso della spilletta di persona illuminata in regalo a chi abbocca.
-La convergenza destra-sinistra nel servire i grandi interessi sulla medicina*. La fesseria che le cure non possano fare male si accorda con l’impunità che Schillaci e Nordio stanno assicurando a una medicina sempre più fuori controllo nella caccia al profitto. Così come si accorda la legalizzazione del colpo di grazia, che permetterà cure futili e dannose a oltranza, presentata come “progressista”.

* Baruffe di corte: i baroni della destra e i mandarini della magistratura.

@ Tirullo Dicartoni. Vedo la questione come la vedono Welch et al., cit. E innumerevoli altri. Es. Monica Smith: When Too Much Treatment Creates More Harm Than Good – End-of-Life Aggressive Care Still Common. Medscape 2022; Earle CC et al. Trends in the Aggressiveness of Cancer Care Near the End of Life. J Clin Oncol, 2004; Koroukian SM et al. Incidence of Aggressive End-of-Life Care Among Older Adults With Metastatic Cancer Living in Nursing Homes and Community Settings. JAMA, 2023.

Non bisogna equivocare tra gli effetti avversi di cure dotate di efficacia e quelli di cure non utili. Somministrate queste ultime per fini di profitto; facendo balenare al paziente la possibilità di averne beneficio, cioè ingannandolo facendo leva sulla sua vulnerabilità; cosa che avviene di routine (v. i lavori citati), a proposito di “libera scelta sul proprio corpo”.

@ puroveleno. L’impostazione bayesiana usa le scommesse come misura delle credenze; ma non voglio scommettere con te. C’è già chi si è fatto questa domanda e ha dato una risposta. Es. Markle GE, McCrea FB. What if medicine disappeared? State University of New York Press, 2008. – Ioannidis JPA. How Many Contemporary Medical Practices Are Worse Than Doing Nothing or Doing Less? Mayo Clinic Proceedings, 2013. Si tratta di studiosi qualificati. Ioannidis è tra i più citati al mondo. Le loro risposte, documentate, sono diverse dalle tue entusiastiche congetture. Perderesti la scommessa.

Né ti chiedo di farti a tua volta domande, e di rendermi nota la risposta. Es. che cosa c’entra secondo te la parte sana e utile di un’attività umana quale la medicina con la sua degenerazione eugenetica.

17 gennaio 2024

Commento al post “Fine vita, Zaia dopo lo stop alla legge: “Non istituiva nulla, c’è già una sentenza nazionale. Stabiliva solo i tempi per le risposte ai malati”

C’è un involontario umorismo macabro in questo zelo. Prima di assicurare un celere abbattimento del paziente, si dovrebbero eliminare su tutto il territorio i bivacchi in barella di ore e giorni ai Pronto soccorso; e si dovrebbe evitare che chi abbia un problema reale di salute venga fatto correre da Ponzio a Pilato. Per prima cosa smettendo di pompare la domanda di cure non necessarie e i sovratrattamenti; dei quali il colpo di grazia “concordato” è l’esito più comodo per il business biomedico, a scapito dell’assistenza medica onesta e necessaria. Poi impiegando le ingenti risorse, pubbliche, in maniera etica e razionale, non secondo gli interessi di squali grandi e piccoli.

@ DonatellaSavastaFiore2. La dignità va preservata e il dolore evitato a costo di ridurre indirettamente i giorni o le settimane di sopravvivenza. C’è una quota limitata di situazioni di “incrodati” (come nell’angosciante film “E Johnny prese il fucile”) per i quali il problema si pone realmente; per questi casi la legislazione appare in linea di principio adeguata. Ma con questo battage si serve un’agenda che vuole estendere la pratica del suicidio passivo alla massa della popolazione. Una “liberalizzazione” pericolosissima, che consente diverse aberrazioni; in presenza di forti pressioni economiche e politiche.

-Soppressione di soggetti “marginali”, come mostrano es. il Liverpool Care Pathway, e il Canada, v. Canada has revealed the horror of assisted dying. Spiked, 2024; in una forma mascherata di eugenetica.
-La possibilità del colpo di grazia facilitando ulteriormente la somministrazione di sovratrattamenti lucrosi potrà portare – al contrario di quello che viene fatto credere – ad un aumento di indegnità e sofferenze per i malati.

Si offre inoltre un sistema per praticare impunemente omicidi su anziani, malati, vulnerabili, tramite subdola istigazione ad acconsentire al suicidio passivo. Vanno considerate anche le conseguenze generali di una radicale svalutazione della vita umana.

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22 gennaio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di G. Trinchella “Fine vita, il gip di Firenze solleva nuova eccezione di legittimità sull’aiuto al suicidio. Il caso di Massimiliano”

Illusorio pensare di catturare la complessità dei casi e degli interessi con regole semplici. Vanno distinti i casi. Una summa divisio, nota, è quella tra aiutare A morire e aiutare NEL morire.

Aiutare A morire. I casi, come quelli presentati per la propaganda, di persone consapevoli, intrappolate in condizioni crudeli ma non mortali a breve, che preferiscono la morte. Ragionevole l’aiuto A morire, se ben controllato. Aiutare A morire i depressi e gli emarginati, come avviene in Canada, o i fragili indotti per interesse con maltrattamenti al suicidio: no. Gli affetti da una malattia mortale: no, il colpo di grazia farà aumentare dipendenza, sofferenze e indegnità, permettendo sovratrattamenti*.

Aiutare NEL morire, quando inevitabile: sì. Es. tipico i malati di cancro. Invece di usarli come puntaspilli per vendere cure lucrose e inutili, che aumentano le sofferenze, e poi abbatterli, stabilire percorsi condivisi di accompagnamento ad una morte pacifica. Senza interventi medici che aggravino, assicurando dignità, e senza lesinare terapie per il dolore, anche se questo può accorciare la sopravvivenza.

Gli pseudoprogressisti (coi preti ambigui, le mani in pasta nel business biomedico), vogliono l’aiutare A morire liberalizzato, in accordo con business biomedico, malthusianesimo, eugenetica. Mentre sono omertosi e omissivi sull’accompagnare NEL morire, evitando sovratrattattementi, accanimenti e indegnità.

*Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale.

@ Rooobbb: Perché cambi quanto ho scritto e fai confusione? Non ho detto “tutti gli ammalati”; e neppure, tantomeno, “terminali”: l’andare verso la morte inevitabile comincia spesso prima. Dal cancro, quello vero*, si guarisce solo in una minoranza di casi particolari. In Italia il tasso di mortalità annuo per cancro è di circa 300/100000; la LILT riporta che ogni giorno muoiono di cancro 500 persone. E’ con mistificazioni come la tua, inclusa la falsa speranza pelosa e le chiacchiere smielate per vendere farmaci e interventi chirurgici, che i malati di cancro vengono massacrati pro business, senza necessità (es. Earle CC et al. Trends in the Aggressiveness of Cancer Care Near the End of Life. J Clin Oncol, 2004; Koroukian SM et al. Incidence of Aggressive End-of-Life Care Among Older Adults With Metastatic Cancer Living in Nursing Homes and Community Settings. JAMA, 2023). Con la legalizzazione del colpo di grazia lo saranno ancora di più. Nel dibattito impoverito e semplicistico si ignora che esiste un dissenso laico alla medicalizzazione dell’omicidio**, estraneo alle ambigue posizioni del clero, sempre interessato al controllo sulle persone tramite il degrado e al business.

*Kramer et al. Cancer Screening: The Clash of Science and Intuition. Annu Rev Med 2009. – Oke et al. Breast cancer: conflating case fatality with mortality. BMJ, 2023.
** Hartling O. Euthanasia and the ethics of a doctor’s decision, 2021. – The liberal, humanist case against assisted dying. Spiked, 2022.

@ Rooobbb: Il tasso di mortalità è dato da quante persone sono morte – in quell’anno – rispetto alla popolazione generale. Non da quante persone sopravvivono rispetto alle diagnosticate. Quello è il tasso di sopravvivenza. Si equivoca molto sui due indici, anche da sedi titolate, v. articolo di Oke et al. citato: non volendo fare confusione bisognerebbe distinguere “mortalità” e “case fatality rate”. Lei questa confusione la porta all’assurdo. Es. il tasso di mortalità generale in Italia nel 2022 è stato di 1210/100000. Non è che 98790 siano diventati immortali (o che qualcuno li voglia sopprimere).

Detto in un altro modo, la probabilità che sia il cancro la causa del proprio decesso nelle società occidentali è superiore al 20%. Più di 1 su 5. Mentre la probabilità di finire in una di quelle crudeli trappole della natura e del fato dove non si muore ma si è in una sorta di agonia cronica (di finire “incrodati”) è molto molto più bassa. Sono però questi ultimi i casi che Cappato, magistrati e media ci mostrano. Perché sono i casi nei quali l’aiutare A morire può essere eticamente sostenuto. Per poi generalizzarlo, abusivamente, per i casi dove si dovrebbe aiutare NEL morire, come le comunissime morti per cancro. Lì si vuole legalizzare il colpo di grazia, per vendere prodotti, spesso mentendo sulla loro efficacia, e contando sull’aggrapparsi del malato– altro che autodeterminazione – a qualsiasi fuscello. Sembra che si aiuti, e invece si deruba e sciacalleggia. Da monatti.

Commento al post di G. Trinchella “Suicidio assistito, ecco perché il giudice di Firenze ritiene incostituzionale il requisito del sostegno vitale che fu deciso dalla Consulta”

Impressiona come i giuristi, mentre ingigantiscono e cesellano alcuni aspetti, nascondano e trascurino fattori macroscopici. 1) Siamo tutti dipendenti dagli altri. Chi è nella morsa della malattia e della sofferenza, o in uno stato di marginalità, lo è ancora di più; materialmente e psicologicamente; è quindi vulnerabile ad abusi e ad interessi di terzi. Dai quali va protetto. La autodeterminazione di chi è in croce, che riecheggia l’Homo oeconomicus, è una fictio ideologica. Nella realtà del letto d’ospedale può andare vicina allo “è una scelta tua” del ricatto mafioso. Si immagina una inesistente sovrumana volontà individuale mentre si affida la propria individualità a terzi, spesso interessati. La realtà clinica è meglio rappresentata da Ortega y Gasset: “io sono io e la mia circostanza”. 2) Si ignorano gli immani interessi commerciali e di potere sul corpo, sulla longevità e la medicina. Si ignora come ciò che si dice di voler evitare, indegnità e sofferenze, potrà aumentare, i sovratrattamenti a fini di lucro venendo facilitati dalla legalizzazione del colpo di grazia. 3) Si ignorano le diverse situazioni cliniche e diverse traiettorie prognostiche, accorpandole arbitrariamente. Es. la sclerosi multipla spesso non uccide, ma può rendere la vita un inferno. Una malattia a esito mortale in età avanzata, se ben trattata, né troppo né poco, può permettere di morire in pace.

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29 gennaio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post “Se un essere umano decide di porre fine alle sue sofferenze, secondo me va aiutato”

Credo che sia utile distinguere tra l’aiutare A morire e l’aiutare NEL morire. E considerare che ci sono interessi economici e politici divergenti: che vogliono l’aiutare A morire e non vogliono l’aiutare NEL morire. Un conto è evitare l’accanimento quando il destino è segnato, e puntare a minimizzare indegnità e sofferenze: aiutare NEL morire. Un altro è aiutare A morire, in pratica uccidere, attribuendo alla mafiosa la “scelta” al paziente, che può facilmente essere condotto a non avere altra scelta. O al quale si può arbitrariamente attribuire la scelta, come è accaduto e accade. Ci sono casi limite, poco comuni, dove può essere lecito aiutare A morire. Sono questi che ci vengono presentati dai media, per convincere a generalizzare alla routine, a una deregolamentazione dell’omicidio. Lasciando da parte i gatti – e respingendo la tendenza ad equiparare moralmente l’essere umano agli animali – la situazione di gran lunga più comune che si configura è quella di un paziente che prima viene imbottito di trattamenti non necessari per fare soldi, e poi viene abbattuto. Mentre tanti buoni samaritani accorrono premurosi con la Luger – piuttosto che occuparsi di inefficienze e aberrazioni della sanità – non si rende nota al pubblico la prassi dei sovratrattamenti a fini di lucro; e la loro estensione al fine vita. Che aumenteranno con la liberalizzazione del colpo di grazia, e con essi sofferenze e indegnità.

@ Cynical. Nella raccolta “Il riduzionismo giudiziario nella frode media strutturale” cito diversi articoli che mostrano i sovratrattamenti. Soprattutto in campo oncologico. Un libro, tradotto: Welch et al. Sovradiagnosi. Come gli sforzi per migliorare la salute possono renderci malati. Il Pensiero scientifico, 2013. Ma studi mostrano che questi avvisi fanno poca presa sul pubblico, indottrinato. Le concezioni sulla medicina sono state fatte regredire al livello primitivo: malattia cattiva, ergo medicina buona. La dimensione irrazionale della medicina è sollecitata e sfruttata dai peggiori furfanti e usurai. Con la complicità dei media. E, imperdonabile, dei magistrati, che hanno un dovere di applicare la logica aristotelica e non la “bi-logica”.

Molte cure ufficiali sono inutili e nocive. La sanità pubblica non esiste. E’ una medicina a terminale pubblico, ordoliberista, che applica quanto dettato da interessi privati; lo Stato invece che da controllore fa da esattore (e da sicario per le voci di denuncia). La ricerca non è adeguatamente separata dalla clinica e dal business, soprattuto sul cancro (v. “therapeutic misconception”). Anche l’idea di essere pro o contro l’eutanasia è una distorsione del marketing al servizio di grandi interessi. Siamo contro le indegnità la sofferenza inutile; l’agenda Cappato le aumenterà, giocando su concezioni ingenue stimolate ad arte, complici quelli che dovrebbero tutelare una medicina autenticamente “pubblica”.

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5 febbraio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Bauducco “Fine vita, Cappato: “La Regione Lombardia non si volti dall’altra parte. Servono tempi certi perché le persone soffrano meno” “

In Lombardia nel 2020 si è verificato il picco record mondiale di letalità, mai raggiunto altrove, che ha dato il via all’operazione covid giustificando, a livello internazionale, le successive “misure”. Presentata come dovuta a un virus paragonabile a quello del film Contagion, ma anomala sotto gli aspetti tecnici, la breve e circoscritta fase di letalità straordinariamente elevata è inspiegabile in termini di epidemia covid; mentre è spiegata da specialisti come una coerente serie di conseguenze di interventi medici irrazionali e nocivi*. Tra quelli descritti come le reali cause del picco attribuito al virus, la somministrazione non necessaria di midazolam*. Il midazolam è usato anche per il suicidio assistito.

Le stesse forze che hanno voluto il picco nel 2020 vogliono una liberalizzazione dell’omicidio medico; che aumenterà indegnità e sofferenze**. Ritengo che la Lombardia, dove vivo, sia stata scelta per fornire i morti usati per giustificare diktat e ricatti covid date le caratteristiche delle sue strutture sociali, politiche, sanitarie e giudiziarie. Prima di seguire il pifferaio Cappato e chiedere di avere le fiale di midazolam e affini pronte che li aspettano, ai lombardi dovrebbe essere permesso di considerare quale uso degli stessi farmaci è stato fatto in Lombardia dal potere medico 4 anni fa.

* Lo knock-on dell’operazione covid in Lombardia orientale.
** Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico

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13 febbraio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Zamboni “Il ricorso al fine vita è un diritto, spero che l’Emilia Romagna l’affronti con la dovuta laicità”

A Mirandola, Modena, il 21 marzo 2020 è arrivato dalla Germania un carico extra di diecimila dosi di midazolam. Un depressore dei meccanismi del respiro. Col quale si è “trattata” l’insufficienza respiratoria delle diagnosi di covid, col risultato di uccidere. Il midazolam è tra i farmaci dell’eutanasia. E’ stato usato anche per condanne a morte, e si è visto che è una morte tutt’altro che indolore.

La “scelta” sull’omicidio medico è di fatto in mano non a chi lo subisce ma a chi lo esegue. Ai medici, che hanno incentivi a farne un pessimo uso. Consegnare ai medici il diritto sulla propria vita può facilmente tradursi nella sequenza sovratrattamento-colpo di grazia, con un aumento di dipendenza, indegnità e sofferenza*.

Tra le esche per imporre l’agenda dell’omicidio medico c’è quella, scolastica, della “laicità”. C’è una opposizione laica all’omicidio medico, es. **. Viceversa il clero, partecipe delle manipolazioni mediche con le quali si ottengono potere e ricchezza, gioca sull’ambiguità delle cure palliative. La prima distinzione è tra l’aiutare NEL morire, evitando l’accanimento e preservando la qualità di vita, che viene negato; e l’aiutare A morire, che tranne una minoranza di casi è un essere messi in condizioni tali da dover accettare come preferibile l’essere abbattuti. O un essere abbattuti d’ufficio, come avviene in UK.

*Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico
**Yuill. Assisted Suicide: The Liberal, Humanist Case Against Legalization. 2013.

Stokasto. Completamente avvinghiato a CL?

@ Stokasto: Io “avvinghiato a CL”. Quella di “Tutto Chiesa e wc” (Travaglio, La scomparsa dei fatti). Di Chiaravalloti “passerà gli anni suoi a difendersi” (Travaglio, Mani sporche). Dei magistrati affiliati (questo l’ho scritto io: “Pubblicare la lista dei magistrati di CL”, 2008). Della concezione simoniaca del medico come sacerdote, G. Cesana. Di Cartabia asset per i mafiosi e il crimine farmaceutico. CL che ha dato un buon lavoro, soldi pubblici, a Moretti, BR-servizi, e ha aiutato Barbone, sicario di Tobagi (Fasanella, I silenzi degli innocenti). Mentre io sono tra quelli epurati tramite cricche come CL.

Sei tu che vedi le cose da un prospettiva a 90 gradi. Non mi riferisco alla postura simbolo di passività (anche se non è fuori luogo). Parlo della orizontalizzazione*: il convertire le ferree imposizioni del potere globalista, verticali, dall’alto al basso, come questa dello sdoganamento dell’omicidio, nelle sceneggiate destra-sinistra. Da verticale a orizzontale, una rotazione ad angolo retto. Quando fanno a gara nel servire il potere vero la finta destra, la finta sinistra, toghe anti-forchettoni, come la PM Siciliano, che duetta con Cappato per fare degenerare l’eccezione in norma di routine, e pro-forchettoni, come Nordio, iscritto all’ass. Coscioni, etc. **.

* L’orizzontalizzazione.
** Baruffe di corte: i baroni della destra e i mandarini della magistratura

 

Stokasto. Ama profondamente quello che scrive ed esagera. Il tema è serio e il Midazolam come lo Xanax (ben più conosciuto) è un ansiolitico che anche io darei a chi sta per essere giustiziato perhè condannato a morte.

Attento che questo è un argomento che mi tocca da vicino e potrei dedicarle molto più tempo per portare alla luce gli assurdi altarini con santini e croci che si è tatuato sotto la scucchia.

@ Stokasto: Il midazolam è sì una benzodiazepina ma non di quelle consumate a fiumi nella vita comune. Di uso specifico, crisi epilettiche, anestesia, può divenire efficace strumento di morte, deprimendo il respiro, tanto più in sinergia coi farmaci coi quali viene combinato, e con la somministrazione per infusione data la durata d’azione molto breve. Giocando su questo equivoco può essere usato per l’eutanasia del non consenziente, come è avvenuto col Liverpool Care Pathway. E come è stato denunciato per il famigerato protocollo covid NG163, es. **.

La rassicurazione falsa e ingannevole che il midazolam “è un ansiolitico come lo Xanax” ha dunque autentica rilevanza criminologica, che dovrebbe essere nota alla magistratura. Oltre a mostrare come l’omicidio sia il fine e non il mezzo della campagna per la morte facile, e come i mezzi siano quelli subdoli del veneficio.

*This Sedative Is Now a Go-To Drug for Executions. But Does It Work? NYT, 1 lug 2022.
**Evidence the UK Government authorised “mass murder” of the Elderly and Vulnerable by Midazolam injection and then blamed Covid-19. The Exposè 19 gen 2022. – Ahmedzai +9 altri. Managing COVID-19 symptoms in the community. BMJ 20 apr 2020.

Tintinnabulum. Neologismi, ceiptolalia, circostanzialità, tangenzialità, …direi più che si tratta di un disturbo del pensiero.

La grandiosità fa pensare che sia in fase maniacale, ma forse è psicosi. Non è facile fare diagnosi differenziale senza altri elementi.

@ Tintinnabulum: Il caso di Alessia Pifferi, che evitavo di seguire per quanto è triste, per me è divenuto interessante per la presa di posizione della Procura di Milano sulle psicologhe. Mi chiedo se lì si rendano conto di quali interessi di pendagli da forca sono andati a toccare, non accettando la carta jolly, “la matta”, della consulenza psichiatrica; la carta dei camorristi* e dei farabutti di alto bordo.

*C. De Rosa. I medici della camorra. Castelvecchi, 2017.

Syrantex. Yuill risulta molto più comico negli altri suoi libri (quando difende il secondo emendamento o quando sostiene che Nixon combattesse il razzismo). Il libro sul suicidio assistito, seppur altrettanto strampalato, non riesce a risultare allo stesso modo divertente.

@ Syrantex: CENSURATO

Chi interviene per dare del buffone che non fa ridere a un autore che contesta l’agenda Cappato; senza altra argomentazione? Ma è Syrentex, massone dichiarato, facile a giudizi rapidi come gli inoculi che difende: mi ha già dato del terrorista pericoloso, del mafioso, del malato di mente. A commento di un articolo qui su massoneria e politica, S. Limiti, 4 mag 2021, mi ha scritto che “le piacerà” leggere come la Iannini, “mai visto un GIP umiliare così un PM”, abbia bloccato le denunce sui massoni del notaio Marrapodi (poi trovato impiccato).

Non per lui, ma per chi leggesse, un altro autore laico che denuncia la pericolosità del progetto morte facile: Euthanasia and the ethics of a doctor’s decisions. An Argument against Assisted Dying. Bloomsbury Academic, 2021. Di Ole Hartling, medico, già chairman del comitato etico danese.

Non si faccia caso a Syrentex che sfregia coi suoi scarabocchi le copertine dei libri e le foto degli autori. Bisogna però annotare quali supporters ha il progetto “etico” della morte facile davanti a critiche come quelle di Yuill, Hartling, le mie. E osservare che mentre nei paesi anglosassoni c’è un’opposizione laica di medici, intellettuali, cittadini, nell’Italia cattolica Cappato, protetto da un cordone di troll, monopolizza la scena mediatica. E di voci mediche, di singoli, di Ordini, di società scientifiche, così forti e assidue nel chiedere e ottenere aumenti salariali, impunità e medicalizzazione, se ne sentono poche.

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14 feb 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Fulghesu “Marco Pantani e il viaggio dell’Eroe: a 20 anni dalla morte il ricordo dei successi e del coraggio in ogni ripartenza”

Non fu omicidio diretto, per ciò che è noto, ma per gli elementi disponibili – e tenuti coperti – fu una grande vigliaccata collettiva*. Il servilismo cieco e pronto, quello delle istituzioni e dei media per primi, ebbe come esito il dare in pasto un campione a interessi che vanno a nostro danno. Celebrarlo da morto addirittura come “eroe” permette di autoassolversi e di tacere che nell’Italia protettorato, perfino in campo sportivo, l’aria che si respira non è salubre per figure eminenti, che emergano dalla mediocrità, la rendano apparente stagliandosi su di essa, e trascinino gli altri ad emanciparsene.

* Per cosa è morto Pantani. Lo sport e il marketing farmaceutico

Stokasto. Ti sei dimenticato il Midazolam. Di prenderlo…tre volte al giorno.

@ Stokasto: Stokasto, grazie a te che mostri il livello umano che ha risucchiato Pantani. In UK hanno almeno un parlamentare non allineato, Bridgen, che ha fatto un’interrogazione sull’uso omicida del midazolam nell’operazione covid*. Da noi passa per coraggioso antisistema Cappato, un altro promotore del marketing farmaceutico; e promotore dell’uso omicidiario del midazolam e c.; i cui seguaci usano rodomontate di questo livello. Magistrati e Cappato boys recitano lo stesso copione di marketing sulla morte facile**; date le responsabilità dei magistrati nella fine di Pantani*** non mi stupisce questa convergenza tra troll pro-pharma e ricostruzione giudiziaria vuota.

* Member of Parliament asks the UK Government about the use of midazolam during the pandemic. 2 mar 2023.
** Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico
*** Per cosa è morto Pantani, cit.

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15 febbraio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post “Fine vita, annullata la condanna per istigazione al suicidio al presidente dell’associazione Exit-Italia”

“È scientificamente provato e riconosciuto che i vaccini costituiscono una delle misure preventive più efficaci con un rapporto rischi/benefici particolarmente elevato ed un valore etico intrinseco assai rilevante in quanto espressione del dovere di solidarietà”*. Con questo umbrella statement, un universale affermativo illecito, “tutti i vaccini sono buoni e santi” ergo gli inediti e improbabili inoculi mRNA per il covid sono buoni e santi, la Cassazione, e le Procure al seguito, hanno praticato il peculato intellettuale, appropriandosi della logica, che è loro affidata a fini di giustizia, per manomettere il ragionamento in obbedienza ai poteri che supremi lo sono davvero. Oltre a calpestare i principi della scienza e il semplice buon senso.

Similmente, la magistratura mette il prestigio assegnatole al servizio della disinformazione e propaganda sulla morte facile, ponendola anche qui sotto l’ombrello santimonioso; nascondendo interessi indicibili, per i quali l’omicidio è fine e non mezzo, e il colpo di grazia consente lucrosi sovratrattamenti, con aumento delle sofferenze**. Esaltando, invece di sbrogliarlo, l’equivoco tra l’aiutare NEL morire, buona assistenza che viene negata, e l’aiutare A morire, cioè, salvo alcune eccezioni, una liberalizzazione dell’omicidio con pretesti medici e morali**.

*Vaccini, “Archiviate tutto”. Scoop su come la Cassazione dettava la linea. 11 feb 2024.
** Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico.

@ matematico-apostata: La logica è parte del lavoro del giudice, e ci sono stati giudici-matematici di alto livello. Anche i giuristi che hanno definito l’induzione al suicidio e l’omicidio del consenziente avevano da insegnare come ragionare. E soprattutto come partire da premesse vere, fattuali, che rappresentino la vita reale; con le sue miserie. Sta invece prendendo piede la bi-logica (Matte Blanco).

Per la quale si scambia la facoltà di fatto di potersi uccidere con un “diritto” di “scelta” di farsi ammazzare quando si è stati messi in condizioni atroci.

O si sostiene (sicuro di essere un matematico?) che siccome alcuni vaccini sono efficaci e utili, allora un intruglio non ben testato, tirato fuori al volo dopo decenni di fallimenti sulla stessa famiglia di virus, con una tecnologia nuova, dubbia e irta di pericoli, è un “vaccino” efficace e sicuro; tanto da poterlo imporre con un ricatto mafioso (e si è dovuta cambiare la definizione di vaccino per potergli fare usurpare il nome).

Un libro che illustra nel dettaglio come alcuni vaccini funzionano e sono utili e altri no: Gotzsche PC. Vaccines, truth, lies and controversy. 2021.

Il caso del vaiolo, anni ’60, cioè senza le asserite meraviglie della biologia molecolare, non dimostra che la parola magica “vaccino” scaccia la malattia, come dite. Ma al contrario che l’efficacia dipende dalle caratteristiche della malattia. Nel caso del vaiolo, il Leicester method – risalente all’800: pronta notifica, isolamento e quarantena dei casi.

matematico-apostata: Fallacia dell’inquinamento del pozzo. Per schiarire nuovamente é sufficiente ricordare ancora una volta che non esiste obbligo di vivere secondo il dettato costituzionale. Solo il soggetto può decidere liberamente. Né stato né religione alcuna.

Per il vaccino, le solite farneticazioni complottiste. Il vaccino utilizzato contro il COVID si è dimostrato di gran lunga il farmaco più sicuro: basta fare il rapporto tra le dosi inoculate e i morti per sola causa del farmaco.

Chi afferma il contrario deve fare nuovamente i conti. E naturalmente, il long COVID non è certo una forma influenzale (nè i farneticanti novax possono spiegare i danni neurologici da COVID).
Saluti da un matematico apostata .

@ matematico-apostata:

CENSURATO

Di matematico ci sono frodi contabili per fare figurare efficaci gli inoculi*; e che aberrazioni covid e legalizzazione della morte facile sono elementi dello stesso insieme; la stessa agenda di demolizione delle tutele.

Campanile scrive di una signora che quando il marito le dimostrava con la logica che aveva torto rispondeva con un ceffone: convinta che logica sia un’offesa. Come fa lei, che accusa di “avvelenare il pozzo”. Mentre mi attribuisce “farneticazioni complottiste”, avvelenando il pozzo.

C’è un massone che si cura di coprire di discredito miei commenti. Il 13 feb 24 in “Il ricorso al fine vita è un diritto…“ Il Fatto ha censurato la mia risposta al disturbatore, leggibile in**. Negli stessi giorni G. Amato è stato promosso a Procuratore generale di Roma. Avevo commentato sulla sua “fulminea” [sic] assoluzione di Cappato, in 6 feb 24 “Procura generale di Roma…”. Sembra che l’introduzione dell’omicidio medico goda sia di appoggi di alti magistrati sia di bassa manovalanza troll. E che le critiche argomentate ai magistrati vengano trattate per prassi con diffamazione e censura della difesa**. Se accadesse anche stavolta, invierò al Procuratore Amato i commenti censurati, e una testimonianza di come la lotta alla mafia di cosca fornisca copertura morale a una gestione paramafiosa di agende politiche aberranti e occultamento di crimini di Stato.

*Prof. Fenton’s mathematical search for covid truth. Youtube.
**I due sillogismi di Gomez e la giustizia “dai cinesi”

In preparazione: lettera al Procuratore Generale Giuseppe Amato. Titolo provvisorio: Le narrazioni biomediche come ponte tra la magistratura e l’eversione dall’alto.

 

 

 

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V. anche:

L’agenda Palamara dei magistrati

 

 

 

 

Contro il relativismo etico ed epistemico

3 June 2009

Blog “Uguale per tutti”

Post del 4 giu 2009


Ringrazio Felice Lima per le parole di stima, che ricambio, per gli insegnamenti, e per l’accoglienza che generosamente offre col suo sito a chi come me pensa, con Orazio, “Non ho voluto giurare sulle parole di nessun maestro / dove la tempesta mi porta lì sarò ospite”. Luigi Morsello, che mi ha anche scritto un’email burbera ma cortese, nella quale si lamenta, come altri hanno già fatto sul blog, di una mia cripticità e misteriosità, ha ragione a diffidare. Il suo fiuto non l’ha ingannato: sono un seguace minimo di quelli che “sono venuti a portare la divisione” (Luca, 12,51). Non prendo certo la penna per fare i complimenti al potere costituito. D’altro canto, Morsello, che, leggo nel suo profilo utente, oltre che essere siciliano è stato un alto dirigente dell’amministrazione penitenziaria, dovrebbe capire che il potere può imporre anche carceri senza sbarre, che obbligano ad assumere, contro la propria volontà, determinati comportamenti; che visti dall’esterno appaiono anomali. Il carcere invisibile ha dinamiche diverse da quello materiale. Come la lotta con un avversario invisibile: di recente ho sentito a una conferenza pubblica un intervento fuori programma di Gironda, portavoce di Gladio e responsabile della guerra psicologica, che ha fatto l’esempio di due che fanno a pugni, dei quali uno è invisibile. Ai passanti, quello visibile sembra un matto che sferra pugni in aria, o schiva come se gli stessero dando un pugno. Se però, per evitare di passare per matto, stesse fermo e facesse la persona distinta, ho pensato, prenderebbe un sacco di botte. E’ una situazione nella quale il soggetto viene messo a dover scegliere tra due possibilità entrambe spiacevoli. I colleghi – o i superiori – anglosassoni di Gironda la chiamerebbero una “Morton’s fork”.

Gli “ospiti” di Morsello soffrivano in una maniera che non è paragonabile al disagio torpido di chi viene privato della libertà senza essere costretto fisicamente in una cella; ma la loro condizione e il loro lamento erano chiari. Nessuno diceva che non erano carcerati ma erano invece affetti da una grave forma di agorafobia, che li portava a starsene inspiegabilmente rintanati in una cella invece di uscire dal carcere e andarsene per i fatti loro, sordi ai pressanti inviti in questo senso del direttore e degli agenti di custodia. Se invece c’è una forma nascosta e non dichiarata di reclusione, con le sue punizioni, che, quando non l’impedisce del tutto condiziona, sia distorcendola, sia obbligandola ad adottare alcuni espedienti, la comunicazione con l’esterno, il messaggio suonerà strano ai più.

Oltre a ciò, come se non bastasse, anche se si è liberi, a mano a mano che si cerca di approfondire un problema spesso i concetti diventano più difficili, contrari al senso comune, e confusi; perché inseguono una realtà che è intrinsecamente difficile e a volte caotica; e i limiti di chi scrive appaiono più evidenti; questo è uno dei motivi per i quali la rivista medica Lancet riconosce, nelle istruzioni agli autori, che occorre coraggio per rendere pubblica una propria ipotesi. Coraggio o sventatezza. Risolvere un problema significa sciogliere i suoi nodi, ma a volte la procedura per sciogliere un nodo che si è trovata non è più facile del nodo stesso. Soprattutto se quel problema è per di più “blindato”, perché riguarda grandi interessi. Luigi Morsello di certo sa bene come l’autorità provveda a sbarrare tutte le molteplici vie di passaggio tra ciò che deve restare chiuso e l’esterno. Queste misure sono prese non solo a livello materiale, ma anche a livello ideologico.

Per quanto mi riguarda, quel poco che scrivo appartiene al genere dei testi scritti in situazioni di privazione della libertà personale a scopo censorio. Un genere onorevole, che comprende ben altre opere di ben altri autori;  e ciò che non ho scritto dal 1997, anno della mia ultima pubblicazione su una rivista scientifica internazionale, e anno della discesa del trattamento da parte dello Stato al di sotto della soglia minima di libertà, appartiene al genere dei testi censurati con la privazione della libertà personale. Ritengo pertanto di essere nel mio diritto adottando alcune misure precauzionali come l’uso di uno pseudonimo (non sono anonimo ai webmaster), del resto lecite su internet; contrarie alle mie preferenze, e da addebitarsi alle situazioni create dalle istituzioni corrotte.

Questo per la “misteriosità”; l’altra critica di Morsello, per la quale i concetti che propongo non sarebbero sufficientemente chiari, e sarebbero chiari solo ad alcuni lettori più ferrati, mi preoccupa di più, perché la ricerca della chiarezza è un obbligo primario per chi propone idee. Su impulso dell’ispettore Morsello, che deve aver ricevuto in passato prodotti di artigianato carcerario, presento il seguente commento, nel quale cerco di chiarire meglio quanto penso sul relativismo etico ed epistemico, e di rendere quindi più comprensibile ciò che ho scritto in proposito. Mostro anche un’applicazione della critica al relativismo epistemico, considerando la discussione in corso sul testamento biologico.

*  *  *

L’appello al relativismo etico è un artificio ideologico per sottrarsi all’etica, o alla ricerca di un’etica comune. Sul piano teorico, il relativismo etico gioca sull’equivoco tra il culturale e l’etico, e tra il descrittivo e il prescrittivo. E’ vero che c’è di fatto un pluralismo culturale, che determina un pluralismo di scale di valori; e conseguentemente c’è un relativismo culturale, e una forte tendenza a etiche “domestiche”. E’ anche vero che il pluralismo culturale di per sé va rispettato. Ma l’etica è prescrittiva; e tende proprio a questo, a unificare sotto regole universali visioni diverse; a impedire che ciascuno si faccia la sua legge. Deve tenere conto del relativismo culturale, ma sempre andando nella direzione di cercare di ridurre tale relativismo riguardo alle convenzioni sui rapporti con gli altri. L’etica è in certa misura intrinsecamente opposta al relativismo culturale, in quanto opposta alle concezioni particolari, siano esse del singolo o del gruppo.

L’etica è ricerca pratica, per impedire, a costo di sacrificare gusti, preferenze o tradizioni, che ci facciamo del male tra noi. Ed è ricerca dell’universale, perché il suo ruolo è sistemico, essendo quello di fare in modo che tutte le varie componenti della macchina sociale interagiscano senza danneggiarsi. L’etica non è un semplice attributo culturale tra i tanti che caratterizzano un gruppo. E’ la grammatica comune che oltre a valere all’interno del gruppo deve, soprattutto oggi, consentire ai diversi gruppi di avere relazioni non distruttive. L’etica per essere efficace dev’essere come una lingua franca. Non si deve andare in giro per il mondo a fare i crociati per imporre ad altri popoli le nostre regole; ma ovunque vi è una comunità culturalmente eterogenea chi è interno alla comunità dovrebbe auspicare che vi sia un’unica etica condivisa, per quanto possibile.

Si può obiettare che ciò costringe a passare da un’etica spontanea a forme imposte di etica. In parte è vero, ed è un problema; ma è anche vero che le etiche spontanee hanno in loro i semi di tale imposizione, ad aggiustamenti che comunque non sono catastrofici, visto che esiste una base morale naturale condivisa. La cultura (parola che viene da “coltivare”) è crescita, ma l’etica è limitazione: è quella parte della cultura che nega sé stessa. L’etica trascende il piano culturale nel quale affonda le sue radici. In un certo senso, l’etica, che è censura di determinati comportamenti, non è essa stessa “buona”. E’ necessaria e salvavita ma non particolarmente piacevole. L’etica strozza il relativismo per evitare che ci strozziamo tra noi; un’etica relativistica è una contraddizione in termini.

L’attuale multiculturalismo dovrebbe essere un ulteriore motivo per impegnarsi nell’evitare il relativismo etico. Propugnare l’abbattimento delle barriere tra i popoli, la convivenza delle religioni, e insieme il mantenimento di etiche diverse mi pare un’altra contraddizione che svela il carattere strumentale della globalizzazione. In una società multietnica e multiconfessionale l’etica, questo superego pubblico arcigno e insensibile, liquidando entro un’unica popolazione comune le varie “unità etiche”, senza annullarne le rispettive altre componenti culturali, può essere un mezzo di affratellamento. Naturalmente così il problema si sposta su quale etica comune si adotta. Ma il relativismo non è una soluzione.

L’etica è coercizione, è obbedienza a regole superiori. Ma non ai “guardiani” o ai “sacerdoti” delle regole: la Chiesa contrappone al relativismo etico un assolutismo dittatoriale, nel quale è lei, come viceré di un Re che non si vede, che legifera e giudica. Un’attività di potere che a volte pratica il relativismo etico, o il relativismo epistemico, per esempio restringendo la definizione degli omicidi che ricadono sotto il Quinto comandamento. Clero e Dio sono due entità ben distinte, e la seconda è in realtà molto meno problematica della prima. E’ vero che i principi etici e il senso del loro rispetto ci vengono dalla religione. Ma siamo diventati adulti, o vecchi, e Dio è morto. Dio è morto, ma dobbiamo venerarne le memoria, onorando ciò che ci ha lasciato, princìpi etici elevati.

Sul piano umano, un’etica assoluta non toglie la possibilità di dissenso, né toglie vera libertà. Impedisce di discutere se l’omicidio vada “sdoganato”, ma invita a discutere se è lecito derubricare da omicidio doloso alcuni atti volontari egoistici che provocano i morti sul lavoro, o la morte dei pazienti. L’etica non è in sé piacevolissima, e reprime, ma può conferire un senso di nobiltà, che proviene, per chi lo prova, dal collocare i principi etici sul piano religioso, il piano superiore all’umano che l’uomo si dà, del quale la fede in una religione confessionale è solo uno dei possibili occupanti; l’etica diviene così una sottomissione spontanea che nobilita. Penso che rifiutare l’idea, più patetica che presuntuosa, di essere “signori e padroni”, ma considerarsi sempre sottoposti a qualcosa di più grande, conferisca dignità, sicurezza e stabilità; e porti a rifiutare di sottomettersi alla prepotenza dei propri simili. Questo qualcosa dev’essere però un’entità veramente grande, che indiscutibilmente sovrasti, come dei principi etici immutabili. Il relativismo etico sminuisce l’importanza di tale piano religioso, inducendo a considerare l’etica come una variabile culturale come un’altra, facendone quasi una questione amministrativa: tu hai questi codici, ma l’altro ne avrà altri, diversi ma di pari dignità. Ciò spinge a cercare degli assoluti altrove; e a rimanere preda di illusioni peggiori di quella, costruttiva, dell’esistenza di principi etici assoluti.

L’altro ideologismo, il relativismo epistemico, ha le sue pezze d’appoggio teoriche nella consapevolezza che la conoscenza poggia “non su solida roccia ma su palafitte”, come disse Popper a proposito della conoscenza scientifica. Medawar ha osservato che alcuni hanno un gusto perverso nel sottolineare la fragilità della nostra conoscenza. E’ scorretto trasporre i rovelli filosofici sulla conoscenza in sede pratica. Uno dei primi casi famosi di tale intellettualizzazione fuori luogo fu quello di Pilato quando chiese “cos’è la verità ?”. Un giudice che dicesse questo in aula sarebbe come Totò chirurgo, che durante una laparotomia si ferma, contempla ed esclama: “che cos’è la macchina umana!”. Dal teoretico al furfantesco il passo non è lungo: dietro la scusa che non sappiano bene cos’è la verità si può manipolarla, sopprimerla, capovolgerla in mille maniere. Ciò può essere ottenuto alterando la percezione dei fatti, alterando l’interpretazione, o indirettamente, agendo sui metodi di raccolta dei fatti e di interpretazione. E’ importante osservare che anche la richiesta di standard eccessivamente rigorosi può essere usata per censurare. Oggi le tecniche di manipolazione dell’informazione e le tecnologie permettono ai potenti di plasmarsi – con l’inganno ma anche con la violenza – un verità su misura. Esistono decine di definizioni filosofiche della verità, e infiniti artifici per alterarla o sopprimerla del tutto. Ma la vecchia verità per corrispondenza, “adequatio rei et intellectus”, resta il “gold standard” insuperato.

Entrambi i relativismi hanno preso piede, con cronologie diverse, negli ultimi decenni del Novecento. Ed entrambi appaiono riflettere le esigenze del capitalismo e della sua evoluzione storica. Il relativismo etico, propagandato al grande pubblico, serve a sciogliere le pastoie etiche che ostacolano la ricerca del profitto sulla quale il sistema si basa. Castoriadis ha osservato che il capitalismo ha consumato l’eredità storica che comprende “l’onestà, l’integrità, la responsabilità, la cura del lavoro, le attenzioni dovute agli altri”. Il relativismo etico ha un ruolo attivo in tale degrado. Pochi giorni fa ho sentito in tarda serata su Canale 5 una conduttrice di punta, un modello per le giovani generazioni, spiegare che all’inizio della carriera si concedeva per interesse, perché non voleva mangiare panini ma preferiva i ristoranti di lusso; presentando tale scelta come una possibilità lecita tra le varie opzioni possibili. “Questa relativista”, ho pensato “sta istigando le giovani al relativismo”. D’altra parte l’industria alimentare e quella della medicina estetica potranno attendersi un incremento del volume d’affari, se il messaggio passerà. Speriamo che le giovani ascoltino il commento fatto in studio da un ospite, che con questo sistema ora le ragazze devono concedersi per avere il panino: il “relativismo” non è un buon affare.

Il relativismo etico consente inoltre di formare dei segmenti di mercato, che ottimizzano l’applicazione di scelte politiche senza creare eccessivi traumi. Es. la recente richiesta di applicare il relativismo etico al testamento biologico, cioè a una questione di vita e di morte. C’è qualcosa che non va se si considera come una questione di relatività culturale la liceità di affrettare su larga scala la morte mediante la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione. L’accorciamento della vita è una questione di preferenze personali, come per un qualsiasi prodotto? “Sparatevi Breda” ha scritto Marcello Marchesi, umorista e pubblicitario, che aveva visto giusto.

Il relativismo epistemico, maggiormente rivolto alle elites, ha un suo nucleo nell’ammorbidimento dei criteri epistemologici di scientificità, da parte di autori come Quine, con l’avvento del consumismo: la tecnologia e l’innovazione industriale, mentre usurpano il nome e quindi il prestigio della scienza, hanno bisogno di una scienza servizievole e asservita, docile garante del lancio continuo di nuovi prodotti, e non ostacolo, con la sua capacità di evidenziarne l’inefficacia, l’inefficienza o la dannosità. Una scienza che sulla scena figura come regina, e nella realtà dietro le quinte è la serva della compagnia. Di recente Giannuli, nel suo “L’abuso pubblico della storia – come e perché il potere politico falsifica il passato” (2009) ha trattato dell’aggiustamento dei metodi e dei fatti in campo storiografico. Il relativismo epistemico serpeggia nella cultura comune, rappresentato ad esempio dall’uso di citare il celebre film “Rashomon” per sostenere che la verità non è unica, ma è soggettiva. Un altro segno del relativismo epistemico è lo spaccare la verità in “verità giudiziaria” e “verità storica” riguardo a fatti e reati estremamente concreti, come una bomba in una piazza o in altri luoghi pubblici.

Flores d’Arcais di recente ha giustamente osservato come in Italia sia ormai inveterata la prassi mediatica di degradare le verità di fatto scomode ad opinioni personali di chi le presenta, passo che Arendt considera un indice di totalitarismo in agguato. Ormai le parti del ragionamento vengono trattate, anche da chi ha ruoli intellettuali, con l’arbitrarietà con la quale Humpty Dumpty usava le parole. Il relativismo epistemico confluisce in quello culturale: conta il valore culturale, la coloritura emotiva, dei concetti, non la loro corrispondenza al reale. Un caso importante di ciò è dato dalla discussione, o meglio dal lancio, del testamento biologico, nel quale ha avuto un ruolo di punta, senza dubbio in buona fede, lo stesso Flores d’Arcais. La discussione si è basata innanzitutto su una rigorosa censura della dimensione economica del problema e degli interessi in gioco (bisognerebbe onorare anche quell’altro morto, Marx, salvandone la parte valida dell’opera, cioè il tema dell’importanza dei fattori economici nel determinare le sovrastrutture sociali); e ha poi considerato casi reali ma particolari, ignorando la gran massa dei casi pertinenti, commettendo una fallacia di generalizzazione, considerando ciò che è valido solo secundum quid come valido simpliciter.

Il problema è stato infatti identificato coi casi di Welby e Englaro, la persona senza corpo e il corpo senza persona, che sembrano scelti da un’agenzia di pubblicità o da uno sceneggiatore di Hollywood. Welby, l’artista ancora giovane, intelligente e sensibile, inchiodato in un letto, o nel suo stesso corpo; e la bella e fresca Eluana, addormentata senza possibilità di risveglio, rappresentano casi reali, ma sia rari che particolari: la probabilità di un fine vita del genere è inferiore all’1%. Non solo, ma i casi in sé, quello dello stato vegetativo che si protrae per anni, e degli esiti finali della distrofia muscolare, presentano problematiche che non sono quelle delle morti comuni; dove solo in una minoranza di casi è conservata la piena lucidità di Welby, o ci sono prospettive di sopravvivenza fisica indefinite di anni e anni come per Eluana. I casi di Welby ed Englaro hanno assunto il significato simbolico, esistenziale, che si prestavano ad assumere. E culturalmente sono divenuti il simbolo del morire. Non si dice che, così come gli USA non sono abitati se non in piccola parte da cow boys, nella maggior parte dei casi non si va verso la morte in questo modo. E’ vero che nella piccola minoranza di casi come Welby o Englaro si pongono effettivamente problemi come quelli discussi. E che in altri rari casi si pone addirittura il problema dell’eutanasia (argomento che per il momento in Italia si tiene da parte, per non spaventare). Ma il testamento biologico in molte situazioni comuni non dovrebbe essere necessario, e comporta dei rischi per il paziente.

La sospensione di alimentazione e acqua ha tre valenze, che possono essere variamente innestate in sequenza:

a) Fattore nocivo che provoca la morte in un individuo che altrimenti, adeguatamente trattato, sarebbe sopravvissuto. Distinto in due sottocategorie:

a1) su soggetti sani. Es. il conte Ugolino e i suoi figli.

a2) su soggetti già malati o debilitati, ma recuperabili. Es. il bunker dalla fame ad  Auschwitz, Massimiliano Kolbe e i suoi compagni.

b) Fattore che affretta la morte in uno stato irreversibile di malattia mortale. Distinto in due sottocategorie:

b1) come fattore aggiunto; es. su un paziente con un cancro in stadio avanzato, defedato, che non è in agonia, ma può entrarvi.

b2) come interruzione di un’alimentazione e idratazione che si erano già interrotte per malattia, ed erano state vicariate con mezzi artificiali. es. Eluana.

c) Misura palliativa nell’agonia.

Va notato che in  ambito medico la serie si autoalimenta e si autogiustifica: ogni stadio causa biologicamente il successivo, nel quale la misura risulta moralmente più giustificata che nel precedente. E’ un sistema a doppia spirale: si aggravano le condizioni cliniche e si rafforza la motivazione morale a proseguire. Le “spirali”, i circuiti a feedback positivo, sono frequenti in fisiopatologia: la sospensione di idratazione e alimentazione è una misura classificata come compassionevole che ha i meccanismi di una malattia e mima una malattia.

Questa scala, che può essere rifinita o rivista, mostra come un intero asse di valutazione sia stato ignorato, oltre alle altre variabili già dette. Un altro compito dei vari esperti e delle varie istituzioni sarebbe dovuto essere quello di identificare e sbrogliare le combinazioni lecite e illecite di questa scala nelle varie circostanze. Si sarebbe dovuto inoltre tenere presente la possibilità offerta da questa scala, per le sue caratteristiche di spirale doppia, di essere risalita confondendo le varie situazioni e scambiando la causa con l’effetto. Tale “escalation retrograda” può spiegare l’insistenza, un poco sospetta, su questa particolare misura: consente di poter adottare con bassi rischi legali e d’immagine forme pilotate di decesso.

Un’insistenza che ha trovato la contrarietà di un tecnico ben accreditato, il prof. Ranieri, direttore della Rianimazione alle Molinette. Questo rianimatore, non credente, sostenitore della “desistenza terapeutica”, ha affermato che lui sarebbe stato d’accordo a non praticare ad Eluana trasfusioni in caso di emorragia, e non somministrarle antibiotici in caso di polmonite; ma che “non avrebbe dormito la notte” se le avesse tolto alimentazione e liquidi (“Non le toglierei mai l’alimentazione” la Stampa, 21 gen 2009). Sarebbe interessante approfondire le sue posizioni. Invece con Eluana si è battuto molto sulla sospensione di cibo e acqua, nella forma “b2+c”; su soggetto giovane, con decorso della malattia di base particolarmente lento e quindi doloroso per i familiari.

Per valutare gli effetti di questa liberatoria, anzi questo trasferimento a terzi della podestà sul proprio corpo, che corrisponde alla richiesta di sospendere cibo e idratazione a giudizio dei medici, si dovrebbero considerare altri scenari. Un caso diverso, e molto più comune di quello di Welby o Eluana è lo “c” puro: la sospensione dell’alimentazione e idratazione nello stato irreversibile e conclamato di agonia per una comune malattia dell’età anziana, una misura palliativa per il morente che è lecita e non è una novità. Ma col testamento biologico potrebbe dare luogo ad abusi, incoraggiando il “portarsi avanti col lavoro” cioè anticipando la morte con l’anticipare la misura palliativa, se conviene; divenendo così un “b2+c” o un “b1+c”. Un altro scenario, che diverrà tristemente comune, tanto da assumere dimensioni generazionali, è quello che sotto mentite spoglie percorre l’intera serie, “a2+b+c”: quello dell’anziano, in una casa di riposo, la cui demenza senile, e quindi la non autosufficienza, si aggravano. Qui il testamento biologico può essere la firma della propria condanna.

All’anziano che sta andando verso le forme più avanzate della demenza senile, che non sa più vestirsi, non parla e non comprende, è incontinente, va controllato perché assume comportamenti pericolosi, bisognerebbe aumentare l’assistenza infermieristica, con una riduzione dei profitti per la casa di cura, e con l’effetto clinico di doverla aumentare ulteriormente in futuro. Invece di aumentare l’assistenza, se non ci sono motivi per essere prudenti, come una supervisione assidua e competente di parenti reattivi e forti, l’amministratore, che vuole conservare il suo posto e anzi fare carriera, può lasciare invariata l’assistenza infermieristica, o meglio ancora ridurla un po’, e lasciare così che insorgano complicazioni, stato di denutrizione, scompensi metabolici, piaghe da decubito, infezioni. In questo modo si metterà lentamente in moto una spirale patogenetica, che va verso il decesso, e le condizioni del paziente peggioreranno. Invece di fermare la spirale, la si fa progredire. Poco dopo che le condizioni sono rappresentabili come sufficientemente gravi da non dover temere accuse penali, si considera il paziente morente, e si aggiunge la spirale della sospensione della alimentazione e idratazione: avendo in cartella il modulo “testamento biologico” firmato lo si lascia morire di fame e sete, con un decorso che richiede in genere dai 3 ai 15 giorni. Giorni nei quali la persona muore di sete e di fame letteralmente. Si dice che il paziente comunque in questo stato non soffra; io ho visto che, soprattutto se trascurato, e negli ospedali vengono trascurati anche quelli che hanno voce ed escono vivi, può invece andare incontro a una morte lenta e terribile. Alla porta della casa di riposo fanno la fila altri anziani, meno gravi e quindi più redditizi. Avanti il prossimo.

“Ho saputo che hai seppellito tua moglie” “Per forza. Era morta”. Questa battuta viene riportata come esempio di humor inglese, e in effetti non è che faccia scompisciare. Serve però a ricordare che certi atti sono leciti solo sotto determinate condizioni. Non varrebbe la pena discutere di questi rischi di omicidio nascosto che il testamento biologico, e gli interessi economici che lo stanno promuovendo, comportano? Ma la gente davvero crede che ci sia tutta questa ansia di farli vivere ad ogni costo? Lo sa cosa sta firmando, firmando quei moduletti  del testamento biologico?

Dopo l’aborto, dopo gli espianti di organi, non pensano bioeticisti, giuristi, legislatori, opinione pubblica, che vi sia una terza situazione che impone di definire legalmente e in termini precisi lo stato vitale, in questo caso quand’è che si entra nella fase terminale, entro la quale possono essere prese misure che altrimenti configurano gravi reati? Se le cose devono andare così, se la vita non gode di particolari privilegi, se è tutta una questione di soldi; ma anche se, indipendentemente dal motivo economico, la soluzione praticabile fosse solo questa, non sarebbe doveroso ammetterlo apertamente e fare in modo che il decesso pilotato sia chiamato col suo nome e sia un affare il meno sporco possibile? E, davanti allo spettro dell’eutanasia di routine, non si dovrebbe tornare indietro, fino a esaminare anche l’altro capo del problema, la medicalizzazione esasperata, l’imbocco del percorso che porta a queste situazioni? Che la morte è un evento naturale e da accettare ci viene ricordato solo quando, seguendo il corso voluto dagli interessi commerciali, non è più utile all’industria medica illuderci sulle fantastiche capacità della medicina di darci la vita eterna.

Nessun uomo è un’isola, e la morte dell’individuo non è un problema esclusivamente privato come affermano i sostenitori del testamento biologico, ma di fatto attira l’attenzione degli altri. Ed è giusto che sia così, e che quindi la modalità della morte dell’individuo rimanga entro forme accettabili per la società. Sono proprio i sostenitori del testamento biologico a dimostrare questa valenza sociale della morte, propugnando un sistema di controllo del fine vita tutto sommato ipocrita, un lavarsene le mani che salva le apparenze ma che nel caso concreto può divenire una barbarie mascherata, alla quale può essere preferibile l’eutanasia. Forse l’eutanasia di massa sarà introdotta in uno stadio successivo; e a quel punto sarà effettivamente un miglioramento, relativo.

Come ho già scritto in precedenza, non ho soluzioni certe; ma penso che per avere le migliori soluzioni possibili il primo passo, la prima laicità vera, sia di guardare in faccia la realtà e definire il problema nei suoi termini reali, rifiutando le sirene del relativismo epistemico. Considerando quindi non solo in astratto i pazienti, i medici e la Chiesa, ma anche gli interessi economici e politici “laici”, le condizioni cliniche e psicologiche specifiche del malato, l’epidemiologia dei decessi e le relative caratteristiche delle varie tipologie, l’informazione, o la disinformazione, date al pubblico. Considerando non solo il “chi decide” ma anche il “cui prodest” e quindi il “chi decide, in realtà”.

Anche il clero ha adottato il relativismo epistemico: i preti questa semplice circostanza del secundum quid, che conoscono fin troppo bene, e che costituirebbe un argomento forte per le tesi che dicono di sostenere, non l’hanno presentata ma l’hanno lasciata nell’ombra; e invece hanno retto il gioco agitando regole da incubo sull’obbligatorietà del sondino nasogastrico e degli altri tubi delle vie non orali, sul “proibito morire”, sulla vegetazione a oltranza; in modo da terrorizzare e spingere nelle braccia del partito del testamento biologico. Come se non fossero anche loro avveduti manager dell’industria della sanità, che nelle loro tante strutture non buttano i soldi dalla finestra ma fanno quadrare i bilanci e sorridere gli investitori.

La discussione sul testamento biologico è anche un rito col quale viene confermata l’immagine che preferiamo della morte, questa realtà inaccettabile. E il testamento biologico, una nuova resa al mercato, è stato presentato come un atto dove sensibilità e intelletto uniscono le forze contro la morte, per la dignità umana: non le permettiamo di torturarci, siamo noi che decidiamo. In realtà, si è affondata la testa sotto la sabbia, si sono applicati all’etica e al razionale le colorate categorie del culturale. I fatti sono stati messi da parte. Esiste da decenni un filone di estetizzazione della malattia, che tende ad avvicinarla ad una merce, ad un prodotto che può essere venduto al meglio impaccandolo e presentandolo opportunamente. Coi casi Welby ed Englaro nell’immaginario collettivo la morte è stata ipostatizzata, in una forma terribile ma definita, e quindi contrastabile. Si riafferma l’immagine della morte come si deve, col ghigno e la falce fienaia, la morte-persona contro la quale si può fare qualcosa. Si esce dalla vita in maniera romantica, andando in coma dopo una gran zuccata, o ghermiti da una carogna come una delle malattie neurologiche degenerative che colpiscono i giovani; e dicendo: “basta”. Ci sarebbero voluti dei biostatistici onesti per spiegare che nella maggior parte dei casi si muore secondo modalità meno letterarie; oppure dei poeti, come Eliot, a dire che quando il mondo finisce, spesso finisce “Not with a bang but a whimper”.

Il relativismo epistemico

31 May 2009

Blog “Uguale per tutti”

Commento al post “Il relativismo etico fa ‘spudorata’ la politica” del 31 mag 09

Comunicato con link


Lo scandalismo sessuale dei politici educa il pubblico al relativismo etico, e ancora di più alla dabbenaggine, per gli elettori che standolo a sentire accettano di cedere il voto, che può determinare il destino della loro famiglia, in cambio dell’equivalente di un giornaletto da barbiere. Berlusconi è sospettato di avere avuto a che fare con le stragi che segnarono l’inizio della seconda Repubblica; davanti a ciò, e a tante altre accuse, le storielle di veline mi sembrano un “anticlimax”, per non usare altre espressioni. Meno male che non ho figlie, che sentirebbero queste lezioni sull’andare avanti nella vita “per vaginam”; mi consola anche il non aver contribuito a eleggere questa classe politica.

Anch’io credo che il relativismo etico sia dannoso; antropologicamente, politicamente e anche sul piano esistenziale personale. Non credo però che il clero sia davvero contrario al relativismo. Scarpinato parla di un relativismo etico occulto della Chiesa, per il quale “Dio parla per bocca di preti che frequentano senza problemi i salotti della borghesia corrotta e di quella mafiosa o le stanze del potere dei dittatori, e che riducono Dio a guardiano dei comportamenti da tenersi in camera da letto”. Il vescovo Coletti (CEI), praticando quanto meno il relativismo culturale, ha affermato che “anche l’occhio vuole la sua parte”, pur condannando la bellezza come unico o decisivo criterio per la scelta di candidati. Credo che se interrogata una velina darebbe una risposta simile. Chi tiene conto della bellezza nella scelta dei legislatori non è che pecchi di relativismo; si è bevuto il cervello. In Parlamento sarebbe bellissimo avere qualche donna come Rosa Luxemburg, ricordata per il coraggio, l’intelligenza e il carattere (che la rendevano affascinante nonostante fosse malaticcia, scrisse Trotsky); e per una definizione di libertà, che è la migliore che conosco:

“La libertà solo per i seguaci del governo, solo per i membri di un partito – per numerosi che possano essere – non è libertà. La libertà è sempre unicamente la libertà di chi la pensa diversamente. Non per fanatismo di “giustizia”, ma perché tutto ciò che di educativo, salutare e purificatore deriva dalla libertà politica, dipende da questa condizione, e perde ogni efficacia quando “libertà” si fa privilegio.”

La definizione è riportata da alcuni come “La libertà è la libertà dell’altro”. Mozzafiato. Diamo alla mente quello che è della mente, e al sesso quello che è del sesso.

Mi sembra inoltre che il clero aggiri la condanna del relativismo praticando un relativismo epistemico occulto, per il quale si rappresenta e a volte si altera materialmente la realtà in modo che l’applicazione di principi etici fissi esiti in conclusioni preordinate. E’ come avere giudici rigorosissimi che però valutano le risultanze di inchieste condotte da inquirenti criminali; che manipolano l’inchiesta e la stessa realtà. Le riforme che depotenziano gli strumenti di accertamento dei reati e mettono le indagini in mani sicure appaiono ispirate dal relativismo epistemico, che è più adatto alle istituzioni, consentendo loro di salvare l’immagine di depositarie di valori stabili e di imparzialità.

In questi giorni è uscito un libro, “Una mano lava l’altra”; mi correggo, “Siamo tutti sulla stessa barca”, di Martini e Verzè. Il primo è un autorevole esponente del cattolicesimo progressista. Il secondo ha un lungo curriculum etico, che comprende la presentazione di Pio Pompa al Sismi (Lui e Cristo). Fare finta di ignorare la rete di interessi della quale don Verzè è parte non secondaria è uno spudorato relativismo epistemico. Di recente ho sentito, ad una presentazione del libro di Stefania Limiti “L’anello della Repubblica”, che il servizio allestito da Pompa potrebbe essere la prosecuzione delle attività dell’Anello, che ebbe un ruolo primario nei “Misteri d’Italia” degli scorsi decenni. Entrambe le strutture si sono occupate di disinformare, calunniare, distruggere. L’Anello viene fuori solo oggi. Ci vorrà molto tempo, forse altrettanti decenni, prima che affiori il ruolo di servizi come quello di Pompa negli affari della biomedicina come quelli di Verzè. Ma già adesso ci si dovrebbe interrogare su quest’altra designazione “caligolare”, dove un personaggio come don Verzè impartisce lezioni di etica, a due voci con l’arcivescovo emerito di Milano, esponente del cattolicesimo illuminato. Abbiamo un maestro di morale, don Verzè, che è il padrino di un professionista della falsificazione della realtà, e dell’adeguamento della realtà al falso mediante la violenza. Un’accoppiata che rappresenta icasticamente il relativismo epistemico.

Sos cancro nei bambini e sovradiagnosi

17 December 2008

Forum marcotravaglio.it

Post del 17 dic 2008

sito chiuso

 

La copertina del numero del 18 dicembre 2008 dell’Espresso mostra un’immagine che i media ci hanno reso familiare: un bambino in pigiama, con accanto una flebo e la pompa a infusione. Titolo: “Diossina e tumori. SOS BAMBINI. Rapporto choc sui piccoli colpiti dal cancro: in Italia sono il doppio rispetto al resto d’Europa. Dalle Marche all’Emilia, dalla Sardegna alla Campania. Inquinamento e alimentazione le cause”. Il servizio, di otto pagine, è a firma di Emiliano Fittipaldi, con un intervento del più famoso e influente oncologo italiano, Veronesi. Il sottotitolo spiega che “Crescono del 2% all’anno le neoplasie infantili in Italia. Con picchi spaventosi in prossimità di aree industriali o inquinate. Colpa di smog e pesticidi. E della contaminazione della catena alimentare”. Come è prassi in questi casi, il testo è difforme dai titoli perentori: nell’articolo gli specialisti affettano cautela prima di concedere che la causa dell’incremento di tumori pediatrici sia l’inquinamento. Come di norma, la procedura è invertita: prima la comunicazione al pubblico delle conclusioni; dopo verranno prodotti i dati scientifici e le dimostrazioni che supportano le conclusioni. Per me, che ho visto dall’interno come funzionano queste cose, è stato come sentire annunciare al telegiornale che la mafia è colpevole anche dei delitti del mostro di Firenze.

Il 13 dicembre ho tentato inutilmente di postare sul sito dell’Espresso il seguente commento all’articolo online:

“L’inquinamento è un’importante causa di cancro, senza dubbio da considerare nelle indagini su questa accelerazione esponenziale dell’andamento delle diagnosi di tumore pediatrico. Esistono evidenti elementi sul piano biologico, ed elementi giganteschi sul piano socioeconomico, che impongono di considerare anche un’altra causa generale, descritta in letteratura ma impresentabile al pubblico: la sovradiagnosi, cioè il diagnosticare e trattare come cancro neoformazioni che assomigliano al cancro ma non sono cancro. Gli epidemiologi stanno impostando una ricerca deviata, addossando tutto all’inquinamento e omettendo una pista d’indagine ragionevole ed anzi cogente, la sovradiagnosi. I giornalisti che inculcano nel pubblico l’idea che le cause dell’incremento sono esclusivamente esterne alla medicina creano un circolo vizioso alimentato da un gradiente di paura che spinge sempre più genitori e bambini verso esami diagnostici oncologici, e così verso la sovradiagnosi.”

La finestra di inserimento del commento dice che i caratteri disponibili sono 23, ma premendo “Invia”, dopo “trasferimento in corso, attendere…” appare : “ATTENZIONE, spiacente, hai superato il limite dei 1000 caratteri. Torna indietro”. Ho mandato un’email a Fittipaldi, pregandolo di fare in modo che il commento venga postato.

La foto del bambino (che in genere è cereo, senza capelli e malconcio, non roseo biondo sereno e sorridente come nella copertina) nel reparto oncologico la conosciamo tutti. E’ una delle icone del nostro tempo. Eppure molti secoli fa, nel 1977, alcuni tra i maggiori esperti al mondo scrivevano “Anche il più zelante dei pediatri vedrà pochi casi di tumori infantili in tutta la sua vita professionale” (La Clinica pediatrica del Nord America, vol. 9, n. 2. Piccin, 1977. Simposio sulla oncologia pediatrica. Pag. 155). In quell’era remota i tumori pediatrici erano un argomento esoterico, del quale si occupavano i subspecialisti. Oggi invece sono un tema giornalistico ricorrente. Un tema trattato anche dalla cronaca rosa, che le massaie hanno sulla punta delle dita, informate e aggiornate da Michele Cocuzza e dai suoi colleghi. Se ne parla tanto, e ne possono parlare anche cani e porci. Purché ne parlino in un certo modo. La cancerogenesi è prevalentemente chimica, e c’è un interesse dell’industria a coprire gli effetti cancerogeni dell’inquinamento e delle manipolazioni degli alimenti. Nel discorso sul cancro, i pesticidi appaiono essere trascurati rispetto al loro reale peso. I tragici effetti dell’usare l’atmosfera come un’invisibile discarica dobbiamo ancora apprezzarli appieno. Il controllo dell’inquinamento è molto sottovalutato come elemento chiave del controllo del cancro. Allo stesso tempo, paradossalmente, il pensiero unico impone che la causa del crescente incremento di incidenza dei tumori sia da attribuire a inquinamento e alimentazione e solo a questi fattori. Lo impone per evitare che vengano alla luce fattori ancora meno presentabili. Così abbiamo un Veronesi che minimizza, o nega del tutto, i pericoli quando si parla dell’inquinamento da inceneritori, e degli altri fattori cancerogeni derivanti dagli interessi dell’industria e della finanza; ma che si spende contro l’inquinamento quando bisogna chiedersi perché l’incidenza delle diagnosi di cancro continua ad aumentare. I progressisti italiani, ai quali l’Espresso si rivolge, corrono in soccorso nel combattere il sistema ripetendo a pappagallo gli argomenti forniti dal sistema stesso.

Conosco un medico, un certo Pansera (non il medico mafioso calabrese genero del “Tiradritto”, al quale telefonava Fortugno, e neppure il lombardo rubagalline che manipolava grossolanamente le cure alla S. Rita; un altro) che ha scritto, sotto forma di lettera all’Ordine dei giornalisti, un commento contro le manipolazioni mediatiche su temi riguardanti la salute pubblica: “Il leveraged buyout della fede pubblica nelle notizie mediatiche di successi scientifici e tecnici. Il caso del premio all’inceneritore dell’ASM di Brescia”. Ha dato la lettera anche a degli ambientalisti, e poco dopo gli ha telefonato la Casaleggio, proponendogli di pubblicarla sul blog di Grillo, offerta che ha accettato (Premio fai da te degli inceneritori. Blog di Beppe Grillo. 8 novembre 2006). “Medicina democratica”, la rivista storica della medicina “di sinistra”, invece non glielo ha chiesto, e neppure lo ha avvertito: ha pubblicato la lettera ad insaputa dell’autore, con titolo e sottotitoli arbitrari, facendone un articolo della rivista (Brescia: emblematica denuncia su un conflitto di interessi più grande dell’inceneritore ASM, di F. Pansera. Medicina democratica, n. 168-172. Agosto 2007). L’autore ha scoperto per caso di avere pubblicato un intervento sulla rivista che fu di Maccacaro: un onore, ma troppa grazia. Beato lui, che non deve neppure chiedere. Se invece un medico volesse dire che per spiegare l’elevata incidenza di tumori in zone come Brescia, dove gli ospedali hanno sostituito i capannoni, oltre che all’inquinamento bisogna guardare alle sovradiagnosi e al conseguente sovratrattamento; e che all’inquinamento non andrebbero imputati, oltre alle sue immense colpe reali, anche delitti che non ha commesso, allora invece di un tappeto rosso troverebbe davanti un muro di silenzio e ostilità.

Gridano “Sos” ma non credo che cerchino veramente aiuto per risolvere il problema. Una conseguenza notevole delle sovradiagnosi è che fa sembrare che si ottengano successi terapeutici. Curare i sani è molto più facile, appagante e redditizio che curare i malati. Lo spiego con una favola che non è per i bambini. Poniamo che nel paese di Acchiappacitrulli, o, se si ritiene il nome politicamente scorretto, a Springfield, da sempre ci sia un caso all’anno di tumore cerebrale, invariabilmente mortale. Un giorno un medico fa una scoperta, accidentalmente, come spesso avviene nella storia della scienza. Un sintomo del tumore cerebrale è la cefalea, che è anche un disturbo molto comune. Allo studio di questo medico si presenta lamentando cefalea un tipo particolarmente querulo, che in testa di anomalo ha solo la forfora, sul piano organico. Il medico è stanco e scorbellato. Dalla finestra aperta entra una zaffata di un fumo dolciastro, proveniente dal rave party che si tiene nel vicino centro sociale. Il medico sovradiagnostica la forfora come tumore cerebrale. Questo particolare paziente, che in realtà ha solo la forfora, ma essendo stato etichettato come malato di cancro al cervello come tale viene trattato, appare rispondere alle cure oncologiche alle quali il medico lo sottopone: sta male (a causa delle terapie), ma non muore dopo pochi mesi, a differenza di tutti gli altri casi precedenti. Alla fine viene dichiarato guarito dal cancro. Essendo stati diagnosticati e trattati in quell’anno non uno ma due tumori cerebrali, gli statistici, che come ha scritto Renzo Tomatis “in genere sono più svegli dei colleghi biologi”, segnalano che l’incidenza di tumori cerebrali è aumentata, ma si è riusciti a ottenere guarigioni del cancro al cervello in quella coorte di due persone, dimezzando i casi infausti e portando la sopravvivenza da 0 al 50%. Dopo alcuni anni di duro lavoro di sviluppo di quel primo pionieristico risultato, i medici del paese sono arrivati a diagnosticare dieci tumori cerebrali all’anno: nove sovradiagnosi su soggetti con la forfora più l’unico caso di autentico tumore cerebrale. Risulta che l’incidenza dei tumori cerebrali è molto cresciuta, ma la medicina ha fatto passi da gigante, arrivando a salvare il 90% dei malati. La mortalità per tumore cerebrale resta invariata: 1 sul totale della popolazione all’anno. Qualche anno avviene che la mortalità aumenti, perché le terapie, es. un intervento neurochirurgo o la chemioterapia, comportano un rischio anche per chi ha solo la forfora (nel frattempo ribattezzata “dermatite seborroica atipica” (DSA), e ulteriormente distinta secondo una scala di sette livelli di displasia, a rischio crescente di trasformazione tumorale). Col sistema dei nove forforosi i medici ora hanno, invece di un solo paziente all’anno con quella patologia, dieci pazienti; e presto molti di più, perché, grazie alla responsabile discesa in campo delle case farmaceutiche, propiziata dalla mediazione di politici e sindacalisti animati da passione civile, con la benedizione della Chiesa e la fattiva partecipazione di onlus, volontariato e tante realtà della società civile, sta per partire un programma di screening che riguarderà tutta la popolazione a rischio. I medici non devono più scervellarsi su come curare quell’unico caso annuale, per poi essere guardati con sfiducia dati i costanti insuccessi. Al contrario, ricevono soldi a palate e ossequio dalla gente, che affolla le sale d’aspetto dei loro studi, spaventata dall’epidemia di tumori cerebrali e riconoscente verso quei medici che riescono a guarire ben nove casi su dieci. O otto casi su dieci.

Nella realtà le cose ovviamente non avvengono così. Ma non vanno neppure come in un esperimento condotto da Enrico Fermi. Consideriamo ad esempio i linfomi. Capisco che a leggerlo non ci si crede, ma, come per altri cancri, non ci sono studi (basati su una correlazione tra istologia o altri esami e prognosi) che definiscano in maniera scientifica ed esaustiva benigno e maligno: cosa è linfoma e cosa non lo è. Si distingue bene, su basi empiriche, tra i quadri che sono agli estremi opposti, ma la distinzione nella zona grigia è lasciata a convenzioni, basate sulla morfologia o su esami indiretti di laboratorio che sono tanto sofisticati quanto non sufficientemente validati, o per nulla validati. Questa incertezza di fondo è stata incastellata entro una bizantina classificazione dei vari sottotipi. Sarebbe invece indispensabile avere criteri fedeli al vero, solidi e chiari, perché il tessuto linfoide, che è deputato alla risposta immunitaria, ha una notevole capacità fisiologica di proliferazione, anche clonale, che può mimare il cancro. Una capacità particolarmente spiccata nell’infanzia, quando viene a contatto con nuovi stimoli antigenici. Nell’infanzia il tessuto linfoide è il tessuto col tasso di crescita più rapido, dopo di che subisce un’involuzione. E’ noto almeno dalla fine degli anni Cinquanta che alcuni stimoli, come la somministrazione di certi farmaci, possono provocare proliferazioni pseudolinfomatose. Risale ad almeno 40 anni fa la nozione che è sufficiente la reazione ad uno stimolo antigenico, come una vaccinazione, a simulare un linfoma (Hartsock R.J. Postvaccinal lymphadenitis: hyperplasia of lymphoid tissues that simulates malignant lymphoma. Cancer, 1968. 21: 632-649). I nuovi sofisticati test molecolari indiretti più che superare tali trabocchetti permettono di meglio cadervi dentro, instillando una sicurezza infondata, facendo credere a chi vuole crederci che i falsi positivi sono un problema ormai superato, da non prendere neppure in considerazione nelle indagini sulle cause dell’incremento annuo dei linfomi nell’età da 0 a 14 anni: un allarmante +4,6%, contro il +0,9% europeo. Un ingrossamento linfonodale è un’evenienza comune, che non sempre è legata ad una causa evidente come una carie dentaria. Se, sulla spinta degli Sos mediatici, aumenta il numero dei bambini con ingrossamento linfonodale che vengono riferiti a centri specialistici e sottoposti a biopsia per escludere un linfoma; e se, basandosi sui “rigorosi” ma in realtà traballanti criteri ufficiali, si diagnosticano come linfoma alcune particolari proliferazioni reattive, non neoplastiche, dei linfonodi dei bambini, allora la frequenza di linfomi nei bambini balzerà in alto, e le stime sulla percentuale di bambini con linfoma vivi dopo 5 anni sembreranno migliorate. Come ha scritto Tomatis, gli statistici sono sì molto intelligenti, ma “stringono al laccio di una formula, e strozzano, dati sperimentali o epidemiologici che andrebbero considerati in un contesto biologico del quale hanno scarsa conoscenza”. Si confermerà che è in corso una specie di epidemia, ma c’è salvezza nelle cure, e si sarà così instaurato un circolo vizioso. Se sono sufficientemente gonfiate con le sovradiagnosi, le percentuali di sopravvivenza possono falsamente apparire migliorate perfino se il numero di bambini deceduti per linfoma autentico – o per le pesanti terapie oncologiche – in realtà aumentasse. Non è difficile che si inneschi un circuito del genere; anche perché l’errore sistematicamente orientato alla sovradiagnosi comporta vantaggi. Pane, lavoro e gloria per i medici e ricercatori; maggior volume d’affari per il business medico, del quale fanno parte anche media e giornalisti.

Gli sbandierati successi sul cancro, “ci si ammala di più ma si muore di meno”, sono legati a questo equivoco. Le sovradiagnosi provocano miglioramenti spuri della sopravvivenza, che è data dalla frazione delle persone vive tra quelle che sono state trattate. Ma non migliorano la mortalità, e possono peggiorarla. La mortalità è data dalla frazione di persone che muoiono di un determinato tumore rispetto alla popolazione generale. Si crede intuitivamente che al variare di uno dei due indici l’altro vari necessariamente in senso opposto, ma non è così. Sopravvivenza e mortalità non sono misure complementari: può accadere che l’intervento medico, e in particolare la sovradiagnosi, migliori (fittiziamente) la sopravvivenza e peggiori (realmente) la mortalità, cioè faccia elevare entrambi gli indici (Reich J.M. Improved survival and higher mortality. The conundrum of lung cancer screening. Chest, 2002. 122:329-337. Reperibile su internet). L’articolo mostra che sovradiagnosi possono avvenire anche per entità diagnostiche dai contorni più definiti dei linfomi, quali i carcinomi polmonari. Delle due grandezze quella più valida come indice dell’efficacia delle cure è la mortalità. (Di recente, anni dopo che un importante epidemiologo aveva osservato come la mancata riduzione della mortalità sbugiardasse i proclami di progresso contro il cancro, sono stati riportati modesti cali relativi di mortalità, alcuni autentici, come quelli attribuiti alla riduzione del fumo di sigaretta, altri discutibili e criticati; nel 2002 il National Cancer Institute ha abbandonato le promesse di un futuro senza cancro, predicendo per il 2050 un raddoppio dell’incidenza). I successi terapeutici di cui parlano i giornalisti, e gli scienziati che i giornalisti intervistano, si riferiscono il più delle volte alla sopravvivenza, anche se la chiamano “mortalità”. La sopravvivenza più diagnosi si taroccano più migliora. Diversi tipi di tumore si prestano, dato il contesto biologico, a questo gioco. Il pubblico non si stanca mai di sentirsi ripetere la stessa favoletta dei successi terapeutici, che comporta un aumento dei valori dell’incidenza. Purtroppo non c’è un Travaglio del giornalismo medico che sappia e voglia fare chiarezza (o se c’è l’hanno già sistemato), mentre ci sono tanti giornalisti medici che mangiano amplificando l’equivoco, agitando paure e speranze che vanno molto oltre le giuste paure e le giuste speranze, rastrellando così bambini e adulti verso la tramoggia dell’industria oncologica.

Epidemiologia, pagina 1: “association is not causation”. I picchi di incidenza di cancro associati alle aree industriali sono anche associati ad aree dove l’oncologia è parte integrante del sistema industriale ed è fattore di crescita economica. La linea della medicina industriale si va estendendo al Sud. Il cancro aumenta nelle aree più moderne del Sud, che adottano la medicina del Nord; e in quelle dove maggiore è l’inquinamento, e quindi maggiore è l’esposizione ad agenti cancerogeni, ma dove è maggiore anche il degrado sociale, e quindi la vulnerabilità a manipolazioni e ad uno sfruttamento economico selvaggio e incontrollato, come la Campania. Al Nord un armonioso e ordinato sviluppo dell’industria del cancro ha creato successo sociale e benessere. La regione con i più bassi tassi di incidenza e mortalità per tumore standardizzati per età finora è stata la Calabria, la solita ultima della classe, mentre le province del Nord verso le quali si indirizzano i “viaggi della speranza” dei meridionali malati di cancro brillano come il fanalino di coda nelle statistiche sul cancro. In un articolo del 1974 sul Lancet, Ivan Illich osservava che le regioni povere sono a volte risparmiate dagli effetti più sinistri della medicina iatrogena. E’ probabile che con l’arrivo della civilizzazione tra pochi anni il Sud potrà vantare statistiche sul cancro simili a quelle del Nord, e forse anche peggiori. Conseguenza del maggior inquinamento e degli alimenti industriali, ma anche della iatrogenicità della tanto invocata medicina “d’eccellenza”.

Con l’attuale incremento annuo medio ufficiale del 2%, (è verosimile che la situazione reale sia ancora peggiore) i tumori pediatrici potrebbero raddoppiare in 35 anni. Ma il fenomeno è generalizzato: le statistiche ISTAT riportano che in Italia l’incidenza del carcinoma della prostata, un cancro dell’anziano, è quasi raddoppiata in appena cinque anni, con un incredibile +94% tra il 1998 e il 2002. (a riguardo vedi: Tombesi M. Il PSA avanza ma il tumore non recede. Occhio clinico Aprile 2007. Reperibile su internet). Come se il cancro fosse l’epifania della Grande livellatrice, un’inerzia accomuna le classi sociali, i semplici e gli istruiti, chi è ricco e chi non ha nulla da perdere. Tutti accettano supini, senza fiatare, il pacchetto completo: l’impennata più le spiegazioni allegate dagli stessi soggetti che ne beneficiano. Azzardo l’ipotesi che l’incidenza doppia di tumori pediatrici rispetto al resto d’Europa sia un indice della particolare mancanza di spina dorsale degli italiani, che li rende da un lato cinici esecutori e dall’altro facile preda di queste truffe di alto bordo. Sono pronti a lanciarsi in chitarronate lacrimose sul bambino malato, ma non pensano a proteggere i bambini chiedendosi se non stiano avvenendo, in una forma diffusa, sofisticata, istituzionalizzata e impersonale, manipolazioni truffaldine a scopo di lucro del genere di quelle che tutti hanno visto col caso S. Rita, dove la frode medica ha fatto la sua comparsa presso il grande pubblico, sia pure in una versione rozza e primitiva, che sta alle manipolazioni alle quali mi riferisco come banconote false ottenute con una fotocopiatrice a colori stanno alle banconote false che un istituto di emissione stampi con cliché autentici, duplicando serie e numeri di biglietti che aveva già stampato legalmente (ciò che fece nell’Ottocento la Banca Romana). (Questo sul piano tecnico; sul piano politico, è stato un segnale ai medici che pensano di poter parassitare a piacimento gli oliati meccanismi di precisione della frode medica strutturale, rovinandoli con le loro truffe pedestri, e mettendo così a repentaglio, per racimolare quattro soldi, un business che si misura in miliardi e in centinaia di miliardi; e forse anche un segnale “pro domo sua” di magistrati e polizia affinché i medici escludano dalle truffe le categorie privilegiate, riservandole alla gente comune). Asportare un lobo polmonare per polmonite, al fine di intascare i soldi del rimborso, come è avvenuto alla S. Rita, è un imbroglio da medico di Jacovitti, che taglia la gamba al paziente col saracco del falegname; ma il citato articolo di Reich mostra come sia possibile arricchirsi asportando addirittura lobi polmonari senza reali indicazioni, e provocando quindi incrementi della morbidità e mortalità, basandosi però su motivazioni apparentemente razionali e scientifiche. Dagli organi interni come il polmone si dovrebbe poi passare a esaminare i casi di strutture anatomiche non critiche per la sopravvivenza: a cominciare dalla mammella, il regalo di Dio ai chirurghi, quelle ghiandole sudoripare modificate che sembrano messe sul torace apposta per eseguire interventi chirurgici, e altri lucrosi interventi medici, amputandole o svuotandole a catena di montaggio e con poco rischio. Si potrebbe paragonare, attirandosi i fulmini dell’inclita e del volgo, i fibroadenomi e la mastopatia fibrocistica curate alla S. Rita mediante quadrantectomia e radicalizzazione (che è un po’ come curare una pustola acneica localizzata sul naso mozzando il naso) con le neoplasie in situ della mammella curate nei centri “seri” in seguito agli screening di massa, dove il grottesco si confonde con complessi aspetti biologici, e dove occorrerebbero tanta onestà e discernimento, mentre a regnare sono altri valori.

L’articolo dell’Espresso mostra che su una cosa importante come la salute si superano gli steccati, che già non sono molto alti: c’è un accordo bipartisan per fare girare il tritacarne stampasoldi che è diventata la medicina. Mostra come il ruolo della sinistra sia quello di fare da spalla, da compare, agitando temi pseudoprogressisti, dicendo cose che suonano “di sinistra” ma che in realtà reggono il gioco a quella che dovrebbe essere la controparte. La presente critica dell’articolo mostra che nella società avanzata il dissenso tecnico può fornire ciò che è oggi è carente, una forma attuale di dissenso politico, capace di contrapporsi al blocco di potere destra/sinistra.

La medicina è anche una forma di religione secolare, e oltre alle simpatiche reazioni degli interessi che va a toccare, chi scrive queste cose deve temere la reazione del pubblico. Spesso quelli che si lasciano intortare come babbei dall’attuale scellerata medicina commerciale sbranano chi tenta di aprire loro gli occhi, come alcuni commenti a questo post su questo illuminato forum potrebbero mostrare. Salvo eccezioni, non risponderò ai commenti. Il post è scritto per tutti; un sommesso augurio di serenità per il Nuovo anno; ma è indirizzato alla minoranza di lettori che sono in grado di valutare questa pulce nell’orecchio, in base al buon senso e alla conoscenza del mondo se non su base tecnica. Spero che ne tengano conto, e che aiutino chi è esposto senza difese a questi raggiri. Gli altri, forse è bene che continuino a portare senza remore i loro figli, e sé stessi, alla medicina che è sostenuta e protetta dal gruppo editoriale Repubblica-l’Espresso, dagli illustri luminari che vi scrivono, dalle forze produttive, e dalle benemerite istituzioni dello Stato.
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La prima liberta’ e’ la liberta’ dalla bugia

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23 maggio 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. D’Ospina “Terra dei fuochi: incontro con Don Maurizio Patriciello. La speranza che non si arrende mai”

“Incontrare don Maurizio Patriciello è un dono” secondo Elisa D’Ospina, che si presenta come “scrittrice”. Io ritengo che per molti bambini, per molti genitori, don Maurizio Patriciello sia una disgrazia, dati i messaggi che diffonde, parziali e ingannevoli, che favoriscono le speculazioni più basse sulla sofferenza e sulla paura, complice l’aura di santità diffusa intorno a lui dai vari turiferari. Vedi: Sos cancro dei bambini e sovradiagnosi. Ilva, dal cancro nascosto al cancro inventato. Reperibili su internet.

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@ Ilenia. Un tempo si faceva il galoppino ai democristiani, oggi direttamente ai preti. Reperibili su internet ci sono studi scientifici che mostrano milioni di casi di sovradiagnosi di cancro, dovute a fome di propaganda della malattia. E’ di queste ore la notizia che nel PIL verranno incluse anche attività illegali come traffico di droga e prostituzione. I benefici all’economia da diagnosi fraudolente di cancro, favorite dagli allarmi a senso unico ai quali lei inneggia, vi entreranno a pieno titolo.

Io segnalo a chi non si beve a occhi chiusi i raccontini delle spiegazioni ufficiali, a chi dubita che il potere che ha tollerato la camorra sia rinsavito, questo altro pericolo, che si facciano soldi sulla paura e a danno della salute dopo che si sono fatti soldi inquinando il territorio. Chi ritiene di non aver tempo da perdere ad ascoltare altre voci, ragionare e riflettere, si accomodi, segua il piffero dei don Patriciello e vada a fare la fila alla porta dei reparti di oncologia.

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1 agosto 2014

Blog de Il Fatto

Commento al post ” Taranto, morto a 5 anni Lorenzo: bimbo simbolo della lotta all’inquinamento Ilva”

I media fanno sì che gli spettatori piangano in gruppo un bambino; ciò è toccante. Ma questi riti mediatici intorno all’ara sulla quale giace un bambino hanno anche un lato inquietante. Si fa in modo che piangendolo in gruppo il pubblico pensi anche in gruppo; e che idee sbagliate e pericolose possano ammantarsi della sacralità della morte di un innocente. Questo, in un mondo falso, che non rispetta neppure i bambini, porterà altri bambini, altri giovani, altri adulti, a patire sofferenze che si tradurranno in profitti; passando, nel caso dell’Ilva, da un’industria che provoca sofferenze come effetto collaterale ad un’industria della sofferenza; un’industria che fa della malattia, della paura, del dolore, la sua materia prima. Vedi: Sos cancro nei bambini e sovradiagnosi. E: Ilva, dal cancro nascosto al cancro inventato.

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28 novembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di M. Martucci “Elettrosmog: a Roma per parlare di bambini a rischio e mamme per la verità”

Dunque la leucemia linfoblastica acuta e altre neoplasie dei bambini sarebbero almeno in parte da attribuire all’elettrosmog, secondo un convegno intitolato “Sensibilità chimica multipla ed elettrosensibilità” tenuto il 23 novembre 2015 nella sala della Protomoteca in Campidoglio. Sulla diffusione di questi allarmi, che possono facilitare la sovradiagnosi di tumori nei bambini, garantisce il commissario prefettizio, Paolo Tronca. Personalmente il tenore della “informazione” sulla salute dei bambini emessa dal Campidoglio mi sembra ancora meno serio e meno decoroso dei centurioni per turisti che Tronca ha fatto sgombrare; l’avallo di simili messaggi da parte del consiglio comunale di Roma ancora più sinistro degli affari de “er cecato” con l’amministrazione del Comune.

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29 dicembre 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. gentilini “Smog e rischi per la salute: nemmeno rispettando i limiti saremmo al sicuro”

Gli allarmi sui cancerogeni seguono un andamento politico. Fino a metà degli anni 70 si ammetteva che la grande maggioranza dei cancri (80-90%) fosse dovuta all’esposizione ad agenti chimici. Le pressioni dell’industria hanno fatto in modo di nascondere questo dato macroscopico. Ora si torna a parlarne, additando l’inquinamento dell’aria e del suolo; ma non i cancerogeni nei prodotti di consumo. Il cancro è nell’aria che respiriamo. Il liberismo ha trionfato, e può convenire quest’ammissione parziale e insieme esagerata e allarmista, che induce paura. Il clima di paura aiuta il business medico; anche spingendo a esami mirati, e a interpretazioni di reperti incidentali, che tendono a sovradiagnosticare come cancro anche alterazioni che non si comportano come cancro. In particolare, mentre non ci sono elementi solidi per sostenere che l’inquinamento atmosferico sia la causa dell’incremento di diagnosi di cancro nei bambini, la paura spingerà a controlli che possono causare sovradiagnosi. Es. si è visto come il ricercare sistematicamente il neuroblastoma nei bambini abbia portato fino a 4 falsi positivi per ogni vero positivo. Si dà l’allarme solo su Scilla, l’inquinamento, mentre si tace su Cariddi, le sovradiagnosi, verso le quali così si spinge. Le varie fonti di cancerogeni chimici uccideranno molti di noi nel lungo periodo; per i bambini e gli adolescenti, il pericolo più insidioso è il crescente interesse verso di loro da parte dell’industria del cancro.

@ fv111. Non si tratta di immaginare. Le sovradiagnosi non sono “esami in più”. Sono diagnosi falsamente positive. Sulla spinta di interessi economici e del marketing, inclusi gli allarmi mediatici, sono divenute un fenomeno routinario, di larga scala, non un’eventualità improbabile. Non sono riducibili a errori di laboratorio. Gli standard diagnostici sono congegnati in maniera tale che il patologo non sia in grado di discernere con certezza, mentre pressioni sociali lo inducono a seguire pratiche che generano sovradiagnosi*. Alcuni screening diagnostici, es. quello del cancro della prostata tramite PSA, sono stati scoraggiati da enti regolatori per questo motivo. Dopo essere stato censurato, il tema è ormai del tutto riconosciuto e ampiamente dibattuto in letteratura. Azzardato, o sconsiderato, è trarre conclusioni e critiche basandosi su una costruzione mentale personale di cosa sia oggi la medicina. Le consiglio il libro “Sovradiagnosi. Come gli sforzi per migliorare la salute possono renderci malati” di Welch et al. Il Pensiero Scientifico, 2013. Oppure può andare al post de il Fatto, pubblicato nello stesso giorno di questo, “Dai vaccini ai radicali liberi, i falsi miti della scienza secondo Nature”, e approfondire il punto “la diagnosi precoce salvavita per tutti i tumori”.

*Foucar E. Do pathologists play dice? Uncertainty and early histopathological diagnosis of common malignancies. Histopathology, 1997. 31: 495.

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2 gennaio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post “Terra dei fuochi: il report dell’Iss certifica un altro pezzetto di verità. Guardiamo con fiducia al 2016”

Dallo studio: “Le caratteristiche metodologiche [analoghe a quelle dello studio Sentieri] non consentono, in linea generale, la formulazione di valutazioni di nessi causali, permettono tuttavia di individuare situazioni di possibile rilevanza eziologica da approfondire con studi mirati,”. L’allarme però viene dato in termini causali; come mostrano i toni tribunizi del dr. Marfella, che nel convegno da lui citato del 5 dicembre sedeva a fianco al Procuratore Generale di Brescia. Platea di minorenni, scolaresche. Nonostante a un convegno un eminente epidemiologo abbia risposto affermativamente alla mia domanda su se gli epidemiologi italiani considerino il rischio che questi allarmi mediatici provochino, col meccanismo della profezia che si autoavvera, un aumento spurio di diagnosi dei tumori, data la riconosciuta associazione tra considerazione del rischio e sovradiagnosi, gli epidemiologi, e gli altri addetti, appaiono ignari di ciò. L’inquinamento è una calamità della quale si privilegiano gli aspetti di generatore di profitti: medicalizzazione e bonifiche. Anche la possibilità di un circolo vizioso allarmi-diagnosi andrebbe studiata e contrastata, come fattore confondente e come pericolo futuro; e anche come dovere etico, e non solo, di non costruire sciagurate industrie del cancro, rischio che la storia degli screening dimostra non essere teorico. Ciò tanto più per dati che non sono così eclatanti e indiscutibili come li si presenta sui media.

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2 gennaio 2015

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Gentilini “Tumori pediatrici, la verità ‘dimezzata’ sui dati delle guarigioni”

Nel recente studio citato sulla Terra dei fuochi i tumori del SNC in età 0-1 e 0-14 anni diagnosticati in eccesso (riferimento alla Campania) sono stati dell’ordine delle unità all’anno; per un totale di alcune decine di casi in circa un decennio. L’eccesso maggiore, in provincia di Napoli, è stato di 7 casi invece dei 3 attesi. E’ quindi relativamente semplice, e a questo punto doveroso, analizzare tutte le diagnosi singolarmente per studiare caratteristiche come le modalità di diagnosi, i tipi istologici, i centri medici che li hanno diagnosticati, le eventuali relazioni con possibili fattori etiologici. “La lotta la cancro ha combattuto molte battaglie sbagliate con le armi sbagliate”. E’ verissimo. L’uso dell’epidemiologia per trarre conclusioni causali da effetti di piccole dimensioni è una delle più note armi sbagliate per battaglie sbagliate “sotto comandanti sbagliati”.

@ Patrizia Gentilini. Lei non ha mai sentito parlare di statistiche allarmistiche pro business. Strano. Grazie per l’articolo: le osservazioni sulla strategia da business bias di considerare singole cause e malattie rare supportano quello che dico. L’epidemiologia spadroneggia; può essere usata per distorcere a seconda della convenienza. Minimizzando e confondendo (v. es. Michels D. Doubt is their product 2008). Oppure esagerando, in particolare piccoli effetti, come notano diversi critici dell’establishment. V. es. “Epidemiology – The study of scare stories.” in Penston J. Stats.con, 2010; “Green healthism” in Skrabanek P. The death of human medicine and the rise of coercive healthism, 1994; Goldrake B. Bad science, 2008. Come vi è un interesse a nascondere alcuni rischi, ve ne è uno ad esagerarne altri; e a volte esagerando alcuni fattori si ottiene anche di meglio nasconderne altri. Gli stessi autori del rapporto sulla Terra dei fuochi premettono che dal tipo di studio non si possono trarre inferenze causali; e citano la rarità delle neoplasie infantili come elemento che limita la produzione di evidenze sulle responsabilità di cancerogeni ambientali. Non credo si sia arrivati a scrivere da qualche parte che dati epidemiologici, peraltro non conclusivi, rendono superflui verifiche e approfondimenti analitici clinici, che comunque stiano le cose possono fare chiarezza. Anche se purtroppo è così che si ragiona quando si vuole sostenere una tesi eziologica precostituita, di qualsiasi segno.

@ Stealth. Lo strumento epidemiologico ha la sua utilità, ma non è tutto. Prendere studi ecologici come oracoli che autorizzano allarmi che possono avere effetti controproducenti non è neppure epidemiologia, ma scientismo per le masse. Come ho detto, propongo di andare prendere tutte le cartelle cliniche e gli esami dei casi di neoplasia pediatrica del SNC riportati nello studio e analizzarle, anche statisticamente. Che tipi di tumore hanno dato eccessi? Vi è una variabilità interosservatore nelle diagnosi? Vi sono reperti come i frequenti astrocitomi a decorso benigno e altre patologie benigne il cui reperimento è aumentato negli ultimi anni per l’uso dell’imaging? Qual è stato l’andamento temporale? Vi sono cluster, le diagnosi sono legate a una struttura sanitaria o a modalità di diagnosi, o a un’esposizione locale dei bambini o dei genitori a particolari sostanze che siano cause accertate o plausibili? Etc. I dati disponibili vanno correttamente spolpati; non selezionati, come singole ciliegie staccate da inappetenti, in base a ciò che conviene alla propria tesi.

@ Jano1976. Cosa vuole che le dica. Le molle psicologiche di ciascuno di noi possono essere diverse. In questioni pubbliche di tipo tecnico bisognerebbe guardare al contenuto; e al più agli eventuali moventi pratici. Di sicuro le mie posizioni non hanno consonanza, consapevole o meno, con interessi economici o politici di alcun genere. A differenza di altre. Non ho “tesi preconcette”, ma obiezioni nel merito e nel metodo, che ho esposto. E non faccio attacchi ad hominem, come lei. La mia tesi è che la medicina deve offrire conoscenza, onesta; non coltivare, magari dietro a una vernice di “scientificità”, le eterne pulsioni irrazionali sulla malattia e spaventare a favore del business. V. sopra per i dettagli.

@ Jano1976. La ringrazio. Ormai è riconosciuto l’inquinamento della ricerca biomedica da parte di interessi venali. Ci sono libri di biostatistica che trattano esplicitamente la frode tra le possibilità da considerare nel valutare gli articoli scientifici. Diverse personalità della ricerca biomedica hanno denunciato questa degenerazione. Non irrilevanti per i connubi tra ricerca e propaganda sono le parole di Horton, direttore del Lancet: “Gran parte della letteratura scientifica, forse metà, potrebbe essere semplicemente non vera. Afflitta da studi con campioni di piccole dimensioni, effetti minuscoli, analisi esplorative non valide e flagranti conflitti di interessi, insieme all’ossessione di accodarsi alla moda corrente, la scienza ha imboccato una strada verso le tenebre”.

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12 gennaio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Terra dei fuochi, Istituto superiore sanità: “Qui più morti e più tumori” “

In quelle zone mali storici, malvagità e inettitudine hanno dato luogo a una sovrapposizione di pericoli particolarmente spessa. Non solo problemi sociali, la camorra, l’inquinamento, i cancri autentici. C’è una continuità: lo Stato traditore che prima lascia degradare l’ambiente è lo stesso Stato che poi grida allo tsunami cancro da inquinamento e indica la salvezza negli ospedali, senza curarsi delle verifiche e precauzioni che sarebbero state doverose per evitare di causare ulteriori danni alla salute con questo allarme. Data la discrepanza tra l’enorme, sicura, epidemia di cancro da inquinamento che con articoli come questo si fa credere sia certificata dal rapporto dell’ISS e il dato che è in realtà riportato, di entità limitata, omissivo, dai tratti incerti sul quale poggiano conclusioni esorbitanti e inconseguenti, chi non abbia insormontabili pulsioni psicologiche ad apparire come genitore dal cuore straziato dovrebbe essere prudente davanti all’offerta di “percorsi di rapido accesso ai servizi sanitari e all’implementazione di azioni specifiche volte all’ottimizzazione delle procedure diagnostiche e terapeutiche per l’infanzia” (magari in futuro corredata di sovvenzioni-incentivi alle famiglie dei piccoli diagnosticati). Nel disagio sociale i più indifesi, in particolare i bambini, possono essere preda di varie insidie; oggi, anche di quella di essere trasformati in lucrosi pazienti tramite sovradiagnosi o sovratrattamenti.

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10 marzo 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di R. La Cara “Fondazione Theodora aiuta con i suoi clown i bambini in ospedale: “Il sorriso è un diritto per ogni malato” (Foto)”

Graffit: Mi è venuto subito in mente il manifesto futurista del controdolore di A. Palazzeschi, il cui punto 8 è: “Trasformare gli ospedali in ritrovi divertenti, mediante five o’ clock thea esilarantissimi, café-chantants, clowns. Imporre agli ammalati delle fogge comiche, truccarli come attori, per suscitare fra loro una continua gaiezza. I visitatori non potranno entrare nei palchetti delle corsie se non dopo esser passati per un apposito istituto di laidezza e di schifo, nel quale si orneranno di enormi nasi foruncolosi, di finte bende, ecc. ecc.”  Applicato a bambini degli ospedali pediatrici è da standing ovation al superlativo.

@ Graffit: A me invece è venuto in mente un recente articolo di esperti in “financial engineering” e oncologi di Harvard e del MIT che propongono di istituire mutui ipotecari specifici per fare pagare negli anni ai pazienti le costosissime cure mediche *. Uno di loro, Weinstock, ha fatto l’esempio delle cure con cellule CAR-T per la leucemia linfoblastica pediatrica, il più frequente tumore infantile, commentando che questi pazienti giovani avranno una lunga vita per ripagare il debito. (Ma le cure accorciano l’aspettativa di vita dei sopravvissuti dei tumori pediatrici). Ciò costituirebbe un incentivo a imporre farmaci sempre più costosi, ammettono gli autori. E anche un incentivo a sovradiagnosticare tumori nei bambini per trarne una rendita. In Europa il SIOPE, un piano strategico sui tumori pediatrici, parla di sviluppare trattamenti – e diagnosi – con l’industria dei farmaci. Palazzeschi era uno spirito gentile e un po’ balzano. Qui si tratta di pelli di agnello su affari lupeschi. Infatti i preti come lei sono pronti col turibolo a spandere fumo; e a partecipare agli affari carnivori che si nascondono dietro la maschera degli ingenui pagliacci.

* Nelson R. Can’t Afford the Cost of Cancer Drugs? Get a Mortgage. Medscape, 1 marzo 2016. Montazerhodjat V, Weinstock DM, Lo AW. Buying cures versus renting health: Financing health care with consumer loans. Science Translational Medicine, 24 febbraio 2016.

Graffit: Ben vengano nuove terapie efficaci, auspicabili a costo zero o previdenzialmente coperte. Le Dottoresse e Dott. Sogni possono essere buoni coadiuvanti psicologici, utili quanto i placebo, ma benevoli dispensatori di buon umore neofuturista.
Solo i preti come lei possono credere che io sia un prete, anziché un sacerdote di tipo luterano appartenente al popolo regale e sacerdotale, di cui parlano le sacre scritture. Come re del popolo regale vado sempre in giro con la corona in testa: i bambini del Bambin Gesù mi farebbero festa, altri la festa.

@ Graffit. Mi scusi se ho leso la sua regalità. Pensavo fosse un’aureola invece lei porta solo una corona. Penso che sì, i poveri bambini degli ospedali pediatrici la festeggerebbero; ci vorrebbe qualcuno adulto che mettesse da parte il clima puerile e fiabesco, favorevole ai business illeciti della medicina, che i sacerdoti con la corona etc. come lei alimentano, e li sottraesse alle vostre “feste”.

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21 maggio 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post ‘Autismo, “test dello sguardo sui neonati per diagnosticare la malattia” ‘

Screenare dei neonati per segni che ipoteticamente predirrebbero futuri disturbi comportamentali è un buon sistema per creare pazienti, sovradiagnosticando malattie scambiando la variabilità fisiologica e ritardi di sviluppo per patologia (1). E per potersi vantare di riuscire a “guarire” una quota di bambini malati, che in realtà corrisponde ai falsi positivi.

1 Recommendations on screening for developmental delay. Canadian Task Force on Preventive Health Care. CMAJ 2016. DOI:10.1503/cmaj.151437.

@ Cb. Dove lo ha letto che con gli screening non si fa diagnosi? Si fa diagnosi, su singole persone. Qui su singoli neonati, di entità arbitrarie, come “l’alto rischio” (considerato nel lavoro di Di Giorgio et al. già assodato prima del test …) in base a un test non validato e implausibile; o di “spettro”: “The term “spectrum” is used to widen categories, for example, “obsessive-compulsive disorder spectrum,” “schizophrenia spectrum disorder,” and “autism spectrum disorder” (1). Inoltre stanno per essere lanciate nuove cure per l’autismo (2). Come è avvenuto per altre “epidemie” appare in allestimento un combinato disposto tra nuove cure e nuovi metodi diagnostici che le faranno sembrare dotate di una efficacia.

1.Angell M. The Epidemic of Mental Illness: Why?.The New York Review, 23 giu 2011.
2.Dawson G. On the Brink of Breakthroughs in Diagnosing and Treating Autism. Scientific American 9 mag 2016

@ Cb. Lei sta equivocando tra diagnosi definitiva e diagnosi iniziale. La mammografia di screening porta a una diagnosi, firmata da un radiologo, che poi quando risulta positiva incanala verso altri esami, es. l’agoaspirato; e può così portare a terapie anche quando è un falso positivo. La diagnosi precoce da screening può portare a gravi danni, dato il rischio di falsi positivi. Pochi, tra i competenti, hanno ormai lo stomaco o la faccia di negarlo. Né andrebbe negato il conflitto di interessi che preme verso i falsi positivi, cioè verso occasioni di profitto e prestigio a danno dei pazienti. Mi dirà che per diagnosi precoce lei intende la diagnosi precoce corretta. Che però è un’astrazione teorica, non potendo essere garantita nella realtà.

Sul JAMA di questa settimana c’è un articolo intitolato “ Vorrei che qualcuno ci avesse detti i rischi e i benefici di sostituire il defibrillatore a mio padre”. “Uno”, cioè il paziente, dovrebbe essere messo in condizioni di decidere, su informazioni veritiere e chiare, se sottoporsi o meno allo screening, come a qualsiasi procedura medica. Screening svantaggiosi, e ce ne sono anche diversi ufficialmente riconosciuti come tali, non dovrebbero neppure essergli prospettati. L’ideologia erronea e deleteria che sia sempre meglio intervenire, che una diagnosi sia “SEMPRE” una cosa positiva, va nella direzione opposta.

@ Cb. Cosa rappresentano le curve ROC per lei? “Diagnosi” non vuol dire necessariamente “scioglimento di un dubbio” come crede lei. a) Perchè si dovrebbe sistematicamente dubitare della salute propria e dei propri figli? b) Le diagnosi non sono infallibili – né ci si sforza molto di avvicinarle a questo ideale – e possono crearlo, il dubbio; o generare informazioni del tutto false; soprattutto quando poste “precocemente”, cioè prematuramente su soggetti asintomatici o su un quadro poco delineato, dove è facile scambiare variazioni non patologiche per malattia.

Così che a volte, non solo secondo me, ma per parere documentato di chi se ne occupa specificamente, è meglio non tentare queste diagnosi oracolari inventate negli ultimi decenni dal business; è es. ciò che illustra l’articolo, da me citato sopra, del panel di esperti canadesi. Sarei interessato a conoscere l’effetto che la lettura dell’articolo ha su di lei.

A chi coltivi le stesse visioni naif che lei ripete, e davvero volesse approfondire anziché cullarsi in pericolose illusioni o fare il galoppino per l’espansione fraudolenta del giro d’affari medico, consiglio la lettura del libro divulgativo di G. Welch “Less medicine, more health. 7 assumptions that drive too much medical care”, cap. 3: “ASSUMPTION #3: SOONER IS ALWAYS BETTER. Disturbing truth: Early diagnosis can needlessly turn people into patients”.

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18 giugno 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Caserta, morta a 3 anni. Arrestati falsa pediatra e marito: “Non diagnosticarono tumore””

Un guidatore può sbandare a destra e finire nel burrone. Ma può sbandare a sinistra, invadere la corsia opposta e fare un frontale; soprattutto se bada solamente a stare lontano dal precipizio a destra. Anche per le diagnosi di cancro gli errori possibili sono due. Si può mancare, colpevolmente o meno, la diagnosi di neuroblastoma. Studi hanno mostrato che, date le sue caratteristiche biologiche, c’è per questo tumore, statisticamente, una marcata facilità a commettere l’errore opposto, cioè a sovradiagnosticarlo. Trattando quindi bambini sani come malati di cancro, con gravi conseguenze, anche a lungo termine, sulla loro salute. Ci sono interessi economici, e, soprattutto in Campania, una campagna mediatica, che favoriscono lo sbandare dal lato dei falsi positivi. Vi è una dolosità sistemica in questo. Sul piano culturale, professionale, giudiziario, mentre i falsi negativi si puniscono e si propagandano i falsi positivi si nascondono e si premiano. Gli stessi che alla notizia di una mancata diagnosi di cancro chiedono i castighi più severi ringrazieranno per le lesioni o l’omicidio da errore opposto *. Magistrati, CC, preti, opinionisti, pronti sui falsi negativi, si sottomettono all’ideologia che vuole i falsi positivi sistematici come parte dell’economia legale, da proteggere e aiutare a crescere.

*Jha S. Doctors are thanked by the false positives but sued by the false negatives. Psychology Today. 13 set 2015.

@ Alexv. Aggiungerei “Come si può pensare che istituzioni dello Stato, autorevoli uomini di scienza dediti alla cura delle malattie, santi uomini con la tonaca, e i media, curino altro che il bene del cittadino, e che addirittura lo danneggino servendo per un loro tornaconto altri interessi?”. Accomodati: segui la strada che ti indicano. L’economia ha bisogno di persone che ragionano come te. Io mi rivolgo a quelli che non scambiano i telegiornali e gli allarmi diffusi dai media per la realtà.

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6 agosto 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post di PRESSapoco “Screening neonatale, votata la legge ma nessuno deve saperlo”

Le malattie rare consentono di vendere farmaci costosissimi aggirando i già corrivi controlli standard *. Es. è stata appena approvata una terapia per l’ADA Scid, presentata come un successo italiano. Non è stato detto che costerà 665000$ a paziente. Né che avere dubbi sull’efficacia è lecito**, e quindi doveroso (ma poco salutare, dato il sistema di protezione mafiosa istituzionale per questi affari). Gli screening neonatali sono funzionali al business nascente delle malattie rare. Molte malattie genetiche e metaboliche non hanno meccanismi patogenetici semplici e netti, come invece viene fatto credere al pubblico: al dato di laboratorio considerato marker positivo può non corrispondere un futuro sviluppo di malattia, o la malattia può essere espressa in forma lieve. Gli screening possono sia allargare la quota di bambini etichettati come malati e quindi il volume di affari, sia simulare una parziale efficacia dei farmaci, data in realtà dai casi che comunque sarebbero rimasti asintomatici o avrebbero sviluppato forme lievi. E’ uno schema già rodato con gli screening per il cancro. Toglierebbe denaro al SSN per la routine regalandolo alle case farmaceutiche. L’aspetto peggiore è che creerebbe piccoli malati.

* “Adaptive licensing” or “adaptive pathways”: deregulation under the guise of earlier access. 16 ott 2015, Joint briefing paper. Prescrire.org
** Garde D. There’s a possible cure for ‘bubble boy’ disease. It will cost $665,000. Statnews, 3 ago 2016.

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20 aprile – 5 maggio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Bauducco “Ivrea, Roberto Romeo risarcito per malattia professionale: “Ho usato il cellulare per 15 anni: ora non sento più dall’orecchio destro” “

Gli esperti sanno che “il cancro più lo si cerca più lo si trova”: si trovano lesioni non maligne o a bassa malignità che vengono sovradiagnosticate e sovratrattate. Ciò vale anche per il tessuto nervoso. Es. i gliomi a basso grado trovati incidentalmente investigando cefalee o traumi cerebrali. Con decisioni definite “controverse”, per queste lesioni clinicamente silenti e indolenti si sta passando dal “wait-and-see” a chirurgia, chemio e radio. C’è perfino chi propugna lo screening per i gliomi, una proposta che fa il paio con l’andare ad attaccarsi allo schwannoma vestibolare pur di dire che i cellulari causano tumori cerebrali. La sentenza, che arbitrariamente associa il cellulare, oggetto comune, all’immagine, resa familiare dai film, dei tumori cerebrali aggressivi, favorisce il business dei sovratrattamenti. Fa sì che accostandolo all’orecchio il cellulare vi immetta la pulce del cancro. Mentre i danni sociali della cultura dello smartphone e le pratiche da filibustieri delle compagnie per sfilare soldi non vengono discusse, i magistrati applicano una lente ingrandente e danno credibilità al rischio implausibile e non dimostrato dei tumori cerebrali da telefonino. Aumentano così l’incertezza invece di ridurla, e lanciando allarmi servono interessi che invece andrebbero contrastati; in campo medico incappano spesso in queste sfortune. La sentenza-spot dovrebbe far temere più che altro di non finire privati senza ragione di una cucchiaiata di cervello.

Commento al post di E. Ambrosi del 22 aprile 201 7 “Cellulare, toglietevelo dalla testa. E basta”

La classificazione di Renn, adottata dal governo inglese, definisce vari tipi di rischio e li rappresenta con figure mitologiche: il rischio Damocle, il rischio Cassandra, il rischio Ciclopi, etc. Considera il rischio alla salute da uso del cellulare come rischio Medusa, a bassa probabilità e basso danno ma che, ipnotico, causa considerevole allarme. Andrebbe aggiunto il rischio Edipo, dal personaggio che cercando di fuggire dal fato che gli era stato predetto finì per compierlo: il rischio dato dall’allarme che si auto-avvera. (Per evitare confusione con i noti concetti freudiani, invece che Edipo lo si può chiamare rischio Perseo, o “Samarcanda”, dalla canzone di Vecchioni). E il rischio Scilla, dove si fa vedere solo uno di una coppia di pericoli, vero o presunto, e si indirizza così verso i gorghi dell’altro. C’è un apparato tecnico allestito in modo da favorire la sovradiagnosi e il sovratrattamento dei tumori cerebrali, e gli allarmi sul cancro da cellulare spingono verso di esso. In generale i continui allarmi sul cancro da inquinanti, con un’oncologia mai sazia di pazienti, conducono al rischio Pandora della classificazione Renn, ad alta incertezza e lunga persistenza. I costruttori delle credenze correnti, i giornalisti e i magistrati, non identificano e non mostrano al pubblico che dicono di servire questi altri rischi; che si possono raggruppare nel rischio Autòlico, dal nonno di Ulisse, abile e maligno impostore che aveva il potere di rendersi invisibile.

@ Atomic. Non è un demerito dei soli italiani, come conclude l’articolo. Gli italiani hanno solo esercitato il consueto zelo. Nel dicembre 2010 la Corte d’appello di Brescia – una corte piuttosto sensibile ai venti atlantici – emise la prima sentenza che riconosce che un cellulare abbia causato un tumore, anche in quel caso un tumore benigno di un nervo cranico. Contemporaneamente nel Maine un legislatore, Boland, proponeva di apporre un’avvertenza di rischio cancro sui cellulari, come per le sigarette. L’articolo inoltre ignora la step increase in incidenza dei tumori del CNS negli anni Ottanta da introduzione di nuovi strumenti diagnostici. “Variazioni importanti” “legate a sostanziali miglioramenti nella capacità diagnostica per immagini” dice a proposito dell’aumento dei tumori infantili del SNC il rapporto AIRTUM 2012. Epidemiologi USA hanno invece osservato che se fosse solo questione di miglioramenti diagnostici l’incidenza dopo essere aumentata avrebbe dovuto decrescere ai livelli precedenti, cosa che non è avvenuta.

Commento al post di A. Tundo del 27 aprile 2017 “Cellulari e tumore, il giudice: “Nesso c’è. Nessun dubita del rischio per amianto ed esplosioni atomiche” “

Anche per i magistrati “Scienza” è diventata la parola magica che trasforma in profondo il superficiale. Nel caso delle radiazioni ionizzanti e del mesotelioma gli studi hanno confermato e definito ex post le cause di quadri patologici drammatici e spesso peculiari rilevati ictu oculi. Nel caso dei cellulari si è invece cercato – secondo il criticato costume degli epidemiologi di lanciare “scare stories” a raffica – di stabilire la presenza di un ipotetico, poco plausibile, effetto cancerogeno, altrimenti invisibile, con strumenti epidemiologici (insufficienti); e nonostante l’imponenza dell’esposizione e gli sforzi non ci si è riusciti.

E’ stato osservato che la “comunità scientifica” oggi tende a fare come chi equivochi in campo giudiziario tra l’indagine preliminare o il rinvio a giudizio (exploratory research) e il processo o il verdetto finale (confirmatory research). Sembra che i potenti fattori economici e culturali che conformano la medicina siano in grado di far dimenticare l’abbiccì, o di farlo mettere da parte. E che i magistrati, che sulla differenza tra le due fasi potrebbero dare insegnamenti preziosi, anziché riportare sulla retta via partecipino all’andazzo; che è solo apparentemente coraggioso, favorendo sovradiagnosi di cancro e cause giudiziarie volte a fare quattrini, lasciando indisturbato il business parossistico dei cellulari, o quello delle radiazioni cancerogene non necessarie in campo medico.

Commento al post di S. Palmisano del 4 maggio 2017 “Cellulari e tumori, chi ne studia la correlazione sia super partes”

Le radiazioni ionizzanti sono un cancerogeno certo e potente. L’analogia a effetto tra l’uso del cellulare e i sopravvissuti di Hiroshima è scientifica come sostenere che avendo trovato altezze simili tra un cestista (in ginocchio) e un nano (su trampoli), allora anche il nano è alto. Sul conflitto di interessi, va osservato che la paura per agenti cancerogeni, che ha un valore di mercato spingendo a sovradiagnosi e a richieste di denaro a vario titolo, oggi viene separata dalle responsabilità, che sono più mostrate che punite, e dal modello socioeconomico liberista, che non viene messo in discussione. La propaganda, inclusa quella giudiziaria, opera un po’ come la colonna di distillazione di una raffineria. Alcune componenti vengono fatte sparire; altre, come la paura, sono diffuse nell’atmosfera, inquinando l’opinione pubblica. Un buon sistema è nascondere i cancerogeni veri (es radiazioni ionizzanti mediche), e agitare quelli falsi o esagerati. Vi è conflitto d’interessi anche nel produrre paure redditizie. Es. quando nel 1884 Bismarck introdusse l’assicurazione per i lavoratori, medici e avvocati riesumarono la teoria già screditata delle “lividure” e altri esiti di traumi come causa di cancro (Malleson A. Whiplash and other useful disease. Cap. Lawyers, junk science and chicanery. McGill-Queen ‘s University Press, 2002).

@ MyOwnBoss. Grazie. Un articolo su Radiology dell’aprile 2017 (Larson et al) rileva che in USA il numero di TAC su bambini si è quintuplicato negli ultimi 13 anni. Una stima conservativa ha calcolato in USA tra 2640 e 9080 i casi di cancro all’anno causati da TAC pediatriche*. Ma su questo si sta zitti. La pericolosità delle onde EM aumenta in generale con l’aumentare della frequenza, e quindi dell’energia. Il pubblico viene invece indotto a credere a una “legge fisica” opposta, nella quale minore è la frequenza maggiore è il pericolo. Nell’articolo di Palmisano scopro nomi a me già noti per altri affari, in questa attività di magistrati e medici associati di uguagliare il rotondo al quadrato e di cambiare il bianco in nero.

*Miglioretti DL et al. The use of computed tomography in pediatrics and the associated radiation exposure and estimated cancer risk. JAMA Pediatr, 2013.

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22 maggio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Gentilini “Tumori infantili, l’Italia detiene il triste primato in Europa”

Lo studio citato commenta sull’incremento dell’incidenza mondiale dei tumori infantili del 20% in 20 anni: “Cancer statistics in high-income countries might be influenced by overdiagnosis of some cancers detected by non-invasive imaging and screening tests, including neuroblastoma, thyroid cancer, melanoma, and kidney cancer. “. Non lo studio, ma la dr.ssa attribuisce l’incremento all’inquinamento; e il primato italiano di tumori infantili ad una maggiore corruzione che causerebbe più inquinamento. L’inquinamento è tra le cause di cancro; ma mentre lo si sbandiera non si dovrebbe ignorare la possibilità, ormai nota, che nel differenziale rispetto ad altri paesi giochi la sovradiagnosi. Sovradiagnosi favorita dai continui allarmi sui miasmi dell’inquinamento. E in Italia catalizzata – narrazione per narrazione – dal pietismo peloso di un paese cattolico: per i tanti santocchi (inclusi quelli non praticanti o non credenti) l’immagine del bambino nelle grinfie del cancro, che consente sviolinate caramellose che portano a intascare indebitamente soldi e riconoscimenti, è una tentazione. Così forte che se il cancro il bambino non ce l’ha non si moderano nello sfruttare i diversi appigli disseminati dalla medicina “scientifica” per inventarlo impunemente.

@ Patrizia Gentilini. La sovradiagnosi dei tumori infantili è un fatto oggi pacifico in letteratura. Meglio definito dell’inquinamento come causa dei tumori infantili. Scusi, ma, oltre ad andare a tentoni, lei li legge gli articoli che cita? Legga quanto cito da esso e la relativa ref. 17. Mai sentito parlare es. della larga preponderanza di sovradiagnosi rispetto ai cancri autentici per i neuroblastomi evidenziata negli studi in Giappone e Canada? Può chiedere ai suoi colleghi oncologi. Anche i suoi compagni di Medicina Democratica ritengono “ridicolo” il parlare di sovradiagnosi di tumori infantili?

L’inquinamento in generale è una piaga. Anche le sovradiagnosi di cancro. Il pubblico dovrebbe essere informato – correttamente – dei pericoli di entrambi. Dovrebbe sapere che ci sono piani di interazione tra l’oncologia pediatrica e l’industria in Europa; e che il rischio etico e tecnico di trattare come malati di cancro bambini sani è una appetibile opportunità dal punto di vista del business, come dovrebbero insegnare le tragedie silenziose delle sovradiagnosi di cancro su adulti en masse. Dovrebbe essere informato che gli allarmi che spingono il pubblico verso il business medico sono pubblicizzati e liberamente ingranditi; mentre le denunce che sono di ostacolo allo stesso business vengono represse. A volte le stesse fonti che ricamano liberamente sugli allarmi pro-business negano i pericoli fondati delle frodi del business con risposte non dignitose e non serie.

@ Patrizia Gentilini. Le consiglio di leggere l’articolo che mi indica, che conoscevo, sul “4° lato di Maccacaro”, dove invita a evitare l’enunciazione di ipotesi casuali sull’elevata incidenza dei tumori infantili in Italia. E anche es. Smith MA et al. Trends in Reported Incidence of Primary Malignant Brain Tumors in Children in the United States. JNCI, 1998. 17:90; un lavoro che differisce dalla rigida osservanza dei ricercatori italiani nell’evitare anche solo di pronunciare la tesi sgradita al business che variazioni nei metodi diagnostici (ma non “sostanziali miglioramenti nella capacità diagnostica” come ha invece scritto l’AIRTUM nella monografia 2012 sui tumori infantili) si riflettono in sbalzi statistici la cui forma indica l’azione dell’arbitrarietà umana, non di meccanismi di cancerogenesi. Ossequio accoppiato al diffondere a bischero sciolto le versioni gradite al business, e a toni sprezzanti (e molto peggio), verso chi obietta. Il suo atteggiamento conferma che volendo davvero spiegare il brutto primato italiano dei tumori infantili non ci si dovrebbe esimere dall’esaminare con attenzione ciò che fanno e raccontano gli oncologi italiani.

@ Patrizia Gentilini. Un giusto principio, come quello della prevenzione primaria, può essere applicato in maniera errata o strumentale. Va pertanto ancorato ai fatti specifici; come faceva Tomatis, che dirigeva con una onestà e competenza rare, che avrebbero portato alla sua estromissione, un grande laboratorio di ricerca. C’è anche una via etica all’irrazionalità. Così da un lato il peso della cancerogenesi chimica viene nascosto e minimizzato, accusando peccati individuali e Fato, presentati come “stili di vita” e casualità genetica. Allo stesso tempo le paure indistinte, ma non infondate, sui mali del modello economico e sull’inquinamento vengono stimolate e deviate per spingere la gente nella tramoggia della “prevenzione” secondaria. “A giudicare per induzione, e senza la necessaria cognizione dei fatti, si fa alle volte gran torto anche ai birbanti” (Manzoni). Nell’Italia unita dell’Ottocento era diffusa al Sud la paura che il governo, che aveva colpe reali, mandasse degli untori per avvelenare le popolazioni. Ci furono massacri di presunti untori. Dopo l’ultimo linciaggio, nel 1911 a Verbicaro, Salvemini commentò: “La folla è come un ammalato che ha male allo stomaco e si lamenta di avere male al capo. Essa non sa fare la diagnosi esatta dei propri malanni”. Nello spirito di Tomatis, bisogna evitare sia che si neghino i pericoli, sia che si assecondino autodiagnosi fuorvianti.

@ Patrizia Gentilini. Ho imparato che spesso gli allievi rappresentano non una prosecuzione dell’opera del maestro, ma piuttosto una regressione verso la media; e a volte una normalizzazione, o un rebound di segno opposto: Vico e Croce, Ernesto Rossi e Marco Pannella, Mattei e Cefis, Pasolini e Bertolucci, Danilo Dolci e Toni Negri, Fiorentino Sullo e Ciriaco De Mita, Lombardi e Cicchitto, Borsellino e Ingroia, etc. Forse i maestri bisogna onorarli salendogli sulle spalle per guardare più lontano di loro, come dice la famosa espressione, invece che farne dei busti tutelari.

@ Igienista mentale. Mi sono occupato, con qualche soddisfazione, di argomenti più gratificanti. Nel denunciare come si fanno soldi imbrogliando sulla cura e la prevenzione delle malattie non mi sento figo, perché tratta di argomenti tristi e gravi, moralmente deprimenti. E anche perché espone agli sproloqui e alle insolenze dei troll professionisti e volontari, che accompagnano le frodi sulla salute come in una relazione simbiotica; dove il nugolo di troll protegge la frode suscitando un effetto repellente su chi denuncia e in cambio riceve dalla frode le briciole.

@ Igienista mentale. Sono per la riduzione dell’inquinamento e contro l’irrimediabile insostenibilità del modello economico liberista. Che è cosa diversa dall’urlare a squarciagola, su basi non accertate, e anche sconfessate da alcuni dati, che l’incremento di diagnosi di tumore, a volte esso stesso gridato senza essere stato accertato, è dovuto a inquinamento. Per lei ciò va considerato come un gesto nobile e una doverosa misura precauzionale, nonostante i rischi di indurre a esami diagnostici non necessari e pericolosi; mentre il solo nominare la possibilità, nota e accertata, di sovradiagnosi, che frenerebbe la corsa ingiustificata ai reparti oncologici, sarebbe una cosa dannosa che va fermata, anche insultando. Secondo me invece in questo modo si alimenta l’industria del cancro con un calcolato allarmismo accoppiato a censura. Un punto a suo favore è che coloro che avrebbero il dovere professionale di indagare su questa estrema parzialità nel valutare e comunicare i rischi, e sulla puntuale corrispondenza con grandi interessi delle grida e dei bavagli, si guardano dal farlo, e non di rado collaborano con quelli che fanno discorsi illogici e sguaiati.

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26 maggio 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Marfella “Tumori infantili, i numeri della Campania crescono più veloci che in tutt’Europa”

Sì, si può prevedere che nei prossimi anni la Campania colmerà il gap che la vede ancora arretrata rispetto al resto d’Italia e vincerà l’ambito scudetto (Marfella) dell’incidenza di diagnosi di tumori infantili, ora che “le sensazioni dei sacerdoti e delle madri campane” (Isde- Medici per l’ambiente Campania) hanno preso il posto dei turpi affari degli animali senza cuore della camorra: tramite il meccanismo della profezia che si autoavvera allarme-sovradiagnosi-allarme. Dato che gli uomini di Chiesa e le madri coraggio riescono a sensazione a rilevare variazioni di fenomeni che sono misurate in millesimi di punto percentuale, non è fuori luogo avvisare la Curia Arcivescovile di Napoli della possibilità che siano stati loro donati poteri sovrannaturali. In un mondo giusto, dove vigesse lo “Unicuique suum”, queste capacità di percezione extrasensoriale di preti e mamme dovrebbero essere anche portate all’attenzione della Quest… dell’Osservatorio Vesuviano, nella speranza che possano estendersi alla previsione dei fenomeni vulcanici che incombono sulla regione.

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6 novembre 2017

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Gentilini “Tumori, il numero dei bimbi che si ammalano sale anche a causa dell’inquinamento”

Secondo F. Ramella (Ist. B. Leoni), su il Fatto cartaceo di oggi, lo smog, in diminuzione, è una falsa emergenza. In “Updates in slow medicine” di oggi si citano i rischi degli studi diagnostici -concetto misconosciuto ma fondamentale per la tutela della salute- nel riportare un articolo del NEJM sui reperti incidentali nella popolazione generale di bambini di età 8-12 da risonanze magnetiche cerebrali. In 1 caso ogni 500 bambini l’esame ha prodotto una diagnosi di tumore cerebrale. Asintomatico, cioè “a sorpresa”: i cosiddetti “incidentalomi”. Che sono etichettati – e trattati – come cancro, ma spesso sono formazioni che non si comportano come cancro. Ovvero, possono fare sì che a un bambino si pratichi un’apertura nella scatola cranica e si tolga una porzione di cervello senza reale necessità.

Mentre il futuro di vita dei giovani viene trascurato, o calpestato, c’è tramite i media questa premura incessante di avvertire i genitori che i loro figli potrebbero avere il cancro; evenienza rara a quell’età. I genitori più accorti, che conoscano il mondo e non sentano il bisogno di recitare la parte della “mater dolorosa”, dovrebbero considerare anche un’altra insidia. L’oncologia liberista ha fame di piccoli pazienti, lucrosissimi; e la combinazione dell’esaltazione del rischio tumore con l’omissione del pericolo concreto e grave di sovradiagnosi da esami così indotti dà luogo a una sorta di scivolo, che alimenta una macchina che più bambini ingoia più ne attirerà.

@ P. Gentilini. Per lei c’è sì il “consumismo sanitario” ma il problema “invece drammaticamente reale” è quello dell’esposizione in utero ad inquinanti. Le sovradiagnosi di cancro di massa non sono generico consumismo, ma una grave e precisa responsabilità medica. E le “scare stories” sono l’anima del consumismo medico. I dati sulle sovradiagnosi e sui danni che causano alla popolazione sono solidi, a differenza di quelli che giustificherebbero gli allarmi apocalittici sull’inquinamento. Non è quanto meno disordinato che i medici non si occupino di un grave problema iatrogeno, domestico, interno alla loro pratica, non lo comunichino e non lo combattano, come sarebbe loro preciso dovere, e invece partano volontari, oltre quelli che sono i loro doveri, per fare battaglie esterne alla loro professione? Battaglie che aggravano proprio il danno che provocano e che trascurano? Al punto da instaurare un circolo vizioso allarme-sovradiagnosi-allarme? Prima di combattere, lodevolmente, le cause esogene primarie -evitando di essere strumentalizzati- prima di additare i peccati altrui, non bisognerebbe avere le carte in regole sulle proprie responsabilità? L’ordine in queste posizioni è piuttosto quello della coincidenza degli interessi di categoria con altri grandi interessi. Io la chiamo “etica saltatoria”, che salta.

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20 novembre 2017

Blog de il Fatto

Commento al post di V. Agnoletto “Agenzia europea del farmaco, peccato averla persa. Ma cosa volevamo farci?”

A premere per l’assegnazione a Milano c’è stato Scaccabarozzi, capo di Farmindustria. Che controlli possono essere quelli che il controllato agogna? Alla vigilia del voto Telettutto, emittente bresciana, ha mostrato una conferenza sull’inquinamento dove Marfella ha detto che la mortalità infantile per cancro in Italia è la più alta del mondo. Da noi un inquinamento eccezionale e particolare fa strage di bambini? I dati non lo dicono. Ad essere relativamente elevata in Italia è l’incidenza di tumori infantili, per la quale si dovrebbe pensare alle sovradiagnosi; favorite, a vantaggio del business oncologico, da allarmi a effetto. Che andrebbero indagati dalla magistratura. Ma il procuratore di Brescia Buonanno e l’aggiunto Raimondi erano accanto a Marfella. La magistratura coonesta discorsi ingannevoli e sgangherati, vestendo di autorevolezza la suggestio falsi a favore della medicina commercializzata. E concorre anche alla suppressio veri, posso testimoniare. Quando l’Italsider creava ricchezza per i tarantini, chi parlava, giustamente, del pericolo cancro era guardato come un importuno fuori dal mondo. Oggi si è passati ad allarmi gonfiati ad arte che favoriscono la sostituzione dell’industria tradizionale con quella medica, dove la materia prima sono le persone. L’EMA vidima una produzione di ricchezza truffaldina e cannibale, e averla in Italia, dove il meglio, la magistratura, è questo, non avrebbe dovuto essere motivo di esultanza.
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@ mansal. Credo di rappresentare l’ala estrema della critica a Stamina, truffa buffonesca pilotata dallo Stato per fare sembrare per contrasto valide le promesse alla Vanna Marchi sulla rigenerazione di tessuti con staminali “ufficiali” (un altro “job” dove hanno brillato Brescia e i magistrati). Le consiglierei il libro di un medico e ricercatore danese, Gotzsche, “Deadly medicines and organized crime”, su quanto è mafiosa (parole sue) l’approvazione dei farmaci nell’intero mondo occidentale; anche in Danimarca, paese civilissimo paragonabile all’Olanda. Ma non credo che lei voglia sentire parlare dell’universalità del malaffare farmaceutico. Un recente articolo su come l’EMA approvi antitumorali costosissimi senza evidenza valida che migliorino la sopravvivenza e la qualità di vita, e i commenti su come l’EMA sia un sistema di controllo “broken”, riguarda l’EMA sul Tamigi (Prasad V. Do cancer drugs improve survival or quality of life? You don’t need to know, according to our broken regulatory system. BMJ, 26 ott 2017). Comunque, oltre un certo limite la smodatezza nell’approfittare diventa controproducente, e l’eccessiva efficienza in questo senso della nostra classe dirigente potrebbe avere sconsigliato di trasferire nella terra dei famelici lombardi la delicata funzione di immissione di farmaci tarocchi per oltre 300 milioni di europei.
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7 aprile 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Brescia, bimba di 4 anni muore di otite: “Era stata respinta da due ospedali” “

Il messaggio è tonante: dietro alla comune otite c’è un mostro che può uccidere il bambino; l’otite media quindi esige work-up diagnostico e terapia aggressivi. Non viene detto che i mostri sono due, e disposti a tenaglia. Oltre a Scilla, le rare complicazioni di una patologia quasi sempre benigna, c’è Cariddi, gli effetti iatrogeni degli esami e delle terapie. Gli antibiotici hanno scarsa efficacia sulle otiti, e possono fare aumentare le ricorrenze. Il dubbio qui seminato di un ascesso cerebellare trascurato porta alla TAC, che soprattutto nei bambini può causare cancro del cervello e leucemia*, con una probabilità come minimo paragonabile a quella delle complicazioni gravi nelle otiti. La buona medicina pilota il bambino nello specchio di mare, non così stretto, tra i due mostri. Quella cattiva fa rotta a casaccio. La medicina commerciale grida a Scilla per spingere il bambino verso Cariddi, sulla cui presenza tace. Questa vaga e anomala scare story viene da Brescia, città dove i magistrati vanno troppo d’accordo coi medici, e coinvolge la Poliambulanza, ospedale di suore fortemente orientato alla medicina commerciale; tra gli amplificatori, un parroco e la ministra Lorenzin. C’è di che raccomandare ai genitori doppia cautela, data la disseminazione di messaggi parziali, distorti, ingannevoli e pericolosi.

*The use of computed tomography in pediatrics and the associated radiation exposure and estimated cancer risk. JAMA Pediatr 10 giu 2013.

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15 giugno 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di P. Gentilini “Tumori, l’Italia è tutto un Sin?”

Ieri Cantone ha detto che la corruzione è “il male assoluto”. Si è guardato dal distinguere tra bribery, le mazzette, e institutional corruption, l’istituzionalizzare interessi illeciti dei poteri forti in cambio della carriera. La corruzione genera eccessi di diagnosi di cancro (soprattutto la corruzione istituzionale, che si vuole prenda il posto di quella delle bustarelle). Ma tra corruzione e cancro c’è una rete causale complessa più estesa del sempre ripetuto inquinamento, che permette giochi e effetti paradossi: la corruzione può agire anche combattendo sé stessa, come nel “doppio pacco e contropaccotto” del film di Nanni Loy. Es. in USA si sta riducendo il business delle TAC addominali ai bambini con sospetta appendicite, volendo evitare l’insorgenza di cancri da radiazioni (una causa di cancro reale, iatrogena, che i corrotti della biomedicina nostrani occultano attribuendo tutto ai corrotti inquinatori). Questo ha portato a un aumento delle ecografie, meno specifiche, e quindi a un aumento di sovradiagnosi di appendicite, con relativo aumento del business di appendicectomie non necessarie. Descrivendo l’Italia come tutta una Korogocho a causa delle mazzette si lanciano allarmi su aumenti di diagnosi di tumori pediatrici attribuendoli al male assoluto, invece che a tanti piccoli imbroglioni; e se ne favorirà così, in nome della salute e della giustizia, la sovradiagnosi, con relativi fatturati illeciti. Magistrati e forze di polizia in prima linea.

@ Patrizia Gentilini. Il potere può orientare le credenze pubbliche variando ad hoc il peso dei vari fattori di un caso complesso. Da un lato, i focolai di inquinamento e degrado ambientale sono ormai sinonimi di epidemia di cancro. La relazione non è così stretta. Dall’altro, lei attribuisce certezza assoluta alle diagnosi istologiche. Sapesse quanto basta poco, entro la discrezionalità del microscopista, per sovradiagnosticare una lesione da benigna a maligna, da basso grado ad alto grado. Es. le formazioni neuroectodermiche, i tumori cerebrali, quelli di origine connettivale, le malformazioni congenite, i tessuti fisiologicamente capaci di proliferazione. Le diagnosi istologiche sono oggi riconosciute come centrali al problema, e non più come un’assicurazione di certezza. Ci sono i markers vecchi in appoggio; e i nuovi, per i quali le malattie, in un regresso spacciato per progresso, sempre più sono senza gold standard, ma sono definite da esoterici test di laboratorio, spesso non ben validati e prodotti da chi vende anche le cure. C’è il comodo spauracchio detto “medicina difensiva”. Le pressioni economiche e sociali. Una volta scrissi ad A2A una lettera critica degli inceneritori. Casaleggio ne fece un post per Grillo, Medicina Democratica la pubblicò senza neppure chiedermelo. Se però dico di guardare a tutti i fattori, cominciando da quelli di casa propria, sovradiagnosi e cancri iatrogeni per i medici, e di evitare allarmi distorti che in realtà favoriscono il business, ricevo legnate.

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19 novembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Marfella “Rifiuti, i bambini più in pericolo sono quelli del Nord. Salvini, se vuoi salvarli spegni gli inceneritori”

Dal mio punto di vista, che guarda agli aspetti medici con le relative frodi, i due litiganti non sono così distanti tra loro come sembra. Ogni volta che vado a piedi a comprare il pane a Brescia, senza eccezioni qualche mezzo della spazzatura di A2A mi offre uno spettacolino, a volte a distanza ravvicinata e ostentatamente senza necessità; spesso con la staffetta di una o più auto dei CC o della PM, più raramente della PS. L’esibizione costante e prevedibile mi conferma nella riflessione che i rifiuti in sé non siano la cosa più zozza nel poliedrico affare rifiuti (v. 1-3; sul mio sito). Sono d’accordo sui maggiori pericoli, finora, per i bambini del Nord; per l’inquinamento, ma soprattutto per l’industria medica, col suo ‘saturation advertising’ che grida alla pestilenza da inquinamento ed è omertoso sulle sovradiagnosi. Concordo anche sulla continuità tra la “Terra dei Fuochi” campana e quella bresciana; ma nel senso della continuità del copione; e della continuità del malaffare tra la camorra nella Campania povera, con le retrostanti istituzioni “deviate”, e i comitati di grembiulini, tonache, toghe e divise dietro alla facciata rispettabile nella Brescia dalla fame inestinguibile.

1 SOS cancro nei bambini e sovradiagnosi

2 La post-camorra. Dai tagliagole alla chirurgia ingiustificata della tiroide

3 La raffinazione della paura

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30 novembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post “Caso Magherini, Cassazione: “Carabinieri assolti perché non potevano prevedere la sua morte””

Senza la circolare del 13 marzo 2014 i Carabinieri, arma istituita il 13 luglio 1814, non sanno come fermare correttamente, essendo in 4, un agitato. I magistrati oltre che all’insostituibile funzione neurocognitiva delle circolari hanno creduto a un’entità di comodo come la “excited delirium syndrome”. Quando ci sono di mezzo grandi interessi il discernimento di magistrati e poliziotti corre su una scala logaritmica, potendo variare nel giro di qualche riga dalla zappa al microtomo, da Giufà o Gioppino alla logica di Frege e alla sensibilità di Proust. Per chi ha l’uso legale della violenza, di spada o di penna, l’ignoranza su quello che fa non può essere una scusante.

L’ignoranza che favorisce grandi interessi illeciti la vedo esercitare dai magistrati su questioni di sanità. Es. andrebbe loro mostrato come lo screening su minori per cancro della tiroide dopo l’incidente nucleare di Fukushima ha portato a fare emergere e sovradiagnosticare come cancro serbatoi di lesioni noncliniche e subcliniche, innocue, con “un peggioramento anziché un miglioramento della salute”*. Perché non possano poi dire che ignoravano che oltre all’inquinamento anche l’allarme su di esso ha pericoli, antropogeni, e può essere illecito; e nel dare forza alle paure su “terre dei fuochi” non ignorino l’interesse criminale miliardario, accertato, a estrarre falsi cancri dai serbatoi nonclinici a fini di profitto.

*Bauer et al, Morris. JAMA, Otolaryngology–Head & Neck Surgery, 29 nov 2018.

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22 dicembre 2018

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Marfella “Natale in Terra dei Fuochi, la strage degli innocenti duemila anni dopo”

Memorabile l’immagine del medico, del generale dei CC e del prete come i tre re magi. Con Erode sono nemici, a sentire loro. Allarmi falsi o eccessivi sul cancro da inquinamento, anche quando costruiti su casi fondatamente preoccupanti, possono portare ad etichettare e a trattare come malati di cancro bambini sani*. L’inquinamento è come il fuoco, che può bruciare ma viene anche usato dai battitori per impaurire la selvaggina e spingerla verso i cacciatori. Chi vuole davvero proteggere i bambini avvisa di entrambi i pericoli, e del loro verso opposto, e in maniera proporzionata alla realtà; non ne inventa o gonfia uno e tace dell’altro favorendone così gli effetti. E’ vero che si profila un futuro pericoloso per i bambini; ma anche perché chi non è mai sazio di oro e incenso vuole che vadano ad alimentare la sacra mangiatoia del cancro. I pericoli per i bambini non sono solo quelli inscenati da camorristi, medici, preti e carabinieri; ma sono anche altri, che diversi camorristi, medici, preti, carabinieri e altri vassalli del potere nascondono e aiutano. L’illusione puerile di bontà davanti ai presepi può sfociare nella tragedia, come nel Natale in casa Cupiello.

*Ohtsuru A et al. Incidence of Thyroid Cancer Among Children and Young Adults in Fukushima, Japan, Screened With 2 Rounds of Ultrasonography Within 5 Years of the 2011 Fukushima Daiichi Nuclear Power Station Accident. JAMA Otolaryngology–Head Neck Surgery, 2018. 29 nov 2018.

@ Bassettoni. In risposta al commento indicato da Bassettoni come rivolto a me. Il “politicamente corretto” e le campagne mediatiche pagate sono quelle della vostra parte; che ha eletto l’ambientalismo come ideologia con la quale fare passare per progressisti e nobili disegni liberisti altrimenti impresentabili. Tipici di queste posizioni sono anche i discorsi ibridi. Es. da un lato si esalta “la scienza” come fonte di verità indiscutibile, e poi in mancanza di pezze d’appoggio adeguate si ricorre alla sceneggiata di Mario Merola: la “strage degli innocenti” (?). Non è questione di cosa “le pare di capire”. Ma di dati di fatto e di grandi interessi. Non è semplice “allarmismo”, ma frode, almeno a livello dei mandanti. Ai livelli intermedi opera quel misto di mediocrità e dolo che fa credere a ciò che suona bene e porta vantaggi.

Frodi istituzionalizzate che possono causare morte e lesioni gravissime a bambini sani; trasformandoli in malati cronici, in persone cagionevoli, sterili, ritardate, anche quando “guariti”; con comparsa a distanza di anni di cancri veri e letali. Anche questo suo dire che non ci sia bisogno di denunciare la frode tanto gli italiani sono intelligenti non è proprio equilibrato. Sotto un bombardamento di messaggi artefatti, unito a censura, su temi come la salute – con la complicità dello Stato – chiunque crederà alle parole suadenti dell’inganno. Magari le difenderà. Vorrei avvisare chi non si beve a occhi chiusi presepi e ciaramelle: “statev’accuort”.

Bassettoni. Sarei un po’ stufo degli “ismi”, non sono un fan dell’ “ambientalismo” , sostantivo che a seguito di continue calunnie è ormai usato, da chi è in malafede, quale sinonimo di fanatismo, sono un cittadino normale che vuole difendere l’ambiente e non capisco di quali “discorsi ibridi” sarebbe colpevole chi persegue questo scopo elementare (Mario Merola??Boh.). E poi di che “frodi” sta parlando? Il Dott. Marfella cita dei semplici dati sull’incremento delle morti infantili in Italia, “anche” per motivi ambientali, e non capisco come si possa chiamare frode il dato di circa 10 mila bambimi morti ogni anno (non è una strage?) a causa delle terribili condizioni in cui si svolgono le migrazioni. Secondo lei sarebbero dati fasulli creati ad hoc per speculare sull’accoglienza o sulle cure? E cosa blatera di “grandi interessi”, “mandanti” “cancri veri e fasulli” e altre sconclusionate amenità. Sono dati e basta. Contesti le fonti e ne porti di più autorevoli se vuole essere preso sul serio, altrimenti si tratta di terrorismo gratuito ed ampiamente squilibrato, molto vicino al delirio.

@ Bassettoni. No, Marfella non presenta ricerche o dati che provino la strage di bambini da inquinamento. Ignora invece quanto si sa sulle sovradiagnosi, sulle quali esistono evidenze, es. quelle che cito, che impongono di non creare effetti spauracchio con l’inquinamento. Così facendo favorisce il business fraudolento delle sovradiagnosi. Ampiamente noto in letteratura, ma tabù nell’Italia dove chi sa stare al mondo esibisce “la scienza” e bacia la teca del sangue di San Gennaro. Il fatto che lei non lo conosca, che come “cittadino normale” si scalmani per “l’ambiente” e sul resto si tappi le orecchie e faccia versacci, come vogliono quelli che servite fingendo di criticarli; e che chi ha responsabilità istituzionali o si ponga come guida morale lo ignori e lo censuri, non significa che non esiste. Non credo che lei sia ignorante in buona fede; chi volesse davvero informarsi sulle sovradiagnosi può cominciare da G. Welsh. Sovradiagnosi. Il pensiero scientifico, 2013. Il più recente articolo sui gravi effetti nocivi a lungo termine delle terapie per i tumori pediatrici è di 3 giorni fa, sul NEJM: Cancer survivorship, CL Shapiro. Riguardo ai suoi insulti in difesa delle dannose ciarlatanerie che invece incontrano i suoi gusti, rispondo che fanno il paio con la fuffa che impunemente vendete; che sconfina non nel delirio, ma nel crimine. Del resto Gaspare, Melchiorre e Baldassare sono invocati anche in riti di giuramento mafiosi.

Bassettoni. Oh, finalmente è uscito fuori il soggetto, la “siovradiagnosi-sovratrattamento”. La chiarezza non è il suo forte. Bene, avevo intuito che lei si muovesse in questa melma, ma ognuno ovviamente è libero di pensarla come crede, quindi anch’io che considero le posizioni come le sue di tipo fortemente paranoico. Pertanto, non avendo alcuna intenzione di proseguire un dialogo in un contesto psicotico, la chiudo qui.

@ Bassettoni. All’interno della versione ufficiale si è liberi di mentire, sostenere tesi contro i dati e assurde, mettersi il cappello di Napoleone, spingere per la macellazione controllata di bambini, e trarne vantaggi. Tanto si è entro mura sicure. Se ci si azzarda a uscire dal copione, la sovradiagnosi e il sovratrattamento (rispettivamente 11964 articoli in inglese e 12533 articoli in inglese su Pubmed mentre scrivo) divengono “melma” e discorsi “psicotici”, “paranoici”. Un’affermazione per la quale non basta essere disonesti; bisogna avere l’animo del disonesto pezzente e disperato, che sa che andrà a letto senza cena se non sgraffigna qualcosa. Nel regno di Napoli il potere continua a difendersi, a difendere crimini e a diffondere ignoranza, facendo uso dei lazzaroni. Ma avviene ovunque. Ora che finalmente lei si allontana, spero che con la sua esibizione si sia almeno guadagnato il sostentamento per la giornata.

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18 gennaio 2019

Blog de Il Fatto

Commento al post di A. Marfella “Terra dei Fuochi e Lombardia, mal comune ‘sommo gaudio’ per chi le governa”

Seguendo il costume diffamatorio lanciato da Burioni, Marfella chiama “medici no-tox, pericolosissimi e antiscientifici” quelli che sollevino dubbi sulla natura causale della sua asserita correlazione tra eccessi di diagnosi di cancro e inquinamento. Identificare la correlazione con la causalità è non da medici ignoranti, ma da ignoranti tout court (1).

Tra gli sfaceli causati dalla mafia – e tra i motivi per i quali non viene eliminata – c’è che dicendo di contrastarla ci si pone nella posizione migliore per praticare affari affini. L’antimafioso scienziato poi ha la doppia aureola. Ma attribuire l’incremento di diagnosi del cancro della tiroide solo a Carmine Schiavone nascondendo l’allarme mondiale su come sia facile sovradiagnosticarlo, tanto che si vuole togliergli il termine ‘cancro’ per casi comuni, è più una prosecuzione che un contrasto dell’opera della camorra. Giusto parlare della cancerogenesi chimica. Ma limitarla all’inquinamento ambientale tacendo dei cancerogeni nei prodotti di consumo, es. la correlazione col cibo industriale dei supermarket (2), è da “medici miasmatici”, che descrivendo il cancro come una fatalità impalpabile spingono la gente verso le frodi dell’oncologia e coprono responsabilità di commerci legali nell’esposizione a cancerogeni.

1 Utts J. What Educated Citizens Should Know About Statistics and Probability. The American Statician, 2003. 57: 74.

2 Fiolet T. et al Consumption of ultra-processed foods and cancer risks. BMJ, 2018. 360: k322.

@ Antonio. Le segnalo i paragrafi 4 (significatività statistica) e 9 (variabilità) dell’articolo sull’alfabetizzazione statistica. Di quello di cui parla “solo lei” si parla sempre, gonfiandolo all’inverosimile: l’inquinamento ambientale, elevato a causa unica e infinitamente potente di cancro. Di altri fattori si tace, e li si nasconde: la correlazione alimenti industriali/cancro; la sequenza allarme cancro/sovradiagnosi. Un recente lavoro mostra come l’incidente nucleare di Fukushima abbia causato alle tiroidi di minori, via allarme, sovradiagnosi di cancro, e non come si temeva cancri da radiazioni. Lei dà per certo che il criminale abbandono di materiali medici radioattivi stia facendo una strage; non dice nulla sui danni certi da radiazioni a bruciapelo da esami radiologici facili. Uno studio mostra come le TAC nei bambini triplichino il rischio di leucemia e tumore al cervello. Un sospetto di cancro indotto dai suoi allarmi sregolati può trasformare un bambino sano in un malato di cancro autentico da radiazioni mediche.

Lei si fa un vanto del gridare; ma in Italia i toni forti si usano per le fogne che stanno in basso, facili da riconoscere, come la criminalità. Contemporaneamente ci si mette a disposizione delle fogne che stanno in alto, legali e riverite. Legga Gigerenzer, tedesco, noto scienziato cognitivo e statistico, che riporta la sua furiosa litigata con uno stimato dentista per evitare una “banale” radiografia alla figlia (Risk savvy. How to make good decisions).

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30 aprile 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Casula “Bambino morto a 5 anni di tumore, la procura di Taranto chiede il processo per 9 dirigenti ex Ilva”

In queste ore è in corso un nuovo tentativo di depistaggio su Via d’Amelio. I magistrati sanno con quanta cautela vanno prese le dichiarazioni di chi si presenta come pentito.

Il liberismo si basa sulla manipolazione cognitiva, su una presentazione della realtà a fini di profitto distorta in maniera magistrale e diffusa con l’uso dei più larghi mezzi. I magistrati non verificano se alcuni grandi temi mediatici, all’apparenza sacrosanti e meritori, siano in realtà volti a interessi illeciti; alla istituzionalizzazione di frode e sfruttamento. Così che è possibile che loro ne divengano strumento, come è già avvenuto per i depistaggi mafia-servizi. Es. che in futuro sulla spinta di questi allarmi le diagnosi di tumore pediatrico e il business che sostengono aumenteranno. Studi mostrano come gli allarmi inneschino un feedback positivo che autoalimentandosi genera sovradiagnosi. Sembra che non se lo chiedano, o che non vi badino. Ci sono le teste di turco mafia-servizi; ma ci sono anche le teste di turco cognitive, che, non meno perfide e velenose, fuorviando possono fare male su larga scala.

Ilva. Dal cancro nascosto al cancro inventato.
La post-camorra. Dai tagliagole alla chirurgia ingiustificata della tiroide.

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9 settembre 2023

Blog de Il Fatto

Commento al post “Covid, i presidi: “Distribuiremo le mascherine di scorta alle scuole, i docenti evitino gli assembramenti”. Vaia: “No allarmismi” “

The risk to any healthy child of hospitalisation or death from covid is (and was) essentially zero [1][2][3][4].

[1] C. Smith et al., “Deaths in children and young people in England after SARS-CoV-2 infection during the first pandemic year,” Nat. Med., vol. 28, no. 1, pp. 185–192, Jan. 2022.
[2] A. M. Pezzullo, C. Axfors, D. G. Contopoulos-Ioannidis, A. Apostolatos, and J. P. A. Ioannidis, “Age-stratified infection fatality rate of COVID-19 in the non-elderly informed from pre-vaccination national seroprevalence studies,” medRxiv, p. 2022.10.11.22280963, Oct. 2022.
[3] J. L. Ward et al., “Risk factors for PICU admission and death among children and young people hospitalized with COVID-19 and PIMS-TS in England during the first pandemic year,” Nat. Med., pp. 1–8, Dec. 2021.
[4] J. P. A. Ioannidis, “Reconciling estimates of global spread and infection fatality rates of COVID-19: An overview of systematic evaluations.,” Eur. J. Clin. Invest., vol. 51, no. 5, p. e13554, May 2021.

Da: Fenton N. Informed consent: statement on covid policies affecting children and young adults. 8 set 2023.

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4 febbraio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di F. Lo Torto “Giornata mondiale contro il cancro, “in Italia 1 paziente su 4 vede peggiorare la sua situazione finanziaria. E ridurre le possiblità di cura” “

L’oncologia è il campo dei feedback positivi; dei circoli viziosi che si espandono autoalimentandosi. A parte la stimolazione autocrina e i meccanismi selettivi nella biologia tumorale, i feedback positivi creati dal business. Es. :

Overdiagnosis creates a powerful cycle of positive feedback for more overdiagnosis because an ever increasing proportion of the population knows someone—a friend, a family member, an acquaintance, or a celebrity—who “owes their life” to early cancer detection. Some have labeled this the popularity par-adox of screening: The more overdiagnosis screening causes, the more people who feel they owe it their life and the more popular screening becomes.1

We receive positive feedback from patients thanking us for “saving my life,” alarming feedback from patients with missed diagnoses” and no feedback at all from patients whose cancer was overdiagnosed.2

A positive feedback loop of testing ensues3

Anche dare ancora più denaro pubblico all’oncologia, divenuta una insaziabile idrovora succhia-soldi, nei termini nei quali li chiede, la renderà ancora più corruttrice, a danno della salute e degli averi dei malati es.4. Ci vorrebbero invece misure di controllo “antitumorali” sull’oncologia stessa.

1 Overdiagnosis in Cancer. JNCI 2010.
2 Solving the Problem of Overdiagnosis. NEJM 2016.
3 Overdiagnosis: How Our Compulsion for Diagnosis May Be Harming Children. Pediatrics 2014.
4 Pharma Money to Oncologists Tied to Nonrecommended Care. Medscape 2023.

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Vedi anche:

Le anamorfosi su mafia e cancro

Il fuorigioco etico

L’altra mafia e i bambini: la sentenza di condanna dei Bottaro e il suo contorno mafioso. In: I rituali zozzonici della banda Mattarella 18 settembre 2019.

Quando è Pietro che si associa a Simon Mago

Pubblicare la lista dei magistrati di CL

18 May 2008

Forum http://www.marcotravaglio.it

Commento al post “Travolto dallo scandalo, si dimette il presidente ANM”.

sito chiuso

Nel 2004 nella città della Lombardia dove abito sono andato, per curiosità, ad una riunione pubblica di CL. Lo speaker ha vantato la presenza del Presidente del Tribunale e del Presidente della Corte d’appello, dicendo il loro nome e salutandoli. Erano presenti anche una quantità di imprenditori ufficialmente legati a CL tramite la Compagnia delle opere. Alla riunione erano presenti anche persone che rappresentavano, a mio parere, quanto sarebbe venuto alla luce diversi anni dopo: l’occupazione sistematica della sanità lombarda da parte di un gruppo di potere che controlla il personale in un modo che recentemente è stato paragonato a quello dei tempi del fascismo; per attuare una impostazione cristiana, dicono loro, della medicina; così cristiana che pratica uno dei mali più gravi, più luridi e meno noti dell’attuale medicina orientata al profitto, le sovradiagnosi, incluse le sovradiagnosi di tumore (Biondani, Gomez. Dottor lottizzato. Comunione e liberazione occupa il Niguarda di Milano. L’Espresso, 28 gen 2008; reperibile su internet). Situazioni che avevo denunciato già anni prima dell’incontro del 2004, al costo di pesanti atti di discriminazione, nel silenzio connivente e collaborante della magistratura (e del solito centrosinistra, dove pure sono numerosi gli adoratori di don Giussani). Dopo aver assistito alla riunione di CL, scrissi al locale sedicente “Osservatorio per la difesa dello Stato di diritto” (composto principalmente da avvocati, alcuni dei quali si producono in scappellate spagnolesche ai magistrati, dai quali dipendono le loro fortune professionali), e per conoscenza al presidente del tribunale; chiedendo se ritenessero:

“conforme allo Stato di diritto che cariche giudiziarie come quelle di Presidente di Tribunale e di Presidente di Corte d’appello vengano esibite da gruppi d’interesse. Penso che CL non sia peggiore, né migliore, delle altre consorterie, con le quali compete o fa affari. Ma, indipendentemente dalla specifica fazione, una presenza istituzionale come questa non costituisce un possibile incitamento all’illegalità e un deterrente alla richiesta di giustizia ? E’ giusto che un “ciellino” sappia di avere, oltre a politici come l’attuale “governatore” della regione, anche i presidenti degli uffici giudiziari tra i simpatizzanti o gli associati del suo stesso gruppo, un gruppo che persegue i suoi interessi in maniera tale che a volte appare nelle cronache giudiziarie? E’ giusto che chi si trovasse ad avere ricevuto torti dagli adepti di CL, alcuni dei quali perseguono il potere e la ricchezza in maniera ferina, debba vedere che anche le cariche pubbliche che dovrebbero assicurare la legalità ricadono nella sfera d’influenza di CL? “

L’unica risposta fu un incremento nei miei confronti delle misure di polizia, informali ma pesanti, delle quali ero oggetto da quando avevo denunciato le irregolarità nella sanità. Nella città dove abito alle riunioni di CL a volte partecipano, oltre che i vertici della magistratura, anche il colonnello comandante provinciale dei CC, il questore, il capo della Polizia municipale. Credo che l’attenzione per la mafia meridionale, con le sue complicità nelle istituzioni, metta in ombra, e giustifichi, fenomeni analoghi che avvengono “legalmente” al Nord. Seguo da tempo queste cose, e ogni anno vado ad assistere, da privato cittadino, all’inaugurazione dell’anno giudiziario; dove più di una volta mi è capitato di trovarmi davanti quel Presidente del Tribunale; che, voltando le terga, si rincalzava la camicia nei pantaloni e se li tirava su per la cintura.

Concordo con Paulin (La setta di COMUNIONE E LIBERAZIONE – PROPOSTA DI CENSIMENTO. 6 gen 2008, discussioni offtopic http://www.marcotravaglio.it/forum/viewtopic.php?t=10627&highlight=): CL è una lobby potente, con una tendenza a infiltrare i gangli di potere, che andrebbe censita. Concordo anche con bloom79, che ha commentato che la notizia di legami tra il presidente dell’ANM e Saladino avrebbe dovuto occupare la prima pagina dei giornali (Travolto dallo scandalo, si dimette il presidente ANM. http://www.marcotravaglio.it 15 mag 08): quella dei legami fra un magistrato che rappresenta la categoria e l’indagato di un’inchiesta (Why not) che ha portato la categoria a trattare il magistrato che indagava, De Magistris, come un appestato, è una notizia da prima pagina (invece è questo forum che si è adeguato: il titolo del post è stato sostituito con un tranquillo “Si dimette Luerti (pres. ANM), arriva Palamara”). Reputo un errore fermarsi ai casi aneddotici, sia pure importanti e rivelatori. Il fenomeno appare generalizzato, e andrebbe inquadrato nelle sue reali proporzioni statistiche: andrebbero rese note le liste di tutti i magistrati legati a CL, per vedere qual è il peso di CL all’interno della magistratura per consistenza numerica e per occupazione di posti strategici.

Tale pubblicazione è da richiedere per due ragioni. La prima è che è in contrasto coi doveri di imparzialità del giudice la sua affiliazione o vicinanza pratica ad una struttura che persegue sistematicamente l’occupazione delle cariche pubbliche da parte di suoi uomini di fiducia; la regione Lombardia di Formigoni ha addirittura istituzionalizzato ciò, con una legge del ’98 che prevede di “premiare solo chi garantisce maggiore affidabilità rispetto all’indirizzo politico” (Biondani, Gomez, cit.). E’ in contrasto con la posizione di magistrato fare gruppo con un’associazione che, raccogliendo migliaia di aziende, è ripetutamente coinvolta in affari che la portano ad essere oggetto di indagini delle Procure, dalla Calabria al Veneto. Non si possono invece contestare le sensibilità culturali che spingono con un impulso irrefrenabile i magistrati ad abbracciare, tra le tante dottrine filosofiche e religiose possibili, proprio quella di Giussani, che spicca più per il suo essere costruita attorno al perseguimento di soldi e potere che per una grandezza teoretica o morale. Uno si immaginerebbe che dei magistrati siano attratti da autori come Seneca, Montaigne, Pascal, Salvemini, etc., piuttosto che dal nebuloso misticismo mondano di CL; de gustibus. Forse subiscono il fascino di espressioni come “i magistrati sono sacerdoti civili”, che il padrino politico di CL, Andreotti, ha proferito all’indomani della sua assoluzione. Ma andrebbe rilevato che anche sul piano ideologico l’adesione ad una visione assolutista e clericale come quella di CL non è molto rassicurante quanto a fedeltà ai princìpi democratici. Il sostenere che si tratta di un’affiliazione meramente spirituale, che non inficia l’imparzialità del giudice, e che magari lo eleva alle vette superne della moralità, mi fa venire in mente il Presidente del Tribunale che si rassetta la costura delle mutande con la stessa nonchalance con la quale si aggiusterebbe il nodo della cravatta.

Non dico di epurare i magistrati legati a CL, come avvenne per quelli risultati iscritti alla parte resa pubblica delle liste della P2; ma chi capita nelle mani di questi magistrati dovrebbe avere almeno la possibilità di sapere che sono legati a un tale potere. Soprattutto se vi capita in quanto è attaccato da ciellini, o ha denunciato attività illecite di ciellini. Così come un cittadino dovrebbe sapere se ha a che fare con magistrati massoni (tra CL e la massoneria appare esserci una crescente vicinanza di interessi e posizioni). Il Procuratore Agostino Cordova di magistrati massoni ne individuò a decine, ma tutto è stato messo a tacere, grazie agli uffici della moglie di Bruno Vespa. Capisco bene che la richiesta di “schedare” i magistrati legati a CL, limitando così la loro sacrosanta libertà, appaia come minimo stravagante ad una corporazione che non ha trovato responsabilità eversive neppure nella P2, una simpatica cerchia di compagnoni che le malelingue e i dietrologi vogliono pesantemente implicata in quelle operazioni, incluse le stragi e gli omicidi politici, che hanno cambiato la storia e il destino del Paese. Sia CL sia la P2 sono considerate da diversi commentatori strutture fortemente filo-americane; ovvero uno strumento degli USA per influire negli affari interni italiani; entrambe risultano avere legami con quelle polizie segrete che compaiono regolarmente negli affari più sporchi che ci vengono rivelati dai media. Questi dovrebbe essere ulteriori motivi per censire la presenza di magistrati in CL, e rendere noto l’elenco. Veramente, dovrebbero costituire motivo per scegliere volontariamente di stare alla larga da CL, per quei magistrati che non vogliono compromettere l’integrità dell’alta funzione che esercitano; che preferiscono lo scomodo privilegio di esercitare con rigore il nobile servizio del magistrato ai privilegi che derivano dall’ammanicarsi con qualche loggia come un qualunque “borghese piccolo piccolo”.

La seconda ragione per chiedere le liste è che in Italia lo stato endemico di elevata illegalità è dovuto non solo all’illegalità conclamata della mafia, ma anche all’illegalità “che non dice il suo nome”: a dei “santuari”, degli asili, dei luoghi insospettabili nei quali si nasconde indisturbata. Credo cioè che in istituzioni che appaiono come agenti morali, in questo caso nel clero e nella magistratura, vi siano aree, soprattutto nelle posizioni di vertice, ma anche alla base, che corrispondono a questi santuari. L’adesione a CL pone i magistrati quanto meno sulle traiettorie dei legami che intercorrono e si intrecciano fra le aree santuario e il crimine riconosciuto, legami dei quali abbiamo letto nella cronaca giudiziaria. Nella mia esperienza la rete che certi magistrati compongono con altri poteri altrettanto riveriti differisce più nel nome che nella sostanza da una rete di tipo mafioso; né mi sorprende che si trovino legami tra CL e la mafia conclamata, sia nel caso della CL calabra, sia nel caso della CL che gestisce la sanità lombarda (Biondani, Gomez, cit.). Volendo essere come la moglie di Cesare (l’imperatore, non l’ufficiale pagatore dei magistrati per conto di Berlusconi) non si dovrebbero avere di queste frequentazioni.

Il nuovo presidente dell’ANM, il PM Palamara, verosimilmente non è di CL (e speriamo che non sia neppure di qualche altra consorteria). Questa non-affiliazione però non è sufficiente. Lo “scandalo” dei rapporti tra il presidente Luerti e un ciellino come Saladino non dovrebbe distrarre dalla situazione generalizzata di ordinaria commistione tra la magistratura e CL. Il nuovo presidente dell’ANM farebbe cosa lodevole chiarendo la posizione della magistratura rispetto a CL, e pubblicando l’elenco dei magistrati che sono legati alla sacra congrega. Prima ancora si dovrebbe chiederlo al CSM, ma non voglio eccedere con l’umorismo surreale. Il nuovo presidente, che è della stessa corrente di Luerti, Unicost, ha affermato di voler operare nel segno della continuità con la giunta precedente, e questo fa pensare che non gli si possano chiedere le liste dei magistrati di CL; è anche il magistrato che ha risposto alle dimissioni di De Magistris dall’ANM e alle critiche del PM di Catanzaro sul sindacato dei magistrati dicendo che “La storia professionale di ciascuno di noi è a disposizione di tutti” (APCOM 24 gen 08. De Magistris/ANM: non siamo normalizzatori né difensori d’ufficio). Questa sua affermazione fa sperare che vorrà fare un libro aperto anche della storia dei legami di ciascun magistrato con CL e con qualunque altro centro di potere o lobby. Se non vuole rilasciare i nomi, dia almeno delle anonime percentuali cumulative: quali sono le probabilità che il capo di un ufficio giudiziario, al quale ci si debba rivolgere anche per degli illeciti subiti da ciellini, o per dei reati commessi da ciellini a danno di terzi, sia vicino a CL? Quali sono le probabilità per un cittadino che abbia a che fare col sistema giudiziario di avere a che fare con un magistrato di CL? Il 5%? Il 10%? Il 20%, o sono ancora più alte? Per esempio, nella città dove abito, è solo la testa del pesce che odora di CL, o anche il resto?

Questi dati sarebbero utili, ma anche il loro mancato rilascio acquista significato: credo che si dovrebbe esaminare con maggiore attenzione l’assunto del senso comune per il quale la magistratura è separata dal sistema della corruzione che regna in Italia. L’ANM rivendica giustamente il diritto dei magistrati ad autonomia e indipendenza. Tale diritto però dovrebbe essere indisponibile: i magistrati non possono cedere a favore di altri la loro indipendenza e autonomia. Si parla sempre, giustamente, di autonomia e indipendenza della magistratura come diritto, e degli attacchi dei politici a questo diritto; ma si parla poco di indipendenza e autonomia della magistratura come dovere, e dei magistrati che non rispettano tale dovere.

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La prima liberta’ e’ la liberta’ dalla bugia.

Copia del presente post è stata inviata, firmata, il 19 mag 2008 con racc a/r all’ANM c/o il Presidente.

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30 luglio 2012

Blog de Il Fatto

Commento al post di E. Luzi “Fuga di sponsor e ospiti politici. Il Meeting di Cl declina assieme a Formigoni” del 30 luglio 2012

Dopo avere permesso senza vergogna per 20 anni che spadroneggiasse, ora si fa un gran parlare di Formigoni sullo yacht di Daccò. Si sta invece zitti sulle Coop “rosse” che finanziano le iniziative di CL. Sarebbe invece utile, come elettori e come consumatori, scorrere l’elenco degli sponsor e degli espositori, cioè dei passeggeri paganti sulla nave ciellina; la Nave della Mediocrità al potere; la nave della mediocrità amorale come sistema e come modello di “eccellenza”. Una nave che usa la Croce come il pennone dal quale esibire una macabra bandiera, che attrae e raduna coloro che bramano il successo mondano avendo gettata ai pesci l’onestà e rinunciato a qualsiasi forma di redenzione.

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19 agosto 2016

Blog de Il Fatto

Commento al post “Meeting Cl, Mattarella all’inaugurazione: “Spostamenti migratori non si risolvono con un cartello che vieta l’ingresso”

Andrebbe piuttosto rivalutato il valore delle giuste separazioni. Es. un Presidente della Repubblica non dovrebbe esortare a spalancare le frontiere a masse senza arte né parte in cerca di fortuna; e dovrebbe astenersi dal varcare la soglia del gran convegno di un forte gruppo di interesse come CL. La sua partecipazione è anche un insulto – modesto – ai cittadini che sono vittime dell’affarismo spregiudicato di questa specie di massoneria clericale; ed è un endorsement che rafforza le mura e allarga il fossato di un castello di signorotti, dei quali favorirà aggressività e convinzione di impunità. Ho l’impressione che Sergio Mattarella sia più affine al padre che al fratello Piersanti nel definire liberi pascoli e muraglie invalicabili.

@ Mauro. C’è da sperare che gli italiani comprendano in interiore homine che sarebbe nel loro personale e urgente interesse avere governanti validi e che li rappresentino. Il confronto tra il catalogo attuale – nessuno escluso – e i tempi che ci attendono dovrebbe fargli venire brividi di paura, se non di sdegno; e spingerli a drizzare la schiena, piuttosto che impetrare il Soffio divino.

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18 gennaio 2017

Censurato dal blog de Il Fatto

Commento al post “Massoneria, Bisi (Goi): “Non darò elenco all’Antimafia. Non ci sono parlamentari iscritti”

La libera consultazione degli elenchi completi ed esaustivi degli iscritti alle varie massonerie – incluse le forme affini come l’Opus Dei e CL – sarebbe un passo semplice e praticabile per rendere il cittadino comune meno indifeso, e il suolo italiano meno propizio alla crescita e persistenza di malerbe. Peccato che gli antimafia e i grillini su modeste misure del genere stiano zitti, votati come sono a spendere le loro virtù guerriere in ben altre battaglie.

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16 febbraio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Consulta, la presidente Cartabia: “Processi troppo lunghi diventano pena anticipata. La giustizia deve avere un volto umano”

“La giustizia giusta è riconciliazione, non vendetta”. No, quella è la giustizia perfetta, ideale. Il nostro istinto a vendicarsi è una delle bestie da scacciare e ridurre all’impotenza; che è tra le funzioni delle buone leggi. Ma non è da giuristi di valore la giornaliera giaculatoria che si autoattribuisce un ‘moral grandstanding’ predicando l’embrassons tra il lupo e l’agnello e appiccica l’etichetta della “vendetta” a qualsiasi richiesta per una amministrazione della giustizia che al contrario dell’attuale sia una penalizzazione e non un fattore permissivo per il crimine e il parassitismo dei potenti, e per la furbizia dei delinquenti minori. Oltre che di Eschilo si ricordino di Tacito: chiamano pace il deserto che creano con l’impunità. E’ offensivo e ambiguo questo sfoderare sempre l’accusa di volersi vendicare; ed è espressione dell’agenda politica e delle tecniche di persuasione del clero e degli altri che vogliono una società predatoria, ordinata secondo una piramide alimentare. Clero che mentre invoca l’irenismo dà esempio di implacabilità nel punire con ritorsioni – anche tramite quelli cui fa ottenere una toga o una divisa dello Stato – gli onesti che non recedono dall’intralciare i suoi affari illeciti. Uno dei tratti culturali che accomunano clero e mafia. A partire dai busybody di CL; dalle cui schiere l’edenica Cartabia proviene.

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31 maggio 2020

Blog de Il Fatto

Commento al post “Guglielmo Mollicone, morto il papà di Serena: per 20 anni ha cercato la verità sull’omicidio”

Anni fa inviai una lettera di protesta sul comportamento mafioide di magistrati al presidente dell’ANM. Tale Palamara; allora non era noto al grande pubblico e io non sapevo niente di lui tranne che era stato scelto dai magistrati a rappresentarli. L’unico riscontro apparente è stato una reiterazione e un aggravamento dei comportamenti mafioidi istituzionali. Ho sviluppato una scorza alle porcherie del potere, ma anche per me è toccante l’immagine di quella ragazza di 19 anni che con la sua concezione ingenua del mondo bussa alla sede preposta alla legalità. Ora, passati tanti anni e col processo che deve ancora iniziare, se ne è andato il padre. L’arte di simulare la giustizia senza praticarla davvero ha tra le sue procedure anche quella di logorare le parti lese, stressandole, con effetti avversi sulla circolazione coronarica.

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Vedi:

4 maggio 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Limiti “Massoneria e politica, siamo alle solite: la vita pubblica va protetta dai gruppi privati”

In: Massoni e legalità

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9 giugno 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Limiti “Chi si candida deve dichiarare se appartiene a una loggia massonica: una legge necessaria”

30 anni fa, per 2 anni per andare al lavoro come resident in un grande ospedale di Boston scendevo dalla metropolitana alla fermata del Common, la grande piazza centrale. Ogni giorno una delle prime cose che vedevo uscito all’aperto era un edificio imponente, con su un’architrave, inciso a caratteri giganti, “Grand Lodge of Masons in Massachussetts”. Non ci facevo più caso (me l’avrebbero fatto ricordare i nostri camerieri gallonati degli USA al ritorno in patria).

Lo stile anglosassone è la disclosure, la “luce del sole che non disinfetta” ma anzi mimetizza. Lo si riconosce in campo medico: “Doctors should avoid having financial conflicts of interest. The idea that, as long as they declare them, everything is all right, is silly. Financial conflicts of interest distort what people say and write, so how should readers handle a research report with authors on industry payroll? Should they ignore the report completely or downgrade it, and if so, in what way and by how much? The solution clearly is to avoid financial conflicts of interest entirely.” (PC Gotzche. Deadly Psychiatry and Organised Denial). La disclosure – di tutti i funzionari pubblici – è il minimo, ma è anche uno sdoganare. La non iscrizione è segno necessario, anche se non sufficiente, della virtù interiore, che sola rende valido chi impersoni lo Stato; e che lo porterà a non iscriversi ad alcuna conventicola con la scusa che ne hanno fatto parte Mozart e Garibaldi, o che vi si venera S. Maria Goretti, etc

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11 settembre 2021

Blog de Il Fatto

Commento al post di L. Monforte “Palazzinari, candidati della Lega e pure Sebino Nela alla cena elettorale di Palamara. Tra borse Louis Vuitton e la musica di Franco Califano”

Si può dire che dei film di Sordi, che mentre denunciano assolvono, facciano parte anche gli spettatori. Analogamente, di questo quadretto cinematografico fanno parte anche gli italiani che riconoscono il generone e le sue manifestazioni pittoresche, e scuotono il capo, ma evitano di riflettere su come il centro d’attrazione di una tale fauna umana, Palamara, sia stato messo a rappresentare – e gestire – gli interessi di categoria dai magistrati, gli austeri giudici e PM che per professione pesano le persone, valutandone il profilo morale.

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15 marzo 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Renoldi a capo del Dap, Cartabia al Senato: “Vediamolo lavorare e ne riparliamo. Non mi affido alle opinioni espresse da un giornale””

Il problema è che abbiamo già constatato come opera la Cartabia, e non va bene. Capisco che in un paese che si fonda sul cronyism* suoni come una provocazione impudente e sfrontata; ma in una utopica repubblica sana certe cariche dovrebbero essere garantite da chi nomina**. Che dovrebbe rispondere in prima persona del comportamento del nominato; in solido con lui. Non fare esperimenti come dice la giurista proveniente da quel santuario del cronyism che è CL. Un simile sistema era*** e presumibilmente è in vigore presso i mafiosi rispetto ai quali la sensibilità costituzionale della Cartabia, altrimenti smussata, è così viva. Un esempio di quella efficienza procedurale e del sistema di garanzie che mutatis mutandis diversi esperti riconoscono essere praticate più dai criminali che da chi dice di combatterli.

*Cronyism. Wikipedia.
**La ‘generatio aequivoca’ di professori universitari e magistrati. Sito menici60d15.
***Fusco G.C. Gli indesiderabili. Sellerio, 2003.

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24 agosto 2022

Blog de Il Fatto

Commento al post “Rezza: “Vaccini anti-Covid vittime del loro stesso successo, ma ne abbiamo ancora grande bisogno””

Quelle del ministeriale Rezza sono espressioni a effetto, vuote e sinistre. Adatte al grande sabba riminese. Tra nazioni vicine ma ad alto e basso tasso di vaccinati i tassi di mortalità da covid sono stati simili. Es. Israele e Palestina. All’arrivo di omicron in Israele non si è osservata l’attesa riduzione di mortalità; si è invece avuta una impennata “a razzo” * di casi di omicron, mentre in Palestina i casi sono stati prossimi allo zero.

A ciò vanno aggiunti i danni da vaccino, ora ammessi perfino dall’estremista ministero della salute tedesco**. Già nel novembre 2021 il Paul Ehrlich Institute, responsabile per il ministero della sicurezza dei vaccini, aveva lanciato un allarme informale, prontamente represso: “one in 5,000 vaccinated people has a serious side effect such as heart muscle inflammation. Statistically, every 10th person must expect a severe course.” **. Dati vecchi e nuovi indicano che l’interessamento cardiaco da vaccino non è un fenomeno raro come la propaganda vuole fare credere, e che sta venendo occultato e trascurato, così che insistere sulle non necessarie vaccinazioni ai giovani è nettamente “malfeasance”, condotta illecita***.

*Impact of vaccination on covid death. Inconvenient truths in international datasets. Gruppo Hart, 23 agosto 2022.
** German Ministry of Health reports on vaccine injury. First official admission of harm. Ib. 23 agosto 2022.
*** (Yet) more worrying data on myocarditis in children. Ib. , 18 agosto 2022.

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22 settembre 2023

Blog de il Fatto

Commento al post “Uccise e fece a pezzi Carol Matesi, Davide Fontana ammesso alla giustizia riparativa. Il padre della vittima: “Schifato” “

“Il sonno della ragione genera mostri”. Questi sono i mostri, ma il sonno è il nostro, che permettiamo di tenere i posti di guida del Paese occupati da soggetti che non sono nostri rappresentanti, nostri fiduciari, ma alieni. L’alieno è “colui che appartiene ad altri”. Come la Cartabia, o come i tanti che vanno a fare l’inchino al meeting di CL, a partire dal presidente del CSM, il PdR Mattarella.

@ Brisk: Il sonno della ragione genera mostri. Non bisogna confondere lo strumento con l’effetto. E’ vero che Goya lo disse descrivendo gli orrori dell’invasione di una rozza soldataglia; ma nel caso della penna del giudice – o della siringa del medico – con le “trovate mirabolanti”, con gli argomenti in sé ridicoli, si generano mostri con poco sforzo. Es. nell’applicare la sciagurata amnistia Togliatti i giudici ci aggiunsero del loro. Come nel caso dei fascisti assolti in quanto i giudici giudicarono non sufficientemente efferato lo stupro di gruppo – con modalità particolamente violente e umilianti – di una staffetta partigiana (Franzinelli M. L’amnistia Togliatti. 1946. Colpo di Spugna su crimini fascisti. Feltrinelli, 2016).

Pensando alle conseguenze, delle mancate epurazioni di allora, e oggi della giustizia resa una variabile aleatoria, una concessione soggetta al capriccio di chi ha in mano la penna, un bene scarso da pietire, si può dire che il sonno della ragione, il dormire e lasciare fare dei cittadini, genera stirpi di mostri: mostri che si riproducono e diventano così una presenza perenne.

@ Brisk: Usiamo categorie diverse. I magistrati aiutarono i fascisti non in quanto affini (anche se alcuni avevano indossato la camicia nera sotto la toga, e scritto su “Diritto della razza”), ma in obbedienza al nuovo potere. Che non voleva le epurazioni, volendo i fascisti come strumento per il controllo del Paese. I magistrati in quegli anni favorirono anche la mafia per lo stesso motivo. Togliatti con l’amnistia si adeguò ad ordini spartitori sovranazionali, Yalta, etc. Oggi col medesimo spirito cortigiano i magistrati “progressisti” servono i disegni del moderno fascismo tecnocratico in medicina, es. sul suicidio assistito, la legalizzazione del colpo di grazia che aumenterà sovratrattamenti e sofferenze. Dietro alla tenue vernice ideologica opera la perenne potente forza che spinge a mettersi dalla parte del più forte. Non è che Napolitano fosse un fascista convinto quando era nel GUF, un fanatico stalinista quando approvava l’URSS che schiacciava l’Ungheria, un sincero lockiano quando frequentava le ambasciate USA e UK e si metteva al servizio della NATO mentre gli stessi ambienti evitavano che avessimo degli Aldo Moro come PdR facendolo uccidere. Napolitano serviva il potere. Si trascura l’elementare, possente spinta a “correre in soccorso al vincitore”, e la si copre sotto storielle di duelli ideologici. La magistratura non è meno compromessa dei politici in questa forma di corruzione.

v. Baruffe di corte: i baroni della destra e i mandarini della magistratura

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13 febbraio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di S. Zamboni “Il ricorso al fine vita è un diritto, spero che l’Emilia Romagna l’affronti con la dovuta laicità”

A Mirandola, Modena, il 21 marzo 2020 è arrivato dalla Germania un carico extra di diecimila dosi di midazolam. Un depressore dei meccanismi del respiro. Col quale si è “trattata” l’insufficienza respiratoria delle diagnosi di covid, col risultato di uccidere. Il midazolam è tra i farmaci dell’eutanasia. E’ stato usato anche per condanne a morte, e si è visto che è una morte tutt’altro che indolore.

La “scelta” sull’omicidio medico è di fatto in mano non a chi lo subisce ma a chi lo esegue. Ai medici, che hanno incentivi a farne un pessimo uso. Consegnare ai medici il diritto sulla propria vita può facilmente tradursi nella sequenza sovratrattamento-colpo di grazia, con un aumento di dipendenza, indegnità e sofferenza*.

Tra le esche per imporre l’agenda dell’omicidio medico c’è quella, scolastica, della “laicità”. C’è una opposizione laica all’omicidio medico, es. **. Viceversa il clero, partecipe delle manipolazioni mediche con le quali si ottengono potere e ricchezza, gioca sull’ambiguità delle cure palliative. La prima distinzione è tra l’aiutare NEL morire, evitando l’accanimento e preservando la qualità di vita, che viene negato; e l’aiutare A morire, che tranne una minoranza di casi è un essere messi in condizioni tali da dover accettare come preferibile l’essere abbattuti. O un essere abbattuti d’ufficio, come avviene in UK.

*Il riduzionismo giudiziario nella frode medica strutturale: il caso del testamento biologico
**Yuill. Assisted Suicide: The Liberal, Humanist Case Against Legalization. 2013.

Stokasto. Completamente avvinghiato a CL?

@ Stokasto: Io “avvinghiato a CL”. Quella di “Tutto Chiesa e wc” (Travaglio, La scomparsa dei fatti). Di Chiaravalloti “passerà gli anni suoi a difendersi” (Travaglio, Mani sporche). Dei magistrati affiliati (questo l’ho scritto io: “Pubblicare la lista dei magistrati di CL”, 2008). Della concezione simoniaca del medico come sacerdote, G. Cesana. Di Cartabia asset per i mafiosi e il crimine farmaceutico. CL che ha dato un buon lavoro, soldi pubblici, a Moretti, BR-servizi, e ha aiutato Barbone, sicario di Tobagi (Fasanella, I silenzi degli innocenti). Mentre io sono tra quelli epurati tramite cricche come CL.

Sei tu che vedi le cose da un prospettiva a 90 gradi. Non mi riferisco alla postura simbolo di passività (anche se non è fuori luogo). Parlo della orizontalizzazione*: il convertire le ferree imposizioni del potere globalista, verticali, dall’alto al basso, come questa dello sdoganamento dell’omicidio, nelle sceneggiate destra-sinistra. Da verticale a orizzontale, una rotazione ad angolo retto. Quando fanno a gara nel servire il potere vero la finta destra, la finta sinistra, toghe anti-forchettoni, come la PM Siciliano, che duetta con Cappato per fare degenerare l’eccezione in norma di routine, e pro-forchettoni, come Nordio, iscritto all’ass. Coscioni, etc. **.

* L’orizzontalizzazione.
** Baruffe di corte: i baroni della destra e i mandarini della magistratura

 

Stokasto. Ama profondamente quello che scrive ed esagera. Il tema è serio e il Midazolam come lo Xanax (ben più conosciuto) è un ansiolitico che anche io darei a chi sta per essere giustiziato perhè condannato a morte.

Attento che questo è un argomento che mi tocca da vicino e potrei dedicarle molto più tempo per portare alla luce gli assurdi altarini con santini e croci che si è tatuato sotto la scucchia.

@ Stokasto: Il midazolam è sì una benzodiazepina ma non di quelle consumate a fiumi nella vita comune. Di uso specifico, crisi epilettiche, anestesia, può divenire efficace strumento di morte, deprimendo il respiro, tanto più in sinergia coi farmaci coi quali viene combinato, e con la somministrazione per infusione data la durata d’azione molto breve. Giocando su questo equivoco può essere usato per l’eutanasia del non consenziente, come è avvenuto col Liverpool Care Pathway. E come è stato denunciato per il famigerato protocollo covid NG163, es. **.

La rassicurazione falsa e ingannevole che il midazolam “è un ansiolitico come lo Xanax” ha dunque autentica rilevanza criminologica, che dovrebbe essere nota alla magistratura. Oltre a mostrare come l’omicidio sia il fine e non il mezzo della campagna per la morte facile, e come i mezzi siano quelli subdoli del veneficio.

*This Sedative Is Now a Go-To Drug for Executions. But Does It Work? NYT, 1 lug 2022.
**Evidence the UK Government authorised “mass murder” of the Elderly and Vulnerable by Midazolam injection and then blamed Covid-19. The Exposè 19 gen 2022. – Ahmedzai +9 altri. Managing COVID-19 symptoms in the community. BMJ 20 apr 2020.

Tintinnabulum. Neologismi, ceiptolalia, circostanzialità, tangenzialità, …direi più che si tratta di un disturbo del pensiero.

La grandiosità fa pensare che sia in fase maniacale, ma forse è psicosi. Non è facile fare diagnosi differenziale senza altri elementi.

@ Tintinnabulum: Il caso di Alessia Pifferi, che evitavo di seguire per quanto è triste, per me è divenuto interessante per la presa di posizione della Procura di Milano sulle psicologhe. Mi chiedo se lì si rendano conto di quali interessi di pendagli da forca sono andati a toccare, non accettando la carta jolly, “la matta”, della consulenza psichiatrica; la carta dei camorristi* e dei farabutti di alto bordo.

*C. De Rosa. I medici della camorra. Castelvecchi, 2017.

Syrantex. Yuill risulta molto più comico negli altri suoi libri (quando difende il secondo emendamento o quando sostiene che Nixon combattesse il razzismo). Il libro sul suicidio assistito, seppur altrettanto strampalato, non riesce a risultare allo stesso modo divertente.

@ Syrantex: CENSURATO

Chi interviene per dare del buffone che non fa ridere a un autore che contesta l’agenda Cappato; senza altra argomentazione? Ma è Syrentex, massone dichiarato, facile a giudizi rapidi come gli inoculi che difende: mi ha già dato del terrorista pericoloso, del mafioso, del malato di mente. A commento di un articolo qui su massoneria e politica, S. Limiti, 4 mag 2021, mi ha scritto che “le piacerà” leggere come la Iannini, “mai visto un GIP umiliare così un PM”, abbia bloccato le denunce sui massoni del notaio Marrapodi (poi trovato impiccato).

Non per lui, ma per chi leggesse, un altro autore laico che denuncia la pericolosità del progetto morte facile: Euthanasia and the ethics of a doctor’s decisions. An Argument against Assisted Dying. Bloomsbury Academic, 2021. Di Ole Hartling, medico, già chairman del comitato etico danese.

Non si faccia caso a Syrentex che sfregia coi suoi scarabocchi le copertine dei libri e le foto degli autori. Bisogna però annotare quali supporters ha il progetto “etico” della morte facile davanti a critiche come quelle di Yuill, Hartling, le mie. E osservare che mentre nei paesi anglosassoni c’è un’opposizione laica di medici, intellettuali, cittadini, nell’Italia cattolica Cappato, protetto da un cordone di troll, monopolizza la scena mediatica. E di voci mediche, di singoli, di Ordini, di società scientifiche, così forti e assidue nel chiedere e ottenere aumenti salariali, impunità e medicalizzazione, se ne sentono poche.

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18 febbraio 2024

Blog de Il Fatto

Commento al post di C: Simbula ” “Ho arrestato il capo delle Br senza sparare, ora preparo pizze e assisto i malati di cancro”: la seconda vita del poliziotto Claudio Bachis”

Complimenti. Ma mi vengono in mente a) Mike Stern, che da agente di collegamento tra il bandito Giuliano e i servizi USA da anziano passò a occuparsi di Alzheimer (ne scrissi nel 2007 all’allora PM Scarpinato; e la cosa dovrebbe interessargli anche come senatore, perché la grande frode strutturale sulla demenza senile che lì descrivo dall’anno scorso può avvalersi di un corposo intergruppo parlamentare; ma ho l’impressione che come ad altri non gli interessi molto quella che chiamo “la mafia dietro l’antimafia”). b) i CC che hanno donato il premio di 10000€ per la cattura in limine vitae di Messina Denaro a un reparto di oncologia pediatrica*.

Abito nella stessa città dove Moretti** si gode i privilegi vergognosamente riconosciutigli. E dove invece ricevo un trattamento di genere opposto. Su questo sito giorni fa, in risposta a chi mi calunniava come “avvinghiato a CL”, ho risposto ricordando tra le altre vergogne di CL il lavoro dato a “Moretti-servizi”. E’ intervenuto un massone dichiarato con i soliti insulti; il Fatto come altre volte ha censurato la mia risposta. Nella città ospitale con Moretti sono scattate le solite rappresaglie.

Una continuità personale tra contrasto del terrorismo e assistenza ai malati non dovrebbe coprire la continuità strutturale tra il terrorismo pilotato di allora e gli odierni lavori sporchi pro frodi mediche di alto bordo.

*Le anamorfosi su mafia e cancro
**Flamigni S. La sfinge delle Brigate rosse. 2004.

 

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Vedi anche:

Mafia fordista e neoliberismo

La sinistra calvinista e il “fair game”

21 April 2008

Forum http://www.marcotravaglio.it

Commento al post “La coltivazione della viltà: Giuliani e Bagnaresi”

sito chiuso


Il pullman è temporaneamente sotto sequestro, ma un ragazzo, che tra l’altro aveva dato prova di sapersi dedicare a cose buone, come l’impegno nel sociale, è finito sottoterra. Non varrebbe la pena di soffermarsi sul caso, anziché assolvere e condannare come sbarrando le caselle su un modulo prestampato? Una stima adeguata di ciò di cui stiamo parlando – di quelli che nell’analisi bayesiana, che viene impiegata anche nella valutazione della commissione di reati, si chiamano “priors”, cioè delle probabilità a priori che l’autista abbia potuto compiere una scorrettezza dall’esito fatale – potrebbe essere data dalla frequenza di notizie o di denunce a carico di autisti per scorrettezze che mettono a rischio l’altrui incolumità, al netto dei falsi positivi. Si potrebbe anche chiedere informazioni sulla frequenza di tali comportamenti alla Stradale, che meglio di chiunque altro ha il polso della situazione; e che però ha anche interesse a escludere la possibilità di omicidio per colpa cosciente o dolo eventuale, avendo un suo agente sotto processo per la stessa accusa in una situazione simile.

Indagini del genere non sono alla nostra portata, ma si può pensare che tale probabilità a priori non sia trascurabile: non credo di essere l’unico in Italia ad avere visto autisti commettere scorrettezze pericolose. Pochi giorni fa il preside di medicina della Sapienza ha incluso gli autisti di autobus tra le categorie da sottoporre eventualmente ad antidoping. Invece, secondo le risposte apparse qui, la probabilità a priori di scorrettezze pericolose da parte degli autisti non può che essere zero, essendo tale probabilità statistica soppiantata da una certezza che viene ancora prima, un prius di tipo morale: l’abuso della forza dell’automezzo da parte degli autisti è uno di quei mali immaginari che in realtà non esistono; è quindi fantasioso, o peggio, includerlo nella “diagnosi differenziale” delle cause per le quali un autista in un’area di sosta ha stritolato sotto le ruote del suo mezzo un giovane che gli si era messo davanti.

Uno dei moderatori del blog, RobertoMorelli, aveva in precedenza anche lui commentato, ma in forma civile, che Bagnaresi ha trovato ciò che stava cercando (“Tifoso ucciso”, 30 mar 2008, in: Discussioni off topic di questo blog). Giambi, che milita sotto il segno dei Simpson, esprime questa convinzione col sistema di Berlusconi: accomunandomi ai marxisti-leninisti. Mitb da pochi giorni ha cambiato nick; attualmente, anche su questo post, mantendo l’avatar di Filippo Facci è diventato “Filippa la pazzoide”. Un nome che è già un insulto. Nei blog, bisognerebbe moderare anche l’anagrafe degli utenti. Filippa si rammarica per i disagi all’autista, e liquida l’ucciso come un “teppista” “delinquentello” che stava “importunando” tranquilli borghesi. Forse Bagnaresi se l’è cercata nel senso che, avendo scelto volontariamente di fare l’ultrà, non solo ha accettato di partecipare ad azioni violente, o di subirne; ma purtroppo ha anche inconsapevolmente accettato l’offerta del potere di essere portatore di uno stigma, e quindi la possibilità di cadere vittima di abusi, e di farsene poi attribuire la colpa in via esclusiva. Come “Palla di sego”, la prostituta dell’omonimo racconto di Maupassant, vittima della “vigliaccheria ammantata di rispettabilità … della borghesia” (“Boule de suif” quarta di copertina ed. Einaudi, 2000).

Nel frattempo ci sono state le elezioni, il centrosinistra ha perso, la “sinistra” è sparita dal Parlamento, mentre si è affermata la Lega. Il blog si è indignato per il risultato. Però alcuni hanno difeso l’autista (che è di un paesino della bergamasca) con argomenti e insulti di tipo leghista (che poi ricordano i temi della sceneggiata napoletana): un autista che porta il pane alla sua famiglia è al di sopra di ogni sospetto, porco qui porco là. L’argomento di Corax, applicato ad Andreotti, per cui è inverosimile che un importante statista come lui possa aver avuto rapporti con la mafia, viene aspramente criticato sul blog; ma viene invece applicato ciecamente alla categoria degli autisti, o dei padroncini. Si tuona contro la casta; più che giusto. Si è più tiepidi con le corporazioni minori, le categorie che non sono classe dirigente ma sono aiutate, e sono anch’esse responsabili di disfunzioni sociali e ingiustizie; es. gli artigiani che non pagano le tasse o gli stipendiati imboscati da qualche parte. E’ più facile guardare freddamente alle colpe di Giulio Andreotti, il belzebù che sta nell’alto dei cieli, che a quelle, più modeste, ma non innocue, di alcune figure sociali, di alcune corporazioni di arti e mestieri che sono parte del nostro quotidiano. La piccola e media borghesia è sacra.

E’ sacrilego non considerare immuni da critiche gli autisti? Gli autisti possono comportarsi male come chiunque, e come qualunque categoria. Noi li vediamo come esponenti del popolo che lavora; in Cile i camionisti, pagati dalla CIA su mandato delle multinazionali del rame, innescarono il golpe di Pinochet paralizzando il paese con uno sciopero. Si dice che la notte facessero la guardia armata ai loro mezzi recitando il rosario. I tassisti nostrani si comportano come una corporazione aggressiva, che difende i suoi privilegi in maniera becera e violenta; uno di loro ha ammazzato un abusivo a pugni. Nessuno dice niente sui tassisti. Gli interessi dei guidatori di Tir sono legati ad una serie di mali del paese, l’eccessivo trasporto merci su gomma, l’intasamento delle strade, la necessità di aggiungerne di nuove degradando ulteriormente ambiente, l’inquinamento e gli incidenti automobilistici; ma chi osa dirlo, se non di sfuggita. Filippa la pazzoide, è stato interessante vedere sotto le elezioni, sul blog intitolato a Travaglio e votato a Di Pietro, questa manifestazione di poujadismo, da destra bottegaia, da partito dell’Uomo qualunque di Giannini, che farebbe assentire qualsiasi leghista o forzitaliota. E’ interessante, Filippa, vedere applicata su questo blog la teoria penale fascista della “colpa d’autore”, per la quale le responsabilità si attribuiscono e si escludono a priori, in base al modo di essere delle persone, in base alla veste sociale, in base al “comune sentire”, e non in base a un’indagine seria su fatti e motivazioni.

Credo che l’episodio di Bagnaresi e la reazione alle mie osservazioni si inquadrino nel contesto politico generale. Credo che il centrosinistra, e anche la sinistra sedicente “radicale”, abbiano perso avendo la stessa visione di fondo della destra; e che alcuni dei votanti dei due gruppi che hanno riportato il maggior successo, leghisti e dipietristi, su certe cose la pensino allo stesso modo, es. la concezione per la quale un autista di pullman è per definizione una persona perbene che non può sbagliare, mentre un ultrà non può che essere il solo colpevole di tutto ciò di cui é vittima. Come ha osservato Eco (U. Eco, Perché in Berlusconi si nasconde un comunista), a sua volta Berlusconi adotta le tecniche semiotiche dei veterocomunisti, es. la demonizzazione dell’avversario. Ma Berlusconi è più coerente: “se un ladro ha la faccia da ladro in fondo è onesto” fa dire Fellini ad un “bauscia” in un suo film. Senza dare del ladro o della faccia da ladro a nessuno, Berlusconi, privo di princìpi e istrionico, è, nel suo genere, più “onesto”, cioè più autentico, di Veltroni; che non è su posizioni radicalmente diverse da quelle di Berlusconi, ed è perfino più falso di lui relativamente agli ideali che vorrebbe rappresentare.

Ciò che maggiormente differenzia l’attuale centrosinistra da Berlusconi non è l’elemento che per Bobbio caratterizza la sinistra, la ricerca dell’uguaglianza. Ma è al contrario l’etica della disuguaglianza: l’ambiguo moralismo calvinista, l’etica del capitalismo, che chiede rigore, ma subordinato agli affari; un’etica che esalta il capitalismo, considerando il successo mondano segno dell’approvazione divina, e lo stabilizza ideologicamente chiedendo di praticarlo “asceticamente”, come se fosse un esercizio religioso. Se poi lo si pratica edonisticamente, pazienza, l’uomo è peccatore, ma non per questo bisogna cambiare la società. E’ l’etica della predestinazione, e quindi della protezione delle caste e degli ordini sociali. Seguendo tale etica, di questa destra si criticano solo la rozzezza, l’esibizione, la voracità senza freni, le frequentazioni nella sfera della criminalità comune o mafiosa. La critica a Berlusconi dell’Economist. La critica appare radicale e implacabile perché questo centrodestra è smodato. Forze come “L’Italia dei valori” denunciano, giustamente, comportamenti dei politici che in molti casi sono arrivati a tradursi addirittura in condanne penali; ma non contestano le opzioni valoriali di fondo, delle quali le condanne penali sono il sintomo. Queste opzioni, che sono le più importanti, non si discutono, come non le discute certo l’Economist. Fare soldi, “the pursuit of happiness” sono i valori fondanti e accettati. (Infatti anche i censori come Di Pietro hanno le loro marachelle e le loro partecipazioni nelle colpe, e negli affari, della destra; sì, però in modica quantità …). Il centrosinistra vorrebbe aggregarsi al carro del vincitore rappresentando, sul piano ideologico più che su quello pratico, la coscienza del liberismo. Vorrebbe partecipare al banchetto vestito da pastore protestante.

L’etica calvinista auspica una maggiore austerità nella lotta a coltello per la pagnotta e per il companatico, non la giustizia in sé. Il liberismo dal volto umano. Quella che Latouche chiama “etica di secondo grado”. L’etica del “ma anche” nella belante versione Veltroniana. Tutela la separazione in ordini sociali, considerati ordine divino, coi relativi privilegi e impunità, legati a una grazia “irresistibile”. Solo alcuni, gli eletti, si salvano. Un’etica che chiede solo un certo stile, una certa misura, nell’accettare la volontà divina della disuguaglianza. Una posizione cruda e ingiusta, ma non spregevole quando è temperata da una forte opposizione di sinistra che si ispiri invece a un credo socialista; ma che diviene l’ideologia dell’usuraio e dell’imbroglione se lasciata padrona del campo. Credo che la sinistra sia stata sconfitta, o si è fatta sconfiggere, anche per l’adozione del moralismo calvinista, che è ancora troppo recente, in un paese a cultura cattolica e con una tradizione di sinistra, per non stridere come contraddittorio. Una sinistra, più che contraddittoria, ideologicamente truffaldina. Altro che i rialzi nelle scarpe. Probabilmente col tempo, superato il trauma, sotto il bombardamento mediatico, e data la soppressione delle alternative (grazie anche ai mitb-Filippa, e a chi permette loro di usare sistematicamente il dileggio), gli elettori si abitueranno, o si rassegneranno, a riconoscersi in questa nuova “sinistra” calvinista, di stampo anglosassone. Può darsi che in questo modo molti dei voti operai alla Lega torneranno all’ovile. Così anche in Italia si sarà definitivamente compiuta la metamorfosi storica che ha portato, dai tranvieri che nel 1944 nella Milano occupata scioperarono contro i fascisti e i nazisti, agli autisti che per aggiungere qualche soldo alle loro entrate non hanno problemi nell’allearsi all’occorrenza agli interessi più sporchi delle multinazionali.

Di Pietro e Travaglio, che rappresentano una destra posata, contraria alla destra rapinosa e corruttrice delle istituzioni di Berlusconi, stanno col centrosinistra. Questo apparentamento, derivante dalla rotazione verso destra dell’intero arco parlamentare, non è un bene. L’etica calvinista dovrebbe essere l’etica di una destra liberale presentabile. Invece il centrodestra aderisce all’etica della cosca, ed è la sinistra che vorrebbe il voto delle masse spacciando per ideali di giustizia sociale l’etica di Ginevra e dei suoi banchieri. Inoltre, in Italia, il paese dell’indulgenza cattolica verso i prepotenti, la rigida teoria etica calvinista non dà neppure quel che di buono può offrire, tendendo a degenerare nel facile poujadismo. Si tratti di etica calvinista o di poujadismo, con questa virata ideologica il piccolo imprenditore, l’esercente, chi ha trovato di che vivere con qualche agio divengono anche per i progressisti figurine del presepio; solo un “malamente” può dirne male. La critica va rivolta verso chi è così potente che può ridersene, e il risentimento verso categorie apposite di dis-graziati: tra le quali rientrano, uno o due giorni alla settimana, gli ultras. I quali da questa vicenda dovrebbero capire quanto sia stolto abbonarsi volontariamente nell’esercito degli emarginati morali.

Sarebbe interessante conoscere come la pensa a questo proposito l’autista. Se, tutte le altre cose sul piazzale dell’autogrill essendo uguali, davanti al suo pullman non ci fosse stato un ultrà, ma un “normale”, un avventore qualsiasi, avrebbe dato al mezzo i medesimi comandi, o avrebbe usato un maggior riguardo? Col dilagare e l’affermarsi in forme nuove di questa vecchia ideologia che, lasciata senza una opposizione, glorifica il peggio della mentalità borghese, liberandone la “vigliaccheria ammantata di rispettabilità”, può darsi che aumenteranno gli atti violenti verso soggetti portatori di stigma negativo, poi giustificati in sede giudiziaria dagli esecutori e dai tutori della legalità con la paura. C’è il concreto rischio, con questo nuovo corso, che gli appartenenti ad alcune categorie vengano visti sempre più come ciò che gli anglosassoni chiamano “fair game” (“selvaggina consentita”): soggetti che, appartenendo a gruppi che si sono comportati male, o che hanno questa etichetta, possono essere liberamente fatti oggetto di abusi più o meno gravi.
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La prima liberta’ e’ la liberta’ dalla bugia